Bona Sforza d’Aragona regina della Polonia - La Rassegna · 46 La Rassegna d’Ischia 2/1995 Bona...

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La Rassegna d’Ischia 2/1995 45 Bona Sforza d’Aragona regina della Polonia STORIA Alina Adamczyk Aiello Da principessa in Castel Capuano (Napoli) a sposa del re Sigismindo di Polonia granduca di Lituania, re di Prussia e di Renania Bona Sforza nacque il 2 febbraio 1494 a Vigevano nell’allora Ducato di Milano appartenente alla stirpe degli Sforza già in quei tempi im- portante ed influente. Il padre di Bona, Gian Galeazzo Sforza, morì a soli 25 anni, forse av- velenato dallo zio Lodovico il Moro Sforza, che fin dal 1480 governò di fatto il Ducato, prima come tutore del piccolo Gian Galeazzo rimasto orfano, poi semplicemente per- ché non volle restituire il trono. Il duca titolare ossia Gian Galeazzo Sforza, padre di Bona, morì nel 1494 quando Bona aveva solo po- chi mesi. La madre di Bona era Isabella d’A- ragona, figlia di Alfonso II d’Arago- na, re di Napoli dal 1494 al 1495, e di Ippolita Sforza. La coppia Gian Galeazzo - Isabella ebbe diver- si figli, tutti morti in giovane eta. L’unioa a soppravvivere fu Bona detta anche Bonita. Dopo la mor- te del marito Isabella d’Aragona si trasferì nella natia Napoli rinun- ciando al Ducato di Milano, che del resto fu occupato poco dopo dai francesi. Lodovico il Moro in cambio le assegnò alcuni feudi in Puglia e in Calabria, precisamente i ducati di Bari e di Rossano; que- sti feudi passeranno poi alla figlia La regina di Polonia Bona Sforza

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La Rassegna d’Ischia 2/1995 45

Bona Sforza d’Aragona regina della Polonia

STORIA Alina Adamczyk Aiello

Da principessa in Castel Capuano (Napoli)a sposa del re Sigismindo di Poloniagranduca di Lituania, re di Prussia e di Renania

Bona Sforza nacque il 2 febbraio 1494 a Vigevano nell’allora Ducato di Milano appartenente alla stirpe degli Sforza già in quei tempi im-portante ed influente. Il padre di Bona, Gian Galeazzo Sforza, morì a soli 25 anni, forse av-velenato dallo zio Lodovico il Moro Sforza, che fin dal 1480 governò di fatto il Ducato, prima come tutore del piccolo Gian Galeazzo rimasto orfano, poi semplicemente per-ché non volle restituire il trono. Il duca titolare ossia Gian Galeazzo Sforza, padre di Bona, morì nel 1494 quando Bona aveva solo po-chi mesi. La madre di Bona era Isabella d’A-ragona, figlia di Alfonso II d’Arago-na, re di Napoli dal 1494 al 1495, e di Ippolita Sforza. La coppia Gian Galeazzo - Isabella ebbe diver-si figli, tutti morti in giovane eta. L’unioa a soppravvivere fu Bona detta anche Bonita. Dopo la mor-te del marito Isabella d’Aragona si trasferì nella natia Napoli rinun-ciando al Ducato di Milano, che del resto fu occupato poco dopo dai francesi. Lodovico il Moro in cambio le assegnò alcuni feudi in Puglia e in Calabria, precisamente i ducati di Bari e di Rossano; que-sti feudi passeranno poi alla figlia

La regina di Polonia Bona Sforza

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Bona che li manterrà fino alla morte. Isabella d’Aragona visse tra le corti di Milano, Bari e Napoli e sua figlia Bona ebbe un’educazio-ne accurata e ricercata, la migliore che si potesse immaginare per una donna di stirpe reale. Nonostante i continui spostamenti Bona impa-rò dai migliori maestri umanisti i fondamenti delle scienze natura-li, storia, diritto, teologia, canto, latino e spagnolo. Con naturale talento seppe ballare, s’appassio-nò alla caccia, divenne intenditri-ce di cani e cavalli. Dalla madre Isabella che amministrava i suoi feudi apprese i principi dell’arte del governo. Gentile e colta, Bona ebbe molto successo alla corte vi-cereale (dall’anno 1504) di Napoli, e fu addirittura protagonista di un romanzo anonimo in lingua spa-gnola che rappresentava la vita di corte contemporanea: Question de amor scritto fra il 1508 ed il 1512 e pubblicato nel 1513. Non bellissima ma certamente piacente ed intelli-gente Bona subì varie maldicenze sulla sua condotta troppo libera e la madre Isabella cominciò a fare per lei progetti matrimoniali degni del suo rango. Dietro consiglio dell’imperato-re Massimiliano I d’Asburgo, zio di Isabella d’Aragona, si decise di maritare la giovane Bona con il maturo 50enne re di Polonia, da poco divenuto vedovo senza prole. L’imperatore Massimiliano I voleva in questo modo realizza-re soprattutto una alleanza con la casa degli Jaghelloni regnanti sul-la Polonia e sulla Lituania, non da ultimo per opporsi alla minaccia turca. Nel XVI secolo la Polonia e il Gran Ducato di Lituania formavano uno stato territorialmente molto este-so - dal Baltico al Mar Nero - po-tenzialmente ricco ed influente. Il re polacco, il penultimo degli Jaghelloni, Sigismondo I detto il Vecchio (1467-1548, re dal 1506), uomo bello e forte ma alle soglie della vecchiaia, era impaziente di assicurarsi 1’eredità al trono oltre che stringere significative alleanze. Nell’ottobre 1517 giunse a Napoli una ambasceria polacca incaricata

di concludere il matrimonio regale per procura. Dopo una lunga serie di feste - a Castel Capuano dove volentieri e con sfarzo si festeggia-va ogni avvenimento mondano e per le strade di Napoli con spetta-coli popolari e giostre sempre assai gradite - lo sposalizio avvenne il 6 dicembre, giorno di San Nicola pa-trono di Bari, città che Bona doveva ereditare dalla madre Isabella. Le precise cronache dell’epoca ci tramandano scrupolosamente le descrizioni dell’ avvenimento: la sposa indossava un vestito di raso celeste ornato di piastrelle d’oro massiccio, valutato 7 mila ducati. L’arcidiacono di Cracovia e segre-tario del re Sigismondo, Giovanni Konarski celebrò il rito nuziale e l’ambasciatore Stanislao Ostroróg mise al dito di Bona un anello nu-ziale ornato di un grosso diaman-te. Fu reso pubblico il contratto di matrimonio in cui era stabilito tra l’altro che alla sposa sarebbero toc-cati i ducati di Bari e Rossano ap-partenenti alla madre Isabella, del valore complessivo di 500 mila du-cati. Fu esposta in pubblico la dote personale che Bona portava con sé in Polonia: gioielli, vasellame d’oro e d’argento, sontuosissimi vestiti, 20 paia di lenzuola di tela olande-se, 115 camicie dello stesso tessu-to assai costoso, 20 asciugamani, 120 fazzoletti, 96 cuffie, di cui 36 per il re secondo l’usanza dell’epo-ca. Inoltre: il letto matrimoniale scolpito e dorato con colonnine e 4 materassi, oltre 20 baldacchini, cuscini ricamati, 18 coperte rifinite con galloni d’oro, 64 tovaglie sem-pre di tela olandese e moltissime altre cose per un totale di 50 mila ducati. Al tramonto gli invitati si misero a tavola per restarvi fino alle tre di notte. Conosciamo il menù: in-salata e carne in gelatina, carne cotta con salsa bianca e mostarda, piccioni arrosto, arrosto di manzo con salsa di vino o di aceto, paste francesi con formaggio, selvaggina cotta condita all’ungherese, carne di pavone, cacciagione con gnocchi “strangolapreti”, polpette di carne, minestra pepata, polli e conigli ar-rosto, dolci napoletani e spagnoli,

castagne arrostite, il tutto innaffia-to da vino bianco dolce. Gli ambasciatori polacchi avreb-bero voluto che la regina partisse subito per la Polonia ma lei preferì aspettare che passasse l’inverno. Partì infine nel mese di febbraio del 1518 da Bari per mare, sbar-cando a Fiume da dove proseguirà per Cracovia via Vienna. Fecero parte del suo seguito diverse dame italiane, numerosa servitù, il famo-so capitano di ventura Prospero Colonna ed il cardinale Ippolito d’Este, complessivamente oltre 300 persone, centinaia di cavalli e muli. L’illustre comitiva italiana ar-rivò a Cracovia - capitale del regno - il giorno 15 aprile 1518. All’ingresso trionfale e festoso prendono parte, tra italiani e polacchi, circa 10 mila persone. Sparano 70 cannoni, ven-gono pronunciati numerosi discor-si di benvenuto, si svolge un torneo in onore della nuova arrivata. Il re è commosso e felice, Bona ed il suo seguito vengono alloggiati nel ca-stello reale di Wawel, bella residen-za rinascimentale rifatta poco tem-po prima da un architetto italiano, il maestro Francesco da Firenze. Il 18 aprile si svolgono la cerimonia nuziale e l’incoronamento di Bona nella cattedrale di Wawel. Segue naturalmente il pranzo regale con la partecipazione di numerosi am-basciatori stranieri, ospiti italiani, nobili ed ecclesiastici polacchi. Il giorno sucessivo ha luogo una fe-sta danzante e la nuova regina si fa molto onore. Dopo la prima notte passata con Bona, il re Sigismondo le manda ricchissimi doni: collane e gioielli, monili d’oro e di pietre pre-ziose. Costosi regali vengono distri-buiti dal re anche agli ospiti italiani

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che ormai si accingono a partire, e in particolare al cardinale Ippolito d’Este ed a Prospero Colonna giun-to a Cracovia con una sessantina di cavalieri. Con Bona sono rimasti diversi italiani, uomini e donne che ora fanno parte della sua corte alla pari con molti polacchi. I personaggi italiani più signifi-cativi della corte furono diversi. Innanzi tutto il cancelliere della re-gina, dottore in legge civile e cano-nica, il nobile napoletano Ludovico Alfio che tra l’altro insegnò diritto romano nell’Ateneo di Cracovia. Un altro nobile napoleteno, teso-riere della regina, Niccolò Antonio (o Colantonio) Carmignano, au-tore di una dettagliata descrizione latina del viaggio di Bona da Bari a Cracovia. Il capocuoco di Bona, il nobile napoletano Cola Maria de Charis, fu creato cavaliere da re Sigismondo in occasione di un avvenimento importantissimo nelle storia polaoca: l’atto di sot-tomissione al re da parte del duca di Prussia Albrecht, il cosiddetto “omaggio prussiano” avvenuto nel 1525 nella piazza del mercato di Cracovia. Nelle vaste cucine del castello rea-le di Wawel rette da de Charis lavo-ravano quasi esclusivamente cuo-chi italiani. Molti generi alimentari si facevano venire dall’estero: frut-

ta italiana, agrumi, fichi, castagne, uva passa, verdure e legumi, riso, spezie, olio d’oliva, vino. Ancora oggi il mazzetto di odori usato per profumare il brodo, fatto di carota, prezzemolo, porro, sedano, cipolla e verza, si chiama in lingua corren-te polacca “wloszczyzna” letteral-mente “roba italiana”. Anche il me-dico personale della regina era ita-liano: Giovanni Andrea Valentino, nobile modenese già medico del cardinale Ippolito d’Este. Egli fece fortuna in Polonia, era possidente di case e terreni in Polonia e in Italia. Il duca di Ferrara Alfonso I d’Este nominò Valentino suo rap-presentante alla corte polacca, sicchè egli può essere considera-to il primo diplomatico italiano in Polonia. Aleseandro Pesenti di Verona, maestro di cappella della regina, contribuì allo sviluppo della musica polacca; rimase in Polonia per oltre 30 anni. Padre Marco della Torre, religioso dell’ordine di San Francesco, fu confessore della regina e suo consigliere segreto. Padre Marco contribui a consolida-re i rapporti d’amicizia fra Polonia e la Repubblica Veneta, sua patria. E tanti altri, ovviamente, cortigiani e funzionari, faccendieri e servi. Le italiane che arrivarono con Bona a Cracovia erano 13, tra governanti, damigelle di compagnia e servitù.

Alcune nobili sposarono quasi su-bito dei signori polacchi. Beatrice Roselli (o Rosselli?) di Napoli sposò il nobile polacco Morawiec, Porzia Arcamone, anche lei napo-letana, sposò Jan Trzcienski, Laura Effrem di Bari scelse il marito nella potente famiglia dei Lubomirski. La più in vista tra le compagne italiane di Bona era senza dubbio Laodomia Caracciolo, purtrop-po della sua sorte non si è saputo niente. Finché visse Sigismondo I la re-gina Bona ebbe ogni motivo per essere felice e contenta. Diede al marito ben sei figli e già il secon-dogenito era maschio ed erede al trono. Della politica il re si occu-pava sempre meno, era stanco e la gotta lo tormentava. La moglie era più giovane, ben preparata alla vita politica, intelligente, energica. Fu dunque lei che assunse in larga misura la direzione del paese con-trastata però quasi sempre da una parte della nobiltà e dai magnati polacchi che godevano di grandis-simi privilegi. Bona intendeva con-solidare il potere regio e voleva fare delle Polonia uno stato moderno e forte ,simile alle grandi monarchie dell’Europa occidentale, eliminan-do l’anarchia nobiliare dei feudata-ri. La regina certamente si lasciava guidare dall’interesse dinastico

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della casa regnante, ma in quel-la situazione l’interesse dinastico coincideva con quello dello stato e del paese intero. La maggioranza dei nobili potenti ed arroganti non volle e non seppe capire la politica della casa reale. Per accrescere il patrimonio della famiglia reale Bona acquistò mol-te terre in Polonia e in Lituania e venne accusata di voler rovinare la nobiltà terriera. Nel 1537 si ebbe addirittura una ribellione dei nobili che mirava a costringere Bona a ri-nunciare alla sua politica assoluti-sta. La regina seppe resistere: i suoi latifondi erano amministrati molto bene, i profitti vistosi, la dinastia si consolidava. Nella politica estera il suo operare corrispondeva agli in-teressi della nazione polacca. Nel 1548 il vecchio re Sigismondo I morl. Sul trono degli Jaghelloni fin dal 1529 fu posto l’unico figlio maschio, Sigismondo Augusto, nato nel 1520. L’anziana regina avrebbe voluto fare di lui un gran-de re. Amava moltissimo il figlio, giovane, bello, colto, intelligente e caparbio. Ci sarebbe voluto un ben progettato matrimonio con qual-che principessa straniera. Niente da fare, Sigismondo Augusto si in-namorò perdutamente di Barbara Radziwill, rampolla di una potente famiglia lituane che tuttavia si tro-vava molto al disotto delle esigenze dinastiche di Bona. E per dimo-strare alla madre che di amore vero si trattava il giovane Sigismondo Augusto sposò Barbara e la fece inooronare regina di Polonia. Pooo dopo, nel 1551, la giovane sposa del re morì e si cominciò a sus-surrare che forse stata avvelena-ta dalla suocera. Non era vero, ma la calunnia è dura a morire. Dopo

quasi cinque secoli, nonostante lo scrupoloso lavoro dei ricercatori e storici che escludono l’orribile ge-sto, nel popolino ancora sopprav-vive la convinzione che la perfida italiana per gelosia fece sparire la nuora bella e infelice dalla faccia della terra. Chi diventò invece davvero infe-lice fu Bona. La situazione politica sempre più difficile, i rapporti qua-si inesistenti con il regnante figlio, l’ostilità del giovane verso il carat-tere autoritario della regina madre orgogliosa e vecchia, fecero sì che nel 1556, dopo un soggiorno durato 38 anni, Bona Sforza d’Aragona se ne andasse. Partì a gennaio, nel maggio ar-rivò a Bari, nel ducato ereditato dalla madre Isabella d’Aragona morta nel 1524 a Castel Capuano a Napoli. L’imperatore Carlo V da tempo desiderava che la regina la-sciasse i feudi pugliesi e calabresi al suo figlio Filippo II re di Spagna. Il favorito dell’anziana regina, tale Giovanni Lorenzo Pappacoda fu incaricato di condurre le trattative. Bona esitò a lungo, infine giunta in Italia mandò a dire al re Filippo II che, malgrado tutto, avrebbe lascia-to i suoi beni al figlio Sigismondo Augusto. Sembra che meditasse un ritorno in Polonia. Intervenne allo-ra il sinistro Pappacoda, ordinan-do al medico Giovanni di Matera di avvelenare la regina. Al capez-zale della moribonda incapace di profferire parola venne redatto in fretta un testamento a favore del re Filippo II. Ma il giorno dopo Bona ritrovò la favella e fece redigere un altro testamento, in cui designava erede universale del suo patrimo-nio il figlio Sigismondo Augusto Jaghellone re di Polonia. Morl

all’età di 63 anni il 19 novembre 1557 e fu sepolta nella basilica di San Nicola a Bari, dove la figlia Anna nel 1593 fece erigere un bel monumento funebre, tuttora esi-stente. Al re Sigismondo Augusto fu tuttavia restituita solo una pic-cola parte delle ricchezze di Bona. Rimase invece del tutto irrisolto il problema delle cosidette “som-me napoletane” (sumy neapoli-tanskie). Il re Filippo II di Spagna chiese ed ottenne da Bona in pre-stito l’ingente somma di 430 mila ducati destinata, pare, alla campa-gna militare contro la Francia. Né Filippo né tantomeno i suoi suc-cessori ebbero mai intenzione di restituire quel debito alla Polonia. Le “somme napoletane fanno or-mai parte della leggenda che intere generazioni di diplomatici polacchi non sono riusciti a sfatare. Il secolo XVI nella tradizione sto-rioa polacca è chiamato “secolo d’oro” per l’equilibrio politico sag-giamente realizzato dai regnanti e per la fioritura straordinariamente abbondante della cultura rinasci-mentale che qui trovò clima pro-pizio per un prosperoso sviluppo tutto a vantaggio delle generazioni future.

Alina Adamczyk Aiello

Bibliografia:1. Oskar Halecki, Storia della Polonia, Roma 1966.2. Joanna Olkiewicz, Opowiesci o Wlochach i Polakach (Racconti di italiani e polacchi), Warszawa 1979.3. Krzysztof Zaboklicki, Bona Sforza regina di Polonia e gli ita-liani della sua corte, Roma 1979.