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BACHECA VIRTUALE DELL’EMERGENZA TERRITORIALE [Inserire un breve sunto del contenuto del documento.]
UPDATE IN PREHOSPITAL
D i p a r t i m e n t o d i E m e r g e n z a U r g e n z a A z i e n d a O s p e d a l i e r a S a n t a M a r i a N u o v a -‐ R e g g i o E m i l i a
SOMMARIO:
-‐ Il saluto del Direttore(A.M. Ferrari) ………………………………………………………….……………..pag 2 -‐ Novità operative (A. Orlandini) ……………………………………………………………………………….pag 3 -‐ Intervento decisivo su un caso di EPA (I. Boni)……………………………………..……………….…pag 3 -‐ The Importance of Vehicle Rollover as a Field Triage Criterion (P.C.L. Scarone)…..…..pag 5 -‐ Prime Impressioni sull’uso del Videolaringoscopio (A. Ronzoni, I. Boni, M. Raballo)..pag 7 -‐ Spazio problemi e soluzioni in Prehospital ………………………………………………………………pag 8
EDIZIONE N° 2 FEBBRAIO 2010
UPDATE IN PREHOSPITAL 15 febbraio 2010
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IL SALUTO DEL DIRETTORE (A.M. Ferrari):
Cari Colleghi,
questo mio breve cenno di saluto sarebbe dovuto già comparire nel primo numero di Update in Prehospital, ma il rinnovo del consiglio direttivo regionale della SIMEU, e i tanti impegni quotidiani, hanno distratto la mia attenzione ed Andrea, rapido e deciso, ha concretizzato l’idea di cui mi aveva parlato più volte, prima che potessi realizzare una nota d’introduzione. Forse è stato meglio così perché mi ha permesso di apprezzare compiutamente il primo numero prima di esprimermi.
Debbo dire che ho letto con avidità ogni riga che avete scritto, parla di lavoro quotidiano, di impegno, di passione per quello che si fa e di voglia di fare sempre meglio.
Per me che non lavoro fuori dall’Ospedale da tanto tempo rappresenta un modo di entrare ancor di più nelle pieghe dell’emergenza territoriale e di capirne le difficoltà e le necessità di sviluppo; per chi invece si riconosce in quello che accade non può che rappresentare un momento d’incontro e di discussione prezioso.
Sapete cosa penso dell’emergenza territoriale e dell’integrazione territorio-‐ospedale: a mio parere l’emergenza deve essere affrontata in modo professionale da subito, là dove si verifica ed è fondamentale che i medici abbiano esperienza di emergenza sia extra-‐ che intraospedaliera; ognuno di questi aspetti fornisce un bagaglio complementare all’altro. Insieme stiamo realizzando questo modello e mi sembra che i risultati non manchino e mi aspetto di vederli evidenziati anche su queste pagine.
Mi complimento per questa iniziativa e non ho dubbi sul fatto che l’uscita mensile rappresenterà per molti medici d’emergenza, non solo del territorio, un momento atteso. Spero anche che l’iniziativa possa coinvolgere sempre più medici d’emergenza territoriale.
Questo augurio parte dal vostro Direttore ma anche dal Presidente regionale della SIMEU
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NOVITA’ OPERATIVE (A. Orlandini):
Protocollo ipotermia: come già accennato nel precedente numero di Update in Prehospital, è in corso d’opera la strutturazione del protocollo ipotermia nei pazienti “ripresi” vittima di Arresto Cardiaco. Si tratta di definire bene quali pazienti iniziare da subito a raffreddare mediante l’infusione di soluzioni saline a 4°. La letteratura è unanime nel consigliarla in pazienti che avevano un ritmo defibrillabile all’inizio della fase di rianimazione ed ora qualche dato emerge anche a favore del raffreddamento su pazienti inizialmente trovati in PEA o asistolia. Per questo motivo è buona norma indicare sempre sulla scheda cartacea di auto-‐medica il primo ritmo incontrato dal MET, all’arrivo sul paziente.
Un dato è però ormai certo: dobbiamo iniziare il raffreddamento dei pazienti che riprendono un’attività cardiaca efficace, “AS SOON AS POSSIBLE !”. Questa indicazione è contenuta, in modo chiaro, nell’ultima raccomandazione emanata da American Heart Assoociation, una settimana fa (AHA Policy Statement – Regional System of Care for Out of Hospital Cardiac Arrest. Circulation, 2010; 121; 709-729).
IL CASO CLINICO: INTERVENTO DECISIVO SU UN CASO DI EPA (I. Boni):
6 gennaio 2010: Invio dell’Automedica da parte della CO 118 Reggio Emilia, al seguito di una chiamata giunta alle ore 08:49, per dispnea con rantolo in donna anziana AUTOMEDICA sul posto ore: 08:57.
Al nostro arrivo la paziente si trovava seduta, vigile, collaborante. Utilizzava la muscolatura accessoria ed era dispnoica, sofferente. Ci racconta che al risveglio ha avvertito difficoltà respiratoria, in assenza di dolore toracico. Riferiva tosse con catarro nei giorni scorsi; trattata dal Curante con Cefixoral. Terapia domiciliare: antiipertensivo ed Eutirox. Viene dato, su mia indicazione, il primo dimensionamento di “paziente critico” alla centrale operativa. Mentre raccolgo l’anamnesi l’ infermiera mi riferisce i seguenti parametri: SatO2 90% in aa; PA:140/80; FC:110batt/min. Inizia O2 terapia con reservoir. All’esame obiettivo: A vie aeree pervie; B crepitazioni all’emitorace dx ed alla base polmonare sx; sibili espiratori; espirio prolungato ed uso muscolatura accessoria; C: toni cardiaci validi, ritmici, tachicardici. ECG: Tachicardia sinusale, BBsx (nei precedenti ECG non presente). Mentre eseguo l’esame obiettivo viene reperito accesso venoso ed eseguito monitoraggio cardiaco. Somministrate Lasix 4fl (1mg/Kg) e Aerosol con Clenil 1fl + Broncovaleas 10gtt. Tuttavia assisto ad un peggioramento del quadro respiratorio con importante stato di agitazione psicomotoria. Si somministra Morfina ½ fl ed inizia infusione di venitrin 2fl + FIS 250cc a 40cc/h. Iniziamo il caricamento della paziente ma durante il tragitto in barrella la paziente presenta perdita di coscienza con bradipnea.
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IN AMBULANZA: paziente in periarresto. Inizio la ventilazione assistita con Ambu, il monitoraggio cardiaco e la saturazione O2. Decido di intubare la paziente, previa sequenza di intubazione rapida: somministro midazolam 10mg, succinilcolina 1.5cc ed eseguo IOT, previa iperventilazione. Controllo il posizionamento del tubo ed il suo fissaggio. Successivamente somministro il curaro 35mg (Tracrium). PARTENZA per il trasporto rapido in ospedale ore: 09:32. ARRIVO in Ospedale ore: 09:35 In PS entrò in sala emergenza, il medico accettante conferma l’anamnesi patologica prossima già raccolta. Nella storia della paziente viene segnalata ipertensione arteriosa ed ipotiroidismo in trattamento (Coversyl ed Eutirox). All’esame obiettivo viene notato un’abbondante secrezione ematica che viene aspira. I parametri vitali sono: PA: 60/45, FC: 70 bpm, sO2: 88% (in IOT).
Il medico di PS richiede una radiografia del torace e gli esami ematochimici. Il referto radiologico segnala un massivo opacamento di entrambi i campi polmonari da subconfluenti addensamenti più evidenti in sede ilo-‐peri-‐ilare. Mediastino in asse. Tubo endotracheale ben posizionato. Aortosclerosi calcifica. Moderata cardiomegalia. Gli esami ematochimici non mostrano alterazioni significative e la paziente viene così rapidamente ricoverata presso il reparto di Rianimazione. Nella giornata del 06/01/2010 viene estubata e sottoposta a CPAP. Viene trasferita in Geriatria con diagnosi di IMA complicato da EPA. La paziente è stata diomessa dal reparto di Geriatria in data 6 febbraio e sta bene. Ritengo che la presenza del MET in questo caso sia stato fondamentale per: -porre diagnosi di EPA -dubbio di danno ischemico miocardio (BBsx) -inizio terapia medica per EPA -trattamento immediato del periarresto con limitazione dei danni anossici. Sono questi i casi in cui il mecico dell’emeregnza territoriale può veramente fare la differenza tra la vita e la morte del paziente.
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ARTICOLO ORIGINALE (P.C.L. Scarone):
L’importanza del Ribaltamento del veicolo come criterio di Triage sul campo Howard R Champion et al, The Journal of Trauma; Vol. 67; N° 2; AUG 2009; pag. 350-7 L'articolo si propone di analizzare l'importanza del meccanismo di ribaltamento del veicolo come criterio maggiore nell'ambito del Field Triage in caso di incidente stradale. I criteri del Field Triage sono stati definiti nel 1987 dall'American College of Surgeon Committee on Trauma. Il loro razionale è sempre stato quello di identificare le dinamiche che possono comportare danni importanti al paziente, anche nel periodo non immediatamente successivo all'evento traumatico, minimizzando l'undertriage pur correndo il rischio dell'overtriage. L'importanza e l'impatto dei criteri dell'ACS non è trascurabile: sono infatti implementati nelle policy operative di molti sistemi sanitari ed agenzie governative non solo americane, ma di molti paesi e, particolare non trascurabile nella realtà statunitense, sono presi in considerazione anche dalle compagnie assicurative. Essi vengono sottoposti a periodici aggiornamenti. Nel 2006 è stata compiuta un’ampia revisione, resasi necessaria non solo alla luce dell'evoluzione tecnologica e delle conoscenze sul trauma, ma anche in relazione alle differenze emerse tra le aree urbane e quelle rurali, alle problematiche relative alla disponibilità ed utilizzazione delle risorse ed alle ricadute economiche dell'overtriage rispetto all'undertriage. Dando credito a studi (una minoranza) che hanno dimostrato l'importanza marginale del ribaltamento come meccanismo di danno, sono stati pertanto eliminati dall'elenco dei criteri maggiori il ribaltamento e due altre condizioni, direttamente o indirettamente collegate al ribaltamento stesso, e precisamente: 1) la velocità superiore a 40 mph (65 km/h); e 2) il tempo di estricazione di oltre 20 minuti. Il lavoro parte da 146 studi emersi da una ricerca su PubMed, e, per vari motivi, ne scarta buona parte, arrivando ad esaminarne 28, condotti tra il 1989 ed il 2009. Altri dati sono stati ottenuti da pubblicazioni recenti dell'Ente americano per la sicurezza stradale (NHTSA). Il ribaltamento è stato definito come tale quando il veicolo ruota di almeno un quarto di giro sul suo asse. I dati dell'NHTSA per il periodo 1978-‐2006, testimoniano che il 23% delle morti in incidenti stradali sono avvenute in veicoli che si sono ribaltati. La probabilità di morte in un ribaltamento è stata stimata pari al 2.58% a fronte dello 0.15% in un veicolo non rovesciato. Curiosamente è stato analizzato il comportamento dei SUV, e si è visto che, rispetto alle comuni autovetture, in un incidente stradale hanno il doppio di probabilità di ribaltarsi e che il rischio di danno grave per il loro occupanti è da 2 a 3 volte superiore. L'NTHSA ha inoltre stimato che ogni anno circa 450.000 persone sono coinvolte in incidenti con veicoli ribaltati; di queste, il 59% presenterà danni maggiori. Rispetto al numero totale degli incidenti, l’8.7% dei danni maggiori (AIS 3-‐5) ed il 3.6% delle morti avvengono in incidenti che coinvolgono veicoli rovesciati.
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Le lesioni anatomiche più frequenti sono il colpo di frusta e le lesioni al torace, alla milza e soprattutto al rachide. I fattori che condizionano la severità del danno in caso di ribaltamento sono rappresentati soprattutto dall'eiezione, dall'incarceramento, dal cedimento della tetto e dall'intrusione nel veicolo. I costi sono stati stimati in circa 50 miliardi di dollari ogni anno. La review dell'ACS del 2006 ammette che il Field Triage inevitabilmente provoca discrepanze tra le necessità immediate dei pz e le risorse sanitarie di volta in volta disponibili, il che si traduce in una percentuale di undertriage che oscilla tra il 5 ed il 10%, a fronte di un overtriage tra il 30 ed il 50%. L'articolo ribadisce infine l'importanza del MOI (Mechanism of Injury) nella valutazione dei pazienti senza evidenti danni anatomici o alterazione dei parametri vitali, in quanto a rischio di lesioni agli organi interni. Gli autori concludono che i dati di letteratura dimostrano che il ribaltamento è sicuramente uno dei principali determinanti di danno agli occupanti del veicolo e che, essendo difficile stabilire delle regole precise ed onnicomprensive riguardo il Field Triage, sarebbe preferibile enunciare regole semplici: in questa prospettiva, la scelta compiuta di escludere il ribaltamento dal novero dei criteri per l'invio al Trauma Center appare quantomeno criticabile.
Pur apparendo, ad un osservazione superficiale, di ispirazione alquanto “americana”, il lavoro citato ci consente tuttavia di fare alcune riflessioni che hanno una loro validità anche se applicate alla realtà in cui ci troviamo ad operare e che, come richiesto da Andrea, potrebbero rappresentare il germe di un confronto. Anzitutto, quando si tratta di elaborare raccomandazioni o linee guida, viene indirettamente ribadita la necessità di attenersi a lavori che si conformino ai canoni dell’EBM. Si riconosce poi apertamente la difficoltà di formulare regole precise per il triage sul campo: si tratta in effetti di un setting gravato da un numero estremamente elevato di variabili, non tutte chiaramente evidenti e soprattutto, diversamente interpretabili a seconda dell’operatore. Ne deriva una potenziale disparità di trattamento, per superare la quale l’elaborazione di protocolli condivisi appare utile, ma probabilmente non sufficiente. Né il supporto informatico (ad es. il programma URGENCY, elaborato dal NHTSA, citato dagli Autori) sembra rivelarsi di particolare utilità. Significativamente, l’ACS prende in considerazione anche le disparità (in termini di tempi, disponibilità di risorse, costi, e così via) tra l’ambiente urbano e quello rurale (che noi potremmo tradurre con la periferia). In questa prospettiva, riallacciandosi al caso clinico illustrato nel numero di gennaio dall’amico Alessandro Ronzoni (cui vanno naturalmente i complimenti per la brillante gestione della situazione critica on the road), appare piuttosto difficile mantenere la stessa tempistica (26 minuti circa dalla chiamata) per un evento che abbia luogo, ad es. all’estremo NE della provincia (tanto per parlare di qualcosa con cui abbiamo familiarità): la golden hour diventa pertanto un concetto …virtuale, con tutto quello che ne deriva. Altro importante e vasto capitolo è rappresentato dal Triage, partendo dal dispatch. Ma questa è un’altra storia…
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PRIME IMPRESSIONI SULL’USO DEL VIDEOLARINGOSCOPIO (A. Ronzoni, I. Boni, M. Raballo):
Di seguito si riportano le prime interessanti impressioni scaturite dall’impiego del nuovo video-‐laringoscopio in dotazione all’auto-‐medica reggaiana. Ho usato ieri il video laringo su un codice 3 avanzato dopo intubazione oro-tracheale tradizionale facile. Come prevedevo l’intubazione con video-laringo è molto più agevole che nel manichino e, in casi facili come questo, consente di intubare agevolmente anche senza mandrinare il tubo (A. Ronzoni) Ho iniziato da qualche giorno ad utilizzare il video-laringoscopio. All'inizio ho provato l'intubazione su due cadaveri poi l'ho utilizzato in un periarresto come prima scelta e devo dire che è uno strumento estremamente valido. Ricordatevi che il tubo va sempre mandrinato e curvato a circa 90° in corrispondenza della linea nera ma nel momento in cui centrate le vie aeree dovete dire all'infermiere di sfilare il mandrino; se non lo fate non riuscite a fare scorrere il tubo a causa dell'accentuata curvatura. So che è dura abbandonare le vecchie abitudini ma fidatevi ... è comodissimo (I. Boni)
Come sapete sono in affiancamento in automedica e non ho esperienza d'uso del laringoscopio nè ovviamente del video-laringo. Dopo aver visto la dimostrazione sul manichino ero scettico sull'effettiva utilità della nuova dotazione soprattutto per la necessità di usare un tubo mandrinato piegato con angolo retto a due dita dalla cuffia e per la difficoltà nell'inserzione del tubo e nella sua visualizzazione sullo schermo. Fortunatamente nel corso dell'affiancamento ho avuto l'opportunità di utilizzare in vivo sia il laringo tradizionale che il videolaringo ed ho apprezzato la comodità d'uso del nuovo dispositivo che permette una facile inserzione della lama senza riposizionare il capo, visualizzazione adeguata delle strutture anatomiche (nel manichino l'epiglottide brilla sotto la luce e provoca un riflesso irreale che
confonde e la lingua aderisce al tubo che non avanza in faringe), il tubo scorre senza attriti fino ad essere visualizzato sullo schermo, a patto di non inserire la lama fino a caricare l'epiglottide. Personalmente ho provato sia con che senza mandrino senza
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differenze nella direzionabilità del tubo, raccomando però di lubrificare il mandrino che a causa dell'angolo acuto diventa molto duro da sfilare, impresa che con gli strumenti ed i guanti eventualmente imbrattati da secrezioni diventa impossibile (M. Raballo).
SPAZIO PROBLEMI E SOLUZIONI IN PREHOSPITAL:
Ricevo e pubblico un’importante considerazione inviatami da Alessandro Ronzoni in merito al funzionamento della C-‐PAP in prehospital. Chiedo ai nostri referenti per la NIV (Enrica Minelli e Maura Veneziani) se possono darci delucidazioni o quantomeno aiutarci a risolvere il problema:
Gli impianti di erogazione dell'ossigeno delle due ambulanze che abbiamo provato, (CRI 09 e CV15 AIRE il 30/12/09 + altra ambulanza in un più recente caso di EPA), non garantiscono una flusso sufficiente a mantenere la valvola PEEP aperta anche durante l'inspirazione --> in questo caso si rischia di avere una pressione negativa all'interno del circuito durante l'inspirazione del paziente che, essendo già ipossico, si trova non solo a non avere adeguata peep ma rischia di non avere sufficiente flusso a disposizione e sentirsi quindi giustamente mancare l'aria. Chiedo in questi casi se non sia addirittura dannoso mantenerere il paziente in NIV a circuito chiuso che fa mancare adeguato flusso inspiratorio e determina la presenza intermittente di Pressione negativa a livello alveolore. NON è possibile agire sul flusso del circuito tarando in modo diverso il riduttore di pressione all'uscita della bombola ? (A. Ronzoni)
__________________________________________________________________________________________________Il prossimo numero di Update in Prehospital verrà spedito il 15 fmarzo 2010
L’attuale numero è presente sulla Intranet Aziendale (Centrale Operativa)
Si prega di inviare il proprio contributo alla rivista entro e non oltre il giorno 10 del prossimo mese, all’indirizzo: [email protected]