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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 63 Solstizio d’Inverno 2016 La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista Stampato in proprio

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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 63 Solstizio d’Inverno 2016

La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista

Stampato in proprio

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2Redazione

Direttore Responsabile: Renato Salvadeo - via Bacchiglione 20 - 48100 Ravenna

SOMMARIOSOMMARIO

ARTURUS - S:::I:::I::: S:::G:::M::: - BREVE SINTESI SULL’ORDINE E SU CIÒ CHE PROPONE - pag.3

MIRIAM - I:::I::: - ACCENNI SU ALCUNI ASPETTI DELLA NOSTRA “VIA” - pag.7

HASIDD - S:::I:::I::: - OSCURE E PROFONDE PRIGIONI - pag.9

MORGON - I:::I::: - MANTELLO - pag.10

OBEN - S:::I::: - PERSONALI VISIONIDELLO SPIRITO DEL NATALE - pag.11

DEVI - I:::I::: - RIFLESSIONI SULLA STORDITEZZA - pag.12

MOSE’ - S:::I:::I::: - ANTICHE TECNICHE DI PERFEZIONAMENTO INTERIORE - pag.14

LICURGO - S:::I:::I::: - GRUPPO ED EGGREGORO - pag.17

Breve sintesi sull’Ordine

e su ciò che propone

ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

Credo che ogni tanto tra noi, possa essere piacevo-

le dissertare un poco su come si presenti un Ordinecome il nostro e poi su quali motivi possano esistereper indurre qualcuno a volervi accedere.Rimanendo in ambito generale, credo che sia peròbuffo constatare come alcuni che non fanno parte diquesta nostra struttura o di altri Ordini Martinistiregolari e legittimi, provino sovente a parlare, a scri-vere, della “via Martinista”, sapendone ben poco,oppure come accade per la normale presunzione deineofiti (allorchè siano stati ammessi, ed anche a pre-scindere dai vestimenti dei gradi in qualche modosubiti), non abbiano la sufficiente esperienza “opera-tiva”, concreta e completa, per poterlo fare cosciente-mente.Così, in questi casi, magari si tenderà a forzare l’im-maginazione, comparando inevitabilmente le meto-dologie di altri percorsi (forse a loro volta non neces-sariamente ben conosciuti), provocando solo confu-sione per sé e per gli altri.Personalmente, per quanto mi possa ricordare riguar-do alle informazioni ricevute da parte di coloro cheme ne accennarono, in prima istanza, tanti anni addie-tro (prima il Fratello Ataulfus e poi colui che divennemio Maestro: Vergilius), non ci sono mai stati “fron-zoli” misteriosi o vagheggiamenti inutili su simboli-smi particolari come potrebbe accadere per certe“tegolature”.Il dialogo è sempre stato “brutalmente diret-to”. Solo più tardi scoprii che la modalitàd’approccio e di formazione non era simileper tutti, ma bensì commisurata alle caratte-

ristiche di ogni singolo soggetto.Mi spiego meglio; dal momento che dadiversi anni (per motivi straordinari, direi sin

da molto piccolo) stavo “cercando a 360 gradi” equindi “sperimentando in varie direzioni”, mi vennechiesto se volevo veramente accedere ad un contattoparticolare, in ambiti diversi da quelli della sola mate-ria (visibile e non visibile), per andare oltre alla cono-scenza ed al punto ove ero giunto sino a quel momen-to, evitando così d’invischiarmi in situazioni affasci-nanti, oggettivamente potenti, ma probabilmente conluminosità tenue.Qualche cosa dentro di me rispose con grande forza,e così cominciò la mia avventura, non facile, piena dicadute, ma anche di “sorprese straordinariamenteluminose”. Quindi in sintesi, in qualche cosa di ana-logo e convergente con l’esperienza di tanti altri.A proposito di contatti e di formazione, sarà benecomprendere che nella nostra Via, i rapporti sonosempre solo tra Maestro ed allievo e che quindi pos-sono essere anche molto differenti per i vari appren-disti, proprio perché ogni singolo soggetto è diverso.Gli incontri collettivi sono per lo più rari, non obbli-gatori (non è difficile che non ci si conosca tra com-ponenti dello stesso gruppo), ed hanno finalità opera-tive, d’interazione con i piani sottili, ben precise; leoperazioni previste in tali occasioni, sono da attivare,prima di tutto, mediante lo stesso piccolo ritualemesso a punto alla fine dell’800, che per noi è rima-sto inalterato sino ad oggi e che viene consegnato adogni Iniziatore, allorchè abbia associato almeno trenuovi Fratelli. E’ semplice, ma nella sintesi liturgicadi quel breve testo c’è buona parte dello spirito delMartinismo.A riguardo, sono ancora molto perplesso nel cercaredi capire perché dopo la morte di Papus, in altre strut-ture, fuori dal nostro Ordine (o forse più o meno uffi-ciosamente, anche poco prima della morte, nella stes-sa organizzazione, però a distanza di più di venti annidagli inizi), abbiano cominciato a mettere a punto e

ad utilizzare rituali diversi, dal respiro abba-stanza massoneggiante che, a mio personaleparere (quindi con tutti i miei limiti), sem-brerebbero aver smarrito quella semplice

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luminosità originale. Comunque, tornando alnostro ambito, è bene comprendere che ènella piena responsabilità dell’Iniziatore esse-re al servizio dello Spirito per ritrovarsi umilmenteove vi sia qualcuno che, animato da un “luminoso”desiderio interiore, stia “cercando conoscenza e veri-tà”.Quindi, sarà solo in funzione della personale sensibi-lità, dell’intima percezione dell’Iniziatore, che verràindividuato nel postulante un guizzo luminoso ane-lante il ricongiungimento con lo Spirito del Creatore(o comunque vogliamo chiamarlo); scintilla indispen-sabile per intraprendere con qualche possibilità disuccesso un percorso come il nostro.Una volta accolto un postulante, la responsabilità diimpegnarsi per eseguire a suo favore ciò che sarànecessario (magari per tutta la vita) secondo i canonidel nostro metodo, sarà esclusivamente sua (ovvero,solo di quel Maestro).Per l’allievo è necessaria una dotazione non cosìcomune che è costituita prevalentemente da unapotente, istintiva, esigenza di ricongiungersi allaSorgente Divina, della quale, oltre a provare unospontaneo gioioso amore, sarà bene conservare sem-pre anche un poco di timore; quest’avvertimento loaccenno sempre, ripetendo ora con cosciente consa-pevolezza quello che avevo ricevuto a mia volta agliinizi del mio viaggio.Non si tratta di suggerire atti di fede verso una qual-che cosmogonia religiosa (tra l’altro, ogni culto ten-dente alla Luce, è da noi onorato e rispettato), ma ditenere sempre presente il riferimento ad un’imma-nenza creatrice (comunque la si voglia chiamare).E’ indispensabile essere in questa condizione di“desidero” e di “timore”, dal momento che la nostraVia è indubbiamente proiettata a voler accedere“senza indugi” ad altri piani di cui la maggior parte dinoi non conosce ovviamente alcunché.Quindi, occorre volerlo veramente perriuscirci, e per tentare di evitare possibilidanni collaterali, dal momento che occorreràtempo, prima di tutto per comprendere e permettere efficacemente in pratica il nostrometodo (con tutte le varianti aggiuntive di cui

avrà necessità ogni singolo soggetto), e poiper contemplarne consapevolmente le conse-guenze.

Così, magari non comprenderemo di che si tratti vera-mente, oppure ci stupiremo se subito, anche a livellodi semplice Associato, ci verrà precisato come attiva-re un’applicazione teurgica, funzionale a stabilire unprimo contatto egregorico con i Maestri spirituali chesi trovano in quell’ambito e che da quel livello, che losi voglia o no, già dal momento dell’iniziazioneaffiancheranno il Maestro terreno.Con buona pace per gli scettici, ciò accadrà davvero.Accade sempre e poi anche con grande efficacia se ildesiderio e la volontà personali verranno conservatiben vivi; con molta più lentezza e difficoltà se il desi-derio e la volontà saranno deboli, oppure per nulla sea spingere per bussare sarà stata per lo più la curiosi-tà corroborata esclusivamente da un desiderio di sod-disfacimento delle cupide passioni umane.Continuando poi nel percorso, per altro a camere sta-gne, tra un grado e l’altro, le opzioni di contatto(auto-indotte od etero-indotte) potrebbero svelarsianche meno blande, e le necessarie verifiche conpiena lucidità intellettiva sulle conseguenze nel livel-lo materiale, dovrebbero divenire assolutamente indi-spensabili ed ineludibili. Al fine di non generare equi-voci, va precisato che all’interno dell’Ordine non ci sioccuperà di questioni sociali o di beneficenza. Infatti, ognuno dovrà imparare ad essere uno scono-sciuto per coloro che vorrà e potrà aiutare per qual-siati motivo ed in ogni ambito, sacrificando, per lopiù, la propria personalità, tutte le volte che riterrànecessario che tale scelta vada a favore altrui esoprattutto se da ciò ne potrà venire un bene perl’Umanità.In alcun modo si suggerirà o si insegnerà alcunchèriguardo le cosiddette “magie di comando” di varicolori, oppure eoniche, naturali, ecc. Comunque a

questo proposito, ed a livello culturale, saràbene sapere di che si tratta; così quando cisi dovesse ritrovare collocati in un quadri-vio o si avrà la responsabilità di un Gruppo,si potrà avere la possibilità di meditarvi.Una volta associati, si procederà: da un lato

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ad allenare mente e psiche per provare adotarsi delle facoltà idonee a tentare di mette-re in pratica il metodo base suggerito dalvademecum del proprio grado, da un altro a verifica-re concretamente nella vita di tutti i giorni le conse-guenze di quanto si riterrà di aver attuato dentro efuori sé stessi. Sarà opportuno non dimenticare maiche prima o poi si prenderà coscienza come solo dallamente, una volta modificata la personalità a seguitodella rimozione dei veli, possa partire il pensiero piùpuro, il quale coadiuvato dalla volontà, consentirà diaprire il canale di quella parte del cuore preposto apermettere la progressiva emersione di ciò che èluminoso e che sente il richiamo della Sorgente.Per prepararsi a comprendere cosa si potrebbe intui-re, percepire, oltre al limite della materia, i Maestritenderanno a suggerire prima di tutto di impegnarsinel tentare di conoscere meglio sé stessi; lo farannotramite la focalizzazione di pochissimi simboli illu-strati nei vademecum, in modo d’individuare, d’im-maginare anche le caratteristiche di ciò che si potreb-be descrivere come anima-divina, inducendo ad inda-gare con perseveranza sull’esistenza di un’alternativacontemporanea, carnale, mantenendo l’intuizione del“tutto” all’interno di una probabile emanazione spiri-tuale unica ma composita.Si suggerirà un percorso interiore particolare, finaliz-zato a modificare quanto sarà necessario di sé stessiper dotarsi delle facoltà necessarie al viaggio,mutuando stimoli anche dalle allegorie simboliche,policrome, della Tradizione alchemica, raffigurate neipochi simboli previsti.Ovviamente, si terrà conto delle necessità d’impararea proteggersi, sia dall’esterno, che dall’interno, dive-nendo progressivamente sempre più “sconosciuti”all’esterno, in modo da poter ricercare la conoscenzadi Sé e di altro (e quindi a proteggersi anche all’inter-no), senza interazioni disturbatrici.Infine, magari sempre più consapevoli di dover avereprudenza e timore per ciò che si ignora ma che si vuol“conoscere”, si verrà edotti della necessità di sapersiisolare e di nascondersi nella calma della pro-pria coscienza, in caso di necessità.E’ infatti certo che per quasi tutti, questa esi-

genza si manifesterà ad un certo punto delproprio incedere (e forse si ripeterà piùvolte). Magari, proprio quando si supporrà di

aver illuminati, compresi e risolti antichi e nuovi pro-blemi collegati alle personali esperienze nella mate-ria, le forze che traggono energia e vitalità proprio daquei pensieri, da quelle parole pronunciate e da quel-le azioni intraprese, si manifesteranno di nuovo, sia alivello psichico, che fisico, per tentare di rallentare oaddirittura di annullare il cammino percorso. In quei momenti, sarà auspicabile aver intuito davve-ro, almeno un poco, alcune possibili interazioni tra idiversi piani e come sia indispensabile essere partico-larmente “padroni” della propria volontà (quindi libe-ra da emozioni derivate dalle esigenze passionali) perriuscire ad attirare l’attenzione e per dialogare con chisarà opportuno/necessario.Sin dagli inizi della formazione dell’Ordine, fratellistraordinari misero a disposizione le loro potenzialitàspirituali, tramite lo scambio delle iniziazioni di moltie diversi percorsi Tradizionali. Così, sarà bene essereconsapevoli che quando notiamo particolari cenni,sigilli, immagini nei nostri documenti, non dobbiamomeravigliarci se li sentiamo riverberare in noi, anchese non li riconosciamo completamente. E’ necessario riuscire a comprendere, prima o poi,che la Tradizione ispirata dalla Luce, fluisce ovunquecon le forme idonee ai tempi ed ai luoghi, tramite tutticoloro che si rendono disponibili a diventarne umili“servitori”. Le forme esteriori, le etichette identifica-tive, le regole statutarie sono funzionali solo alle esi-genze organizzative umane ed in quell’ambito vannoperò rispettate diligentemente.Per aiutarci ad indagare su noi stessi, non possiamocerto scordare quanto si prodigò anche Sedir con leproposte di meditazioni giornaliere (rigorosamenteintime, personali ed autogestite). Queste compaionoda sempre nelle nostre istruzioni formative. Va peròprecisato che per quanto si è potuto ricavare dai nostridati d’archivio, non sappiamo se quella sequenza equella sintesi (mutuata da un numero molto più gran-

de di argomenti su cui meditare) che anco-ra oggi utilizziamo efficacemente, sia stataselezionata così sin dalle origini del nostro

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Ordine nel 1923 (in Italia). Infatti, non a casosi precisa che ogni Iniziatore potrà integrarle(ma non eliminarle o modificarne mai struttu-ra e sequenza) con quant’altro riterrà opportuno perfavorire le specifiche necessità di ogni allievo.In merito alle integrazioni ed agli studi, ovviamente ilnostro percorso è ricco di proposte collaterali chetraggono origine dagli importanti lasciti del PadriFondatori. Così non apparirà affatto strano, che infunzione della preparazione dei singoli Iniziatori, conil fine di facilitare almeno la conoscenza di sé stessima anche di altro, si possa proporre a soggetti cheabbiano dotazione intellettiva e predisposizione cul-turale (oltre a studiare ciò che ci ha lasciato SaintMartin, a testimonianza straordiria di quanto da luiintuito, sperimentato e che ha dato un’impronta cri-stiana alla filosofia dell’Ordine) di approfondirematerie come l’alchimia, l’astrologia, la numerolo-gia, la kabbalah, ecc. Tutto ciò, senza mai perdere divista i personali talenti naturali, i carismi, che parti-colari e diversi per ognuno, si manifesteranno inevi-tabilmente, mano a mano che ogni singolo riuscirà arigenerare la propria interiorità, lasciando emergeredai veli, dai gusci che l’avvolgevano, una personalitàsempre più luminosa, dominata non più da un IO ego-centrico, ma da quello che potremmo definire il SE’.Come si può dedurre da queste poche righe, un per-corso come il nostro non è adatto per chi abbia soloun tiepido desiderio di conoscenza, anche se conse-guente all’intuizione ed alla percezione che vi siamolto altro rispetto a ciò che appare ai nostri sensimateriali. Non è consigliabile neppure a chi si ritrovi con scar-sa capacità di gestire la volontà. Infatti, è una via pre-valentemente solitaria, seppur supportata da continuisuggerimenti da parte di maestri visibili ed invisibiliche però è necessario prima di tutto saper ascoltare“in silenzio” (interiore ed esteriore) e poi tentare dicomprendere.E’ un percorso dove occorre interrogarsi continua-mente in merito a ciò che si sta facendo e chesi crede di percepire, d’intuire, non avendotimore di mettersi alla prova per verificareanche nella materia i riscontri di ciò che si

pensa di aver sperimentato intimamente. Infatti, non si può correre il rischio d’ingan-narsi da soli, fantasticando in modo irragio-

nevole ed inutile.E’ effettivamente un modo di procedere affatto “mor-bido” e non adatto a tutti, ma per chi ci riesce, anchesolo parzialmente, i risultati interiori non sono certodi poco conto.Credo che se si riesce tenere presente tutto quantoesposto (ovviamente ben noto e normale per qualsia-si Iniziatore, per i Fratelli o Sorelle SuperioriIncogniti) e lo si riesce a far comprendere in qualchemodo a chi stia “cercandoci” e che magari incontria-mo, forse potrà poi essere più semplice riuscire adinsegnare ciò che si sarà sperimentato (ovviamentesolo quello, evitando rigorosamente il sapere preso aprestito).Per chi ne avrà la responsabilità, sarà più agevole tra-smettere umilmente, amorevolmente, altruisticamen-te, anche ciò che abbiamo ricevuto spiritualmente.

ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

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Accenni su alcuni aspetti

della nostra “via”

MIRIAMI:::I:::

Tra le varie cose che maggiormente ci caratterizza-

no come Martinisti, secondo il mio punto di vista, peraltro ancora incompleto, possiamo individuare l’asso-luta fedeltà alla tradizione e la continua ricerca diaspetti non conosciuti di questa, che comportano ripe-tuti studi, rivisitazioni interiori, riequilibri, ecc.Anche recentemente ho partecipato ad alcuni incon-tri, fuori Ravenna, che avrebbero dovuto essere inlinea con tradizione (quindi nel filone iniziatico), mache di tradizionale avevano ormai poco. Le lamentele e le richieste, se vogliamo, erano quelledi approntare riti più recenti, non più così vecchi etradizionali perché questi ultimi erano adatti peruomini di altri tempi.Ho capito che l’influenza della New Age, quindi dellosciamanesimo e di altri aspetti di derivazione orienta-le o maya, ecc. hanno messo radici anche nelle disci-pline che più di altre dovrebbero tenersi ben strettealla tradizione in cui sono state concepite.Non voglio con questo denigrare le altre dottrine chesenz’altro hanno dei lati positivi, soprattutto per duemotivi: in questo mare dilagante di positivismo, tal-volta aberrante, hanno comunque spostato l’obbietti-vo dall’esteriorità materiale ad una forma di ricerca diinteriorità, ed ho notato che anche alcuni maestri delMartinismo sono passati attraverso disciplinecome Reiki e Yoga ecc. Un altro motivo: queste culture, se così pos-siamo chiamarle, essendo da decenni moltoalla moda, soprattutto nelle città piccole, manon solo, potrebbero essere un punto di par-

tenza per coloro i quali, dopo anni di puromaterialismo anche aggressivamente antago-nista a qualsiasi ipotesi diversa, comincino

ad avvertirne i limiti e sentano il desiderio di alzare losguardo verso l’alto. Costoro comunque, hanno ancora il limite psicologi-co di dover frequentare circoli o gruppi “alla page”.Tornando a noi Martinisti, sarebbe utile rammentareche l’obbiettivo primario è quello di spostare l’atten-zione dall’egoico IO al Sé più interiore e luminoso.Questo passaggio così semplice a dirsi, è in realtà unprocesso lungo e con molti trabocchetti delle forzeantagoniste, ma del quale si può a ragione dire chequando si è cominciato è difficile interromperlo, poi-ché il desiderio di arrivare al fondo del nostro esserenon ci abbandona più. Il Sé, per quanto posso aver intuito, è quella parte dinoi fatta a immagine e somiglianza di Dio, quellaparte spirituale e di luce che privata della parte mate-riale il corpo, vuole tornare a Dio.Nella Genesi si dice che il primo uomo era costituitodi sola Luce spirituale; quando venne cacciatodall’Eden fu rivestito di un corpo materiale che lo haappesantito, oscurato a tal punto che non potrà piùrientrare alla presenza di Dio, finchè non si sarà pri-vato di tale pesante materia già in qualche modo,nella vita terrena. Naturalmente, si tratta di un per-corso molto lungo e difficile di pratica e studio. La kabbala, importante materia di studio per noiMartinisti, ci dice che il primo essere creato da Dio:l’Adam Kadmon era pura Luce.Questa disciplina di conoscenza, secondo molti stu-diosi, risalirebbe a Mosè, perciò si tratterebbe di unascienza molto antica, rimasta quasi IMMUTATA NEISECOLI ,COME L’ALFABETO EBRAICO DI CUIE’ VIETATO CAMBIARE ANCHE UN SEMPLICETRATTINO.Vorrei allora fare una semplice riflessione: per noi

Martinisti è indispensabile l’assoluta fedel-tà alla tradizione più antica, cosa in cui tuttii maestri si sforzano di essere più aderenti. Come possono allora quelle discipline eso-tiche di cui ho fatto cenno, più o menoriconfigurate, rinnovate, o questi riti che

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non si riallacciano alla più antica tradizioneportare l’uomo alla rigenerazione? Non rischiano invece come si raccomandavasempre il maestro Vergilus-Caracciolo, di dar luogoad una controiniziazione?Ma altri aspetti ci caratterizzano e non solo la strenuafedeltà alla tradizione. Le religioni sono abbastanzaintolleranti verso chi non riconosce il loro stesso Dio;infatti, di solito, solo la propria divinità è vera, men-tre tutte le altre sono false.Inoltre, alcune religioni sono moraleggianti, presup-ponendo il raggiungimento del paradiso o dell’equi-valente (ad esempio, il Walalla dei popoli nordici)solo superando prove materiali e seguendo regole bencodificate che purtroppo spesso assomigliano più anorme di comportamento egocentriche, e che nulla opoco dicono alla nostra interiorità.Il percorso del nostro Ordine suggerisce di liberarcidalle scorie della personalità materiale per poter ini-ziare la trasmutazione e la reintegrazione, attraverso iveri valori del Sé.Quindi, ci dobbiamo liberare di tutti i condiziona-menti di quella personalità, insorta e costituitasi inseguito alla “caduta” dall’Eden; infatti come sappia-mo, questo rivestimento denso ha nascosto il più puroSé che è veramente la parte “Ad immagine di Dio”,come dice la Genesi.E’ un percorso non facile, neanche agevole, né con-solatorio; si compone di molto studio, di meditazionee di lavoro su se stessi che si svela sempre il più dif-ficile.Noi riconosciamo, tramite l’intuizione, che Dio èunico ma lo dobbiamo ricercare all’interno di noi, inquella scintilla divina che alberga nel nostro Sé libe-ro da condizionamenti e da mondanità.Tutto ciò mi riporta alla mente un filosofo da me“incontrato” molto tempo addietro: Krisnamurti. Nel suo libro “libertà dal conosciuto” ci dice che tuttoquello che una persona sa o crede di sapere loimpara attraverso la personalità; l’uomo chevuole essere libero deve quindi dimenticaretutte le sovrastrutture che la società, metteaddosso al vero Sé come vesti pesanti; quin-

di deve liberarsi, liberando il Sè. Così potremo avere un IO osservatore ed unIO osservato.

Ma seppur le teorie di Krisnamurti possono avere deipunti di contatto con noi, soprattutto per quantoriguarda la “finalità”, in esso non vi è un percorsostrutturato con l’insegnamento e l’aiuto di un mae-stro. Tutto ciò e importante ribadirlo, perché questo per-corso “libero” caratterizzato da meditazioni libere,può fare smarrire la strada, come credo possa succe-dere a chi non sapendo ancora bene che strada pren-dere anche nelle semplici meditazioni, rischi di indi-rizzare il proprio cammino prendendo la direzionediscendente indicata dal braccio inferiore della croce;per questo ritengo che sia indispensabile la presenzacostante di un maestro di riferimento, come nelMartinismo.Certamente è difficile partecipare al nostro percorso,per chi abbia frequentato altri gruppi, più o meno eso-terici, dove si “svelano le cose”, poiché qui il mae-stro ti insegna la strada da percorrere ed un metodoper riuscirci, ma non ti dà risposte, che al contrario ètuo compito trovare da solo, con studio e applicazio-ne diligentemente sorretta delle personali facoltàmentali.Inoltre, nei seminari che frequentai io, a suo tempo,non veniva fatto cenno ad un pericolo sempre presen-te; ovvero che gli “antagonisti della Luce” sono sem-pre all’opera e traggono in inganno facilmente il neo-fita, lasciato solo a se stesso, dopo averlo “deviato”. Ritengo che su quest’ultimo argomento, vadano fattein seguito una serie di riflessioni particolari.

MIRIAMI:::I:::

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Oscure e profonde

PRIGIONIHASID

S:::I:::I:::

L’uomo è un composto di bene e di male: vizi, per-

versioni, peccato, ingiustizia, guerra, pace e virtù. È possibile eliminarli per dare vigore alla virtù?Certamente, visto che l’individuo singolo è arteficedella propria salvezza.Chi si immette sul sentiero Martinista deve avere ilcoraggio e la capacità di spogliarsi di tutto ciò che èlegato alla materia. Il Martinista è colui che sa rinun-ciare a quella parte di sé che lo tiene legato ai senti-menti che sanno di perversione e di ingiustizia.Deve avere la capacità di abbandonare il proprio“ego” per poter intraprendere la via del sentiero in“verticale” verso la spiritualità. Il percorso Martinista o della via cardiaca, così comela definisce il nostro V::: M::: L. C. Di Saint Martin,è animato dalla preghiera che da Lui viene definita il“respiro dell’anima”.Sostiene ancora: “la preghiera è l’impresa più diffici-le che possa essere proposta all’uomo”.Per il Martinista essa rappresenta il mezzo che gliconsente di liberarsi dall’io egoico. Saint Martin nella sua opera: “ Il ministero dell’uomospirito” afferma: “per raggiungere l’obbiettivo èriuscire a strappare Dio dalla propria contemplazio-ne, per l’uomo di desiderio è necessario, oltre la con-centrazione del proprio pensiero e la meditazione, ilcompimento della preghiera poiché essa rappresentala generazione viva dell’Ordine Divino che sitrasferisce in lui”. Mediante la preghiera l’uomo può arrivarefino alle sfere più alte di cui quelle visibilinon sono che delle imperfette immagini. Il loro movimento, diretto da leggi e rapportiinalterabili, ingenera un’armonia sublime che

si trasmette, secondo accordi divini, all’uni-versalità degli esseri. La preghiera è un’implorazione, una richie-

sta, un grido. Ciò si coglie nelle dieci preghiere delV::: M::: L. C. Di Saint Martin in modo chiaro nellaquinta di queste preghiere che recita: “ toglimi la miavolontà Signore, Toglimi la mia volontà”. Un’implorazione, una richiesta perentoria, e conti-nua. “Poiché se posso un solo istante sospendere lamia volontà davanti a Te, i torrenti della Tua vita,della Tua luce, entreranno in me con impetuosità, nonessendovi più alcun ostacolo che li fermi. Vieni, aiu-tami a rompere queste funeste barriere che mi sepa-rano da te, armati contro me stesso, affinché nulla inme resista alla tua potenza”. Le parole usate sono forti e di insegnamento. La potenza delle parole, serve per chiedere a Dio unaiuto per la propria auto rigenerazione. Il grido ècaratteristico dell’uomo. Egli grida al momento dellanascita, grida per la gioia di nascere, ma anche colterrore nell’inconscio della morte. Gridano gli anima-li, il vento, il fiume.L’uomo grida ed implora, raccogliendosi intornoall’invocazione. Grida la sua richiesta di salvezza. Al grido unisce il canto e la danza tribale al suonoarmonioso della cetra per placare gli istinti interioridell’animo e per accattivarsi l’amore di Dio. Poiché sa che soltanto mediante l’illuminazione divi-na potrà “scavare oscure e profonde prigioni ai maliegoici che lo affliggono ed elevare il tempio allavirtù”In nome di JOD HÉ SCHIN VAU HÉ.

HASIDS:::I:::I:::

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Mantello

MORGONI:::I:::

Il Mantello è considerato uno dei simboli più pro-

fondi dell’Ordine, poche sono le indicazioni nelVademecum di primo grado riguardo alla creazionedello stesso; è palese invece lo scopo: difesa, prote-zione, invisibilità.Vorrei soffermarmi su due aspetti molto importanti epoco appariscenti, il materiale col quale si costruisceil Mantello e soprattutto chi o cosa il Mantello deveavvolgere.Sembrerebbe più che banale la risposta al secondoquesito, ma secondo me, rappresenta un aspetto con-troverso.Devo forse sviluppare una protezione sottile attornoal mio corpo, corpo gestito e controllato dal mio ego,dalla mia mentalità profana? In tal caso, quand’anche riuscissi cosa avrei ottenuto?All’interno di questo sedicente mantello la Ricerca ola Lotta tra l’ego ed il Se, tra la Personalità el’Individualità continuerebbe con virulenza ancorapeggiore; anzi l’ego, forte di una “protezione” ulte-riore potrebbe addirittura rafforzarsi e dedicarsi conancora più solerte impegno ai suoi traffici, traffici cheinevitabilmente richiameranno sventure.Prenderei anche in considerazione l’ipotesi che siaproprio l’indossatore del Mantello a fornire gli ele-menti, il tessuto di quest’ultimo; va da sé cheuna parte di noi può, con l’aiuto di Altro, for-nire materiali imperituri, luminosi, simboli-camente paragonabili all’Oro, mentre un’al-tra parte, anche con tutta la sua buona volon-

tà, rischierà di apportare solo elementi cadu-chi, soggetti alla ruggine ed al consumo, sim-bolicamente paragonabili al Piombo.

Al di là delle azioni e delle parole potremmo soffer-mare la nostra attenzione sui Pensieri che ogni giornoalimentiamo; più difficili da controllare e gestire(secondo me) rispetto alle parole ed alle azioni. Laqualità dei pensieri che emettiamo e che ci avvolgonomeriterebbe particolare cura. La differente malleabi-lità e luminosità dei due metalli è ovvia, essere attra-versato tutto il giorno da onde mentali dorate con lequali costruirsi un Mantello splendido è un sogno eduna meta che tutti i ricercatori dovrebbero perseguire.Ahimè, quando mi osservo, mi guardo e soprattuttoquando devo esercitare ogni tipo di tecnica interioreper sciogliere, bloccare, cambiare direzione alla miaattività mentale mi rendo tristemente conto di essereavvolto non da un Mantello, ma da un’armatura diPiombo che ben poco spazio lascia alla Lampadadell’Eremita, della nona carta dei Tarocchi, un cava-liere Nero invece di un Saggio; allora attingo allaqualità che dovrebbe perdurare anche nel più decadu-to dei cavalieri, il coraggio di Sperare; visualizzo unSimbolo, pronuncio un Nome e resto in attesa di uninvisibile raggio di Luce (uno al giorno sarebbe giàveramente tanto) col quale tessere lentamente e congrande pazienza il Mantello che, forse un giorno, laProvvidenza mi aiuterà ad indossare.

MORGONI:::I:::

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Personali visioni

dello spirito del nataleOBENS:::I:::

Ancora una volta passato l’Equinozio d’Autunno ci

si avvicina al Natale.Questo periodo in cui ogni fiamma si ritira nell’inte-riorità, nelle profondità della terra per poi rinascereesteriormente a nuova vita, è solitamente pieno dioccasioni spirituali per la crescita animica.I raggi del sole, ora visibili nell’aurora boreale, siirradiano attraverso tutta la terra, dal centro alla peri-feria e sono assorbiti da ogni essere creato che vienead essere così fortificato nella sua possibile evoluzio-ne. Il brillare delle luci nelle corte e buie giornated’inverno, può inoltre elevare gli animi richiamandoil bagliore delle stelle e contribuire a fare aprire inmodo particolare, la nostra via del cuore. Gli stati dell’essere e le emozioni vengono molto acu-tizzati da questa atmosfera. Chi è triste, probabilmen-te lo sarà ancora di più; l’ottimista per contro, è faci-le che nel periodo Natalizio si senta ancora più attivo,felice e pieno di amore per il creato. L’ottimista, del resto, è abituato a accogliere positiva-mente, con speranza di miglioramento, non disperan-dosi mai, le esperienze e lezioni, anche quelle spiace-voli, ma che possono elevare pensieri ed emozioni adun nuovo livello del sentire, trasmutando le esperien-ze stesse in uno strumento per l’uso futuro. Generalmente si ritiene che vi siano tre tipi di Amore:l’Amore cosiddetto di Marte, della carne, sensuale edegoista, l’amore di Venere, amore umano e personaledell’anima /cuore, e l’amore di Urano, ossia la formapiù elevata di amore, l’amore universale e altruistadello spirito. Credo che sia proprio quest’ultima forma di amoreche potrebbe aiutarci a percepire il periodo natalizio,se sapremo purificarci ed elevarci al di sopra

del quotidiano clamore materiale mondano.Da anni ormai, la mia unica luminaria è unacandela che brilla nella notte e pur essendo il

mio sguardo rivolto alle stelle non posso che prende-re atto che è la sua luce che mi guida quaggiù.Con il nostro metodo e le nostre meditazioni, possia-mo divenire sempre più consapevoli dei nostri pen-sieri e rivedere quotidianamente l’obiettivo dei desi-deri del nostro cuore. Potremo, se lo vogliamo, ini-ziare a controllare pensieri ed azioni egoistiche, avvi-cinandoci maggiormente alle correnti d’amore uni-versale ed altruiste dello spirito, iniziare a sentire lanostra fiamma più viva e percepire che il nostro bam-bino interiore è nato ed ha bisogno di essere amato enutrito. E’ il periodo in cui bisogna abbandonare l’uo-mo (Ego) per seguire il fanciullo (il SE’). Anche seancora piccolo il fanciullo, e non l’uomo, è colui chepossiede il grado Superiore, ed in ogni vera gerarchiacolui che possiede il grado superiore possiede altempo stesso anche tutti i gradi subordinati e funzio-ni subordinate. Da punto di vista strettamente simbolico si può infat-ti osservare che l’omaggio reso dai “re magi”, qualirappresentanti dei tre tradizionali regni (materiale,animico, spirituale e relative funzioni) al Cristonascente è l’oro con il quale viene salutato come Re,l’incenso con il quale viene salutato come Sacerdote,ed infine la mirra (il cosiddetto balsamo dell’incor-ruttibilità) con quale viene salutato come Profeta emaestro spirituale, ossia come colui che rappresenta ilpunto centrale in cui si stabilisce la comunicazionediretta del mondo terreno con gli stati superiori e, perloro mezzo con il principio supremo. Centro spiritua-le quest’ultimo oscurato ed inaccessibile alla massadegli uomini in particolare nell’ attuale “eta’ nera”, ilc.d. Kali –Yuga. Del resto solo il massimo della conoscenza, abbinataal massimo dell’amore percepibile, credo possa por-tare al massimo della nostra evoluzione in ognidirezione.

OBENS:::I:::

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Riflessioni sulla storditezza

DEVII:::I:::

Frequentemente, capita nel corso della nostra vita di

incappare in quei periodi in cui tutto sembra andarestorto. Quante volte ci ripetiamo “Capitano tutte ame”. “Perché proprio io?” “Oggi è proprio una gior-nata NO”. Ancora più spesso, questi fenomeni sem-brano concatenati gli uni agli altri in un unico circolovizioso dal quale ci sembra impossibile uscire.Accadono nella vita quotidiana, nelle piccole cose,ma più pericolosamente nel percorso spirituale,soprattutto nei momenti di passaggio evolutivo, quan-do più nitidamente ci si mostra ai piani sottili.Iniziano in questo caso, attacchi ben mirati a farcibarcollare, cedere, cadere.Il vero pericolo di questo meccanismo è l’inconsape-volezza di quello che succede, l’ignoranza che carat-terizza il ritrovarsi in balia degli avvenimenti senza lapossibilità di prendere attivamente parte alla suainterruzione.E’ chiaramente questa una grave lacerazione del man-tello; ciò non toglie che potrebbero essere esperienzenecessarie al continuo progresso della presa dicoscienza di sé.Ma torniamo nuovamente alla frustrante sensazionedi perenne insoddisfazione e proviamo anche a con-testualizzarla. Viviamo in un’epoca nella quale iltempo è diventato più che mai la moneta di scambiopiù preziosa: non si ha mai abbastanza tempoper fare tutto. Il ritmo di vita è aumentatospaventosamente. A dimostrazione di questatesi non ci sono solo le testimonianze di per-sone che stanno vivendo la loro vecchiaia.

Per capire che le consuetudini si sono modi-ficate, basta guardare un vecchio film, osser-vare le strutture della società che sono basate

ancora sui vecchi ritmi, come ad esempio l’orariodegli asili nido che sono incompatibili con gli orariper una madre lavoratrice, o come un piccolo negozionon riesca a stare al passo con i ritmi delle leggi dimercato.Diventa quindi fondamentale prendere atto che seglielo si concede, l’ego adopererà sempre la scusa delnon avere tempo. Del resto, tutta la giornata moderna è diventata d’ob-bligo riempirla: la scuola, il doposcuola, varie attivi-tà motorie, corsi linguistici, artistici e informatici, l’u-niversità, la specialistica, il master, il lavoro, l’educa-zione permanente, le uscite con gli amici, gli hobbyeccetera. In questi casi può accadere non solo un calo dellavolontà di adempiere ai doveri che ci si era prefissa-ti, ma anche di farli male. La concentrazione diventamolto difficile da raggiungere mentre si ha la menteingombra da tutto il contesto quotidiano, pregno dipensieri, parole e azioni miscelati in un turbinio con-fusionario e non ben riconducibili fra di loro. Si trat-ta semplicemente di darsi e riconoscersi delle priori-tà.Per continuare a lavorare, è necessario innanzituttoessere consapevoli della situazione in cui ci si trova;di fronte a sé stessi smettere di giustificarsi con qual-siasi mezzo. In più, occorre prestare maggiormenteattenzione all’allenamento che viene proposto, edeseguirlo nei più piccoli particolari. Ogni virgola che suona anche solo leggermente sto-nante va studiata e verificata; questa stessa attenzionepuò diventare parte integrante dell’allenamento. Nonè sicuramente qualcosa che si compie in cinque minu-ti, ma giorno dopo giorno, gradualmente e senza pre-tendere troppo (senza peraltro evitare di far tutto

adducendo quest’ultima cosa come scusa).Si sarà notato che anche nel mondo profa-no, più si cerca di lavorare imprudentemen-te e superficialmente, più le dimenticanzeaffiorano e i fallimenti arrivano. Occorre fronteggiare questo atteggiamento,

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creato solamente da noi stessi, obbligandosise necessario, a fermarsi e soffermarsi su ciòche si ha dentro. Inizialmente potrebbe risultare difficile riconoscerealcunché in mezzo a tutta la confusione da noi creata;successivamente si potrebbe cedere alla tentazione dicredere di riconoscere solo virtù. Con qualche ulte-riore passo avanti ci si renderà conto che invece lebrutture sono tante e alcune persino difficili da subli-mare. Ma se il percorso viene eseguito giustamente,senza quasi rendersene conto, ci potrebbe essere ilcosiddetto cambio di personalità e cose che primaapparivano impossibili per noi diventano estrema-mente naturali.Come esseri umani siamo soggetti a errori e scora-menti, ma come iniziati dobbiamo ricordarci cheabbiamo preso un impegno con entità sottili e cisiamo assunti la responsabilità della nostra continuapurificazione. Le quattordici meditazioni vanno eseguite ogni mesecome una sorta di lavaggio della nostra anima, proba-bilmente perché se non c’è questa evoluzione di statodell’essere, qualcosa da pulire c’è ancora.

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Antiche tecniche

di perfezionamento interiore

MOSE’S:::I:::I:::

Meditare come una montagna

....... Un giovane filosofo francese, si recò al MonteAthos alla ricerca di Padre Serafino e gli chiese diinsegnargli la preghiera del cuore. Il padre gli disse:«Prima di parlare di preghiera del cuore, per primacosa devi imparare a meditare come una montagna».Gli mostrò un'enorme roccia: «impara a pregarecome fa lei, poi torna a trovarmi», gli rispose padreSerafino.All’inizio a restare fermo ore ed ore, il giovane sof-friva … finchè un giorno gli divenne improvvisa-mente chiaro il significato del "meditare come unamontagna", del rimanere là, immobile … e in silenzio… fino a formare una cosa unica con quella pietra ...Cominciava a cambiare pure la sua nozione del tempoadeguandosi a quello della montagna … infatti rima-nere seduto a guardare la montagna significa stare acontemplare l'eternità … Meditare come la montagnasignifica divenire pietra … così il giovane compreseil senso di: "Tu sei pietra e su questa pietra costruiròla Mia Chiesa". Trascorse diverso tempo così "senzafare niente"… abituandosi ad essere, semplicementeessere, senza motivo né obiettivo … privo di qualsia-si pensiero, di qualsiasi desiderio, di qualsia-si pena o piacere.

Meditare come un papavero

.....Un mattino andò a trovarlo il padreSerafino, il quale prese il giovane per il brac-

cio e lo portò in giardino e gli disse : «Oraimpara a meditare come un papavero, senzadimenticare la montagna».

Si mise a osservare e poi a contemplare il Papavero enotò come esso si volgeva verso il sole e come, perrimanere più a lungo così orientato, il fiore teneva ilgambo ben eretto … e da questa contemplazionecomprese a volgere se stesso verso la luce, sempre ea tenere questo atteggiamento come di tutto il proprioessere. “Se osservi bene il papavero, t'insegnerà nonsolo che il gambo è eretto, ma che ha anche una certaflessibilità sotto lo spirare del vento e che quindi pos-siede una grande umiltà”. … Dalla montagna avevaappreso il senso dell'eternità, dal papavero la fragilitàdel tempo. Doveva imparare, oltre che a tenere drittala colonna vertebrale, anche a fiorire e ad appassirecome il fiore e l’erba. Un mattino si domandò perchècosa fioriscano i papaveri, quale funzione siano desti-nati a svolgere … «L'amore ha in se stesso la suaricompensa», diceva San Bernardo. «La rosa fiorisceperchè fiorisce, senza un perché»... analogicamentepensò che pure il papavero fiorisce perchè fiorisce,senza un perché … così apprese a meditare "senzaobiettivo né beneficio" …

Meditare come l'oceano

Dopo un tempo indeterminato padre Serafino nuova-mente si recò dal giovane e lo condusse in una picco-la baia deserta e bagnata dal mare e gli disse: “impa-ra a meditare come l'oceano”. Il giovane trascorrevale sue ore sul bordo dell'Atlantico … la contempla-zione delle onde marine era così affascinante … eglicercava di mettere in sintonia la sua respirazione conla respirazione delle onde … collegando l’inspirazio-ne al flusso dell’onda e la espirazione al riflusso …inspiro, espiro … e così cominciava a respirare pro-fondamente … In armonia con le onde … fino alasciarsi annegare e mettere radici nel fondo dell'o-

ceano che continuava ad essere calmo........ «Colui che ascolta attentamente lapropria respirazione - gli disse poi il padreSerafino - non è lontano da Dio. Ascoltacosa c'è lì, alla fine della tua espirazioneche è l'origine della tua inspirazione».

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In effetti, c'erano momenti di silenzio moltoprofondi tra il flusso ed il riflusso delle onde,c'era qualcosa che pareva prendere in sé l'o-ceano. …

Meditare come una tortora

Dopo tanto tempo padre Serafino andò da lui e glisussurrò: “stare sopra buone fondamenta, essereorientato verso la luce, respirare come l'oceano nonè ancora sufficiente. Ora devi imparare a meditarecome una tortora”. Lo chiuse così in una piccolacella dove vivevano due tortore. All’inizio il tubare diquesti animali gli apparve gradevole, ma, dopo unpo’cominciò a renderlo insofferente … lo svegliava-no … lo distraevano … e lo rendevano nervoso, tantoda indurlo a protestare con padre Serafino.Nell'Antico Testamento, gli spiegò il monaco, lameditazione si esprime con la radice "haga” chesignifica "mormorare a media voce". “Meditare comeun uccello vuole dire meditare con la gola … non soloper accogliere il respiro, ma anche per mormorare ilNome di Dio, giorno e notte”.....Il mormorio fa vibrare tutto il corpo di un'allegriasemplice e serena … impara a mormorare come unatortora e permetti a questo canto che viene dal cuoredi andare su, come hai fatto con il profumo del fiore… Medita e respira canticchiando … «Senza soffer-marti molto sul loro significato, ti propongo di ripe-tere, mormorare, canticchiare quello che sta nelcuore di tutti i monaci del Monte Athos: "Kyrie elèi-son, Kyrie elèison"». Neppure ciò piacque al giovanefilosofo perché in alcune cerimonie veniva tradottocon "Signore, pietà" … ma il monaco gli spiegò che:«Sì, questo è uno dei significati di questa invocazio-ne, ma ve ne sono ben altri: "Signore, manda il TuoSpirito", "Che la Tua tenerezza sia su di me e sututti", "Che il Tuo Nome sia benedetto" ... ma gli rac-comandò di “Non cercare di impadronirti del signifi-cato di questa invocazione, esso ti si riveleràda sé, per il momento, sii sensibile e staiattento alla vibrazione che si provoca nel tuocorpo e nel tuo cuore, cerca di armonizzarlaquietamente con il ritmo del tuo respiro ... equando i pensieri ti tormentano, ritorna dol-

cemente a quest'invocazione, respira piùprofondamente, tieniti dritto e immobile econoscerai l'inizio della "esichìa", la pace

che Dio dà con generosità a coloro che Lo amano».Così il "Kyrie eleison" cominciò a divenirgli familia-re e lo accompagnava ovunque, come il ronzioaccompagna l'ape dappertutto ... A volte il ronzio siinteriorizzava e la sua vibrazione diventava più pro-fonda e lo conduceva in un silenzio sconosciuto … L'invocazione lo elevava piano piano e gli inculcavaun senso di intenso rispetto verso tutto il creato … Finqui, l'insegnamento dello staretz era di ordine natura-le e terapeutico. La montagna, il papavero, l'oceano,la tortora, erano altrettanti elementi della Natura …"Tutte le cose sanno pregare prima di noi" … ma nel-l'uomo la preghiera degli elementi naturali prendecoscienza di se stessa …A questo punto padre Serafino gli disse: «Ora non seilontano dal meditare come un uomo. Debbo inse-gnarti la meditazione di Abramo».

Meditare come Abramo

Dopo avere appreso tutti gli insegnamenti provenien-ti dalla Natura, “la posizione tranquilla e immobiledella pietra, il raddrizzamento e l'orientazione positi-va verso la luce del papavero, il respiro pacificantedegli oceani, il canto interiore delle tortore, ora ilgiovane viene invitato al risveglio del cuore” ... infat-ti la meditazione di Abramo richiede una coscienzadifferente e più ampia: la "fede “.Per Abramo, la vita stessa consiste nel viverla, istan-te dopo istante, sotto la Presenza costante di Dio che,automaticamente, risveglia interiormente la pace e laluce e anche l'Amore per il prossimo. “Meditare come Abramo” è intercedere per la vitadegli uomini, non ignorare nulla della loro corruzio-ne e tuttavia non disperare mai della Misericordia diDio” ... il cuore viene liberato da ogni tentazione di

esprimere giudizi e condanne … Meditarecome Abramo «Ci può condurre fino alSacrificio», disse il padre Serafino … eAbramo fu pronto a sacrificare il suo unicofiglio Isacco … perché «Tutto appartiene aDio - mormorò padre Serafino - e tutto è

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Suo, viene da Lui ed è per Lui» … questoatteggiamento interiore guida alla completaspoliazione di se stessi e di ciò che si ha di piùcaro … “Meditare come Abramo è aderire per fede aciò che trascende l'universo, è praticare l'ospitalità,intercedere per la salvezza di tutti gli uomini, èdimenticare se stessi e spezzare i legami più intimiper scoprire se stessi, amare il nostro prossimo e tuttol'universo abitato dalla Presenza infinita di "Coluiche Solo è". Il giovane compiva ormai progressi inimmaginabiliinizialmente … sia nella preghiera che nella medita-zione e, spesso, notava le lacrime sul suo viso, nell’intercedere per l’umanità: «Mio Dio, misericordia.Che sarà dei peccatori?».

Meditare come Gesù

Una mattina il giovane andò a cercare il monaco e glidomandò: «Padre, perchè non mi parlate mai diGesù? Come era la sua preghiera, la sua forma dimeditazione? Nella liturgia e nei sermoni non siparla che di Lui. Perchè non me ne dite nulla diciò?». Il padre si è turbato un pò: «Questo, soltanto loSpirito Santo può insegnartelo, "Nessuno sa chi è ilFiglio se non il Padre, né chi è il Padre se non ilFiglio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" [Lc10:22]. Devi diventare figlio per pregare come ilFiglio ed avere con Colui che Egli chiama suo Padrele stesse relazioni d'intimità: e questa è l'opera delloSpirito Santo. Egli ti ricorderà tutto ciò che Gesù hadetto. Il Vangelo diventerà vivo in te e ti insegnerà apregare nel modo giusto». “Meditare come Gesù ricapitola tutte le forme dimeditazione che ti ho trasmesso finora.Gesù è l'Uomo Cosmico. Sapeva meditare come lamontagna, come il papavero, come l'oceano, come lacolomba. Sapeva meditare come Abramo. Il suocuore non aveva limiti, amando sia i suoi nemici chei suoi carnefici: "Padre, perdonali perchènon sanno quello che fanno". Praticava l'o-spitalità verso gli infermi ed i peccatori, iparalitici, la prostituta. Di notte si ritirava apregare in segreto e mormorava come un

bambino: "Abba", che vuol dire "papà". “Che lo Spirito Santo ponga in te i sentimen-ti e la conoscenza di Gesù Cristo, in modo

tale che questo "Abba" non ti esca dalle labbra, mavenga dal profondo del cuore. Quel giorno comince-rai a comprendere che cos'è la preghiera e la medita-zione degli esicasti». E lo congedò così: ed ora puoiandartene!Il giovane rimase ancora un pò sul Monte Athos. Lapreghiera di Gesù lo trasformava in Amore e fuoco …Il roveto ardente non era più, per lui, una metafora,ma realtà: "Ardeva, eppure non si consumava".Si racconta che “strani fenomeni di luce accadevanonel suo corpo … qualcuno lo aveva notato stareimmobile a trenta centimetri da terra … qualcun altrososteneva di averlo visto camminare sull'acqua” …

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Gruppo ed Eggregoro

LICURGOS:::I:::I:::

Nel "Rituale dell’AltaMagia" di Eliphas Levi, si

legge, fra l’altro: "La Grande Opera, in magia prati-ca, dopo l’educazione della volontà e la creazionepersonale del mago, è la formazione della catenamagnetica in cui consiste il vero segreto della regali-tà e del sacerdozio."Far nascere una catena magnetica significa far nasce-re una corrente di idee che produce la fede e trascinaun grande numero di volontà in un cerchio stabilito dimanifestazioni attive. Una catena ben formata è comeun vortice che trascina e travolge ogni cosa. Una cate-na può formarsi in tre modi;- per mezzo di segni;- con la parola;- col tatto.Si stabilisce una catena per mezzo di segni quando siadotti un segno (o più segni) che simboleggi unaforza.Il Tau, adottato convenzionalmente dagli antichicostruttori quale segno di riconoscimento legato sim-bolicamente al principale strumento di lavoro, acqui-stò tale forza concatenante fra i membri della corpo-razione che (secondo le narrazioni più o meno leg-gendarie) sarebbe bastato ad Hiram, capo dei costrut-tori del Tempio di Salomone, tracciarlo nell'aria conla mano per radunare, in pochi minuti, gli operai chelavoravano alla costruzione del Tempio, inquel momento dispersi tra la folla festante,quando ne fu richiesto, in presenza di Salo-mone, dalla Regina di Saba.Pare che la vista e l'imitazione del segno

della croce bastassero, nei primi secoli delcristianesimo, a fare dei proseliti.I Maghi, cioè coloro che praticano la vera

magia, comunicano fra loro col segno del microco-smo (che sembra si faccia con le cinque dita distese),così come i cristiani col segno della croce ed iMartinisti come previsto dal grado rivestito.Tali segni, una volta ricevuti e propagati, acquistanoforza di per sé stessi.La catena magica per mezzo della parola, era dagliantichi simboleggiata nelle catene d'oro che uscivanodalla bocca di Ermete. Grandissima è l'elettricità dell'eloquenza. E' nostraesperienza quotidiana la forza di persuasione eserci-tata da uno slogan pubblicitario, oppure con il trasci-namento delle frasi, talvolta senza un preciso signifi-cato logico, ripetute e cadenzate da una massa di scio-peranti, spesso rafforzata anche dal segno del pugnoalzato ritmicamente con la stessa cadenza.La parola crea vasta suggestione in mezzo alle follepiù ignoranti, anche tra quelli che essendo troppo lon-tani, non sentono, ma sono coinvolti per commozionee sono trascinati col resto della folla.Ma la più completa ed efficace maniera di stabilireuna catena è con il contatto.Il contatto diretto e positivo tra mano e mano, a pocoa poco, completa l'armonia delle disposizioni, perciòesso è anche segno di simpatia e di intimità.I bambini, che sono mossi istintivamente dalla natu-ra, formano una sorta di catena magica quando gioca-no al "giro-tondo". Allora la gaiezza circola e il risosi espande.Formare la catena magica significa stabilire una cor-rente magnetica che diventa più forte in ragione del-l’espandersi della catena stessa.La Tinozza di Mesmer era probabilmente una catenamagico-energetica idonea a moltiplicare il magneti-smo dei singoli partecipanti. L'anello di Pacinotti,

ripetuto più volte nell'elettromagnete, mol-tiplica l'energia di ciascun conduttore, cosìcome una batteria risulta avere un potenzia-le elettrico maggiore di quello dato dallasomma delle singole pile che la compongo-no.

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Pertanto una catena d'unione serve, in genera-le, a moltiplicare la somma delle energie pos-sedute dai singoli elementi che la compongo-no.Il termine specifico, usato in magia, per significareuna catena di individualità spirituali ed intelligenti, èla parola "eggrègoro".Circa la sua etimologia, non ho reperito fonti certe.Da una parte io penso si possa far derivare dal grecoegrègora , perfetto del verbo egéiro

,e dal suo derivato egregoràoegregoréo , che significa principalmente"sto desto, veglio" (indicando che in una "veglia" ci siriunisce in più persone assieme, come in una vegliafunebre, nella veglia d'armi medioevale o in un"veglione" festivo), ma significa anche "eccitare,suscitare, stimolare": in questo secondo significato siindicherebbe lo scopo da raggiungere (stimolare leenergie singole) per indicare il mezzo messo in atto(riunirsi, creare una catena).Da un'altra parte, si potrebbe ricollegare la parola"eggregoro" al latino "aggrego, aggregare" che signi-fica associare, accomunare.Secondo alcuni, si dà il nome di "eggregoro" ad "unaforza generata da una potente Corrente Spirituale edalimentata poi, ad intervalli regolari, secondo unritmo, in armonia con la “Vita Universale delCosmo", oppure ad una "Riunione di Entità" unite daun carattere comune.Ponendo come assioma quanto sopra definito, risultaevidente che, per generare un Eggregoro, occorre1'esistenza di una "corrente spirituale" che abbiaimpresso un certo "ritmo"; oppure, se si ha una"riunione" di "entità" aventi carattere comune.L'Ordine Martinista, ponendosi come "corrente spiri-tuale" intesa a conservare ed a perpetuare, quale erededelle Tradizioni iniziatiche la Legge universale, costi-tuisce un eggregoro; non solo: esso realizza 1'eggre-goro anche con la riunione di entità umaneintelligenti, aventi, quale carattere comune,di essere "uomini di desiderio di conoscenza”che cercano, attraverso la volontà, di diriger-si verso la “Luce creata ed increata" propo-

nendo un metodo di lavoro anche "rituale",tale, cioè, che imprima al proprio ideale spi-rituale un determinato "ordine armonico”.

Tra parentesi, queste riflessioni debbono farci com-prendere quanta prudenza occorra nel deliberaremodifiche od innovazioni che possono scalfire la"corrente spirituale" o scombussolare "l’ordine armo-nico" tradizionalmente fissati.Torniamo al nostro argomento.Se, dunque, l'Ordine Martinista costituisce un eggre-goro, le entità che lo compongono sono le Colline edin queste sono allocati i Gruppi; tutti debbono esserein sintonia con “la stessa corrente spirituale", e lavo-rare con identico "metodo di base".Ma ciascun Gruppo, a sua volta, costituisce un eggre-goro, sia pure di minori dimensioni, che deve pureavere le stesse caratteristiche fondamentali, iniziati-che.Tutto ciò caratterizza l’Ordine che, tramite le modali-tà previste sin dalla costituzione a cura di Papus edegli altri fratelli fondatori, intende favorire i suoicomponenti ad operare secondo il ritmo e l'energiadell'eggregoro, cioè del gruppo sinergico, il quale è ingrado di sviluppare, come insieme unico, una quanti-tà di energia psichica di gran lunga superiore allasomma delle singole energie che i suoi componenti,anche nelle condizioni migliori, sono in grado di svi-luppare ciascuno isolatamente. Pertanto, il risultato che uno degli elementi, anche ilmigliore, il più dotato, potrebbe raggiungere da solorisulta ben poca cosa rispetto al risultato che lo stessopotrà raggiungere in seno all'eggregoro, ed alle cate-ne operative.La struttura dell’Ordine essedo Iniziatica, si presentacon almeno due delle caratteristiche più tipiche: 1. porta a ricominciare dall'inizio il tentativo di rige-nerazione interiore del nuovo adepto, suggerendoglidi sacrificare temporaneamente tutto il bagaglio di

verità fino a quel momento forse acquisite,perchè tende a fargli iniziare una nuova viacon un incedere particolare;2. perchè il suo metodo, essendo rivolto allaricerca della Conoscenza, non ha come

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campo di osservazione solo il mondo esterno,fenomenico e, perciò, mutevole, fallace, masoprattutto il proprio IO, mediante un proces-so di introspezione che richiede di andar dentro (in-ire) di sé stesso, là dove soltanto, piccolo microco-smo, potrà trovare l'immagine del macrocosmo,Entità senza aggettivi.

Il lavoro, dunque, è individuale, ma al tempo stessoanche collettivo: • individuale, perchè ciascuno deve svolgerlo all'in-terno di sé stesso con una modalità assolutamentepersonale; • collettivo, perchè facendo tutti insieme collegatiqualche cosa di simile per lo stesso fine di reintegra-zione nella Luce dello Spirito, le capacità e le possi-bilità di riuscita si moltiplicano per ognuno.A questo punto, occorre puntualizzare un concetto.Quando, liberamente e spontaneamente, si decide diinserirsi in una catena operativa di un Gruppo o del-l’intero Ordine, è conseguenziale che se ne accettinotutte le regole e, quindi, tutti i doveri che tale decisio-ne comporta.Sottrarsi al lavoro interiore previsto, senza unimprovviso e grave motivo, non è l'esercizio di unalibertà di scelta, ma la colpevole inadempienza di undovere liberamente assunto per sé stessi, l'attuazionedi una frode (perdonatemi l'espressione pesante) neiconfronti dei Fratelli anche di altri “livelli” che vedo-no delusa la loro aspettativa e le azioni tese ad aiutar-ci per rigenerarci in seno ad un eggregoro più espan-so e, quindi, capace di una più intensa stimolazione,di un più incisivo potenziamento delle personali ener-gie psichiche individuali. Anche se è vero, purtroppo, che l'ampliamento nume-rico rischia di facilitare distonie ed aritmie nell’armo-nia comune; ovvero sbalzi di tensione nella correnteenergetica dell’eggregoro.Il raggiungimento dello scopo finale che, come abbia-mo detto, è l’acquisizione della “Verità Una”, laConoscenza integrale, la gnosis, finalizzataalla reintegrazione, non è compito facile e,pur con il supporto dell’eggregoro, richiede

così tanto tempo che, spesso, non basta l'in-tero arco della vita. Pertanto, esso non può che essere progressi-

vo.E se la progressione avviene, come nel lavoro dell'al-chimista, provando e riprovando, ne deriva che coluiche più di un altro ha provato e riprovato, pur se nonha alcuna verità da comunicare al meno esperto com-pagno di lavoro, tuttavia può farlo partecipe di certesue esperienze, delle vie inutilmente da lui battute, diqualche errore di metodo da lui messo in atto, dimodo che (se ha la responsabilità di provvedere) ilfratello meno esperto possa farne tesoro ed evitare asé stesso esperienze e tentativi inutili, quando nonaddirittura nocivi.Da ciò, una palese differenziazione, per gradi di espe-rienza, tra i diversi componenti dello stesso eggrego-ro; una differenziazione magari per dimensioni dicapienza, per predisposizione naturale, per attitudineallo specifico compito, da tutti egualmente e sponta-neamente scelto.Non già differenze proposte dal mondo esterno, rela-tive a cultura accademica, ad ambiente di estrazione,a tipi di educazioni sociali o religiose che, all'esterno,possano oggettivamente differenziare fra loro i com-ponenti del gruppo.Quanto avanti detto spiega perchè, nella sua organiz-zazione esteriore, l’Ordine, pur tendendo al perfezio-namento ed alla rigenerazione spirituale del singolouomo pone come elemento di base anche il gruppo (lareintegrazione probabilmente potrà essere solo cora-le), in seno al quale distingue i propri componenti neitre gradi di: Associato, Iniziato, Superiore Incognitoche sono coordinati da un Iniziatore (funzione con-creta, ma non grado specifico).Nell’Ordine Martinista la trasmissione iniziatica èdiretta, esclusiva, da Maestro ad allievo; trasmissioneadatta a risvegliare le possibilità latenti in ciascunUomo di desiderio. Si tratta di colui che ha intuito lanatura divina, insita nella forma umana e che vuole

studiare i modi per rendere consapevolmen-te cosciente tale intuizione, intraprendendoil sentiero della reintegrazione al fine di

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liberarsi dal condizionamento della caducitàumana.Quindi, un maestro si assumerà la responsa-bilità di essere accogliente e di assistere un adeptosino all’auspicabile completamento del suo percorso. Un postulante dovrà assumersi la responsabilità didivenire un adepto.Ma, nel concreto, non tutti riescono a percorrere lanostra via, poiché non tutti sono disposti o capaci divivere secondo gli insegnamenti che la caratterizza-no; alcuni vi entrano formalmente e, se vogliamo,anche giuridicamente: saranno quindi legittimamente“soci" della struttura, ma non ne faranno mai partenella sostanza, non saranno mai "Martinisti", perquanti gradi possano accidentalmente essere lororiconosciuti dal proprio Iniziatore.Le qualità fondamentali di un aspirante che incontriun nostro Maestro devono essere le seguenti:• intensa aspirazione a conoscere ed a conoscersi, nonsolo e non tanto nel senso apparente (cioè miratoall'altrui opinione) quanto nel senso reale, in cui ilgiudice più critico ed imparziale dev'essere la propriacoscienza;• forza e costanza nella ricerca della Verità, senzaindulgere a quelle di comodo, a compromessi, a sot-tomissioni;• saper rivisitare sé stesso, creando un adeguato rac-coglimento meditativo, interiore, suscettibile di suc-cessive possibilità contemplative;• saper trovare il consapevole coraggio di scegliere diessere un poco alla volta, sordo a tutto ciò che ilmondo profano (cioè "fuori della porta") e la societàpossono offrire sul piano delle consuetudini, dellamorale sociale, della letteratura, della politica e diogni altra espressione che si riferisca alla condizioneassociativa dell'uomo, in modo da non subirne i con-dizionamenti. In un secondo momento, una volta che si sia impo-stata almeno un poco la propria, nuova personalità,divenendo progressivamente sempre più “incogniti”,si potrà rientrare in tale orbita, perchè lacoscienza sarà cambiata e la maschera, uni-tamente al mantello non saranno più simboli

incomprensibili; così si saprà come utilizzar-li efficacemente.La prima e più importante qualità dell'aspi-

rante Martinista è la volontà, e la capacità di concen-trarsi naturalmente e stabilmente, al fine di aderirealla Verità percepita, cioè quella di uniformare tutti ipropri comportamenti, sentimenti, pensieri, in manie-ra coerente ai principi che dalla Verità intuita scaturi-scono, anche se talvolta scomodi, che costringono arinunce e sacrifici rispetto le esigenze materiali. Per esempio: avere percepito il "dovere" di eseguireun programma di meditazioni o di partecipare all’at-tivazione di una catena “operativa” mentale, dovreb-be facilmente far rinunciare al "piacere" di una festa,di uno spettacolo teatrale o calcistico, di una comodapoltrona davanti al caminetto.Occorre, infine, che l'aspirante Martinista sappia che,una volta iniziato il cammino della ricerca, non deveaver fretta. Non deve pensare che l'acquisizione della Verità e lapropria rigenerazione spirituale, conseguente al lavo-ro previsto dopo l’iniziazione debba avvenire secon-do le proprie preconcette opinioni emotive, nè devetenere in gran conto la propria educazione culturale-sociale.Alcuni profani entrano in un Gruppo con dei precon-cetti, con delle fantasie, che, prima o poi, vengonofrustrati.Per esempio, si creano la aspettativa di trovarvi nondei Fratelli in cammino, ma dei superuomini, dei"santi", dei maghi, ecc. insomma, delle persone chesappiano rispondere a tutte le loro personali aspettati-ve. In tali casi, questo dimostra anche che essi, in parten-za, si considerano superiori agli altri uomini, potendo,a buon diritto, partecipare al consesso dei superuomi-ni, e sedere al desco dei "santi".Oppure, essendo polarizzati in una loro nota indivi-duale (sentimento, pensiero, volontà, ecc.), sperano ditrovare la stessa polarizzazione negli altri, ma anche

questo è impossibile a verificarsi.Oppure, ancora, rimangono frustrati perchènon vengono assecondate le loro debolezze

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di cui per lo più non sono consapevoli: desi-derio di potenza, vanità, accidia, spirito criti-co, insubordinazione, ecc.Altri aspiranti, poi, entrano in un Gruppo per qualchecompensazione psicologica o, peggio, con program-mi di scalate economico-sociali, supponendo di poteracquisire poteri e relazioni.Rimane ovvio che tali aspiranti, se non riescono adinquadrare il problema, finiscono con l'allontanarsispontaneamente, ma è augurabile che un siffatto aspi-rante non trovi nel Gruppo, alcuna gratificazione allesue varie compensazioni od alle sue aspettative egoi-che. Se ciò dovesse avvenire, da una parte sarebbero per-petuate quelle incompiutezze, quei difetti, quelle tareche lo avevano spinto a cercare un luogo di realizza-zione, dall'altra, inserendo nella catena uno o piùanelli difformi, rompendone l'armonia, si correrebbeil rischio di intralciare, ritardare, deformare il lavorodi un Maestro a favore degli altri componenti delGruppo e per estensione dell’Ordine stesso con l'in-terpolazione, nel ritmo dell'eggregoro, di una o piùnote stonate.Un ricercatore della Verità, se veramente è tale, devesapere, che entrando nell’Ordine Martinista ha unprimo compito prioritario: quello di conoscersi inmodo fisico e psichico al fine di poter superare le bar-riere del proprio "io" egocentrico, deputato a soddi-sfare tutte le personali aspettative, i desideri passio-nali, i propri preconcetti materiali. E’ di fatto una morte della vecchia personalità perfarne emergere una nuova, più luminosa e non piùtotalmente egoistica. Ma molti non comprendono: alsolo udire la parola "morire" fuggono, e ciò, in defi-nitiva, è un bene, oppure sfuggono, e ciò è male.Un Gruppo è una forza benefica anche nel contestosociale, perchè opera, soprattutto, sul singolo indivi-duo. Se prendiamo atto che la società è formata dapiù singoli, dovremo riconoscere che la tra-sformazione in meglio della Società, del-l'Umana Famiglia, non può attuarsi se non siattua una radicale trasformazione di coscien-

za della singola persona. Una società rispecchia sempre: il gradocoscienziale dei singoli componenti.

La più idonea, efficace e grande rivoluzione che l'uo-mo possa compiere è quella che fa in sé stesso. Nonvi è etica più alta che la trasformazione armonicadella propria coscienza, la realizzazione della propriaEssenza, la liberazione da ogni, incompiutezza con-flittuale. E' questo il vero ed unico dovere dell'uomo sullaterra.Il Gruppo e l’Ordine, in quanto eggregoro, aiuta a nondisperdere energie, ma a concentrarle verso il propriodovere, così costituisce il vero atanòr per la trasfor-mazione del piombo in oro, la vera casa per il cam-mino di Ritorno dello Spirito alla sua Divina Origine.Se la casa profana rappresenta, in genere, il sostegnodal quale l'IO parte per espandersi all’esterno, ilTempio Interiore, casa spirituale e sacra di ognuno,costituisce il supporto in funzione tramite il quale,gradualmente, prendendone coscienza, ci si concen-tra sempre più fino a far scomparire l’"IO" per armo-nizzarsi empaticamente in quel "NOI" oceanico costi-tuito dall'eggregoro.Un Gruppo dovrebbe, fondamentalmente, esserecomposto da coloro che, mediante l'unità di intentospirituale o la comune vocazione, l'accettazione del“principio" (ricerca della Verità) e l'ardente aspirazio-ne di essere, si sono faticosamente aperti la strada,partendo dalle singole individualità profane, per giun-gere ad un "centro attivo" in cui l’energia circola inproporzione all'unità eggregorica realizzata ed allaqualità dei moventi dei singoli.Un Gruppo, in quanto eggregoro, non nasce per il"desiderio" o la "volontà" di qualcuno; non è col desi-derio o con l'ambizione che si opera sul piano spiri-tuale. L'ambizione non può che denunciare intenti di stru-

mentalizzazione materiale e profana. Uneggregoro, nella sua vera accezione, nasceperchè si è determinata una certa armoniz-zazione energetica spirituale, tanto da pre-cipitarsi sul piano fisico.

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Un Gruppo è un’Entità ove vengono a depo-sitarsi dei semi che, sotto il controllo amore-vole di un Maestro, attendono il germoglio elo schiudersi del fiore. Chi osserva con occhio attento la composizione di unGruppo, può notare che alcuni semi sono divenutisplendidi fiori, altri sono in germoglio, altri ancorasono allo stato di risveglio, qualcuno, purtroppo, mar-cisce invano.Se veramente si vuole uscire dalla ignoranza non solometafisica della vita profana, occorre che ogni com-ponente di un Gruppo comprenda la sacralizzazionedi ciò che compie: modo di pensare, di parlare, dicomportarsi, di porsi nei reciproci rapporti, e così via.Se un Gruppo dev'essere una fucina di trasfigurazio-ne, allora bisogna portare tutte le proprie "potenze"alla giusta cottura in maniera da far maturare laGrande Opera.Ma tutto ciò richiede profondo silenzio, profondaattenzione, umiltà e, soprattutto, non dispersionedelle energie, per riuscire “veramente a conoscere edattendere”.

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Tutti i racconti, i saggi, le poesie, i disegni, che le Sorelle ed i Fratelli

vorranno proporre per l’inserimento su questa pubblicazione

dell’Ordine Martinista, potranno essere inviati a:

Renato Salvadeo

e-mail : [email protected]

Alla gloria di Grande Architetto dell’Universo

e sotto gli auspici del

Filosofo Incognito nostro Venerato Maestro

Proprietà riservata dell’Ordine Martinista

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