Blue Economy - Gaetano Martone

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U

NIVERSITÀ DEGLI

S

TUDI DI

N

APOLI

P

ARTHENOPE

 

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA

CORSO DI L AUREA M AGISTRALE IN INGEGNERIA

GESTIONALE 

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ORSO DI

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ANAGEMENT

 

RELAZIONE

“BLUE ECONOMY ” 

CANDIDATO

:

GAETANO MARTONE 

MATR. 0326000165

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A

CCADEMICO

2015 2016

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“In natura non esistono disoccupati e neppure rifiuti.

Tutti svolgono un compito e gli scarti degli uni diventano materia prima per altri.” 

Gunter Pauli

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I NDICE

1. Lo sviluppo sostenibile ...................................................................................................... 12. Il concetto di blue economy: origine ed evoluzione .......................................................... 3

3. Applicazioni della blue economy ....................................................................................... 7Bibliografia .......................................................................................................................... 15 

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CAPITOLO I 

Lo sviluppo sostenibile

Lo sviluppo sostenibile è il punto di forza dell’economia blu ed è una forma di sviluppo

che non ostacola le possibilità di crescita delle generazioni future, avendo cura del

 patrimonio e delle riserve naturali esauribili. Non si tratta quindi di un blocco della

crescita, bensì della crescita economica rispettosa dell’ambiente e dei suoi limiti.

L’uomo utilizza ingenti quantità di risorse non rinnovabili, destinate ad esaurirsi. Lo

sviluppo sostenibile concilia la richiesta del fabbisogno umano con le capacità

 produttive della terra. A differenza dello sviluppo tradizionale, attraverso il quale

l’uomo fin dalla nascita ha dovuto modificare l’ambiente circostante per costruirsi uno

spazio adeguato in cui vivere, lo scopo dello sviluppo sostenibile è quello di creare un

regime ambientale di equilibrio. Questa nuova visione, diventata necessaria, è legata al

concetto di ecosistema.

L’ecosistema è un’unità ecologica fondamentale nella quale convivono organismi che

interagiscono tra loro e con l’ambiente circostante. L’inquinamento sta portando allo

sconvolgimento di questi equilibri, a questo proposito l’economia blu si sta

impegnando a trovare una soluzione per ristabilire l’armonia ambientale. 

Quando si parla di sviluppo sostenibile, non ci si deve limitare a considerare

essenzialmente le tematiche legate all’ambiente, ma è necessario tenere conto anche

della sostenibilità economica e sociale delle attività e degli investimenti. E’ un concetto

ormai diffuso nell’ immaginario collettivo, nella mente di ogni uomo, ma pochi ancora

ne hanno colto la vera essenza. Il termine sviluppo implica cambiamento,

trasformazione dello status quo; diversamente la sostenibilità rinvia all’idea di

conservazione nel tempo e soprattutto nel lungo periodo, delle condizioni esistenti e

capacità di garantire un supporto, un sostentamento, senza produrre degrado. Nei fatti

significa spingere verso un continuo miglioramento con la condizione necessaria e

sufficiente di mantenere le condizioni che permettono il miglioramento stesso. Vuol

dire quindi soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle

generazioni future di soddisfare i  propri bisogni; lo sviluppo sostenibile deve garantire

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il “miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli

ecosistemi di supporto (Daly, 1991), dai quali essa dipende”. Esiste un patto tra l’uomo

e l’ecosistema che regola lo sviluppo sostenibile: esso richiede che il consumo di unarisorsa non superi la sua produzione nello stesso periodo e la capacità di carico della

natura, ossia che il tasso di utilizzo delle risorse naturali non sia superiore alla loro

velocità di rigenerazione; che l’immissione di sostanze inquinanti non superi la

capacità di assorbimento dell’ambiente e che il prelievo di risorse non rinnovabili sia

compensato dalla produzione di una pari quantità di risorse rinnovabili, in grado di

sostituirle. Il concetto in esame può essere espresso in termini di efficienza, equità e

compatibilità. La sostenibilità è un processo dinamico che continuamente coniuga letre dimensioni dello sviluppo: economica, sociale ed ambientale. Con la prima si

intende la capacità di un sistema di generare una crescita duratura degli indicatori

economici ed in particolare la capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento

delle popolazioni; con la seconda invece la capacità di garantire condizioni di benessere

umano, quali sicurezza, salute ed istruzione, equamente distribuite per classi e per

genere. Con l’ultima diversamente si intende la capacità di preservare nel tempo le tre

funzioni dell’ambiente: ricettore di rifiuti, fornitore di materie e fonte diretta di utilità;

infatti le materie prime intese come input dei sistemici economici, altro non sono che

gli output delle risorse naturali come ad esempio foresta e legno. Alla fine il sistema

economico combinerà i vari fattori mediante la tecnologia per produrre come output

finale prodotti, rifiuti ed inquinamento. 

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CAPITOLO II 

Il concetto di blue economy: origine ed evoluzione 

 Figura 1

La blue economy è un modo semplice e fresco di guardare la realtà. Tutti sappiamo che

la globalizzazione non può rispondere ai bisogni delle persone, perché mira sempre a

 prezzi più bassi. La blue economy propone di usare quello che abbiamo a disposizione

in modo tale che rispondendo a necessità elementari, possiamo generare nuove risorse.

L’obiettivo non è quello di tagliare i costi bensì di generare nuovi valori: insomma un

modello di business a livello globale dedicato alla creazione di un ecosistema

sostenibile grazie alla trasformazione di sostanze precedentemente sprecate in merce

redditizia. Si basa sullo sviluppo di principi fisici, utilizzando tecniche scientifiche

come la biomimesi, un settore ancora poco conosciuto che si fonda sullo studio e

sull’imitazione delle caratteristiche delle specie viventi per trovare nuove tecniche di

 produzione e migliorare quelle già esistenti. Parlare di blue economy vuol dire

 prediligere la “natura del valore” al “valore della natura”; non è un gioco di parole e

neppure un concetto utopico contorto: ciò significa che il problema da risolvere non è

quello di generare meno scarti ma di non sprecare gli scarti prodotti. 

Sono ritenute ecologiche le aziende che sviluppano una linea di saponi ricavando gli

acidi grassi dalle palme da olio coltivate al posto degli alberi delle foreste pluviali, e si

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tessono lodi di un sistema che incentiva un inquinante trasporto di merci dai paesi

 poveri invece di puntare sull’economia locale basata sulle risorse del territorio.

L’economista belga, Gunter Pauli, ideatore della blue economy, non perde occasione per demolire uno dopo l’altro i pilastri su cui hanno poggiato i due principali sistemi

economici degli ultimi anni basati solo sul core business, il guadagno immediato, che

trascura gli effetti collaterali come l’indebitamento dei consumatori ed il

 prosciugamento delle risorse naturali, senza preoccuparsi di risarcire i danni: la red

economy incentrata sul prodotto e ossessionata dai profitti, responsabile della crisi

attuale, e la green economy che con il nobile intento di proteggere l’ambiente chiede

maggiori investimenti alle imprese e mette sul mercato prodotti più costosi; insommaun modello pensato per i ricchi e non per tutti. Un’economia è green se porta ad un

miglioramento del benessere umano e dell’equità sociale, riducendo in modo

significativo i rischi ambientali e i limiti ecologici legati allo sfruttamento delle risorse. 

 Nella sua espressione più semplice, la green economy si basa su una crescita fondata

su basso contenuto di carbonio, uso efficiente delle risorse e politica socialmente

inclusiva. Più che di economia verde si deve parlare di crescita verde senza pensare che

i due concetti (blue e green economy) siano in contrapposizione perché vanno nella

stessa direzione. La blu economy rappresenta un’evoluzione della green economy e

nasce per ottenere risultati più soddisfacenti dal punto di vista ambientale: della tutela

degli ambienti si passa al concetto di rigenerazione degli ecosistemi e dalla eco-

efficienza si passa alla biomimesi, pocanzi definita. 

Riprodurre l’efficienza materiale e funzionale degli ecosistemi e degli habitat naturali

è un modo pratico per intraprendere il cammino verso la sostenibilità e l’efficienza

nell’uso delle risorse, rimanendo competitivi e generando valore aggiunto.

L’innovazione, da un lato, e la valorizzazione dell’ambiente dall’altro rappresentano le

nuove strade da seguire, tenendo conto che ad ogni problema, ad ogni soluzione,

 bisogna guardare in termini strategici, agendo localmente ed al contempo pensando

globalmente. L’economia della sostenibilità necessità ancora di percorrere molta strada

se vuole contrastare efficacemente i problemi ambientali fra cui il riscaldamento

globale.

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Una parte della green economy ha procurato più danni che benefici al nostro pianeta.

Il modello ha richiesto alle imprese di investire di più e ai consumatori di spendere di

 più per ottenere la stessa cosa preservando nel contempo l’ambiente. Anni fa alcune piccole aziende innovatrici iniziarono a sostituire i tensioattivi

 petrolchimici con ingredienti biodegradabili, gli acidi grassi dell’olio di palma. Ben

 presto tutti i maggiori produttori cavalcarono la biodegradabilità con il risultato che

enormi aree di foresta pluviale sono state convertite a colture intensive di palma da

olio, distruggendo l’habitat dell’orango, dello scimpanzé e di moltissime altre specie,

che in pochi anni sono diventate a serio rischio di estinzione.

 Figura 2 –  Deforestazione per olio di palma

Il Rapporto denominato “Lo scandalo Oil for Ape”  evidenzia come la produzione

dell’olio di palma stia minacciando la sopravvivenza degli Orango Tango, primati che,

vivono nella foresta indonesiana e sono costretti a spostarsi o a morire, perché le foreste

 pluviali sono abbattute e sul terreno disboscato si piantano le palme da olio. La palma

 produce frutti che hanno un nocciolo duro ed una polpa morbida composta per il 40-

65% di olio. L’olio ricavato è inviato in Occidente e bruciato in qualche centrale a

 biomassa per ricavare energia elettrica incentivata con tariffe promozionali nate per

sostituire petrolio, metano o carbone. Insomma alla fine, l’energia 'pulita'

dell’Occidente è responsabile della distruzione della foresta pluviale indonesiana, che

assorbe fortemente le emissioni carboniche, e in più pregiudica la sopravvivenza dei

 primati. La  blue economy nell'ipotesi più moderata può essere considerata

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un’evoluzione della green economy, ma in realtà è qualcosa di più e di diverso. È un

sistema di pensiero e di azione complesso in cui la dimensione economica della

 proposta parte sempre dal livello sociale e globale della condizione della persona, siadei paesi dove avviene la produzione sia dei paesi ove avviene il consumo di beni

 prodotti. Attuare questo modello particolare allora vuol dire osservare i problemi

esistenti da una prospettiva differente, insomma con un nuovo modo di vedere le cose

o in termini tecnici significa blue thinking, inquadrata come autentica sostenibilità nel

senso di innovazione della trasformazione. Oggi nel Supply Chain Management (la

gestione della catena di distribuzione) tutto è concentrato sul fare le cose in modo più

economico, più sicuro e prevedibile; ma questo approccio riduce solamente i costi: nonsi stanno generando più ricavi e un giro di affari più ampio, quindi si perdono

opportunità per creare ricchezza per tutti. È come se la microeconomia non parlasse

con la macroeconomia, creando una frattura tra il business e l’effetto che questo può

avere a livello globale. Possiamo concludere che il modello blue economy è una

mentalità differente che consente di andare oltre ciò che vediamo, ciò che è tangibile,

insomma oltre la forma e le dimensioni della natura stessa e scoprire i grossi vantaggi

che nasconde. 

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CAPITOLO III 

Applicazioni della blue economy

Una prima esemplificazione e realizzazione vera e propria di blue economy che

riportiamo è quella di una innovativa start up portata avanti da due giovani siciliane

Adriana Santanocito ed Enrica Arena. 

E’ il caso della tecnologia che fa progressi all’insegna del non sprecare; nella moda

entrano le fibre ricavate proprio dagli scarti degli agrumi con un interessante progetto

made in Italy che porta il nome di “Orange Fiber”. Attraverso un particolare processo, brevettato in collaborazione con il Politecnico di Milano, le bucce di arancia vengono

recuperate e trasformate in un filato che viene successivamente tessuto. 

 Figura 3 – Scarti di arance 

Alla base del progetto c’è stata l’idea di fare qualcosa per la propria terra, la Sicilia, e

la valorizzazione dei suoi prodotti e la sua agricoltura: da qui l’ideazione del processo

innovativo che recupera le bucce delle arance, un sottoprodotto della spremitura, e le

riutilizza per la produzione dello speciale filato; si riutilizza così, in maniera

sostenibile, quello che tecnicamente viene definito pastazzo, un rifiuto ingombrante

difficile da smaltire anche a causa dei costi particolarmente elevati e che si pone come

un problema per l’intera filiera agrumicola. Questo vuol dire essenzialmente blue

economy: trasformare un problema in una risorsa. Attraverso le nanotecnologie inoltre,

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l’olio essenziale degli agrumi viene fissato sui tessuti e questo permette il rilascio sulla

 pelle di vitamine A e C con importanti effetti benefici: la pelle viene infatti nutrita e

idratata. Una caratteristica garantita per una ventina di lavaggi anche se è in fase distudio una modalità per la ricarica con ammorbidenti specifici. Notiamo allora quanto

la creatività impatti positivamente in questo processo di rigenerazione che nel caso in

questione ha permesso di guardare il mondo con occhi diversi, in particolare vedendo

un tessuto vitaminico dove altri vedevano solo un’arancia. 

Un altro esempio è l’utilizzo degli scarti di caffè. Ci sono due flussi di rifiuti legati al

caffè. Il grosso dei rifiuti si genera nelle piantagioni ed è noto come “polpa”. La

 preparazione della bevanda del caffè produce un secondo flusso di rifiuti noto come“fondi”. Dal momento in cui i chicchi lasciano la piantagione al momento in cui

finiscono nella tazzina del bar, il 99,8% viene scartato e solo lo 0,2% viene consumato;

ma il caffè è legno duro ed è un substrato ideale per la coltivazione di funghi. 

 Figura 4 – Ciclo rigenerativo del caffè applicando la strategia della blue economy 

Il giacinto di acqua, decretato nemico pubblico numero uno in Zambia, si combatte con

sostanze chimiche e specie non autoctone, eppure un chilo di giacinti d’acqua può

offrire una base nutritiva per almeno un paio di chili di funghi. Poiché la funghicoltura

richiede una maggior manodopera, questa catena, dai rifiuti agli alimenti può creare

milioni di posti di lavoro; infatti ogni piantagione di caffè che adotta la coltivazione di

funghi potrebbe generare due nuovi posti di lavoro. Con circa 25 milioni di piantagioni

di caffè in 45 paesi, ciò si traduce in altri 50 milioni di posti di lavoro a livello globale

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e nella possibilità di generare redditi di ben 1,5 milioni di volte superiori a quelli

 prodotti oggi dal caffè. Questa è la mera essenza della blue economy: fare di più con

quello che abbiamo. Una volta creato questo sistema, dopo aver raccolto i funghicoltivati sugli scarti, resta comunque materiale di ulteriore scarto. Piuttosto si tratta di

un prodotto ricco di aminoacidi che può essere utilizzato come alimento per cani e gatti,

o per gli animali da cortile. 

Un’ ulteriore esemplificazione riguarda gli scarti di macellazione. Un chilo di carne

 prodotta comporta in media un chilo di scarti. Di questi cosa ne facciamo in Europa? A

causa della malattia della mucca pazza li bruciamo tutti! Mentre in Africa, nel Songhai

Center di Porto Novo in Benin e a Città del Capo, in Sudafrica, si coltivano moscheche trovano in questi scarti un terreno ideale per deporre uova da cui poi si sviluppano

le larve. Queste ultime mangiano tutto, in tre giorni consumano un bovino ed hanno un

sistema digestivo così efficiente che producono proteine pulite prive di virus o batteri

che possono essere utilizzate per nutrire le quaglie, le cui uova servono poi a nutrire

galline.

 Figura 5 – La valorizzazione della carne e dei suoi scarti

Abbiamo quindi un alimento per quaglie e pollame creato da rifiuti animali trasformati

in un prodotto composto per l’80% da proteine di buona qualità. Queste larve hanno

anche una saliva che può essere usata come disinfettante ed è più efficace di tintura di

iodio o altri disinfettanti: se la si mette su una ferita aperta la fa guarire più rapidamente.

 Non dimentichiamo che se in Africa abbiamo gravi problemi di Aids e malaria, le

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 persone che muoiono a causa di piccole ferite non curate sono molte di più. Noi

sappiamo che - in Africa - l’assistenza sanitaria non arriva nei piccoli villaggi ma in

questi posti ci sono dei macelli che producono, su piccola scala, moltissimi scarti.L'equipe di studio e di ricerca di Pauli Gunter ha calcolato che se convertissimo in

 proteine per alimentazione animale e disinfettante tutti gli scarti di macellazione

 proveniente dai macelli ufficiali in Africa produrrebbero tra 500.000 e un milione di

 posti di lavoro. 

Un altro esempio riguarda il rasoio in cui le lame vengono sostituite da fili di seta; si

stima che ogni anno, insieme ai 10 miliardi di rasoi monouso vengano gettate in

discarica 250.000 tonnellate di costoso metallo. Dati sicuramente poco sostenibili: unamoderna lametta per rasoio prodotta nel 21° secolo utilizza circa 20 volte in meno

metallo rispetto alle prime lame monouso introdotte da King C. Gillette oltre un secolo

fa. Mentre questo conferma gli sforzi verso l’efficienza materiale, d’altra parte costi

 più contenuti e una miglior accessibilità comportano meno incentivi a prolungare la

vita utile di un prodotto. Via via che il team di ricerca Gillette aumentava la redditività

e la quota di mercato, il volume complessivo dei singoli rasoi e il peso totale dei rifiuti

di metallo aumentava enormemente. Se a questo si aggiunge che i modelli attualmente

immessi sul mercato, per differenziarsi agli occhi del consumatore, propongono fino a

sei lamette invece che le tradizionali due, lo spreco di metallo cresce esponenzialmente. 

Il rasoio è, quindi, un vero e proprio esempio di insostenibilità. Ma secondo Pauli, oggi,

le industrie hanno la possibilità di trasformare il mercato del rasoio in qualcosa che

contribuisca alla risoluzione della crisi ambientale e occupazionale, grazie ad un

 prodotto efficiente ed anche più economico. Basterebbe utilizzare la seta naturale al

 posto del metallo lavorato a livello industriale per ottenere numerosi benefici

ambientali, economici e sociali. A 200 dollari per ogni chilo di seta lavorata, ogni rasoio

con lama di seta costerebbe meno di un dollaro, pur garantendo un rendimento e una

qualità del prodotto del tutto analogo alle moderne versioni industriali. 

Altre innovazioni sono state ispirate da insetti, mammiferi, batteri e dal movimento dei

fiumi. Se l’edilizia di ultima generazione deve molto a termiti e zebre, i telefonini del

futuro nasceranno grazie agli studi sul cuore delle balene. L’architetto svedese Andres

 Nysquit ha progettato la Daiwa House in Giappone e la Laggarberg School in Svezia

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emulando le tecniche di ventilazione adottate nei termitai, dove la temperatura viene

mantenuta costantemente a 26° C grazie ad una sapiente regolazione dei flussi d’aria

in entrata e in uscita, e riproducendo l’effetto della corrente che circola sul manto bicolore delle zebre, capace di abbassare la temperatura percepita dall’animale di 9° C.

Il giusto dosaggio di bianco e nero sulle superfici esterne delle abitazioni garantisce

infatti una climatizzazione naturale che riduce il calore di 5° C. Al Fraunhofer Institute

in Germania è stato messo a punto un prototipo di telefono cellulare che funziona senza

 batteria, sfruttando le differenze di temperatura tra corpo e apparecchio, lo stesso

sistema che permette al cuore di una balena di pompare 1.000 litri di sangue con un

dispendio energetico di appena 6 volt. Possiamo quindi affermare che l’uomo ha tutto da imparare dalla natura così che

studiando ed imitando la maggior parte dei suoi processi è possibile dare continui

contributi in termini di blue economy nel sistema economico globale mediante nuove

innovazioni inerenti la trasformazione.

Di seguito quindi riportiamo alcuni spunti per imparare dalla natura: 

  ZANZARE: PUNTURE SENZA DOLORE 

Le persone hanno paura delle iniezioni, questo è risaputo. Basti dire che

c'è addirittura chi sviene di fronte ad una siringa. Tuttavia, imitando il

meccanismo di puntura delle zanzare è possibile produrre siringhe di diametro

infinitesimale che sono praticamente indolori. Questa siringa già esiste

(Nanopass 33) e sono particolarmente usate per i diabetici, che sono circa 23

milioni nei soli Stati Uniti. Essendo gli aghi più sottili, c’è anche un risparmio

di materiale. 

  GECO: ADERENZA SENZA COLLA 

I gechi sfruttano forze elettrostatiche tra molecole di attrazione e repulsione.

Quando la chimica verde prende il posto della chimica tossica. 

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  PINGUINI: DESALINIZZAZIONE 

I pinguini bevono l’acqua di mare. Per fare questo, hanno sviluppato un

desalinizzatore molto efficace che funziona grosso modo come i reni umani,anche se in maniera ancora più efficiente. Applicando questa “tecnologia

naturale” si potrebbero aumentare le riserve di acqua planetaria depurando in

maniera naturale le acque marine. 

  NUOVO CONCETTO DI IMBALLAGGIO 

I nostri imballaggi di plastica e alluminio sono completamente insostenibili,

visto che sono materiali che ci mettono migliaia di anni a decomporsi. La naturafa molto meglio. La borrowing frog usa strati di cheratina per produrre

“imballaggi” per i liquidi; se unissimo al genio della rana la capacità del

 pellicano di estendere la sua sacca e quella del cetriolo di mare che può indurirsi

molto velocemente se sottoposta a stress, potremmo raggiungere concepts di

imballaggio totalmente nuovi. 

 

SPUGNE E DELFINI: COMUNICAZIONE A BASSO IMPATTO Le spugne hanno la capacità di creare vere e proprie fibre di vetro che

trasmettono la luce in maniera più efficiente rispetto alle nostre fibre ottiche.

Inoltre, sono molto resistenti e molto flessibili. Queste fibre più efficienti sono

chimicamente poco complesse e quindi riproducibili. Ridurrebbero

drammaticamente l’impatto ambientale della comunicazione moderna.  Forse

anche la capacità di comunicazione dei delfini potrebbe essere presa a modello

 per i fini umani. 

  PIPISTRELLO: RADAR SICUREZZA NEGLI AEROPORTI 

I pipistrelli hanno delle abilità che si rivelano utili per migliorare le tecnologie

 per la sicurezza aerea. Esiste una camera, la Tadar camera (chiamata così in

onore del pipistrello Tadarida, che vive in Brasile) che può visualizzare tutti gli

oggetti, non solo quelli metallici. Questa camera utilizza una lunghezza d’onda

di 3 millimetri per vedere e identificare oggetti sospetti nascosti sotto i vestiti.

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Questa camera può essere anche utilizzata per vedere attraverso la nebbia o le

nuvole, proprio come fanno i pipistrelli per localizzare le prede nel buio. La

camera infatti ha dei sensori che individuano le fonti di energia emessa oriflessa. 

  ELEFANTI: TRASMISSIONE DEI SUONI 

Le persone non udenti spesso sviluppano una grande sensibilità negli altri

sensi, soprattutto il tatto. La dottoressa O’Connel-Rodwell ha studiato la

 possibilità di migliorare la capacità uditiva dei neonati non udenti esponendoli

a vibrazioni subito dopo nati, proprio come gli elefanti che utilizzano levibrazioni per comunicare a grandi distanze. 

  PICCHIO: ASSORBITORE D'URTI 

Il picchio non ha mai mal di testa. Come mai? Se l’è chiesto il professor Ivan

Schwab della University of California. Il picchio ha una sacca di fluido dietro

il becco che assorbe gli urti. Juhachi Oda from della University of Kanazawa

and Kenichi Sakano di Toyota hanno disegnato, ispirandosi al picchio, nuovi

sistemi che assorbono gli impatti degli urti delle automobili e quindi che ne

aumentano la sicurezza. 

  IL TONNO MAESTRO DEL CALORE 

Il mondo sottomarino ci dà un grande aiuto verso il risparmio energetico.

Delfini e balene hanno corpi molto affusolati che praticamente non hanno attrito

con l’acqua, mentre il tonno ha anche una grande capacità di conservare il

calore, tanto che deve continuamente muoversi per disperderlo.

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Concludendo possiamo sostenere che la blue economy affronta concretamente le

 problematiche della sostenibilità al di là della semplice conservazione: lo scopo non è

investire di più nella tutela dell’ambiente ma di spingersi verso la rigenerazioneaffinché tutti possano beneficiare dell’eterno flusso di creatività, adattamento ed

abbondanza della natura.

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Bibliografia 

Green Economy e Blue Economy: Nuove prospettive http://www.inu.it/wp-content/uploads/2012/05/1BG_economy.pdf  

Dalla green economy alla blue economy 

http://www.arpa.umbria.it/resources/docs/micron%2016/MICRON_16_31.pdf  

Le opportunità della blue economy 

http://www.ilcambiamento.it/culture_cambiamento/opportunita_blue_economy.html 

L’era della Blue economy: Il business a impatto zero di Pauli. http://www.lettera43.it/economia/10538/l-era-della-blue-economy.htm