Bollettino Maggio Giugno 2016 Parrocchia di Loreto (Bg)

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Autorizzazione con decreto del Tribunale di Bergamo nr. 1 del 15 gennaio 2013Anno IV, nr. 3 maggio/giugno - Direttore Responsabile: Dott.ssa Susanna Pesenti

Stampato presso Grafica Monti snc, 24126 Bergamo

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3EDITORIALEAutorizzazione con decreto del Tribunale di Bergamo nr. 1 del 15 gennaio 2013Anno IV, nr. 3 maggio/giugno - Direttore Responsabile: Dott.ssa Susanna Pesenti

Stampato presso Grafica Monti snc, 24126 Bergamo

“Mi raccomando: capacità di dialogo! Fare ponti, fare ponti in questa società dove c’è l’abitudine di fare muri. Voi fate ponti, per favore! E col dialogo, fate ponti”. Con queste parole papa Francesco esortava gli scout presenti in Piazza S. Pietro durante l’udienza riservata a loro. E nella ricorrenza del venticinquesimo anniversario della caduta del muro di Berlino affermava” Si diffonda sempre più una cultura dell’incontro, ca-pace di far cadere tutti i muri che ancora dividono il mondo».

SERVONO PONTI E NON MURIContinuando il cammino dell’Anno santo straordinario, le due citazio-ni riportate sopra mi servono per introdurre un altro aspetto della “Misericordia” dopo quello del-la tenerezza e della speranza, ed è quello del “dialogo”. “Ponti e muri” sono strutture che permetto-no o limitano le relazioni. Ci sono ponti e muri visibili, riconosciuti da tutti e quelli invisibili che si costruiscono dentro ognuno di noi. I ponti dicono gli sforzi che una persona fa per andare incontro ad un altro, i muri indicano quanto si è preoccupati di difendersi dall’al-tro. Ecco, noi oggi, anche per gli eventi storici in atto, corriamo il ri-schio di vivere una vita quotidiana fatta di paure, di diffidenze, che ci rende insicuri. L’elemento di que-sta paura è esattamente il rapporto con l’altro. Nei confronti dell’altro io posso o ergere muri o costruire ponti. Se l’altro per me è minaccia, allora è chiaro che metto in atto qualcosa che mi possa difendere. Se invece ribalto il mio modo di pensare e comincio a considerare che l’altro può essere trasformato in una risorsa, in un’opportunità, l’altro diventa un fratello, un ami-co. Non voglio più la separazione ma apertura e condivisione. Da qui

comincio a tracciare ponti, cioè occasione di incontro, di dialogo. Perché mentre la separazione ap-parentemente mi mette al sicuro, ma mi rende più povero, l’incontro mi arricchisce dell’esperienza che l’altro mi può offrire. Certamen-te non è facile costruire il dialogo con gli altri, specie se da loro ci divide la paura, il sospetto, la non conoscenza, il dubbio. Ma come cristiani abbiamo fatto la scelta di cercare sempre la strada del dia-logo, perché è quanto ci viene in-dicato da Gesù stesso. Dialogare è difficile, ma peggio del tentare di costruire un ponte con un altro è lasciar ingigantire nel cuore il ran-core verso di lui. Già il porsi con umiltà e mitezza è sempre costru-ire un ponte. Gesù lo ha fatto: si è umiliato fino alla fine, ci ha fatto vedere la strada. Ed è necessario che non passi tanto tempo; quando c’è un problema, dopo che è pas-sata la tormenta, è bene cercare, il più presto possibile, occasioni di dialogo, perché il tempo in questi casi fa crescere muri. E più i muri crescono, molto più difficile diven-ta poi la misericordia.“Mi spezzo ma non mi piego”, affer-ma una certa saggezza popolare”. Mi piego pur di non spezzare”, sug-

gerisce invece la sapienza cristia-na. Due modi di intendere la vita: il primo, con la sua rigidità è fa-cilmente destinato ad alzare muri di incomunicabilità tra le perso-ne, magari fino alla degenerazione dell’odio. Il secondo invece è incli-ne a gettare ponti di comprensio-ne, anche dopo un diverbio, una lite, a tracciare tentativi di dialogo per trovare un accordo e quindi la pace. In una udienza del mercoledì mentre sviluppava una catechesi sulla famiglia papa Francesco dis-se: “Non è un problema se alcune volte volano i piatti - in famiglia, nelle comunità, nei quartieri - l’im-portante è cercare la pace il più presto possibile, con una parola, un gesto. Un ponte piuttosto che un muro”. E mi scalda il cuore pen-sare che quest’opera di costruire ponti è in atto proprio nella Chie-sa dove e quando ci si impegna ad annunciare il Vangelo più che fare proselitismo. E si abbattono i muri di separazione tra chi pratica e chi no, tra chi può esibire tutte le carte in regola e chi, pur non avendole, ricerca con sincerità di cuore il bene dell’uomo e di tutti gli uomi-ni. Dove non ci sono più “diversi” da tenere separati.

don Mario

cariamici...

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4 Comunità di Loreto

LE COMUNITÀ DEL VICARIATO CELEBRANO IL GIUBILEO DELLA MISERCORDIA

Omelia di Don Andrea Mazzucconi

Una delle condizioni peggio-ri in cui ci possiamo trova-

re è quella di essere prigionieri delle nostre paure. Così avviene ai discepoli, che se ne stanno a porte chiuse, per timore dei Giu-dei. Hanno paura di coloro che hanno crocifisso il loro Maestro, una paura che li ha già paralizza-ti prima della sua morte, comin-ciando da quel coraggioso fifone di Pietro. Ma forse, ancor più a fondo, i discepoli sono prigionieri del rimorso e del senso di colpa per come si sono comportati con Gesù; agitati dal suo fantasma, che possa venire a tirare loro i piedi rimproverandoli per la loro vigliaccheria. Proprio così appare il Risorto ai discepoli nel vangelo secondo Luca: “Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma” (24,37).Il cenacolo, luogo nell’intimità in cui il Maestro ha lavato loro i piedi e li ha nutriti col suo corpo e sangue, è diventato un carcere. Le porte del ce-nacolo si sono trasformate in sbarre; esattamente il contrario di ciò che vuole operare la misericordia di Dio che è “in grado di trasformare anche le sbarre in esperienza di libertà”, come scrive papa France-sco a proposito del Giubileo che stiamo vivendo: “in questo Anno di misericordia per i carcerati varcare la porta delle loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre, può essere gesto per significare il passaggio della Porta Santa”.Per i discepoli alla paura e al senso di colpa si ag-giunge il materializzarsi del fantasma: solo i fantasmi infatti entrano a porte chiuse. Ma “un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho” dice Gesù, sempre nel vangelo secondo Luca (24,39). E nel mostrare le mani e il fianco segnati dai chiodi Gesù dice loro: “Pace a voi”. I fantasmi non hanno car-ne lacerata e non sono fantasie le stigmate. Inoltre, questo fantasma non emette urla terrorizzanti ma un disarmato sussurro di pace, e trasforma le stigmate

da carne ferita, che emana risen-timento e invoca vendetta, in pro-va d’amore più forte della morte. Non solo non è un fantasma, ma è ciò che di più fantastico possa capitare, è la realtà che supera la fantasia.Noi che non siamo fantasmi e neppure siamo sorgente dell’A-more più forte della morte - cioè abbiamo più paura di morire che volontà di amare fino a morire - non riusciamo ad entrare a porte chiuse (e se ci riusciamo è perché siamo o ladri o invasori o invaden-ti). Ma questa sera ci ha accolto la Porta aperta, siamo potuti entra-re per la Porta che è Gesù. Lui è la Porta (Giovanni 10,7) perché entra a porte chiuse non per ruba-re o invadere, ma per consentirci di aprire da dentro la porta che chiudiamo, recludendoci in noi stessi.Prigionieri di noi stessi perché è

più facile aprire porte e costruire ponti verso gli altri che verso se stessi. Più facile gestire i flussi migratori da fuori confine che far emigrare da dentro a fuori da se stessi le ondate di scheletri nell’armadio della propria coscienza, l’indisponibilità alla conversione, la paura che venga rovinata l’immagine della propria bella facciata, la vergogna per il senso di colpa o, al contrario, la sfrontatezza e l’insensibilità morale, e tutte quelle miserie che se non vengono ammesse ci impediscono di accogliere la misericordia, perché si può ottenere misericordia solo riconoscendo le pro-prie miserie, così come si può guarire solo lascian-dosi curare e si può essere curati solo lasciandosi visitare.Lasciarsi visitare è più esigente che visitare, essere destinatari delle opere di misericordia è più impe-gnativo che esserne fautori; lasciarsi amare più arduo che amare; per questo una delle esortazioni più ac-corate della Scrittura è: “Lasciatevi riconciliare con Dio” (2Corinzi 5,20).

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5ANNO PASTORALE 2015/2016

Lasciarsi riconciliare con Dio per essere misericor-diosi come il Padre, sintetizza il motto di questo Giubileo. “Come il Padre...così anch’io” ci ha detto Gesù. Come il Figlio si è saputo amato e si è lasciato amare dal Padre, così noi, così tra noi e così verso il mondo. Come il Padre ha mandato me, così io man-do voi a perdonare i peccati. Non è il mandato dato ai sacerdoti di confessare e assolvere dai peccati, è la missione di ogni cristiano, di tutti i battezzati, di ciascuno di noi. E i peccati si cancellano non con un colpo di pennello o di smacchiatore super rapi-do, ma a prezzo del proprio sangue, perché così li toglie Gesù, versando il suo sangue per la remissio-

ne dei nostri peccati. Come io ho versato il sangue per voi, cosi anche voi. Versare il sangue non vuol dire consegnarsi a una fine cruenta ma spezzare il pane, versare l’acqua, condividere il vestito, visitare, ospitare, assistere, seppellire, consigliare, insegnare, ammonire, consolare, perdonare, sopportare, prega-re e compiere tutto quanto può ispirare lo Spirito di Misericordia, soffiato dal Crocefisso-Risorto su di noi. È il soffio dello Spirito che ci muove oltre quella por-ta, che si è aperta per accoglierci e che è aperta per mandarci a compiere i segni e i prodigi, che avveni-vano per opera degli apostoli e che oggi avvengono per noi, da noi e nonostante noi.

ELEVAZIONE MUSICALE PER ANNO GIUBILAREDavanti alla misericordia di Dio non bastano le parole! Ecco allora la voce dei suoni che si eleva potente a Dio per ringraziarlo e per darci nuovo slancio nel seguirlo.Questo il senso dell’elevazione musicale attra-verso l’organo.Sentiremo brani che ci aiutano a meditare, due grandi brani di Bach il preludio e fuga in la minore, solennità e grandezza di Dio, e il cora-le “o uomo piangi il tuo grande peccato”: per questo ci è venuta misericordia.Poi lo squillo della tromba giubilare con il bra-no di Hollins come a chiamare tutti a rinnova-re la certezza della misericordia di Dio. Tutti risorti con Cristo (meditando il Cristo risusciti di Clementoni) e giubilanti per l’alleluia che risuona in cielo (Bédard su “nei cieli un grido risuonò”).Ci affidiamo dunque alla Madre della Miseri-cordia con l’Ave di Lourdes (nella splendida rielaborazione di don Ilario Tiraboschi) e im-plorandola che ci sostenga nel cammino: è la supplica alla vergine di Loreto di Miserachs.Non si può che concludere con tutti i registri dell’organo che suonano nel corale “ora ringra-ziamo il Signore” di Karg-Elert.Con questo speriamo di essere missionari di misericordia anche noi preti organisti. Soli Deo Gloria.

Don Ugo e don Ilario

Durante l’elevazione musicale come testimonianza di carità nel nostro vicariato ascolteremo dai volontari im-pegnati nel dormitorietto maschile Zarepta e del dormitorietto femminile Beato Palazzolo, la loro esperienza di accoglienza e condivisione con gli ospiti.

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6 Comunità di Loreto

Dopo aver planato insieme sulle prime luci della So-

cietà di San Vincenzo De Pa-oli, torniamo ora sui passag-gi salienti della biografia del fondatore, quindi visitiamo i gruppi agli albori.È il 23 Aprile 1833: Fede-rico Ozanam sceglie di fe-steggiare il suo ventesimo compleanno dando vita alla prima Conferenza di Carità, che presto prenderà il nome del Santo cui si ispirano quei sei giovani amici, studenti universitari. Certamen-te aveva lasciato un segno il gruppo di ragazze e si-gnore organizzato dalla madre: assistevano e aiutavano le donne inferme nei lavori domestici, preparavano il pasto ai piccoli, sostituivano le operaie ammalate affin-ché non perdessero il posto di lavoro. Ma come si arriva a quel battesimo? Vale un passo in-dietro.Federico nasce a Milano il 23 Aprile 1813 in una fa-miglia di autentico radicamento cattolico che presto si trasferisce a Lione. È studente impegnato, giunge a Parigi a 18 anni per volontà paterna, frequenta il corso di diritto alla Sorbona. “Si è creata in me una solitudi-ne immensa... Parigi mi disgusta perché non vi è vita, fede, amore, la freddezza mi gela e la corruzione mi uccide”. Ozanam si sente solo a Parigi e cerca conforto nell’a-micizia. Frequenta le conferenze di storia e letteratura, trova amici con i quali condivide il pensiero di ravvivare la fede attraverso azioni concrete.“Ho l’abitudine molto dolce di far diventare i miei ami-ci una seconda famiglia, di circondarmi di coloro per colmare i vuoti... il legame più forte, il principio di una vera amicizia, è la carità, e la carità non può esistere nel cuore senza espandersi all’esterno”.Durante una conferenza di storia gli studenti atei con-testano quelli cattolici, il clima si fa rovente: “Voi che vi vantate di essere cattolici, cosa fate concretamente? Dove sono le opere che dimostrano la vostra fede?”Per Ozanam il desiderio di rendere viva e vitale la pro-pria fede non può più attendere: “Cosa fare per essere veri cattolici, se non quello che piace di più a Dio? Soc-corriamo dunque il nostro prossimo come faceva Gesù”. Fa parte dell’animo dei giovani il farsi aventi con corag-gio ed entusiasmo: si concorda di prendere a modello

San Vincenzo, il sacerdote vissuto due secoli prima, il santo dei poveri che per pri-mo aveva pensato ad un’a-zione di carità organizzata. Federico Ozanam e quei suoi giovani amici compiono però alcuni fondamentali passi avanti: un gruppo di laici per la prima volta organizza in modo strutturato azioni di carità sotto la bandiera cat-tolica, stabilisce un regola-mento interno, si dà precise

regole operative, pone il caposaldo nella relazione di amicizia fra i vincenziani stessi, poi fra questi e gli assi-stiti. “Bisognava formare un’associazione di mutuo in-coraggiamento per i giovani cattolici, dove ci si trovasse amicizia, sostegno, esempi”.Fra le regole dell’associazione non mancano fin dalle origini l’attenzione alla dimensione spirituale, la pre-ghiera, la crescita cristiana di ogni vincenziano, il pren-dersi cura vicendevole, l’attenzione alla formazione, la conoscenza del territorio e delle opportunità offerte dalle istituzioni pubbliche e private: “la visita alle fami-glie non è cosa facile come la si immagina; le istruzioni a questo riguardo sono di estrema utilità, sarà buona cosa ricorrervi”.Soprattutto la visita domiciliare periodica viene subi-to posta quale cardine insostituibile e caratterizzante (tale è ancora oggi); altri capisaldi sono la condivisione delle situazioni conosciute, la collegialità delle deci-sioni inerenti le modalità di aiuto, la disponibilità di cuore al dialogo sincero fra i membri della Conferenza, l’incontro frequente fra i gruppi vincenziani (le riunioni di Conferenza), il rispetto assoluto della riservatezza... purché sotto la buona bandiera delle discrezione non si celi nascondimento o timore nel mostrare questa tra-duzione viva del sentirsi insieme cristiani. “Non farsi vedere, ma lasciarsi vedere: questa potrebbe essere la nostra formula”.Non si tratta quindi di esibizionismo autoreferenziale ma condivisione nei territori delle azioni che il gruppo promuove, affinché altri vedano che è cosa buona, alla portata di ciascun membro della comunità cristiana, quindi superino i timori di farne parte. Cambieranno in due secoli alcune forme di povertà ed emarginazione rispetto alla Francia del primo Ottocen-to, molte se ne aggiungeranno di nuove, tuttavia le re-

“Vorrei che tutti i giovani si unissero in opere di carità”(Federico Ozanam - fondatore della Società di San Vincenzo De Paoli)

Seconda puntata

Tomba di Federico Ozanam

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7ANNO PASTORALE 2015/2016

gole suggerite dal Beato Federico Ozanam sono ancora oggi validissime, una rotta preziosa per tutti i gruppi vincenziani nel mondo.Persone di ogni ceto e professione si associano, due se-coli addietro come ancor oggi, trovando nelle Conferen-ze un luogo di amicizia fraterna, coltivata e rinvigorita con pazienza fra i propri membri.La Conferenza è indicata dal Beato Ozanam quale vera comunità di fede, di amore, di preghiera, centro di azione e di formazione, prima di tutto nell’ascolto e nella comprensione reciproci.In pochissimo tempo nascono altri gruppi a Parigi, la voce esce rapidamente dalla capitale e dalla nazione, la crescita è inarrestabile e incontra in Europa i cuori dei cristiani che, memori di San Paolo, sentono un le-game tra la fede professata ed il proprio vissuto.Non si ferma Ozanam davanti a certe superficialità e falsi idoli che anche allora dominavano fra tanti giova-ni: Questi giovani signori devono sapere cosa è la fame, la sete, bisogna che vedano dei miserabili, dei genitori malati, dei bimbi piangenti. Bisogna che li vedano e che li amino. Tale vista risveglierà qualche palpito nel loro cuore, altrimenti questa generazione è perduta”.Non può tuttavia accontentarsi, l’amore che imita Cri-sto, alla carità che si fa prossima, alla visita domicilia-re, a nobili iniziative di elemosina. Bisogna cercare e rimuovere le cause, costruire progetti, sollecitare l’o-pinione pubblica. Anche la politica si deve muovere. “Certamente dobbiamo tentare di arrivare alla radice del male e cercare attraverso sagge riforme sociali di ri-durre la miseria diffusa. Non Pensate di avere fatto ab-bastanza avendo votato dei sussidi che presto si esau-riscono, quando il lavoro è ancora soltanto un sogno”. Federico è già docente universitario quando incontra, in occasione dell’apertura dell’anno accademico Amelie Soulacroix. La tenerezza verso la moglie caratterizzerà il resto della vita di Federico. “Talvolta questo felice cambiamento del mio destino mi sembra così meravi-glioso che temo di sognare”. 23 Luglio 1845: “Quale gioia per colui che diventa padre, ma anche quali doveri”. Nasce la sua unica fi-glia, Marie. La salute cagionevole vorrebbe imporre dei limiti: Ozanam non si risparmia, nelle attenzioni alla famiglia, nelle lezioni seguitissime alla Sorbona, nelle pubblicazioni (la sua traduzione commentata dei Fio-retti di San Francesco è ancora oggi la più utilizzata in Francia), nelle visite alle soffitte presso quei poveri che egli abitualmente chiama “nostri signori e padroni”. Ma dalle troppe attività il suo fisico viene logorato an-cor più rapidamente; nel 1850 i medici lo convincono a recarsi in Italia per trovare un clima più mite, giunge a Pisa nel 1853: qui si affida alla misericordia del Pa-dre e affida a Dio le sue sofferenze. “...Ho voluto consa-crare la mia vita al servizio della fede, ma mi considero un servitore inutile, un operaio dell’ultima ora, che il Padrone della vigna accoglie solo per carità”.Muore durante il viaggio di ritorno a Parigi, a soli 40

anni. Resta ancora oggi profondamente vivo il ricordo del profeta dell’amore che ha pienamente vissuto la propria vita nella consapevolezza che il cristiano, quan-do viene a conoscenza della fragilità del fratello, non può fare altro che chinarsi verso di lui. Nella cripta del-la chiesa di Parigi in cui fu sepolto dopo il funerale cui prese parte una grande folla, moltitudine fra nobili e popolo, alta borghesia e ultimi emarginati, venne rap-presentata la scena del samaritano: quest’ultimo mo-stra il volto di Federico.Nel prossimo numero ritorneremo sulle regole operative ancora in uso nelle Conferenze San Vincenzo, su come i gruppi si sono evoluti nella progettualità, nel fare rete, nelle modalità nuove di rispondere ai bisogni emergenti nel tempo attuale. Poi faremo un giro per il mondo: vedremo insieme come è strutturata è la San Vincenzo di oggi. L’ultima tappa sarà dedicata alla Conferenza di Loreto, che compie 90 anni, alle attività in corso, ai progetti futuri. A presto!

Filippo

Le frasi fra virgolette riportano fedelmente gli scritti del Beato Federico Ozanam, estratti dalla “Raccolta di let-tere d Federico Ozanam” (Libreria Poliglotta Vaticana - 1987) e dalla pubblicazione “Grazie Federico” (Con-siglio Centrale Nazionale della Società di San Vincenzo De Paoli - 2013): evidente l’attualità di un precursore i cui precetti sono oggi tanto attuali quanto preziosi per fare bene in modo responsabile.

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8 Comunità di Loreto

Reverendo e caro confratello, siamo stati incarica-ti dal consiglio generale di comunicarvi che nella sua seduta del 11 gennaio 1926, è stata aggre-gata alla Società la “CONFERENZA NOSTRA SI-GNORA DI LORETO in BERGAMO”.Questa aggregazione ha lo scopo di mettere i nostri confratelli in comunione di preghiera, di intenzioni e di opere buone con tutte le conferenze e di farle partecipare alle preziose indulgenze accordate alla Società dall’incontro del 10 gennaio e 12 agosto 1845, come anche per gli incontri e rescritti po-steriori. Fra tutti questi favori spirituali, vi segnaliamo spe-cialmente l’indulgenza plenaria che i nuovi mem-bri possono ottenere il giorno della loro ammissio-ne alla Società. Il Consiglio generale vi lascia l’incarico di fissare a vostro piacimento, il giorno di questa ammissione: si appella a tutta la vostra attenzione sulle raccomanda-

zioni che seguono. Gradite, Reverendo e caro Confratel-lo, l’espressione della nostra affettuosa devozione nel nostro Signore Gesù Cristo.

Conferenza S. Vincenzo - LoretoENTRATECollette soci e 1.192,50Cassetta per i poveri e 1.836,20 Offerte varie e 6.571,65Giornata Naz. S. Vincenzo e 1.945,00Iscrizioni soci e 420,00

TOTALE ENTRATE e 11.965,35

Residuo cassa 2014 e 2.538,63

TOTALE e 14.503,98

USCITEPer acquisto alimenti e 6.198,62 Pagamento bollette varie, affitti, libri scolastici e aiuti alle famiglie e 5.609,03 Iscrizioni soci e 420,00Decima 3% al Consiglio Centrale e 365,00

TOTALE USCITE e 12.592,95Residuo al 31/12/2015 e 1.911,03

RINGRAZIAMENTO ALLE FAMI-GLIE DELLE SCUOLE MATERNE VIRGO LAURETANA, AQUILONE E SUORE ORSOLINE.

Lunedì 21 Marzo, l’oratorio è esploso in un vero inno alla vita; la sala si è riem-pita di bambini e bambine delle scuo-le materne l’Aquilone, Suore Orsoline e Virgo Lauretana presenti sul territorio di Loreto, e che con le loro famiglie stanno sostenendo la nostra comunità donando, nei periodi forti dell’anno liturgico, quali

avvento e quaresima, generi alimentari a persone e famiglie bisognose. Dio solo sa come le amorevoli maestre accompagnatrici siano riuscite a mette-re in ordine con calma e dolcezza tanti bambini piccoli; Don Mario, padrone di casa, ha accolto con tenerezza ed affetto la sosta dei piccoli in oratorio e parteci-pato con loro, insieme ad alcuni membri del Centro Primo Ascolto e Conferenza San Vincenzo, ai canti ed alle poesie di ogni gruppo. A tale festa sono intervenute alcune vo-

lontarie dell’area caritativa a portare la loro esperienza e spiegare ai bambini come si svolge la loro opera di volonta-riato. È stata una festa gioiosa,vivace e veramente comunitaria a conclusione della quale i bambini e le loro Famiglie hanno donato altri generi alimentari.Il nostro grande Grazie ai bambini ed alle loro famiglie da parte di tutta la comuni-tà per questo grande esempio di gene-rosità e di attenzione al prossimo, che proprio in quest’anno viene ricordato tra i gesti di misericordia.

Lettera di aggregazione alla società

di San Vincenzo de Paoli - Parigi 20 gennaio 1926

RELAZIONE FINANZIARIA 2015

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9ANNO PASTORALE 2015/2016

DONNE E UOMINI... CAPACI DI CARITÀ

IL SECOLO D’ORO DELLA CARITÀ

Alcuni cenni storici aiutano ad inquadrare i personaggi gra-

zie ai quali l’800 bergamasco è stato definito il secolo d’oro del-la carità. Tra la 2a metà del 700 e il primo 800 gli Stati assoluti, poi la Rivoluzione francese ed il suo erede Napoleone Bonapar-te, aboliscono gli ordini religiosi giudicati inutili, la Compagnia di Gesù e le Confraternite laiche, ne confiscano i beni che sosteneva-no le loro opere caritative. Ampie fasce sociali vanno in crisi e so-prattutto quelle tradizionalmente più deboli: gli orfani, i bambini abbandonati, i giovani, le donne. Il primo 800 vede l’incipiente in-dustrializzazione; sebbene nella fase manifatturiera, essa acuisce il problema socioeconomico. Può offrire lavoro alle due ultime fasce sociali solo se hanno un minimo di competenze e di istruzione ma per esse è impossibile conseguirle es-sendo sprovviste di adeguate risor-se economiche. Dopo la sconfitta di Napoleone il ritorno dei vecchi sovrani assoluti negli Stati italia-ni è chiamato Restaurazione. Per la Chiesa bergamasca del primo ‘800 “Restaurazione” significa ricostruire una presenza più inci-

siva nella società ormai cambiata. Essa guarda alla nuova fase sto-rica con un progetto moderno: la Pastorale giovanile rivolta a quei settori (giovani, donne, orfani),che erano ai margini della società.. A Bergamo nel 1776 era sorto il Collegio Apostolico su impulso di Maria Antonia Grumelli suora del convento di S. Chiara. Nelle sue intenzioni il Collegio, raccogliendo i sacerdoti degli Ordini soppressi, avrebbe dovuto impegnarsi a dife-sa della fede e della vita di pie-tà ormai in declino tra il popolo. I ceti colti e gli intellettuali affa-scinati dalla filosofia illuministica avevano intrapreso un’altra strada: dalla riduzione della fede ad in-timismo all’ateismo teorico (oggi anche pratico) il passo è breve. Da ciò l’urgenza avvertita lungo tutto l’800 dai vescovi del “triangolo lombardo”: Bergamo, Milano, Bre-scia, di un profondo rinnovamento. I sacerdoti del Collegio bergama-sco: Luigi Mozzi,Giuseppe Bena-glio, Luca Passi, Luigi Palazzolo sono gli interpreti della Pastorale giovanile attraverso la predicazio-ne, la “missione” nelle parrocchie, gli esercizi spirituali per laici e religiosi, sono anche ispiratori o fondatori dei nuovi Ordini religiosi femminili. Tralascio la valenza sociologica della loro affermazione che il mon-do giovanile è una risorsa da va-lorizzare ed il fatto che la Chiesa dell’800 se ne fa carico attraverso le opere mentre ancora oggi sui giovani si fanno esercizi di chiac-chiere. Preferisco evidenziare due punti interessanti che sono alla base dell’operato dei sacerdoti del Collegio. Giovani, ragazzi e ragaz-ze, soprattutto dei ceti popolari hanno bisogno di istruzione, for-mazione al lavoro ed educazione

“religiosa”; è innovativa la distin-zione e l’armonizzazione delle tre componenti del processo di cre-scita della persona;. lo è ancora di più la convinzione che il processo educativo è permanente e si svolge in parrocchia, il luogo della “vici-nanza” tra le famiglie. Istruzione ed educazione sono espressione della carità intesa nel senso che S. Paolo dà nelle sue Lettere. Ha origine dal Cuore di Cristo cioè dal Suo amore per l’uomo, la ca-rità è”il pensiero di Cristo “che è presente ed opera nella società. Infatti il culto del Sacro Cuore è fondamentale nell’800 e molti dei nuovi Ordini femminili lo ricorda-no nello stemma e nella Regola. Le nuove Congregazioni femminili non sono “conventi” ma istituti o famiglie religiose e sono precedute da fatti innovativi. Nel 1795 Padre Mozzi aveva fondato una Scuola serale per giovani e lavoratori, la prima in Italia; nel 1814 il cano-nico Benaglio la riprende offrendo l’opportunità dell’istruzione gratu-ita ai ragazzi. Gli insegnanti erano i sacerdoti del Collegio apostolico. Nel 1823 lo stesso fonda la Scuo-la per ragazze povere affidata a Teresa Verzeri ed a Carolina Suar-do, richiamate dal monastero di S. Grata dove dirigevano un Collegio per ragazze nobili. Una scuola per ragazze povere e due suore, anche Madre Teresa Verzeri

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10 Comunità di Loreto

se novizie, fuori dalla clausura, già di per sé erano un fatto rivoluzio-nario ma ancora più straordinaria per la mentalità dell’epoca fu la fondazione nel 1815 dell’Opera di S. Dorotea. Inizialmente era “asso-ciazione e scuola” per la formazio-ne delle adolescenti, diffusa nelle parrocchie. Piccoli gruppi di ragaz-

ze erano affidate a maestre laiche. Avevano oltre al compito dell’i-struzione quello di accompagnare le ragazze nel difficile cammino dall’adolescenza fino all’assunzio-ne di responsabilità nel lavoro e nel matrimonio. Così aveva voluto D. Luca Passi prospettando quin-di un nuovo modello di apostolato

e un ruolo femminile più incisivo nella Chiesa e nella società. Teresa Gabrieli prima di essere Madre e Cofondatrice delle Suore Poverel-le (vedi il numero precedente) era stata maestra laica dell’Opera di S. Dorotea nella Parrocchia di S. Alessandro.

Marcella Lombardo

“Io do la mia vita per le mie pecore come Gesù, il Buon Pastore” (Beato A. Dordi)

La religione cristiana è oggi in assoluto la più minac-ciata.Papa Francesco ha ricordato recentemente: “oggi in pieno XXI secolo, la persecuzione anticristiana è più forte che agli inizi della storia della Chiesa.Ci sono dei luoghi in cui è impedito avere una bibbia o insegnare catechismo o portare addosso una cro-cetta”.I cristiani vengono discriminati, perseguitati, uccisi... Succede sovente purtroppo! I missionari, punto di riferimento per una popolazione stremata, spesso sottoposta ad infiniti soprusi, cado-no nella spirale di violenza e di atrocità di guerriglieri avidi, senza scrupoli, che seminano ovunque terrore e morte.I martiri non sono eroi e nemmeno fanatici assetati di martirio, ma uomini coi loro limiti, debolezze, paure, che però attraverso la consapevolezza della presen-za benevola ed infinita di Dio Padre, hanno trovato il

coraggio di restare accanto alle loro “pecorelle” e di affrontare “la prova”.Nel 1996, nel villaggio di Tibhirine, situato tra le montagne del medio Atlante Algerino, vengono rapiti e barbaramente uccisi sette monaci trappisti da parte di un gruppo di integralisti islamici! Il monastero è luogo di sostegno per la popolazione locale musul-mana che, oltre alle necessità quotidiane, riceve ac-coglienza e amore. I monaci, perfettamente integrati con la gente del posto, se pur sconvolti dagli eventi, rinunciano ad abbandonare il villaggio, fedeli autenti-ci testimoni dell’insegnamento di Gesù.Frère Christian, priore del monastero, scrive nel suo testamento spirituale: “ho vissuto abbastanza per sa-permi complice del male che sembra ahimè prevale-re nel mondo e anche di quello che potrebbe colpir-mi alla cieca. Venuto il momento, vorrei poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di solle-citare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in

UOMINI E DONNE... CAPACI DI CARITÀ

MARTIRI COME GESÙ

Offerta Giornata per la Vita 2016Vi ringraziamo con riconoscenza per la generosa offerta di € 2350,00 che ci avete fatto pervenire in occasione della Giornata per la Vita 2016.

Non mancate mai di essere generosi ormai da molti anni, vi sentiamo vicini nel servizio di salvaguardia alla vita nascente. Senza la vostra attenzione, solidarietà e sicuramente le vostre preghiere, non potremmo aiutare tutte le mamme che si rivolgono a noi con il dramma a volte di non poter tenere il loro bambino per problemi economici. Riteniamo doveroso informarvi sul lavoro fatto nell’arco dell’anno 2015, abbiamo seguito complessivamente 575 donne fra gestanti e mamme con bimbi fino all’anno. Sono nati 259 bimbi di cui 6 gemelli ed altri ne aspettiamo. Dall’inizio dell’attività 1980, sono nati 4.111 bambini. Tutto questo grazie anche alla vostra condivisione e vicinanza concreta.Grazie di cuore per ciò che avete fatto e per ciò che farete. Da parte nostra cercheremo di fare al meglio il nostro servizio di volontariato accanto alle madri e alle famiglie.

Con stima, ANNA RAVA DAINI - Presidente Centro Aiuto alla Vita

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11ANNO PASTORALE 2015/2016

umanità e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito”.Anche il prete bergamasco don Alessandro Dordi, bea-tificato il 5 dicembre 2015, ucciso il 25 agosto 1991, è l’espressione più eccellente della missionarietà, dell’abbandono alla volontà di Dio. Scrive don Dordi: “il domani non è nelle mie mani ... c’è da mettersi proprio nelle mani di Dio non tanto per una rassegna-zione, ma per saper continuare a vivere per noi e per quelli che verranno dopo di noi”.Ricordo incancellabile nel cuore della gente a lui affi-data nella parrocchia di Santa, in Perù, nel territorio vastissimo di Chimbote ai piedi della cordigliera an-dina don Sandro non reagisce alle minacce dei guer-riglieri di Sendero Luminoso, non accetta l’invito del Vescovo Bambarèn di lasciare la missione.Pur consapevole di affrontare il rischio di un attentato, vuole portare la BUONA NO-VELLA anche nelle comunità più sperdute.“ho paura di andare a Vinzos perché sento che oggi mi uccideranno; ma io devo an-dare a celebrare la messa perché la mia gente mi aspetta” È proprio quel giorno gli estremisti più fanatici e sanguinari della guerriglia chiamati “terrucos” dalla popo-lazione locale gli tendono un agguato.Don Sandro normale sino alla fine, di fron-te ai suoi assassini grida: “por favor, no lo hagan, no me maten, por favor”. Ma uno degli assalitori non ha pietà, spara con freddezza due colpi alla testa ed al cuore.I campesinos non hanno dimentica-to “il giorno del dolore” non hanno dimenticato il prete buono, il sacer-dote di Gromo S. Marino, votato alla causa dei più poveri, impegnato a trasformare il Vangelo in una condi-visione di vita e speranza! Il 5 dicembre, nello stadio di Chimbote, per la beatificazione di don Sandro, erano presenti più di 20.000 persone ... partecipazione intensa e sentita, suono a festa di campane! La data del martirio di don Dordi è entrata nel calendario religioso del-la parrocchia di Santa. Il suo cor-po e sepolto nel paese natio, ma sarà sempre nei nostri cuori “il suo esempio umano e sociale - come scrive Giorgio Fornoni - che unisce in un arcobaleno di luce e di gloria la nostra valle con i lontani villag-gio ai piedi delle Ande.

Assunta

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12 Comunità di Loreto

Il PELLEGRINAGGIO è un segno peculiare nell’Anno Santo, per-

ché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esisten-za. La vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è viator, un pelle-grino che percorre una strada fino alla meta agognata. Anche per rag-giungere la Porta Santa a Roma e in ogni altro luogo, ognuno dovrà compiere, secondo le proprie for-ze, un pellegrinaggio. Esso sarà un segno del fatto che anche la mise-ricordia è una meta da raggiungere e che richiede impegno e sacrifi-cio. Il pellegrinaggio, quindi, sia stimolo alla conversione: attraver-sando la Porta Santa ci lasceremo abbracciare dalla misericordia di Dio e ci impegneremo ad essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo è con noi.Il Signore Gesù indica le tappe del pellegrinaggio attraverso cui è possibile raggiungere questa meta: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sa-rete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,37-38). Dice

anzitutto di non giudica-re e di non condannare. Se non si vuole incorrere nel giudizio di Dio, nes-suno può diventare giu-dice del proprio fratello. Gli uomini, infatti, con il loro giudizio si fermano alla superficie, mentre il Padre guarda nell’inti-mo. Quanto male fanno le parole quando sono mosse da sentimenti di gelosia e invidia! Parlare male del fratello in sua assenza equivale a porlo

in cattiva luce, a compromettere la sua reputazione e lasciarlo in balia della chiacchiera. Non giu-dicare e non condannare significa, in positivo, saper cogliere ciò che di buono c’è in ogni persona e non permettere che abbia a soffrire per il nostro giudizio parziale e la no-stra presunzione di sapere tutto. Ma questo non è ancora sufficien-te per esprimere la misericordia. Gesù chiede anche di perdonare e di donare. Essere strumenti del perdono, perché noi per primi lo abbiamo ottenuto da Dio.

È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giu-

bileo sulle OPERE DI MISERICOR-DIA CORPORALE E SPIRITUALE. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuo-re del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia di-vina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di miseri-cordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di misericor-dia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati,

vestire gli ignudi, accogliere i fore-stieri, assistere gli ammalati, visi-tare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, soppor-tare pazientemente le persone mo-leste, pregare Dio per i vivi e per i morti.Non possiamo sfuggire alle parole del Signore: e in base ad esse sa-remo giudicati: se avremo dato da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete. Se avremo accolto il forestiero e vestito chi è nudo. Se avremo avuto tempo per stare con chi è malato e prigioniero (cfr Mt 25,31-45). Ugualmente, ci sarà chiesto se avremo aiutato ad usci-re dal dubbio che fa cadere nella paura e che spesso è fonte di so-litudine; se saremo stati capaci di vincere l’ignoranza in cui vivono mi-lioni di persone, soprattutto i bam-bini privati dell’aiuto necessario per essere riscattati dalla povertà; se saremo stati vicini a chi è solo e afflitto; se avremo perdonato chi ci offende e respinto ogni forma di rancore e di odio che porta alla violenza; se avremo avuto pazien-za sull’esempio di Dio che è tanto paziente con noi; se, infine, avremo affidato al Signore nella preghiera i nostri fratelli e sorelle. In ognuno di questi “più piccoli” è presente Cri-sto stesso. Non dimentichiamo le parole di san Giovanni della Croce: «Alla sera della vita, saremo giudi-cati sull’amore».

La parola del PERDONO possa giungere a tutti e la chiamata a

sperimentare la misericordia non lasci nessuno indifferente. Il mio invito alla conversione si rivolge con ancora più insistenza verso

Magistero di Papa Francesco

MISERICORDIAE VULTUSdalla bolla di indizione del giubileo straordinario della misericordia...

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13ANNO PASTORALE 2015/2016

quelle persone che si trovano lon-tane dalla grazia di Dio per la loro condotta di vita. Penso in modo particolare agli uomini e alle don-ne che appartengono a un gruppo criminale, qualunque esso sia. Per il vostro bene, vi chiedo di cam-biare vita. Ve lo chiedo nel nome del Figlio di Dio che, pur combat-tendo il peccato, non ha mai rifiu-tato nessun peccatore. Non cadete nella terribile trappola di pensare che la vita dipende dal denaro e che di fronte ad esso tutto il resto diventa privo di valore e di dignità. È solo un’illusione. Non portiamo il denaro con noi nell’al di là. Il de-naro non ci dà la vera felicità. La violenza usata per ammassare sol-di che grondano sangue non ren-de potenti né immortali. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire.Lo stesso invito giunga anche alle persone fautrici o complici di cor-ruzione. Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzio-ne impedisce di guardare al fu-turo con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. È un male che si anni-da nei gesti quotidiani per esten-dersi poi negli scandali pubblici. La corruzione è un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro come forma di potenza. È un’opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e dall’intrigo. Per debellarla dalla vita personale e sociale sono necessarie pruden-za, vigilanza, lealtà, trasparenza, unite al coraggio della denuncia. Se non la si combatte apertamen-te, presto o tardi rende complici e distrugge l’esistenza.Questo è il momento favorevole per cambiare vita! Questo è il tempo di lasciarsi toccare il cuore. Davanti al male commesso, anche a crimi-ni gravi, è il momento di ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni, della dignità,

degli affetti, della stessa vita. Ri-manere sulla via del male è solo fonte di illusione e di tristezza. La vera vita è ben altro. Dio non si stanca di tendere la mano. È sempre disposto ad ascoltare, e anch’io lo sono, come i miei fratel-li vescovi e sacerdoti.

Non sarà inutile in questo con-testo richiamare al rapporto tra

GIUSTIZIA E MISERICORDIA. Non sono due aspetti in contrasto tra di loro, ma due dimensioni di un’uni-ca realtà che si sviluppa progressi-vamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amore. La giustizia è un concetto fonda-mentale per la società civile quan-do, normalmente, si fa riferimento a un ordine giuridico attraverso il quale si applica la legge. Per giu-stizia si intende anche che a cia-scuno deve essere dato ciò che gli è dovuto. Nella Bibbia, molte volte si fa riferimento alla giustizia di-vina e a Dio come giudice. La si intende di solito come l’osservan-za integrale della Legge e il com-portamento di ogni buon israelita conforme ai comandamenti dati da Dio. Questa visione, tuttavia, ha portato non poche volte a cadere nel legalismo, mistificando il sen-so originario e oscurando il valore profondo che la giustizia possiede. Per superare la prospettiva lega-lista, bisognerebbe ricordare che nella Sacra Scrittura la giustizia è concepita essenzialmente come un abbandonarsi fiducioso alla volon-tà di Dio. Da parte sua, Gesù parla più volte dell’importanza della fede, piuttosto che dell’osservanza della leg-ge. È in questo senso che dobbiamo comprendere le sue parole quando, trovan-dosi a tavola con Matteo e altri pubblicani e pec-catori, dice ai farisei che lo contestavano: « Andate e imparate che cosa vuol dire: Misericordia io vo-glio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chia-

mare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13). Davanti alla visione di una giustizia come mera osservanza della legge, che giudica dividendo le persone in giusti e peccatori, Gesù punta a mostrare il grande dono della misericordia che ri-cerca i peccatori per offrire loro il perdono e la salvezza. Si com-prende perché, a causa di questa sua visione così liberatrice e fonte di rinnovamento, Gesù sia stato ri-fiutato dai farisei e dai dottori del-la legge. Questi per essere fedeli alla legge ponevano solo pesi sul-le spalle delle persone, vanifican-do però la misericordia del Padre. Il richiamo all’osservanza della legge non può ostacolare l’atten-zione per le necessità che toccano la dignità delle persone. Il richiamo che Gesù fa al testo del profeta Osea - «voglio l’amore e non il sacrificio» (6,6) - è molto significativo in proposito. Gesù af-ferma che d’ora in avanti la rego-la di vita dei suoi discepoli dovrà essere quella che prevede il pri-mato della misericordia, come Lui stesso testimonia, condividendo il pasto con i peccatori. La mise-ricordia, ancora una volta, viene rivelata come dimensione fonda-mentale della missione di Gesù. Essa è una vera sfida dinanzi ai suoi interlocutori che si fermava-no al rispetto formale della legge. Gesù, invece, va oltre la legge; la sua condivisione con quelli che la legge considerava peccatori fa comprendere fin dove arriva la sua misericordia.

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14 Comunità di Loreto

COMMENTANDO L’ENCICLICA “LAUDATO SI’...” (5a parte)

Curare la casa comune guardando lontano“Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione”

È una delle più note frasi di Alci-de De Gasperi, l’indimenticato

statista (lui sì può essere definito tale) artefice della ricostruzione italiana nel secondo dopoguerra. Un autentico “uomo di stato” do-vrebbe agire con l’occhio rivolto non al domani o al dopodomani, ma al futuro, sapendo interpretare le esigenze che si palesano nella società e mettendo quindi a di-sposizione la propria saggezza e la propria capacità di governo. Per-ché quando i problemi poi esplo-dono in tutta la loro complessità, riuscire a risolverli diviene difficile se non impossibile, soprattutto se le questioni che si presentano hanno una dimensio-ne planetaria.Questa preoccupazione è ben presente fin dalle prime pagine della Laudato si’. Già nella parte in-troduttiva Francesco scrive che: “Alla luce di tale riflessione vorrei fare un passo avanti in alcune am-pie linee di dialogo e di azione che coinvolgano sia ognuno di noi, sia la politica internazionale” (15); e poco oltre si domanda: “Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapa-cità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?” (57) Ma è nel quinto capitolo che l’appello si fa sem-pre più pressante: “I Vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni non hanno risposto alle aspetta-tive perché, per mancanza di decisione politica, non hanno raggiunto accordi ambientali globali re-almente significativi ed efficaci” (166); e poi, in rapida successione: “Urgono accordi internaziona-li che si realizzino, considerata la scarsa capacità delle istanze locali di intervenire in modo efficace” (173), “Abbiamo bisogno di un accordo sui regi-mi di governance per tutta la gamma dei cosiddet-ti beni comuni globali” (174), “Abbiamo bisogno di una reazione globale più responsabile, che im-plica affrontare contemporaneamente la riduzione dell’inquinamento e lo sviluppo dei Paesi e delle re-gioni povere ... diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate, con autorità designate in maniera im-parziale mediante accordi tra i governi nazionali e dotate del potere di sanzionare” (176), e infine: “La

previsione dell’impatto ambientale delle iniziative imprenditoriali e dei progetti richiede processi po-litici trasparenti e sottoposti al dialogo, mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di informa-re ed a un dibattito approfondito” (184). Politica, politica, e ancora politica, insomma; ma che deve essere efficace, trasparente e soprattutto onesta. Non sfuggano i termini utilizzati dal Pontefice: ‘ur-gono’, ‘abbiamo bisogno’, ‘diventa indispensabile’, ‘richiede’. Parole forti, incalzanti, che non debbono però far pensare ad una ingerenza della Chiesa nel potere temporale. Lo stesso Papa è consapevole di questo rischio, perché sottolinea: “Ancora una volta ribadisco che la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politi-ca, ma invito ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune” (188).Che fare, dunque? Francesco sull’argomento è deci-samente chiaro, e la sua parola ricorrente è dialogo, termine che non a caso viene utilizzato come titolo dei cinque paragrafi del capitolo: dialogo sull’am-biente nella politica internazionale, verso nuove po-litiche nazionali e locali, dialogo e trasparenza nei processi decisionali, tra politica ed economia per la pienezza umana, tra le religioni con le scienze. È evidente l’attenzione del Pontefice alla complessità e universalità dei problemi ambientali e alla conse-guente necessità di risposte il più possibile condivi-se tra gli uomini e le istituzioni.

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15ANNO PASTORALE 2015/2016

Così come nessuno può arrogarsi il diritto di con-siderarsi esclusivo proprietario della casa comune, parimenti ognuno non può sottrarsi ai doveri della cura dell’ambiente nel quale vive, ma che è patri-monio dell’intera umanità. I risultati di una efficace azione politica, ricorda il Papa, “richiedono molto tempo e comportano costi immediati con effetti che non potranno essere esibi-ti nel periodo di vita di un governo”. (181) Sembra quasi una parafrasi dell’iniziale motto degasperia-

no; perché, sostiene ancora Francesco, un politico che si assume questa responsabilità senza sottosta-re alle logiche efficientiste ed immediatiste “potrà nuovamente riconoscere la dignità che Dio gli ha dato come persona e lascerà, dopo il suo passag-gio in questa storia, una testimonianza di genero-sa responsabilità”. (id.) Sono parole che sembrano rivolte solo ai potenti della Terra, ma che in realtà riguardano ciascuno di noi.

Roberto Robert

Il Circolo Riparte... commentiamo la “LAUDATO SII”Il circolo è un gruppo di lauretani che si ritrova per commentare insieme la lettura di un libro o, come si propone in questi mesi, lo studio e la riflessione dell’enciclica “Laudato sì”. Il Circolo lunedì 4 Aprile si è ritrovato con 16 persone in una saletta del nostro oratorio per commentare i primi due capitoli dell’enciclica di papa Francesco sulle responsabilità dell’uomo nel cattivo uso delle risorse del Creato. Il circolo è aperto a tutti, a chi crede e a chi si trova in ricerca senza aver raggiunto una convinta adesione alla fede, nel libero e rispettoso confronto delle diverse opinioni. Lo spirito degli incontri è proprio quello di confrontare le im-pressioni suscitate dalla lettura dell’enciclica: quello che può sembrare secondario per qualcuno riveste per altri un’importanza primaria o quello che sfugge tra i tanti messaggi che sono presenti nei diversi capitoli del testo di papa Francesco può essere colto da qualcuno in modo rilevante. Esiste infatti un modo diverso di vedere o leggere le stesse cose. C’è chi le osserva superficialmen-te. C’è invece chi va oltre. In questo contesto ogni libero contributo è prezioso. Si è ricordato che la parola enciclica presuppone qualcosa che passa di mano in mano, che cir-cola e che, si spera, migliori la sensibilità dei lettori verso i problemi della società globale in cui vivono. La lettura inoltre offra ai cristiani ulteriori “motivazioni alte per pren-dersi cura della natura e dei fratelli più fragili”. “I cristiani avvertono che i loro compiti all’interno del creato, i loro doveri nei confronti della natura e del Creatore sono parte della loro fede. (64) I prossimi incontri saranno lunedì 18 aprile e il 2 e 16 maggio ore 20.45. Vi aspettiamo.

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16 Comunità di Loreto

MESE DI MAGGIO

MARIA, MADRE DI MISERICORDIAMaria è la donna giubilare perché pur non sa-pendo che cosa il Signore le riserva, si affida e crede a quella Parola e a quella Presenza che sono più grandi di Lei. Nessuno come Maria ha conosciuto la profondità del mistero di Dio fatto uomo. Tutto nella sua vita è stato plasmato dalla presenza dalla Misericordia fatta carne. Maria ha custodito nel suo cuo-re la divina misericordia in perfetta sintonia con suo Figlio. Maria fa suo il punto di vista di dio, ama, serve, cammina, ascolta, soffre, è vicina con quello sguardo e con quel cuo-re, attenta ai bisogni e alle difficoltà di tutti i tuoi figli. Per questo è la Madre di tutti i malati, sofferenti, e gli emarginati. Proprio nella preghiera per eccellenza “Salve o Regi-na” e “Ave Maria” ci rivolgiamo alla Madre Misericordiosa e facciamo appello alla sua intercessione perché non si stan-chi mai di rivolgere a noi “i suoi occhi misericordiosi “e ci renda degni di contemplare il volto della misericordia, suo Figlio Gesù. Noi possiamo ricorrere fiduciosi a Lei, sicuri che ci sosterrà e non ci abbandonerà. Un quadro di Piero della Francesca (famoso pittore del rinascimento fiorentino) ci dà l’immagine di Maria che con il suo ampio mantello

blu, come una cupola, protegge e accoglie i fedeli. Maria, Madre di misericordia, può in-segnarci quotidianamente il segreto della mi-sericordia, la forza del perdono e il coraggio di vivere nella fedeltà a un Dio che ci ama. A conclusione della bolla di indizione di questo anno giubilare, papa Francesco scrive questo di Maria: “Il pensiero ora si volge alla Ma-dre della Misericordia. La dolcezza del suo sguardo ci accompagni in questo Anno San-to, perché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio. Scelta per essere la Madre del Figlio di Dio, Maria è stata da sempre preparata dall’amore del Padre per essere Arca dell’Alleanza tra Dio e gli uomini. Ha custodito nel suo cuore la divina miseri-

cordia in perfetta sintonia con il suo Figlio Gesù. Maria attesta che la misericordia del Figlio di Dio non cono-sce confini e raggiunge tutti senza escludere nessuno”. Durante il mese di maggio ci troveremo insieme come co-munità a recitare il rosario in alcuni luoghi del quartiere e invocheremo l’intercessione di Maria come “Madre di mise-ricordia”.

Piera

ORDINAZIONI SACERDOTALI - UN ANNO DI PAUSA

Nello scorso mese di marzo il Ve-scovo Francesco ha comunicato in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera che quest’anno, nella Diocesi di Bergamo, non vi saranno ordinazioni sacerdotali, un evento mai accaduto prima d’ora. Una decisione maturata e condivisa con i superiori del Seminario e con i giovani che al termine del percorso di studi previsto fino ad ora, conti-nueranno la loro preparazione.Le motivazioni vanno ricercate non solo nel progressivo e rapido calo delle vocazioni, ma prima di tutto nella necessità di curare sempre di più la formazione dei giovani seminaristi, privilegiando itinerari

personalizzati e l’acquisizione di maggiori competenze e capacità di relazioni e di confronto, che oggi sono richieste nella vita e nella mis-sione del prete. Questo cambiamento non deve es-sere sottovalutato, ma deve provo-care una riflessione sul rapporto tra giovani e fede, sulla diminuzio-ne delle nascite e soprattutto sul-la grande difficoltà che incontra la proposta cristiana nell’essere accol-ta dalle nuove generazioni. Il Vescovo ribadisce che la Chiesa di Bergamo deve sentirsi impegna-ta nella preghiera, nella testimo-nianza (di laici e di preti) e nel ri-proporre la vocazione al sacerdozio. Tutto questo interroga con urgenza gli ambiti educativi e formativi che accompagnano la crescita dei ra-gazzi e dei giovani (famiglia, orato-rio, gruppi).La carenza di sacerdoti, in partico-lare, pone l’accento sulla figura del parroco che, ancor oggi, rappresen-ta per le nostre comunità un pun-to di riferimento; la sua vicinanza

alle persone, alle famiglie, alla loro vita e alle loro sofferenze non do-vrà mancare, sottolinea il Vescovo, anche quando necessariamente si dovrà prendere cura di più comuni-tà, come già avviene in alcune zone della Diocesi. Sarà fondamentale individuare nuove forme di colla-borazione e le comunità dovranno essere maggiormente valorizzate, riconoscendo un peso maggiore al ruolo dei laici, non solo per neces-sità, ma, in quanto battezzati, cor-responsabili della costruzione della comunità cristiana. I problemi e le sfide di questo tempo richiedono che la formazione propo-sta dal Seminario sia molto più arti-colata e integri tutte le dimensioni: umana, culturale, pastorale e spiri-tuale. Inoltre non c’è dubbio che la formazione non può terminare con l’ordinazione, ma deve essere per-manente e riguardare non solo i gio-vani, ma tutti i preti. L’invito alla preghiera e alla rifles-sione su questi temi è rivolto ad ogni comunità e ad ognuno di noi.

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17ANNO PASTORALE 2015/2016

Al seguito di CristoL I T U R G I A

MAGGIO

G. 1 VI DOMENICA DI PASQUA“Tu giudichi i popoli con rettitudine”La nostra vita si sviluppa tutta attorno a una promes-sa: quella di essere al mondo senza alcun merito. Ma nella fede ne rileviamo una ancor più profonda: quella di essere animati dall’amore che ha in Dio la sua sor-gente, la sua costante alimentazione, la sua cadenza. Lo Spirito promessoci da Gesù è sole che ci matura in questo atteggiamento di vitalità e di comunione.

G. 8 ASCENSIONE DEL SIGNORE“Io sono con voi tutti i giorni”L’impegno che si assume Gesù nell’evento celebrato oggi è duplice. Suscitare la responsabilità di ciascun discepolo e della chiesa intera nei riguardi del Re-gno: da qui in avanti le sorti del Vangelo tra gli uo-mini sono affidate alle loro stesse mani. E attivare la garanzia di una sua speciale presenza, ininterrotta e senza offuscamenti. Occorre però guardare con gli occhi della fede.

G. 15 SOLENNITÀ DI PENTECOSTE“Accendi in noi il fuoco del, tuo amore”Oggi si conclude il tempo pasquale, ma non si con-clude l’esperienza del Risorto presente alla sua chie-sa. Il dono dello Spirito, nella sua ricchezza settifor-me le è dato proprio perché, nata dalla misericordia, la chiesa cresca come luogo dove questa è deposta, perché sia compresa, assorbita, scambiata e diffusa a piene mani sulle ferite del mondo. Solo lo Spirito può tanto.

G. 22 SANTISSIMA TRINITÀ“Lo Spirito vi guiderà alla verità tutta intera”La sapienza di Dio compiutamente espressa in Gesù ci introduce alla conoscenza della verità del mistero di Dio: mistero di relazione e di donazione nella reci-procità dell’amore. Al tempo stesso mostra la verità su noi stessi e la via per la nostra piena realizzazione. La Trinità è la “grammatica” della nostra esistenza

G. 29 SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO“Dato per la vita degli uomini”L’Eucaristia che la chiesa celebra per ordine di Gesù, ripresenta nel tempo il dono che egli ha fatto di sé. Nel ricordo e nella presenza di esso le nostre celebra-zioni diventano lode, rendimento di grazie e continua offerta, a Dio gradita. E noi veniamo plasmati a mi-sura del Figlio.

GIUGNO

G. 5 DOMENICA X T. O.“Gesù Cristo ha vinto la morte”La morte degli altri è sempre un rimando, più o meno avvertito alla propria morte. L’esperienza ci sorpren-de ogni volta. E noi ci difendiamo alla bell’e meglio con la compassione o con la rimozione. Gesù, sulla strada verso Gerusalemme si imbatte nella morte del figlio di una vedova. Non fugge di fronte alla morte, ma la ribalta in una vita richiamata Ci annuncia il suo potere vivificante

G. 12 DOMENICA XI T. O.“L’amore di Dio vince il peccato”La voce dell’accusa all’innocente è sempre stridula. Gesù viene accusato di connivenza con i peccatori perché mangia con loro. Per la mentalità del tempo la cosa è grave. La risposta dell’innocente è quella della voce ferma e amabile esclusiva della vocazione: “Io sono per loro”

G. 19 DOMENICA XII T. O.“La via verso la vita”Oggi è la volta buona, per i discepoli e per noi, di spiattellare a Gesù come la pensiamo su di Lui, tutte le cose che pensiamo su Dio. “Chi dite che io sia?” è proprio la domanda che incoraggia a parlare. Però, attenti, che dopo aver parlato, magari a ruota libera è bene che ci domandiamo se non è il caso che qual-che volta accettiamo anche di aggiornare, di correg-gere, la nostra idea su Dio

G. 26 DOMENICA XIII T. O.“Cristiano è cosa di Cristo”Stare dalla parte di Gesù - essere suoi discepoli - richiede qualche taglio salutare con il passato, do-manda un saggio confronto con il futuro, e muove nel presente secondo i passi della missione e della testimonianza Oh, non gesta mirabolanti, ma che la fede diventi lievito delle azioni quotidiane

G. 29 SS. PIETRO E PAOLO APOSTOLI“per consultare Cefa, rimasi presso di Lui”La fede è anche una compagnia con coloro che han-no il compito di confortarci in essa. Il che smentisce il fai da te, il bricolage oggi tanto diffuso in ordine alla fede ch e genera solo confusione e smarrimento. Soprattutto la fede è un amore, coltivato con perse-veranza perché possa diventare fiamma illuminante la vita. Gli apostoli Pietro e Paolo ce lo insegnano.

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18 Comunità di Loreto

RUBRICA A CURA DEL NOSTRO DIRETTORE EDITORIALE SUSANNA PESENTI

Le notizie sono tali che or-mai un momento di tran-quillità appare egoismo, perché mentre ti godi la Pa-squa con la tua famiglia il mondo esplode da qualche parte. E a pochi chilometri

dalle città i profughi vivono nel fango. L’accordo Eu-ropa-Turchia è uno sporco imbroglio. Perché significa ributtare la gente in un inferno ancora peggiore, per-ché provocherà un oceano di disperazione del quale siamo complici e armerà ancor meglio i fondamen-talisti. Perché chi semina vento raccoglie tempesta.Siamo proprio certi che un corridoio umanitario, organizzato con filtri, ‘pettinato’ dai servizi di intel-ligence, con sbocchi per le famiglie in esilio costi complessivamente meno, a breve, medio e lungo ter-mine dell’ignobile pasticcio combinato da politici di scarso spessore?Ormai anche i sassi sanno che la catena odiosa che ci ha portato qui parte da lontano, addirittura dalla guerra per procura tra Usa e (allora) Urss in Afghani-stan. Con uno schema di gioco (armare i nemici dei nemici che sono nostri amici ma poi diventano nostri nemici) ripetuto ancora e ancora con l’unico risultato di destabilizzare aree vastissime e ricche di petrolio e oppio, perdendo la capacità di circoscrivere i con-flitti e di guidare potenze regionali verso accordi e non verso contrapposizioni. L’Europa c’entra, attra-verso le miopi politiche di stati nazionali che hanno un nome. Non è la vittima degli errori altrui ma della sua incapacità, per avidità contrapposte, a diventare compiutamente Europa e a onorare nei fatti i valori di libertà, protezione sociale, economia di mercato con

regole, di cui si riempie la bocca. Con il risultato di un prestigio mondiale sempre più basso. Detto questo, la persona comune, che non ha sta-tus o professionalità importanti, che cerca di vivere decentemente e che ha i suoi privati guai, sente cre-scere la sensazione di impotenza, combatte con la paura e l’istinto di tirar su muri, fosse solo il muretto intorno al suo orto così faticosamente coltivato.Cosa possiamo fare contro il male? Contro il mondo che si ‘sbraga’ da ogni parte come una stoffa lisa. C’è qualcosa che tutti possiamo fare che non sia collega-ta al denaro in tasca, all’età, al sesso, alle capacità? Cioè a condizioni contingenti, a parzialità della for-tuna, al caso?Di fronte al mondo che si sbraga, tutti possiamo ram-mendare quello che vediamo disfarsi davanti a noi. Rammendi piccoli, ma continui. Il rammendo come stile di vita. Non perché sono ‘buono’ ma perché questo va fatto. Rammendo è evitare di creare e cre-arsi dolore inutile, è chiudere i buchi di risentimento e paura appena si aprono. È non rifiutare un gesto di interessamento. Si è sempre fatto. Sì, ma per motivi morali, perché ti insegnavano che dovevi essere buono per andare in Paradiso. Il punto è invece che su un pianeta di sette miliardi e mezzo di abitanti che si spostano conti-nuamente, il rammendo serve alla convivenza, se no è l’inferno subito.L’alternativa è quello che vediamo venire avanti. Il rammendo serve a liberare energie bloccate in que-stioni meschine e risentimenti inutili. Le energie cir-colano. Non tutti svolgeranno poi gli stessi compiti, i doveri sono diversi secondo le condizioni personali, ma l’atmosfera sarà meno pesante, più aperta alla speranza e sosterrà tutti.Costruire ponti non significa tirarsi in casa i terroristi. Significa sgombrare il campo da ciò che intralcia la visuale dei problemi veri e ragionare su come reali-sticamente ridurli, sapendo e accettando che non sa-ranno mai risolti del tutto, perché il cuore dell’uomo è quel che è. Ma un conto è governare le situazioni, un conto la-sciar crescere l’esasperazione e la disperazione che fanno esplodere il male.E intanto meno persone abiteranno nel fango, meno bambini affogheranno o moriranno davanti alla no-stra porta. In fondo il samaritano non ha curato tutti. Ha curato quello in cui è inciampato. Magari avrebbe fatto volentieri a meno dell’impiccio. Però non ha gi-rato la testa, ha rivisto la sua scala di priorità: salvare una vita era più importante dei suoi affari.

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Calendario LITURGICO - PASTORALE

Maggio 2016DOMENICA 16° di Pasqua

Ore 15.30 Ritiro per i bambini e genitori della Prima ComunioneOre 20.30 Recita del Rosario nella Chiesa delle Suore Orsoline

LUNEDÌ 2 Ore 20.45 Circolo di R-esistenza: incontro sull’enciclica “Laudato si”

MARTEDÌ 3 Ore 9.30 Riunione Centro Primo AscoltoOre 17.00 Riunione EurosolidaleOre 20.30 Rosario in via Meucci

MERCOLEDÌ 4 VISITA VICARIALE DEL VESCOVO FRANCESCO In mattinata incontro con i sacerdoti del vicariato a S. PaoloDalle ore 18.00 a Colognola il Vescovo incontra tutti i volontari impegnati in attività caritative o di servizio al territorio

GIOVEDÌ 5 Ore 20.45 Convocazione del Consiglio Pastorale Parrocchiale

VENERDÌ 6 Ore 16.30 Lectio divina

DOMENICA 8ASCENSIONE

Ore 15.00 Celebrazione delle Prime ConfessioniOre 17.00 Catechesi familiare

MARTEDÌ 10 Ore 20.30 Rosario in Piazza Varsavia

MERCOLEDÌ 11 Ore 20.30 Incontro “Fumo, alcol e droghe. I pericoli per l’adolescente.Organizzato da USD Loreto

SABATO 14 Ore 15.00 Confessione per bambini della Prima Comunione e genitori

DOMENICA 15PENTECOSTE

Ore 11.00 Messa di Prima ComunioneOre 18.30 Messa con Amministrazione della Cresima a giovani e adulti

LUNEDÌ 16 Ore 20.45 Circolo di R-esistenza: incontro sull’enciclica “Laudato si”

MARTEDÌ 17 Ore 16.40 Riunione Azione CattolicaOre 20.30 Rosario in via XXIV Maggio

SABATO 21 Ore 16.00 ASSEMBLEA PARROCCHIALE di chiusura anno pastoraleOre 21.00 ELEVAZIONE MUSICALE (vedi pag. 5)

DOMENICA 22S.S. TRINITA’

Ore 11.00 Messa di chiusura anno catechistico

MARTEDÌ 24 Ore 20.30 Rosario in via Coghetti

SABATO 28 Ore 14.00 Ritrovo per pellegrinaggio ad ARDESIOOre 21.00 Serata con Coro alpini per celebrare i 100 anni della grande guer-ra (vedi pag. 33)

DOMENICA 29CORPUS DOMINI

Ore 11.00 Festa della terza e quarta etàOre 16.00 Battesimi

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DA VENERDÌ 1 LUGLIOsarà in distribuzione il prossimo numero

del bollettino parrocchiale.

Il materiale da pubblicare va consegnato

entro MERCOLEDÌ 15 GIUGNOinviandolo all’indirizzo di posta elettroni-

ca [email protected]

Giugno 2016VENERDÌ 3 Ore 16.30 Lectio divina

DOMENICA 5 Ore 11.00 Messa con Battesimi

LUNEDÌ 6 Chiusura corso di italiano per stranieri

SABATO 11 Gita - pellegrinaggio al Sacro Monte di Varese

DOMENICA 12 Ore 11.00 Messa con mandato agli animatori CRE

LUNEDÌ 13 Inizio CRE 2016

DOMENICA 26 Ore 16.00 Battesimi

Partecipanti al Pellegrinaggio a Bozzolo e Cremona

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19VITA DELLA COMUNITÀ

LO SPUNTINO DI DON LUCIANO

Cavalcando il nostro natural destino... Ogni giorno la natura dentro e at-torno a noi ci riserva un’avventura: quella di affrontare la vita, nel-le gioie e nei dolori, nelle fatiche e nelle speranze, nel bene e nel male, ma sempre con lo spirito del-la realtà per quello che è. Affron-tare quello che siamo e quello che c’è in ballo attorno a noi ci rende veri, vivi, vivaci e atti a rinnovarci, al di là del tempo bello o brutto, o dell’età che avanza o meno. Chi ac-coglie la realtà con naturalità vive l’avventura della propria vita con tutto se stesso, mantenendo intat-ta la propria identità, che non sarà mai succube né delle delusioni né delle illusioni. Abbiamo bisogno di naturalizzare - cosa che invece il mondo ci porta a neutralizzare - la nostra mente, il nostro cuore e la nostra anima, per essere in sintonia di confronto con noi stessi, con gli altri e con il mondo. Che le cose va-dano come vadano, non possiamo farci niente, noi, semplici formiche nel caos atomico dell’universo. Ma

possiamo, in ogni caso favorevole o contrario, essere noi stessi. E que-sto ci fa guadagnare ciò che la logi-ca del mondo di oggi ci fa perdere di vista: la naturalità di quello che siamo, e di ciò che è in naturalez-za la realtà, sia buona che cattiva. Ma se noi siamo noi stessi, caval-cheremo l’avventura del destino fa-vorevole o avverso con il destriero della nostra umanità, della nostra coscienza, della nostra identità, che non solo non verranno meno, ma si accresceranno anche con le prove. Ogni giorno avremo strumenti nuo-vi, segni nuovi, occasioni nuove, incontri nuovi... sì, ma solo a patto che sappiamo seguire la natura del-le realtà che si rinnova, cavalcando il nostro naturale destino. Una per-sona ammalata può essere capace, accettando la natura del suo percor-so di vita, non solo di rinnovare se stessa, ma anche il mondo attorno, con l’esempio di vita, creando lega-mi di armonia, di confronto vivo e sanguigno; cose che spesso chi sta in salute apparente dimentica e non coglie nel suo percorso, decaden-do così nella vera grave malattia: quella dell’anima, del non senso, della depressione, della fretta, del pessimismo, dell’incapacità al con-fronto. Le persone ferite accolgo-

no e emanano spesso più energia, perché sono condotte dal destino in modo più vicino alla natura delle realtà. Ecco perché non dobbiamo mai avere paura dell’avventura del-la vita, anche quando sembra con-traria: lì siamo chiamati a condur-re meglio il destriero della nostra vita, a essere buoni combattenti non contro l’altro o il mondo, ma contro ciò che ci impedisce di es-sere veramente e sinceramente noi stessi, nella nostra identità natura-le, sconfiggendo tutte quelle artifi-ciosità che incontriamo sul nostro cammino, per vincere ogni giorno la tenebra, l’ipocrisia, l’apparenza, il potere della prepotenza, la falsità, ed essere gioiosi avventurieri che cavalcano il proprio natural destino in tutto quello che la vita ci dà.

ANAGRAFE PARROCCHIALEBATTESIMI

FORTUNATI MANFREDO di Roberto e Grosso RosaMILANI GIULIA di Cristian e Vultaggio EleonoraROSSI FILIPPO di Alessandro e Bove Elena

COCA BRYAN ALBERTO di Juan e Altamirano JudithRIVA GIORGIA di Roberto e Gamba Marina

DEFUNTI

MAIORANA MARIA GRAZIA in Quintini il 2 marzoAGOSTINI MARIA GIOVANNA in Ferrari il 23 marzoFOIADELLI ANNA ved. Milani il 27 marzoGATTI EVELINA ved. Poggi il 29 marzo

PEVERADA FIORELLA in Melizza il 1 aprileALFIERI GIUSEPPA il 9 aprileBUZZI LUIGI il 12 aprileBRONDONI GINO il 21 aprile

MATRIMONI

GUERINI WALTER e CAPPELLO ANGELA LAURA il 16 aprileMISKUF ROBERT e TORCOLI FEDERICA il 23 aprile

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Con una storia che nasce cinquant’anni fa, caratterizzando da diverse generazioni l’estate dei più piccoli, il Cregrest raccon-

ta la profonda volontà che le comunità cristiane rivolgono nell’at-tenzione e nella cura verso i bambini ed i ragazzi, facendo na-scere la possibilità di educare i più piccoli a creare relazioni vere

d’amicizia e di fiducia. Sperimentando i valori della gratuità, del servizio, della testimonianza, le comunità, quella piccola del Cregrest

insieme a quella più grande della Parrocchia, vivono con forza la grande dimensione della Fede e della preghiera. Per quest’estate la direzione è

indicata, il viaggio da compiere passa proprio “Perdiqua”. Il Cregrest vuole essere un viaggio di comunità, un incontro tra generazioni che camminano

insieme con il sogno di rendere la quotidianità un luogo di stupore e speranza, un’occasione di incontro nelle differenze e una rete di relazioni significative. Mettersi in cammino richiede preparazione ed equipaggiamento adeguato: un

desiderio capace di smuoverci, il coraggio di scegliere, la capacità di fidarsi e di affidarsi, la voglia di conoscere e la disponibilità a cambiare. “Perdiqua” sarà la

via per ricordarci che essere sognatori aiuta a superare gli ostacoli e dà la forza per procedere con fiducia verso il futuro; “Perdiqua” sarà la strada per scoprirci tutti stra-

nieri bisognosi dell’altro; “Perdiqua” sarà itinerario alla ricerca di un luogo nel quale sentirsi a casa ed essere di casa; infine, “Perdiqua” sarà viaggio quotidiano verso quell’Amore che si fa

nostro compagno di viaggio, passo dopo passo, e si prende cura di ciascuno. Il CRE 2016 inizierà lunedì 13 giugno e durerà per cinque settimane, fino a venerdì 15 luglio. Questa scelta è stata fatta per cercare di venire sempre più incontro alle esigenze delle famiglie che cercano a chi affidare i propri ragazzi nel periodo estivo. Sappiamo che una settimana in più non è che una goccia nel mare, ma speriamo possa essere visto come un segno di interesse e di vicinanza della Comunità di Loreto verso le famiglie che ne fanno parte.

Tutte le informazioni riguardanti il CRE (costi, mensa, gite, attività...) potrete trovarle, a partire da lunedì 2 maggio presso la segreteria dell’o-ratorio oppure sul nostro sito internet.

don Gianpaolo

CRE 2016 PERDIQUA

Perché fare l’animatore/trice al CRE?Ciao! Sono Fatima, ho 17 anni e questo sarà il mio terzo anno come animatrice del CRE. Il CRE, per chi non lo sapesse, significa centro ricreativo estivo, si tratta di attività estive destinate ai bambini e organizzato dall’oratorio con l’aiuto di tanti giovani ragazzi.Come anticipato prima è ormai già da qualche anno che frequento

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“Qualche ragazzo potrebbe incontrare te sulla sua strada, e potresti cambiarlo, e lui potrebbe cambiare te...”

H o il piacere, da qualche anno, di accompagnare alcuni ra-

gazzi della nostra parrocchia nel percorso adolescenti, in gergo “Gruppo Ado” o semplicemente “Gruppo”.Con altri due animatori, seguo da ottobre i ragazzi di seconda me-dia che il “Gruppo” lo hanno ini-ziato per la prima volta. Una de-finizione? Difficile darne una che sia esaustiva e che tenga presen-te delle dinamiche, delle emozio-ni e dei pensieri che scaturiscono da ogni incontro, ma vi sono due termini che credo si avvicinino maggiormente a tutto ciò, e sono ‘arricchimento’ e ‘crescita’. Entrambi, prima di tutto di se stessi rapportati però agli altri, ai quali tu dai qualcosa, e dai quali al contempo ricevi altrettanto. Ar-ricchimento e crescita che nasco-no dall’incontro di pensieri, idee, esperienze differenti che ven-gono messe in comune e quindi condivise. Non c’è che dire: io cresco. Cresco a ogni incontro, anche quando non me ne rendo conto e anche quando mi chiedo “ma sarà passato il messaggio?”,

“avranno capito quello si voleva trasmettere?”. Perché cammin facendo, ti accorgi che loro, i ra-gazzi, sanno andare anche più a fondo di quanto avresti immagi-nato, e allora sorridi perché loro sono gli adulti di domani. A seconda dell’età, vengono af-frontate diverse tematiche che di volta in volta sono sviscerate attraverso modalità differenti, ed è sorprendente vedere come nel-la maggior parte dei casi siano i ragazzi stessi a suggerire gli ‘in-gredienti’. Compito degli anima-tori è munirsi di un contenitore e di un mestolo adeguati, impa-stare il tutto, aggiungere quel pizzico di sale necessario e far assaggiare loro il risultato: è un bellissimo scambio di gu-sti e sapori e in questo, ognuno fa la sua parte. Tu dedichi par-te del tuo tem-po a loro, e loro si affidano a te ponendo fiducia

(a volte anche inconsciamente) nelle proposte che ricevono. Dico questo perché anche io, come i nostri ragazzi, sono stata “dall’al-tra parte” e ancora oggi, quando incontro i miei animatori di allo-ra, gli sguardi che si incrociano sono pieni di gratitudine l’uno per l’altro e di quella consapevolezza di ‘esserci stati’, reciprocamente. Mi piace pensare che ogni incon-tro sia occasione di rinascita, e che a ogni rinascita segua una crescita: mia, loro, nostra.

Claudia

GRUPPI ADO

il CRE come animatrice e da questa esperienza è nata in me la voglia di mettermi in gioco, assumermi qualche responsabilità e di vedere se sono capace di diventare un elemento propositivo per i ragazzi che mi verranno affidati. Certo per questo non serve solo la buona volontà, ma anche una buona preparazione: un percorso che darà ad ognuno di noi la possibilità di sperimentarci nei diversi ambiti e di comprendere il ruolo educativo dell’animatore. Il gioco inteso come sport nella nostra società sta producendo modelli di riferimento esageratamente competitivi, assumendo spesso toni legati al confronto e all’antagonismo.Nel CRE un ruolo fondamentale lo assume il gioco (purché con qualche regola, ma sempre nella dimensio-ne di svago) poiché giocare sviluppa la creatività ed è il contesto ideale per l’apprendimento e la crescita. Esso infatti aiuta ad accettare le regole, a capire le proprie potenzialità e insegna a stare con gli altri. È in questo senso che l’animatore/trice assume il compito di regia educativa.Inoltre devo dire che è gratificante essere riconosciuta dai bambini come modello di riferimento, come una figura capace di indirizzare i bambini, ma che allo stesso tempo sia capace di giocare e divertire. In tutto questo trovo risposta ai miei perché e capisco quanto sia bello e importante essere animatrice al CRE.

Fatima

21VITA DELLA COMUNITÀ

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22 Comunità di Loreto

P arole che non sceglierei per far fare salti di gioia a dei bambini di 10 anni.

... eppure domenica 28 febbraio per i bambini di 5a elementare è stata una piacevole giornata, il tempo è volato tra le mura del museo diocesano Bernareggi per il ritiro che ogni anno siamo chiamati a vivere durante la Quaresima.

Nemmeno il tempo ci ha sorriso quella mattina, pre-viste piogge torrenziali! Per cui abbiamo riservato un autobus dell’ATB per arrivare dall’oratorio di Loreto a Via Pignolo tutti insieme: ragazzi, genitori, catechisti e il don. Lasciati i genitori e il don ad un breve momento di confronto (seguito da visita al museo e pausa caffè),

Una mattina al museoRITIRO >> QUARESIMA >> MUSEO

... e sono passati già due anni! Sembra ieri quando è iniziato il percorso dei bambini che il pros-simo 15 maggio riceveranno la loro Prima Comunione. Io mi ci sono trovata, in questo percorso, quasi per caso, dopo aver accol-to, non senza un po’ di timore, la richiesta da parte di Don Gianpa-olo a dare il mio contributo come catechista nella Comunità Parroc-chiale. Con me ha iniziato questo cammino anche Elena, la piccola del gruppo, infatti, ha compiuto da poco diciotto anni. Con lei mi sono spesso confrontata per poter guardare i vari incontri con occhi “giovani”, per non sbagliare ap-proccio verso quei bambini che ti ascoltano, che ti fanno domande alle quali devi rispondere sempre con sincerità, ma anche con mol-ta prudenza per non confondere le idee, per far capire le cose nel modo migliore. Devo ammette-re che non è stato un percorso sempre facile, soprattutto per chi, come noi due, era alla prima esperienza di questo genere. Per fortuna in questi due anni abbia-mo avuto degli ottimi “maestri” a farci da guida: Andrea Robert lo scorso anno, quello della Pri-ma Confessione, ed Elena Butti quest’anno di Prima Comunione. Grazie a loro il percorso è stato agevolato: ci hanno preparato la

strada con le loro indicazioni, i loro suggerimenti, la loro espe-rienza. Il rapporto che si è instau-rato con i bambini è bellissimo. Loro ti vogliono bene a prescinde-re, sia che tu sia una catechista espertissima, sia che tu sia prin-cipiante. Condividere con loro la preparazione dei periodi impor-tanti dell’Anno Liturgico, dei ritiri con i momenti di preghiera, ma anche di gioco e di laboratori, è stato gratificante ed emozionan-te. Ci sono stati pomeriggi tran-quilli, altri un po’ più agitati; ab-biamo ascoltato la loro voglia di raccontarci i loro attimi divertenti e pure quelli più tristi, come la partenza definitiva per le Filippi-ne di Chelsey, una bimba dolcis-

sima del nostro gruppo. Vedere questi ragazzini crescere nella consapevolezza di quello che ri-ceveranno nella loro Prima Co-munione, sentirli sicuri che Gesù sarà con loro e li accompagnerà nel loro cammino, cancellano tut-te le incertezze e le paure avute nell’affrontare questo percorso. Ormai mancano poche settimane al Grande Incontro, già siamo in fermento per preparare al meglio la cerimonia, ma quello che non dobbiamo dimenticare è di guar-dare a questi bambini come una bellissima risorsa per la nostra Comunità, come una fonte di Gio-ia e Luce: la Luce di Gesù che si riflette nei loro volti.

Angela ed Elena

PRIMA COMUNIONE 2016

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Il 19 marzo scorso più di mille giovani ed adolescen-ti bergamaschi si sono dati appuntamento presso il quartiere della Celadina per celebrare insieme il Giubileo della misericordia. È stato un momento di riflessione, preghiera e cammino condivisi suddivi-so in tre tappe. Nella prima, dedicata al problema del lavoro (giovani per il lavoro, lavoro per i giovani) e svoltasi all’interno del mercato ortofrutticolo, una giovane ha dato testimonianza della sua esperienza personale. Con poche parole ci ha raccontato dei suoi viaggi, delle sfide vissute, delle scelte non sempre fa-cili e dei compromessi che alla fine l’hanno riportata in Italia: non come ripiego, ma nella speranza e con il desiderio di poter vivere e lavorare nella terra che l’ha vista nascere. La seconda tappa, preceduta da un breve cammino accompagnato dal canto o dalla riflessione silenziosa, è stato il momento più diffici-le e toccante della serata: per mettere in pratica in modo concreto la Misericordia cui il giubileo è de-dicato, tutti i giovani si sono recati all’interno della casa circondariale di via monte Gleno, per fare visita ai detenuti che soggiornano presso questa struttura. Dopo aver ascoltato la testimonianza di due ergasto-lani, che hanno cercato di far comprendere alla folla di ragazzi il dolore causato dai loro gesti, la loro con-trizione ed il loro bisogno di umanità anche, se non soprattutto, nella difficile situazione in cui si trovano. Prima di continuare il cammino e lasciare l’edificio, il vescovo ha invitato tutti i presenti a voltarsi pres-

i ragazzi con i catechisti sono stati accolti da due giovani guide: Simone e Angela. L’ambiente è infor-male, da laboratorio, i ragazzi si siedono per terra. Il percorso inizia in una stanza buia, cercando di leg-gere con le dita delle brevi frasi del Vangelo della Mi-sericordia incise su delle tavolette di rame; il buio ci invita naturalmente al silenzio e l’attività all’ascolto. Simone commenta brevemente i messaggi evangelici “decifrati” e introduce il tema dell’incontro, facen-doci passare dall’oscurità del locale ad un bagno di splendidi colori delle diapositive proiettate sulle pa-reti ... VANGELO DI LUCE. Vetrate di chiese dal 600 fino all’arte contemporanea, opere d’arte stupende. I colori vivaci ed espressivi si proiettano sui visi dei ra-gazzi, illuminano le loro espressioni incantate, fanno viaggiare con la fantasia e ci trasmettono sensazioni e sentimenti che hanno animato gli artisti nelle loro creazioni. Simone ci guida in modo naturale e spon-taneo in una vera lezione di storia dell’arte e insieme

in una riflessione sui Vangeli. I ragazzi lo seguono: qualcuno ha visitato quella chiesa e si ricorda i colori o le scene di quella vetrata, altri esprimono le loro preferenze, altri un loro pensiero...Poi i ragazzi i dividono in due gruppi e inizia il loro laboratorio e la produzione delle loro “vetrate”: prima in piccoli gruppi cercano di rappresentare un episo-dio di misericordia del Vangelo, esprimendosi soprat-tutto con arte astratta e semplice uso dei colori. Poi da soli producono le loro piccole vetrate, rappresen-tano le opere di misericordia: dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, visitare i carcerati, ve-stire gli ignudi. A volte è bello stare solo a guardare, osservarli mentre lavorano. Le loro mani che creano; come si mettono in gioco nei piccoli gruppi oppure da soli. Prima smarriti davanti ad una richiesta ma-gari inaspettata, poi pienamente coinvolti in quello che fanno. È inutile commentare vi invitiamo ad os-servare i nostri ragazzi e i loro lavori ... troppo belli!

23VITA DELLA COMUNITÀ

GIUBILEO DEI GIOVANI

so i detenuti che si affollavano alle finestre sul cortile e a recitare insieme con loro, con semplicità, una pre-ghiera. La terza tappa si è svolta infine nella chiesa della Celadina, affollatis-sima per il gran numero di per-sone, dove il vescovo ancora una volta si è rivolto ai giovani della Diocesi proponendo una sua riflessione sulla Misericordia. Si è poi congedato augurando un buon cammino a tutti coloro che questa estate parteciperanno alla Gior-nata Mondiale della Gioventù con papa Francesco a Cracovia. La serata si è dunque conclusa e l’assem-blea dei partecipanti si è sciolta dopo un momento finale di preghiera, con l’augurio di portare all’inter-no di tutte le comunità dei partecipanti il segno ed il ricordo del gesto di misericordia vissuto insieme.

F.R.

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UN GIORNO AL JAMBOREEAl Jamboree non c’era una vera e propria routine quotidia-na. Certo avevamo degli orari più o meno fissi per mangiare, cominciare e terminare le attività e per andare a letto ma, nonostante questo, ogni giornata era totalmente diversa da quella precedente.Il giorno era suddiviso così: alle 5:30 del mattino apriva il tendone cambusa, uno per sottocampo, per distribuire la co-lazione e il pranzo, quindi per essere lì puntuali ed evitare un’ora di coda, gli incaricati di ogni reparto si svegliavano più o meno alle 5:00.Mentre il resto del reparto si alzava mezzora dopo; e mangia-vamo intorno alle 6:30. Dopo colazione e una veloce pulizia dell’angolo, si entrava nel vivo della giornata. Ogni giorno

era caratterizzato da un’attività che occupava o la mattina o il pome-riggio, anche se in alcuni casi era previsto tutto il giorno. Se l’attività occupava solo la mattina, si cominciava con orari variabili a seconda del posto da raggiungere, che poteva essere nel sito del Jamboree o a 2 ore di pullman. Una volta finita l’attività che terminava più o meno dopo il pranzo, tornavamo al campo e, ci veniva dato del tempo libero nel quale potevamo girare, conoscere nuove persone o andare a fare altre attività facoltative organizzate dal jami. C’era per esempio un’area chiamata WOSM, dove ogni nazione aveva uno stand all’interno del quale presentava la sua cultura e chi voleva poteva andare lì, girare, immergersi in nuove culture e conoscere nuove persone. Alle 17:30 si andava a ritirare la cena e per le 20:00

avevamo finito di mangiare e, salvo cerimonie nell’arena, avevamo un paio d’ore per andare a trovare i nuovi amici conosciuti durante la giornata. Alle 22:30 dovevamo “andare a letto” per ricaricarci per la nuova giornata. La mattina quando mi svegliavo sentivo un brivido lungo la schiena, lo sentivo appena guardavo fuori dal mio sotto-campo e vedevo tutti gli scout intenti a preparare il pasto per cominciare la giornata. Uscito dal campo vedevo in ogni persona di ogni nazionalità un sor-riso preceduto da un saluto qualunque. Quei sorrisi mi ricordavano cos’era la

vita e per cosa viene vissuta. Per la felicità nei cuori di tutti. La sera era vissuta di squadriglia e ogni parola provocava un sorriso sulle mie labbra. Venivano urlati cin cin per diversi brindisi nonostante in Giappone fosse una “terribile” parola. La sera rimanevo a parlare con il mio compagno di tenda fino a tardi. Le sue parole ormai sembrano lontane ma il ricordo le rinvigorisce in ogni momento. I miei sandali in cuoio camminavano dove ogni nazionalità camminava, le mie mani toccavano i distintivi ricamati che ogni nazionalità aveva toccato, la mia voce arrivava alle orecchie di persone di ogni nazionalità e le mie orecchie sentivano quello che ogni nazionalità sentiva. Caro lettore io vorrei solo che tenessi a mente un piccolo insegnamento: il jamboree non è una cosa puramente fisica, ma è nel cuore di ognuno di noi, il jamboree non è un raduno che si fa ogni quattro anni, il jamboree non dura due settimane; jamboree è essere in contatto con le persone che ti stanno attorno è essere presenti a se stessi. Il jamboree è la vita.

Andrea Brevi - Reparto Dracus BG 5°

24 Comunità di Loreto

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25VITA DELLA COMUNITÀ

IL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE Reagire Insieme alle Fragilità

“Donne e uomini capaci di carità” è il titolo della lettera pastorale di quest’anno, scritta dal nostro

Vescovo Francesco. Un tema amplissimo, ricco di spun-ti, ma anche difficile da sviscerare e da comprendere a pieno. È proprio questo che il Consiglio Pastorale Par-rocchiale cerca di fare durante parte degli incontri: si confronta cercando di assimilare qualcosa in più di que-sto argomento, guidato dalla lettera del Vescovo. Nella scorsa riunione, l’approfondimento è partito dal termine Fragilità, un ramo della carità che vogliamo analizzare, rendere nostro, ma soprattutto contestualiz-zarlo nella nostra parrocchia e, perché no, nella nostra Bergamo. Diverse sono le sfaccettature della fragilità: materiali, psicologiche e spirituali. Fragilità che si riper-cuotono sulla salute, sulla serenità personale e sociale. Tutte situazioni che potremmo definire di precarietà, che riescono ad incidere profondamente nell’animo e nelle speranze di chi le subisce. Nei mesi scorsi abbia-mo vissuto delle fragilità anche a livello europeo. Una sensazione dura, sgradevole e inquietante quella di sen-tirsi deboli, inutili o disorientati di fronte a un qualcosa d’inatteso come una bomba, che uccide decine di inno-centi mettendo in crisi Bruxelles o come una sparatoria nel bel mezzo di un concerto a Parigi. Ci sentiamo fragili e scoraggiati di fronte a questi vili attacchi terroristici. Anche non avendoli vissuti in prima persona, un brivido scorre nel nostro corpo. Nelle nostre menti sovrappo-niamo la faccia dei nostri amici, figli, nipoti, colleghi o fratelli ai volti delle vittime e ci riteniamo fortunati di non essere coinvolti. Fortunati di non essere quel padre in fuga dalla Siria e dalla guerra, sopravvissuto alla mo-glie e ai due figli. Aylan, uno di loro, un bimbo di 3 anni che tutti abbiamo visto in foto, disteso senza vita sulla spiaggia di Bodrum in Turchia. L’immigrazione è un altro tema affrontato dal Consiglio che ci fa riflettere analogamente. Anch’esso, infatti, è portatore di fragilità. Un fenomeno che esiste, che ci circonda, al quale non possiamo voltare le spalle. So-prattutto se siamo di Loreto dove la presenza di migranti è più alta che in altri quartieri e in questo periodo anche di 6 giovani nigeriani richiedenti asilo. A volte ci capita di pensare a come sarebbe la nostra vita se la sovrappo-nessimo a quella di un richiedente asilo. Nel dicembre 2015 abbiamo condiviso una giornata insieme a loro e abbiamo avuto l’occasione di conoscerne alcuni, ascol-tando le loro storie curiosi e, in alcuni tratti nauseati e increduli. Papa Francesco ci provoca, dicendoci che bisogna avere una visione diversa del povero e della per-sona nella sua fragilità. Bisogna comprenderla. Sebbene sappiamo che sia complicato e a volte impossibile, cre-diamo che l’unica via d’uscita dalla fragilità sia quella di reagire. Chiaramente, chiedere di reagire ad una ragazza di strada, ingannata da persone fidate nel paese dalla quale proviene e costretta a prostituirsi, non è una cosa semplice. La paura di disobbedire, rischiando di perdere la sua famiglia la tormenta. È proprio qui che noi fortunati, che non ci riteniamo

coinvolti, dobbiamo intervenire. Oggi sono 1.397 i mi-granti richiedenti asilo in diocesi di Bergamo.Quasi tutti accolti in strutture diocesane o dalle parrocchie. Ognu-no con una sua storia e una sua fragilità. Ogni parroc-chia ha il compito di creare un vero e proprio progetto d’Accoglienza, altro termine sul quale il consiglio s’è confrontato parecchio durante le riunioni scorse e uno dei criteri della carità che il Vescovo ritiene tra i più importanti. Un’accoglienza che a Loreto esiste, basta pensare alle realtà come la Scuola d’italiano, il Centro di Primo Ascolto, la conferenza San Vincenzo o le proposte rivolte ai giovani. Assunta, membro dell’EuroSolidale ci racconta di come nell’aprile del 2002, un piccolo gruppo di volontari, de-cise di aderire alle proposte del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere), ritagliando una piccola quota del loro budget familiare destinato alla solidarietà, costruendo così negli anni una vera e propria ‘rete di solidarietà’. Con il passare degli anni si sono concretizzati parecchi progetti mirati e lo sguardo dei volontari si è davvero aperto sul mondo: Bolivia, India, Malawi, Haiti, Terra Santa, Uganda, Romania e altri ancora. Dalla Casa della Tenerezza, che accoglie ragazzi in difficoltà in Bangla-desh alla missione in Kikwit, Zaire, dov’è stato realizzato un pozzo per l’acqua potabile. Ascoltando le sue parole, come quelle di Tatiana, volontaria al Centro di Primo Ascolto, ci rendiamo conto di come davvero l’accoglien-za nel nostro quartiere sia viva e germogli attraverso queste diverse realtà silenziose. Prima di entrare a far parte del consiglio non ne co-noscevo nessuna, se non per sentito dire. Ci si sente sollevati nello scoprire quanti valori vengano condivisi tra ognuna di esse. Uno tra tanti è quello della testi-monianza, che mi appartiene e che penso debba essere costante, continua e quotidiana. Non solo un’adesione a dei valori ma un legame con una persona (che sia un richiedente asilo o un padre in difficoltà) con la quale camminare e condividere le proprie fragilità, cercando di combatterle reagendo insieme. Ci vuole pazienza ma soprattutto coraggio per decidere di essere coinvolti, e credo che ognuno di noi abbia il dovere morale di met-tersi in gioco per il bene comune.

Ivan

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26 Comunità di Loreto

“Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il

mistero della fede cristiana sem-bra trovare in questa parola la sua sintesi”Proprio “Misericordiae vultus” è il titolo che Papa Francesco ha dato alla bolla di indizione del Giubileo Straordinario.Il Sommo Pontefice ci indica la strada con sollecita premura: “apriamo i nostri occhi per guarda-re le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza dell’a-micizia della fraternità”.Compendio significativo il titolo dell’itinerario quaresimale propo-sto alla nostra Comunità “I volti della misericordia”, per accostarci alla celebrazione Giubilare svoltasi in Cattedrale il 2 aprile e per gusta-re un primo assaggio del tema della misericordia.Come dimenticare il volto sorriden-te di Giulia Gabrieli che abbiamo conosciuto attraverso il video pre-sentato dai suoi genitori realizzato durante la malattia che l’ha con-dotta alla morte? Dal video Giulia ci guarda con gli occhi piedi di LUCE, ci sorprende, ci lascia senza fiato:

nonostante le incertezze, le paure, la sofferenza, affronta la “prova” con serenità. Fa progetti per il fu-turo, crede nei suoi sogni come una qualsiasi adolescente della sua età, perché confida nell’aiuto del Si-gnore, si sente protetta, amata da LUI, accolta tra le Sue braccia.E che dire del volto di un migrante, che incontriamo la seconda serata, Kofi Evans Billa Appiah, nativo del Ghana, e residente a Bergamo da qualche anno, alla ricerca del suo “Abrokyre - l’Altrove” l’ignoto im-maginario per sfuggire alla fame, alla miseria, alla sopraffazione, per aspirare ad un futuro migliore. Gra-zie all’aiuto di Ines Soncini, che ha raccontato la sua storia in un libro, che ha dato voce alle sue emozio-ni ed ai suoi vissuti e al sostegno dell’Associazione “la fabbrica dei sogni” Kofi (è il suo nome in dia-letto ashanti che significa venerdì) ha trovato lavoro, si è laureato, ha riallacciato i legami con la terra di origine. Ha raggiunto forse il suo “altrove”, ma senza dubbio ha im-parato che il costruirsi giorno dopo giorno richiede fiducia nelle pro-prie capacità, impegno, determina-zione, pazienza.Nella terza serata in concomitanza con la “Cena del povero” incon-triamo il volto dell’Africa, questo continente dalla natura lussureg-giante, ma martoriato dalle guerre, tormentato dai conflitti sociali, ric-co di risorse naturali ed ambientali, ma preda di interessi senza scru-poli.Mauro e Rosita, innamorati dell’at-mosfera e della cordialità afri-cana, ci raccontano l’esperienza vissuta nel villaggio di NANCHOLI (55.000 mila abitanti) in Malawi. Ospiti di una famiglia locale, han-

no passato una settimana a con-tatto con le problematiche della popolazione: povertà estrema al limite della sopravvivenza denutri-zione malattie soprattutto malaria e HIV. Tocchiamo con mano questa cruda realtà attraverso il collega-mento in diretta con Nancholi, ci parla il responsabile della associa-zione locate NAYO, costituita da volontari.Grazie alla traduzione simultanea di Mauro, l’infermiera preposta all’assistenza sanitaria (l’unica!) ci fa partecipi di una situazione incredibile: benché coadiuvata da alcuni volontari deve far fronte ad una mole di lavoro: curare i malati soprattutto di HIV, distribuire i far-maci, assistere le donne incinte, seguire i bambini spesso sieroposi-tivi. George ci fornisce ancora in-formazioni. L’altra esigenza priori-taria è garantire un minimo di cibo. L’organizzazione propone anche percorsi scolastici che consentono di uscire dalla voragine della mise-ria!! I bambini ci salutano e ci dico-no che hanno bisogno di SCUOLA, ma George aggiunge con un pizzico di ironia: “no, prima di CIBO”.Mauro e Rosita dichiarano entu-siasti che questa esperienza li ha arricchiti, li ha portati ad avere una diversa prospettiva di vita; hanno sperimentato la gioia di essere ac-colti, coinvolti, considerati parte della quotidianità di questa gente che offre con tutto il cuore quel poco che ha.Forte messaggio di condivisione fraterna di solidarietà! Lo stesso messaggio di comunione che ha fatto dire a Papa Francesco. “Dio ci stupisce, ma anche l’Africa ci stupisce”!

ASSUNTA

IL CAMMINO DI PREPARAZIONE ALLA CELEBRAZIONE GIUBILARE

I Volti Della Misericordia“Non siamo solo partoriti, ogni gesto d’amoreci rimette al mondo” (Paola Nepi)

Agape multietnicaLa scuola per adulti stranieri si concluderà il giorno 6 giu-gno 2016 alle ore 14 con un’AGAPE MULTIETNICA.La grande tavolata con variegate pietanze sarà la testimo-nianza di 17 etnie, tante sono state le nazioni di provenien-za dei frequentanti i corsi. È pur vero che alcuni provengono da fuori parrocchia, ma questa pluralità ci rende consapevoli di quanto la popolazio-ne straniera sia presente nella nostra comunità. A scuola si è creato un ambiente di accoglienza, sono ca-dute frontiere invisibili e paure immotivate, si sono sciolte le concentrazioni per etnie. La convivenza ci ha trovati in comunione in momenti lieti e in momenti tristi. Abbiamo gioito quando è nato Rayan: ecco un nuovo lauretano! Ab-biamo pianto quando è morta Laura, insieme abbiamo ricor-dato il suo sorriso, la sua forza, lei la forza l’aveva trovata nella fede. Aveva scritto: “En el nombre de Jesus mi vida esta en victoria”.Come non festeggiare Hamadie che ha visto confermare il suo permesso di soggiorno! Al contrario abbiamo consolato il profugo nigeriano che ha vista respinta in prima istanza la sua richiesta di rifugiato. Una comunione basata sul ri-spetto reciproco. Cosa c’entra l’apprendimento della lingua italiana? C’entra perché per ognuno degli alunni prima della nazionalità conta la persona e la persona ha bisogno di sfo-

garsi di raccontarsi, di farsi conoscere.Ma come può farlo se non ha gli stru-menti idonei? La scuola offre questi strumenti e come dice l’arabista e islamologo Cocci-

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Risposta... dall’AfricaGrazie. Forse può sembrare una parola banale, ma la gratitudine che esprime è profonda.In occasione della cena del povero la generosità della comunità di Loreto ha consentito di raccogliere 2800 euro, pari a circa due milioni di Kwacha Malawiani. Ciò non consentirà di risolvere tutti i problemi di Nancholi, ma in Malawi è una cifra importante, e permetterà di dare ai nostri amici la speranza in un domani migliore, anche grazie alla nostra amicizia. È già stato acquistato il generatore di corrente che assicurerà la conservazione dei medicinali, tanto preziosi per una popolazione afflitta da malattie terribili.Ecco la testimonianza di Emmanuel, uno dei bambini che hanno partecipato all’incontro.“...abbiamo ricevuto i vostri fondi, che serviranno per nutrire la popolazione e per l’acquisto di un gene-ratore. Siamo molto grati alla comunità di Loreto, la cui generosità è stata sorprendente. Aiuterà molto a sollevare il livello di vita delle persone più svantaggiate della comunità di Nancholi. Ci fa piacere chiedervi di organizzare un programma per il quale i giovani della vostra comunità possano visitare il nostro villaggio, e realizzare un programma musicale con i nostri giovani. Ancora una volta siamo grati al vostro cuore buono”.Da parte nostra speriamo che questo sia solo l’inizio di una amicizia e una sempre più profonda conoscenza tra queste due comunità tanto lontane, tanto diverse, eppure tanto fraternamente simili. Vi diamo appunta-mento al ... alle ore ..., quando effettueremo il prossimo collegamento video con i nostri nuovi fratelli.

Mauro e Rosita

27VITA DELLA COMUNITÀ

Agape multietnicaLa scuola per adulti stranieri si concluderà il giorno 6 giu-gno 2016 alle ore 14 con un’AGAPE MULTIETNICA.La grande tavolata con variegate pietanze sarà la testimo-nianza di 17 etnie, tante sono state le nazioni di provenien-za dei frequentanti i corsi. È pur vero che alcuni provengono da fuori parrocchia, ma questa pluralità ci rende consapevoli di quanto la popolazio-ne straniera sia presente nella nostra comunità. A scuola si è creato un ambiente di accoglienza, sono ca-dute frontiere invisibili e paure immotivate, si sono sciolte le concentrazioni per etnie. La convivenza ci ha trovati in comunione in momenti lieti e in momenti tristi. Abbiamo gioito quando è nato Rayan: ecco un nuovo lauretano! Ab-biamo pianto quando è morta Laura, insieme abbiamo ricor-dato il suo sorriso, la sua forza, lei la forza l’aveva trovata nella fede. Aveva scritto: “En el nombre de Jesus mi vida esta en victoria”.Come non festeggiare Hamadie che ha visto confermare il suo permesso di soggiorno! Al contrario abbiamo consolato il profugo nigeriano che ha vista respinta in prima istanza la sua richiesta di rifugiato. Una comunione basata sul ri-spetto reciproco. Cosa c’entra l’apprendimento della lingua italiana? C’entra perché per ognuno degli alunni prima della nazionalità conta la persona e la persona ha bisogno di sfo-

garsi di raccontarsi, di farsi conoscere.Ma come può farlo se non ha gli stru-menti idonei? La scuola offre questi strumenti e come dice l’arabista e islamologo Cocci-

niello dell’Università Cattolica di Milano: “...occorrono gli strumenti per elaborare le esperienze, perché all’incontro segue un dopo e non si possono costruire solo occasioni folcloristiche d’incontro...”. Forse il rifugiato se avesse avu-to maggiore padronanza della nostra lingua avrebbe avuto modo di far meglio comprendere le motivazioni della sua richiesta. Non si fugge solo dalla guerra, ma anche dalle ingiustizie sociali, dalla miseria. Oltre le “macerie belliche” esistono anche “macerie sociali”. Però esiste anche il dirit-to di migliorare e di cercare un’occupazione in altre nazio-ni. Molti come lui hanno affrontato un lungo cammino nel deserto, si sono imbarcati su carrette, mettendo la propria vita in mano a scafisti disonesti. Nessuno lo farebbe se non avesse un problema esistenziale enorme. La scuola è uno dei tanti momenti di comunione fra vecchi e nuovi lauretani che la nostra parrocchia offre. Siamo una comunità allar-gata.I bambini di ogni etnia frequentano l’oratorio e le nostre scuole. Al parco giocano insieme bambini di famiglie mu-sulmane con i figli di famiglie cattoliche... I bambini sono maestri nella convivenza, insegnandoci con la loro sponta-neità come possa essere semplice e arricchente gestire di-versità linguistiche e culturali.Lentamente ci stiamo abituando a non considerare più gli stranieri solo destinatari dei nostri servizi ma, quando lo evidenziano, impariamo ad apprezzare il loro protagonismo. Ecco che giungiamo all’AGAPE! Incontri come questo ci permettono di ripensarci, di costru-ire una nuova e solida comunità fatta anche di altre storie, altre culture, altri mondi, eliminando quel noi-loro che tanto divide.È stato detto che la cucina unisce, ci regala la tradizione come fanno i poeti con le parole, gli scrittori con il lessico, i pittori con il pennello.A LUNEDÌ 6 GIUGNO ALLE ORE 14.

Tatiana, Eugenia, Fernanda, Mia

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28 Comunità di Loreto

Andare oltre il “mutismo” dei cristianiIn occasione del Congresso delle ACLI di Bergamo, il no-

stro Vescovo Francesco ha dato un bellissimo contributo di riflessione prendendo spunto dal tema posto al centro dei lavori Congressuali:“Niente paure con le ACLI attraversiamo il cambiamen-to”. Per la qualità dei contenuti penso che tale contributo superi i confini del Movimento aclista e meriti di essere preso in considerazione anche da parte delle nostre “Co-munità”. In tale prospettiva, a partire da quanto detto in apertura dal Vescovo che: “Siamo consapevoli di essere di fronte ad un cambiamento attraversato da dinamiche che attraversano tutti gli ambiti”, ci viene subito posto un forte interrogativo dalla conseguente affermazione fatta dal Vescovo: “a fronte di queste complessità e trasforma-zioni, si avverte un ‘problematico mutismo’ dei cristiani

su questi aspetti”. È evidente che il Vescovo prenden-do spunto dal tema del Congresso abbia poi colto l’oc-casione di fare un intervento di ampio respiro. Ancora, nel richiamare gli “ambiti della vita umana” già posti al centro del Convegno Ecclesiale di Verona: “dalla vita af-fettiva... al lavoro e festa... ai diritti di cittadinanza...”. il Vescovo ha sottolineato che “non avverte delle aperture di pensiero rispetto ai suddetti ambiti, ma come cristiani siamo MUTI”. Se tutto questo interpella la nostra voca-zione come cristiani, ancor più interpella le ACLI in quan-to non può venir meno “la fondamentale loro missione incentrata sulle problematiche del Lavoro. Detto questo, il Vescovo nel richiamare il cammino intrapreso con le Visite pastorali vicariali, ha fatto presente come uno dei temi emergenti sia il rapporto CHIESA - TERRITORIO.

I GIOCATTOLI DONATI DAGLI ALUNNI DELLA SCUOLA PRIMARIA RODARI HANNO FATTO LA FELICITÀ DI TANTI BAMBINI DELLA NOSTRA PARROC-CHIA E NON SOLO. DA OGNI PARTE GIUNGONO I RINGRAZIAMENTI.

Telefonicamente abbiamo ricevuto i ringraziamenti della Comunità Terapeutica alla quale sono stati inviati i bambolotti. Cullandoli amorevolmente le signore ammalate di Alzheimer hanno portato avanti una terapia di recupero.

Da Trescore B. 5/03/2016A don Mario ZanchiA nome delle famiglie che seguo al Consultorio ASL di Trescore, ringra-zio Lei e le signore del Centro di Pri-mo Ascolto di Loreto per la fattiva collaborazione e l’aiuto.

Da Bergamo 14/03/2016Rev.do don Mario Zanchi a nome mio e di tutti gli operatori della Neuoropsichiatria Infantile dell’O-spedale Papa Giovanni XIII della nostra città, esprimo un sincero ringraziamento per i giocattoli che ci avete donato. I giochi sono per noi utili per intrattenere i bambini in attesa di visita, ma non solo: la visita stessa soprattutto nel caso dei più piccoli, avviene attraverso l’utilizzo di materiale ludico che di-venta quindi o anche uno strumento indispensabile. Si può immaginare perciò quanto facilmente i giochi si deteriorino e quanto siamo grati a chi generosamente ci sostiene! Un particolare ringraziamento vanno ai bambini che si sono privati del loro amato giocattolo per permettere ad altri bimbi di continuare a giocare anche in ospedale! Grazie di cuore.

Laura Salvoni direttore U.S.C. Neuropsichiatria Infantile

dall’ASSOCIAZIONE VOLONTARIA-TO SANTO ANDREA APOSTOLO Rev. do don Mario Zanchi, parroco di Loreto a nome mio e dell’Asso-ciazione di volontariato Santo An-drea Apostolo, ringraziamo di cuore Lei e le signore del Centro di Primo Ascolto di Loreto, per il vostro aiuto per le famiglie ucraine che devono quotidianamente affrontare notevoli difficoltà a causa della guerra che è presente nell’area ovest, ma che si ripercuote su tutta la Nazione. I ve-stiti sono stati destinati in partico-lare all’orfanotrofio di Mukachevo, nella regione dei Carpazi, seguito dalla nostra associazione, struttu-ra che accoglie bambini colpiti da handicap. Stiamo aprendo anche un altro or-fanotrofio: abbiamo già la struttura ma dobbiamo ristrutturarla e arre-darla. Vi saremmo molto grati se po-teste diffondere la nostra richiesta d’aiuto: abbiamo bisogno di letti, materassi, attrezzi per la ginnastica (vanno benissimo anche usati). Ancora grazie Aliona Palamari Vo-lontaria dell’Associazione Santo An-drea Apostolo

Vi presentiamo, un esempio di dia-logo ecumenico, tra cattolici e or-todossi, incominciato casualmente proprio poco dopo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristia-

ni, nato dai semplici legami della quotidianità. Alla base di questi le-gami ancora una volta è il dialogo tra due giovani donne, una italiana e una moldava (Elena, in moldavo Aliona), che si conoscono, si rac-contano della loro vita, della loro cultura, del lavoro, della loro reli-gione, e stringono un rapporto di amicizia. I loro scambi, i loro ideali, vengono condivisi con il Centro di Primo Ascolto. Rapporti possibili quando non si ha paura dell’altro, soprattutto se straniero. Con queste premesse il parroco e il Centro di Primo Ascolto hanno mandato mol-ti sacchi pieni di vestiti alla Chiesa ortodossa di Bergamo, destinati alla popolazione ucraina, e in particola-re all’orfanotrofio di Mukachevo, nella regione dei Carpazi, che ac-coglie bambini colpiti da handi-cap. A questi bambini sono stati inviati anche numerosi giocattoli. Indichiamo dell’associazione che si occupa dell’orfanotrofio: www.santoandrea-volontariato.org,così che tutti voi possiate vedere dove è andato anche il vostro aiuto, perché ogni vestito e ogni giocattolo sono frutto del lavoro delle signore del Centro di Primo Ascolto, e prima ancora sono dono di una famiglia di Loreto.

Desirée

Da dono a donoCENTROP R I M OASCOLTO

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29VITA DELLA COMUNITÀ

E “IL FILATOIO” CONTINUA A FILAREÈ un po’ che non ci facciamo più sentire, esattamente dall’ultimo articolo sulla nostra Compagnia teatrale Il Filatoio, riportato sul bollettino parrocchiale n° 6 di novembre-dicembre 2014.In quell’occasione avevamo comunicato il debutto del-la rappresentazione Dilettissima Bergamo, la medita-zione su pensieri e parole del giovane don Angelo Ron-calli. Stavamo iniziando infatti a condividere il lavoro della Compagnia con la nostra comunità, proponendo lo spettacolo il 20 e il 21 dicembre 2014 a Loreto nel Santuario della nostra chiesa “vecchia”, come si dice di solito. Ma poi ci siamo mossi anche in altre parrocchie, dove siamo stati via via chiamati, grazie all’instancabile lavoro di promozione di alcuni membri della Compagnia stessa.È così che il 7 giugno del 2015 siamo approdati alla chiesa dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, l’8 settem-bre 2015 alla chiesa parrocchiale di Gorle, l’8 dicem-bre 2015 a quella della Parrocchia del Villaggio degli Sposi e recentemente, il 13 febbraio 2016, a quella della Parrocchia di San Pellegrino Terme.Intrecciate a queste uscite, le chiamate al servizio

alla comunità parrocchiale a cui Il Filatoio non ha mai smesso di tenere fede, essendo la caratteristica costi-tutiva del gruppo.Va in questo senso l’allestimento, a cura della nostra Compagnia, dell’Azione liturgica del Venerdì Santo del 3 aprile 2015, così come la partecipazione a prece-denti proposte educative e culturali che la Parrocchia ha offerto alla comunità con le iniziative “Madre e Madri” e “Padre e Padri”, strutturate in incontri con notevoli relatori, esperti nel settore letterario, psico-sociologico e naturalmente teologico. Insomma noi ci siamo e, dal 15 aprile, dopo l’interru-zione per le festività pasquali, con cadenza quindici-nale e di venerdì, abbiamo ripreso il nostro Laboratorio Teatrale. Aperto, sia chiaro, a tutti quanti abbiano una certa voglia di “fare teatro” ognuno secondo le sue peculiarità. Non c’è bisogno solo di attori, ma anche di operatori logistici, di tecnici luce e suono, di sce-nografi e quant’altro. È sempre meglio essere in tanti, perché le cose da fare sono sempre dietro l’angolo ed è bello poter contare sul:”ci penso io, non preoccu-parti”.

Nel contempo, rispetto al rapporto Chiesa - territorio, si coglie come questo rapporto sia un rapporto labile nel senso che c’è si una forte presenza della Chiesa ma nel rapporto con il territorio si è un po’ come un “chicco ge-neticamente modificato Ovvero bisogna sempre compera-re altri chicchi per continuare il consumo perché il chicco geneticamente modificato non è fecondo”. In tal senso il Vescovo parla di un Rapporto Labile con il territorio perché, “come Chiesa stiamo seminando ma poi manca-no i frutti nei nostri territori perché la nostra presenza è caratterizzata da contraddizioni culturali.Sotto questo profilo è importante sottolineare come già nella Lettera pastorale “Donne e Uomini capaci di Carità nel punto su: Il passaggio dalle opere di misericordia ad un cuore misericordioso il nostro Vescovo invita le co-munità ad una riflessione rispetto alle opere di miseri-cordia che si moltiplicano in maniera impressionante... ma nello stesso tempo si manifestano idee, sentimenti, prese di posizione, giudizi e comportamenti sociali che sono l’esatto contrario di queste opere. Tale scollatura trova conferma anche nella ricerca di Nando Pagnoncelli dove si evidenzia “La doppia frattura sociale e il senso civico” - Anche su queste contraddizioni culturali il Ve-scovo parla ancora di “Mutismo”. Nel prosieguo del Suo intervento il Vescovo ha poi ripreso il tema del Lavoro in relazione alla crisi, sottolineando come rispetto alla crisi si sono accentuate una serie di problematiche, sottovalu-tando le relative ricadute sul tessuto sociale delle nostre comunità. Occorre pertanto contestualizzare una serie di azioni complessive sul Lavoro e le ACLI sono chiamate ad alimentare attenzione sul tema del Lavoro, tema che sempre più segna il vissuto delle nostre comunità perché al centro di tutto questo ci sta la “persona che lavora”. La mancanza del lavoro è un dramma rispetto al quale le

ACLI attraverso i loro Servizi e le loro opere sono chiama-te a dare il loro contributo di Solidarietà. In particolare rispetto al tema della Solidarietà il nostro Vescovo ha col-to un uso distorto del principi della solidarietà orizzontale in quanto è venuto meno il principio della sussidiarietà’. Infine, il Vescovo nel ricordare la parabola del “lavorato-re dell’ultima ora” ha voluto sottolineare come in questa parabola ci sia una grande provocazione nel senso che occorre partire “dagli ultimi”. In tale prospettiva occor-re una vera conversione per declinare una nuova cultura del lavoro. Declinare solidarietà a partire dai più poveri è questo che qualifica le ACLI ed è ciò che anche Papa Francesco ha detto sulle ACLI in occasione del loro 70mo di fondazione Con questo spirito sta iniziando un nuovo cammino per le ACLI bergamasche che attraverso il ruolo dei loro Servizi e dei Circoli presenti nei territorio illumi-nati dalla parola di Dio saranno chiamati a dare la loro testimonianza come “Donne e Uomini capaci di Carità”.

Pino Candiani

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30 Comunità di Loreto

Mi parli delle sue originiSono nato a Vigolo un ridente paese sulle colline che costeggiano il lago di Iseo (paese che ha avuto un ruolo importante nella mia vita...), ultimo di otto figli.I miei genitori, gestivano una trattoria che nello stesso tempo fungeva da panetteria e tabaccheria. Purtroppo i miei genitori sono morti a breve distanza uno dall’altro; io avevo soltanto sette anni.

Come è trascorsa la sua adolescenza?Le mie sorelle e fratelli mi hanno cresciuto con amore e dedizione e mi hanno sostenuto con grandi sacrifici nel mio percorso di studio, ma io ho avvertito molto la mancanza dei miei genitori fino a ...

Quale attività lavorativa ha svolto?Come ho detto, grazie all’aiuto dei miei familiari, ho conseguito brillantemente il diploma di geometra; dopo aver assolto all’obbligo militare, ho maturato una breve esperienza presso l’Italcementi e poi sono stato assun-to dalla Provincia come responsabile di progetti stradali che riguardavano situazioni particolari di assestamen-to geologico. Poi dopo trent’anni ho intrapreso la libe-ra professione sempre nello stesso ambito. Da qualche anno mi sono ritirato e ho ceduto l’attività a mio figlio.

Ma parliamo di altro...Beh, ho conosciuto mia moglie che ha colmato con la sua presenza amorevole quel vuoto che aveva segnato la mia vita (gli occhi brillano di luce intensa quando parla di lei) La signora Mariuccia interviene con tatto e delicatezza: “ci siamo conosciuti per caso... Vigolo è stato galeotto. Un’amica mi convinse a passare qualche giorno di vacanza in questo paese perché si diceva che si respirasse un’aria fine e salutare. E così... è scoppiato il colpo di fulmine. Tarcisio ha cominciato a frequentare la mia casa; la mia famiglia è diventata la sua famiglia; ha trovato in mia mamma un appoggio sicuro e sincero ed è stato guida di mio fratellino.

Come si è accostato alla pittura?Già durante il mio percorso scolastico avevo manifestato una buona mano. I miei schizzi tecnici erano stati scelti come modello, ma è stata mia sorella Santina, la mag-giore, a mettere in luce le mie potenzialità, a credere in me, ad incoraggiarmi. Madre Canossiana, professoressa di disegno artistico, anche lei pittrice mi ha insegnato le tecniche di utilizzo dei colori ad olio ed ad acquarello.

Come è proseguito il suo percorso artistico?Ho cominciato ad eseguire schizzi durante il servizio mi-

litare, poi ho preso a dipingere, sottoponendo sempre le mie opere al giudizio di mia sorella Santina, che non mi ha mai influenzato, anzi mi ha spronato a perfezionarmi, a sperimentare alla ricerca di uno stile personale.

Come l’impegno si è trasformato in passione?La pittura è diventata parte di me, un’opportunità mera-vigliosa per esprimere emozioni, sentimenti; sono stato FORTUNATO perché il lavoro che ho scelto mi ha lascia-to tempo libero.

Come è continuata la sua attività pittorica?Ho partecipato a mostre collettive in cui ho ricevuto l’ampio consenso di visitatori e di critici, poi ho organiz-zato mostre personali che hanno visto la partecipazione di tanti collezionisti.

Come realizza un quadro?Elaboro degli schizzi a matita “dal vero”, poi trasmetto le immagini sulla tela, modificate, trasfigurate dalle mie emozioni ricordi sensazioni, attraverso le diverse tonalità cromatiche. In alcuni quadri c’è la mia firma: una gon-dola una casetta...

Quale tecnica adotta?(mi sorride sornione e birichino ...) Non si può svelare. È un segreto.ALIA: mi guardo intorno, le pareti del soggiorno sono tappezzate di quadri. Risaltano i colori caldi, si ricono-scono colpi di pennello corposi, essenziali, istintivi op-pure, in altri quadri pennellate più morbide, delicate, soffuse.Ora il signor Tarcisio, seguito dalla moglie, mi conduce a vedere i quadri esposti nell’appartamento ed in parti-colare nella camera matrimoniale: sul letto troneggia un

Alla scoperta dei talenti...

nel nostro quartiere

La sinfonia di colori di Tarcisio Bettoni

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31VITA DELLA COMUNITÀ

quadro di grandi dimensioni che raffigura un paesaggio campestre: i gialli, i rosa, i rossi nelle tonalità più calde creano un effetto cromatico suggestivo che dà luminosi-tà alla stanza e inebria di gioia.

Ha realizzato qualche sogno?Si, il desiderio di avere una casa tutta mia mi ha portato a costruirne una a Mozzo, con un bel giardino, lo studio, e un piccolo appartamento per mia suocera. La signora Mariuccia interviene: la mia mamma è vissuta con non fino alla morte; Tarcisio aveva un bel rapporto con lei di affetto quasi di complicità.

È rimasto molto a Mozzo?Vi abbiamo abitato fino a quando si sono spostati i miei figli, poi ci siamo trasferiti in Piazza Varsavia. A Mozzo ho ancora il mio studio, il mio giardino. Dipingo, ascolto la musica, coltivo i fiori, l’altra mia passione!

Ha attraversato momenti di crisi?Si, tre anni fa sono comparse le prime avvisaglie del morbo di Parkinson: mi è crollato il mondo addosso ... Il tremore alle mani mi impediva di dipingere, ma poi grazie ad una cura intensiva particolarmente efficace e alle premure di mia moglie ho riacquistato piano piano fiducia ed energia. Ho ripreso in mano la mia vita, im-merso nei colori dei quadri e dei fiori. Adesso dipingo con fervore, ma anche con pacata serenità. Ho qualche

handicap...andare in farmacia (sorridendo mi mostra un sacchetto pieno di medicine) e qualche difficoltà nell’andatura. La signora Mariuccia interviene: anch’io ho qualche acciacco dovuto all’età, ma andiamo avanti sereni.

Qual è l’ultima sua fatica?Un libro! Mi balenava un’idea per la mente; non avevo più voglia di allestire mostre perché richiede un’impe-gno notevole e perché non volevo separarmi dai miei quadri. In primo luogo però desideravo lasciare un segno della mia produzione. Ho parlato di questo mio progetto a don Mario Zanchi che subito mi ha indicato la persona giusta per realizzare l’impossibile: Marcella Lombardo. Grazie alla sua abnegazione è nato: SINFONIA DI COLO-RI curato in tutte le sue parti da Marcella con la collabo-razione di mia moglie, edito da Grafica & Arte.“Sinfonia di Colori”, attraverso le fotografie offre un am-pio ventaglio dei miei quadri più significativi: paesaggi della cara terra lombarda, della laguna veneta, figure femminili nature morte, prevalentemente fiori.

Il nostro Tarcisio lancia un messaggio significativo: la fiducia, la sofferenza, nel futuro, l’amore consentono di superare gli ostacoli, di andare OLTRE nonostante i do-lori, le sofferenze che la vita ci presenta

ALIA

IN MEMORIA DI PAPÀ GIANFRANCOSul numero del bollettino parrocchiale del mese di Maggio 1986 compariva un ar-ticolo intitolato “L’amico Gianfranco” che ricordava la prematura scomparsa di mio padre Gianfranco. L’articolo iniziava con queste parole: “Il giorno 16 aprile è morto l’amico Gianfranco Tonsi. Chi era costui? Era una padre di famiglia come tanti al-tri della nostra comunità Parrocchiale, che trovava spazio per dedicarsi a Cristo in silenzio, senza pubblicità nonostante avesse il peso della famiglia che egli riteneva indispensabile”.Allora ero un ragazzo di 21 anni e il dolore per il distacco è stato per me veramente devastante. Avevo comunque sempre considerato normale vivere accanto ad una persona così che per me non era altri che il mio papà.L’articolo così continuava:“Instancabile, persuasivo, allegro e spiritoso quel tanto che non guasta, sorretto da una fede semplice ma pungente, in Cristo aveva sposato la “sofferenza” e ciò lo portava da un posto all’altro per consolare, compatire gli altri in modo veramente accattivante...”.A distanza di 30 anni dalla sua morte egli è ancora straordinariamente presente nelle persone che lo hanno conosciuto. Quando mi capita di incontrare qualcuno di queste persone spesso mi sento dire: “Mi ricordo sempre di tuo papà, uomo di fede e di generosità sconfinata sempre dedito agli altri ... Da adulto pensando alla figura di mio padre è maturata in me questa certezza. L’amore di Dio che agisce attraverso le persone non ha confini ne barriere e nemmeno la morte lo può fermare. Dura in eterno. Ciò che mi sorprende ancora oggi quando mi soffermo a riflettere sul suo agire era la sua incredibile docilità nell’affidarsi alla Provvidenza di Dio: ogni volta infatti che la sua generosità lo portava a fare dono di sé agli altri ciò faceva nascere straordinari frutti di amore vissuto e condiviso con le persone che gli stavano accanto.Non posso che essere grato al Signore di averci regalato una persona che nella sua semplicità ci ha lasciato un così grande esempio di vita “normale” immersa nella famiglia e nella comunità capace di impregnare la vita delle persone di un desiderio grande di bene da compiere nell’ordinarietà di tutti I giorni.

Attilio Tonsi

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32 Comunità di Loreto

Vita di quartiere

TUTTI INSIEME ... ANIMATAMENTEDOMENICA 29 MAGGIO: FESTA DELLA TERZA E QUARTA ETÀ

All’ultimo convegno al quale ho partecipato ci è stato chiesto di rappresentare l’anziano, in quale contesto lo collocavano.Ho disegnato un grande stormo formato da uccelli gio-vani e meno giovani. L’uccello anziano era nel gruppo: ancora capace di volare, spesso lo faceva con fatica pur sempre cercando di non rimanere indietro.La sua potenzialità fisica non sempre corrispondeva al suo desiderio di volo. “Dai... dai” diceva a se stesso “ce la fai ed hai tanti motivi per essere nel gruppo”. Anche tra noi ci sono molti anziani che hanno tan-ti motivi per essere nel gruppo protagonisti, soggetti attivi nella comunità, hanno tante risorse da offrire: svolgono attività di volontariato, sono di supporto ai figli ed ai nipoti, costituiscono una rete parentelare capace di intervenire nei momenti di difficoltà... Pari-menti molti anziani lauretani vivono da soli ed hanno problemi di relazione e di vicinanza, proprio generati dalla solitudine. Anche questi svolgono nella Chiesa un’esemplare funzione: la longevità è, infatti, un dono prezioso per chi la vive, ma anche per la comunità. Un momento di vicinanza e di relazione è la Festa

della Terza e Quarta Età, che nella nostra parrocchia è entrata nella tradizione. È un significativo momento comunitario, ci si abban-dona alle narrazioni, ai ricordi, si parla dei propri af-fetti, si confidano le proprie speranze. È un significativo momento di vita e “La vita” diceva Gandhi” è come un albero: più si coltiva, più matura”.Gli anziani ricordano quando la televisione era in bianco e nero e Marcello Marchesi cantava: “Che bel-la età la mezza età”. Vestiva con eleganza, agitava il bastone, accennava passi di danza. La canzone metteva in evidenza quanto di positivo of-friva la mezza età. Ora la durata della vita si è allungata di tanto e po-tremmo ben cantare: “Che belle età la terza e quarta età”. Perché ne constatiamo la ricchezza ogni giorno nella nostra vita comunitaria.Quindi la condizione dell’anzianità deve costituire un’attenzione costante dei credenti.Informazioni e iscrizioni presso il Centro Primo Ascol-to della Parrocchia.

S.T.

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33VITA DELLA COMUNITÀ

AUSER CITTÀ DI BERGAMO per l’accompagnamento di persone con fragilità e per il telefono della solidarietà sociale, il Filo d’Argento.

Cerchiamo di contrastare solitudine ed emarginazione attraverso l’ascolto.

Il servizio di telefonia è attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17.Potete contattarci al 035.231872 - fax 035.221105

l’Associazione culturale Esserci, in collaborazione con la Biblioteca di Loreto e la Parrocchia di Loreto presenta

CENTENARIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE 1915/18“per non dimenticare”È un motto particolarmente caro agli Alpini ed è la scritta incisa sul marmo della “”Colonna Mozza”” posta sulla cima dell’Ortigara che ha visto il sacrificio di tanti giovani soldati.Questo è quanto vuole trasmettere il concerto del Coro A.N.A. Orobico del Gruppo Alpini di Boccaleone diretto dal Maestro Angelo Pelucchi, che si terrà il 28 maggio p.v. - alle ore 21 presso il Santuario della B.V. Maria di Loreto, durante il quale avremo modo di ascoltare canti popolari, legati a questo tragico avvenimento, nonché cenni storici e lettere scritte dai soldati nei vari fronti di guerra. Tutto que-sto coinvolgendo nelle letture anche giovani del quartiere.L’evento è stato reso possibile grazie alla collaborazione fra la Parrocchia, l’Associazione Culturale Esserci, la Biblioteca e la Compagnia Teatrale Il Filatoio di Loreto.La vostra partecipazione numerosa sarà il modo migliore per onorare i caduti che hanno dato la vita per la nostra bella Italia.

Festa del papà al centro culturale terza etàGiovedì 17 marzo presso il Centro Culturale Terza Età di Loreto, la Custodia Sociale del Comune di Bergamo con il Centro stesso, la Parrocchia, la Conferenza San Vincenzo, il Centro Primo Ascolto, il servizio Autoamica che si occupa del trasporto di anziani, ha festeggiato con una merenda la giornata dedicata ai papà. È il secondo anno che si organizza un pomeriggio di festa sia per gli utenti della custodia ma non solo, anche per tutti gli anziani del quartiere proprio in occasione del 19 marzo.L’obiettivo da parte degli organizzatori è quello di creare un’occasione per chi giovane non lo è più, di uscire, ritrovare amici, conoscere altre persone, fare qualche chiacchiera. E così è stato con un buon panino sotto i denti, una fetta di torta e augurandoci Buona Pasqua. Tutto ciò per far contro alla solitudine degli anziani, prevenire o tenere monitorato alcune situazioni in cui il rischio di isolamento è reale. La buona riuscita della festa ha confermato la volontà di tutti i soggetti che l’hanno pensata e voluta di lavora-re insieme nella direzione tracciata, ovvero creare momenti comunitari che non si sovrappongano e siano ben distribuiti nell’arco dell’anno, affinché possano entrare piano piano nella memoria delle persone e diventare momenti attesi e graditi per tutti, in particolare per chi è solo. Il tempo è trascorso in allegria, giocando a tombola e chiacchierando. Si ringraziano tutti i presenti che con il giusto spirito hanno reso questo pomerig-gio semplice ma significativo e chi si è adoperato per il suo concreto svolgimento. Vi terremo aggiornati con i prossimi appuntamenti per animare la vita di questo quartiere anche per gli an-ziani, dentro un pensiero condiviso da tante realtà.

Nicoletta, educatrice area anziani

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