BN45_SPY GLASS

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woman fiction

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Spy Glass

Mira Books © 2010 Maria V. Snyder

Traduzione di Gigliola Foglia

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Bluenocturne agosto 2011

Questo volume è stato impresso nel luglio 2011 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X

Periodico quindicinale n. 45 del 12/08/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/03/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI)

Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A.

Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Rannicchiata nel buio dell'armadio, mi immobilizzai quan-do dei passi si avvicinarono. Fissai il sottile nastro di luce sotto la porta, mentre l'istinto mi urlava di scappare. Om-bre di scarpe si fermarono. In silenzio ordinai loro di an-darsene. Tutto ciò che volevo era un giorno di pace, solo uno. La maniglia girò, e con uno sbuffo d'aria fresca il mio nascondiglio fu svelato. «Santa sabbia, Opale, che cosa ci fai lì dentro?» chiese mia madre. Ingoiai un sospiro. La verità – che mi stavo nasconden-do da lei – non avrebbe aiutato. «Cercando i miei stivali?» Lei aggrottò ancora di più la fronte scostandosi dal viso una ciocca di capelli grigi. «Li hai ai piedi.» Mi rizzai. «Ah... sì... be'...» «Vieni. Ci sono un migliaio di cose che dobbiamo fare, e stai sprecando tempo.» Mi spinse fuori dalla mia camera e giù per le scale, fino in cucina. «Siediti e leggimi la lista degli invitati mentre cucino.» Percorsi con lo sguardo il lungo tavolo di legno ingom-bro di carta, campioni di tessuto, merletti, perline, carta-modelli e decorazioni varie... tanto disordinato da costrin-gerci a mangiare in sala da pranzo. Sottovoce maledissi mia sorella. Prima di tornare a lavorare alla vetreria del Ma-stio, Mara aveva chiesto a nostra madre di organizzare il suo matrimonio con Leif, e aveva lasciato tutto nelle sue

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mani. Ragazza sveglia. Lei se ne stava in salvo a cinque giorni di viaggio da casa. Vedendo che non mi ero seduta, mia madre puntò un cucchiaio verso la sedia. «Lista degli ospiti, Opale.» «L'hai letta almeno un centinaio di volte.» «Voglio essere sicura...» «Non hai dimenticato nessuno. È perfetta. Smettila di preoccuparti.» Si asciugò le mani nel grembiule macchiato che le co-priva il petto e la lunga gonna. «Hai di meglio da fare? Ho interrotto il tuo piangerti addosso?» «Non mi sto piangendo addosso.» La voce mi uscì la-mentosa, e non era un buon segno. «Riposare, riprendersi, piangersi addosso, è lo stesso.» Posò un bollitore d'acqua sui carboni. «No che non lo è. Sono successe tante cose...» «Smettila di rivangare il passato. Quel che è stato è sta-to. Concentrati sul futuro. Mancano solo centocinquanta-tré giorni al matrimonio! Dopodiché sarà solo questione di tempo per i nipotini, e magari anche tu e Kade...?» Mi sedetti, estraendo la sedia da sotto il tavolo stri-sciandola per terra in modo che facesse rumore. Sfilai la li-sta dal mucchio e lessi a voce alta i nomi mentre mia ma-dre continuava ad affaccendarsi per la cucina. Aveva no-minato Kade in pratica ogni giorno da quando ero arrivata. Sessantatré giorni passati a struggermi di nostalgia per lui, a schivare le domande di mia madre e a farmi trascinare nei preparativi per un evento a cui mancavano ancora tre stagioni. Per un secondo desiderai un'altra famiglia. Una sensata, senza tutta questa... roba, come il Clan Sangue-rosa, che viveva in austero isolamento. «Opale, smettila di fare quella smorfia.» Alzai gli occhi, ma lei mi voltava la schiena, continuan-do a lavorare la pasta con rapida efficienza. Lunghe cioc-che di capelli erano sfuggite al nodo che si era fatta quella mattina.

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«Come facevi a saperlo?» «Sono tua madre. Vedo tutto. Sento tutto. So tutto.» Risi. «Perché allora mi fai tante domande?» Aha! Becca-ta! Le sue mani si bloccarono. Si girò verso di me. «Perché tu hai bisogno di sentire le risposte.» L'arrivo di mio padre mi evitò di ribattere, il che era una fortuna perché non avrei saputo cosa dire. Riempì la stan-za con la sua figura massiccia. Pur avendo i capelli quasi completamente grigi, appariva ancora giovane. Mio fratello Ahir entrò ciondolando dietro di lui. Era l'immagine spe-culare di mio padre, a parte il fatto che i suoi capelli erano folti, neri e gli sfioravano le spalle. «Ehi, testa di ramazza» lo salutai. «Che c'è, nocciolina?» rispose mio fratello con un sorri-setto. Un tempo torreggiavo su di lui, che però adesso mi su-perava di almeno una spanna anche se ero piuttosto alta per essere una donna. Mi porse un vaso di vetro color acquamarina. «Nuova ricetta. Guarda che limpidezza. Uno schianto.» Il freddo cristallo era come morto nelle mie mani. Nes-sun pulsare di potenziale. Nessun canto mi vibrava nel petto. La mia magia del vetro era svanita. Benché penosa-mente consapevole di quella perdita, una piccola parte di me sperava sempre di avvertire una scintilla. «Lavorare con questo miscuglio è gioia pura» continuò Ahir. «Andiamo alla vetreria, ti raccoglierò un bolo di ve-tro per provare.» Gli rivolsi un sorriso tirato, facendogli capire che avevo colto il suo sfacciato tentativo di interessarmi di nuovo alla creazione del vetro. Prima che Yelena scoprisse le mie capaci-tà, la magia era stata mascherata dal mio desiderio di creare. Ora, la massa inerte nella mia mano non faceva che rammen-tarmi una volta ancora la mia inutile esistenza. «Preferisco andare a fare una galoppata.» Restituii il va-

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so ad Ahir e lasciai la cucina. La voce di mia madre che protestava perché avrei saltato il pranzo mi seguì fino alla tettoia. La mia famiglia possedeva otto fornaci, ma non cavalli. Così, quando avevo deciso di restare per un po' a Boo-ruby, mio padre aveva sgombrato la rimessa, convertendo-la in una stalla temporanea, dove c'era spazio a sufficien-za per appendere sella e finimenti, e per mettere Quartz al riparo dal brutto tempo. Essendo un cavallo Semedisabbia, lei preferiva pascolare nelle Pianure Avibiane, che costeg-giavano le nostre terre. Nessuno avrebbe osato dare noia a un cavallo Semedi-sabbia nelle pianure. Guardai le alte erbe che ondeggiava-no al vento. I rossi, gialli e arancioni della stagione fresca erano sfumati nell'opacità grigia e marrone della stagione fredda. Rabbrividii, ma avevo atteso con ansia questo pe-riodo dell'anno. Le feroci tempeste sulla costa erano ces-sate, e Kade progettava di passare qualche settimana con me... Finché il Comandante di Ixia non l'aveva convocato perché gli desse dimostrazione dei suoi poteri domando le bufere assassine che soffiavano dalla banchisa di ghiaccio settentrionale. Kade mi aveva invitato ad andare con lui, ma io odiavo il freddo e preferivo non avvicinarmi nean-che alla calotta polare. E poi, non avrei avuto altra occupa-zione, lassù, che tenergli caldo il letto. Sorrisi, ma tornai subito seria. Malgrado le intenzioni di mia madre, non ero tornata a casa per aiutare a organizzare le nozze di Mara e Leif, ma perché avevo delle decisioni da prendere. L'ansia tornò a mordermi. Le mie decisioni sbagliate su-peravano quelle giuste di due a una. Avevo il trentatré per cento di possibilità di imbroccarla. Licenziando quegli inu-tili pensieri, entrai nelle pianure in cerca di Quartz. Dopo un centinaio di passi, la magia mi premette sulla pelle come se spingessi contro una gigantesca spugna. At-tesi che la pressione si dissolvesse. Sarebbe stato un sui-

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cidio inoltrarmi tanto senza il permesso del Clan Semedi-sabbia. La loro magia protettiva mi avrebbe confuso, fa-cendomi precipitare nel panico, convinta di essermi persa. La mia nuova immunità tuttavia bloccava la protezione Semedisabbia, ed era una novità anche essere in grado di percepire la magia. Bei vantaggi, certo, eppure... Senza la mia magia del vetro, mi sentivo come se un pezzo della mia anima fosse stato tagliato via. Non avevo rimpianti: sacrificare i miei poteri era stata la scelta giusta. Allora perché quel dolore? Perché mi sentivo come intrap-polata nel mondo delle ombre? Ogni pensiero malinconico svanì quando Quartz si av-vicinò trotterellando. Le balzai in groppa e mi lasciai alle spalle le mie ansie e i piani matrimoniali di mamma. Passai la serata seduta in soggiorno, a scrivere indirizzi sulle buste. Mia madre aveva fatto leva sul mio amor pro-prio lodando la mia calligrafia, e sul mio stomaco prepa-rando la mia torta preferita, quella ai lamponi neri. Calore e luce pulsavano dal focolare. Mi sentivo meglio dopo la cavalcata. Mamma sedeva nella sua poltrona pre-diletta, cucendo il velo di Mara. Ahir stava stravaccato sul pavimento a russare, e papà metteva in ordine le fatture. Un vero momento di pace famigliare. E come tutti questi momenti, era troppo bello per durare. Un bussare alla porta ruppe il silenzio. Mamma mi guardò perplessa, poi si illuminò. «È il tipografo! Ha detto che forse avrebbe finito stasera con gli inviti, e io gli ho detto di portarli subito.» Seta e merletto le occupavano il grembo. Prima che po-tesse districarsi, mi offrii di andare alla porta. Soffocai un sospiro. Se erano davvero gli inviti, avrei dovuto metterli nelle buste e sigillarle con la ceralacca. Un compito stan-cante. Sbirciai dallo spioncino. Le ombre coprivano il viso di un uomo che reggeva una bottiglia. Non era il tipografo.

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Probabilmente era il vinaio. Mamma gli aveva commissio-nato lo speciale vino nuziale. Non aveva badato a spese e di questo ero contenta. Quando avevo sacrificato la mia magia, il potere si era trasformato in diamanti. Il Consiglio di Sitia me li aveva restituiti tutti, e avevo denaro in abbondanza per pagare tutte le spese del matrimonio: il mio dono a Mara e Leif. Aprii la porta e raggelai per il terrore. Era Valek, il sicario personale del Comandante di Ixia. Poteva esserci una sola ragione per la sua presenza. «Salve, Opale. Scusa per la visita a sorpresa. È un brut-to momento?» chiese con tono amabile e un sorriso inter-rogativo. È sempre un brutto momento per morire.

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Spy Glass - Magia di sangue MARIA V. SNYDER

Passione ad Atlantide GENA SHOWALTER

Dopo essere stata costretta a rinunciare alla magia, Opale vuole disperatamente riappropriarsi dei poteri perduti. Ma la ricerca è impegnativa e presto mette in crisi il suo lega-me con Kade, il fascinoso Danzatore delle Tempeste che la vorrebbe tutta per sé. Mentre il pensiero di Devlen a poco a poco torna a farsi spazio nel suo cuore...

Mai una donna ha saputo resistere alla voce ammaliante e alle carezze di Valerian. Soltanto Shaye sembra immune dal suo fascino. Ma quando un ninfo trova la sua compa-gna, rimane legato a lei per sempre. E Valerian, certo che Shaye sia la sua anima gemella, è disposto a ricorrere alle più fantasiose tecniche di seduzione pur di conquistarla.

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I peccati dell'anima EVE SILVER

Il vampiro di Atlantide GENA SHOWALTER

Crudele e spietato, Malthus Krayl vuole scoprire chi ha uc-ciso suo fratello Lokan, e fino ad allora non è disposto a concedersi distrazioni. Finché non incontra Calliope Kane, un'enigmatica guerriera delle Figlie di Aset che subito ac-cende in lui una passione bruciante. E Malthus capisce che in un modo o nell'altro dovrà essere sua.

Layel, re dei vampiri, vive solo per la vendetta e niente, nemmeno il desiderio divorante che prova per l'affascinan-te Delilah, può distoglierlo dai suoi cupi propositi. Del resto nemmeno lei ha tempo per un'emozione inutile come l'a-more, anche se Layel riesce a suscitarle dentro sensazioni deliziose. Poi però si ritrovano intrappolati su un’isola...

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