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Iris Parrini1 (Coordinatore), Autori: Alessandro Bonzano2, llaria Depetris 3, Francesco Leone 3 1 Cardiologia, Ospedale Mauriziano, Torino 2 S.C. Cardiologia IRCCS, Candiolo, Torino 3 Dipartimento di Oncologia IRCCS, Candiolo, Torino
LE INFORMAZIONI TERAPEUTICHE DELL’ONCOLOGO
La scelta del trattamento terapeutico da offrire al paziente dipende da numerosi fattori:
stadiazione clinica della neoplasia
presentazione clinica della neoplasia
età del paziente
comorbidità del paziente
performance status del paziente
Per i pazienti con tumore del colon localizzato o localmente avanzato è indicata la
chirurgia, eventualmente seguita da un trattamento chemioterapico adiuvante a base di
fluoropirimidine +/- oxaliplatino, scelto sulla base della stadiazione istologica.
Per i pazienti con tumore del retto localizzato o localmente avanzato va discussa all’interno
di un GIC multidisciplinare la strategia terapeutica, che può prevedere un trattamento
neoadiuvante (chemioterapia con fluoropirimidine e/o radioterapia), la chirurgia ed un
trattamento chemioterapico adiuvante con fluoropirimidine, scelto sulla base della stadiazione
istologica.
Per i pazienti con tumore colorettale metastatico è usualmente indicato un trattamento
chemioterapico sistemico, eventualmente integrato da una chirurgia radicale, quando
possibile.
Sono numerosi i farmaci che hanno dimostrato efficacia nel trattamento del tumore colorettale,
combinati in differenti schemi terapeutici contenenti uno o più farmaci:
1. Analoghi delle pirimidine: (5-fluorouracile e capecitabina) molecole che vengono
incorporate in DNA e RNA, generando acidi nucleici “fraudolenti”. Il 5-fluorouracile
(5-FU) viene trasformato dalla timidilna-fosforilasi e timidina-chinasi in 5FdUMP (5-
fluorodesossiuridin-monofosfato) il quale, formando con il tetraidrofolato e la timidilato-
sintetasi un complesso ternario, va ad inibire quest'ultimo enzima, impedendo la
produzione di dTMP (deossitimidina monofosfato). L'associazione del 5FU con l'acido
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folinico potenzia l'inibizione della timidilato-sintetasi; mentre la somministrazione del
farmaco per via endovenosa continua ne riduce invece la tossicità ematologica. I
principali effetti collaterali sono: nausea, vomito, diarrea, stomatiti, mielodepressione,
eritrodisestesia palmo-plantare; tra le tossicità rare vi è invece la cardiotossicità. La
capecitabina è un profarmaco orale, che, dopo alcune tappe intermedie, viene
convertita all’interno delle cellule tumorali nel metabolita finale 5-FU. Lo spettro di
tossicità e simile a quello del 5-FU.
2. Derivati del platino: oxaliplatino, composto che, come le altre molecole della famiglia
dei farmaci a base di platino, si intercala nel DNA determinando la formazione di
legami crociati.
3. Inibitori delle topoisomerasi I: irinotecan, farmaco che si lega all’enzima
topoisomerasi I e ne inibisce l’attività bloccando la fase replicativa del ciclo cellulare.
4. Anticorpi monoclonali anti-VEGF: farmaci che interferiscono con la neoangiogenesi.
Il capostipite della classe dei farmaci anti-angiogenetici è il bevacizumab, che
antagonizza il ligando del VEGFR inducendo la regressione della vascolarizzazione
tumorale. Un’altra molecola in uso è l'aflibercept, molecola ibrida costituita da
sequenze sovrapponibili in parte al VEGFR-1 e in parte al VEGFR-2.
5. Anticorpi monoclonali anti-EGFR: EGFR è un recettore trasmembrana tirosin-
chinasico la cui attivazione innesca vie intracellulari dedite alla sopravvivenza e alla
proliferazione cellulare. Nel tumore colorettale spesso questo recettore è
costitutivamente attivato in modo abnorme. Il cetuximab, anticorpo monoclonale
chimerico, e il panitumumab, anticorpo monoclonale completamente umanizzato,
antagonizzano il segnale dell’EGFR bloccandone l’attivazione anomala. L’impiego di
questi due farmaci è però ristretto ai soli pazienti RAS wild type (ovvero pazienti che
non presentano mutazioni negli esoni 2, 3 e 4 di KRAS e NRAS).
6. Regorafenib: inibitore multitarget in grado di bloccare RET, VEGFR1/2/3, KIT,
PDGFRalpha/beta, FGFR1/2, TIE2, DDR2, Trk2A, Eph2A, RAF1, BRAF, BRAFV600E,
SAPK2, PTK5, Abl pathway.
Si riportano alcuni dei principali schemi di chemioterapia contenenti fluoropirimidine utilizzati
per il trattamento del tumore colorettale nel setting adiuvante e in quello metastatico:
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Tabella 1: schemi di chemioterapia contenenti fluoropirimidine utilizzati nel setting adiuvante
Tabella 2: schemi di chemioterapia contenenti fluoropirimidine utilizzati nel setting metastatico
BIBLIOGRAFIA
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treatment and follow-up. Ann Oncol 2013, 24 (Supplement 6): vi81–vi8
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APPROCCIO CARDIONCOLOGICO
Le fluoropiridine ( 5-flourouracile (5FU) ed il suo profarmaco orale la capecitabina ) sono tra
i farmaci più utilizzati da soli o in associazione nel trattamento dei tumori del colonretto il cui
effetto cardiotossico più frequentemente segnalato è l’ischemia miocardica, la combinazione
con leucovirina e cisplatino ne determinano un aumento del rischio1,2.
Altri famaci in cui è riconosciuta l’associazione con l’ischemia sono il bevacizumab e gli anti
VEGFR. (Tabella 1).
TABELLA 1. Effetti cardiotossici da trattamento per il carcinoma colonretto.
+++, >10%; ++, 1-10%; +, <1% o raro Mod da Tarantini et al 3
Tossicità da fluoropirimidine
Le fluoropirimidine (5-Fluorouracile e capecitabina) sono farmaci che comportano un maggior
rischio di complicanze cardiovascolari attraverso meccanismi che non sono ancora stati
chiaramente identificati dal danno endoteliale al vasospasmo. Meno frequentemente la
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tossicità da fluoropirimidine provoca un danno diretto sui miociti o una reazione
immunoallergica (sindrome di Kounis)4,5.
Fattori di rischio
Prima di iniziare un trattamento con fluoripirimidine è utile valutare la presenza ed ottimizzare
i fattori di rischio in modo da ridurre la cardiotossicità. (Tabella 2)
TABELLA 2. Fattori di rischio per terapie con fluoropirimidine
Prevenzione
I pazienti con più fattori di rischio necessitano di una valutazione cardiologica
pre.trattamento oncologico per ottimizzare la terapia in atto.
Nei pazienti con cardiopatia nota si deve valutare il grado di compenso, la classe
funzionale e la presenza di comorbilità per decidere rispetto alla prognosi la strategia
migliore.
I pazienti con malattia coronarica nota dovrebbero essere adeguatamente indagati
prima di ricevere tali farmaci. In particolare i pazienti con dubbio di angina o
equivalente anginoso devono essere valutati con un test provocativo in terapia (test
ergometrico, ecostress o scintigrafia SPECT) per identificare la presenza o meno di
significativa ischemia inducibile oppure con un test di imaging come la coro-TC. In
caso di rilievo di ischemia significativa o di una stenosi critica alla coro-TC, è
consigliabile l’esecuzione di angiografia coronarica e la rivascolarizzazione il più
completa possibile, preferibilmente con stent che necessitino di una doppia
antiaggregazione di breve durata (metallici o riassorbibili). In condizioni di stabilità
clinica e strumentale l’ottimizzazione della terapia medica (nitrati, calcioantagonisti,
antiaggreganti) dovrebbe consentire un trattamento in situazione di sicurezza.
I pazienti con problemi aritmici devono ottimizzare la terapia in base alle singole
situazioni (antiaritmici di classe 1C, betabloccanti, amiodarone), documentando il buon
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controllo dell’aritmia, se è consentito dai tempi di inizio della terapia, con un
monitoraggio ECG Holter 24 ore. (Tabella 3)
TABELLA 3. Strategie di prevenzione in pazienti trattati con fluoropirimidine.
Manifestazioni cliniche
La manifestazione clinica più comune è il dolore toracico come possibile equivalente
anginoso. Si possono osservare sindromi coronariche acute, più raramente cardiomiopatie
tipo Tako-Tsubo, la sindrome di Kounis, aritmie ipercinetiche sopraventricolari
(fibrillazione/flutter atriale) o ventricolari (extrasistoli ventricolari isolate o ripetitive fino alla
tachicardia ventricolare o alla fibrillazione ventricolare. (Figura1)
FIGURA 1. Flow chart della gestione delle complicanze
Talora l’ischemia può essere silente6
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Diagnosi, monitoraggio delle complicanze CV
La diagnosi di complicanza da terapia con fluoropirimidine necessita di una valutazione
multiparametrica.
I sintomi non sempre così eclatanti (dolori toracici atipici, dispnea a riposo come equivalente
anginoso, lipotimie o sincopi come espressione di eventi aritmici o ischemia acuta, ma talora
le manifestazioni possono essere tipiche come l’angina da sforzo, a riposo o sindromi
coronariche acute.
In questo contesto l’elettrocardiogramma è molto utile integrato con i valori dei markers di
danno miocardico (troponina, troponina ad alta definizione, BNP, NT-pro-BNP).
Le alterazioni ECgrafiche sono diverse in base ai differenti scenari: potremmo imbatterci in
sindromi coronariche acute con sopraslivellamento del tratto ST, sottoslivellamento del tratto
ST, negativizzazione delle onde T oppure aritmie ventricolari (extrasistoli ventricolari isolate o
ripetitive fino alla tachicardia ventricolare o alla fibrillazione ventricolare).7
Ad oggi non è stato ancora definito il timing degli ECG se non in caso di comparsa di sintomi.
(Tabella 4)
TABELLA 4. Diagnosi di ischemia
I sintomi o le modificazioni ECG si possono manifestare anche 3-4 giorni dalla sospensione
della terapia.
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Terapia
La terapia si basa sulla sospensione del farmaco.
I farmaci che andrebbero iniziati in questo particolare setting sono i calcioantagonisti (sia
diidropiridinici che verapamil o diltiazem) e/o nitrati ma l’effetto terapeutico è scarso.
In ogni caso i farmaci consigliati per la sindrome coronarica acuta sono quelli presenti nelle
linee guida, statine, betabloccanti o calcioantagonisti, aspirina, clopidogrel, ivabradina o ACE
inibitori o antagonisti del recettore dell’angiotensina II.
Nel sospetto di sindrome di Kounis sono consigliati idrocortisone, antistaminici e ranitidina,
che possono essere aggiunti ai calcioantagonisti e/o nitrati
In caso di comparsa di ischemia le fluoropirimidine vanno immediatamente sospese.
Dopo circa 7 giorni dall’evento acuto è consigliabile eseguire un test di ischemia per escludere
una cardiopatia ischemica misconosciuta.
In caso di comparsa di aritmie attenersi alle linee guida facendo attenzione alle interazioni
farmacologiche.
Rechallenge
Dopo un episodio di cardiotossicità è molto alto il rischio di recidiva ischemica e non esistono
farmaci cardiologici in grado di proteggere sicuramente i pazienti.
Se la situazione oncologica impone di fare un tentativo di riprendere la terapia, è fondamentale
fare una valutazione rischio e beneficio.
Quali misure può adottare l’oncologo?
o Riduzione della dose
o Somministrazione in boli rispetto all’infusione continua
o Raltitrexed in alternativa
o Tegafur in relazione al tipo di cancro ed in situazioni particolari8,9.
Quali misure può adottare il cardiologo?
o Un test di ischemia prima di iniziare il trattamento nei casi selezionati
o Terapia cardioprotettiva con nitrati e/o calcioantagonisti
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Follow up
La gestione del paziente in follow up, dopo il termine della chemioterapia con fluoropirimidine
diventa un continuum con i precedenti comportamenti.
Il paziente deve proseguire l’attento controllo dei fattori di rischio coronarico modificabili,
proseguire la terapia medica impostata prima della chemioterapia ed effettuare controlli
cardiologici (ECG+visita) a discrezione del cardiologo in base al tipo di complicanza che si è
verificata.
Occorre distinguere una prevenzione primaria in pazienti che non hanno manifestato
cardiotossicità ma che hanno un numero variabile di fattori di rischio, da una prevenzione
secondaria in pazienti che hanno manifestato tossicità durante i trattamenti.
Il paziente deve continuare un attento controllo dei fattori di rischio coronarico
modificabili e proseguire la terapia cardiologica impostata prima della chemioterapia.
È necessaria l’informazione del paziente dell’incremento del rischio cardiovascolare,
della necessità di continuare le modifiche allo stile di vita e di riconoscere e
segnalare al medico di famiglia l’insorgenza di nuovi sintomi.
I pazienti che hanno presentato segni di tossicità cardiaca durante i trattamenti
chemioterapici devono proseguire la terapia medica impostata, essere sottoposti a
controlli periodici.
In caso di necessità di effettuare nuovamente chemioterapia, rivalutare la situazione
cardiologica con test di imaging, markers di danno miocardico e test provocativo.
Se il paziente è anche stato sottoposto a radioterapia mediastinica, i controlli periodici
devono essere completati da periodici test provocativi per identificare progressione di
malattia coronarica anche in assenza di sintomi.
I tempi di esecuzione dei controlli possono essere programmati ogni 2-5 anni, in base alla
presenza o meno di una cardiopatia residua e alla sua entità.
Cardiotossicita’ da anti VEGF e anti EGFR
Il bevacicumab, Il cetuximab il panitumumab, aflibercept sono tra I farmaci che possono
determinare ipertensione arteriosa (Tabella 5)
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TABELLA 5. Fattori di rischio per anti VEGF (Bevacizumab), anti EGFR
Pazienti trattati con anti VEGF (bevacizumab) hanno un aumentato rischio tromboembolico
e possono complicarsi con infarto miocardico acuto10,11.
Quando si verificano eventi acuti è necessario sospendere la terapia anti neoplastica
Terapia consigliata: nebivololo, nitrati e gli antiaggreganti possono essere indicati facendo
attenzione a questi ultimi perché l’associazione di questi farmaci aumenta il rischio di
sanguinamento12
Prevenzione
TABELLA 6. Prevenzione per anti VEGF (Bevacizumab), anti EGFR
In questi pazienti l’obiettivo è mantenere la PAO < 140/90 mmhg nei diabetici o in presenza
di insufficienza renale 130/80 mmhg.
Monitoraggio
o ECG in caso di comparsa di nuovi sintomi
o Ecocardiogramma a discrezione del cardiologo
o Monitoraggio della la pressione arteriosa durante il primo ciclo di terapia, nei 2-3 giorni
successivi e periodicamente durante tutto il trattamento (ogni 2-3 settimane).
(Figura 2)
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FIGURA 2. Flow chart della gestione dell’ipertensione arteriosa. mod da Hermann13
Trattare aggressivamente i rialzi pressori
Attenzione ai cali pressori nei periodi liberi da terapia12.
Terapia
Calcioantagonisti diidropiridinici (amlodipina e nifedipina), ACE inibitori e BBloccanti
(nebivololo), sconsigliati diltiazem e verapamil per le possibili interferenze con il citocromo
P450 3A4.
Se la pressione arteriosa non è ben controllata dalla terapia impostata dal cardiologo
(>180/100 mmhg) sospendere temporaneamente o ridurre la dose della terapia oncologica.
Tossicità da derivati del platino
o ci sono evidenze di un aumento del rischio tromboembolico
o di cardiopatia ischemica a medio e lungo termine
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BIBLIOGRAFIA
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