BNL Focus #41
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Banca Nazionale del Lavoro – Gruppo BNP Paribas
Via Vittorio Veneto 119 - 00187 Roma
Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 159/2002 del 9/4/2002 Le opinioni espresse non impegnano la responsabilità della banca.
41 12 novembre
2012
Direttore responsabile:
Giovanni Ajassa tel. 0647028414
Per effetto della recessione, in termini reali, il reddito disponibile delle famiglie italiane è oggi pari a quello che era alla metà dell’anno Duemila. Ad attenuare le ripercussioni economiche e sociali della crisi interviene il risparmio accumulato negli anni e dalle generazioni passate. Al primo trimestre del 2012 la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane ammonta a 3.555 miliardi di euro. Sottratti i debiti e rapportata al reddito, la ricchezza netta delle famiglie continua a mostrare in Italia uno dei valori più elevati tra i paesi dell’Area euro.
Negli ultimi mesi le esportazioni dell’Italia hanno inviato segnali di rallentamento. Le vendite all’interno della Ue hanno smesso di crescere, mentre quelle negli altri paesi hanno continuato ad aumentare, sebbene più lentamente. Nella prima parte del 2012, il traino è venuto dalle economie avanzate, in particolare Stati Uniti, Svizzera e Giappone, oltre che dai paesi OPEC. Le esportazioni in Cina sono, invece, scese di oltre il 10%, risultato di un brusco calo nelle vendite di macchinari. Questi nuovi andamenti non sono il risultato di un cambiamento strutturale dell’economia cinese verso maggiori consumi, quanto soprattutto il frutto di particolarità specifiche del nostro Paese.
Le esportazioni dell’Italia
(miliardi di euro; somma ultimi dodici mesi)
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Mondo Ue 27 Extra Ue 27
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
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12 novembre 2012 setesettembresetteSettsettembreAgosto 2008
Editoriale: Risparmio, ricchezza e investimenti G. Ajassa 06-47028414 [email protected]
Reddito disponibile delle famiglie italiane
(miliardi di euro; in termini reali)
200.000
205.000
210.000
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220.000
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Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su Istat
Per effetto della recessione, nei quattro anni che vanno dalla metà del 2008 alla metà
del 2012 il reddito disponibile delle famiglie italiane, valutato al netto dell’inflazione, è
sceso di nove punti percentuali. In termini reali, il potere d’acquisto degli italiani è pari a
quello che era alla metà dell’anno Duemila. Siamo tornati indietro di dodici anni. Oltre
ai valori deflazionati, scendono anche i redditi nominali. Moltiplicando per quattro il dato
Istat del secondo trimestre si ottiene che il valore annuo del reddito disponibile delle
famiglie italiane, al lordo dell’inflazione, è oggi pari a 1.039 miliardi di euro. Quattro
anni fa, all’inizio della recessione, lo stesso valore era pari a 1.069 miliardi. Mancano
all’appello trenta miliardi. Mal contato, dividendo per i sessanta milioni di residenti, il
reddito disponibile pro-capite è oggi più basso di quello del 2008 di 500 euro a testa, il
tre per cento in meno su un valore medio annuo di circa diciassettemila euro.
Nella storia economica dell’Italia unita è difficile trovare un periodo di così intensa e
protratta caduta del reddito degli italiani. Prendendo come indicatore il valore reale del
PIL pro-capite, la flessione prodotta dalla successione tra le due recessioni iniziate nel
2008 e nel 2011 supera largamente le contrazioni degli anni Novanta e degli anni
Settanta dello scorso secolo. Rimane comunque inferiore alla caduta intervenuta nel
periodo della Seconda Guerra Mondiale, quando il PIL pro-capite reale praticamente si
dimezzò nel volgere dei sei anni intercorrenti tra il 1939 e il 1945.
Ad attenuare le ripercussioni economiche e sociali della grave recessione è oggi
soprattutto il risparmio. Non tanto il nuovo risparmio, difficile da formare in tempi così
difficili, quanto il risparmio accumulato dalle generazioni passate. È la ricchezza delle
famiglie italiane che oggi, più di ogni altra risorsa, svolge un ruolo di essenziale
ammortizzatore economico e sociale.
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Al primo trimestre del 2012 la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane ammonta a
3.555 miliardi di euro. Al netto di debiti che alla stessa data sono pari a 832 miliardi, la
ricchezza netta degli italiani si colloca intorno ai 2,7 trilioni di euro. Rispetto a quattro
anni fa c’è un calo che supera i duecento miliardi di euro e che si avvicina all’otto per
cento del totale. Nondimeno, nonostante le riduzioni dovute alle recessioni e alla crisi,
la ricchezza finanziaria a disposizione delle famiglie italiane rimane significativamente
più alta rispetto a quanto rilevato in altri paesi europei. La ricchezza finanziaria netta –
quindi, debiti finanziari e componente immobiliare esclusa – vale 2,4 volte il reddito
disponibile delle famiglie in Italia contro solo 1,1 volte in Spagna e 1,8 volte in
Germania, 2 volte in Francia e 1,9 volte nella media dell’Area euro.
Ricchezza finanziaria netta delle famiglie
(anno 2011; in rapporto al reddito disponibile)
1,1
1,81,9
2,0
2,4
Spagna Germania Area euro Francia Italia Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su Banca d’Italia
Risparmio e ricchezza sono risorse essenziali per gettare un ponte tra le difficoltà
odierne e la ripresa futura. Esattamente venti anni orsono, in un suo intervento in
occasione della Giornata Mondiale del Risparmio del 1992, Carlo Azeglio Ciampi
affermava che “la scelta del risparmiare (…) rappresenta la spinta a guardare oltre il
presente, a precostituire, non solo per se stessi, ma per i propri figli, per le generazioni
future, per la società civile condizioni di sicurezza.”1 Oggi precostituire condizioni di
sicurezza per l’economia e la società vuol dire soprattutto contribuire attivamente al
ritorno della crescita.
La priorità della crescita, senza cui non può esservi vera stabilità, è una tensione a cui
volgere sempre più il nuovo risparmio e le forme di investimento della ricchezza
accumulata nel passato. Aprendo il suo intervento per la celebrazione della Giornata
Mondiale del Risparmio del 2012 nei giorni scorsi il Governatore della Banca d’Italia
Ignazio Visco ha sostenuto che il risparmio è materia prima fondamentale per lo
sviluppo equilibrato di un paese in quanto “permette di finanziare gli investimenti senza
1 Carlo Azeglio Ciampi, Intervento alla celebrazione della 68° Giornata Mondiale del Risparmio, Banca
d’Italia, 31 ottobre 1992.
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che ne risultino sbilanci nei conti con l’estero”2. Riannodare i legami fra il risparmio e la
ricchezza delle famiglie e gli investimenti produttivi rappresenta oggi una sfida cruciale.
Gli investimenti fissi lordi delle imprese sono infatti la componente del PIL che accusa
la caduta più forte dal 2008. Il rilancio degli investimenti è condizione necessaria per il
recupero della produttività e della competitività. Rilanciare gli investimenti passa anche
attraverso un coinvolgimento maggiore e più diretto della ricchezza delle famiglie nel
sostegno a quel segmento di imprese italiane capaci di innovare e di crescere sui
mercati mondiali. Al primo trimestre di quest’anno la porzione investita in azioni quotate
dei 3.555 miliardi di euro di ricchezza delle famiglie italiane ammontava ad appena 63
miliardi, meno del due per cento. Forse è un po’ poco.
Attività finanziarie delle famiglie italiane
(2012 I; miliardi di euro)
1.126
26
698
591
63
223
682
146
Depositi eliquidità
Obbligazioni abreve
Obbligazioni am/lungotermine
Partecipazioninon quotate
Azioni quotatesoc. residenti
Quote di fondicomuni
Riserve tec. diassicurazione
Altro
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su Banca d’Italia
2 Ignazio Visco, Intervento alla celebrazione della 88° Giornata Mondiale del Risparmio, Banca d’Italia, 31
ottobre 2012.
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L’export italiano in continuo cambiamento P. Ciocca 06-47028431 – [email protected]
Dopo aver sostenuto la ripresa sia nel 2010 sia nella prima parte del 2011, ed aver poi attenuato la flessione dell’economia durante questa nuova recessione, le esportazioni italiane hanno cominciato ad inviare segnali di rallentamento. Le vendite all’interno della Ue hanno smesso di crescere, mentre quelle negli altri paesi continuano ad aumentare, sebbene più lentamente.
Guardando al di fuori della Ue, emergono novità di particolare interesse. Tra gennaio e giugno del 2012, le vendite italiane nei paesi BRIC sono scese del 2,3%, penalizzate dalla brusca flessione delle esportazioni in Cina e in India. Nei primi mesi dell’anno, il traino è venuto dalle economie avanzate, in particolare Stati Uniti, Svizzera e Giappone, oltre che dai paesi OPEC.
Sono diverse le motivazioni dietro queste nuove evoluzioni. Negli Stati Uniti crescono le vendite di macchinari, come anche quelle di prodotti tessili. Nei paesi OPEC le esportazioni sono trainate dalle vendite di mezzi di trasporto e da quelle di prodotti alimentari, mentre in Svizzera il successo dell’Italia nasce nel settore dei metalli preziosi.
Diversa la storia della Cina. Il calo delle vendite italiane è il risultato di una brusca flessione delle esportazioni di macchinari, solo in parte compensata dall’aumento nel settore del tessile. Questi nuovi andamenti non sono, però, solo il risultato del cambiamento strutturale dell’economia cinese verso maggiori consumi, o di una minore domanda proveniente dalla Cina, quanto anche il frutto di particolarità specifiche del nostro Paese.
Export extra Ue: scende la Cina, salgono gli Stati Uniti
Guardando l’andamento delle componenti del Pil negli ultimi anni emerge con chiarezza il sostegno fornito dalle esportazioni alla crescita economica in Italia. Dopo la brusca flessione registrata durante la recessione 2008-09, le vendite all’estero hanno trainato la debole ripresa sia nel 2010 sia nella prima parte del 2011, per poi contenere la flessione durante questa nuova recessione. Analizzando l’andamento trimestrale delle vendite all’estero, emerge, però, un sensibile rallentamento. Nel 2010, la crescita trimestrale media delle esportazioni era risultata superiore al 3%, nel 2011 era scesa sotto l’1%, nei primi sei mesi dell’anno in corso è risultata addirittura negativa per 0,4 punti percentuali.
Il rallentamento delle esportazioni segnalato dai conti nazionali viene confermato dai dati della bilancia commerciale, che incorporano non solo le variazioni delle quantità, ma anche l’andamento dei prezzi. Il tasso di crescita delle vendite all’estero è passato dal +15,6% del 2010, al +11,4% del 2011, per poi scendere al +4,2% nei primi sei mesi dell’anno in corso. Il rallentamento sta interessando prevalentemente le esportazioni all’interno della Ue, rimaste invariate nel confronto con il periodo gennaio-giugno del 2011, mentre le vendite al di fuori della Ue stanno continuando a crescere, sebbene più lentamente di quanto accaduto negli anni precedenti (+9,9% nei primi sei mesi del 2012 a fronte del +14,9% del 2011). Il peso dei paesi al di fuori della Ue è ulteriormente cresciuto, raggiungendo tra gennaio e giugno il 45%, dal 42,7% dello stesso periodo del 2011. Limitando l’analisi ai due aggregati, Ue ed extra Ue, i dati sul commercio internazionale sembrerebbero semplicemente rappresentare quanto sta accadendo a livello di singole economie nazionali: peggiorano le condizioni dei paesi europei, tengono, sebbene con segnali di incertezza, quelle dei paesi al di fuori della
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Ue. Passando dai due aggregati ai singoli paesi emergono, però, novità di rilievo.
Le esportazioni dell’Italia
(miliardi di euro; somma ultimi dodici mesi)
Le esportazioni dell’Italia per paese
(gen.-giu. 2012/gen.-giu. 2011)
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Mondo Ue 27 Extra Ue 27 -15 -10 -5 0 5 10 15 20 25 30
Cina
India
Spagna
BRIC
Francia
Germania
Mondo
Brasile
Russia
Regno Unito
Svizzera
Stati Uniti
Giappone
OPEC
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
L’andamento delle esportazioni nei 27 paesi europei rispecchia le condizioni delle singole economie. Rallentano fino quasi a fermarsi le vendite in Francia e Germania, crescono quelle nel Regno Unito, favorite dalle maggiori spese legate ai Giochi Olimpici, si riducono le esportazioni in Spagna.
Le esportazioni dell’Italia in Cina
(var. %)
Le esportazioni dell’Italia nei paesi BRIC
(quota sul totale)
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gen.-giu. 2011
gen.-giu. 2012 Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Di particolare interesse, invece, quanto sta accadendo al di fuori della Ue. Questi paesi hanno rappresentato negli ultimi anni il motore delle esportazioni italiane, con tassi di crescita significativi, che hanno interessato prevalentemente le economie emergenti. Tra il 2009 e il 2011, le esportazioni nei paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) sono aumentate di circa il 50%. In valore l’incremento è prossimo ai 10 miliardi di euro, oltre il 10% della crescita complessiva delle vendite all’estero dell’Italia. Guardando agli ultimi dieci anni, l’incremento delle esportazioni nei paesi BRIC spiega quasi il 17% dell’aumento complessivo delle vendite italiane all’estero, con la quota sul totale più che raddoppiata dal 3,2% al 7,4% del 2011.
Nei primi sei mesi dell’anno in corso, qualcosa è, però, cambiato. Le esportazioni italiane totali sono aumentate di quasi 8 miliardi di euro, incremento sempre
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interamente attribuibile ai paesi al di fuori della Ue. Si sta, però, assistendo ad una significativa flessione delle vendite in Cina, paese che aveva visto crescere le esportazioni italiane anche nel 2009, l’anno peggiore della precedente recessione. Andamento simile ha interessato le esportazioni in India, mentre una crescita è stata registrata in Russia e in Brasile. Nell’insieme dei quattro paesi BRIC le esportazioni italiane sono scese del 2,3%. Tra gennaio e giugno, l’aumento delle vendite è venuto, quindi, prevalentemente dalla crescita nelle economie avanzate al di fuori della Ue, ed in particolare Stati Uniti, Svizzera e Giappone, alle quali si sono aggiunti i paesi OPEC.
Vista l’importanza e la particolarità del cambiamento in corso diviene opportuno andare ad analizzare l’andamento delle esportazioni italiane nei singoli paesi interessati, evidenziandone l’evoluzione a livello settoriale.
I macchinari trainano le esportazioni negli Stati Uniti
Particolarmente interessante appare l’andamento delle vendite italiane negli Stati Uniti. Cresciute del 18,2% nei primi sei mesi del 2012, in valore hanno raggiunto i 13,6 miliardi di euro, pari al 7% del totale delle esportazioni. La positiva performance delle vendite italiane emerge con chiarezza anche analizzando la bilancia commerciale statunitense. Secondo i dati del Bureau of Economic Analysis, le importazioni americane di merci sono aumentate nei primi otto mesi del 2012 del 4,7%. La crescita di quelle provenienti dall’Italia è risultata prossima al 10%, un ritmo sostanzialmente simile a quello registrato in Germania. La quota del nostro paese sul totale delle importazioni americane è leggermente aumentata, risultando pari all’1,6%.
Le esportazioni italiane negli Stati Uniti per settori
(gen.-giu. 2012/gen.-giu. 2011)
Le importazioni degli Stati Uniti per paese
(gen.-ago. 2012/gen.-ago.2011)
5,8
6,4
6,8
11,2
14,4
15,4
18,2
19,0
20,2
29,0
51,6
0 10 20 30 40 50 60
Elettronica
Mezzi di trasporto
Alimentare
Apparecchi elettrici
Farmaceutica
Gomma e mat. plast., min. n. metal.
Totale
Chimica
Tessile, abb. e pelli
Macchinari
Metalli
-14,7
-3,8
4,7
6,9
7,1
9,8
10,2
16,3
21,6
-20 -15 -10 -5 0 5 10 15 20 25
Russia
OPEC
Totale
Cina
Francia
Italia
Germania
Brasile
Giappone
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati BEA
A livello settoriale le esportazioni italiane negli Stati Uniti risultano concentrate nel comparto dei macchinari e in quello dei mezzi di trasporto, che insieme rappresentano circa il 40% del totale. Nei primi sei mesi del 2012, le vendite di macchinari negli Stati Uniti sono aumentate del 29%, a fronte di una crescita delle esportazioni totali dell’Italia nel settore inferiore al 4%, beneficiando dell’aumento degli investimenti non residenziali delle imprese americane. Meno robusta è apparsa la dinamica delle esportazioni di mezzi di trasporto, sebbene il tasso di crescita risulti quasi il triplo di quello relativo al settore nel suo complesso (rispettivamente +6,4% e +2,2%). Gli Stati Uniti rappresentano un mercato importante per il comparto dei mezzi di trasporto italiano, con una quota compresa tra il 10% e il 15% del totale delle esportazioni. È
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opportuno, però, ricordare come le vendite negli Stati Uniti si caratterizzino per un’elevata volatilità, essendo concentrate nel comparto delle navi e imbarcazioni e in quello degli aeromobili.
Guardando agli altri settori, risultati interessanti sono stati conseguiti nel tessile, abbigliamento e pelli. Nei primi sei mesi dell’anno, le vendite sono aumentate di oltre il 20%, a fronte di un modesto +4,1% registrato dal settore nel totale mondo. Analizzando le esportazioni italiane negli Stati Uniti, deve infine essere ricordato il peso delle vendite di vino. Sebbene cresciute moderatamente nei primi sei mesi dell’anno, questo prodotto rappresenta il terzo per importanza dopo gli aereomobili e le navi.
Svizzera, OPEC e Giappone: tre storie differenti
Il positivo contributo alla crescita delle esportazioni italiane proveniente dalla Svizzera, dai paesi OPEC e dal Giappone ha origini differenti, da approfondire.
Nei primi sei mesi del 2012, le esportazioni in Svizzera sono aumentate del 17%, superando gli 11 miliardi di euro. Negli ultimi dieci anni le vendite italiane in questo paese sono più che raddoppiate. La quota sul totale delle esportazioni ha raggiunto il 5,8%, superando la Spagna, e divenendo il quarto mercato per i prodotti italiani dopo la Germania, la Francia e gli Stati Uniti. In valore, le esportazioni in Svizzera sono pari a oltre 2 volte quelle in Cina. Tra gennaio e giugno, questo paese spiega circa un quinto dell’aumento complessivo delle vendite all’estero del nostro Paese.
Le esportazioni italiane in Svizzera per settori
(gen.-giu. 2012; % del totale)
Le esportazioni italiane nei paesi OPEC
(gen.-giu. 2012/gen.-giu. 2011)
Alimentari, bevande e tabacco
4%
Tessile, abbigl. e pelli14%
Legno, carta e stampa
2%
Coke e prod. petr.3%
Chimica2%
Farmaceutica10%
Gomma, plast., prod. lav. min. non metal.
4%Altri metalli
5%Metalli prezioni
27%
Elettronica5%
Apparecchi elettrici3%
Macchinari6%
Mezzi di trasporto4%
Altre attività manifatturiere
8%
Altro3%
-20 0 20 40 60 80 100 120
Apparecchi elettrici
Macchinari
Elettronica
Farmaceutica
Chimica
Tessile, abbigl. e pelli
Gomma, plast., min. non metall.
Metalli
Totale
Alimentari
Mezzi di trasporto
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
Da un punto di vista settoriale, le esportazioni in Svizzera risultano concentrate nel comparto dei metalli, pari a circa un terzo del totale. Questo paese rappresenta uno dei mercati di riferimento per l’Italia, assorbendo quasi il 15% del totale venduto all’estero. Nei primi sei mesi dell’anno, le vendite in questo settore sono aumentate del 56,4%. Guardando all’interno di questo comparto, l’85% delle esportazioni in Svizzera sono rappresentate da metalli di base preziosi che, tra gennaio e giugno, hanno registrato un incremento delle vendite prossimo all’80%, a fronte del +31% relativo al totale delle esportazioni italiane della stessa tipologia di bene. In valore, l’aumento registrato dalle vendite di metalli preziosi in Svizzera è risultato pari a 1,3 miliardi di euro, oltre il 15% della crescita complessivamente registrata dalle esportazioni italiane tra gennaio e giugno. Nel comparto dei metalli preziosi la quota della Svizzera sul totale Italia
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raggiunge il 42%. Il forte aumento del valore delle vendite di metalli prezioni non è solo l’effetto dell’incremento dei prezzi, ma rappresenta anche il risultato di una crescita delle quantità vendute. Le quotazioni dell’oro hanno, ad esempio, registrato un aumento del 14% nel confronto con i primi sei mesi dello scorso anno.
Per la crescita delle esportazioni, tra gennaio e giugno, significativo è risultato il ruolo dell’OPEC. In questi paesi, le vendite sono aumentate del 24,1%. In valore l’incremento è risultato pari a 2,1 miliardi di euro, oltre un quarto della crescita complessiva delle esportazioni dell’Italia. La robusta dinamica nel confronto con l’anno precedente è, però, anche il risultato della flessione che aveva interessato il 2011. A livello settoriale, la crescita è stata trainata dal comparto dei mezzi di trasporto, con le vendite di autoveicoli aumentate di oltre il 70%. Analizzando le esportazioni nei paesi OPEC, emerge con chiarezza il peso del comparto dei macchinari. Nonostante una dinamica non particolarmente sostenuta, nei primi sei mesi dell’anno, le vendite in questo settore hanno superato i 3 miliardi di euro. Di interesse anche l’aumento che ha riguardato le esportazioni di prodotti alimentari e bevande, con una crescita significativa per i prodotti da forno (+29,8%) e per la frutta e gli ortaggi (+28,1%).
Il forte aumento delle esportazioni in Giappone, il cui peso sul totale dell’Italia rimane comunque contenuto, è, invece, prevalentemente il risultato dell’aumento nel settore farmaceutico e in quello del tessile. Le vendite in Giappone di articoli di abbigliamento italiani sono aumentate del 20,8%, superando i 330 milioni di euro.
Meno macchinari, più tessile nelle esportazioni in Cina
Negli ultimi anni la Cina ha rappresentato uno dei motori della crescita delle esportazioni italiane. Dal 2000, il valore delle vendite è aumentato di quattro volte. Il peso sul totale è cresciuto, mantenendosi comunque contenuto, e pari al 2,7% nel 2011. A livello settoriale, le esportazioni italiane in Cina risultano particolarmente concentrate. Durante lo scorso anno le vendite di macchinari hanno superato i 4,5 miliardi di euro, rappresentando il 45% del totale. In Cina viene venduto il 6,6% dei macchinari esportati dal nostro Paese. Anche l’importanza del tessile è cresciuta, con un valore delle vendite che ha superato il miliardo di euro, e una quota pari all’11,4%.
I dati relativi alla prima parte del 2012 mostrano, però, un sensibile cambiamento nei rapporti commerciali tra la Cina e il nostro Paese. Le esportazioni italiane sono scese dell’11,6%. La quota sul totale delle vendite all’estero si è ridotta di 0,4 punti percentuali, scendendo al 2,3%. A livello settoriale, ha pesato il calo superiore al 25% nelle vendite di macchinari. Tra gennaio e giugno, le esportazioni in questo comparto sono risultate pari a 1,8 miliardi di euro, dai 2,4 miliardi dei primi sei mesi dello scorso anno. Nel confronto con la prima parte del 2011, il peso dei macchinari si è ridotto dal 47,8% al 40%. In questo settore, l’andamento delle vendite in Cina appare in contrasto con quanto accade nel resto del mondo. Le esportazioni italiane di macchinari, sebbene in rallentamento, hanno proseguito a crescere anche nella prima parte dell’anno (+4%). È opportuno sottolineare come già nel 2011 le esportazioni di macchinari in Cina avessero rallentato, con una crescita del +11%, dal +36% dell’anno precedente.
Sull’andamento delle vendite italiane in Cina hanno pesato, inoltre, le flessioni sia nel settore degli apparecchi elettrici (-26,8%) sia in quello dei mezzi di trasporto (-8,9%). Il calo è stato, invece, contenuto dal comparto del tessile, abbigliamento e pelli, che ha registrato un incremento prossimo al 18%, a fronte di un tasso di sviluppo solo di poco superiore al 4% relativo alle esportazioni del settore a livello mondo. Le vendite in Cina hanno tratto beneficio dalla forte crescita che ha interessato il comparto delle calzature
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(+74,2%) e quello dell’abbigliamento (+41,7%).
Le esportazioni italiane in Cina per settori
(gen.-giu. 2012/gen.-giu. 2011)
Le esportazioni italiane in Cina nel settore del tessile
(gen.-giu. 2012/gen.-giu. 2011)
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Apparecchi elettrici
Macchinari
Metalli
Totale
Mezzi di trasporto
Gomma, plast., min. non metall.
Elettronica
Chimica
Farmaceutica
Tessile, abbigl. e pelli
Alimentari
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Abbigliamento in pelliccia
Cuoio, articoli da viaggio, borse
Tessuti
Totale
Filati di fibre tessili
Abbigliamento, escluso pelliccia
Calzature
Articoli di maglieria
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Istat
L’andamento delle esportazioni italiane in Cina nei primi sei mesi del 2012 sembrerebbe essere rappresentativo dei primi effetti di quel processo di cambiamento atteso per l’economia cinese, caratterizzato da una perdita di importanza degli investimenti a fronte di un maggior peso dei consumi. Tale evoluzione porterebbe ad una minore domanda di macchinari ed una maggiore richiesta di beni di consumo.
Le esportazioni italiane in Cina e l’import totale della Cina
(miliardi di dollari; somma dodici mesi)
Le esportazioni in Cina della Germania e dell’Italia
(miliardi di dollari; somma dodici mesi)
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Italia (sc. sn.) Germania (sc. ds.) Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Fmi Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Fmi
In realtà, confrontando quanto sta accadendo nel nostro Paese con quanto si registra in Germania, e considerando anche i dati relativi all’economia cinese nel suo complesso, emergono elementi che segnalano una specificità dell’Italia, e non consentono di attribuire tutto il rallentamento a fattori esterni. La flessione delle esportazioni italiane appare di gran lunga più ampia di quella che interessa le vendite tedesche. Guardando l’andamento mensile delle esportazioni, e considerando la somma degli ultimi dodici mesi, che fornisce un’indicazione sulla reale evoluzione delle vendite, emerge come il nostro Paese abbia registrato continue flessioni a partire
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dall’inizio del 2012. Su base mensile la contrazione è risultata in media superiore all’1%. Complessivamente, la flessione delle esportazioni italiane in Cina è pari a circa 4 volte quella tedesca. Guardando ai dati cinesi, il forte calo delle vendite italiane non trova spiegazione né nell’andamento delle importazioni né nell’evoluzione degli investimenti. Nei primi nove mesi dell’anno, le imprese cinesi nel comparto manifatturiero hanno effettuato investimenti per oltre 9mila miliardi di yuan, con una crescita del 23,5% rispetto allo stesso periodo del 2011.
Alcune osservazione conclusive
I dati dei primi sei mesi del 2012 segnalano novità nell’andamento delle esportazioni italiane. Emerge uno scenario in costante mutamento. Nel 2010 e 2011, il traino veniva prevalentemente dai paesi BRIC, con il ruolo predominante della Cina. Nel primo semestre del 2012, le vendite in Cina sono crollate, mentre una forte crescita ha interessato quelle negli Stati Uniti, in Svizzera, nei paesi OPEC e in Giappone. A livello settoriale, sono emersi aspetti di particolare interesse.
Lo scenario rimane complesso. Diversi elementi di incertezza devono essere considerati nel valutare le prospettive per le esportazioni italiane. La tenuta della domanda proveniente dagli Stati Uniti deve essere seguita con attenzione alla luce delle scadenze fiscali che, se non gestite adeguatamente, potrebbero condurre il paese in recessione, con una flessione che nel 2013, secondo quanto riportato nelle previsioni autunnali della Commissione europea recentemente pubblicate, potrebbe essere compresa tra lo 0,5% e il 2%. Le esportazioni di macchinari negli Stati Uniti potrebbero, inoltre, risentire del rallentamento degli investimenti delle imprese americane, apparso con evidenza nei dati del III trimestre 2012. Le vendite in Svizzera risultano legate al comparto dei metalli preziosi, la cui evoluzione potrebbe non dipendere molto dalla solidità della domanda, quanto dall’intensità dell’offerta. La ricomposizione in Cina dai macchinari al tessile non è solo rappresentativa di cambiamenti nella domanda ma anche il risultato di una criticità della presenza italiana, oltre che di fattori difficilmente prevedibili. A tale proposito, appaiono di particolare interesse le azioni che la Cina ha intrapreso in sede di WTO nei confronti dell’Italia con riferimento alla normativa che disciplina le importazioni di panneli fotovoltaici nel nostro Paese.
In un contesto caratterizzato da queste incertezze, emergono, comunque, elementi positivi, che riguardano l’andamento delle esportazioni in alcuni settori e in determinati paesi. Da sottolineare, ad esempio, la performance delle vendite nel tessile negli Stati Uniti, in Giappone e in Cina, come anche quella di prodotti alimentari e mezzi di trasporto nei paesi OPEC. Da non dimenticare la capacità dei produttori italiani di vino di conquistare il mercato statunitense. Diviene, pertanto, opportuno consolidare la capacità dell’intero sistema paese di fornire un’assistenza completa ed accurata al comparto imprenditoriale nell’affrontare lo scenario internazionale. Assistenza che appare necessaria non solo per gestire le criticità, ma soprattutto per evidenziare le opportunità di sviluppo che sono alla base dei successi che le imprese italiane riescono a conseguire.
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Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori
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I premi al rischio salgono a 180 pb da 170 pb della scorsa settimana.
L’indice Vix oscilla intorno a quota 18.
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Prezzo dell’oro (Usd l’oncia)
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Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters
Il tasso di cambio €/$ scende a 1,27. Il petrolio di qualità Brent quota 108$ al barile.
Il prezzo dell’oro torna sopra i 1.714 dollari l’oncia dopo la flessione della scorsa settimana.
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Borsa italiana: indice Ftse Mib Tassi dei benchmark decennali: differenziale con la Germania
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Il Ftse Mib nell’ultima settimana flette da quota 15.769 a 15.181.
I differenziali con il Bund sono pari a 740 pb per il Portogallo, 343 pb per l’Irlanda, 451 pb per la Spagna e 359 pb per l’Italia.
Indice Baltic Dry
Euribor 3 mesi (val. %)
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Fonte: Thomson euters Fonte: Thomson Reuters
L’indice, su valori minimi, nell’ultima settimana torna sotto quota 1.000.
Continua la flessione dell’euribor 3m che scende sotto allo 0,20%.
Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNL-Gruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.