Bollettino Settembre

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C amminiamo insieme Periodico della Comunità dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato N° 24 Settembre Novembre 2010

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Bollettino Parrocchiale Settembre 2010

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Camminiamo insiemeP e r i o d i c o d e l l a C o m u n i t à d e i S a n t i P i e t r o e P a o l o i n C a s t r e z z a t o

N° 24 Settembre Novembre 2010

2 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

Ecco come si presenta la fac-ciata della nostra bella chie-sa dopo il restauro di questi mesi. L’intervento si era reso necessario perché nell’ulti-mo inverno erano caduti dei

pezzi di coppo e parti di intonaco ammalorato da infi ltrazioni di ac-qua piovana. Si è dovuto interveni-re con apposito impianto al grave problema dell’allontanamento dei piccioni che erano una vera cala-mità. Infatti, le mensole, le cornici, i tettucci di protezione della facciata e il tetto contiguo alla contro-fac-ciata erano letteralmente invasi da-gli escrementi dei volatili, intasan-do pluviali e causando infi ltrazioni d’acqua e di umidità. Le ditte con-sultate per l’impianto di allontana-mento hanno richiesto preventiva-mente il risanamento radicale della parte muraria, della copertura e degli intonaci, prima di collocare il dispositivo elettrico di allontana-mento. Ora il lavoro è stato ultima-to e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. La Soprintendenza ha seguito accuratamente ogni fase dei lavori, dando disposizioni e consigli. È ap-parsa in alto una scritta latina che dice “O quam metuendus est locus iste!”, ossia “Oh quanto è da venera-re questo luogo!”. Il lavoro fatto ha dato risultati molto apprezzabili e, lo speriamo, duraturi. Allo Studio Volta che ha seguito i lavori e al no-stro Consiglio Amministrativo par-rocchiale (CPAE) che li ha promossi e impostati, va il nostro grazie sin-cero. I lavori di restauro della fac-ciata saranno inaugurati dal nostro caro concittadino P. Lorenzo Agosti Superiore generale dei Pavoniani, domenica 21 novembre 2010, So-lennità di Cristo Re; domenica nella quale ricorderemo il Suo XXXV° an-niversario di Ordinazione sacerdo-tale. Il “volto” rinnovato della nostra spendida chiesa ci stimoli ad essere come Popolo di Dio, volto luminoso di Cristo.

ommarioommarioSS

Camminiamo insieme

Numero 24 - Settembre Novembre 2010

Periodico della Comunità dei Santi Pietro e Paolo in Castrezzato

Collaboratori di questo numero: Diocesi di Brescia, Mons. Mario Stoppani, Don Claudio Chiecca, Guido Bossa, Mons. Osvaldo Mingotti, Mons. Vittorio Formenti, Mons. Luciano Capelli, p. Lorenzo Agosti, Suore delle Poverelle di Bergamo, arch. V. Volta, Piergiuseppe Accornero, Giordano Muraro, A.C. di Castrezzato, OratorioSegreteria Agostina CavalliFotografi e di Erika ZaniImpaginazione Giuseppe Sisinni Stampa G.A.R. di Ruffi ni s.r.l. - Castrezzato (BS)

Lettera del Parroco3 Cristo al centro

Nuovo anno pastoraleDiventare cristiani maturi e responsabili

Spazio oratorioE... state in oratorio

Rifl essioniL’anno sacerdotale, un invito alla purifi cazione

Uomini della ChiesaIn memoria di don Stefano Costa

Lettera pastoraleTutti siano una cosa sola

La nostra parrocchialeUno scrigno d’architettura e di arti applicate

Ottobre missionarioDagli estremi confi ni della terra

FamigliaL’educazione

FamigliaIstituzione superata?

Spazio oratorioIl Papa ha incontrato i chierichetti

Vita in parrocchiaInaugurazione della nuova Santella

delle Monticelle

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In copertina

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Lettera del Parroco

3Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

Carissimi, l’avvio di un nuo-

vo anno pastorale ci stimo-

la a mettere a fuoco alcuni

obiettivi fondamentali della no-

stra esistenza cristiana e a perse-

guirli con perseveranza. Essi sono:

la centralità di Gesù Cristo e il

cammino di tutti (nessuno esclu-

so) verso la maturità cristiana. Ci

accompagnerà quest’anno uno

dei libri del Nuovo Testamento,

chiamato Lettera agli Ebrei, che

risulta molto attuale anche ai no-

stri tempi. Tutti sappiamo che la

Parola di Dio deve essere la regola

di vita dei credenti. Non c’è fede

autentica senza il radicamento

nella Parola di Dio. Ebbene, que-

sto testo ispirato risulta quanto

mai adatto ad aff rontare la crisi di

fede del nostro tempo, dentro e

fuori la Chiesa. L’autore di questo

testo (una volta ritenuto di S. Pao-

lo Apostolo, ma poi nei successivi

approfondimenti si è appurato

che non è suo ma di un altro vali-

do autore sacro) scrive ai cristiani

della seconda generazione cri-

stiana che dovevano confrontar-

si con un clima di indiff erenza e

quindi erano tentati di abbando-

narsi alla ricerca di surrogati rassi-

curanti e di cedere a mode pseu-

do-religiose di tipo entusiastico e

spettacolare. A queste tendenze

che alimentavano la nostalgia

per una ritualità esteriore e una

serie di precetti che confi navano

l’esperienza religiosa nel priva-

to e nell’ambito sacrale, l’autore

ispirato (forse Barnaba, o Apollo

o Timoteo, o comunque uno che

conosceva bene sia il cristianesi-

mo che l’ebraismo) ripresenta la

centralità di Gesù Cristo e del

suo sacerdozio e stimola i cristia-

ni a mantenere senza vacillare la

loro speranza in lui, in pienezza

di fede e disposti ad ogni buona

opera.

Èquesto l’obiettivo “eterno” del di-

scepoli di Cristo e vale anche per

noi. In questa direzione ci spinge

anche il nostro Vescovo, il quale

ha dato alla Diocesi un orienta-

mento annuale fondato sull’Eu-

caristia: “Un unico Pane; un solo

Corpo”. Che cosa signifi ca che

Gesù è l’Unico, Sommo Sacerdo-

te? Signifi ca che Gesù, attraverso

il dono della sua vita, realizzato

nella condivisione massima del

destino storico dell’uomo, apre

la via nuova e inaugura il culto

o liturgia defi nitiva dell’incon-

tro con il Dio Vivente. Per questo

solo Gesù può essere chiamato a

pieno titolo “sacerdote”, perché

Cristo al centro

Rifl essioni all’avvio del nuovo anno pastorale

Lettera del Parroco

4 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

ha off erto se stesso una volta per

sempre.

Pertanto il vero culto cristiano

è la nostra relazione persona-

le con Dio e il servizio prossimo.

E dal momento che il Padre si è

manifestato nel Figlio crocifi s-

so, solidale con l’umanità, non è

possibile incontrare Dio se non in

un legame di vero servizio ai fra-

telli: qui sta l’essenza dell’essere

cristiani! Amore di Dio, amore del

prossimo, “non a parole, ma nei

fatti e nella verità”( ci richiama S.

Giovanni). Il problema principale

quindi, non è principalmente di

off rire templi a Dio o di celebrare

riti fi ne in sé stessi, ma di vivere

intensamente questa relazione

con Dio e con il prossimo. Il nuo-

vo anno pastorale guidato dal

vescovo diocesano sarà caratte-

rizzato dall’impegno di edifi care

una Comunità cristiana unita, sul

modello eucaristico.

“Se è un unico Corpo quello che si

raduna per l’Eucaristia, un Corpo

unito e ben compaginato dev’es-

sere la Comunità (Chiesa appun-

to) che si modella sull’Eucaristia.”

Dall’Eucaristia nasce e si sviluppa

uno stile e un modello di Chiesa.

Se vi ricordate era il programma

spirituale e teologico dei Festoni

del 2007. Perciò ricominciamo

con entusiasmo.

Concludo facendo riferimento ad

un pensiero del Servo di Dio Papa

Paolo VI, il quale nel pieno della

contestazione ecclesiale, dopo

una disanima realistica della si-

tuazione che era molto problema-

tica anche all’interno della Chiesa,

esortava i cattolici al coraggio e

alla speranza, facendo notare che

“non molle e vile è il cristiano,

ma forte e fedele”. Ricominciamo

quindi con entusiasmo.

A tutti i collaboratori del Regno di

Dio, vecchi e nuovi, ai nuovi mem-

bri del Consiglio pastorale parroc-

chiale ( C.P.P.) e del Consiglio am-

ministrativo parrocchiale (CPAE),

ai Collaboratori dell’Oratorio, ai

Catechisti, ai Ministri straordina-

ri della S. Comunione, ai Lettori,

a quanti servono e amano Gesù

Cristo nella vita di ogni giorno, e

fanno il loro dovere assistendo i

malati o facendo crescere bene

i loro bambini, a quanti si impe-

gnano nel volontariato e nel so-

ciale a tutti quanti cercano un si-

gnifi cato più vero e autentico alla

loro vita il mio saluto cordiale ed

il mio incoraggiamento sincero.

Buon Anno pastorale.

il vostro don Mario

“Se il chicco di gra-

no, caduto in terra,

non muore, rimane

solo; se invece muore, produ-

ce molto frutto”

Gesù

5Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

Nuovo anno pastorale

È un luogo comune sentir dire

che la Chiesa oggi sta attra-

versando una grave crisi. Ma

tale aff ermazione va esaminata

attentamente. Ci sono settori del-

la cultura e della società che non

sono mai stati teneri con la Chiesa

non perché volevano riformarla o

guarirla, ma perchè non l’hanno

mai amata; e, se ne hanno punti-

gliosamente sottolineate i peccati

e i limiti, era solo per combatter-

la e osteggiarla. Ma è anche vero

che le principali diffi coltà possono

annidarsi all’interno della Chiesa

(Il Papa lo ha ribadito più volte in

questi mesi) qualora preti, vescovi

e laici battezzati non vivessero in

pienezza la loro stupenda chiama-

ta alla fede e alla grazia, dessero

cattivo esempio e mostrassero in-

coerenza, sempre possibili fi n che

viviamo quaggiù; quando insom-

ma si dà spazio al peccato. Anche

la grave questione degli abusi da

parte di alcuni uomini di Chiesa

(infi nitamente limitata rispetto alle

proporzioni reali della piaga che

ha ben altri sviluppi nella famiglie

e nella società e sulla quale spes-

so si tace colpevolmente), può di-

ventare un pretesto per scartare in

tronco la Chiesa. Insomma, anche

la pedofi lia, da obiettivo da sradi-

care (e giustamente, ci manche-

rebbe!) può diventare un pretesto

per dare una spallata alla Chiesa.

Ma la realtà della Chiesa è ben più

grande dei suoi limiti. È davvero

- come dice Gesù come una rete

gettata in mare che raccoglie ogni

genere di pesci, buoni e cattivi. La

selezione defi nitiva avverrà alla

fi ne, nel giudizio. Intanto, per tut-

ti è tempo di conversione. La ric-

chezza della comunità ecclesiale è

costituita dalla molteplicità delle

culture, dei carismi e dei doni di-

versi che vivono nella Chiesa, che

è e resta unica. Il primato del Papa

(primato petrino) ha il mandato di

rendere visibile e concreta questa

unità, nella molteplicità storica.

Proprio recentemente (giovedì 29

luglio scorso) Benedetto XVI os-

servava in un pubblico discorso:

“La Chiesa anche oggi, benché

soff ra tanto, tuttavia è una Chiesa

gioiosa, non è una Chiesa invec-

chiata, ma una Chiesa giovane,

perché la fede crea gioia”. Quanto

è stato bello e festoso – ai primi di

agosto – l’incontro del Papa con

oltre cinquantamila chierichetti in

Piazza San Pietro (incontro ignora-

to dalla grande stampa che trova

più redditizio far conoscere solo gli

scandali della Chiesa!). La Chiesa è

molto più viva di quanto la si vo-

glia presentare: non è ancora “mo-

ribonda”! Essa ha superato tante

prove, dentro e fuori la sua com-

pagine visibile e supererà anche

quelle presenti. È il Signore Gesù

che la guida con il suo Spirito!

E veniamo ad illustrare l’obbiettivo

primario del nostro anno pastora-

le: diventare cristiani maturi e re-

sponsabili. Primarietà quindi della

formazione degli adulti. In che

modo? Le tappe da percorrere mi

sembrano queste:

1- La prima sta nel concepire la

vita cristiana come itinerario di

crescita, partendo dal battesimo

e giungendo all’eucaristia, per

sfociare nella carità, intesa nel

senso ampio di una vita donata.

In questo percorso non partiamo

da zero. Il catechismo che abbia-

mo frequentato da bambini e da

adolescenti ci ha fornito i primi

rudimenti della fede, indicandoci

chi è Gesù, che cosa è la Chiesa,

in che cosa consista l’esperienza

sacramentale e avviandoci al pri-

mo contatto con la Sacra Scrittura

Diventare cristiani maturi e responsabili

In vista del nuovo anno pastorale 2010- 2011

Alcune linee di approfondimento

6 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

(Antica e Nuova Alleanza). Questo

è stato solo il primo approccio alla

fede, condiviso all’interno delle

nostre famiglie (e come ci teneva-

no ad educarci cristianamente!), in

parrocchia ed in oratorio. Occorre

poi, nell’età giovanile e adulta por-

tare avanti l’approfondimento te-

ologico, che nutra la fede e ci porti

a fare di Gesù Cristo il centro della

nostra vita e il punto di riferimen-

to delle nostre scelte concrete. È

infatti con la vita concreta di ogni

giorno che noi testimoniamo o rin-

neghiamo la fede: Gesù ci direbbe:

“Non chi dice Signore, Signore en-

trerà nel regno dei Cieli, ma chi fa

la volontà del Padre mio”.

2- La seconda consiste nell’irra-

diare l’amicizia con Cristo e lo sti-

le evangelico nei vari ambiti del-

la vita:quello personale e quello

comunitario (famiglia – lavoro –

parrocchia - società). Un cristiano

adulto non può arenarsi nel pri-

vato egoistico, nel vivere un per-

benismo di facciata, senza far del

male certo, ma neppure del bene.

Una fede matura e cosciente si

esprime nello stile di una vita im-

piegata e donata goccia a goccia,

giorno per giorno nel servizio del

Regno di Dio; in una carità attiva e

saggia, a seconda degli impegni e

delle situazioni personali, familiari,

professionali ed ecclesiali, con ge-

nerosità e fi ducia. L’amore al pros-

simo non si ferma al solo rapporto

di “buon vicinato”, di buona edu-

cazione o di coesistenza pacifi ca,

ma deve essere creativo, concreto,

portando le persone alla maturità

e alla competenza (= far bene il

bene). Il campo, come si vede, è

vastissimo,nasce dal rinnovamen-

to personale per allargarsi alla fa-

miglia, alla società e al mondo.

3- La terza tappa sta nel perseve-

rare. Lo dice esplicitamente Gesù:

“Chi persevererà sino alla fi ne

sarà salvato”. Per vedere i risulta-

ti occorre insistere nell’impegno,

perché la nostra natura umana è

incline alla pigrizia e all’appiatti-

mento. Perseverare per il cristiano

è un modo di vivere, giorno dopo

giorno, la speranza cristiana, man-

tenendosi saldamente ancorato

a Cristo Risorto, fonte viva della

nostra speranza. Quando non ci

si impegna a portare fi no in fondo

l’itinerario cristiano, il rischio non

è soltanto quello di un cristiane-

simo mediocre, in cui la fede, la

speranza e la carità si dissolvono

in una presenza passiva all’euca-

ristia domenicale (= si va a messa

per “forza”, quasi obbligati da un

precetto, ma senza amore a Cri-

sto): il rischio è l’apostasia (= il

rinnegamento pratico della fede),

in quello che potremmo chiamare

oggi “ateismo di ritorno” o meglio

“paganesimo di ritorno”. C’è una

diff usione, oggi, di sostituti o sur-

rogati dell’esperienza religiosa o

di una fede “su misura”. Pensiamo

alla non-conoscenza dell’immen-

so tesoro delle Scritture e dei con-

tenuti della fede cristiana. Pensia-

mo all’idolatria del consumi, alla

assunzione di stili di vita e modi di

organizzare il tempo libero e il di-

vertimento con caratteristiche so-

stanzialmente atee o pagane. Pen-

siamo al delirio di un divertimento

che non rigenera le forze, ma ab-

bruttisce ed aliena; all’esercizio di

una sessualità disordinata; all’esal-

tazione di tutto ciò che fa uscire da

sé (alcool o droga che siano). Pen-

siamo a certe feste cristiane che

hanno per qualcuno lasciato solo

una “vernice” superfi ciale di sacro e

di cristiano, ma non incidono sulla

vita. Fare delle belle esperienze di

spiritualità, (dove magari si prega

tutti con entusiasmo) partecipare

a dei pellegrinaggi, deve produrre

un reale cambiamento anche nel-

la vita. Tornati a casa si deve con-

tinuare a pregare, frequentare la

messa la domenica e comportarsi

da cristiani, dare buon esempio ed

aiutare la Parrocchia nell’apostola-

to e nel rinnovamento spirituale.

Ben vengano allora i pellegrinag-

gi, se “producono” una vera con-

versione ed un reale e duraturo

cambiamento nella vita. Il Signore

e la Madonna non ci sono soltan-

to nei Santuari, ma anche nelle

nostre parrocchie che ci danno

ogni giorno la Parola di Cristo, l’in-

segnamento di Cristo, il Corpo di

Cristo, la dimensione comunitaria

della fede. Dicendo questo, non si

vuole limitare la giusta libertà dei

credenti, ma guardare in faccia la

realtà delle nostre Comunità e in-

dividuare dei percorsi per vivere

fi no in fondo la fede in Gesù Cri-

sto (come del resto la Madonna ha

sempre insegnato, fi n dall’evange-

lico “Fate quello che Lui – Gesù - vi

dirà” alle nozze di Cana). La vera

devozione alla Madonna consiste

nell’ascoltare Gesù suo Figlio! I pri-

mi cristiani hanno vissuto la stessa

sfi da della fedeltà e della perse-

veranza nella loro condizione di

gruppo minoritario che rischiava

di essere assorbito dalla maggio-

ranza pagana.

Di fronte ad un’alternativa che

non è semplicemente la me-

diocrità, ma l’apostasia (magari

soltanto a livello pratico, senza

grandi dichiarazioni di principio,

però concretizzata in una gestio-

ne pagana della propria esisten-

za), mi sembra che la via di uscita

sia ancora quella indicata dalla

lettera agli Ebrei: passare dalla

fede iniziale ad una fede adulta,

percorrere e proporre un itinera-

rio di maturità cristiana che trova

nell’eucaristia il suo modello su-

premo.

Come parroco ritengo che questa

sia una soluzione pastoralmente

valida, se per pastorale si intende

l’impegno di cristiani adulti che in-

tendono ravvivare la fede ad altri

cristiani adulti e in chi non mani-

festa più alcun interesse alla fede

ricevuta.

Con vera buona volontà iniziamo

quindi un nuovo anno pastorale:

un anno di grazia che ancora il Si-

gnore ci dona. Don Mario Stoppani

Nuovo anno pastorale

7Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

Rifl essioni

L’Anno Sacerdotale che si è

concluso l’undici giugno,

solennità del Sacro Cuore

di Gesù, ha coinciso con il perio-

do della più lacerante bufera che

ha scosso il clero cattolico e, più

in generale, la Chiesa. Non sono

mancati né malizia né accanimen-

to contro la Chiesa, e spesso diret-

tamente contro il Pontefi ce, nella

vera e propria battaglia ingaggia-

ta in America e in Europa - dagli

Stati Uniti all’Irlanda, dal Belgio

alla Germania, solo per ricordare

alcuni dei casi più clamorosi -, in

cui la posta in gioco è sembrata a

tratti trascendere il retto e condi-

visibile obiettivo di rendere giu-

stizia alle vittime e punire con la

necessaria fermezza i colpevoli di

crimini nefandi, per trasformarsi in

una nuova tappa della lotta senza

quartiere contro i cristiani che ha

percorso l’intero secolo scorso.

E innegabile, purtroppo, che le pri-

me reazioni di coloro che si sono

sentiti oggetto delle accuse - rela-

tive magari a fatti avvenuti in anni

remoti - siano state lente, confuse,

disordinate. Si è tardato a prende-

re consapevolezza della gravità

dei fatti - quando dimostrati - e in

qualche caso si è tentata una im-

barazzata e imbarazzante difesa

aprioristica.

Non è stata questa, fi n dall’inizio,

L’anno sacerdotale:un invito alla purifi cazione

Chiesa e sacerdoti

“Se pensiamo ai due millenni di storia della Chiesa, possiamo osservare che - come aveva preannunciato il Signore Gesù (cfr Alt 10,16-33) - non sono mai mancate per i cristiani le prove. che in alcuni periodi e luoghi hanno assunto il carattere di vere e proprie persecuzioni. Queste, però, malgrado le soff erenze che provocano, non costituiscono il

pericolo più grave per la Chiesa. Il danno maggiore, infatti. essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità. intaccando l’integrità del Corpo mistico, indebolendo la sua capacità di profe-

zia e di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto”. (dall’Omelia di Papa Benedetto XVI, 29 giugno 2010)

Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 20108

Rifl essioni

la linea seguita da Benedetto XVI,

che del resto aveva lanciato la sua

denuncia profetica contro la “spor-

cizia” della Chiesa ancor prima di

salire al Soglio di Pietro. Ma è il

caso di ricordare che anche fra i

più stretti collaboratori del Papa -

tali sono i Cardinali anche quando

non occupano posti di responsa-

bilità in Curia - c’è stato qualche

iniziale cedimento su una linea di

difesa ad oltranza e di negazione

dei fatti contestati.

Ora, la chiusura dell’Anno Sacer-

dotale, e le parole che il Papa ha

pronunciato nelle cerimonie li-

turgiche, off rono l’occasione per

una rifl essione più approfondita

sui fatti e sui reali valori chiamati

in causa dal “tradimento” di alcuni

sacerdoti.

Il sacerdozio, ha ricordato Bene-

detto XVI nell’omelia dell’ l l giu-

gno, non è semplicemente “uffi cio”,

ma “sacramento”, in quanto “Dio si

serve di un povero uomo al fi ne di

essere, attraverso lui, presente per

gli uomini e di agire a loro favore”.

Emerge, dunque, il legame stret-

tissimo fra il sacerdozio e la Chiesa,

sacramento della presenza di Dio

nel mondo; e si chiarisce la gravi-

tà del peccato commesso contro

gli uomini - contro i più piccoli e

indifesi - e contro la Chiesa stessa:

peccato di infedeltà alla missione

ricevuta, attraverso il quale si è

corso il rischio - questo l’allarme

lanciato dal Papa - che “Dio fosse

spinto fuori dal mondo”.

L’attacco alla Chiesa, aff erma Be-

nedetto XVI, non è terminato: il

dovere della purifi cazione - “un

compito che ci accompagna ver-

so il futuro” - incombe su tutti i

cristiani; e al dovere della puri-

fi cazione è chiamato per primo

ogni sacerdote, cui il Papa chiede

di rifl ettere sulla propria vocazio-

ne: “Se l’Anno Sacerdotale avesse

dovuto essere una glorifi cazione

della nostra personale prestazione

umana, sarebbe stato distrutto da

queste vicende. Ma si trattava per

noi proprio del contrario: il diven-

tare grati per il dono di Dio, dono

che si nasconde `in vasi di creta’ e

che sempre di nuovo, attraverso

tutta la debolezza umana, rende

concreto in questo mondo il suo

amore”.

Dunque, l’Anno Sacerdotale si ri-

solve in un invito all’umiltà che

deve coinvolgere la Chiesa intera.

Consapevole che, quali che siano

le prove e le persecuzioni cui essa

è sottoposta, il pericolo più grave,

il “danno maggiore” non le provie-

ne dall’esterno, ma “lo subisce da

ciò che inquina la fede e la vita cri-

stiana dei suoi membri e delle sue

comunità, intaccando l’integrità

del Corpo mistico, indebolendo la

sua capacità di profezia e di testi-

monianza, appannando la bellez-

za del suo volto” (Omelia nella so-

lennità dei santi Pietro e Paolo, 29

giugno). Il vero rischio della Chiesa,

la più temibile delle persecuzioni,

è. dunque il peccato che ne mina

dall’interno la santità e la fedeltà a

Cristo e al Vangelo. E, per tornare

al “sacramento” sacerdotale, esso

non può mai “rappresentare un

modo per raggiungere la sicurez-

za nella vita o per conquistare una

posizione sociale.

Chi aspira al sacerdozio per un

accrescimento del proprio presti-

gio personale e del proprio pote-

re ha frainteso alla radice il senso

di questo ministero”, perchè “chi

vuole soprattutto realizzare una

propria ambizione, raggiungere

un proprio successo sarà sempre

schiavo di se stesso e dell’opinio-

ne pubblica” (Omelia del 29 giu-

gno per l’ordinazione presbiterale

dei diaconi della diocesi di Roma).

C’è, dunque, da rifl ettere, al di là di

quanto suggerito da una cronaca

a volte spietata, sul compito e sui

doveri del sacerdozio, anche oltre

l’Anno Sacerdotale.Guido Bossa

9Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

Don Costa in una cerimonia pubblica dei Festoni 1985

Don Stefano avrebbe com-

piuto 80 anni fra poche

settimane, dopo aver svol-

to con passione la missione di sa-

cerdote per 57 anni.

Ha un fratello sacerdote don Pie-

tro, più giovane di due anni e que-

sto fatto ci dice il clima che aleg-

giava nella sua famiglia: dai frutti

si conoscono gli alberi.

A Orzinuovi, nella fanciullezza di

don Stefano e di don Pietro, colti-

vavano il regno di Dio due sacer-

doti eccellenti che avevano semi-

nato la evangelizzazione prima

a Castrezzato: Monsignor Pietro

Santi, parroco dal 1926 al 1941 e

poi a Orzinuovi per 21 anni e don

Pierino Rizzini, curato dal 1939 al

1947 e poi a Orzinuovi fi no al 2001.

Due maestri con l’impronta dello

straordinario carisma di educatori.

Così don Stefano e don Pietro go-

dettero e fruttifi carono della ope-

rosità di due cari sacerdoti a noi

indimenticabili, per la ricchezza

sacerdotale fatta di serenità, uma-

nità e grazia.

Don Stefano l’ho conosciuto in

seminario a Brescia essendo Lui

avanti a me di un anno. Era sereno,

educato, bravo a scuola e molto

devoto. Ci lasciammo nel 1953 e ci

rincontrammo sacerdoti a Castrez-

zato nel 1975, quando il Vescovo

lo nominò nostro parroco.

Succedeva a don Agostino Bon-

fadini, nostro parroco, nato a Clu-

sane l’11 novembre 1898 e dive-

nuto parroco di Castrezzato dopo

Monsignor Pietro Santi nel 1941.

Era una successione diffi cile e la

documenta il nostro Monsignor

Angelo Zammarchi, allora rettore

In memoria di don Stefano Costa

Uomini della Chiesa

Parroco a Castrezzato dal 1975 al 1986

Tappe essenziali

Nato a Orzinuovi il 29.09.1930

Ordinato a Brescia il 14.06.1953

Vicario parrocchiale a Palosco dal 1953 al 1963

Vicario parrocchiale a Corti dal 1963 al 1970

Vicario parrocchiale a Chiari dal 1970 al 1975

Parroco a Castrezzato dal 1975 al 1986

Parroco a Adro dal 1986 al 1994

Vicario parrocchiale a Cologne dal 1994

Morto a Cologne il 28.06.2010

Funerali e sepoltura a Cologne il 30.06.2010

del seminario di Brescia che così

scrive nel 1941: “Con grande gio-

ia ringrazio il Signore del dono

prezioso fatto dalla Provvidenza a

Castrezzato per opera di S. E. Mon-

signor Vescovo. Esprimo diretta-

mente a Lei, caro don Bonfadini,

la mia grande gioia e prego dal Si-

gnore le più larghe benedizioni al

suo prossimo ministero pastorale

a Castrezzato: ministero che non

potrà non essere fecondissimo di

frutti”. Fu parroco zelante per 34

anni e morirà il 3 maggio 1985.

Don Stefano, successore, non farà

molto rumore nei suoi 11 anni di

parroco a Castrezzato, ma lasce-

rà un’ impronta di religiosità e di

pacatezza che sono patrimonio

degli spiriti eletti. Era uomo di pre-

10 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

ghiera, di vita semplice e dimessa,

non amava apparenze né onori e

credeva veramente che “gli ultimi

saranno i primi nel regno di Dio”.

La sua azione pastorale é sempre

stata puntuale e mirata, il suo par-

lare era sempre chiaro e sintetico.

Schietto nelle relazioni, sapeva ap-

prezzare l’operato altrui e valoriz-

zare i collaboratori.

Aveva una spiritualità essenziale,

ma ben radicata, tipica del clero

bresciano. Leggeva molto e ap-

profondiva con competenza e pre-

cisione le questioni che doveva via

via aff rontare.

Lascia un ricordo di prete genuino

che ha messo sempre al primo po-

sto il bene della Chiesa, della co-

munità e mai se stesso.

Il suo spessore culturale e la sua

indole intellettuale, per un radi-

cato spirito evangelico, non gli ha

mai impedito di essere profonda-

mente umano, in simpatia con la

gente umile e semplice. Pur con

stile sobrio, riservato, signorile,

don Stefano è stato capace di ami-

cizia, di rapporti cordiali e sinceri,

di serena e gustosa visione della

vita. Ha off erto i suoi ultimi anni di

sacerdozio nel silenzio della parola

e della memoria, ospite della casa

di riposo di Cologne: pure questo

è un modo con cui il pastore off re

la vita per le sue pecore.

I suoi funerali si sono svolti il 30

giugno 2010 nella parrocchiale di

Cologne, con la concelebrazione

di 50 sacerdoti e ora riposa nel ci-

mitero di Cologne, in attesa della

risurrezione.

don Osvaldo Mingotti

Uomini della Chiesa

Don Stefano CostaUn uomo semplice e un sacerdote mite

Raccontare compiutamente in poche righe la fi gura di un Sacerdote

che è stato nostro Parroco per 11 anni, non è certo una cosa sempli-

ce, ma vorrei tentare almeno di ricordare i punti più caratteristici del

suo apostolato fra di noi e che sono rimasti nel mio cuore.

Anzitutto un sincero ringraziamento a Dio per quest’ uomo che ha

accettato la sua chiamata al Sacerdozio e che ha voluto donare 11

anni della sua vita per la nostra Comunità nell’ annuncio della Parola

di Dio e nel quotidiano intenso servizio pastorale.

Un profondo ringraziamento anche a te Don Stefano perchè con la

tua presenza ed il tuo insegnamento (come era bello ascoltare la do-

menica le tue omelie...) ci hai fatto comprendere che la Fede, in un

contesto sempre più in via di secolarizzazione, è un dono immenso

di Dio e che vale la pena di viverla nella quotidianità del nostro duro

lavoro e nelle nostre non sempre serene relazioni familiari.

La tua semplicità e la tua mitezza ti hanno fatto accettare la nomina

a Parroco di Castrezzato.

Tu sapevi tutte le diffi coltà parrocchiali di quel periodo, in partico-

lar modo la mancanza di una canonica, una situazione economico-

fi nanziaria non fl orida ed un oratorio ormai obsoleto.

Ma hai accettato con amore e per amore hai vissuto 11 anni con noi

cercando di sistemare con priorità i vari problemi: non certo per pri-

mo la tua casa, ma, come fosse per te una scaletta di valori, tu hai

voluto sistemare prima il tetto della bellissima nostra Chiesa Parroc-

chiale e poi le 8 aule interne dell’oratorio.

Quando ci hai lasciato per ricoprire il nuovo incarico di Parroco di

Adro, nella tua messa di addio, hai voluto scolpire nuovamente nei

nostri cuori il tuo profondo amore verso il Signore e verso di noi tuoi

parrocchiani, dicendoci:

“Ringrazio Dio perchè siete qui presenti, ringrazio Dio per la vostra

fede in Lui e per la pazienza dimostrata nei miei confronti“

Mai una frase auto-elogiativa, mai una parola negativa o pessimista.

Solo una lode a Dio ed espressioni di amore per i tuoi parrocchiani

con vera semplicità e profonda mitezza.

“Beati i miti, poichè essi erediteranno la terra “; tu don Stefano hai

voluto nella tua vita accettare anche con grande mitezza la malat-

tia che per molti anni ti ha tormentato e portando spesso anche in

ospedale.

Ti ho incontrato diverse volte e sempre un sorriso, un pensiero posi-

tivo ed una grande fi ducia nei Medici ma soprattutto nella volontà

del tuo Signore. A lui hai voluto don* tutto te stesso e sono certo che

ora lo stai godendo “faccia a faccia”.

Tu sei Sacerdote in eterno e dal Paradiso continua a pregare per noi

e per l’intera tua comunità parrocchiale di Castrezzato.

Con profonda stima e con sincera riconoscenza

Un tuo parrocchiano

11Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

Lettera pastorale

“Tutti siano una cosa sola”, la nuova lettera pastora-le si compone di una in-

troduzione, di tre capitoli e di una conclusione. Nell’ampia introdu-zione il Vescovo awia la rifl essione a partire dalla nascita della comu-nità cristiana, “a Gerusalemme, nel cenacolo dell’ultima cena”. Da lì, come da una sorgente, scaturisce la comunità cristiana. È lì che è sta-ta stabilita la regola che deve lega-re i membri di quel primo nucleo di Chiesa: la regola del servizio, dello spendere la propria vita, la regola della vita donata per amore, perché questo è in sostanza il testamento di Gesù. In questo amore reciproco Gesù continuerà nella storia a fare quello che ha sempre fatto: amare e dare la vita. Il suo amore, in que-sto modo, raggiungerà i discepoli per trasmettere loro l’amore in-fi nito del Padre. Questo amore li renderà creature nuove, uomini e donne capaci di fare della propria vita un dono d’amore per gli altri. Viene, poi, la prima parte della Let-tera che propone una rifl essione approfondita sul dono dell’amore. È molto interessante ciò che il Ve-scovo aff erma in proposito. Mons. Monari ricorda che l’umanità tutta è attraversata da una corrente ine-sauribile d’amore che proviene da Dio e che sostiene il mondo. Tutti gli uomini sono amati da Dio, ma, come sottolinea ancora il Vescovo, solo i credenti ne sono consapevo-li e tentano di corrispondere a que-sto amore. Il loro amore si fa storia, prende concretezza nelle pieghe della vita e della quotidianità. Da qui discendono alcune conse-guenze pratiche che costituiscono la seconda parte della Lettera, inti-tolata “Noi siamo il corpo di Cristo”. Nella logica dell’essere corpo di

Cristo, Gesù sceglie e manda alcu-ni perché operino in obbedienza al suo mandato. Sono i sacerdoti che, come presbiterio, costituiscono quello che mons. Monari defi nisce “un unico sacramento”. Attraver-so i sacerdoti chiamati a vivere al meglio la comunione, Cristo, oggi, si rende presente anche a Brescia. La nuova Lettera tocca poi la leg-ge dei rapporti nella Chiesa: molte membra, unite a formare un solo corpo. I ministri ordinati, le persone consacrate e i laici esprimono doni e vocazioni diverse che trovano sintesi nello stesso e unico amore. La meta comune è quella di por-tare il mondo a Cristo, dandogli la sua forma. E ciò awiene attraverso l’ascolto della Parola, la celebrazio-ne dei sacramenti, la testimonian-za della carità. L’edifi cazione della comunità è dunque compito di tutta la Chiesa. La terza parte della lettera (“Diventare una cosa sola”) pone in evidenza il mistero di Dio Trinità, pienezza e perfezione del-la comunione. Proprio perché i cristiani credono in un Dio uno e trino, l’ideale della loro vita deve essere quello della “pluralità unita nell’amore”: un solo corpo e molte membra, una sola famiglia umana e molte culture, lingue, esperien-ze, persone. La comunione è la legge fondamentale della Chiesa e, secondo questa legge, devono prendere forma e crescere tutte le realizzazioni di Chiesa: la famiglia, la parrocchia, famiglia di famiglie, che raccoglie tutti intorno alla me-desima eucaristia. Il Vescovo mette l’accento, poi, su una terza realizza-zione di Chiesa molto interessante e per certi versi originale: quella della “piccola comunità territoriale” che consente, dentro la parrocchia, di intessere legami concreti tra

gruppi di famiglie a partire dalla fede condivisa. Mons. Monari met-te particolarmente in evidenza il tema delle unità pastorali, che uni-scono più parrocchie attraverso un progetto pastorale condiviso che si traduce in un programma attuato nella collaborazione e nella corre-sponsabilità. Il Vescovo ricorda poi la diocesi, la Chiesa locale in senso proprio, vive in comunione con le altre diocesi e, in particolare, con quella di Roma e con il suo Vesco-vo, che costituiscono, insieme, la Chiesa cattolica universale. Lo stile della comunione è dato dalla sino-dalità, dal camminare insieme, che si traduce nella valorizzazione de-gli organismi di partecipazione e nella disponibilità a lasciarsi illumi-nare e condurre dalla Parola di Dio. Nella conclusione il Vescovo solle-cita i consigli pastorali parrocchiali ad avvalersi della sua Lettera come di uno strumento di rifl essione, di approfondimento e di verifi ca per giungere a una forma di pastorale integrata, frutto di discernimento comunitario alla quale partecipino responsabilmente tutte le compo-nenti della vita ecclesiale.Mons. Monari chiude la Lettera indicando nella pratica della co-munione un itinerario educativo capace di ricadute importanti e preziose anche per la società, oltre che per la Chiesa.

Tutti siano una cosa solaLa comunità cristiana, nata a Gerusalemme, vive anche a Brescia

La struttura e i contenuti della nuova Lettera pastorale

12 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

La nostra parrocchiale

La prima importante novità

sulla storia della chiesa dei

Santi Pietro e Paolo Aposto-

li riguarda ciò che esisteva prima

dell’edifi cazione di questo tempio,

Uno scrigno d’architetturae di arti applicate

Da Santa Maria degli Angeli alla nuova Parrocchiale di San Pietro

in questo stesso luogo. La lettera-

tura storica infatti, dal Guerrini in

poi, riporta la fondazione dell’at-

tuale Chiesa dei Santi Pietro e Pao-

lo sul sedime dell’antica chiesetta

medievale di S. Pietro, che sarebbe

stata ubicata extra moenia.

Come ho già avuto modo di rela-

zionare diff usamente pochi giorni

orsono, tale informazione fu fon-

data su un’errata traduzione ed

interpretazione della lapide del

rettore Maggi apposta attualmen-

te nell’antisagrestia.

L’antica chiesa di S. Pietro infatti,

dal riscontro crociato di una serie

di testimonianze documentali,

era in realtà ubicata all’interno del

recinto del castrum, posta dove

attualmente si trova la casa cano-

nica sino alla fi ancata occidentale

della chiesetta di S. Lorenzo, (ciò

è visibile dalla planimetria inviata

in Curia nel 1768 dal Parroco Leali

per la licenza di costruzione della

chiesa della Concezione ora detta

di S. Lorenzo).

Al di fuori della cinta era colloca-

ta altresì la chiesa tardo-quattro-

centesca dedicata a S. Maria degli

Angeli, da cui deriva il toponimo

dell’attuale piazza, più grande e

comoda, descritta da S. Carlo e

nelle visite successive, con una na-

vata lunga almeno 15 metri oltre

al presbiterio con tre arconi latera-

li per fi ancata.

Fatta luce sugli antefatti, la storia

di questa chiesa inizia il 29 giugno

1750, 260 anni fa, quando avvie-

ne la cerimonia della posa della

prima pietra, in seguito al decreto

episcopale 29 maggio 1750, alla

presenza di Gio Antonio Martinen-

go quondam Venceslao, patrizio

di questo comune e patrono della

13Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

La nostra parrocchiale

chiesa edifi canda, Domino Toma-

so de Madis, Rev. D. Carlo Gritti,

D. Ludovico di Giovanni Magoni,

D. Maff eo di Gio Maria Zambelli,

Domino Giuseppe Rantini Fisico,

D. Marco Sbardolino, D. Giulio Ba-

rucco, tutti deputati eletti e con il

consenso di Giovanni Platto, Paolo

Lupatini e Paolo Bonfi li, sindaci del

predetto Comune. Il padrino della

nuova parrocchiale di Castrezzato

è Giannantonio Martinengo Colle-

oni, nato nel 1709 e morto celibe il

25 novembre 1779.

Il personaggio chiave della vicenda

è tuttavia don Gian Battista Leali,

nominato parroco di Castrezzato il

23 gennaio 1749. Nato a Carcina e

proveniente dalla Parrocchia di S.

Apollonio di Lumezzane, Leali era

prete saggio e dinamico. Era già

stato parroco di Paderno Francia-

corta e nel 1730 era passato in Val-

gobbia, dove aveva avuto modo

di conoscere le vicende artistiche

della decorazione e dell’arredo di

quella importante parrocchiale.

Giunto a Castrezzato all’età di

sessant’anni, era sempre stato le-

gato alla sua parrocchia d’origine,

S. Giacomo di Carcina, una delle

più eleganti chiese valtrumpine,

progettata nell’agosto del 1739 da

Antonio Corbellini, il capostipite

della celebre famiglia bottega di

architetti-capomastri, residente a

Rovato, ma proveniente dalla Valle

Intelvi.

Nel 1747, alla morte di mastro An-

tonio, la chiesa di Carcina era già

quasi compiuta, ed il cantiere era

passato interamente nelle mani

del fi glio Domenico Corbellini,

come nei casi già conosciuti delle

chiese di Coccaglio, Azzano Mella

e Capriano del Colle per la torre.

Nel maggio del 1750, sotto la dire-

zione di Domenico Corbellini, il bel

tempio di S. Giacomo, accoglieva

l’opera dello stuccatore intelvese

Benedetto Porta, in preparazione

delle grandi cornici delle meda-

glie nella volta di Pietro Scalvini,

che lasciò la sua fi rma sulla pala

di S. Gaetano nel 1756, nel tempo

in cui era in pieno svolgimento il

cantiere di Castrezzato.

Non sappiamo molto della dota-

zione marmorea, ma è certo che

sia le opere lapidee del bel porta-

le e soprattutto del campanile di

Carcina vennero affi dati nel 1763

ai rezzatesi Francesco Lepreni e

Gio Batta Gamba. Inoltre tra i fab-

bricieri di Carcina si ritrovano con-

giunti del Leali, cui si unisce addi-

rittura un sacerdote, anch’esso d.

Gio Batta, forse un cugino...

La divagazione sugli autori e gli

14 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

La nostra parrocchiale

artisti operanti nella chiesa di

Carcina non è ovviamente fi ne a

se stessa, ritroviamo infatti sotto

la reggenza del Leali ripresentar-

si sul cantiere di Castrezzato gli

stessi personaggi della chiesa di S.

Giacomo.

Andando per ordine, nel 1753,

dopo 3 anni dalla posa della pri-

ma pietra, risulta già eretto il coro

della nuova Parrocchiale, come da

scritta sull’estradosso dell’abside.

Nel 1767, Pietro Scalvini fi rma e

data il grande aff resco della volta

della sagrestia (cronologicamente

il primo degli autori di cui abbia-

mo memoria che il Leali conosce e

chiama dal cantiere di Carcina).

Nel 1769 il parroco Leali viene se-

polto “in ecclesia nova S.ti Petri”.

L’anno precedente aveva chiama-

to Domenico Corbellini per la pro-

gettazione della chiesetta della

Concezione, detta anche di S. Lo-

renzo costruita sul sedime dell’an-

tichissima chiesa di S. Pietro.

Alla fi ne degli anni sessanta la

struttura dunque è ormai conclu-

sa, ma manca ancora l’architettura

della fronte anteriore.

Di fatto, i pagamenti del libro della

fabbrica riprendono nel 1772 pro-

prio per la facciata con il portale

in marmo per cui vengono inaca-

ricati Angelo Lepreni fi glio del Gio

Batta di Carcina, e Carlo Cristino

di Rezzato lapicidi. Del 10 aprile

1773 sono i pagamenti a Gio Bat-

ta Rusca, impresario capomastro

della facciata della chiesa parroc-

chiale. Nello stesso anno compare

il nome di Domenico Corbellini li-

quidato per il disegno del portale

maggiore in botticino. E sempre

nel settembre e ottobre 1773 ri-

sulta la presenza del Corbellini sul

cantiere a supervisionare i lavori

alla facciata.

È verosimile supporre che un ar-

tista noto come Domenico Cor-

bellini non andasse a risolvere la

facciata di un altro, dopo ventitre

anni dalla posa della prima pietra!

È chiaro quindi che don Leali,

quando si prese carico di risolvere

il problema della chiesa parroc-

chiale di Castrezzato, sapeva bene

a chi rivolgersi per ottenere risul-

tati di alta qualità architettonica

ed artistica.

La cronologia del settecento pro-

cede con note relative al comple-

tamento della facciata e all’allesti-

mento degli arredi sacri.

1774, 20 giugno

conti a Carlo Cristini tagliapietre

per conto delle lasette della fac-

ciata (lastre dello zoccolo)

versamento di denari per terra ros-

sa romana per colorire la facciata

della chiesa

1775, 2 febbraio

pagati al Sig. Carboni Bernardino

per il disegno dell’Altare Maggiore

1775, 10 luglio

conti al Sig. Bernardino Carboni

per “essere venuto qui a fare varie

notazioni per li disegni del banco

della Sagrestia e sedie del Coro”

1778

pala dell’Altare Maggiore di Ludo-

vico Gallina

Livio Marino pittura la porta mag-

giore e relativa bussola

1779

Altare Maggiore del Lepreni

1781

soasa in marmo di Angelo Lepreni

per il telero del Gallina

1782

Bernardino Carboni disegna il

nuovo pulpito

1788

Gerolamo Romani ritocca la pala

del Gallina per adattarla alla soasa

di Angelo Lepreni

1792

Commissione della pala della De-

posizione dalla Croce di Giuseppe

Teosa (ora in sagrestia)

1796

Giuseppe Teosa di Chiari dipinge la

pala dell’altare del SS. Sacramento

1797

Angelo Lepreni esegue le porte

laterali della chiesa (portali in mar-

mo)

1801

ritratto dell’arciprete Lucchini di

Giuseppe Teosa

Nel XIX secolo: il Parroco Regosa

è committente dei due grandi al-

tari laterali, disegnati dal Comotti

ed eseguiti dal Galletti. Pavimen-

tazione dell’abside più capocielo

dell’Altare Majus (1850).

Mastro Antonio Pagani scolpisce

le due statue del SS. Sacramento.

L’arch. Comotti disegna l’altare del

SS. Sacramento (1851).

Nel 1858 Antonio Guadagnini di-

pinge la pala del S. Rosario, nel

1864 Fraccaroli di Milano scolpisce

le due statue del Rosario e Bondioli

dipinge il quadro di S. Antonio con

il paesaggio della porta da Basso.

Nel 1867 Fraccaroli esegue i busti

dell’altare maggiore, e nel 1869

Bondioli dipinge la Pala dell’Ange-

lo Custode.

V. Volta

15Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

L’unica evidenza di vita è la

crescita: la Chiesa missio-

naria è viva perché cresce.

Dalla Cina i pionieri salesiani ar-

rivaroro nelle Filippine nel 1953,

due anni dopo la loro espulsione

dovuta alla rivoluzione. Dalle Fi-

lippine, unica nazione cattolica in

Oriente, la Chiesa missionaria sale-

siana si aprì verso la Papua Nuova

Guinea, Timor, Indonesia, Pakistan,

oggi fi orenti missioni. Dal Giappo-

ne ci fu un timido tentativo di rag-

giungere le Isole Solomons cedute

più tardi alla delegazione della Pa-

pua Nuova Guinea.

Dopo 34 anni di attività missiona-

ria nelle isole Filippine alla fi ne del

secolo (1999) mi è giunto tramite

il consigliere per le missioni l’invi-

to di Giovanni Paolo II del duc in

altum e mi sono trovato così alla

frontiera in una nuova sfi da del-

la congregazione salesiana nella

123a nazione al mondo: le Isole

Solomons.

La vitalità della missione nei miei

dieci anni di attività

Esistono oggi tre realtà fi orenti

generate dall’attività missionaria

salesiana nelle Isole Solomons: a)

una scuola tecnica nella capitale

Honiara per giovani rifi utati dal

sistema educativo nazionale, alta-

mente selettivo; una comunità di

suore Figlie di Maria Ausiliatrice

appoggia l’opera curando le ra-

gazze sia in scuola che in ostello;

b) una scuola agricola nel centro

dell’isola di Guadalcanal, parte di

una parrocchia che cura la mis-

sio ad gentes dove sono sorte e

fi oriscono varie comunità di base

nel diversi villaggi; c) un ospedale

gestito da un secondo gruppo di

suore (Figlie della pietà di Asti) che

cura le mamme e i bambini nella

zona con più alta mortalità infan-

tile, e le mamme che non hanno

assistenza prima, durante e dopo

il parto.

Tutte e quattro le opere sono sorte

in risposta a un bisogno di servizi

per la dignità della persona, di svi-

luppo umano e cristiano, in un cli-

ma di prima evangelizzazione e di

collaborazione ecumenica. Tutte e

quattro le opere sono sorte grazie

alla collaborazione ecclesiale in

risposta agli appelli accorati del

missionario che ha coinvolto la

Chiesa, le congregazioni, i sacer-

doti e una lunga lista di laici volon-

tari impegnati.

La realtà dei sacerdoti missiona-

ri in questi estremi confi ni della

terra

Molti missionari sono morti per

malaria e stenti, non esclusi diversi

martiri e vittime del cannibalismo

agli inizi della missione. Ho incon-

trato molti missionari della prima

ora rimpatriati o morti: molti di

loro (ma non tutti) senza rancore

Esperienze e rifl essioni

Dagli estremi confi ni della terra

Ottobre missionario

Ci vuole tanta fede e coraggio per gestire una diocesi all’altro capo del mondo, letteralmente. Il salesiano mons. Luciano ci sta provando; molti amici, anche in Italia, lo appoggiano. E il suo grido va ascoltato.

16 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

Ottobre missionario

né incolpando nessuno hanno la-

mentato, con amarezza, il fatto di

essere stati mandati, lasciati a se

stessi, e non più sostenuti. I mis-

sionari hanno impiantato la Chie-

sa, formato i catechisti, visitato e

costruito comunità ecclesiali in

tutto il territorio, suddiviso “frater-

namente” le varie denominazioni

cristiane dai colonizzatori inglesi.

Non è esagerato dire che i cate-

chisti hanno tenuto viva la fede

in mol moltissime comunità che

il sacerdote poteva sì e no visita-

re una volta all’anno. I sacerdoti

missionari hanno pure apprezzato

molto (con un po’ di santa invidia)

la novità ecclesiale del coinvolgi-

mento di volontari laici a fi anco

del missionario.

Ho visto e sperimentato personal-

mente ciò che per più di un secolo

hanno sperimentato i primi mis-

sionari: l’isolamento della nazione

dalle altre e, all’interno, tra le varie

e lontane isole e tribù, la mancan-

za di comunicazione, le innume-

revoli lingue e dialetti tra le varie

isole, le tre lingue presenti nella

stessa parrocchia ad gentes da me

gestita per 5 anni, la diffi coltà dei

bambini nel frequentare le scuole

primarie dovuta sempre alla di-

stanza, al clima tropicale, alle zan-

zare, alla malaria, alla mancanza di

assistenza sanitaria nelle comuni-

tà isolate.

Da tre anni e mezzo sono pastore

di 12.500 anime sperdute in innu-

merevoli isole e villaggi sulla costa

e all’interno della Western Provin-

ce delle Isole Solomons: sei parroc-

chie con un centinaio di piccolissi-

me comunità disperse e isolate.

Proprio quest’anno celebriamo i

50 anni della diocesi, gestita da un

ordine religioso con una decina di

sacerdoti locali nelle loro fi le, in

tre case di formazione. In 50 anni

abbiamo avuto 5 sacerdoti dioce-

sani: due sono morti, due hanno

lasciato il sacerdozio, uno è ancora

sacerdote da tre anni e mezzo...

La diocesi ha un sacerdote e un ve-

scovo tutti e due presenti in dioce-

si da 3 anni e mezzo. Qualcuno si

meraviglia?

Uno sfogo

Quanti preti occorrerebbero per

gestire una diocesi come questa

di Gizo? Nel numero 64 della Re-

demptoris missio leggiamo: «Ogni

Chiesa particolare deve aprirsi ge

nerosamente alle necessità delle

altre. La collaborazione fra le Chie-

se, in una reale reciprocità che le

rende pronte a dare ed a ricevere,

è anche fonte di arricchimento per

tutte ed interessa i vari settori del-

la vita ecclesiale. Tutti i sacerdoti

debbono avere cuore e mentalità

missionaria, essere aperti ai biso-

gni della Chiesa e del mondo, at-

tenti ai più lontani»

Al numero 51 la Redemptoris mis-

sio ci ricorda che ogni comunità,

per essere cristiana, deve: a) fon-

darsi e vivere in Cristo, nell’ascolto

della parola di Dio, nella preghie-

ra; b) incentrata sull’eucaristia,

nella comunione espressa in unità

di cuore e di anima; c) nella condi-

visione secondo i bisogni dei suoi

membri.

Andiamo bene per il primo e il ter-

zo punto, ma per il secondo, l’eu

caristia, in una situazione di isola-

mento totale e nella carenza di sa-

cerdoti non è possibile. Mancando

l’eucaristia, i catechisti e operatori

pastorali fanno del loro meglio e

suppliscono con i programmi pa-

storali ben preparati. Li formiamo

meglio che possiamo, li sostenia-

mo, li incoraggiamo, siamo loro

vicini... Ma le comunità chiedono

l’eucaristia e il sacerdote, che agli

estremi confi ni della terra sono

“un lusso” o, come diceva un mis-

sionario, una “spiritual gluttony”.

Il mio compito principale da ve-

scovo è stato quello di “cercare

sacerdoti”, chiederli, implorarli,

coinvolgerli... Ma tutto questo si

può fare solo attraverso i vescovi.

Ho avvicinato 4 diocesi e una con-

gregazione missionaria nelle Filip-

pine, due in Birmania, due in Italia,

5 congregazioni religiose: 14 in

tutto insistentemente per tre anni

e mezzo.

Siamo ora a quota 7 sacerdoti (4

religiosi, due diocesani, più il no-

stro). Il sacerdote che è rimasto

più a lungo in una parrocchia da

quando sono vescovo è durato 14

mesi. Su 8 sacerdoti nel presbite-

rio di quest’anno 4 sono nuovi e 3

non ci saranno più l’anno prossimo

perché “imprestati” (a pagamento)

per soli due anni.

Non nascondo l’amarezza nell’am-

mettere che tre anni di insistenza

17Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

con il numero 64 del documento

alla mano hanno portato troppo

pochi frutti. Capisco le diffi coltà di

tante diocesi abituate ad avere un

grande numero di ordinazioni an

nuali e ora in crisi; non so però se

le nostre situazioni nelle missioni

agli estremi confi ni della terra sia-

no prese in considerazione... Non

solamente come “sforzo caritativo

di solidarietà”, ma come obbligo

stesso della Chiesa universale...

È vero che molte Chiese hanno già

dei territori dove operano con i

loro Fidei donum e fanno fatica a

sostenerne la vitalità; è anche però

vero che una Chiesa cresce nella

proporzione in cui è missionaria.

Certamente l’obbligo della Chiesa

missionaria è di darsi da fare per

le vocazioni locali: ne abbiamo

uno che sarà ordinato quest’anno

e porterà il numero dei sacerdoti

incardinati nella diocesi da uno

a due: un incremento record del

100% che non tutte le

diocesi possono vantare! Altri 8

sono in formazione in seminario,

ci stiamo dando da fare (la fragili-

tà vocazionale miete vittime pur-

troppo anche agli estremi confi ni

della terra).

La formazione missionaria, ci dice

la RM 83, è opera della Chiesa lo-

cale con l’aiuto dei missionari e dei

loro istituti, nonché del personale

delle giovani Chiese. Questo lavo-

ro deve essere inteso non come

marginale, ma come centrale nel-

la vita cristiana. Sono venuti più

di un centinaio di laici impegnati

in forza del battesimo e altri “laici”

impegnati per motivi umanitari...

Ancora non sono riuscito a coin-

volgere i miei fratelli vescovi e

sacerdoti, e non per mia indolen-

za. Come missionario agli estremi

confi ni della terra potrei dare il

mio contributo nella formazione...

mi autoinvito.

Prospettive di futuro

«Dio prepara una nuova primave-

ra del Vangelo», dice la RM 86. «Se

si guarda in superfi cie il mondo

odierno, si è colpiti da non pochi

fatti negativi, che possono indur-

re al pessimismo. Ma è, questo, un

sentimento ingiustifi cato: noi ab-

biamo fede in Dio Padre e Signore,

nella sua bontà e misericordia. In-

prossimità del terzo millennio del-

la redenzione, Dio sta preparando

una grande primavera cristiana».

O Guai a chi si scoraggia... pec-

cherebbe contro la speranza. Gli

“estremi confi ni della terra” sono

stati per troppo tempo, se non

dimenticati del tutto, messi all’ul-

timo posto. Non senza loro re-

sponsabilità. Si può però e si deve

intervenire.

Prendiamoci le nostre responsabi-

lità, tutti siamo responsabili: laici,

sacerdoti, vescovi, Chiesa univer-

sale. Formiamo i nostri sacerdoti e

i laici allo spirito missionario.

Promuoviamo la solidarietà delle

Chiese, curiamo una più equa di-

stribuzione di sacerdoti e risorse.

Sosteniamo i missionari agli estre

Ottobre missionario

18 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

mi confi ni del mondo nel loro sfor-

zo di presenza personale, di pro-

mozione umana con la vicinanza e

la solidarietà di mezzi e personale

adeguati che dimezzino le distan-

ze e facilitino la comunicazione

e la sua presenza tra le comunità

isolate (ho appena ottenuto con

grande sacrifi cio, il brevetto di pi-

lota per ultraleggero, manca solo

il mezzo).

3 Lasciamoci condurre dallo Spiri-

to nelle nuove prospettive di futu-

ro:

– Lo sviluppo della persona:

servizio alla dignità, educazione,

sanità.

– Nel documento Ecclesia in

Oceania la Chiesa chiede scusa per

il messaggio cristiano a volte dato

in modo non rilevante ai veribiso-

gni urgenti della gente, richiama

l’importanza dello sviluppo della

dignità mediante servizi di base

come la sanità e l’educazione.

– Le Isole Solomons e la Pa-

pua Nuova Guinea sono un chiaro

esempio di come la Chiesa catto-

lica attraverso i missionari e le co-

munità cristiane ha promosso sia

l’educazione che la sanità, là dove

il governo è incapace di arrivare...

– Impegniamoci a fondo

con la preghiera e il lavoro inces-

sante perché i sacerdoti, lavoratori

della messe, siano aumentati e for-

mati nello zelo missionario.

– Promuoviamo la santità

missionaria nei nostri seminari e

movimenti giovanili. Nota essen-

ziale della spiritualità missionaria

è la comunione intima con Cristo:

non si può testimoniare Cristo

senza rifl ettere la sua immagine, la

quale è resa viva in noi dalla gra-

zia e dall’opera dello Spirito; non si

può comprendere e vivere la mis-

sione, se non riferendosi a Cristo

come l’inviato a evangelizzare.

– Impegniamoci a vivere il mistero

di Cristo “inviato”.

– Amiamo la Chiesa e gli uomini

come li ha amati Gesù.

Con Maria e come Maria, madre e

modello: è lei, Maria, il model

lo di quell’amore materno dal

quale devono essere animati tutti

quelli che, nella missione aposto-

lica della Chiesa, cooperano alla

rigenerazione degli uomini.

monsignor Luciano Capelli

Ottobre missionario

C... come Costa d’AvorioLe Suore delle Poverelle operano in Costa d’Avorio in 6 mis-

sioni (Abidjan, Adiakè, Maff erè, Aiamè, Aboisso e Agnibi-

lekrou.

Si occupano di malati, denutriti, bambini, orfani, disabili,

ragazze, famiglie, carcerati delle prigioni di stato. Svolgono

servizio nelle parrocchie, nei centri di accoglienza e di for-

mazione della donna, nelle scuole materne, nei centri nu-

trizionali, nei centri di alfabetizzazione, nei centri di salute,

nelle carceri.

Questo “avvolgersi tra i poveri” le rende attente ai loro biso-

gni fondamentali e capaci di farsi voce presso chi può aiuta-

re a rendere più dignitosa la vita degli ultimi.

Le Suore delle Poverelle ad Agnibilekrou, a nord di Abidjan,

gestiscono un centro di oculistica; in questo centro è stata

attrezzata una sala operatoria e sono stati sviluppati alcuni

ambulatori con diverse attrezzature diagnostiche, uno dei

quali per il confezionamento di occhiali da vista. I pazienti arrivano anche da molti chilometri di di-

stanza, essendo l’unico centro in tutta la regione ad est della Costa d’Avorio nel raggio di 500 km.

Grazie alla collaborazione della equipe della Unità Operativa di Oculistica della Casa di Cura Palazzolo

di Bergamo, i medici si recano periodicamente in Costa d’Avorio per eff ettuare le visite oculistiche più

complesse ed operare i pazienti che attendono da mesi di poter riacquistare la vista.

19Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

Famiglia

In Occidente e in Italia c’è

un’emergenza educativa. E sarà

l’educazione il tema prioritario

che impegnerà la Chiesa italiana

nel decennio 2011-2020. Lo ha de-

ciso la 61a assemblea della Cei che

si è svolta in Vaticano dal 24 al 28

maggio, che ha dibattuto e appro-

vato a larga maggioranza il testo

degli Orientamenti pastorali, de-

mandando al gruppo redazionale

di integrarli con gli emendamenti

votati in assemblea. Il testo defi ni-

tivo sarà presentato in settembre

al Consiglio episcopale perma-

nente che ne autorizzerà la pub-

blicazione.

Benedetto XVI — che per primo

dal 2006 ha parlato di “emergen-

za educativa” — appoggia senza

riserve la scelta fatta dall’episco-

pato italiano perché l’educazione

è una missione che la Chiesa af-

fronta «senza complessi e senza

menomazioni» e perché — dice ai

vescovi — «la presente stagione è

marcata da un’incertezza sui valori,

evidente nella fatica di tanti adulti

a tener fede agli impegni assunti:

ciò è indice di una crisi culturale e

spirituale, altrettanto seria di quel-

la economica».

Il testo degli Orientamenti pa-

storali è costituito dalla lettera di

consegna; da quattro capitoli sui

fondamenti biblici, teologici, eccle-

siali, sui riferimenti socio-culturali

dell’educazione e sui percorsi pe-

dagogici e pastorali; da un’agen-

da pastorale per il decennio. Per

L’educazione

il Papa emergenza economica-oc-

cupazionale ed emergenza etica-

educativa si intrecciano: «Mentre

rinnovo l’appello ai responsabili

della cosa pubblica e agli impren-

ditori a fare quanto è nelle loro

possibilità per attutire gli eff etti

della crisi occupazionale, esorto

tutti a rifl ettere sui presupposti di

una vita buona e signifi cativa che

fondano quell’autorevolezza che

sola educa e ritorna alle vere fonti

dei valori. Alla Chiesa sta a cuore il

bene comune che impegna a con-

dividere risorse economiche e in-

tellettuali, morali e spirituali, e ad

La recente Assemblea della Cei ha aff rontato il tema della formazione

Il tema dell’educazione è in continuità con il Concilio e con i piani pastorali dei decenni passati: andare alle radici, per trovare risposte adeguate. La formazione delle nuove generazioni deve stare a cuore a tutti.

20 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

Famiglia

aff rontare insieme i problemi e le

sfi de del Paese. La Chiesa off rirà il

suo contributo alla crescita sociale

e morale dell’Italia».

È necessario andare alle radici

Il tema dell’educazione è in con-

tinuità con il concilio Vaticano II

e con i piani pastorali dei decenni

passati, ma è necessario andare

alle radici per trovare le risposte

adeguate. Per il Papa la prima ra-

dice «consiste in un falso concet-

to di autonomia dell’uomo, che

dovrebbe svilupparsi da se stes-

so, senza imposizioni da parte di

altri. Ma la persona è creata per il

dialogo, la comunione, l’incontro.

Perciò bisogna superare questa

falsa idea di autonomia». L’altra

radice «è lo scetticismo e il relati-

vismo», per cui «la natura è consi-

derata come una cosa puramente

meccanica senza imperativi morali

né orientamenti valoriali. Bisogna

ritrovare il concetto della natura

come creazione di Dio decifrata

dalla Rivelazione».

Le diffi coltà sono grandi «ma non

possiamo cedere alla sfi ducia e

alla rassegnazione». Educare non

è mai stato facile, «ma non dob-

biamo arrenderci perché verrem-

mo meno al mandato che il Signo-

re ci ha affi dato. Risvegliamo nelle

nostre comunità la passione edu-

cativa, che non si risolve in una di-

dattica, in un insieme di tecniche o

nella trasmissione di principi aridi.

Educare è formare le nuove gene-

razioni perché sappiano entrare in

rapporto con il mondo. I giovani

portano una sete nel loro cuore,

e questa sete è una domanda di

signifi cato e di rapporti umani au-

tentici che li aiutino a non sentirsi

soli davanti alle sfi de della vita e

la nostra risposta è l’annuncio del

Dio amico dell’uomo, che in Gesù

si è fatto prossimo a ciascuno. La

trasmissione della fede è parte ir-

rinunciabile della formazione inte-

grale della persona».

L’educazione necessita di luoghi

credibili che il Pontefi ce individua

nella famiglia che ha «un ruolo

peculiare e irrinunciabile»; nella

scuola, «orizzonte comune al di là

delle opzioni ideologiche»; nella

parrocchia, che Ratzinger defi ni-

sce come papa Giovanni “fontana

del villaggio”, luogo ed esperienza

di fede. «Siamo chiamati ad affi an-

carci a ciascuno con disponibilità

sempre nuova, accompagnandolo

nel cammino di scoperta e assi-

milazione personale della verità.

Non perdete la fi ducia nei giovani,

andate loro incontro, frequentate i

loro ambienti di vita, comprese le

nuove tecnologie di comunicazio-

ne.

«Non si tratta di adeguare il Van-

gelo al .mondo, ma di attingere

dal Vangelo una perenne novità.

Proponiamo ai giovani la misura

alta e trascendente della vita. La

formazione delle nuove genera-

zioni deve stare a cuore a tutti gli

uomini di buona volontà». Con-

cetti tradotti nella realtà italiana

dal presidente della Cei cardinale

Angelo Bagnasco che indica «due

realtà fondanti e strategiche»: la

famiglia e il lavoro.

Due risorse da preservare

La famiglia è fondata «su quel

bene inalterabile che è il matrimo-

nio tra un uomo e una donna, che

va difeso, come bene ha fatto la

Corte Costituzionale con l’impor-

tante sentenza del 14 aprile, e che

va preservato quale crogiuolo di

energia morale. Ma l’Italia va ver-

so un lento suicidio demografi co»:

oltre il 50% delle famiglie è senza

fi gli; tra quelle che ne hanno, la

metà ne ha uno, il resto due, solo

il 5% ha tre o più fi gli. «Urge una

politica orientata ai fi gli che si fac-

cia carico di un equilibrato ricam-

bio generazionale con iniziative

urgenti e incisive».

E il momento giusto «perché biso-

gna uscire dalle pesanti diffi coltà

economiche attraverso parametri

sociali nuovi. Il quoziente familia-

re è l’innovazione che può liberare

l’avvenire della società. Nella pa-

storale familiare e in preparazione

al matrimonio si operi per radicare

sempre più la coscienza dei fi gli

come doni».

Il lavoro è «l’altro perno essenziale»

perché è la risorsa e il capitale che

la società deve fornire a ciascun

cittadino, in particolare ai giovani.

In contrasto con le infondate aff er-

mazioni ottimistiche di Berlusconi

e del Governo «è il lavoro che oggi

latita, con pesante disagio delle fa-

miglie e indici allarmanti nel Sud.

La mancanza del lavoro angoscia

tutti. La Chiesa fa ciò che può, ma

è troppo poco. Serve un supple-

mento di sforzo e un passo avanti

della classe dirigente: politici, im-

prenditori, banchieri, sindacalisti.

In questo critico scenario occorre

un responsabile coinvolgimento

di tutti».Pier Giuseppe Accornero

21Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

Famiglia

I fatti delittuosi avvenuti nel

mese di maggio venivano ri-

portati dai quotidiani con do-

vizia di particolari. A Torino un

uomo massacra la moglie davanti

alla psicologa con 50 coltellate. A

Gela si consuma un drammatico

episodio di gelosia che porta un

giovane marito a uccidere la mo-

glie davanti alla fi glioletta di due

anni. Sempre a Torino: un giovane

uccide la nonna e poi tenta il suici-

dio. Alcuni giornali si sono subito

premurati di far sapere che le sta-

tistiche dicono che l’Italia è il pri-

mo Paese in Europa per numero

di omicidi in famiglia: un omicidio

ogni due giorni. Senza contare le

perversioni, le violenze, le anghe-

rie che si consumano quotidiana-

mente tra le pareti domestiche.

La famiglia, un disastro per i sin-

goli e la società

Come è possibile sostenere ancora

che la famiglia è il luogo dell’amo-

re, della crescita umana e cristia-

na? Non si sta forse avverando la

profezia della morte della fami-

glia, che era iniziata nella seconda

metà dell’ottocento, è continuata

nel secolo scorso e sembra con-

fermata nel primo decennio del

nuovo secolo? Come può essere

presa sul serio la grande aff erma-

zione di Giovanni Paolo II: «Il futu-

ro dell’umanità passa attraverso la

famiglia»?

Su cosa si basa questo ottimismo

quando assistiamo ogni giorno al

progressivo sfacelo della famiglia?

«Nella mia classe», diceva un ra-

gazzo di seconda media, «i fi gli di

coppie unite sono la minoranza».

Molti rifi utano di sposarsi «perché

l’esperienza dimostra che il matri-

monio fallisce e lascia solo strasci-

chi di soff erenza e di amarezza».

Meglio una convivenza oppure

una aff ettuosa amicizia a distanza,

senza la preoccupazione dei fi gli.

C’è di più. Si giunge a pensare che

la famiglia sia dannosa non solo

alle persone, ma anche alla socie-

tà. Sarebbe all’origine dell’attuale

sfascio morale. È quanto il regista

David Ferrario scriveva su La Stam-

pa, il giorno di san Valentino, in un

articolo quanto mai signifi cativo:

“L’Italia senza valori non si cura in

famiglia”. E il sottotitolo rincarava:

“Lo sfascio morale che molti de-

nunciano è una logica evoluzione

del costume familistico”.

L’altra faccia della medaglia

Si potrebbe controbattere questa

tesi con una serie di fatti ancora

più numerosi e convincenti, in cui

si dimostra come la famiglia sia il

luogo dell’amore, anzi dell’amore

nella sua forma più eroica, quel-

la di dare la vita per la persona

amata. È di questi giorni la notizia

della mamma che si butta in mare

per salvare il fi glio e lo salva ma

a prezzo della sua vita; del papà

che con il suo corpo fa scudo al

veicolo che sta investendo il fi glio

nel passeggino; delle mamme o

delle spose che per lunghi anni

assistono i propri cari in stato di

completa inabilità, di fi gli e fi glie

che diventano gli infermieri per-

manenti dei propri genitori colpiti

dall’Alzhaimer, dell’esercito di uo-

mini e donne che nel silenzio im-

pegnano la propria vita giorno per

giorno per il bene dei propri fami-

liari, e di mille e mille altri casi che

dimostrano come la famiglia sia il

luogo di un amore che resta fedele

anche di fronte alle situazioni più

drammatiche e faticose. Il festival

dei diversamente abili di Carpi

non è forse la dimostrazione di un

amore straordinario che uomini e

Il valore della famiglia

Istituzione superata?

Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 201022

Famiglia

donne hanno avuto per i loro fi gli

nonostante le deformazioni fi si-

che? Di questi fatti i giornali non

danno notizia, mentre riempiono

le pagine dei mostruosi delitti in

famiglia.

Però non è questa la via da segui-

re per controbattere i detrattori di

questa istituzione che è stata pro-

posta da Dio stesso e confermata

dal Cristo come esperienza di cre-

scita umana e cristiana.

Un’esperienza indispensabile

Per difendere e dimostrare la bon-

tà della famiglia non si parte dalla

famiglia, ma dalla persona. Per-

ché? Per il semplice motivo che la

famiglia come tutte le realtà crea-

te dall’uomo hanno il loro fonda-

mento e la loro fi nalità nell’uomo

stesso. Per questo la vera doman-

da da fare per capire e valutare la

famiglia è la seguente: «Nella per-

sona esiste il bisogno di famiglia e

di quale famiglia?». La risposta per

noi è aff ermativa. E cercheremo di

dimostrarlo in tre tappe: l’uomo è

un essere relazionale; l’uomo ha

bisogno di rapporti aff ettivi; l’uo-

mo ha bisogno di rapporti aff ettivi

totalizzanti.

1 L’uomo è un essere relazionale.

Oggi si insiste molto sulla natura

relazionale della persona. Questa

necessità di relazione non si limita

al rapporto col Trascendente, ma

si prolunga nel bisogno di creare

relazioni con gli altri uomini con i

quali la persona stabilisce diversi

tipi di rapporti, che possono esse-

re raccolti in tre fi loni principali: i

rapporti di giustizia con i quali si

regolano i diritti-doveri delle per-

sone nella convivenza sociale; i

rapporti di solidarietà con i quali

si risponde a quei bisogni che non

possono essere rivendicati dalla

persona come diritti, ma di cui ha

necessità; e i rapporti di amore con

i quali si prende in carico tutta la

persona, e si risponde a tutti i suoi

bisogni. L’uomo esiste e cresce

perché vive in questa molteplice

rete di relazioni, diverse e comple-

mentari. Solo così può sviluppare

tutte le sue potenzialità umane.

2 Il bisogno di relazioni amorose.

Quando si parla di relazioni uma-

ne, si pensa quasi sempre alle re-

lazioni di giustizia, cioè quelle che

garantiscono all’uomo il rispetto

dei suoi diritti: il diritto alla vita,

alla libertà di pensiero, di parola,

di religione; il diritto alla scuola, al

lavoro, alla casa, all’assistenza, ecc.

In realtà l’uomo non vive solo di

diritti. Il diritto tutela molti aspet-

ti della vita, ma non raggiunge i

livelli più profondi della persona,

quelli in cui l’uomo è uomo, si

scopre uomo e fonda la sua fi du-

cia radicale nella vita. Questi livelli

sono raggiunti e soddisfatti solo

da un altro tipo di rapporto, quello

che più assomiglia al rapporto che

23n. 24 settembre - novembre 2010Camminiamo insieme

Dio stabilisce con la sua creatura: il

rapporto di amore.

C’è una diff erenza notevole tra la

relazione di giustizia e quella di

amore. La relazione di giustizia

suppone due persone distinte:

l’”io” e il “tu” che raggiungono la

parità attraverso il “giusto”, cioè

quello che l’io ha il diritto di rice-

vere e il tu ha il dovere di dare. Se

una persona ha un debito di cento

euro, deve restituire cento euro e

l’equilibrio viene così ristabilito.

Non interessa ciò che la persona

è e cosa la persona sta vivendo;

cento euro restano tali in tutte le

condizioni e circostanze di vita

della persona, sia che stia bene o

che stia male, che sia in condizioni

di assolvere il debito o non lo sia.

La giustizia ribadisce il principio

dell’identità del debito, prescin-

dendo dalle condizioni del debi-

tore.

La relazione d’amore invece è una

relazione d’interpersonalità, cioè

si porta sulla persona e sui suoi bi-

sogni. Non richiede la distinzione

tra l’io e il tu, anzi tende a unire le

due persone in una unità di vita:

l’altro non è più “altro”, ma diven-

ta “uno” con la persona amata. Da

questa comunione nascono due

fatti che sono entrambi essenziali

per la formazione e per la vita del-

la persona.

• Anzitutto la persona si sente ac-

colta e amata, e questo genera

un profondo senso di sicurezza e

di fi ducia nella vita. La solitudine

è angosciante proprio perché la

persona non basta a se stessa; e

quando si viene a trovare nel vuo-

to di aff etti, s’indebolisce la stessa

voglia di vivere.

• In secondo luogo, perché l’amo-

re accoglie la persona con tutto il

suo bisogno di vita. Ogni persona

sente di essere un incompiuto; e si

sente rassicurato quando sa di po-

ter confi dare non solo in se stesso,

ma si sente portato nell’attenzio-

ne, nella cura, nell’amore di un al-

tro. Essere amato signifi ca sentire

che l’altro è attento alla mia vita

non con la misura della giustizia

che dà il “dovuto”, ma mi avvolge

con la sua vita donandosi senza

misura, dando tutto, fi no a rispon-

dere – per quanto è possibile – a

ogni mio bisogno e desiderio.

Di qui nasce anche un nuovo

modo di percepirsi. Infatti quando

l’uomo è amato si scopre ricco e

positivo, perché sente di destare

attenzione e interesse in un altro;

e quando ama, percepisce se stes-

so come capace di accogliere la

vita dell’altro e di avere la forza di

rispondere ai suoi bisogni di vita.

L’amore ha sull’uomo questi due

benefi ci eff etti: crea nella persona

una grande fi ducia in se stessa e la

apre alla vita con fi ducia.

3 Il bisogno di relazioni amorose

totalizzanti.

Si vive di cibo, di bevanda, di casa,

Famiglia

24 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

Famiglia

di vestiti, di assistenza, di cultura,

di lavoro, di divertimento, ecc.;

ma tutto questo suppone che sia

stato soddisfatto un livello di vita

più profondo, che è come l’humus

umano da cui emergono tutti gli

aspetti del vivere. Questo livello,

il più profondo dell’uomo, è rag-

giunto e mantenuto in vita dal

respiro dell’amore. Non basta un

qualunque amore, ma si richiede

un amore personalizzato e tota-

lizzante, cioè un amore che sa ac-

cogliere la persona nella sua tota-

lità intensiva (la persona tutta) ed

estensiva (la persona per sempre).

Possiamo portare come esemplifi -

cazione il tempo in cui la persona

è “fi glio”; ma questo ragionamento

vale in modo proporzionale anche

per il tempo in cui il fi glio – dive-

nuto adulto – vive la vita di sposo

e di genitore.

Il fi glio per vivere e diventare per-

sona umana ha bisogno di sentirsi

amato tutto (cioè in tutto il suo es-

sere), sempre (in ogni circostanza e

situazione di vita), per sempre (non

solo nel presente, ma anche nel fu-

turo) da due persone – il papà e la

mamma – che sono protese su di

lui con tutto se stesse. Con questa

dedizione amorosa che si prolun-

ga nel tempo, i genitori poco alla

volta “tirano fuori” (il termine “edu-

cazione” viene da “edurre”) quello

che il fi glio all’inizio possiede solo

potenzialmente e virtualmente:

come il seme che, pur possedendo

dentro di sé il programma geneti-

co di diventare albero, lo diventa

poco alla volta sotto l’infl usso di

agenti che mettono in movimento

il suo potenziale di vita.

La stessa cosa vale proporzional-

mente per tutto il tempo della vita.

Si vive perché si ama e si è amati:

da fi danzati, da sposi, da genitori.

La persona umana ha sempre bi-

sogno di sentirsi avvolto dall’at-

tenzione amorosa e continua di

un’altra persona, che lo accoglie e

lo ama come è, e per quello che è.

È una presenza amorosa che non

può venir assicurata da una suc-

cessione di persone che entrano

ed escono dalla vita, prendendo

l’una il posto lasciato libero da

un’altra; ma da una presenza co-

stante delle stesse persone nella

vita, per tutta la vita.

Risposta al bisogno di amore to-

talizzante

Se questo è vero, ci chiediamo al-

lora quale sia il modo migliore di

rispondere a questa esigenza pro-

fonda dell’uomo. La risposta che

l’umanità fi nora ha dato è stata il

matrimonio e la famiglia. È stata

considerata sempre come il luogo

della vita, perché luogo dell’amo-

re, anzi, di quattro amori diversi:

l’amore coniugale, l’amore geni-

toriale, l’amore fraterno e quello

fi liale. Quattro amori che si inte-

grano e rendono ognuno attento

alla vita dell’altro, dando non solo

quello cui l’altro ha diritto, ma

quello di cui ha bisogno.

L’esempio che abbiamo già ripor-

tato, quello della madre verso il

fi glio, si ripete con modalità diver-

se in tutti i membri della famiglia,

in ogni situazione. Per esempio:

al congiunto che è ammalato, in

soff erenza, in crisi, non si assicura

un’assistenza fatta solo di profes-

sionalità e di coscienziosità, ma si

aggiunge quello che nessun co-

dice dei diritti può prevedere: la

dedizione e l’attenzione amorosa.

Nessun altro luogo può proporsi

come alternativo (o addirittura so-

stitutivo) della famiglia: né il mon-

do del lavoro, della cultura, della

politica, dell’economia, dell’assi-

stenza, dello sport, ecc. La riprova

è data dalla palese inadeguatez-

za o dal fallimento di tutte quelle

forme che sono state proposte

come alternative alla famiglia, dal-

la comune familiare, al kibbutz,

alle comuni cinesi, alle comunità

alloggio.

Se l’uomo trovasse qualcosa di

meglio per soddisfare la sua ne-

cessità di amore, dovrebbe lascia-

re il posto a queste nuove forme,

abbandonando il matrimonio e la

famiglia. Ma fi nora tutte le espe-

rienze fatte sembrano dimostrare

l’impossibilità di proporre qual-

cosa di più effi cace. Sembra che

non esista scarto tra la domanda

della natura e la risposta elaborata

dall’uomo, come non esiste scarto

tra il cibo e l’esigenza di mangiare.

Si potrebbe addirittura sostenere

che se la famiglia e il matrimonio

non esistessero, bisognerebbe in-

ventarli per il bene delle persone e

della società. Per questo continua

a essere valida l’aff ermazione con

cui Giovanni Paolo ll concludeva

la sua esortazione apostolica sul-

la famiglia: «Il futuro dell’umanità

passa attraverso la famiglia».

Giordano Muraro

25Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

Famiglia

“Qual riparo a tanta scia-

gura?”. È stato l’inter-

rogativo che padre Lo-

dovico Pavoni si è posto di fronte

al “naufragio” di molti giovani del

suo tempo, di fronte cioè al rischio

di fallimento a cui era destinata la

loro vita.

Nei due brevi articoli precedenti

ho già messo in luce alcuni aspetti

delle intuizioni e dell’opera educa-

tiva del Fondatore della Congre-

gazione religiosa a cui apparten-

go, un santo sacerdote vissuto a

Brescia nella prima metà dell’Ot-

tocento (1784-1849).

Animato da passione educativa,

non è rimasto insensibile di fron-

te alle diffi coltà e ai rischi in cui si

trovavano nella nostra città tanti

giovani, soprattutto quelli orfa-

ni e in condizione di povertà. La

loro situazione lo ha interpellato

personalmente, lo ha coinvolto

direttamente. Padre Pavoni non è

rimasto spettatore del naufragio. Il

cardinale Martini, in una sua lette-

ra pastorale alla diocesi di Milano,

Ritorno al Padre di tutti, riferendosi

alla realtà di oggi, legata alla cadu-

ta delle ideologie, aveva citato un

autore, H. Blumenberg, che aveva

aff ermato: questa è una condizio-

ne di “naufragio con spettatore”.

Molti si trovano come spettatori

del naufragio.

Il Pavoni invece non si è limitato a

constatare, non è rimasto soltanto

spettatore, ma si è sentito inter-

pellato, si è fatto carico della situa-

zione. La realtà lo ha spinto ad agi-

re. Egli si è sentito profondamente

preoccupato per questi giovani

naufraghi; si è sentito spinto da un

ardente desiderio di andare loro

Spunti educativi dalla fi gura del beato Lodovico Pavoni

Qual riparo a tanta sciagura?

incontro, di fare qualcosa per loro,

di aiutarli nella costruzione del

loro futuro.

Alla domanda: “Qual riparo a tan-

ta sciagura?”, ha risposto con la

dedizione di tutta la sua vita at-

traverso l’impegno nell’oratorio e

la fondazione di un istituto, che è

diventato famiglia, scuola, luogo

di formazione al lavoro e alla vita

per i giovani in maggiore stato di

necessità. L’Istituto di san Barnaba

in Brescia è stata la sua risposta

all’intuizione del suo cuore, sug-

geritagli dal Signore, per porre

“riparo a tanta sciagura”. Così con-

fi da il Pavoni in un suo scritto: “Mi

si presentò davanti il disegno con

tanta chiarezza che mi parve det-

tato dal cielo”.

Questa scelta è nata dalla rifl essio-

ne, è stata dunque una scelta della

mente, ma soprattutto è stata una

scelta venuta dal cuore, perché il

Signore tocca non solo la mente,

ma anche il cuore. La sua è stata

una risposta di mente e di cuore.

Padre Pavoni si è sentito ferire il

cuore: un cuore sensibile al disa-

gio dei giovani, un cuore che si è

sentito ferire dai loro fallimenti,

dalla loro rovina. Questi elementi

si sono collegati tra loro: c’è stata

un’ispirazione di Dio, attraverso

la quale ha letto la realtà con una

sensibilità che lo ha coinvolto pro-

fondamente, così da non poter ri-

manere spettatore del naufragio.

Mi sembra un riferimento all’espe-

rienza di S. Francesco d’Assisi. A

Francesco il Crocifi sso di S. Damia-

no aveva detto: “Francesco, va’ e

ripara la mia Chiesa”. Lodovico Pa-

voni ha sentito il Cristo ripetergli:

“Lodovico, va’ e metti riparo alla

situazione di tanti giovani rovinati

e sfruttati. Lo sai che mi sono mol-

to cari. Quello che tu fai per loro lo

fai a me”.

L’esempio di san Francesco per

l’amore alla Chiesa e l’esempio del

beato Lodovico Pavoni per l’amore

ai giovani ci sollecita a non rima-

nere spettatori del loro disorienta-

mento. Ci sollecita a valorizzare le

loro risorse positive e ad aiutarli ad

orientare al bene la loro vita.

Sta a tutti noi, con il nostro esem-

pio e con la nostra vicinanza, con

valide iniziative e proposte e con

un atteggiamento di vero amore

e di fermezza, accompagnarli nel-

la loro crescita umana e cristiana,

perché l’emergenza educativa in

cui ci troviamo si trasformi in op-

portunità educativa.

L’esempio e l’intercessione del be-

ato Lodovico Pavoni ci sono di sti-

molo e di sostegno.

Padre Lorenzo Agosti

Religioso pavoniano

33n. 24 settembre - novembre 2010Camminiamo insieme

Spazio oratorio

La grande stampa, così sol-

lecita nello scoprire i nei sul

volto indefettibile della Chie-

sa, e di amplifi carne a dismisura le

proporzioni, hanno generalmente

ignorato una kermesse che, il 4

agosto scorso, ha portato a Roma

circa sessantamila chierichetti,

in prevalenza di lingua tedesca, i

quali hanno incontrato Papa Be-

nedetto XVI in una festosa udien-

za che ha evocato l’incontro di

Giovanni Paolo II nel memorabile

giubileo dei giovani a Tor Vergata

nell’anno Duemila. Se l’iniziativa

fosse stata allargata ai chierichetti

di lingua italiana e spagnola non

sarebbe certo bastata Piazza San

Pietro a contenerli tutti, a confer-

ma che il volto della Chiesa rima-

Il Papa ha incontrato i chierichettine eternamente giovane. Dovrei

usare il termine più corretto di mi-

nistranti, ma mi va di usare quello

più tradizionale di chierichetti. Mi

richiama alla memoria il vissu-

to della mia infanzia, quando mi

alzavo ogni mattina di buon’ora

per servire all’altare l’Uffi cio quo-

tidiano dei Defunti celebrato dal

Parroco don Bonfadini. Bisognava

arrivare con un congruo anticipo

al già antelucano orario, in quanto

era necessario prima recarci con

un contenitore nella casa dei co-

niugi Lucio e Maria Ruffi ni, in quel-

la che veniva denominata la “cun-

trada dei mόrcc”, reminiscenza

toponomastica dell’antica ubica-

zione cimiteriale prima delle leggi

napoleoniche. Là, sul camino della

vecchia cucina, ardeva già il fuoco

scoppiettante, dal quale la vene-

randa mamma toglieva, quasi con

gesti di sapore sacrale, alcune bra-

ce ardenti che, messe nel turibolo,

avrebbero favorito le profumate

volute dell’incenso. Dopo i maitì

(mattutini) ed il parce mihi Domi-

ne cantato dal fedele Gioàn Guali-

na, provetto ciabattino del Railì, al

termine della cerimonia veniva in-

fatti asperso e turifi cato il catafal-

co. Eravamo in gran numero allora

noi chierichetti, spronati da fami-

glie di convinta tradizione religio-

sa a “servir messa”, continuando

una tradizione liturgica, ma anche

culturale, che risale ai primordi

della Chiesa. Fare il chierichetto,

indossare la talare nera e la bian-

Il 4 agosto l’incontro dei ministranti con il Pontefi ce

34 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

Spazio oratorio

ca cotta era un onore, e costituiva

un modo unico e responsabile di

vivere la nostra identità cristiana,

una libera scelta che si aggiunge-

va all’obbligo della frequentazio-

ne del catechismo parrocchiale.

Signifi cava assistere da vicino,

anzi collaborare direttamente al

mistero centrale della nostra fede,

protagonisti del miracolo costante

rappresentato dalla Celebrazione

eucaristica, nonostante il sacrifi cio

di dover imparare a memoria le

formule in lingua latina.

Mi piace sottolineare un dato di

fatto incontrovertibile. Non tutti i

chierichetti, naturalmente, si sono

fatti preti ma, la pressoché totale

compagine dei sacerdoti nel mon-

do intero sono stati chierichetti.

Anche Papa Benedetto XVI ci ha

tenuto a rammentare di esserlo

stato da ragazzo nell’incontro ci-

tato che, pur non ideato e orga-

nizzato come risposta agli attacchi

dei media sulla pedofi lia, ha mo-

strato anche scenografi camente

una risposta eloquente, dimo-

strando come tantissimi ragazzi

e adolescenti con i loro genitori

hanno ancora stima e fi ducia nei

loro preti. Quelle migliaia di volti

festosi, sorridenti, entusiasti, fi eri

del loro ruolo di ministranti, han-

no costituito di fatto una risposta

alle accuse, vere e false, e comun-

que sovente strumentali, lanciate

alla Chiesa in questi tempi.

Nella nostra parrocchia non sono

mai mancati generosi e numerosi

chierichetti. Merito di zelanti par-

roci e curati di ieri e di oggi. Ma ci

torna d’obbligo pure del fare do-

verosa memoria di Paola Platto,

zia per antonomasia anche di tan-

ti di loro. Fu per decenni custode

amorevole delle loro divise liturgi-

che, in buona parte da lei donate

e confezionate dalle sorelle Lina e

Antonietta Galli. Che il Signore ne

rimeriti l’impegno! E’ altresì bello

ricordare che alcuni chierichetti

castrezzatesi, oggi ormai adulti,

negli anni ottanta hanno avuto

l’onore di servire nella Basilica di

San Pietro in Vaticano, e di incon-

trare personalmente Papa Giovan-

ni Paolo II. E mentre scrivo penso al

volto di uno dei nostri chierichetti

di oggi: Diego, il più piccolo. Capel-

li ricci biondi, occhi azzurri, gli ho

detto di controllare bene se sulle

sue spalle non spuntino anche le

alucce. Il pittore Vittorio Trainini lo

avrebbe sicuramente preso a mo-

dello per i celesti cherubini che ha

ritratto in tante chiese bresciane.

Allora mi si permetta una conclu-

sione. L’ho scritto e detto a voce

in varie circostanze. La compagine

così bella e numerosa dei nostri

chierichetti deve rappresentare un

terreno fecondo per la nascita di

qualche vocazione al sacerdozio.

Castrezzato, che ha consegnato

alla storia tante fi gure di preti na-

tivi, diocesani e religiosi, di grande

caratura umana e sacerdotale, non

deve, non può continuare nel lun-

go digiuno di una mancanza totale

di vocazioni, a conferma che il ruo-

lo antico dei chierichetti, collabo-

ratori del sacerdote nella liturgia,

può costituire ancora un’esperien-

za decisiva per l’educazione alla

fede, ma anche per scelte corag-

giose di vita.

Don Vittorio

35Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

“Voi siete la luce del mon-

do; non può restare na-

scosta una città colloca-

ta sopra un monte, ne si accende

una lucerna per metterla sotto

il moggio, ma sopra il lucerniere

perché faccia luce a tutti quelli che

sono nella casa.”

Queste parole del Vangelo di Mat-

teo, che concludono il discorso

delle Beatitudini, sono la guida e

la traccia del percorso che l’Azione

Cattolica si propone di percorre-

re nel prossimo anno pastorale.

Come è sottolineato all’interno

del testo evangelico, Gesù dice

“voi siete” e non “voi siate”; non è

un invito o una sollecitazione ma il

riconoscimento di una identità di

cui tutti siamo chiamati a prendere

consapevolezza, invitati ad essere

fedeli alla chiamata del Signore.

Giovanni Paolo II ai giovani del-

la Gmg di Toronto: “Quello che

voi ereditate è un mondo che ha

un disperato bisogno di un rin-

novato senso di fratellanza e di

solidarietà umana. È un mondo

che necessita di essere toccato e

guarito dalla bellezza e dalla ric-

chezza dell’amore di Dio. Il mondo

odierno ha bisogno di testimoni

di quell’amore. Ha bisogno che voi

siate il sale della terra e la luce del

mondo”. Facciamo in modo che la

lucerna non sia nascosta sotto un

secchio o che la fi amma sia spenta

da un soffi o.

Sempre Giovanni Paolo II ai giovani

di Toronto:”Approfondite lo studio

della Parola di Dio e lasciate che

essa illumini la vostra mente ed

il vostro cuore. Traete forza dalla

grazia Sacramentale della Riconci-

liazione e dell’Eucarestia. Frequen-

tate il Signore in quel “cuore a cuo-

re” che è l’Adorazione Eucaristica.

Giorno dopo giorno, riceverete

nuovo slancio che vi consentirà di

confortare coloro che soff rono e di

portare la pace nel mondo.”

Come ogni anno l’Azione Cattolica

propone agli associati un percor-

so diff erenziato per fasce di età.

In ogni caso il soggetto di questo

percorso è sempre la persona (ra-

gazzo, adolescente o adulto che

sia) colta nella sua relazione con

se stessa, con Dio , con l’altra per-

sona e con il creato con l’obiettivo

di impegnarsi alla lettura attenta

delle fragilità del sistema sociale,

Voi siete la luce del mondo

con particolare riferimento ai temi

dell’educazione, della famiglia, del

lavoro, della legalità, della coscien-

za civica, della solidarietà e dell’ac-

coglienza, dell’integrazione delle

diversità sociali e religiose.

Il Signore aveva chiamato i suoi

discepoli perché illuminati da Lui,

vera ed eterna luce, divenissero

anch’essi luce nelle tenebre. Oggi

i chiamati siamo noi tutti. Tenere

la “luce” accesa è quindi un invito

a qualifi care la propria persona

come cristiano testimone del Cri-

sto nella vita quotidiana.

La Presidente

Auguriamo a tutte le famiglie un buon cammino, e vi invitiamo ad unirvi con noi in preghiera per tutte le vostre e le nostre intenzioni, soff erenze, gioie e preoccupazioni, affi dandole alla divina provvidenza.Nessuno deve sentirsi solo nel diffi cile ma entusiasmante cannino che è la vita, grande dono di Dio.

Con l’inizio del nuovo Anno pastorale, riparte l’attività di Azione Cattolica

Spazio oratorio

36 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

Vita in Parrocchia

Programma della catechesi annuale delle donne 2010/2011

Lettera agli Ebrei, il mercoledì alla S. Messa delle ore 9,30

Settembre 2010

1. La lettera agli Ebrei: Notizie generali

A. Autore e origine dello scritto

B. Data, genere letterario, struttura e destinatari

Ottobre 2010

2. Gesù fi glio di Dio, fratello degli uomini

A. L’esordio della lettera (1,1-4)

B. Il Figlio è superiore agli angeli (1,5-14)

C. La redenzione realizzata dal Cristo (2,5-18)

D. Conclusioni per l’oggi

Novembre 2010

3. Invito alla perseveranza

A. L’esortazione (2,1-4)

B. l problema della perseveranza (cc.3 e 4)

C. Conclusioni per l’oggi

Dicembre 2010

4. Cristo unico e defi nitivo sacerdote

A. Problemi di carattere generale

Gennaio 2011

B. Gesù sommo sacerdote (4,14-16;5,1-14)

C. La superiorità del Cristo sui sacerdoti levitici

(c7)

D. Conclusioni per l’oggi

Febbraio 2011

5. Invito alla maturità cristiana, fede e speranza

A. L’esperienza cristiana come maturità (5,11-14;

6,1-8)

B. L’esperienza cristiana come speranza (6,9-20)

C. Conclusioni per l’oggi

Marzo 2011

6. Il sacrifi cio della nuova alleanza

A. Problemi di carattere generale

B. Il Cristiano mediatore di un’alleanza migliore

(8,3-13)

C. Il Cristo penetra nel santuario celeste (9,1-14)

D. Il signifi cato del sacrifi cio del Cristo (9,15-28;

10,1-18)

E. Conclusioni per l’oggi

Aprile 2011

7. Nuovo invito alla perseveranza

A. La fede perseverante (10,19-25)

B. Pericolo dell’apostasia e motivi di perseveranza

(10,26-39)

C. Conclusioni per l’oggi

Maggio 2011

8. L’esempio dei padri

A. La fede esemplare dei padri (11,1-39)

B. L’esempio di Gesù Cristo (12,1-13)

C. Conclusioni per l’oggi

Giugno 2011

9. Perseveranza e carità attiva

A. Il cammino dei cristiani (12,14-29)

B. Ultime raccomandazioni (c.13)

C. Conclusioni per l’oggi

37Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

Vita in Parrocchia

I contenuti

Questo scritto si presenta come

un’esortazione rivolta a cristiani in

diffi coltà (10,32-36; 12,34). Alcu-

ni di essi ripensano con nostalgia

alle esperienze religiose ebraiche

(4,14-16; 12,9-10); altri, sfi duciati,

rischiano di abbandonare la fede

cristiana (3,7-14; 10,24-25).

L’autore espone, in forma di ome-

lia, il tema della mediazione unica

e defi nitiva di Gesù Cristo, Figlio di

Dio (4,14-5,10).

Gesù è il sommo sacerdote della

nuova alleanza promessa dai pro-

feti (8,6-13). La sua morte, libera-

mente accettata, è il vero sacrifi cio

che libera dal peccato e unisce i

credenti a Dio (10,1-18).

La seconda parte dello scritto con-

tiene un’esortazione alla fi ducia e

alla perseveranza, sviluppata at-

traverso molti esempi tratti dall’AT

(11,1-12,29).

Lo schema della lettera è il se-

guente:

Prologo (1,1-4)

In Cristo si compie la salvezza (1,5-

4,13)

Cristo sommo sacerdote (4,14-

10,18)

Il cammino della fede (10,19-

13,19)

Epilogo (13,20-25).

Le caratteristiche

La lettera agli Ebrei è intessuta di

riferimenti e confronti con i temi

biblici della tradizione giudaica;

rispetto alle altre lettere paoline, è

uno scritto diverso per argomento

e stile, non certo per importanza.

Lettera agli Ebrei

Presentazione sintetica del libro ispirato Nel complesso è un discorso dot-

trinale ed esortativo, che soltanto

al termine assume l’aspetto di una

lettera (13,20-25).

L’origine

Un maestro e capo di una comu-

nità cristiana scrisse questa lette-

ra. Egli dimostra un’eccezionale

familiarità con la tradizione bibli-

ca e giudaica, congiunta con una

conoscenza raffi nata della lingua

greca. La menzione di Timòteo

e della comunità dei cristiani

dell’Italia (13,23-24), sono indizi

troppo vaghi per defi nire l’origine

del nostro scritto. Riguardo all’au-

tore, tra le varie ipotesi, gode di un

certo credito quella che lo identi-

fi ca nell’alessandrino Apollo, un

giudeo-cristiano esperto di Sacra

Scrittura e collaboratore di Pao-

lo (At 18,24-28; 1Cor 1,12; 3,4-9;

16,12). Circa la data di composizio-

ne alcuni indicano la fi ne del I sec.;

altri pensano invece a un perio-

do di poco anteriore all’anno 70.

I continui richiami alla religione

giudaica fanno pensare che la let-

tera sia stata indirizzata a cristiani

di origine ebraica.

A Padre Lorenzo Agosti, che

ricorda quest’anno il 35° di Or-

dinazione presbiterale i nostri

sinceri auguri.

Ricorrenze

Aspetti un bambino e hai bisogno di aiuto?

NON SEI SOLA!Una maternità inattesa può comportare momenti di grave soff e-

renza. Spesso la madre è in angoscia e solitudine.

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38 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

Vita in Parrocchia

La sera del 21 giugno scorso è stata benedetta e inaugurata la nuova santella delle Mon-

ticelle dedicata alla Madonna, a S. Luigi e a S. Antonio Abate. La santella era stata donata due anni orsono alla Parrocchia dai proprie-tari del complesso immobiliare delle Monticelle recentemente costruito. Non è certo paragona-bile alla precedente chiesetta sto-rica con relativo campanile, che è stata abbattuta. Pur tuttavia è un segno decoroso del sacro e del-la devozione di quella frazione. Tante persone si sono generosa-mente attivate per completarla ed abbellirla. Un grazie particolare dobbiamo ai geometri Gabriele Manenti e Loredana Pisciali per aver seguito le pratiche e i relati-vi permessi, come pure a tutte le generose famiglie delle Monticel-le ad altre gentili Ditte che hanno collaborato per il tetto, il legna-me e i pannelli in policarbonato messi a protezione della santella. Al nostro pittore Giorgio Manenti dobbiamo la bella Madonna con Bambino dipinta su legno. Grande folla ha partecipato alla sua inau-gurazione la sera della festa di S. Luigi Gonzaga. È stata celebrata la santa messa per tutti i defunti del-le Monticelle e poi , nella cascina Maifredi è stato off erto un simpa-tico rinfresco. A tutte le buone fa-miglie della frazione il nostro vivo ringraziamento, mentre affi diamo alla loro cura la custodia di questo nuovo, piccolo ma grazioso, luogo sacro.

Il parroco

Inaugurazione della nuova Santella delle Monticelle

21 giugno 2010

39n. 24 settembre - novembre 2010Camminiamo insieme

Vita in Parrocchia

40 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

Vita in Parrocchia

Il rito delle esequie

210. «La liturgia cristiana dei fune-

rali è una celebrazione del mistero

pasquale di Cristo Signore. Nelle

Esequie la Chiesa prega perché

i suoi fi gli, incorporati per il Bat-

tesimo a Cristo morto e risorto,

passino con lui dalla morte alla

vita. È per questo che la Chiesa,

madre pietosa, off re per i defunti

il Sacrifi cio eucaristico, memoriale

della Pasqua di Cristo, innalza pre-

ghiere e compie suff ragi; e poiché

tutti i fedeli sono uniti in Cristo,

tutti ne risentano vantaggio: aiuto

spirituale i defunti, consolazione

e speranza quanti ne piangono la

scomparsa» (Rituale Romano, Rito

delle Esequie (1974), RE Introdu-

zione 1).

Indicazioni generali

211. Un posto di rilievo assume la

veglia di preghiera nella casa del

defunto. Qualora il sacerdote non

possa essere presente si deputino

laici che, attraverso appositi sussi-

di, animino la veglia. Essa non sia

mai tralasciata: è un momento for-

te di comunione e di evangelizza-

zione (cfr. RE, introduzione 3.19).

212. L’Ordinario diocesano può

concedere il permesso di celebra-

re le Esequie anche di un piccolo,

morto prima che i genitori potes-

sero battezzarlo, com’era loro in-

tenzione (cfr. CIC, can. 1183 § 2);

come pure di un battezzato non

cattolico, qualora manchi il pro-

prio ministro e non consti la sua

volontà contraria (cfr. CIC, can.

1183 § 3).

213. Sarà necessaria un’opera di

saggia persuasione perché i fami-

liari evitino spese eccessive per

le onoranze funebri. Si potranno

suggerire autentici gesti di solida-

rietà a vantaggio di necessità reali

e bisogni presenti.

214. Quand’anche gli accordi ven-

gano presi tramite organizzazioni

apposite, il pastore non trascurerà

mai il contatto personale con i fa-

miliari del defunto.

215. Per la celebrazione delle Ese-

quie di una persona proveniente

da altra parrocchia, è necessario

avvisare il parroco della parroc-

chia di provenienza e informarsi

del defunto.

Per la celebrazione

216. La liturgia funebre è espres-

sione della comunione dei santi,

perciò la celebrazione sia sostenu-

ta dalla luce della fede cristiana.

217. La celebrazione completa

delle Esequie si struttura attorno

a questi elementi: preghiera nella

casa del defunto, processione alla

chiesa, celebrazione eucaristica in

chiesa, ultima raccomandazione e

commiato, processione al cimite-

ro, preghiere al sepolcro (cfr. RE,

Introduzione 3).

218. Particolare attenzione va ri-

servata alle orazioni, ai testi biblici

e alle monizioni nella loro vasta

possibilità di scelta (cfr. RE, Intro-

duzione 11-13), tenendo presente

che la Messa esequiale non può

essere celebrata nel Triduo sacro,

nelle solennità di precetto, nelle

Domeniche di Avvento, di Quare-

sima e di Pasqua (cfr. RE, Introdu-

zione 6).

219. Nella celebrazione si curi par-

ticolarmente l’omelia, la quale non

deve avere il carattere di elogio

funebre, ma deve essere un aiuto

alla comprensione e un approfon-

dimento del mistero della morte

alla luce del Signore Gesù croci-

fi sso e risorto. I testi biblici in tal

senso off rono ampie prospettive.

È sempre possibile, e la domenica

vincolante, utilizzare le letture bi-

bliche della liturgia del giorno.

220. Nella Messa esequiale non si

tralasci mai la “preghiera dei fedeli”

(che sia preparata e sia preghiera)

e si richiami il valore della Comu-

nione eucaristica durante la Messa

(cfr. RE 64. 66).

221. Prima della celebrazione oc-

corre manifestare con molta fer-

mezza l’assoluta inopportunità,

nel rito liturgico, dei vari interventi

commemorativi, i quali possono

invece trovare migliore collocazio-

ne presso il cimitero.

222. Attenzione particolare va

riservata anche ai segni: la collo-

cazione del defunto rivolto verso

l’altare (ma, se ministro ordinato,

rivolto verso l’assemblea); il testo

dell’Evangelo o della Bibbia sul fe-

retro, la presenza del cero pasqua-

le (cfr. RE 59).

223. L’abbondante proposta che

il Rituale off re circa la preghiera

dei Salmi, soprattutto nel contesto

delle due processioni (dalla casa

alla chiesa; dalla chiesa al cimite-

ro), permette una scelta di testi

adatti alle varie circostanze (cfr.

RE, Introduzione 24). Nella casa

del defunto e durante il funerale vi

sia l’invito alla preghiera comune.

Novembre, mese dei morti

In occasione della commemorazione di tutti i fedeli defunti

41Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

Vita in Parrocchia

Durante il trasporto della salma in

chiesa si inviti alla partecipazione

orante attraverso la forma litanica.

Andando al cimitero si preghi con

il S. Rosario o con altre forme di

supplica (cfr. RE 80. 82), e al cam-

posanto la celebrazione sia sobria,

come dal Rituale, senza ulteriori

aggiunte da parte del celebrante.

Celebrazione del rito delle ese-

quie seguito o preceduto dalla

cremazione

224. Il Rito delle Esequie (1974),

recependo quanto è stabilito

dall’Istruzione della Sacra Congre-

gazione del Sant’Uffi zio “De cada-

verum crematione” dell’8 maggio

1963, aff erma al n. 15 dell’Intro-

duzione: «A coloro che avessero

scelto la cremazione del loro cada-

vere si può concedere il rito delle

Esequie cristiane, a meno che la

loro scelta non risulti dettata da

motivazioni contrarie alla dottrina

cristiana. ... Le Esequie siano cele-

brate secondo il tipo in uso nella

regione, in modo che non ne resti

off uscata la preferenza della Chie-

sa per la sepoltura dei corpi, come

il Signore stesso volle essere se-

polto».

225. Il primo problema pastorale

che emerge è il rapporto tra la ce-

lebrazione dell’Eucaristia e la cre-

mazione. La Presidenza CEI ha de-

ciso con voto unanime che in linea

di principio le Esequie precedano

la cremazione. Ne consegue che

nella prassi ordinaria l’Eucaristia

viene celebrata prima della crema-

zione, presente la salma.

226. Alcune volte si pone però il

problema della richiesta di fune-

rale religioso dopo la cremazione.

Tale eventualità si verifi ca normal-

mente solo per motivi pratici nel

caso di decesso all’estero. La richie-

sta da parte dei fedeli di celebrare

la Messa esequiale, anche quando

si è compiuta la cremazione o ar-

rivano dall’estero le urne cinerarie

di emigrati che intendono trovare

riposo nella terra di origine, non

può essere negata, ben consci che

la S. Messa resta il cuore di tutto il

rito.

227. Il Rito delle Esequie ricorda

anche che «i riti previsti nella cap-

pella del cimitero o presso la tom-

ba si possono fare nella stessa sala

crematoria, cercando di evitare con

la debita prudenza ogni pericolo di

scandalo o di indiff erentismo reli-

gioso » (RE, Introduzione 15).

Celebrazione delle esequie in si-

tuazioni matrimoniali irregolari

228. Come principio generale vale

quanto è detto nei “praenotanda”

al Rito delle Esequie: «Nel predi-

sporre e nell’ordinare la celebra-

zione delle Esequie, i sacerdoti

tengano conto non solo della per-

sona del defunto e delle circostan-

ze della sua morte, ma anche del

dolore dei familiari, senza dimen-

ticare il dovere di sostenerli, con

delicata carità, nelle necessità del-

la loro vita di cristiani. ...l sacerdoti

sono ministri del Vangelo di Cristo,

e lo sono per tutti» (RE, Introduzio-

ne 18).

229. Più specifi camente sul pro-

blema delle Esequie di chi si trova

in situazione matrimoniale irre-

golare ci si attenga a quanto in-

dicato nel Direttorio

di Pastorale familiare

per la Chiesa italiana

(1993) al n. 234: «Poi-

ché il senso del fune-

rale cristiano consiste

propriamente nel rin-

graziare il Signore per

il dono del Battesimo

concesso al defunto,

nell’implorazione del-

la misericordia di Dio

su di lui, nella profes-

sione di fede nella ri-

surrezione e nella vita

eterna, nell’invocazio-

ne per tutti, e in par-

ticolare per i familiari,

della consolazione e

della speranza cristia-

ne, la celebrazione del

rito delle Esequie non è vietata

per questi fedeli, purché non ci sia

stata una loro esplicita opposizio-

ne...».

Celebrazione delle esequie in

caso di suicidio

230. Per la celebrazione delle Ese-

quie dei cristiani suicidi: ricono-

scendo che in questi casi è diffi cile

escludere il turbamento mentale

del soggetto, di norma si proce-

da alle Esequie complete, a meno

che la persona suicida, prima del-

la morte, abbia fatto percepire in

forma manifesta, o con le parole o

con gli scritti, di non volere le Ese-

quie cristiane.

231. Nella circostanza dei funerali

dei suicidi il buon senso sconsiglia

con fermezza tutte quelle iniziati-

ve che potrebbero creare equivoci

e non lasciare intuire la contrarietà

della comunità cristiana al suici-

dio. In tal modo la fede nella mi-

sericordia di Dio è accompagnata

dal senso del rispetto della sacrali-

tà ed inviolabilità della vita.

(Dal Direttorio per la celebrazione

e la pastorale dei Sacramenti

della diocesi di Brescia)

42 Camminiamo insiemen. 24 settembre - novembre 2010

Anagrafe parrocchiale

Anagrafe parrocchialeDotti Allegra

di G.Luca e Laura Baresi

Fanelli Davide

di Damiano e Vezzoli Nicoletta

Piora Alissa

di Alessandro e Cariola Neva

Bonardi Matteo

di Giorgio e Galli Paola

Manchi Davide

di Alessandro e Ziglioli Claudia

Noci Gabriele

di G.Battista e Costa Nikka

Pontoglio Andrea

di Davide e Gaspari Cristina Marta

Metelli Vittoria

di Giovanni e Testa Elena

Garbellini Cesira (Agostina) di anni 85

Loda Lucio di anni 83

Briola Marta Maria di anni 93

Arrighini Tranquilla di anni 92

Marinelli Bruna di anni 67

Berardi Carlo di anni 82

Nella luce di Cristo (defunti)Rinati in Cristo (battesimi)

Uniti per sempre (matrimoni)

Facondo Emanuele con Ramera Elena

Festa Alessandro con Miani Emanuela

Falappi Alessio con Gaspari Cristina

Arciani Marcello con Rubagotti Gloria

Panza Luca con Legrenzi Francesca

Metelli Giovanni con Testa Elena

43Camminiamo insieme n. 24 settembre - novembre 2010

Calendario liturgico

SETTEMBRE 2010

05 Domenica XXIII T. O. Domenica battesimale - Festa dell’Anziano

08 Natività della Beata Vergine Maria. Ore 9,30 S. Mes-sa per le donne.

12 Domenica XXIV T.O. Festa dell’AVIS (40° di Fonda-zione)

15 Beata Vergine Addolorata. Ore 9,30 S. Messa per mamme e spose.

Ore 20,30, presso il Centro giovanile di Chiari, inizio del Corso Catechisti degli adulti.

17-18-19 Feste di San Luigi

19 Domenica XXV T. O. Ore 9,30 S Messa solen-ne in oratorio con inizio dell’anno catechistico ed associativo.

26 Domenica XXVI T.O.

29 Santi Arcangeli Michele, Gabriele, Raff aele.

N.B. Con il 1° di ottobre entra in vigore l’orario inver-nale delle sante messe.

OTTOBRE 2010Mese missionario - Mese del Rosario

01 S. Teresa di Gesù Bambino.02 Santi Angeli Custodi.03 Domenica XXVII T.O. Inizio della Settimana Mariana

in preparazione alla Festa della Madonna del Rosa-rio. Le iniziative pastorali sono comunicate sul fo-glio settimanale.

10 Domenica XXVIII T.O. Festa della Madonna del S. Rosario.

Ore 18,00: Santa Messa e processione con la statua della Madonna del S. Rosario.

15 S. Teresa D’Avila, vergine e dottore della Chiesa.17 Domenica XXIX T.O. Giornata missionaria mon-

diale.18 S. Luca evangelista.24 Domenica XXX T.O.28 Santi Simone e Giuda, apostoli.31 Solennità della Dedicazione della Chiesa. Inaurura-

zione e benedizione della Piazza S. Antonio di Pa-dova (a fi anco della chiesa parrocchiale, lato est.)

NOVEMBRE 2008Mese dedicato alla Memoria dei Morti e alla Speranza della Risurrezione.

01 Solennità di Tutti i Santi (orario festivo delle sante messe).Ore 14,30: Processione dalla chiesa al cimitero.Ore 15,00 S. Messa al cimitero per tutti i nostri De-funti.

02 Commemorazione di Tutti i Fedeli defunti.Sante messe: Ore 8- 9,30- 17 in chiesa; Ore 15,00 e 20,00 al cimitero.Indulgenza plenaria per i Defunti.

03 Da mercoledì 3 novembre a venerdì 12 novembre: Ottavario dei Defunti.Il programma liturgico-pastorale è pubblicato sulla carta settimanale della chiesa.(Ogni giorno, alle ore 15,00 e 20,00: Santa Messa al cimitero, esclusa la domenica)

07 Domenica XXXII T.O. Commemorazione del IV No-vembre.Battesimi comunitari alle ore 16,00.

10 S. Leone Magno.11 S. Martino di Tours14 Domenica XXXIII T.O. Giornata annuale del Ringra-

ziamento.15 S. Alberto Magno.18 Dedicazione delle Basiliche dei Santi Apostoli Pie-

tro e Paolo.21 Solennità di Cristo Re.

Ore 11,00 XXXV° di Ordinazione di P.Lorenzo Agosti. Inaugurazione dei restauri della facciata della Chie-sa parrocchiale. Conclusione dell’Anno liturgico.

22 S. Cecilia patrona degli Organisti e della Musica sa-cra.

28 Domenica I° di Avvento. Giornata del Pane (Cari-tas).

30 S. Andrea apostolo.

Calendario liturgico pastorale

Corso dei fi danzati in preparazione al matrimonio

Anno Pastorale 2010-2011

Sede: Oratorio Pio XI Via Gatti, 38 Castrezzato alle ore 20,30

Date: Ottobre - Sabato 2, 9, 16, 23 Novembre - Sabato 6, 13, 20, 27

Conclusione: Domenica 28 Novembre S. Messa ore 18,00 e consegna dell’attestato

Uno sguardo al passato

4 novembre 1972 L’arciprete don Agostino Bonfandini prega davanti al monumento dei caduti