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ANNO XXIII N. 2 Marzo/Aprile 2013 BIMESTRALE DELLA FONDAZIONE MIGRANTES ANNO XXIII N. 2 Marzo/Aprile 2013 BIMESTRALE DELLA FONDAZIONE MIGRANTES 2 013 2 La voce del Papa Una Chiesa prossima, 5 Editoriale La voce del Papa G. Perego Una Chiesa prossima, Editoriale e canoniche” nei matrimoni misti: attenzioni pastorali Convegno nazionale “Amarsi e sposarsi Esperienze e riflessioni nei matrimoni misti: attenzioni pastorali Convegno nazionale “Amarsi e sposarsi tra verità e carità Benedetto XVI e le migrazioni: 23 presenti nelle diverse diocesi Circolare CEI sui presbiteri non italiani 17 La voce dei Vescovi Pasqua di pace e di giustizia 13 Giuseppe, custode della vita 9 La voce del Papa tra verità e carità Benedetto XVI e le migrazioni: presenti nelle diverse diocesi Circolare CEI sui presbiteri non italiani La voce dei Vescovi Pasqua di pace e di giustizia Giuseppe, custode della vita La voce del Papa Il punto di vista canonistico, A. Zambon I matrimoni misti tra cattolici e ortodossi. 73 ed evangelici, A. Giraudo I matrimoni misti tra cattolici 49 Un’analisi sociologica, C.C. Canta Sposarsi tra confessioni e religioni diverse. 25 e canoniche” Il punto di vista canonistico, A. Zambon I matrimoni misti tra cattolici e ortodossi. ed evangelici, A. Giraudo I matrimoni misti tra cattolici Un’analisi sociologica, C.C. Canta Sposarsi tra confessioni e religioni diverse.

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ANNO XXIII N. 2 Marzo/Aprile 2013BIMESTRALE DELLA FONDAZIONE MIGRANTES

ANNO XXIII N. 2 Marzo/Aprile 2013BIMESTRALE DELLA FONDAZIONE MIGRANTES

2 0132

La voce del Papa

Una Chiesa prossima, 5 Editoriale

La voce del Papa

G. PeregoUna Chiesa prossima, Editoriale

e canoniche”nei matrimoni misti: attenzioni pastorali Convegno nazionale “Amarsi e sposarsi Esperienze e riflessioni

nei matrimoni misti: attenzioni pastorali Convegno nazionale “Amarsi e sposarsi

tra verità e caritàBenedetto XVI e le migrazioni: 23 presenti nelle diverse diocesiCircolare CEI sui presbiteri non italiani 17

La voce dei Vescovi

Pasqua di pace e di giustizia13 Giuseppe, custode della vita9

La voce del Papa

tra verità e caritàBenedetto XVI e le migrazioni: presenti nelle diverse diocesiCircolare CEI sui presbiteri non italiani

La voce dei Vescovi

Pasqua di pace e di giustiziaGiuseppe, custode della vita

La voce del Papa

Il punto di vista canonistico, A. ZambonI matrimoni misti tra cattolici e ortodossi. 73 ed evangelici, A. GiraudoI matrimoni misti tra cattolici 49 Un’analisi sociologica, C.C. CantaSposarsi tra confessioni e religioni diverse. 25

e canoniche”

Il punto di vista canonistico, A. ZambonI matrimoni misti tra cattolici e ortodossi. ed evangelici, A. GiraudoI matrimoni misti tra cattolici Un’analisi sociologica, C.C. CantaSposarsi tra confessioni e religioni diverse.

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2/2013BIMESTRALE DELLA FONDAZIONE MIGRANTES ANNO XXIII N. 2 Marzo/Aprile 2013

Rivista di formazione e di collegamento della Fondazione Migrantes

Direttore responsabile: Silvano Ridolfi

Direttore-Capo redattore: Gian Carlo Perego

Comitato di redazione: Laura Caffagnini, Franco Dotolo, Raffaele Iaria, Delfina Licata, Cristina Simonelli

Hanno collaborato:Canta Carmelina ChiaraGiraudo AntonioPerego Gian CarloZambon Adolfo

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ISSN 0037-2803

Contributi 2013Italia: 21,00 EuroEstero: 31,00 Euro

Un numero: 4,00 Euro

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BimestraleAutorizzazione del Tribunale di Romadel registro stampa n. 10156del 22.01.1965Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2001 n° 46)art. 1, comma 2, DCB Roma

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SoMMARIo

EDITORIALE5 Una Chiesa prossima

Gian Carlo Perego

LA VOCE DEL PAPA9 Giuseppe, custode della vita

Omelia di Sua Santità Francesco, 19 marzo 2013

13 Pasqua di pace e di giustiziaBenedizione Urbi et Orbi, 31 marzo 2013

LA VOCE DEI VESCOVI17 Circolare CEI sui presbiteri non italiani presenti

nelle diverse diocesi23 Benedetto XVI e le migrazioni: tra verità e carità

ESPERIENZE E RIFLESSIONIConvegno nazionale “Amarsi e sposarsi nei matrimonimisti: attenzioni pastorali e canoniche”

25 Sposarsi tra confessioni e religioni diverse.Un’analisi sociologicaCarmelina Chiara Canta

49 I matrimoni misti tra cattolici ed evangeliciAntonio Giraudo

73 I matrimoni misti tra cattolici e ortodossi. Il punto di vista canonisticoAdolfo Zambon

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UNA ChIESA PRoSSIMA

Gian Carlo Perego

La rinuncia di Papa Benedetto XVI e l’arrivo di PapaFrancesco, figlio di emigrati italiani in Argentina, hannosegnato profondamente questi mesi. ha scosso profon-

damente la serenità e l’umiltà con cui Benedetto XVI ha rinunciatoal ministero petrino, in spirito di servizio alla Chiesa. Il nuovoPapa Francesco, nelle prime parole, nei discorsi semplici e paterniha da subito richiamato l’attenzione agli ultimi, la prossimitàdella Chiesa. Tra le sorprese del Magistero pasquale di PapaFrancesco non sono mancati i riferimenti alle “situazioni limite”nel mondo delle migrazioni e della mobilità umana verso le qualil’azione pastorale delle comunità cristiane deve andare. “Uscire”,“Andare” sono stati i due verbi chiave nell’omelia ai presbiteridella Messa crismale. Come “Servire” e “aiutarci” sono stati i verbiche hanno accompagnato la lavanda dei piedi, quasi ad invitareall’accoglienza. La Croce del Venerdì Santo, segno d’amore, ac-compagnate dalle meditazioni dei giovani del Libano, hanno col-legato la passione di Gesù alle passioni degli uomini di oggi. Nel-l’omelia della Veglia pasquale, Papa Francesco ha invitato a vincerela rassegnazione, la disperazione e ad aprirsi alla speranza,guardando il Vivente. A Pasqua, il Papa ha guardato a due mondidi sofferenza delle migrazioni di oggi. Dopo aver richiamato leguerre in atto nei diversi continenti, soprattutto nel Mediooriente e in Africa, e le calamità naturali, Papa Francesco ci haricordato i volti delle centinaia di miglia di profughi e rifugiati,“numerosi”, “anche bambini”, che ogni anno aumentano; e haconcluso richiamando con forza il dramma di almeno 4 milionidi persone che ogni hanno sono vittime della “tratta degli esseriumani, la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo!”.Sono parole di un Pontefice che, mentre ci confermano nella

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EDITORIALE

Papa Francesco:una Chiesaprossima

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fede, ci invitano a camminare nella carità in questo mondo stra-ordinario delle migrazioni e della mobilità umana.

La giornata internazionale dei Rom e dei Sinti, che si ècelebrata l’8 aprile 2013, come ogni anno è ritornata a provocaresulla storia e sulla vita di un popolo europeo che conosce ancoramolte discriminazioni e umiliazioni, mentre non viene riconosciutoil tesoro che custodisce. In Italia, in questi ultimi dieci anni ècresciuta l’ostilità, il rifiuto di questo popolo. Un’indagine decennalesui valori degli italiani, pubblicata recentemente dall’UniversitàCattolica, ha sottolineato questa crescente distanza nei confrontidei Rom, che risultano le persone che il maggior numero degliitaliani non vorrebbero come vicini di casa. Come anche l’UNAR(Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) registra neiconfronti dei Rom il maggior numero percentuale di discriminazioninel nostro Paese. Nel tesoro che i Rom e i Sinti custodiscono, chein questa Giornata internazionale si desidera ricordare, c’è certamentel’attenzione e la cura della vita. Il popolo Rom in Italia è un popolodi bambini, ragazzi e giovani. Le famiglie Rom sono aperte allavita. L’anziano Rom è al centro della vita familiare e sociale. LaChiesa che cammina con i Rom è chiamata a riconoscere questotesoro di vita e ad aiutare la città e la società a salvaguardarlo. Nel-l’udienza al popolo Rom e dei Sinti, l’11 giugno 2011, BenedettoXVI aveva ricordato loro come “la ricerca di alloggi e lavoro dignitosie di istruzione per i figli sono le basi su cui costruire quell’integrazioneda cui trarrete beneficio voi e l ’intera società. Date anche voi la vostrafattiva e leale collaborazione, affinché le vostre famiglie si collochino de-gnamente nel tessuto civile europeo! Numerosi tra voi sono i bambini e igiovani che desiderano istruirsi e vivere con gli altri e come gli altri. Aloro guardo con particolare affetto, convinto che i vostri figli hannodiritto a una vita migliore. Sia il loro bene la vostra più grandeaspirazione! Custodite la dignità e il valore delle vostre famiglie, piccoleChiese domestiche, perché siano vere scuole di umanità”. Troppe volteancora, anche nel nostro Paese, i figli Rom anziché essere riconosciutie tutelati sono esposti ad adozioni arbitrarie, togliendoli alle lorofamiglie. Troppe volte gli sgomberi non tutelano il diritto alla casae alla scuola dei minori. Troppe volte le famiglie e i bambini Rom

Rom, popolodella vita

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EDITORIALE

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non hanno pari opportunità. I Rom e i Sinti, 12 milioni in Europae 170.000 in Italia, sono un popolo della vita che insegna allanostra cultura e società la centralità della persona e la precedenzadelle persone alle cose. Sono ‘i poveri’ che oggi invitano ‘i grandi’ anon perdere i valori fondamentali su cui costruire il futuro dellenostre famiglie e città.

Quest’anno abbiamo vissuto la Giornata mondiale del Circo2013 avendo ancora negli occhi le immagini dell’incontro conPapa Benedetto XVI, il 1 dicembre scorso, con oltre 8000 personee famiglie della gente del circo e dello spettacolo viaggiante e po-polare. Un incontro che, dopo la rinuncia di Papa Benedetto e lascelta di Papa Francesco, può essere letto come una festa dicommiato al Papa Benedetto e di benvenuto al nuovo Papa. Leparole di Papa Benedetto alla gente del circo e dello spettacoloviaggiante rilette in questa Giornata mondiale del circo, unitealle immagine stupende - tra cui la carezza ai cuccioli di leoneche ha fatto il giro del mondo -, sono risultate quasi un invito aguardare non solo con ammirazione, ma con amicizia a questomondo dello spettacolo viaggiante. Rivolgendosi alla gente dellospettacolo viaggiante il Papa Benedetto aveva sottolineato l’am-mirazione non solo per lo speciale e originale linguaggio artisticodel circo con cui si anima la festa, ma anche per i valori di cui illoro mondo è custode fedele: l’amore per la famiglia, la cura per ipiccoli e gli anziani, l’attenzione ai disabili, lo spirito di accoglienza.Benedetto XVI aveva poi richiamato una duplice alleanza che ilcirco deve costruire: con la città e con la Chiesa. Tra città e gentedel circo e dello spettacolo viaggiante deve rinascere un’amiciziache arricchisce entrambi: le piazze della città possono ritrovare ilsenso dell’incontro e della festa; lo spettacolo viaggiante un pal-coscenico popolare per il proprio lavoro artistico. Il Santo Padrenon ha mancato di ricordare i problemi che oggi rendono piùdifficile la vita di chi viaggia per amore della propria arte(l’istruzione dei figli, i permessi per gli spettacoli, la fatica diassumere lavoratori stranieri, ...), auspicando che le amministrazionipubbliche riconoscano la funzione sociale e culturale dellospettacolo viaggiante. Anche tra Chiesa - “essa stessa pellegrina”

La Chiesa e la città alleatidel Circo

UNA CHIESA PROSSIMA

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ha ricordato Benedetto XVI - e le famiglie dello spettacoloviaggiante deve crescere un’alleanza educativa. In attesa di unnuovo straordinario incontro con Papa Francesco, che riconferminella fede la gente dello spettacolo viaggiante, le comunità par-rocchiali non possono sentire come estranee alla propria cura lepersone che anche occasionalmente arrivano nelle piazze perdare colore e calore soprattutto alle tradizionali feste popolari. Lestesse comunità civili non possono diventare vittime di lettureideologiche sulla presenza di animali negli spettacoli: l’adeguatalegislazione a tutela degli animali non può essere sostituita dauna arbitraria negazione della presenza degli animali neglispettacoli. Nelle famiglie dello spettacolo viaggiante le parrocchie,i nostri paesi e le città possono ritrovare dei collaboratori, deglialleati per riscoprire il senso della festa insieme. L’auspicio è laGiornata mondiale del circo, anche con le molte iniziative che lefamiglie e le imprese circensi hanno offerto gratuitamente inquesta occasione per far conoscere la loro realtà artistica efamiliare, aiuti a ricostruire questa alleanza che non solo facrescere il circo, ma anche la città e la Chiesa.

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EDITORIALE

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GIUSEPPE, CUSToDE DELLA VITAOmelia di Sua Santità Francesco19 marzo 2013

Cari fratelli e sorelle!Ringrazio il Signore di poter celebrare questa Santa Messa di

inizio del ministero petrino nella solennità di San Giuseppe,sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale: èuna coincidenza molto ricca di significato, ed è anche l’onomasticodel mio venerato Predecessore: gli siamo vicini con la preghiera,piena di affetto e di riconoscenza.

Con affetto saluto i Fratelli Cardinali e Vescovi, i sacerdoti, idiaconi, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli laici. Ringrazio perla loro presenza i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunitàecclesiali, come pure i rappresentanti della comunità ebraica e dialtre comunità religiose. Rivolgo il mio cordiale saluto ai Capi diStato e di Governo, alle Delegazioni ufficiali di tanti Paesi delmondo e al Corpo Diplomatico.

Abbiamo ascoltato nel Vangelo che «Giuseppe fece come gliaveva ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa»(Mt 1,24). In queste parole è già racchiusa la missione che Dioaffida a Giuseppe, quella di essere custos, custode. Custode di chi?Di Maria e di Gesù; ma è una custodia che si estende poi allaChiesa, come ha sottolineato il beato Giovanni Paolo II: «SanGiuseppe, come ebbe amorevole cura di Maria e si dedicò congioioso impegno all’educazione di Gesù Cristo, così custodisce eprotegge il suo mistico corpo, la Chiesa, di cui la Vergine Santa èfigura e modello» (Esort. ap. Redemptoris Custos, 1).

Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione,con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una

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LA VOCEDEL PAPA

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fedeltà totale, anche quando non comprende. Dal matrimoniocon Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio diGerusalemme, accompagna con premura e con amore ogni mo-mento. E’ accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e inquelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimentoe nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammaticodella fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio;e poi nella quotidianità della casa di Nazaret, nel laboratorio doveha insegnato il mestiere a Gesù.

Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, diGesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto aisuoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio; ed èquello che Dio chiede a Davide, come abbiamo ascoltato nellaprima Lettura: Dio non desidera una casa costruita dall’uomo,ma desidera la fedeltà alla sua Parola, al suo disegno; ed è Diostesso che costruisce la casa, ma di pietre vive segnate dal suoSpirito. E Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lasciaguidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora piùsensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismogli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere ledecisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si rispondealla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, mavediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo!Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, percustodire il creato!

La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noicristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicementeumana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza delcreato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci hamostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creaturadi Dio e per l’ambiente in cui viviamo.

È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, conamore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sonopiù fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. Èl’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodisconoreciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e coltempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere consincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confi-

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LA VOCE DEL PAPA

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denza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato allacustodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti.Siate custodi dei doni di Dio!

E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità, quandonon ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spaziola distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, pur-troppo, ci sono degli “Erode” che tramano disegni di morte, di-struggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna.

Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruolidi responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tuttigli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” dellacreazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro,dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morteaccompagnino il cammino di questo nostro mondo!

Ma per “custodire” dobbiamo anche avere cura di noi stessi!Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita! Cu-stodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostrocuore, perché è da lì che escono le intenzioni buone e cattive:quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamoavere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!

E qui aggiungo, allora, un’ulteriore annotazione: il prendersicura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto contenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomoforte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grandetenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denotafortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di veraapertura all’altro, di amore. Non dobbiamo avere timore dellabontà, della tenerezza!

oggi, insieme con la festa di san Giuseppe, celebriamo l’iniziodel ministero del nuovo Vescovo di Roma, Successore di Pietro,che comporta anche un potere. Certo, Gesù Cristo ha dato unpotere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla triplice domandadi Gesù a Pietro sull’amore, segue il triplice invito: pasci i mieiagnelli, pasci le mie pecorelle. Non dimentichiamo mai che ilvero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il poteredeve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo verticeluminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto,ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per cu-

GIUSEPPE, CUSTODE DELLA VITA

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stodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezzal’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli,quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi hafame, sete, è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46).Solo chi serve con amore sa custodire!

Nella seconda Lettura, san Paolo parla di Abramo, il quale«credette, saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18).Saldo nella speranza, contro ogni speranza! Anche oggi davanti atanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce dellasperanza e di dare noi stessi speranza. Custodire il creato, ogniuomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, èaprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce inmezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza! E per il cre-dente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, lasperanza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato apertoin Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio.

Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione,custodire ogni persona, specie la più povera, custodire noi stessi:ecco un servizio che il Vescovo di Roma è chiamato a compiere,ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella dellasperanza: Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato!

Chiedo l’intercessione della Vergine Maria, di san Giuseppe,dei santi Pietro e Paolo, di san Francesco, affinché lo SpiritoSanto accompagni il mio ministero, e a voi tutti dico: pregate perme! Amen.

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LA VOCE DEL PAPA

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PASQUA DI PACE E DI GIUSTIZIABenedizione Urbi et Orbi, Città del Vaticano, 31 Marzo 2013

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, buonaPasqua! Buona Pasqua!

Che grande gioia per me potervi dare questo annuncio: Cristoè risorto! Vorrei che giungesse in ogni casa, in ogni famiglia, spe-cialmente dove c’è più sofferenza, negli ospedali, nelle carceri…

Soprattutto vorrei che giungesse a tutti i cuori, perché è lì cheDio vuole seminare questa Buona Notizia: Gesù è risorto, c’è lasperanza per te, non sei più sotto il dominio del peccato, delmale! ha vinto l’amore, ha vinto la misericordia! Sempre vince lamisericordia di Dio!

Anche noi, come le donne discepole di Gesù, che andarono alsepolcro e lo trovarono vuoto, possiamo domandarci che sensoabbia questo avvenimento (cfr Lc 24,4). Che cosa significa cheGesù è risorto? Significa che l’amore di Dio è più forte del malee della stessa morte; significa che l’amore di Dio può trasformarela nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nelnostro cuore. E questo può farlo l’amore di Dio!

Questo stesso amore per cui il Figlio di Dio si è fatto uomo edè andato fino in fondo nella via dell’umiltà e del dono di sé, finoagli inferi, all’abisso della separazione da Dio, questo stesso amoremisericordioso ha inondato di luce il corpo morto di Gesù, lo hatrasfigurato, lo ha fatto passare nella vita eterna. Gesù non ètornato alla vita di prima, alla vita terrena, ma è entrato nella vita

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LA VOCE DEL PAPA

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gloriosa di Dio e ci è entrato con la nostra umanità, ci ha apertoad un futuro di speranza.

Ecco che cos’è la Pasqua: è l’esodo, il passaggio dell’uomodalla schiavitù del peccato, del male alla libertà dell’amore, delbene. Perché Dio è vita, solo vita, e la sua gloria siamo noi: l’uomovivente (cfr Ireneo, Adversus haereses, 4,20,5-7).

Cari fratelli e sorelle, Cristo è morto e risorto una volta per sempree per tutti, ma la forza della Risurrezione, questo passaggio dallaschiavitù del male alla libertà del bene, deve attuarsi in ogni tempo,negli spazi concreti della nostra esistenza, nella nostra vita di ognigiorno. Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve attraversare!Soprattutto il deserto che c’è dentro di lui, quando manca l’amore diDio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di esserecustode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma la mi-sericordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida, può ridarevita alle ossa inaridite (cfr Ez 37,1-14).

Allora, ecco l’invito che rivolgo a tutti: accogliamo la graziadella Risurrezione di Cristo! Lasciamoci rinnovare dalla misericordiadi Dio, lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenza delsuo amore trasformi anche la nostra vita; e diventiamo strumentidi questa misericordia, canali attraverso i quali Dio possa irrigarela terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace.

E così domandiamo a Gesù risorto, che trasforma la morte invita, di mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerrain pace. Sì, Cristo è la nostra pace e attraverso di Lui imploriamopace per il mondo intero.

Pace per il Medio oriente, in particolare tra Israeliani ePalestinesi, che faticano a trovare la strada della concordia, affinchériprendano con coraggio e disponibilità i negoziati per porre fine aun conflitto che dura ormai da troppo tempo. Pace in Iraq, perchécessi definitivamente ogni violenza, e, soprattutto, per l’amata Siria,per la sua popolazione ferita dal conflitto e per i numerosi profughi,che attendono aiuto e consolazione. Quanto sangue è stato versato!E quante sofferenze dovranno essere ancora inflitte prima che siriesca a trovare una soluzione politica alla crisi?

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LA VOCE DEL PAPA

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Pace per l’Africa, ancora teatro di sanguinosi conflitti. InMali, affinché ritrovi unità e stabilità; e in Nigeria, dove purtropponon cessano gli attentati, che minacciano gravemente la vita ditanti innocenti, e dove non poche persone, anche bambini, sonotenuti in ostaggio da gruppi terroristici.

Pace nell’est della Repubblica Democratica del Congo e nellaRepubblica Centroafricana, dove in molti sono costretti a lasciarele proprie case e vivono ancora nella paura.

Pace in Asia, soprattutto nella Penisola coreana, perché si superinole divergenze e maturi un rinnovato spirito di riconciliazione.

Pace a tutto il mondo, ancora così diviso dall’avidità di chi cercafacili guadagni, ferito dall’egoismo che minaccia la vita umana e lafamiglia, egoismo che continua la tratta di persone, la schiavitù piùestesa in questo ventunesimo secolo; la tratta delle persone èproprio la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo! Pacea tutto il mondo, dilaniato dalla violenza legata al narcotraffico edallo sfruttamento iniquo delle risorse naturali! Pace a questanostra Terra! Gesù risorto porti conforto a chi è vittima dellecalamità naturali e ci renda custodi responsabili del creato.

Cari fratelli e sorelle, a tutti voi che mi ascoltate da Roma e daogni parte del mondo, rivolgo l’invito del Salmo: «Rendete grazieal Signore perché è buono, / perché il suo amore è per sempre. /Dica Israele: / “Il suo amore è per sempre”» (Sal 117,1-2).

Cari fratelli e sorelle, giunti da ogni parte del mondo in questaPiazza, cuore della cristianità, e tutti voi che siete collegatiattraverso i mezzi di comunicazione, rinnovo il mio augurio:Buona Pasqua!

Portate nelle vostre famiglie e nei vostri Paesi il messaggio digioia, di speranza e di pace, che ogni anno, in questo giorno, sirinnova con forza.

Il Signore risorto, vincitore del peccato e della morte, sia disostegno a tutti, specie ai più deboli e bisognosi. Grazie per lavostra presenza e la testimonianza della vostra fede. Un pensiero

PASQUA DI PACE E DI GIUSTIZIA

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e un grazie particolare per il dono dei bellissimi fiori, cheprovengono dai Paesi Bassi. A tutti ripeto con affetto: Cristorisorto guidi tutti voi e l’intera umanità su sentieri di giustizia, diamore e di pace.

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LA VOCE DEL PAPA

Page 18: BIMESTRALE DELLA FONDAZIONE MIGRANTES...ANNO XXIII N. 2 Marzo/Aprile 2013 BIMESTRALE DELLA FONDAZIONE MIGRANTES 2 2013 Convegno nazionale “Amarsi e sposarsi Una Chiesa prossima,

CIRCoLARE CEI SUI PRESBITERI NoN ITALIANI PRESENTINELLE DIVERSE DIoCESIRoma, 15 marzo 2013

Nella sessione invernale del 28-30 gennaio 2013, ilConsiglio Episcopale Permanente, affrontando il temadella presenza in Italia, per il servizio pastorale o per

motivi di studio, di presbiteri non italiani provenienti specialmenteda territori di missione, ha disposto l’invio di una lettera a tutti iMembri della Conferenza Episcopale per richiamare la normativavigente e la procedura da seguire.

Le convenzioni che regolano la materia, aggiornate nellasessione del Consiglio Permanente del 22-25 marzo 2010, sonopubblicate sul Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana, N.4/2010. Questi materiali possono essere anche scaricati in versioneelettronica dal sito internet www.chiesacattolica.it/missioni, doveè possibile trovare anche un utile vademecum (Suggerimenti perl ’accoglienza e indicazioni per compilare le Convenzioni).

L’Ufficio Nazionale per la cooperazione missionaria tra leChiese (tel. 06-66502639; e-mail [email protected]) e,per la parte di competenza, la Fondazione Migrantes (tel.06/6617901; e-mail [email protected]), sono a disposizioneper ogni ulteriore approfondimento.

Mentre si rammenta la necessità di attenersi alla Istruzionesull ’invio e la permanenza all ’estero dei sacerdoti del clero diocesanodei territori di missione della Congregazione per l’evangelizzazionedei popoli (25 aprile 2001), vengono richiamate alcune attenzionifondamentali che pare opportuno assicurare affinché la presenza,

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LA VOCEDEI VESCOVI

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ormai così numerosa e significativa, di presbiteri non italianinelle nostre comunità sia adeguatamente regolata con “accordiprecisi” (Istruzione cit., art. 4), così da essere valorizzata per ilbene di tutti (i Vescovi e le Chiese che inviano e che accolgono ei presbiteri interessati).

- Di fondamentale importanza nella valutazione della convenzioneda stipulare è la distinzione tra presbiteri da destinare a tempopieno al servizio pastorale e presbiteri accolti per ragioni distudio (conseguimento di qualsiasi grado accademico pressoFacoltà ecclesiastiche o Università statali). Altrettanto importanteè distinguere tra presbiteri in servizio pastorale generico epresbiteri a servizio delle comunità etniche.

- Prima di richiedere o accogliere un sacerdote non italiano peruno specifico servizio pastorale, occorre valutare attentamentei bisogni concreti e le esigenze della comunità alla quale sipensa di destinare il sacerdote stesso.

- La stipula delle convenzioni riguarda esclusivamente i presbiteriincardinati in diocesi non italiane, non invece i presbiteri ap-partenenti a Istituti di vita consacrata o Società di vitaapostolica. Eventuali situazioni particolari (ad es. con incardi-nazione in una diocesi e appartenenza a un’altra realtà ecclesiale)dovranno essere previamente portate all’attenzione della Se-greteria Generale della CEI.

- La destinazione di presbiteri a servizio delle comunità etnichedeve essere valutata previamente con la Fondazione Migrantesin base alla consistenza della comunità prima di presentare ladocumentazione, che richiede il nulla osta della Migrantesstessa.

- La missione pastorale del sacerdote accolto per una comunitàetnica deve essere definita in modo puntuale, evitando ilrischio di un impegno occasionale o limitato e una sorta di fe-nomeno rinnovato di clerici vagantes, che curino soltantol’aspetto celebrativo e sacramentale dei connazionali, a scapitodi un cammino di evangelizzazione e di iniziazione cristiana.

- Pur riconoscendo nei confronti dei migranti il dovere deiVescovi di provvedere adeguatamente, con tutta premura, alla

1. Il serviziorichiesto e offertodai presbiterinon italiani

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LA VOCE DEI VESCOVI

Page 20: BIMESTRALE DELLA FONDAZIONE MIGRANTES...ANNO XXIII N. 2 Marzo/Aprile 2013 BIMESTRALE DELLA FONDAZIONE MIGRANTES 2 2013 Convegno nazionale “Amarsi e sposarsi Una Chiesa prossima,

loro assistenza spirituale (cfr Christus Dominus, n. 18), si evitiuna pastorale parallela della comunità etnica, a favore invecedi una pastorale della comunità etnica propedeutica alla vitadella parrocchia e della Chiesa locale. A tale proposito sivaluti con attenzione se preferire all’istituzione di una parrocchiapersonale o di una cappellania la nomina come collaboratoreparrocchiale o nell’unità pastorale o l’affidamento di un incaricodiocesano (ad es. per la pastorale giovanile, familiare, sociale,migratoria) per un presbitero destinato al servizio dei migrantidi una comunità.

- Circa i presbiteri accolti per motivi di studio, il Vescovo cheinvia “concordi con il Vescovo ospitante l’attività pastorale cheil sacerdote potrà svolgere, per il solo periodo della duratadegli studi, senza che questa comporti incarichi gravosi cheimpediscano il completamento degli studi nel tempo convenutoe che non richiedano la stabilità prevista dal diritto” (Istruzionecit., art. 3). 

- Si raccomanda l’osservanza del principio della temporaneitàdell’invio, ancorché rinnovabile più volte (cfr can. 271 § 2): iVescovi non accettino pertanto proposte di invio a tempo in-determinato.

- La permanenza non deve comunque superare i nove anni peri sacerdoti accolti per il servizio pastorale, anche per lecomunità etniche; per gli studenti, essa dovrà essere definitaalla stipula della convenzione, stabilendo contestualmente ilrientro definitivo nella diocesi di origine, che non dovrà pro-lungarsi oltre il raggiungimento del grado accademico deldottorato.

- È buona norma sottoporre anche la convenzione per motivi distudio a verifica periodica, almeno alla scadenza di ogni trien-nio.

- Si suggerisce di evitare il passaggio di presbiteri in convenzioneper servizio pastorale da una diocesi italiana a un’altra, o dallaconvenzione per studenti a quella per servizio pastorale, almenosenza un previo congruo periodo di rientro nella propriadiocesi. In ogni caso, per l’eventuale passaggio andrà stipulata

2. Durata dellapermanenza in Italia

CIRCOLARE CEI SUI PRESBITERI NON ITALIANI PRESENTI NELLE DIVERSE DIOCESI

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una nuova convenzione, comprensiva di aggiornamento ditutti gli allegati previsti.

- È opportuno scoraggiare la prospettiva dell’incardinazionenella diocesi che ha accolto, che rischia di impoverire leChiese missionarie. Si tenga presente che l’eventuale acquisizionedella cittadinanza italiana non da diritto all’incardinazionenella diocesi che ha accolto.

- Si abbia cura che i presbiteri accolti per il servizio pastorale,inseriti nel sistema di sostentamento del clero, ricevano la re-munerazione determinata a carico dagli enti presso i qualiesercitano il loro ministero.

- I presbiteri studenti non possono essere inseriti nel sistema disostentamento del clero: per loro è previsto un rimborso chene garantisce in maniera dignitosa il tenore di vita. Diocesi eparrocchie sono invitate a provvedere per loro al vitto eall’alloggio, oltre che alle intenzioni di SS. Messe. Si vigiliaffinché i presbiteri non sollecitino presso i fedeli raccolte difondi per se stessi.

- La formazione dei presbiteri non italiani, che non è facoltativa,deve riguardare anche gli aspetti pastorali e non solo lo studiodella lingua.

- Ai presbiteri accolti per esclusivo servizio pastorale occorregarantire la frequentazione dell’apposito corso predispostopresso il CUM di Verona (cfr www.fondazionecum.it); eventualialtre modalità di avvenuta formazione dovranno essere docu-mentate in dettaglio. Ai presbiteri destinati al servizio pastoraledelle comunità etniche occorre garantire la partecipazione alcorso annuale della Fondazione Migrantes (cfr www.migrantes.it).Per tutti la partecipazione alla vita della Chiesa locale, in par-ticolare alle iniziative formative e spirituali, sarà garanzia dicomunione ecclesiale e di formazione permanente.

- Il CUM è a disposizione di tutti i presbiteri non italiani conun corso di secondo livello per approfondire specifiche tematichepastorali vissute nelle Chiese in Italia.

3. Il sostenta-mento delpresbitero

4. Formazione,accompagna-mento, ferie

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LA VOCE DEI VESCOVI

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- Per i presbiteri accolti per motivi di studio la motivazionedello stesso invio comporta un aspetto formativo. Il Vescovoche accoglie assicuri con sollecitudine occasioni e momenti,soprattutto a livello diocesano, di approfondimento e aggior-namento, favorendo l’inserimento nella Chiesa locale e la par-tecipazione alle vita del presbiterio (cfr Istruzione cit., art. 5).

- occorre vigilare attentamente affinché sia ottemperato ildovere della residenza, nella diocesi che accoglie, del presbiteroinviato per servizio pastorale generico o alle comunità etniche(cfr can. 283 §1); siano altresì garantiti i tempi di ritorno inpatria, come stabiliti nella convenzione.

- La presenza in Italia di presbiteri provenienti da Paesi in statodi necessità può offrire anche l’occasione per avviare iniziativedi solidarietà con le comunità in patria. occorre assicurare chele leggi civili e canoniche siano osservate, specialmente perquanto riguarda le raccolte di fondi e la destinazione dei me-desimi. Queste iniziative siano concordate con il Centro Mis-sionario Diocesano, che deve essere almeno informato.

- Particolare attenzione dovrà essere data alla destinazione delleofferte raccolte nelle celebrazioni di comunità etniche. Sirammenti che le offerte date in occasione dell’amministrazionedei sacramenti e dei sacramentali vanno versate nella cassadella parrocchia, della chiesa o del santuario, fatte salveeventuali disposizioni del Vescovo diocesano circa altre desti-nazioni di tali offerte e la quota da riconoscere al celebrante(cfr can. 531).

- Per la stipula delle convenzioni che riguardano presbiteri diChiese cattoliche orientali si richiede, oltre agli allegatiprescritti, una dichiarazione attestante lo stato celibatario delpresbitero in questione. Per le eventuali richieste di accoglienzadi presbiteri uxorati, ci si attenga alle indicazioni già fornitenella lettera del Segretario Generale della CEI del 15 febbraio2010, Prot. N. 125/2010, circa la necessità della dispensa daparte della Congregazione per le Chiese orientali.

- Per i presbiteri provenienti dalla Repubblica Popolare Cinese,sia per servizio pastorale che per motivo di studio, la convenzione

5. Alcuni aspettiparticolari

CIRCOLARE CEI SUI PRESBITERI NON ITALIANI PRESENTI NELLE DIVERSE DIOCESI

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non può essere approvata senza avere ottenuto il nulla ostadella Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli.

- “Il Vescovo che accoglie nella propria diocesi un sacerdote ri-fugiato dai territori di missione, per gravi motivi, prima di as-segnargli un ufficio pastorale, senta anche il parere della Con-gregazione per l’evangelizzazione dei popoli” (Istruzione cit.,art. 10).

- Circa la richiesta di convenzione per motivi di studio per pre-sbiteri provenienti da Paesi in stato di necessità, si fa presenteche si considerano tali quelli inseriti nella lista dei Paesidestinatari di aiuti pubblici definita dalle organizzazioni in-ternazionali competenti. Eventuali situazioni particolari sarannovalutate dalla Segreteria Generale della CEI.

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LA VOCE DEI VESCOVI

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CEMi (Commissione Episcopale per le Migrazioni)

BENEDETTo XVI E LE MIGRAZIoNI: TRA VERITà E CARITàComunicato finale, Roma, 6 marzo 2013

La CEMi (Commissione Episcopale per le Migrazioni), ela Fondazione Migrantes, al termine della riunione del 6marzo, hanno voluto portare l’attenzione su recenti fatti

che riguardano la Chiesa e il mondo dell’immigrazione e delleminoranze in Italia.

1. Anzitutto la CEMi e la Migrantes esprimono sentimenti divicinanza e di affetto al S. Padre Benedetto XVI, che hascelto di rinunciare al Pontificato, con un atto di coraggio enello spirito di servizio alla Chiesa. Alla vicinanza si unisce lagratitudine per un Magistero ricco e puntuale, che ha ricordatopiù volte lungo gli otto anni del suo Pontificato i drammi, leattese, le gioie e le speranze dei migranti e rifugiati oggi nelmondo, oltre che richiamare nelle udienze straordinarie l’at-tenzione al popolo rom, alla gente dello spettacolo viaggiante,al mondo dei marittimi. Molte volte e in diverse occasioni, ilS. Padre ha ricordato alle nostre comunità e alla società civileil dovere dell’accoglienza, della tutela dei diritti, in particolaredei minori, delle donne migranti e delle loro famiglie.

2. La CEMi e la Migrantes ribadiscono la necessità di una pro-grammazione politica e sociale che non porti il nostro Paese aripetere l’estemporaneità e l’emergenzialità con cui si è affrontato

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LA VOCE DEI VESCOVI

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il dramma dei rifugiati del Nord-Africa, dopo le ‘primavere’arabe. Al tempo stesso, la CEMi e la Migrantes sono riconoscentialle comunità, alle associazioni e ai volontari che in questi dueanni hanno permesso di trasformare un’emergenza in un cam-mino di promozione umana e di integrazione sociale di moltirifugiati e richiedenti asilo.

3. La CEMi e la Migrantes mostrano preoccupazione per iripetuti casi di morte di giovani immigrati in Italia che vivonoin condizioni drammatiche, in abitazioni di fortuna, senza irequisiti di sicurezza. La perdita del lavoro o il precariato, ilrientro della famiglia in patria, costringono molti immigrati,uomini e donne, a vivere in solitudine, senza una fissa dimorao in condizioni precarie. Le case e i centri di prima accoglienzanei comuni e nelle diocesi, che svolgono un’opera straordinariain questo momento, sono spesso insufficienti a ospitare tuttele persone in difficoltà. occorre ripensare un piano abitativopopolare che possa anche assolvere al dovere di ospitalità dilavoratori migranti e delle loro famiglie.

In questo tempo di Quaresima, la nostra preghiera all’attesadella Pasqua aggiunge l’attesa della scelta del nuovo Pontefice,sicuri che il prossimo Successore di Pietro accompagnerà ilcammino della Chiesa incrociando il cammino della famigliaumana.

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LA VOCE DEI VESCOVI

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Convegno nazionale “Amarsi e sposarsi neimatrimoni misti: attenzioni pastorali e canoniche”

SPoSARSI TRA CoNFESSIoNIE RELIGIoNI DIVERSE.UN’ANALISI SoCIoLoGICA

Carmelina Chiara Canta1

Le analisi proposte in questa sede si basano sui dati dellaricerca promossa dall’ Ufficio Nazionale per l’Ecumenismoe il Dialogo Interreligioso della Conferenza Episcopale

Italiana. La scheda-questionario è stata inviata a tutti i Vescovidelle 223 diocesi italiane insieme ad una lettera del SegretarioGenerale della CEI, Monsignor Mariano Crociata, il 15 settembre2009, per raccogliere le informazioni relative al decennio 1999-2008. Questa rilevazione è seguita a quella già realizzata per glianni 1995-1998.

L’insieme dei dati ai quali si farà riferimento sono perciòelaborati dalle fonti più sicure, corrispondendo a quelli fornitidalle diocesi italiane, che conoscono la situazione dei matrimoni“misti” o “dispari” con rito religioso. Alle diocesi, infatti, sirivolgono gli aspiranti sposi cattolici per chiedere la “dispensa” ola “licenza” di celebrare un matrimonio con un/a sposa/o di altraconfessione/religione e sono perciò le uniche a conoscere la realesituazione.

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ESPERIENZEE RIFLESSIONI

1. Premessa

1 C. Chiara Canta è ordinaria di Sociologia dei Processi Culturale e della Re-ligione nell’Università di Roma Tre.

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Da questo punto di vista l’analisi proposta è assolutamenteoriginale e preziosa; i dati sono di “prima mano” (non sono elabo-razioni secondarie di altre fonti)2 e può essere consideratasignificativa non solo come fenomeno interno alla Chiesa Cattolicama interessante anche per le altre chiese cristiane, le religioni noncristiane e per altre categorie di appartenenze (atei, agnostici, ab-bandono della fede, ecc..).

All’interno della Chiesa, essi si prestano ad una serie diriflessioni di tipo pastorale, sia direttamente, per le informazioniche ci hanno fornito le diocesi, sia indirettamente per ciò che im-plicitamente possiamo ricavarne e per quello che in futuropotranno fare gli operatori della pastorale.

L’universo coinvolto nell’indagine ha riguardato la totalitàdelle 223 diocesi italiane ma i dati che saranno analizzati sonorelativi a quelle che hanno compilato e restituito la scheda- que-stionario. Le diocesi che hanno risposto in maniera completa aldicembre 2012 sono 83, circa un terzo delle diocesi italiane3.

Si tratta di una realtà certamente significativa, composta da83 diocesi, pari al 39% della popolazione italiana, distribuite inmaniera abbastanza omogenea sul territorio italiano; il 29% nelNord-ovest, il 53% nel Nord-est, il 57% nel Centro, il 24% al Sude il 34% nelle Isole. hanno risposto in maniera più numerosa lediocesi del Nord e del Centro.

L’insieme della popolazione delle 83 diocesi analizzate corri-sponde a 23.131.466, più di 1/3 della popolazione residente inItalia, che è di 58.864.257, valore ricavato dalla somma della po-polazione delle diocesi e che è abbastanza vicina a 60.820.764che, secondo l’ISTAT, è il dato provvisorio della popolazioneitaliana al 31 dicembre 2011.

2. La ricerca nelle Regioniecclesiastiche enelle diocesiitaliane: aspettimetodologici

26 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

2 In alcuni casi si farà riferimento ad essi per un’analisi comparativa.3 La raccolta delle schede di rilevazione è stata abbastanza “laboriosa”. Alcune

diocesi non hanno compilato la scheda con esattezza. Sono state perciò sollecitatea ri-compilarle e ri-compilarle. In conclusione, tale operazione è stata chiusa il31dicemnbre 2012.

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Tabella 1. Ripartizione delle diocesi per zona geografica

A livello di regioni ecclesiastiche sono rappresentate un buonnumero di diocesi, sebbene la distribuzione non sia omogenea; lediocesi più rappresentate sono state quelle delle regioni: Sicilia(11%), Emilia Romagna (11%), Lazio (10%), Marche (8%),Triveneto (8%), Toscana (8%), Lombardia (7%) e Puglia (7%).

Tabella 2. Ripartizione delle diocesi per Regioni Ecclesiatiche

3. Regioniecclesiastiche ediocesi: daticomplessivi

SPOSARSI TRA CONFESSIONI E RELIGIONI DIVERSE. UN’ANALISI SOCIOLOGICA

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Rispetto al rapporto diocesi-regione, alcune regioni ecclesiasticherisultano meglio censite, come si può notare dalla tabella n. 2,nella quale le percentuali vengono fatte sia sul dato demograficosia sul totale della Regione che della popolazione italiana. Ri-spettivamente si hanno i seguenti dati: Lazio (79%- 8%), le

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Marche (68%- 1%), l’Emilia Romagna (65%- 5%), Liguria (57%-2%), Triveneto (46%- 5%) e Toscana (45%- 2%) sono quellemeglio censite.

Complessivamente le richieste di dispense e licenze per ma-trimoni “misti” e “dispari” sono state 10.858, di cui la maggiorparte, 6.401, pari al 59%, sono interconfessionali, 839 pari al l’8%,sono richieste con credenti di altre religioni e 3.618 pari al 33%,con coniuge di altre tipologie (non battezzati, abbandoni dellafede, battezzati passati ad altra confessione, ecc…).

Tabella 3. Tipologia dei matrimoni nel decennio 1999-2000

A parte il picco della città di Roma, i matrimoni i “intercon-fessionali”, “interreligiosi” e “altri” si concentrano nelle città delNord e del Centro, dove, come sappiamo, risiede un maggiornumero di popolazione immigrata, anche se l’analisi da noirealizzata riguarda, come si vedrà, anche gli italiani riservandocidelle sorprese.

Tabella 4. Tipologia dei matrimoni per diocesi (le prime 11)

28 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

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La crescita, nel decennio analizzato, riguarda in particolare imatrimoni interconfessionali, i cui valori sono passati dal 4,40%del 1999 al 6,56% del 2008 e, ancor più, per quelli “altri”, convalori sul totale dal 7,66 del 1999 al 12,18% del 2008, invariata(0,89%%) è stata la crescita di quelli interreligiosi, pari all’8% deltotale.

Tabella 5. Tipologia dei matrimoni nel decennio 1999-2008.

Da questo momento, nella mia relazione procederò nell’ordine:dai matrimoni interconfessionali, interreligiosi e altri.

Si indicano in questo modo le richieste di licenza per matrimonicon appartenenti alla stessa confessione cristiana.

La prima evidenza da segnalare è che nel totale le richieste didispensa sono 6401 di cui 4275 con donne e 2126 con uomini. Ri-spetto alle zone geografiche, la maggior (51%) parte dei matrimoniinterconfessionali si concentra al Centro, il 21% nel Nord Est e il15% nel Nord ovest, il 6% nelle Isole e il 7% nel Sud.

Considerando la diocesi come variabile indipendente, si evinceche la maggiore quantità di matrimoni interconfessionali sicelebrano a: Roma (25%- 1575), Firenze (5%-338), Bergamo(4%- 232), Bologna (4%- 217), Bolzano-Bressanone (4%- 447),Pinerolo (3% - 192), Venezia (2%- 159), Genova (2%- 128), Sa-bina- Poggio Mirteto (2%- 105), Rimini (2%- 107), ReggioEmilia -Guastalla (2%-106), Porto- Santa Rufina (2%-130), Pisa(2%- 97).

4. Matrimoniinterconfes-sionali

SPOSARSI TRA CONFESSIONI E RELIGIONI DIVERSE. UN’ANALISI SOCIOLOGICA

29servizio migranti n. 2/2013

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Tabella 6. Totale dei matrimoni interconfessionali dal 1999 al 2008 perconfessione e genere

*1: in questa categoria sono inserite tutte le risposte di coloro che si sono definiti semplicemente “evangelici”*2: in questa categoria sono inserite tutte le risposte di coloro che si sono definiti appartenenti ad un “altromovimento occidentale di matrice cristiana”*3: in questa categoria sono inserite tutte le risposte di coloro che si sono definiti “cristiani”

La nazione prevalente da cui provengono gli sposi di altraconfessione è la Romania con 1620 (25%) richieste, con unanetta prevalenza di donne (32%). Tra le altre nazioni che hannouna certa visibilità si registrano, in ordine di numerosità, il RegnoUnito (11%), la Germania (10%), l’Italia (8%), la Russia (6%), gliStati Uniti (5%), l’Ucraina (4%) e la Moldavia (3%).

Nei dati complessivi, come si evidenzia nella tabella riassuntivarelativa agli anni 1999-2008, la percentuale più elevata è quellarelativa alle richieste di dispense per matrimoni con ortodossi(50%), appartenenti alla Chiesa Luterana (17%), Anglicani (111%),altre denominazioni (10%), Chiesa Valdese e Metodista (5%) eChiese Battiste (2%). Analizzando l’andamento delle richieste didispense nei singoli anni, dal 1999 al 2008 si conferma lamedesima graduatoria.

Relativamente alle diocesi, la totalità (6313) dei matrimoni“interconfessionali” sono stati celebrati prevalentemente nellediocesi di: Roma 25% (1575), Firenze 5% (338), Bolzano- Bres-

30 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

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sanone 5% (286), Bergamo 4% (232), Bologna 3% (217), Vicenza3% (216), Venezia 3% (219), Como 2% (256) e di Porto S. Rufina2% (130)4.

Il dato che emerge in maniera significativa, come ci si aspettava,tra i matrimoni all’interno della stessa religione cristiana, ècostituito dal numero rilevante di richiesta di dispense permatrimoni con ortodossi che, nel totale sono 3.210, cioè il 50%dei matrimoni interconfessionali.

È visibile l’incremento delle richieste nell’ambito dell’ultimodecennio 1999-2008, che è passato dalla percentuale complessiva(femmine e maschi) del 34% del 1999 a quasi il doppio (60% )del 2008.

Prosegue, rispetto alla precedente rilevazione, l’aumento di ri-chieste di dispense con donne (2.705, pari al 63%) rispetto aquelle con uomini (505, pari al 24%).

In particolare aumentano i matrimoni con donne provenientidai paesi dell’est Europa, Romania (49%), Russia (14%), Ucraina(9%) e Moldavia (8%)5. Sono numerosi anche e solamente i ma-trimoni con uomini ortodossi di nazionalità rumena (47%), comeevidenzia dalla tabella n. 7.

Tabella 7. Totale dei matrimoni con gli ortodossi per nazionalità e genere(le prime 4).

Analizzando l’incremento delle richieste per anno è interessanteosservare che vi è stato un aumento significativo dal 1999 al 2004, neiquali le richieste con rumeni sono passate nel totale da 58 a 232 nel

4.1 Matrimoni con gli ortodossi

SPOSARSI TRA CONFESSIONI E RELIGIONI DIVERSE. UN’ANALISI SOCIOLOGICA

31servizio migranti n. 2/2013

4 Si riportano solo i valori fino a 130 unità (2%).5 Nei matrimoni tra sposo italiano e sposa straniera le prime nazionalità sono:

Romania, Ucraina, Tunisia, Polonia, Federazione Russa, Moldova, Marocco,Albania, Perù, ecc. (dati ISTAT 2008).

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valore totale, mentre nel quinquennio successivo le richieste sono di-minuite per poi stabilizzarsi nel 2008 con 191 richieste.

In sintesi, i dati ci dicono che questo è il gruppo più numerosoe che il dialogo ecumenico con le Chiese ortodosse/Chiese anticoorientali, anglicani e luterani sia l’elemento che caratterizzerà lechiese cristiane nei prossimi anni.

I 1056 (17%) matrimoni con i Luterani sono in prevalenza dicattolici che sposano donne luterane (569) rispetto agli uomini487. Essi provengono da: Germania (48%), Svezia (10%), StatiUniti (7%), Finlandia (5%), Italia (5%) e Danimarca (4%),Norvegia (4%) e Svizzera (3%). Nel corso del decennio, dal 1999al 2005 l’andamento è stato costante mantenendosi su una mediadi 120, tranne negli anni 2007- 2008 nei quali sono diminuiti (lamedia è di 83 unità).

I matrimoni con gli anglicani sono nel totale 705 (11%), inmaggioranza donne cattoliche che sposano uomini (438) pari al21%, rispetto alle donne 267 (6%).

Gli anglicani provengono, come previsto, da: Regno Unito(75%), Stati Uniti (3%), Irlanda (3%) e dall’Australia (3%).

Nel decennio analizzato i matrimoni con gli anglicani sonoleggermente aumentati passando, nel valore assoluto, da 60 nel1999 a 78 nel 2008.

I matrimoni con i Valdesi e i Metodisti sono nell’insieme 312,con una leggera prevalenza di matrimoni con donne (163). Anchele percentuali sul totale dei matrimoni interconfessionali ciavevano segnalato una presenza “non invasiva” che è del 5%. Piùdelle metà sono matrimoni tra italiani (55%), e, tra le prime na-zionalità si segnalano: Regno Unito (17%), Stati Uniti (11%) eGermania (4%).

Nel decennio esaminato i matrimoni con gli appartenenti allaChiesa Valdese e metodista sono diminuiti di quasi un terzo; da42 nel 1999 sono passati a 15 nel 2008.

4.2 Luterani

4.3 Anglicani

4.4 Valdesi emetodisti

32 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

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Sono in quantità rilevante (10%) 649 nel valore assoluto, imatrimoni che abbiamo chiamato con “Altre denominazioni”,indicando con questa espressione coloro che si sono definiti sem-plicemente “evangelici”.

Con gli appartenenti alle Chiese battiste si sono celebrati 137(2%) matrimoni, prevalentemente con uomini (79) .

In questo gruppo abbiamo inserito i matrimoni (2%) 130 invalore assoluto, di coloro che si sono definiti semplicemente “cri-stiani”.

Sono il 1,47% pari a 94 (in prevalenza donne, 73) i matrimonicon coloro che si sono definiti appartenenti ad “Altro movimentocristiano di matrice occidentale”.

Sono 13 (0,47) i matrimoni con i Testimoni di Geova.

Solo 3 (0, 25) sono i matrimoni con gli appartenenti Mormoni,quasi tutti uomini.

Questi ultime due categorie non sono significative ma sonoindicate per segnalare la complessità della “galassia evangelica” e“cristiana” in Italia, che costituisce una realtà molto fluida sia perla denominazione religiosa che per la nazionalità.

In sintesi questi dati evidenziano che il gruppo più numerosoè quello Chiese ortodosse/Chiese antico orientali, seguito daglianglicani, luterani, valdesi e metodisti e che il dialogo ecumenicocaratterizzerà le chiese cristiane nei prossimi anni.

Complessivamente le richieste di dispensa6 per celebrare unmatrimonio con una/o sposa/o di altra religione (matrimoni in-terreligioso) sono 839, pari all’8% del totale.

4.5 Evangelici

4.6 Chiese battiste

4.7 Cristiani

4.8 Altrimovimenti dimatrice cristiana

4.9 Testimoni diGeova4.10 Mormoni

5. I matrimoniinterreligiosi

SPOSARSI TRA CONFESSIONI E RELIGIONI DIVERSE. UN’ANALISI SOCIOLOGICA

33servizio migranti n. 2/2013

6 La “dispensa” riguarda i matrimoni tra i cattolici e i non credenti o i credentidi altre religioni. La “licenza” riguarda il matrimonio tra i cattolici e credenti dialtre confessioni cristiane.

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Tabella 8. Totale dei matrimoni interreligiosi per religione e genere

Per quanto riguarda i matrimoni interreligiosi, il 45% si celebranel Centro, il 6% nelle isole, il 23% nel Nord Est, il 16% nel Nordovest e il 9% nel Sud. Anche in questo caso si esplicita che lamaggior parte dei matrimoni con il coniuge di altra religionediversa dalla cristiana si celebra al Centro e al Nord, in coerenzacon la presenza di un maggior numero di immigrati in tale territorio.

Il maggior numero di questi matrimoni si segnalano nellediocesi di: Roma (22%- 181), Firenze (7%-61), Bologna(6%-52), Bergamo (4%-37), Ancona-osimo (3%- 29), Genova (3%-24), Parma (3%- 24), Vicenza (3%- 29), Venezia (3%- 24), Parma3% (24), Genova 3% (24), Cagliari 3% (21).

Dall’analisi dei dati complessivi delle richieste di licenza permatrimoni interreligiosi, si osserva una crescita progressiva dal1999, in cui sono stati 478 (7%) ai 712 (11%) del 2008, con unanetta prevalenza di matrimoni con donne, che sono quasiraddoppiate dal 7% nel 1999 al 12% del 2008.

La prima evidenza che emerge nel contesto di matrimoni in-terreligiosi è che prevalgono i matrimoni con musulmane/i, cherisultano essere complessivamente 433, pari al 52%. Di questi, gliuomini cattolici hanno sposato 187 donne musulmane mentre246 donne cattoliche hanno sposato uomini musulmani.

Questi dati sono in sintonia con quanto viene rilevato anche aproposito dei matrimoni civili e delle unioni di fatto e con la con-sistenza del fenomeno migratorio italiano, nel quale prevalgonoimmigrati musulmani. In particolare è da rilevare che è aumentatoil numero delle donne musulmane che sposano uomini cattolici,evidenziando un cambiamento non indifferente nel costume, inconsiderazione del divieto esistente per la donna musulmana disposare un cattolico. Ciò assume un rilievo particolare anche per

5.2 I matrimoni con musulmane/i

34 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

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il fatto che dal 2000 la presenza di musulmani immigrati nel ter-ritorio italiano è diminuita, passando dal 38% al 33% pari a1.650.000 unità nel 2011, anche se permane una mentalità diffusatra gli italiani che ritengono il contrario, perché, a livello mediaticosi assiste ad una sovraesposizione del fenomeno. Ciò non toglieche prevale ancora il costume della donna cattolica che sposa unmusulmano (246).

È da segnalare, sebbene non sia una presenza significativa maè un dato in ascesa, che dal 2002 si registrano richieste di dispenseper matrimoni con musulmane (2,67%) e musulmani (1,63%) dinazionalità italiana. I dati non ci dicono altro.

Rispetto alla nazionalità di provenienza dei musulmani leprime quattro nazioni di provenienza degli sposi sono l’Albania(21%), il Marocco (17%), la Tunisia (14%) e l’Algeria (6%),sebbene l’andamento storico di queste nazioni non proceda inmaniera lineare nei dieci anni presi in considerazione.

Tabella 9. Matrimoni interreligiosi con musulmani per nazionalità egenere (le prime 4)

Sul piano della nazionalità si conferma, pertanto, quanto af-fermato nella rilevazione del 1994-1998; sono ancora presenti ipaesi del nord Africa ma al primo posto si colloca l’Albania (cheera già aumentata) e altri paesi dell’area balcanica. In particolaresi evidenzia che sono soprattutto uomini cattolici che sposanodonne musulmane di nazionalità albanese nella misura del 28,34%rispetto alle donne cattoliche che sposano uomini albanesi(16,26%), mentre le donne cattoliche sposano soprattutto musulmanitunisini (16,67%) rispetto agli uomini cattolici che sposano mu-sulmane tunisine (9,63%).

È chiaro che questi dati non possono dirci nulla sulla qualitàdella religione della sposa/o di religione musulmana, se nonquello che già conosciamo da altre fonti; non esiste un Islamomogeneo ma ci sono tanti islam e che quello albanese è diversoda quello dei paesi del nord Africa e da quello dell’Asia. L’unica

SPOSARSI TRA CONFESSIONI E RELIGIONI DIVERSE. UN’ANALISI SOCIOLOGICA

35servizio migranti n. 2/2013

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osservazione che ci sembra legittima è che entrambi i richiedentihanno un’appartenenza religiosa che desiderano mantenere nelloro matrimonio, data la difficoltà (se non altro burocratica) cheun matrimonio misto comporta. Ma questo vale per tutte letipologie di matrimoni che stiamo analizzando.

Rispetto alla precedente rilevazione 1995-1998, le richieste didispense con musulmani sembrano diminuite. Infatti nel decennio1999-2008 non si osserva una crescita di matrimoni con musulmanie i valori subiscono lievi oscillazioni, dato che si può attribuirealla diminuzione della popolazione musulmana immigrata.

L’andamento è condizionato anche da situazioni contingentilegate alle problematiche delle nazioni di provenienza. Infattinella precedente rilevazione si registrava una prevalenza di mu-sulmani provenienti dal Marocco e dalla Tunisia, con una con-centrazione di richieste di dispense di matrimonio con musulmanimaschi provenienti dall’Iran nel 1997, nel decennio successivo èaumentata notevolmente la provenienza dall’Albania, pur perma-nendo quella dei tre paesi del nord Africa (Marocco, Tunisia edAlgeria).

Coerentemente con la esigua presenza degli ebrei nel territorioitaliano, che sono 7.300 (0,1%), anche le richieste di matrimonicon sposa/o ebrei sono complessivamente 99, di cui 43 hannosposato donne ebree e 56 cattoliche hanno sposato uomini ebrei.

L’analisi del Paese di provenienza ci dice di un tipo dimatrimoni che non coinvolge il mondo dell’immigrazione vera epropria, come rilevato prima, quanto di dispense richieste tra cit-tadine/i italiani (che hanno sposato per il 43% uomini e per il28% donne ebrei). Ugualmente presenti sono le richieste conebree (30%) ed ebrei (29) di nazionalità statunitense ed israeliana(14% donne e 9 uomini). Poco numerosa è la presenza di dispenserichieste con ebree/i di altre nazioni.

Anche in questo caso, questi dati non possono dire nulla sullareligiosità di queste unioni con ebree/i, se esse/i se siano osservatio meno.

5.2 I matrimoni con Ebree/i

36 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

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Il questionario inviato alle diocesi prevedeva di indicarne al-l’interno della macro area “Religioni tradizionali asiatiche” alcunespecifiche: Buddismo, Induismo, Jainismo, Shintoismo, Sikhismo,Taoismo e Zoroastrismo. La nostra analisi è stata fatta per ma-cro-area e in particolare per singola religione.

Sono 292 le richieste di matrimonio con appartenenti alle re-ligioni tradizionali asiatiche. Prevalgono le richieste di matrimonicon donne (180), rispetto agli uomini (112). Le nazionalità diprovenienza sono soprattutto Giappone (33%), Thailandia (14%),India (12%), Italia (12%), Sri Lanka (5%), Cina (4%), RegnoUnito (4%) e Stati Uniti (4%).

Tabella 10. Matrimoni interreligiosi - Religioni tradizionali asiatiche peranno e genere (tutte)

Tra i matrimoni con appartenenti a “religioni tradizionaliasiatiche” prevalgono quelli con buddiste/i.

In questo contesto abbiamo considerato il buddismo comeuna religione, sebbene non tutti (anche tra gli stessi buddisti)concordino con questa definizione. Mi pare, però, che in Italiadopo la firma dell’Intesa, avvenuta il 18 dicembre 2012, si possaparlare in termini di confessione religiosa.

In crescita sono anche le richieste di dispensa per matrimonicon buddisti, che nel quinquennio 1999-2004 sono 91 e 109 inquello successivo dal 2004-2008. Molto più numerosi sono icattolici che hanno sposato donne buddiste, rispettivamente 63 e71 nei due quinquenni.

Complessivamente sono aumentati i matrimoni con buddisti, neldecennio analizzato, passando nel totale da 12 nel 1999 a 29 nel 2008.

5.3. Religionitradizionaliasiatiche

5.4. Matrimoni con buddiste/i

SPOSARSI TRA CONFESSIONI E RELIGIONI DIVERSE. UN’ANALISI SOCIOLOGICA

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Complessivamente le 200 richieste di dispense con buddisti,prevalgono le richieste di dispensa per matrimoni con buddistiprovenienti dal Giappone (36%), dalla Thailandia (20%), dall’Italia(17%), dallo Sri Lanka (6%) e dalla Cina (6%).

È interessante notare che i cattolici in maggioranza sposanodonne buddiste provenienti dal Giappone (27), Thailandia (18),Cina (3%) Sri Lanka (5%), rispetto alle richieste con uominibuddisti dei medesimi paesi.

Tabella 11. Matrimoni con buddisti per nazionalità e genere

38 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

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Tabella 12. Matrimoni con buddisti per anno e genere

Nell’analisi del fenomeno è da rilevare che se Giappone, Thai-landia, Sri Lanka e Cina rappresentano nazioni in cui il buddismoè la religione storica prevalente, per cui i dati confermano questaappartenenza culturale, l’Italia, che si colloca al terzo posto pernumero di matrimoni, è un paese in cui la diffusione del buddismoè relativamente recente e non rappresenta una religione legatasolamente al mondo dell’immigrazione. La presenza di richiestecon buddisti italiani conferma l’ipotesi di un numero di cattoliciitaliani convertiti al buddismo o di figli di convertiti al buddismo,cioè la seconda generazione di buddisti italiani. Nel decennio inesame le unioni di questo tipo sono 33, segnale della crescita diun buddismo autoctono, che comprende prevalentemente cattoliciitaliani convertiti.

In conclusione, bisogna considerare i matrimoni interreligiosinon solo come l’espressione di appartenenze religiose diverse ma,ancor più di differenziazioni culturali e di sistemi giuridici specificianche all’interno della stessa appartenenza religiosa. Ciò sievidenzia in modo particolare con musulmani e buddisti che pro-vengono da culture religiose (sciiti, sunniti, ibaditi) e nazionali(Giappone, Thailandia, Sri Lanka, Cina, Italia). È un universointerreligioso molto diverso rispetto ai matrimoni con gli ebreiche sono in prevalenza italiani (36,36%) e statunitensi (29,29%).

Complessivamente dal 1999 al 2008 le richieste di dispensecon induisti sono 45, con un andamento costante negli anni. Alivello quantitativo si collocano dopo quelli con i buddisti. Sebbeneessi nelle analisi della religione di appartenenza degli immigrati

5.5 Matrimoni conInduiste/i

SPOSARSI TRA CONFESSIONI E RELIGIONI DIVERSE. UN’ANALISI SOCIOLOGICA

39servizio migranti n. 2/2013

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siano più numerosi dei buddisti, questo non si evince dalla nostraricerca.

Provengono in prevalenza dall’India (44%), dalle isole Mauritius(16%), dal Regno Unito (11%), dagli Stati Uniti (4%), dall’Italia(4%) e dal Nepal (4%). Nei matrimoni sono in maggioranzadonne che sposano uomini ma la differenza non è significativa.

Un terzo ambito significativo, per la quantità rilevata, è lacrescita di matrimoni con persone “altre”, divise in quattrocategorie: “non battezzate”, “abbandono formale della fede”, “ab-bandono notorio della fede”, “battezzati cattolici aderenti ad altreconfessioni religiose e religioni”.

Nell’insieme sono 3618 pari al 33% i matrimoni “altri” segnalatidalla nostra rilevazione (tabella n. ). La maggior parte di questi2335, pari al 65%, sono matrimoni con spose/i non battezzati,644 pari al 18% sono matrimoni con spose/i con “abbandonoformale della fede”, 575 pari al 16% con spose/i con “abbandononotorio della fede”7. Sono il 2% (64), un valore esiguo, i “battezzaticattolici aderenti ad altre confessioni religiose o religioni”. Tracostoro si nota una diminuzione, essendo passati dal 4% nel 1999all’1% nel 2008.

Tabella 13. Totale matrimoni con “altri” per categorie e genere

6. Matrimonicon “Altri”

40 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

7 “Abbandono formale della fede cattolica”: in questo caso devono sussistere sial’atto di volontà di non volere appartenere più alla Chiesa cattolica, sia laformalità dell’atto, che consiste nel compiere l’atto stesso o per iscritto o allapresenza di due testimoni (è richiesta la licenza).

“Abbandono notorio della fede cattolica”: in questo caso devono sussistere l’ab-bandono della fede e la notorietà dell’atto, cioè la conoscenza da parte dellacomunità cattolica dell’atto (è richiesta la licenza).

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Esaminando la dinamica dei matrimoni con i “non battezzati”nel decennio esaminato, notiamo un andamento non lineare, al-talenante, tuttavia in leggera de-crescita dal 1999 (62%) al 2008(58%), con un picco del 72% nel 2004.

Di gran lunga più veloce è la crescita di coloro che hannofatto un “abbandono formale della fede”, i quali sono quasitriplicati dal 1999 (11%) al 2008 (30%).

Considerando la distinzione dei matrimoni con “altri” peraree territoriali, si osserva che il 58% si celebrano nel Centro, il6% nelle isole, il 16% nel Nord Est, il 15% nel Nord ovest e il 5%nel Sud. In conclusione le aree maggiormente interessate sono ilNord e soprattutto il Centro. Nel Sud e nelle isole si celebral’11% del matrimoni con “altri”. Si conferma quanto emergeanche da altre ricerche sulla differente modalità di vivere lareligione nel nostro paese8, che configura una situazione territorialea “macchia di leopardo” e molto fluida.

Incrociando l’insieme delle quattro categorie con le 83 diocesisi evidenzia una concentrazione nelle diocesi di Roma, per il 13%(461) nella diocesi di Firenze, per il 4% (156) nella diocesi diPisa, per il 4% (149) nella diocesi di Bologna, 4% (141) nelladiocesi di Como, 4% (127) nella diocesi di Genova, per il 3%(125) nella diocesi di Bergamo, per il 3% (97) nella diocesi diReggio Emilia-Guastalla e per il 3% (91) nella diocesi di Cagliarie Porto Santa Rufina (2%- 75)9.

In conclusione, possiamo affermare che ci sia una certa omogeneitàdi diocesi nelle quali si celebrano le categorie di matrimoni analizzati.

Inoltre è da considerare l’alto valore che raggiunge l’insiemedei due gruppi che abbandonano la fede, che costituisce il 34%(pari a 1219 ex-cattolici), che diventano 1283 (36%) se aggiungiamobattezzati cattolici che sono passati ad altra confessione o religione.

È molto significativa la dinamica nel decennio esaminatadella totalità degli “abbandoni della fede” che da 89 nel 1999sono cresciuti a 212 nel 2008. L’aumento è stato galoppante negliultimi due anni esaminati.

SPOSARSI TRA CONFESSIONI E RELIGIONI DIVERSE. UN’ANALISI SOCIOLOGICA

41servizio migranti n. 2/2013

8 Cfr. Cesareo e altri (1995), La religiosità in Italia; Canta, La religiosità inSicilia, (1995); Garelli (2011), Una religione all ’italiana.

9 Per questa tipologia si riportano i dati fino al 3%.

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Emerge con evidenza come questo sia un problema tuttointerno alla Chiesa cattolica, che pone parecchi interrogativi sulla“qualità della fede” dei credenti, dal momento che essi sonodisposti ad abbandonarla senza fare opzione alcuna per altra con-fessione o religione, in definitiva scegliendo di escludere ogni ri-ferimento religioso dalla propria vita. Sono molte, infatti, ledomande che, come credenti, possiamo e dobbiamo porci: checosa può essere accaduto nella vita di un credente per scegliereuna vita senza Dio? E per farne esplicita richiesta di abbandono?

Soprattutto nel momento storico attuale, l’anno della fede, nonci si può esimere da questo tema. Nell’insieme questi dati sonocoerenti con quanto detto e confermano l’ipotesi di una “crisi” o un“disagio” di una parte dei cattolici che si esprime prevalentementecon l’abbandono della religione cattolica insieme con la diminuzionedi coloro che scelgono un’altra confessione o religione.

Analizzando questi dati nell’ottica del genere risulta evidenteche, nel totale dei 2335 matrimoni, sono in maggioranza ledonne cattoliche che hanno sposato uomini “non battezzati”(1323) rispetto ai matrimoni con donne non “battezzate” (1012).

In conclusione, sono cioè donne cattoliche che hanno sposatouomini che si trovavano in ognuna delle condizioni esaminate.

Tabella 14. Totale matrimoni con “altri” per nazione e genere

42 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

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Particolare rilievo per la Chiesa italiana assume l’analisi deidati rispetto alla nazionalità, dal momento che oltre la metà, il61% (2196) dei matrimoni “altri” sono con italiani, cittadini pro-venienti dal Regno Unito 168 (5%), Germania 151 (4%), Albania(3%) 124, Stati Uniti 113 (3%) e Francia 78 (2%)10.

Facendo un’analisi più approfondita, anche la nazionalità pre-valente tra i “non battezzati” è l’Italia (46%) , seguita da RegnoUnito (7%), Albania (6%), Stati Uniti (5%), nessun dato (5%),Germania (4%), Francia (3%), olanda (3%), Giappone (3%) eCuba (2%).

Tabella 15. Totale matrimoni con “non battezzati” per nazione e genere

Anche i matrimoni con coloro che hanno fatto un “abbandonoformale della fede”, l’81% è costituito da italiani, e tra questi pre-valgono i matrimoni di donne cattoliche con uomini (377)rispetto ai matrimoni di uomini cattolici che hanno sposatodonne (145). Il 10% è costituito da matrimoni con spose/i prove-nienti dalla Germania.

SPOSARSI TRA CONFESSIONI E RELIGIONI DIVERSE. UN’ANALISI SOCIOLOGICA

43servizio migranti n. 2/2013

10 In questo contesto sono stati considerati solo i dati superiori a 78 unità.

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Ancora di più sono gli italiani (98%) tra coloro che hannofatto un “abbandono notorio della fede”, pur essendo leggermenteinferiori nei valori assoluti (575 rispetto ai 644 dei precedenti).

Tabella 16. Totale matrimoni con “Abbandono notorio della fede” pernazione e genere

In sintesi, dal punto di vista interno alla Chiesa cattolica,questo è un insieme che presenta maggiori criticità rispetto allealtre due macroaree (interconfessionali e interreligiosi). I datinon possono dirci molto sulla qualità della fede o sul “patto” e sul“dialogo” tra gli sposi; sembra che in uno dei due sposi sia assenteil discorso religioso ma non sappiamo nulla sulla problematicità edinamica di questa relazione.

Dalla rilevazione si evidenzia che sono 906 i casi in cui laparte cattolica non è italiana11. Le nazionalità di provenienzasono le più diverse e la situazione è abbastanza frammentata.Puntando l’attenzione solo alle prime 15 nazionalità che registranoun raggruppamento significativo si segnalano in modo particolarei cittadini provenienti da Stati Uniti con il 16,%, Regno Unito eGermania con il 9% ciascuno, Francia con l’8% e Irlanda con il7%. Di questi il 56% sono donne e il 44% uomini.

7. Matrimoni in cui la partecattolica non è di nazionalitàitaliana

44 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

11 Nell’analisi mancano 28 diocesi che non hanno compilato questa partedella scheda. Le percentuali sono fatte sul totale. In particolare l’analisi èlimitata poiché mancano i dati della diocesi di Roma che è presente negli altriambiti.

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Tabella 17. Totale dei matrimoni in cui la parte cattolica è di nazionalitànon italiana per nazione e genere (primi 15)

Le diocesi in cui si concentrano la maggior parte dei cattolicidi nazionalità non italiana sono Venezia (43% -393), Frascati(21%- 193), Firenze (17%- 153), Lanciano-ortona (3%- 28),Vicenza (2%- 18), Assisi, Nocera Umbra-Gualdo Tadino (2%-17), Genova (2%- 15), Como (1%- 13) Bologna (1%-13) e Por-to- Santa Rufina (1%- 11). È interessante notare come la diocesidi Porto-Santa Rufina sia presente anche in questa tipologia,probabilmente per la sua vicinanza a Roma risente delle sue pro-blematiche quantitative e qualitative.

Relativamente all’analisi del decennio in oggetto si nota comenon si possa parlare di una crescita ma l’andamento sia altalenantecon una concentrazione negli anni 2004-2006, dato di difficileinterpretazione.

Una parte del questionario inviato alle diocesi era focalizzatosu alcune domande volte ad individuare le iniziative che le diocesiattivano sul piano pastorale per accompagnare gli sposi nelpercorso spirituale prima del matrimonio e/o per accompagnarlidopo il matrimonio. I dati raccolti evidenziano questa situazione.

Nel 25% delle diocesi esiste un itinerario prestabilito di pre-parazione al matrimonio. Nel 6% delle diocesi il percorso èaffidato ad un centro specializzato per coppie o per il dialogo in-terreligioso. Nel 22% delle diocesi non esiste alcun itinerario. Nel42% delle diocesi non esiste alcun itinerario strutturato ma esiste

8. Itinerari ecure pastoralidelle diocesi

SPOSARSI TRA CONFESSIONI E RELIGIONI DIVERSE. UN’ANALISI SOCIOLOGICA

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un percorso caso per caso. Nel 25% esiste un itinerario affidato alparroco. In particolare, sommando i dati di questi due ultimi in-dicatori questi due ultimi indicatori, si rileva che in più dellametà (64%) delle diocesi, non esiste alcun itinerario programmato,mentre nel 31% delle diocesi esiste certamente un qualcheitinerario diversamente strutturato.

Tabella 18. Totale di itinerari di preparazione ai matrimoni misti (1995-2008)

Tabella 19. Totale di itinerari dopo il matrimonio (1995-2008)

Analogamente si è proceduto con le risposte delle diocesi sul-l’itinerario previsto dopo il matrimonio. Infatti nella maggiorparte dei casi (53%) non è previsto nessun itinerario prestabilitoe nel 25% delle diocesi non esiste alcun itinerario strutturato maesiste un itinerario caso per caso. Nel 12% dei casi è previsto eproposto un itinerario nelle singole parrocchie e nel 6% è previstoun itinerario affidato a centri interreligiosi o interdiocesani. Indefinitiva solo in 15 diocesi esiste sicuramente un itinerarioaffidato alle parrocchie (10) e, in 5 casi, un itinerario affidato acentri diocesani (per esempio centri per coppie interconfessionalio interreligiose).

Comparando i dati con quelli della precedente rilevazionedegli anni 1995-1998, possiamo dire che, nel totale, è diminuitoil dato delle diocesi che non hanno un itinerario programmato

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prima del matrimonio che è passato dal 74% al 64% ed èaumentato il numero delle diocesi che hanno un percorso pro-grammato (dal 15% al 25%). Sembra aumentata la sensibilità pa-storale delle diocesi e dei parroci nei confronti della tematica,probabilmente in conseguenza della crescita del fenomeno, comeè stato evidenziato. In maniera analoga possiamo affermare perl’itinerario prestabilito di accompagnamento dei coniugi dopo ilmatrimonio. Anche se in maniera non molto significativa, sonodiminuite le diocesi che non hanno un itinerario prestabilitodopo il matrimonio (da 81% a 78%) e sono aumentate le diocesiche organizzano percorsi (da 12% a 18%).

Incrociando i dati per diocesi, notiamo generalmente che lediocesi che seguono le coppie prima del matrimonio, programmanoun itinerario anche dopo il matrimonio, come dire, se l’attenzionepastorale c’è prima, rimane anche dopo. Ulteriori elementiindicano che ci sia un “abbandono pastorale” della coppia dopo ilmatrimonio. Nelle diocesi si registra una situazione per cui, dopoun matrimonio misto, la diocesi non conosce il percorso religiosodella “nuova famiglia”; questo accade, forse, nel momento in cui,dopo l’entusiasmo iniziale, la coppia avrebbe maggiore necessità,soprattutto quando arrivano i figli e si deve decidere la loro edu-cazione umana e religiosa. Ne è una conferma la risposta alla do-manda se esistono dei dati sul battesimo dei figli della coppia in-terconfessionale o interreligiosa. I numeri sono molto eloquenti;solo 4 diocesi hanno risposto affermativamente.

Tabella 20. Dati relativi al battesimo di figli nell'ambito dei matrimoni in-terreligiosi e interconfessionali celebrati

Non sembra che ci sia un’attenzione particolare anche perquanto riguarda la celebrazione liturgica matrimoniale. Infatti,tranne in 2 casi, non esistono schemi specifici di celebrazioneliturgica che tengano conto, se non altro, dell’appartenenza aduna diversa confessione o religione dell’altra componente. Proba-bilmente programmare riti liturgici preparati e curati come “riti

SPOSARSI TRA CONFESSIONI E RELIGIONI DIVERSE. UN’ANALISI SOCIOLOGICA

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misti” costituirebbe già una forma di catechesi “ecumenica” o/e“interconfessionale.

Tabella 21. Dati relativi a schemi di liturgia specifica per l matrimoni in-terreligiosi e interconfessionali

La ricerca e i risultati conseguiti sono di estremo interesseperché pongono al centro la “famiglia religiosamente plurale”,interreligiosa e interconfessionale. Questa affermazione ci sembralegittima perché nasce con la consapevolezza dei coniugi di esserediversa fin dalla sua nascita; infatti entrambi i coniugi hannoun’appartenenza religiosa che desiderano mantenere nel loro ma-trimonio, data la difficoltà (se non altro burocratica!) che un ma-trimonio “misto” comporta.

Tale aspetto cambia le problematiche interne alla famiglia chevive in prima persona e nella quotidianità una relazione affettivae culturale tra “diversi” o “diversamente credenti”. Mi sembra chesia una questione ancora da analizzare e approfondire, che indicaun cambiamento culturale e religioso del tutto inedito nelpanorama del cattolicesimo italiano.

9. Conclusioni:“La famigliasoggetto didialogo”

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Convegno nazionale “Amarsi e sposarsi neimatrimoni misti: attenzioni pastorali e canoniche”

I MATRIMoNI MISTI TRACATToLICI ED EVANGELICI

Antonio Giraudo

Nel tentativo di indicare quali siano le attenzioni che ildiritto canonico suggerisce e regolamenta nel caso deimatrimoni misti tra cattolici ed evangelici, è particolarmente

utile ed importante analizzare ciò che emerge dai documenti che laChiesa cattolica italiana ha elaborato in accordo con le comunitàecclesiali valdesi e metodiste e poi con le comunità ecclesiali ap-partenenti all’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia.

Per accostare questi documenti è ugualmente necessario ri-chiamare in modo sintetico alcuni elementi che già sono statiindicati nelle relazioni precedenti o che verranno ripresi nelleprossime, così da avere in sintesi il quadro della normativacanonica, ma specificandola per quanto attiene ai matrimonimisti tra cattolici ed evangelici.

Ci è già stato ricordato, e sappiamo bene, che la normativa co-diciale sui matrimoni misti abbia accolto quelle attenzioni ecu-meniche, maturate in vista del Concilio Vaticano II, e che hannotrovato espressione nel testo del decreto Unitatis Redintegratio aln. 3, in cui si afferma che «tra gli elementi o beni dal complesso deiquali la stessa Chiesa è edif icata e vivificata, alcuni, anzi parecchi edeccellenti, possono trovarsi fuori dei confini visibili della Chiesacattolica: la parola di Dio scritta, la vita della grazia, la fede, lasperanza e la carità, e altri doni interiori dello Spirito Santo edelementi visibili. Tutte queste cose, le quali provengono da Cristo e a

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lui conducono, appartengono a buon diritto all'unica Chiesa di Cristo.Anche non poche azioni sacre della religione cristiana vengono compiutedai fratelli da noi separati, e queste in vari modi, secondo la diversacondizione di ciascuna Chiesa o comunità, possono senza dubbioprodurre realmente la vita della grazia, e si devono dire atte ad aprireaccesso alla comunione della salvezza».

Indubbiamente il matrimonio è una di queste realtà che pro-ducono la vita di grazia, senza nascondersi le difficoltà che sta at-traversando l’istituto matrimoniale e quelle specifiche che possonosegnare l’esperienza dei matrimoni misti.

Lo spazio che la normativa canonica riserva a questi ultiminon è particolarmente esteso, anche se prevede specifiche deter-minazioni, che possiamo brevemente richiamare.

Il Codice di diritto canonico ha indicato nel can. 11241 la ne-cessità di una licenza da parte dell’ordinario per la lecitacelebrazione del matrimonio tra due battezzati, di cui uno siacattolico e l’altro appartenente ad una comunità ecclesiale non inpiena comunione con la Chiesa cattolica. La recente modifica deldettato proprio di questo canone, a seguito del motu proprio diBenedetto XVI Omnium in mentem del 26 ottobre 2009, ha resoobbligatoria detta licenza anche per quei cattolici che si fosseroseparati dalla Chiesa cattolica con atto formale: proprio le modalitàdell’atto formale hanno creato, fin dall’entrata in vigore del Codicedel 1983, problemi interpretativi e attuativi, che ora sono statisuperati eliminando dal testo del canone l’inciso e tornando adassoggettare alla richiesta della licenza previa alle nozze tutti ibattezzati nella Chiesa cattolica latina o in essa accolti dopo ilbattesimo. Indubbiamente occorrerà una particolare cura eattenzione, soprattutto pastorale, per chi, dopo essersi allontanatoformalmente dalla Chiesa cattolica, si presentasse a richiedere la

I matrimonimisti nel Codicedi dirittocanonico

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

1 Il can. 1124 così affermava: «Il matrimonio fra due persone battezzate, dellequali una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta dopo il battesimoe non separata dalla medesima con atto formale, l’altra invece sia iscritta a unaChiesa o comunità ecclesiale non in piena comunione con la Chiesa cattolica,non può essere celebrato senza espressa licenza della competente autorità». Ilmotu proprio di Benedetto XVI ha eliminato l’inciso segnalato in grassetto.

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licenza per celebrare un matrimonio con una parte battezzatanon cattolica.

Il can. 11252 indica quali siano gli atti da premettere alla con-cessione della licenza. In modo sintetico ricordiamo che:• la parte cattolica deve dichiararsi pronta ad evitare il pericolo

di abbandonare la fede e deve promettere di fare quanto è insuo potere per battezzare ed educare nella fede cattolica glieventuali figli: proprio questi impegni sono stato oggetto diattenzione da parte dei documenti che tra poco analizzeremo;

• la parte non cattolica deve essere informata delle promesseassunte dalla parte cattolica: la formulazione del canoneassume il principio della libertà religiosa, per cui non obbligain alcun modo la parte non cattolica, ma, nello stesso tempo,risponde alla necessità che fin da prima delle nozze non cisiano elementi fondamentali, legati alla propria appartenenzaecclesiale, che possano essere stati taciuti e possano diventareoggetto di inganno, anche doloso, o possano tubare gravementela pacifica vita coniugale;

• entrambe le parti siano istruite sui fini e le proprietà del ma-trimonio che si apprestano a contrarre: si richiama in questoterzo aspetto un elemento proprio della preparazione prossimaalle nozze che vale non solo per i matrimoni misti, ma che vacurato con particolare attenzione e che è da affrontarsi anchealla luce di quanto i documenti elaborati in questi anni hannomesso in rilievo.Secondo le indicazioni del can. 11263, l’oggetto e le modalità

di tali obblighi previi alla concessione della licenza sono stati ul-

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI ED EVANGELICI

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2 Il testo del canone è il seguente: «L’ordinario del luogo, se è una causagiusta e ragionevole, può concedere tale licenza; ma non la conceda se non dopoil compimento delle seguenti condizioni:

1° la parte cattolica si dichiari pronta ad allontanare i pericoli di abbandonarela fede e prometta sinceramente di fare quanto è in suo potere perché tutti i figlisiano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica;

2° di queste promesse che deve fare la parte cattolica, sia tempestivamente in-formata l’altra parte, così che consti che questa è realmente consapevole dellapromessa e dell'obbligo della parte cattolica;

3° entrambe le parti siano istruite sui fini e le proprietà essenziali delmatrimonio, che non devono essere escluse da nessuno dei due contraenti».

3 «Spetta alla Conferenza Episcopale sia stabilire il modo in cui devono esserefatte tali dichiarazioni e promesse, sempre necessarie, sia determinare la forma

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teriormente precisati in Italia dalla Conferenza episcopale con ilDecreto generale sul matrimonio canonico, che al n. 48 affida alparroco incaricato dell’istruttoria pre-matrimoniale di raccoglierele promesse della parte cattolica, che questa sottoscriverà in suapresenza, e di attestare che la parte non cattolica ne sia stata in-formata: tali dichiarazioni il parroco le deve allegare alla richiestadi licenza all’ordinario4.

A completamento delle disposizioni codiciali sugli atti dapremettere alla valida celebrazione di un matrimonio misto, il n.49 del Decreto generale stabilisce che la parte non cattolica forniscauna dichiarazione che attesti il fatto che non abbia contratto unprecedente matrimonio, e un certificato di battesimo: questi do-cumenti consentono al parroco di valutare se la parte non cattolicasia libera dall’impedimento di un precedente vincolo matrimoniale,che per i cattolici è di diritto divino e non può essere dispensato,e dall’impedimento di disparità di culto nel caso in cui il battesimosia stato ricevuto in una forma non riconosciuta valida dallaChiesa cattolica5.

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

per cui di esse consti nel foro esterno e la parte non cattolica ne sia informata».4 «Ai sensi del can. 1126 si stabilisce in proposito quanto segue: a) la parte contraente cattolica deve sottoscrivere davanti al parroco la di-

chiarazione di essere pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e lapromessa di fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano battezzati ededucati nella Chiesa cattolica;

b) il parroco deve attestare che la parte non cattolica è stata chiaramente in-formata circa la promessa e gli impegni assunti dalla parte cattolica e ne è con-sapevole;

c) entrambe le parti devono essere istruite sulla natura, sui fini e sulleproprietà essenziali del matrimonio, che non devono essere esclusi da nessunodei due contraenti;

d) le dichiarazioni di cui alle lettere a), b) e c) devono essere esibiteall’ordinario del luogo unitamente alla domanda di dispensa dell’impedimentoo di licenza per il matrimonio misto».

5 «Alla parte non cattolica il parroco chiede una dichiarazione che attesti cheessa non ha mai contratto alcun matrimonio. Di norma questa dichiarazionedeve essere comprovata per iscritto da parte almeno di un testimone idoneo,scelto possibilmente nell’ambito della famiglia della parte non cattolica. Laparte battezzata non cattolica deve presentare anche il certificato di battesimo.Queste richieste non sono segno di mancanza di fiducia nella persona noncattolica o di minor rispetto alle sue convinzioni religiose: esse derivanodall’esigenza di assicurare, in conformità alle leggi canoniche, la validità del ma-trimonio che si intende celebrare. Più precisamente, è necessario accertare chenon vi sia l’impedimento di un precedente vincolo matrimoniale, a norma del

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Un altro aspetto regolato nella normativa canonica è la formadella celebrazione del matrimonio tra un cattolico e un battezzatoappartenente ad un’altra comunità ecclesiale.

Il can. 1127 richiama la necessità della forma canonica ancheper questi matrimoni, consentendo che a fronte di gravi difficoltàl’ordinario possa dispensare da essa: in tal caso si richiedecomunque una forma pubblica di celebrazione e si deve attenereai criteri disposti dalla Conferenza episcopale6. Lo stesso canone,al § 3, pone il divieto per una duplice celebrazione religiosa dellostesso matrimonio con un duplice momento in cui le partiesprimano il loro consenso, indicando anche la necessità che,qualora fossero presenti i ministri di entrambe le confessioni, siaben determinato quale dei due accolga il consenso dei nubendi7.

Il n. 50 del Decreto generale sul matrimonio indica alcunepossibili motivazioni che giustifichino la dispensa dalla formacanonica e, nello stesso tempo, esprime la preferenza per una ce-lebrazione dinanzi ad un ministro di culto, e non solo nellamodalità delle nozze civile, così da evidenziare il carattere religiosodi tale unione8. Come si può notare, il testo del Decreto già

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can. 1085. occorre inoltre verificare se vi siano fondati dubbi sulla validità delbattesimo; in tal caso si deve chiedere anche la dispensa dall’impedimento di di-sparità di culto “ad cautelam”. È agevole spiegare che tali esigenze non possonoessere soddisfatte, di norma, con la presentazione di documenti civili».

6 «§ 1. Relativamente alla forma da usare nel matrimonio misto, si osservinole disposizioni del can. 1108 (qui il rinvio è alla canone che determinal’obbligatorietà della forma canonica, n.d.r.); se tuttavia la parte cattolica contraematrimonio con una parte non cattolica di rito orientale, l'osservanza dellaforma canonica della celebrazione è necessaria solo per la liceità; per la validità,invece, si richiede l'intervento di un ministro sacro, salvo quant'altro è daosservarsi a norma del diritto.

§ 2. Qualora gravi difficoltà si oppongano alla osservanza della formacanonica, l'ordinario del luogo della parte cattolica ha il diritto di dispensare daessa in singoli casi, previa consultazione, però, dell'ordinario del luogo in cuiviene celebrato il matrimonio, e salva, per la validità, una qualche forma pubblicadi celebrazione; spetta alla Conferenza Episcopale stabilire norme per le quali lapredetta dispensa venga concessa per uguali motivazioni».

7 «§ 3. È vietato, sia prima sia dopo la celebrazione canonica a norma del § 1,dar luogo a un’altra celebrazione religiosa del medesimo matrimonio nella qualesi dia o si rinnovi il consenso matrimoniale; parimenti non si deve compiere unacelebrazione religiosa in cui l’assistente cattolico o il ministro non cattolico, ce-lebrando ciascuno il proprio rito, richiedano insieme il consenso delle parti».

8 «Le motivazioni che giustificano la dispensa sono, particolarmente, quellerelative al rispetto delle esigenze personali della parte non cattolica, quali, ad

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prevede la possibilità, in riferimento proprio alle nozze celebratenella forma civile, che eventuali intese con altre confessionicristiane stabiliscano diversamente.

Infine, il Codice dedica il can. 11289 all’esortazione rivolta agliordinari e ai pastori d’anime perché possano prendersi cura inmodo adeguato delle famiglie che nascono con la celebrazione diun matrimonio misto.

Possiamo ora valutare come i momenti delineati dalla normativadel Codice (preparazione, concessione della licenza, forma dellacelebrazione, e cura della vita coniugale) siano stati affrontati neidocumenti frutto delle intese con le comunità ecclesiali evangelichevaldesi-metodiste e battiste in Italia.

Tralasciamo il cammino percorso per giungere alla firma delleintese, rinviando agli approfondimenti che altri autori hanno giàben delineato10, mentre è importante soffermarci su una primaquestione, quella legata alla natura giuridica di tai documenti.

Con l’Unione delle Chiese Valdesi e Metodiste si è giunti adun primo documento, il Testo comune per un indirizzo pastorale deimatrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti in Italia [da ora sinteti-camente Testo comune], firmato il 16 giugno 1997 dal card.Camillo Ruini, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana,dal moderatore della Tavola Valdese, l’ing. Gianni E. Rostan, edal presidente del Comitato permanente dell’opera per le Chiese

Il valoregiuridico delleintese siglatedallaConferenzaEpiscopaleItaliana

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

esempio, il suo rapporto di parentela o di amicizia con il ministro acattolico, l’op-posizione che incontra nell’ambito familiare, il fatto che il matrimonio dovràessere celebrato all’estero, in ambiente non cattolico, e simili. Fermo restandoquanto disposto dal can. 1127 § 2, di norma - salvo che sia disposto diversamenteda eventuali intese con altre confessioni cristiane - si richieda che le nozze sianocelebrate davanti a un legittimo ministro di culto, e non con il solo rito civile,stante la necessità di dare risalto al carattere religioso del matrimonio».

9 «Gli ordinari del luogo e gli altri pastori d'anime facciano in modo che alconiuge cattolico e ai figli nati da matrimonio misto non manchi l'aiutospirituale per adempiere i loro obblighi, e aiutino i coniugi ad accrescerel'unione della vita coniugale e familiare».

10 Cfr. A. ZAMBoN, «Le intese per i matrimoni fra cattolici, valdesi-metodistie battisti in Italia», in GRUPPo ITALIANo DoCENTI DI DIRITTo CANoNICo (acura di), Il sacramento della penitenza, Milano 2010, 295-297.

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evangeliche metodiste in Italia, il pastore Valdo Benecchi. Il do-cumento fu approvato a maggioranza assoluta dall’Assembleadella CEI del maggio 1996. Un punto in specifico, quello del n.3.3 lettera c, fu approvato con la maggioranza qualificata dei dueterzi e ottenne la recognitio della Santa Sede: questo puntospecifico, a norma del can. 455 del Codice, ha dunque valore vin-colante. Il resto del documento non ha forza vincolante, maobbliga i singoli Vescovi ad attenersi al suo contenuto e a distac-carsene solo per gravi ragioni11.

Il precedente documento è stato poi completato dal Testo ap-plicativo del Testo comune [da ora sinteticamente Testo applicativo],firmato a Torre Pellice il 25 agosto 2000 da Sua Eccellenza mons.Ablondi e della signora Maria Sbaffi Girardet in qualità di co-presidenti della commissione mista, ma non è mai stato votatodall’Assemblea generale della CEI, mentre era stato accolto nelsuo insieme dal Consiglio Episcopale Permanente. La forzagiuridica di tale documento risiede quindi solo nella fedeltà alTesto comune del 1997, di cui è il completamento12.

Con l’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia (UCEBI) sigiunse ad un Documento comune per un indirizzo pastorale deimatrimoni tra cattolici e battisti in Italia [da ora sinteticamenteDocumento comune], firmato il 30 giugno 2009 dal card. Angelo Ba-gnasco, presidente della CEI, e dal pastore Anna Maffei, presidentedella stessa UCEBI. Il testo era stato approvato dall’Assemblea Ge-nerale della CEI nel maggio 2009, ma senza che si sia richiesta larecognitio della Santa Sede, per cui vale anche per questo documentoquanto già indicato per il Testo comune del 199713.

Possiamo sinteticamente rilevare come i testi su cui stiamo ri-flettendo non siano propriamente dei testi “normativi”, vista laqualità del loro valore vincolante, ma non si può neppure svuotarnela portata giuridica in quanto, come indicato, impegnano i Vescovia non discostarsi dal loro contenuto così da poter veramenteattuare un’azione pastorale comune nelle varie realtà diocesaneitaliane. In questo senso, rispondono pienamente alla natura della

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11 Cfr. Ibidem, 297-298.12 Cfr. Ibidem, 298.13 Cfr. Ibidem, 298.

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stessa Conferenza episcopale, in cui i Vescovi «esercitano con-giuntamente alcuni funzioni pastorali per i fedeli» (can. 447) diterritorio di quella Conferenza, così da prevedere «forme emodalità di apostolato opportunamente adeguate alle circostanzedi tempo e di luogo» (can. 447).

Possiamo ora entrare nel contenuto di questi documenti.In modo sintetico e complessivo è bene evidenziare immedia-

tamente come il Documento comune firmato con l’UCEBI abbiaripreso sostanzialmente lo schema e i contenuti del Testo comunedel 1997 con i valdesi e metodisti, ma nello stesso tempo abbiafatto la scelta di contenere già al suo interno la parte applicativache con i valdesi arrivò alcuni anni dopo con il Testo applicativo.

Sia il Testo comune che il Documento comune si aprono con dueprime parti dedicate a delineare ciò che sia in comune tra laChiesa cattolica e queste comunità ecclesiali in merito allaconcezione del matrimonio (Prima parte) e quali siano gli elementidi differenza e divergenza (Seconda parte).

Possiamo già indicare come la conoscenza di queste due partidei documenti sia indispensabile per attuare una corretta prepa-razione delle coppie che chiedono di celebrare un matrimoniomisto, in quanto permettono di aver ben presenti gli elementicondivisi, che andranno indubbiamente ancorati al desiderio chemuove quella coppia di accedere all’unione di tutta la vita, e quellidi divergenza, su cui le posizioni diverse non dovranno diventareoccasione né di indifferentismo né di errore, così da evitare che lacoppia possa accostarsi alla celebrazione di un matrimonio nullo.

Quella della celebrazione valida è indubbiamente una preoc-cupazione propria esclusivamente dei cattolici, in quanto né i val-desi-metodisti, né i battisti, non riconoscendo la sacramentalitàdel matrimonio, si pongono la questione della validità o meno diciò che per loro non è sacramento.

Non dobbiamo dimenticare che essendo il matrimonio mistocontratto tra due battezzati, per la concezione cattolica si tratta diun matrimonio sacramentale a tutti gli effetti, e non solo per laparte cattolica, per cui la preoccupazione della sua valida celebrazionenon è per il ministro cattolico un elemento accessorio. In tal

Il contenuto delle intese:elementi comunie divergenze sulmatrimonio

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

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senso sarà davvero opportuno che l’azione pastorale non perda divista questa preoccupazione, che dovrebbe essere presente nellapreparazione di qualsiasi matrimonio canonico, ricordando che ilCodice affida al parroco nella fase dell’istruttoria matrimoniale lavalutazione della mancanza di elementi che possano pregiudicarela validità del consenso che i due nubendi si apprestano ademettere (cfr. can. 1066).

Su questo aspetto tema è bene ricordare che non basta una con-cezione errata del matrimonio, dei suoi fini e delle sue proprietà es-senziali, perché il consenso dell’errante sia invalido. Come appareormai pacifico nella dottrina canonica e nella giurisprudenza rotale,almeno maggioritarie, la sacramentalità del matrimonio è intrinse-camente unita con gli elementi naturali che lo compongono, percui non è sufficiente che uno dei due coniugi, o entrambi, credanoche il loro matrimonio non sia un sacramento per contrarre un ma-trimonio nullo: solo laddove questa concezione del matrimoniocome non sacramento vada a privarlo delle sue proprietà naturali odiventi esclusione del matrimonio stesso, e sia applicato alla propriapersonale scelta coniugale e non al matrimonio inteso teoricamente,si potrà eventualmente avere un matrimonio nullo.

Lo stesso si può dire per quegli elementi di divergenza che ilTesto comune e il Documento comune delineano proprio in riferimentoad alcune delle proprietà del matrimonio. Per quanto riguardal’indissolubilità, i due documenti affermano che, nella comuneconvinzione che «il matrimonio è un patto per la vita. […]Quando un uomo e una donna credenti si uniscono in matrimonio,lo fanno nel persuasione, nutrita di speranza e di preghiera, che illoro vincolo […] li associa e impegna per la vita» (Documentocomune 1.6)14, sottolineano le posizioni diverse che rimangono tra

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14 Riportiamo per intero i testi dei due documenti: «Il matrimonio è un pattosenza scadenze. Il rapporto coniugale, comportando il dono totale dell'uomo edella donna nell'unione dei corpi e dei destini personali, non è a termine: persua natura e struttura è destinato a durare. La fedeltà tra i coniugi è per la vita.La durata del vincolo è affermata con forza dalla parola di Gesù: “L'uomo nonsepari ciò che Dio ha unito” (Matteo 19,6). Quando un uomo e una donnacredenti si uniscono in matrimonio, lo fanno nella persuasione, nutrita disperanza e di preghiera, che il loro vincolo li associa e li impegna per la vita. Essiricevono come dono di Dio la realtà dell'unione coniugale, chiamata a durareper il tempo della loro esistenza terrena. ogni autentico rapporto d'amore reca

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la Chiesa cattolica e queste comunità ecclesiali in merito aldivorzio e alle seconde nozze (cfr. Documento comune 2.2),ribadendo che questa diversa posizione dottrinale non intacca ilfatto che «la prospettiva della rottura del vincolo esula dalconsenso dato nella fede al momento delle nozze» (Documentocomune 2.2)15. Per avere allora una positiva esclusione dell’indis-

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

in sé - quasi come un riflesso dell'amore di Dio - la promessa della durata»(Testo comune 1.6); «Il matrimonio è un patto per la vita. Il rapporto coniugale,comportando il dono totale dell’uomo e della donna nell’unione dei corpi e deidestini personali, non ha dunque un termine. La permanenza del vincolo matri-moniale è affermata con forza al momento della creazione: “Saranno una solacarne” (Gn 2,24), e confermata da una parola di Gesù: “Non sono più due, mauna sola carne”; “l’uomo non separi ciò che Dio ha unito” (Mt 19,6). Questa è lavolontà originaria del Creatore. Quando un uomo e una donna credenti siuniscono in matrimonio, lo fanno nella persuasione, nutrita di speranza e dipreghiera, che il loro vincolo, sul quale la Chiesa invoca la benedizione di Dio, liassocia e impegna per la vita. Essi ricevono come dono del Creatore la realtàdell’unione coniugale, chiamata a durare per il tempo della loro esistenzaterrena. ogni autentico rapporto d’amore reca in sé – quasi come un riflessodell’amore di Dio – la promessa della durata nella lealtà e nella fedeltà»(Documento comune 1.6).

15 È utile anche in questo caso riportare i testi per intero.«Una seconda divergenza dottrinale e disciplinare riguarda l'indissolubilità

del patto coniugale. Concordemente si riconosce che il matrimonio è un pattosenza scadenze, anche se diversi sono i modi di esprimerlo e diverse sono leconseguenze che se ne traggono da parte cattolica e da parte evangelica.Secondo la Chiesa cattolica il patto d'amore coniugale, configurato da Dio nellacreazione ed elevato nella fede a significare ed attuare il mistero dell'amore diCristo, esige come conseguenza l'indissolubilità, la quale comporta tra i contraentiil vincolo dell'amore reciproco nel dono perpetuo della vita. Non è quindiammesso il diritto al divorzio, né sono possibili le seconde nozze conseguenti adesso. Anche la Chiesa valdese afferma che la vocazione rivolta alla coppia è di“essere uniti in una comunione di vita duratura”, per cui “di fronte al modocristiano di vivere il matrimonio l'eventualità del divorzio non si pone” (SinodoValdese, Documento sul matrimonio, n. 57). D'altra parte si riconosce l'esistenzadi crisi coniugali che possono sfociare in situazioni di rottura insanabile, in cuinon è più possibile chiedere ai credenti “in nome dell'Evangelo, la rinuncia aldivorzio” (n. 59). In tal caso la possibilità di nuove nozze in chiesa da parte deidivorziati non è esclusa, ma è convenientemente disciplinata (n. 60), anche se“in linea di principio la Chiesa valdese non è favorevole” a consentirvi. D'altraparte, la Chiesa valdese non riconosce provvedimenti di organi ecclesiasticicattolici, che dichiarino la nullità di matrimoni o concedano lo scioglimento anorma del diritto canonico. Tuttavia potranno essere celebrate nuove nozze dicoloro che abbiano usufruito di tali provvedimenti - con le stesse modalitàpreviste per i divorziati -, qualora lo stato libero degli interessati sia certificatoda organi dello Stato. La diversità a livello dottrinale e disciplinare tra la Chiesacattolica e quella valdese in ordine alla indissolubilità, nulla toglie alla comune

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solubilità da parte di un valdese-metodista o di un battista,occorre che tale posizione dottrinale si componga con una positiva

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI ED EVANGELICI

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volontà dei coniugi di una coppia interconfessionale di costruire un rapportod'amore e di comunione che duri tutta la vita, tanto più nella condivisione dellastessa fede in Cristo e nella comune volontà di vivere la sua Parola: “L'uomonon separi ciò che Dio ha unito” (Matteo 19,6). La prospettiva della rottura delvincolo esula dal consenso dato nella fede. Dal punto di vista cattolico ladiversità dottrinale e disciplinare, pertanto, non influisce necessariamente sullavalidità del matrimonio, a meno che uno o ambedue i coniugi, con atto positivodella volontà, escludano fin dal momento delle nozze l'indissolubilità, ossia unpatto coniugale stabile e duraturo per tutta la vita. La volontà dei coniugi diedificare una comunione stabile di vita e di amore nel comune riferimento aCristo li incoraggerà ad approfondire insieme il senso e la portata delle posizionidiverse delle loro rispettive confessioni su questo ed altri aspetti della dottrinamatrimoniale, nella prospettiva di un cammino ecumenico da percorrere confiducia, nell'attesa dell'unità dei credenti invocata come dono dello Spirito»(Testo comune 2.2.).

«Una seconda divergenza dottrinale e disciplinare riguarda l’indissolubilitàdel patto coniugale. Concordemente si riconosce che il matrimonio è un pattoper la vita che non prevede scadenze, anche se diverse sono le conseguenze chese ne traggono da parte cattolica e da parte evangelica. Secondo la Chiesacattolica il patto d’amore coniugale, configurato da Dio nella creazione edelevato nella fede a significare e attuare il mistero dell’amore di Cristo, è neces-sariamente caratterizzato dall’indissolubilità, la quale comporta tra i contraentiil vincolo dell’amore reciproco nel dono perpetuo della propria vita. Non èquindi ammesso il diritto al divorzio, né sono possibili le seconde nozzeconseguenti a esso. Anche le Chiese battiste affermano che la vocazione rivoltaalla coppia unita in matrimonio, è di una “unione stabile e duratura di unadonna e di un uomo” (DM, n. 1). Nello stesso tempo riconoscono che le coppiepossono incontrare crisi che minacciano l’unione. Alcune di queste, se superateeventualmente con il consiglio e l’assistenza di una attenta cura pastorale,possono costituire occasione di crescita comune. Ma si possono dare situazioniche distruggono irreversibilmente il rapporto coniugale, in quanto la comunevolontà di vivere un progetto di vita condiviso, la fedeltà e la lealtà reciprocasono venute meno per la “durezza del cuore” indicata da Gesù in Mt 19,6, e idue coniugi non vedono più nell’altro il rispettivo completamento di quellegame umano e spirituale che all’inizio li ha uniti. In questi casi, quando laconvivenza diventa difficile per i coniugi e problematica per l’educazione dellaprole, non è possibile imporre la rinuncia alla separazione in nome dell’evangelo.In tali situazioni “i credenti e le Chiese aventi parte nell’UCEBI, ritengono cheuna volta esauritosi il vincolo matrimoniale, una separazione è umanamente espiritualmente più accettabile di una convivenza forzata” (DM, n. 50), ed èanche possibile il divorzio e il passaggio a nuove nozze. Pertanto, la possibilitàdi nuove nozze da parte di divorziati non è esclusa, ma è convenientemente di-sciplinata: da una parte si offre una particolare cura pastorale che prevedeperdono, comprensione reciproca e rispetto degli obblighi derivanti dal divorzio;dall’altra, le Chiese battiste non riconoscono provvedimenti di organi ecclesiasticicattolici, che dichiarino la nullità di matrimoni o concedano lo scioglimento a

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volontà di escludere l’indissolubilità dal proprio matrimonio, e apriori non si può determinare che questo avvenga per il solo fattoche nella comunità evangelica sia ammesso il divorzio.

Se ci spostiamo a considerare le finalità del matrimonio, sipuò seguire lo stesso ragionamento anche per ciò che riguardal’apertura alla procreazione16, mentre più complesso risulta il

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

norma del diritto canonico. Tuttavia celebrano le nuove nozze di coloro cheabbiano usufruito di tali provvedimenti – con le stesse modalità previste per idivorziati – qualora lo stato libero degli interessati sia certificato da organi delloStato. La diversità a livello dottrinale e disciplinare tra la Chiesa cattolica equelle battiste in ordine all’indissolubilità, nulla toglie alla comune volontà deiconiugi di una coppia interconfessionale di costruire un rapporto d’amore e dicomunione che duri tutta la vita, tanto più nella condivisione della stessa fede inCristo e nella comune volontà di vivere secondo le indicazioni dell’evangelo:“L’uomo non separi ciò che Dio ha unito” (Mt 19,6). Sia per la

Chiesa cattolica sia per le Chiese battiste la prospettiva della rottura delvincolo esula dal consenso dato nella fede al momento delle nozze. Dal punto divista cattolico la diversità dottrinale e disciplinare non influisce necessariamentesulla validità del matrimonio, a meno che uno o ambedue i coniugi, con attopositivo della volontà, escludano fin dal momento delle nozze l’indissolubilità,ossia un patto coniugale stabile e duraturo per tutta la vita. La volontà deiconiugi di edificare una comunione stabile di vita e di amore nel comuneriferimento a Cristo li incoraggerà ad approfondire insieme il senso e la portatadelle posizioni diverse delle loro rispettive confessioni su questo e altri aspettidella dottrina matrimoniale, nella prospettiva di un cammino ecumenico dapercorrere con fiducia, nell’attesa che l’unità dei credenti, già presente in Cristoquale dono benevolo di Dio e invocata per la potenza dello Spirito, diventirealtà vissuta da tutte le Chiese che da Cristo prendono il nome» (Documentocomune 2.2).

16 «In questo ambito le divergenze sono sostanzialmente due. La primariguarda la procreazione. Secondo la dottrina condivisa dalla Chiesa valdese eda quella cattolica, l'apertura alla vita è iscritta nella trama stessa dell'amoreconiugale. Tuttavia, a differenza di quella valdese, la Chiesa cattolica ritiene chel'esclusione della prole con atto positivo di volontà di uno o di ambedue iconiugi al momento della celebrazione renda nullo il matrimonio. La divergenza,considerata a livello puramente dottrinale, non mette in questione da partecattolica la validità dei matrimoni misti tra evangelici e cattolici, se la coppia sicostituisce per realizzare il suo proposito d'amore (che secondo il disegnodivino - Genesi 1,28 - è aperto alla procreazione e ad essa ordinato con unagenerosa disponibilità alla vita) e se non esclude, con atto positivo di volontà, laprole. Se quest'ultima condizione non fosse osservata, il vincolo sarebbeconsiderato nullo da parte cattolica. La seconda divergenza riguarda la regolazionedelle nascite. Entrambe le chiese condividono il principio secondo cui laregolazione delle nascite rientra nel campo della responsabilità umana e cristianadegli sposi. Vi è però diversità di giudizio circa la liceità morale di alcuni metodidi regolazione delle nascite» (Testo comune 2.3).

«In questo ambito le divergenze sono sostanzialmente due. La prima riguarda

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tema dell’educazione religiosa dei figli: a nessuna delle due partipuò essere chiesto di rinunciare a questo dovere fondamentale,ma la preoccupazione delle intese è quella di non cercare comesoluzione una modalità neutrale che provochi confusione nei figlie rischi di mettere da parte proprio l’educazione religiosa, magaririnviandola al tempo in cui il figlio potrà scegliere personalmentea quale confessione aderire17. In tal senso si indica come via

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI ED EVANGELICI

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la procreazione. Secondo la dottrina condivisa dalle Chiese battiste e dallaChiesa cattolica, l’apertura alla vita è iscritta nella trama stessa dell’amoreconiugale. Tuttavia, a differenza delle Chiese battiste, la Chiesa cattolica ritieneche l’esclusione della prole con atto positivo di volontà di uno o di ambedue iconiugi al momento della celebrazione renda nullo il matrimonio. La divergenza,considerata a livello puramente dottrinale, non mette in questione da partecattolica la validità dei matrimoni interconfessionali tra evangelici e cattolici, sela coppia si costituisce per realizzare il suo proposito d’amore (che secondo ildisegno divino – Gn 1,28 – è aperto alla procreazione e a essa legato da unagenerosa disponibilità alla vita) e se non esclude, con un atto positivo di volontà,la prole. Se quest’ultima condizione non fosse osservata, il vincolo sarebbe con-siderato nullo da parte cattolica. La seconda divergenza riguarda la regolazionedelle nascite. Entrambe le Chiese condividono il principio secondo cui la rego-lamentazione delle nascite rientra nel campo della responsabilità umana ecristiana degli sposi. Vi è però diversità di giudizio circa la liceità morale dialcuni metodi di regolazione delle nascite. La questione non riguarda la naturadel matrimonio, né i suoi fini e le proprietà essenziali e, come tale, non incidesulla validità del matrimonio» (Documento comune 2.3).

17 «Per entrambe le chiese l'educazione dei figli è un diritto-dovere diambedue i genitori. Pertanto ognuno di essi deve tener presente l'analogo dirit-to-dovere del coniuge e il diritto dei figli di ricevere tale educazione in unquadro pedagogicamente valido, cioè in un ambiente di concordia e di comunionefamiliare e non di contesa e di contrasto, che potrebbe provocare in loro unostato di indifferenza religiosa. L'educazione cristiana dovrà essere impartita findai primi anni di vita e non rimandata al periodo di maggiore età dei figli. Ilrelativo problema dovrà quindi essere affrontato dalle due parti fin dalla fase dipreparazione delle nozze. In nessun caso dovrà essere privilegiata una lineaagnostica, neutrale o confusa, anche se adottata con l'intenzione di rimettere inseguito la soluzione del problema alla libera decisione dei figli. L'educazionereligiosa della prole è un problema che dovrà essere affrontato con grande sensodi responsabilità, in una visione dinamica sia della vicenda coniugale dei genitorisia della progressiva maturazione di coscienza dei figli, valutando attentamentele ragioni e le conseguenze degli indirizzi che si assumono, e procurando chel'educazione stessa risulti, per quanto possibile, omogenea e completa. La re-sponsabilità dell'educazione cristiana dei figli è sempre di entrambi i genitori. Ècomunque fondamentale che l'educazione cristiana dei figli nati in un matrimoniomisto sia svolta con spirito ecumenico e consista primariamente nella presentazionedell'opera di Dio, quale è testimoniata dalla Parola biblica, avente il suo centrovivente in Cristo, che è e rimane il punto di riferimento della fede di ciascuno;

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possibile quella di un’educazione ecumenica che sappia mettere alcentro la Parola di Dio. Nel caso dei battisti si assommano ledifficoltà legate alla diversa prassi sull’età del battesimo rispetto

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

in lui infatti siamo battezzati e a lui apparteniamo, in vita e in morte, facendoparte del suo corpo (1Corinzi, 12). Tenendo conto della diversità confessionaledelle due chiese, si dovrà procedere con molta delicatezza e comprensionereciproca. La necessità, alla luce delle considerazioni che precedono, di unindirizzo omogeneo e non comporterà l'assunzione di un impegno particolareda parte di uno dei due genitori. Dovrà però, in ogni caso, essere rispettato il di-ritto-dovere dell'altro di testimoniare la propria fede con la parola e conl'esempio, anche come impegno educativo, in modo da rendere tutti i membridella famiglia in grado di cogliere il valore della propria confessione religiosa,sempre aperta alla ricerca della Verità. In questa prospettiva la Chiesa cattolicae la Chiesa valdese, ricordano a entrambi i coniugi il loro impegno verso ilSignore che li ha chiamati al suo servizio, e ricordano altresì al coniuge membrodella propria comunità i suoi impegni verso la comunità stessa, la sua dottrina ela sua disciplina. Nel contempo esse escludono ogni forma di pressione da parteloro sulla coscienza dei coniugi e da parte di ciascun coniuge sulla coscienzadell'altro, e si impegnano a rispettare di conseguenza le decisioni che essi, nel-l'esercizio responsabile del loro diritto, prenderanno in ordine al battesimo e allaeducazione religiosa dei figli» (Testo comune 2.4).

Per entrambe le Chiese l’educazione dei figli è un diritto-dovere dei genitori,da assumere in libertà e responsabilità. ognuno di essi deve tener presentel’analogo diritto-dovere del coniuge e il diritto dei figli di ricevere tale educazionein un quadro pedagogicamente valido, cioè in un ambiente di concordia e di co-munione familiare e non di contesa e di contrasto, che potrebbe provocare inloro uno stato di indifferenza religiosa. Entrambe le Chiese sono consapevoliche nei matrimoni interconfessionali i coniugi possono vivere con disagio e sof-ferenza spirituale le implicazioni delle divisioni della cristianità che si ripercuotononella loro unione e li esortano, rimanendo fedeli alle proprie convinzioni eonorando le rispettive appartenenze confessionali, a impegnarsi a non farnemotivo di rimprovero reciproco, ma a valorizzare le diversità con il dialogo el’ascolto reciproco. L’educazione cristiana, che si realizza primariamente attraversola testimonianza nella famiglia e nella Chiesa, dovrà essere impartita fin daiprimi anni di vita e non potrà essere rimandata al periodo di maggiore età deifigli. La questione relativa all’educazione religiosa dei figli delle coppie inter-confessionali dovrà quindi essere affrontata dalle due parti fin dalla fase di pre-parazione alle nozze. In nessun caso dovrà essere privilegiata una linea agnostica,neutrale o confusa, anche se adottata con l’intenzione di rimettere in seguito lasoluzione del problema alla libera decisione dei figli. Il tema dovrà essereaffrontato con grande senso di responsabilità, in una visione dinamica sia dellavicenda coniugale dei genitori, sia della progressiva maturazione di coscienzadei figli, valutando attentamente le ragioni e le conseguenze degli indirizzi chesi assumono, e procurando che l’educazione stessa risulti, per quanto possibile,armonica e completa. È fondamentale che l’educazione cristiana dei figli nati inun matrimonio interconfessionale sia svolta con spirito ecumenico, e consistaprimariamente nella presentazione dell’opera di Dio, quale è testimoniata nellaparola biblica, avente il suo centro in Cristo, che è e rimane il punto di

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alla Chiesa cattolica18. Un elemento da non dimenticare è la pre-cisazione che si affronti la questione dell’educazione religiosa deifigli già nella fase della preparazione, così che le promesse assuntedalla parte cattolica, e comunicate alla parte non cattolica, sianofrutto di una consapevolezza che la coppia ha maturato insieme,e non solo risposta all’obbligo previsto dalla normativa canonica.

Proprio in merito alle dichiarazioni e promesse, le due intesemettono in luce come rispondano alla necessità di non indebolirela personale appartenenza ecclesiale che può scaturire non dallavicinanza di un coniuge di una confessione diversa, ma dallamancata partecipazione personale e attiva alla vita della propriachiesa19. Si supera, quindi, un’immagine in negativo del coniuge

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riferimento della fede di ciascuno. La necessità, alla luce delle considerazioniche precedono, di un indirizzo armonico e non confuso, comporterà l’assunzionedi un impegno particolare da parte di uno dei due genitori. Dovrà però, in ognicaso, essere rispettato il diritto-dovere dell’altro di testimoniare la propria fedecon la parola e con l’esempio, anche come impegno educativo, in modo darendere tutti i membri della famiglia in grado di cogliere il valore della propriaconfessione religiosa. In questa prospettiva la Chiesa cattolica e le Chiesebattiste ricordano a entrambi i coniugi il loro impegno verso il Signore che li hachiamati al suo servizio, e ricordano altresì al coniuge membro della propriacomunità i suoi impegni verso la comunità stessa, la sua dottrina e la suadisciplina. Nel contempo esse escludono ogni forma di pressione da parte lorosulle coscienze dei coniugi e da parte di ciascun coniuge sulla coscienza dell’altro,e si impegnano a rispettare di conseguenza le decisioni che essi, nell’esercizio re-sponsabile del loro diritto, prenderanno in ordine al battesimo e all’educazionereligiosa dei figli» (Documento comune 2.4).

18 cfr. Documento comune 2.5.19 «Per quanto riguarda la dichiarazione della parte cattolica di essere pronta

ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede, si precisa che tali pericoli nonderivano dalla fede della parte evangelica, la quale anzi può concorrere adedificare la fede del coniuge cattolico, e viceversa, ma derivano dal rischio di in-debolire la propria identità ecclesiale o addirittura di cadere nell'indifferentismoo nel relativismo religioso, trascurando, o abbandonando, la frequentazionedella propria chiesa. È bene precisare che tale rischio può essere corso anchedalla parte evangelica. È dunque impegno di entrambi i coniugi di vigilare alfine di vivere in modo autentico e coerente la propria fede in reciproco confrontoe sostegno» (Testo applicativo 8).

«Per quanto riguarda la dichiarazione della parte cattolica di essere pronta adallontanare i pericoli di abbandonare la fede, tali pericoli non derivano dallafede della parte evangelica, la quale anzi può concorrere a edificare la fede delconiuge cattolico, ma dal rischio di indebolire la propria identità ecclesiale o ad-dirittura di cadere nell’indifferentismo o nel relativismo religioso, trascurando, oabbandonando, la frequentazione della propria Chiesa. Tale rischio, peraltro,

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che ha un’appartenenza diversa, per sottolineare, invece, la necessitàche ognuno diventi per l’altro testimone della propria fede, cometraspare dall’indicazione di una possibile formulazione delle di-chiarazioni e promesse previste dal can. 1126.

Troviamo infatti nel Testo applicativo la seguente formulazione:

a) La formula della dichiarazione potrebbe essere così concepita:«Dichiaro di impegnarmi a mantenere e approfondire la miafede e riconosco al contempo la fede cristiana del mio coniugeevangelico»; oppure: «Dichiaro di impegnarmi a mantenere lamia fede cattolica come il mio coniuge si impegna a mantenerela sua fede evangelica, edificandoci reciprocamente ed evitandoogni forma di compromesso o di indifferentismo».b) La formula della promessa potrebbe essere: «Prometto di (omi impegno a) fare quanto sarà in mio potere perché tutti i figlisiano battezzati ed educati nella fede cattolica, tenendo contoche il mio coniuge ha lo stesso diritto-dovere di fedeltà neiconfronti della propria vocazione così come è vissuta nella suachiesa di appartenenza. Cercherò pertanto di concordare con ilmio coniuge quelle scelte che si riveleranno più adeguate per ilmantenimento e l'approfondimento della nostra comunione eper il bene della vita spirituale dei nostri figli»20.

In modo non dissimile si esprime il Documento comune:

a) La formula della dichiarazione potrebbe essere così concepita:«Dichiaro di impegnarmi a mantenere e approfondire la miafede dandone testimonianza con la mia vita e riconosco alcontempo la fede cristiana del mio coniuge evangelico»; oppure:«Dichiaro di impegnarmi a mantenere la fede cattolica dandonetestimonianza con la mia vita, nel rispetto della fede del mioconiuge evangelico, edificandoci reciprocamente ed evitando ogniforma di indifferentismo».b) La formula della promessa potrebbe essere: «Prometto di (o miimpegno a) fare quanto sarà in mio potere perché tutti i figli sianobattezzati ed educati nella fede cattolica, tenendo conto che il mio

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

può essere corso anche dalla parte evangelica. È dunque impegno di entrambi iconiugi di vigilare al fine di vivere in modo autentico e coerente la propria fedein reciproco confronto e sostegno» (Documento comune 4.6).

20 Testo applicativo 16.

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coniuge ha lo stesso diritto-dovere di fedeltà nei confronti dellapropria vocazione così come è vissuta nella sua Chiesa diappartenenza. Cercherò pertanto di concordare con il mio coniugele scelte più adeguate per la vita spirituale dei nostri figli»21.

La terza parte del Testo comune e del Documento comuneaffronta più direttamente la pastorale dei matrimoni misti. Cisoffermiamo prima di tutto sulle questioni connesse con la formadella celebrazione, in quanto abbiamo già indicato per sommicapi quelle sottese alla preparazione dei nubendi.

È bene evidenziare subito una differenza tra i due documenti:mentre il Testo comune (cfr. n. 3.3) e il Testo applicativo (cfr. n. 11)per i matrimoni con i valdesi e metodisti prevede tre forme di ce-lebrazione, includendo anche quella solo civile, il Documentocomune ha indicato il matrimonio secondo la forma canonica equello secondo l’ordinamento battista: la scelta non è dettata daun cambiamento di posizione e normativa rispetto a quantoprevisto dal Decreto Generale sul matrimonio al n. 50, ma dallaconstatazione statistica che erano pochissimi i casi di matrimonimisti celebrati solo nella forma civile già con i valdesi e metodisti22.

La scelta della modalità di celebrazione è lasciata ai nubendi,ma prevede l’intervento dell’ordinario del luogo nel caso in cuila coppia chieda di celebrare le nozze in una forma diversa daquella canonica, in quanto, essendo per la parte cattolica necessariala forma canonica per la validità delle nozze, occorrerà la dispensaper accedere a qualsiasi altra modalità di celebrazione.

Per la forma canonica del matrimonio misto ci si può rifaresia alle indicazioni dei documenti23, sia alle disposizioni contenutenello stesso rituale del matrimonio24, per cui si tratterà dipredisporre una celebrazione della Parola, escludendo la celebrazionedell’Eucaristia, che può essere autorizzata solo dall’ordinario delluogo. Nel caso di un nubendo battista non ancora battezzato sidovrà ricorrere al rito della parte III del Rito del matrimonio,

Il contenuto delle intese: la forma dellacelebrazione delmatrimoniointerconfessionale

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI ED EVANGELICI

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21 Documento comune 4.13.22 Cfr. A. ZAMBoN, «Le intese per i matrimoni…», 309.23 Cfr. Testo comune 3.3, lettera a; Documento comune 3.3, lettera a.24 Cfr. Rito del matrimonio n. 36, con il rinvio alla parte II (nn. 96-146).

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quella prevista per il matrimonio con un non battezzato, pur ri-conoscendo chi si sta accostando a quella celebrazione ha giàun’appartenenza nella comunità ecclesiale battista. La presenzadi un pastore o ministro non cattolico non diventa in alcun modouna concelebrazione, così da non incorrere nei divieti previstidalla norma canonica, e sarà da realizzarsi nel modo più opportuno,tenendo presente che, scegliendo questa forma, solo il ministrocattolico potrà accogliere il consenso dei nubendi.

La seconda modalità prevede la celebrazione secondo la formadelle comunità ecclesiali evangeliche. Per la parte cattolica è ne-cessaria la dispensa dalla forma canonica, a norma del can. 1127§ 2 e dell’art. 50 del Decreto generale sul matrimonio, dove, comeabbiamo ricordato, vengono indicati alcuni esempi di gravidifficoltà che possano diventare motivazione della concessionedella dispensa.

Come indicato nel Testo applicativo, la liturgia nuziale valdeseprevede una specifica formula per i matrimoni interconfessionali25.

Nel rito battista sono previsti quattro modelli di celebrazioninuziali, di cui uno specificamente per il matrimonio con uncattolico. Lo schema prevede: presentazione, invocazione, invitoalla lode, canto, lettura biblica (viene suggerito 1Cor 13), preghiera,istruzione matrimoniale, dichiarazione del consenso26, scambiodi promesse27, scambio di anelli, dichiarazione del ministro

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

25 «N.N. prometti tu a N. N. di volerla(lo) amare e servire nel dono totale di testesso(a) e di essere solidale con lei (lui) in ogni circostanza della vita, nella gioiacome nel dolore, di ricercare con lei (lui) l'unità nella fede sulla base dell'Evangeloe rimanerle(gli) fedele secondo l'insegnamento della Parola di Dio?» (Testoapplicativo 30, nota 8).

26 «H. Dichiarazione del consensoCari sposi, vogliate ora alzarvi per dichiarare davanti a Dio e alla Chiesa qui

riunita, davanti ai testimoni e a me la vostra volontà di unirvi in matrimonio:N. N., dichiari tu, nella pienezza della tua libertà, di voler prendere la qui

presente N. N. per tua legittima moglie?-- SiN.N., dichiari tu, nella pienezza della tua libertà, di voler prendere il qui

presente N. N. per tuo legittimo marito?-- Si».27 «I. Scambio di promesseVogliate ora scambiarvi le promesse di amore e di fedeltà che reciprocamente

vi dovete:

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celebrante, benedizione degli sposi, canto, lettura biblica e predi-cazione, dono della Bibbia, preghiera, canto, benedizione finale,lettura dell’atto di matrimonio e firme, uscita degli sposi.

Nel caso di una celebrazione secondo questa seconda forma, èbene ricordare che per le intese con lo Stato Italiano sottoscrittedalla Tavola Valdese e dall’UCEBI, lo Stato riconosce gli effetticivili dei matrimoni celebrati con l’assistenza del ministro valdeseo battista, anche se gli articoli del Codice civile sono lettidall’ufficiale dello stato civile28.

Per entrambe le forme di celebrazione “religiosa”, i documentiindicano la necessità di mettere in atto segni di accoglienza ecu-menica.

La terza modalità prevista nei documenti sottoscritti con ivaldesi-metodisti è la forma solo civile. Anche per accedere vali-damente a tale celebrazione la parte cattolica deve ottenere la di-spensa dalla forma canonica. Il Testo applicativo precisa come taleunione resti a tutti gli effetti sacramentale per la parte cattolica,pur mancando il rito sacro, in quanto la forma civile, dopo la ne-cessaria dispensa, non ne preclude la validità e il valore29. Per la

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI ED EVANGELICI

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[La domanda va rivolta singolarmente a ciascuno dei due nubendi][Testo 1]N. N., prometti tu a N. N. di volerla/o amare e servire nel dono totale di te

stesso/a e di essere solidale e leale con lei/lui in ogni circostanza della vita, nellagioia e nel dolore, di conservare e fortificare con lei/lui l’unità nella fede sullabase dell’evangelo e di rimanerle/gli fedele secondo l’insegnamento della Paroladi Dio?

-- Si, N., te lo prometto.[Testo 2]N. N., qual è la tua promessa di amore e di fedeltà a N. N.?--N., ti prometto, con l ’aiuto di Dio, di amarti e servirti nel dono totale di me

stesso/a, di essere solidale e leale con te in ogni circostanza della vita, nella gioia comenel dolore e rimanerti fedele secondo l ’insegnamento della Parola di Dio.

Dio, che ha udito le vostre dichiarazioni e lo scambio delle vostre promesse, viesaudisca e vi aiuti in tutto il corso della vostra vita».

28 Cfr. Testo applicativo 19; Documento comune 4.16.29 «Per la Chiesa cattolica, la suddetta celebrazione non è esclusa nell'ampia

formulazione del can. 1127, n. 2, è implicita nella dizione "salvo ... eventualiintese" del decreto generale sul matrimonio canonico al n. 50 ed era già previstaper la diocesi di Pinerolo dal 1970. La possibilità della celebrazione in formacivile di un matrimonio misto interconfessionale tra una parte cattolica e unaparte valdese o metodista è ora ammessa per tutte le diocesi italiane dal Testocomune (3.3 c). La parte cattolica deve ottenere dall'ordinario diocesano la

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parte valdese la forma non assume mai forza invalidante, inquanto è necessaria una qualsiasi certificazione pubblica delconsenso dei nubendi, l’unico atto che costituisce il matrimonio.Già il Testo comune indicava l’opportunità di far seguire alla formacivile un momento di celebrazione religiosa in cui non si rinnoviil consenso, ma semplicemente si possa domandare la benedizionedi Dio sull’unione già sorta con lo scambio del consenso di fronteall’ufficiale di stato civile30.

L’ultimo tema, che avevamo indicato nelle premesse alla lucedella normativa codiciale, riguardava la cura pastorale per lecoppie sposate in un matrimonio interconfessionale.

Al tema il Testo comune31 e il Documento comune32 dedicanosolo un breve capitolo a chiusura della parte terza, con alcune in-

Il contenuto delle intese: la pastorale dellecoppie miste

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

prescritta dispensa, in modo che il matrimonio celebrato nella forma civile, inforza del battesimo, sia per essa valido e perciò stesso sacramento» (Testoapplicativo 32).

30 «Qualora il matrimonio misto, con autorizzazione data dall'ordinario allaparte cattolica a norma del diritto canonico e secondo le indicazioni già date inquesto testo comune, fosse celebrato dinanzi all'ufficiale di stato civile, saràcompito dei ministri delle rispettive confessioni preparare gli sposi allacomprensione del valore dell'atto che, anche nella forma civile, creerà il lorovincolo coniugale nel senso cristiano. La parte cattolica sarà invitata ad accostarsiin precedenza ai sacramenti della penitenza e dell'Eucaristia. In questi casi, alcompimento dell'atto civile, si potrà far seguire, senza rinnovare la dichiarazionedel consenso, un incontro ecumenico, al fine dell'annuncio dell'Evangelo e perinvocare sui coniugi e sulla loro famiglia la benedizione del Signore» (Testocomune 3.3, lettera c).

31 «La presenza del Signore Gesù non si esaurisce nel momento dellacelebrazione delle nozze, ma con la grazia da lui promessa accompagna gli sposiin tutta la loro vita coniugale, che essi devono realizzare come un camminoproteso verso il traguardo di una perfetta unione. È compito della comunitàcristiana educare e sostenere la coppia nell'atteggiamento di continua conversione;esortarla a chiedere consiglio per superare le molteplici difficoltà che dovràaffrontare; stimolarla a crescere insieme nella fede e a coltivare le virtù cherendono più ordinata e serena la vita in comune. Con questo spirito la coppia sidisporrà a vivere con generosità la speciale esperienza di donazione nellapaternità e nella maternità di fronte alla nuova vita, che potrà scaturire comedono divino della loro unione. Coloro che si sono uniti in matrimonio nellafede hanno quotidianamente bisogno dell'ascolto della Parola di Dio, dellapreghiera in comune e del sostegno fraterno della comunità cristiana, anche difronte ai nuovi problemi e alle nuove responsabilità che dovranno assumere nelcorso della loro vita coniugale. Si dovranno favorire, pertanto, i contatti di

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dicazioni che riguardano il cammino della coppia e gli strumentiche possono essere messi a loro disposizione.

Nel Testo applicativo e nella quarta parte del Documento comunetroviamo affrontati tre aspetti che specificano la cura pastorale: leattenzioni in occasione del battesimo dei figli, quelle in occasionedella loro educazione religiosa, e il coinvolgimento delle rispettivecomunità, con il tema alquanto problematico dell’ospitalità euca-ristica, ammessa dalle comunità ecclesiali valdesi e battiste, mavietata nella Chiesa cattolica per la mancanza del reciproco rico-noscimento del ministero ordinato e diverse teologie sull’Eucaristia.Entrambi i documenti si chiudono con il riconoscimento dellecoppie interconfessionali come luoghi in cui i coniugi «si sforzanocomunque di vivere, con l’aiuto dello Spirito e il conforto dellaParola, come “chiesa domestica” una e indivisibile» (Testo applicativo52), «rispondendo così a quella particolare vocazione che ilSignore rivolge loro» (Documento comune 4.39).

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI ED EVANGELICI

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ciascuno di essi con la comunità della comparte, sia nella sede propria che negliincontri comuni di preghiera, in modo da offrire alla coppia interconfessionaleil conforto di una comprensione e di un aiuto ispirato alla comune fede inCristo e alla fiduciosa speranza in una unità dei credenti, che sarà invocatacome dono dallo Spirito» (Testo comune 3.4).

32 La presenza del Signore Gesù non si esaurisce nel momento dellacelebrazione delle nozze, ma con la grazia da lui promessa accompagna gli sposiin tutta la loro vita coniugale, che essi devono realizzare come cammino protesoverso il traguardo di una perfetta unione. È compito delle comunità cristianeeducare e sostenere la coppia nell’atteggiamento di continua conversione, offrireascolto, stimolarla a crescere insieme nella fede e a coltivare le virtù che rendonopiù ordinata e serena la vita in comune. Con questo spirito la coppia si disporràa vivere con generosità la speciale esperienza di donazione nella paternità e nellamaternità di fronte alla nuova vita, che potrà scaturire come dono divino dellaloro unione. Coloro che sono uniti in matrimonio nella fede hanno quotidianamentebisogno dell’ascolto della Parola di Dio, della preghiera in comune e delsostegno fraterno della comunità cristiana, anche di fronte ai problemi e alle re-sponsabilità che insorgeranno nel corso della loro unione coniugale. Si dovrannofavorire, pertanto, i contatti con la comunità del coniuge, sia nella sede propriache negli incontri comuni di preghiera, in modo da offrire alla coppia intercon-fessionale il conforto di una comprensione e di un aiuto ispirato alla comunefede in Cristo e alla fiduciosa speranza nell’unità dei credenti, da invocarsi comedono dallo Spirito» (Documento comune 3.4).

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Concludendo il nostro percorso, è bene evidenziare come leindicazioni emerse dalla normativa codiciale, dalle disposizionidel Decreto generale sul matrimonio della CEI e dai documentifrutto dell’accordo con i valdesi-metodisti e i battisti italiani, ri-chiedano una corretta conoscenza e applicazione da parte di tuttigli operatori, a partire dai parroci e da chi collabora nella pastoralefamiliare, ma nello stesso tempo possano diventare traccia peragire correttamente anche nei casi di richieste da parte di coppieinterconfessionali dove la parte cattolica abbia intenzione diunirsi in matrimonio con appartenenti ad altre comunità ecclesialievangeliche.

In modo sintetico si possono richiamare le attenzioni che civengono chieste.

Prima di tutto, un’adeguata preparazione della coppia, cheattinga non solo all’insegnamento cattolico sul matrimonio comesacramento, ma sappia valorizzare quanto appartiene all’insegna-mento di queste altre comunità ecclesiali, senza nascondere le di-vergenze o rendendole di per sé ostacolo insuperabile alla cele-brazione di un valido matrimonio che sarà a tutti gli effetti sacra-mentale in quanto, come abbiamo ricordato, la sacramentalità sifonda sul battesimo e non sulla fede dei nubendi.

Alla luce del cammino di preparazione, sarà opportuno affrontarele questioni che la normativa canonica mette in evidenza, e cioè lavalidità del battesimo della parte non cattolica e le questioniconnesse con quanto è oggetto degli impegni e delle promesse chela parte cattolica deve assumersi in vista del matrimonio.

Un terzo passaggio riguarderà la preparazione della celebrazionenuziale, con l’attenzione alla necessaria accoglienza ecumenica, maanche a cogliere le motivazioni che muovono la coppia verso l’orien-tamento per la forma canonica o altra forma religiosa, o per una ce-lebrazione nella sola forma civile, con le opportune dispense dachiedersi e gli altri documenti necessari per evitare che vengacelebrato un sacramento invalido secondo le disposizioni canoniche.

Resta poi un ambito ampio di intervento, quello che è chiamatoad inventare le necessarie attenzioni pastorali che possano sostenerein modo adeguato quella coppia che si è formata ed è diventatachiesa domestica, ed è chiamata, attingendo al dono comunedella Parola e alla propria personale appartenenza ecclesiale, a ri-

Conclusioni

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

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manere fedele al dono ricevuto, testimoniando e vivendo il matri-monio come luogo di incontro con il Signore e con il Suo amoreche ci salva.

Il percorso che ho cercato di affrontare risulta certamente unosguardo alquanto sintetico, spero non troppo confuso, su una pro-blematica complessa e vasta, ma vorrei concludere ricordandoquanto sia importante non dimenticare che accostare le disposizionicanoniche ci domanda sempre di trovare e custodire i beni teologicipreziosi che vi sono sottesi e che ne sono l’unica motivazione, cosìda evitare le strettorie di legalismi e formalismi che rischiano diessere poco comprensibili e di innalzare barriere anziché permetterequel dialogo ecumenico che ha trovato spazio nella stessa normativae che è esperienza vissuta nelle coppie miste.

Una sfida che ci coinvolge tutti e che ci chiede di continuaread approfondire le questione, nella reciproca conoscenza e rispettoverso le comunità ecclesiali evangeliche.

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI ED EVANGELICI

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Convegno nazionale “Amarsi e sposarsi neimatrimoni misti: attenzioni pastorali e canoniche”

I MATRIMoNI MISTI TRACATToLICI E oRToDoSSI. IL PUNTo DI VISTACANoNISTICoAdolfo Zambon

Il matrimonio tra una parte cattolica e una parte orientale noncattolica1 e, in genere, battezzata non cattolica, pur richiedendouna peculiare attenzione, può essere fonte di ricchezza nella

vita della Chiesa. Non si possono infatti tralasciare quelle specifiche

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

1. Premessa

1 Dal punto di vista terminologico, con le espressioni “Chiese orientali noncattoliche” e “fedeli/cristiani orientali non cattolici” si intendono le Chiese (e irispettivi fedeli) delle diverse tradizioni orientali che non sono in pienacomunione con la Chiesa di Roma. Si fa propria la scelta del Vademecum per lapastorale delle parrocchie cattoliche verso gli orientali non cattolici (1,1.1) «LeChiese orientali sono state tradizionalmente raggruppate in due grandi deno-minazioni: le Chiese dette “precalcedonesi”, in quanto non riconoscono ilconcilio di Calcedonia, e le Chiese calcedonesi, che invece lo riconoscono. Perl’opposizione alle formulazioni cristologiche di Efeso o di Calcedonia, le Chiesedette precalcedonesi furono considerate, rispettivamente, nestoriane o monofisite.oggi, grazie al dialogo teologico interconfessionale, si è potuto chiarire in qualesenso le diverse formulazioni non inficiano la fede comune nel mistero di Cristovero Dio e vero uomo. Per questa ragione, ora sono comunemente denominate“Antiche Chiese d’oriente” o “Chiese ortodosse orientali”. Le altre Chieseorientali non in comunione con la Chiesa cattolica sono spesso dette “Chieseortodosse di rito bizantino”. A partire da quanto esposto, e per motivi pratici,nel presente sussidio vengono usate le espressioni “Chiese orientali noncattoliche”, per indicare le Chiese delle diverse tradizioni orientali che non sonoin piena comunione con la Chiesa di Roma, e “fedeli/cristiani orientali non

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difficoltà nel rapporto tra coniugi con riferimento al rispetto dellalibertà religiosa e in ordine all’educazione, specie religiosa, dei figli2.Tuttavia, in tali matrimoni è possibile vivere una specifica collabo-razione e testimonianza del valore perenne di alcune dimensionidella vita, ivi compreso il matrimonio. Infatti,

«I matrimoni fra cattolici ed altri battezzati presentano, pur nellaloro particolare fisionomia, numerosi elementi che è benevalorizzare e sviluppare, sia per il loro intrinseco valore, sia perl'apporto che possono dare al movimento ecumenico. Ciò è par-ticolarmente vero quando ambedue i coniugi sono fedeli ai loroimpegni religiosi. Il comune battesimo e il dinamismo dellagrazia forniscono agli sposi, in questi matrimoni, la base e la mo-tivazione per esprimere la loro unità nella sfera dei valori moralie spirituali»3.

Tra gli ambiti possibili di comune testimonianza si pone lavalorizzazione della struttura fondamentale del matrimonio, datutelare e da promuovere nella sua più profonda verità. Come giàaffermato da Giovanni Paolo II,

«all’orizzonte del mondo contemporaneo […] si profila un diffusodeterioramento del senso naturale e religioso delle nozze, conriflessi preoccupanti sia nella sfera personale che in quellapubblica»4.

Di fronte a tale situazione, siamo chiamati a diffondere«l’autentico concetto di amore coniugale fra due persone di paridignità, ma distinte e complementari nella loro sessualità»5, a ri-cordare che il matrimonio non si riduce a un «rito formale ed

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

cattolici”, per indicare i fedeli di tali Chiese. Talvolta si usano le espressioni“Chiese ortodosse” o “fedeli ortodossi”, con riferimento alle Chiese e ai fedeli dirito bizantino, poiché la loro presenza è preponderante e le occasioni di contattosono più frequenti. In nessun caso questi fedeli vanno confusi con i fedelicristiani cattolici di rito orientale appartenenti alle Chiese orientali in pienacomunione con la Chiesa cattolica».

2 Cf GIoVANNI PAoLo II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 22novembre 1981, n. 78.

3 L.c..4 GIoVANNI PAoLo II, Allocuzione agli Uditori della Rota Romana, 21 gennaio

1999, n. 2.5 Ibid., n. 3.

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esterno», comportando un «reciproco impegno oblativo»6, sostenutodalla fede. Stimolati dalle domande fondamentali circa la capacitàdi un amore autenticamente coniugale e la possibilità di legarsiper tutta la vita7, ci viene ricordato che

«solo nel dono di sé l’uomo raggiunge se stesso, e solo aprendosiall’altro, agli altri, ai figli, alla famiglia, solo lasciandosi plasmarenella sofferenza, egli scopre l’ampiezza dell’essere persona umana.Con il rifiuto di questo legame scompaiono anche le figure fon-damentali dell’esistenza umana: il padre, la madre, il figlio;cadono dimensioni essenziali dell’esperienza dell’essere personaumana»8.

Alla luce della fede acquista ancora maggiore evidenza nonsolo la logicità, ma anche la possibilità stessa, sostenuta dallagrazia, di donarsi in modo irrevocabile e definitivo nel patto co-niugale. Infatti,

«aprendosi alla verità di Dio […] è possibile comprendere, e rea-lizzare nella concretezza della vita anche coniugale e familiare, laverità dell’uomo quale suo figlio, rigenerato dal Battesimo. […]l’accoglienza della fede rende l’uomo capace del dono di sé, nelquale soltanto, aprendosi all’altro, agli altri, ai figli, alla famiglia...lasciandosi plasmare nella sofferenza, egli scopre l’ampiezza del-l’essere persona umana»9.

Sostenuti dal comune battesimo e dal dinamismo della grazia,i coniugi testimoniano la realtà del matrimonio nei sui principifondamentali, che

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI E ORTODOSSI. IL PUNTO DI VISTA CANONISTICO

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6 Ibid., n. 4.7 «C’è anzitutto la questione della capacità dell’uomo di legarsi oppure della

sua mancanza di legami. Può l’uomo legarsi per tutta una vita? Corrisponde allasua natura? Non è forse in contrasto con la sua libertà e con l’ampiezza della suaautorealizzazione? L’uomo diventa se stesso rimanendo autonomo e entrandoin contatto con l’altro solo mediante relazioni che può interrompere in ognimomento? Un legame per tutta la vita è in contrasto con la libertà? Il legamemerita anche che se ne soffra?» (BENEDETTo XVI, Presentazione degli augurinatalizi della curia romana, 21 dicembre 2013).

8 L.c. Cfr BENEDETTo XVI, Allocuzione agli Uditori della Rota Romana, 26gennaio 2013, n. 2.

9 L.c..

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«non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del dirittoalla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa,riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tuttal’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunquecarattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendodalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessariaquanto più questi principi vengono negati o mal compresi,perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della personaumana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace»10.

In tal modo si contribuisce a mettere in evidenza«le tre dimensioni dell’unione matrimoniale, cioè la dimensione

naturale, in quanto il matrimonio ha le sue radici nella naturalestruttura umana, la dimensione giuridica dei rapporti interconiugalidi giustizia, e la dimensione sacramentale di una realtà giàesistente nell’economia della creazione la quale nei battezzatidiventa segno e strumento della grazia di Cristo»11.

A partire dall’ampio contesto appena ricordato, il presentecontributo intende evidenziare alcuni ambiti relativi al matrimoniotra una parte cattolica e una parte orientale non cattolica, in unaprospettiva giuridica. In particolare, dopo aver premesso un cennoalle fonti normative cui far riferimento, si evidenziano i seguentipunti: l’indissolubilità del matrimonio, alcune attenzioni da averenella preparazione al matrimonio (la prova del battesimo, laprova di stato libero, le garanzie richieste alla parte cattolica), lacelebrazione del matrimonio (la forma canonica richiesta e lamodalità celebrativa). A mo’ di appendice, si fa riferimento allacelebrazione del matrimonio di due orientali non cattolici, qualorasi rivolgano a un ministro cattolico, e di due cattolici di ritoorientale, che chiedono la celebrazione del matrimonio a unministro cattolico di rito latino.

2. Le fontinormative

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

10 BENEDETTo XVI, Messaggio per la celebrazione della XLVI giornata mondialedella pace, 1° gennaio 2013.

11 A. STANkIEwICZ, Il diritto matrimoniale canonico nel momento presente: va-lutazioni e prospettive, in Ius Ecclesiae 21 (2009) 58.

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Anzitutto volgiamo l’attenzione alle fonti normative, ai puntidi riferimento essenziali, che forniscono gli elementi irrinunciabilidal punto di vista giuridico.

Le principali fonti normative sono costituite dai due Codici:il Codice di diritto canonico (CIC), vincolante per la Chiesacattolica di rito latino (CIC can. 1), e il Codice dei Canoni delleChiese orientali (CCEo), che riguarda «tutte e solo le Chieseorientali cattoliche, a meno che, per quanto riguarda le relazionicon la Chiesa latina, non sia espressamente stabilito diversamente»(CCEo can. 1).

Un utile strumento è costituito dal Direttorio per l ’applicazionedei principi e delle norme sull ’ecumenismo, del Pontificio Consiglioper la promozione dell'Unità dei Cristiani, del 25 marzo 1993 (=DE). Tale testo

«raccoglie tutte le norme già fissate per applicare e sviluppare ledecisioni del Concilio e, quand’è necessario, le adatta alla realtàattuale. Esso rafforza le strutture che sono state realizzate persostenere e guidare l’attività ecumenica ad ogni livello dellaChiesa. Nel pieno rispetto della competenza delle autorità a talivari livelli, il Direttorio dà orientamenti e norme d’applicazioneuniversali, per indirizzare la partecipazione cattolica all’azioneecumenica» (DE n. 6).

Inoltre, con riferimento all’Italia, abbiamo il Decreto generalesul matrimonio canonico, del 5 novembre 1990 [= DGMC]. Comedecreto generale (cfr CIC can. 29), è giuridicamente vincolante,in quanto è stato approvato dall’Assemblea Generale a seguito diun mandato speciale dalla Santa Sede e successivamente ha avutola recognitio della Santa Sede12; le sue disposizioni devono essereosservate. Per i matrimoni misti in generale, si fa riferimento inparticolare ai numeri 47-52.

Infine, su un livello molto diverso, menzioniamo il Vademecumper la pastorale delle parrocchie cattoliche verso gli orientali noncattolici, del 23 febbraio 201113. Si tratta di un sussidio pubblicato

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI E ORTODOSSI. IL PUNTO DI VISTA CANONISTICO

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12 Cfr DGMC, Premessa. Sulle deliberazioni giuridicamente vincolanti cfrl’art. 16 dell’attuale Statuto della Conferenza Episcopale Italiana.

13 Il titolo del sussidio, nel prosieguo del testo, è abbreviato in Vademecum;

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il 23 febbraio 2010 e predisposto da due uffici della SegreteriaGenerale della Conferenza Episcopale Italiana, ossia l’UfficioNazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso e l’UfficioNazionale per i problemi giuridici, a ciò autorizzati dal ConsiglioEpiscopale Permanente della Conferenza Episcopale Italiananella sessione del 21-24 settembre 2009. Il Vademecum presentauna finalità principalmente pastorale. Infatti, è «destinato preva-lentemente ai parroci, agli operatori pastorali e ai responsabilidelle istituzioni educative cattoliche», proponendosi «una finalitàpratica di indole pastorale, quale sussidio alle Chiese particolari»(Vademecum, Introduzione). Intende, quindi, aiutare i parroci e glioperatori pastorali cattolici a fornire risposte corrette dal puntodi vista pastorale e giuridico di fronte a specifiche richieste sacra-mentali – e non solo – da parte di fedeli orientali non cattolici.Tale finalità evidenzia l’espressione, presente nel titolo, per lapastorale delle parrocchie cattoliche. Si presuppone, infatti, la situazionein cui dei fedeli orientali non cattolici si accostano a un ministrocattolico o a un operatore pastorale in parrocchia.

Circa la natura e il conseguente valore del sussidio, non sitratta di una deliberazione dell’Assemblea generale o di un docu-mento del Consiglio Episcopale Permanente o della Presidenzadella Conferenza Episcopale Italiana su delega dell’Assemblea,con la vincolatività propria di questi testi. Il testo, invece, è unsussidio predisposto allo scopo di aiutare le Chiese particolaripresenti in Italia, nel rispetto della normativa vigente nella Chiesauniversale e dell’ambito di competenza dei singoli vescovi. Il

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

nella citazione il primo numero indica una delle due parti in cui è suddiviso iltesto, il secondo, invece, la suddivisione interna di ciascuna delle due parti; l’in-troduzione e le due appendici vengono citate come tali. Per una presentazionedel Vademecum e per eventuali approfondimenti, ci si permette di rinviare a: G.BATTAGLIA, Vademecum per la pastorale delle parrocchie cattoliche verso gli orientalinon cattolici, “Rivista di Pastorale Liturgica” n. 280 (2010), 77-84; A. ZAMBoN,La cura pastorale verso gli orientali non cattolici presenti nelle parrocchie cattoliche.Presentazione del Vademecum, “Ius Ecclesiae” 22 (2010), 535-552; ID., Il Vademecumper la pastorale delle parrocchie cattoliche verso gli orientali non cattolici, in GRUPPoITALIANo DoCENTI DI DIRITTo CANoNICo (ed.), Il sacramento dell ’ordine,Glossa Editrice, Milano 2011, pp. 283-306; ID., Offerta di cura pastorale agliortodossi presenti in paesi a maggioranza latina, in Cristiani orientali e pastorilatini, Milano 2012, pp. 269-303; ID., La pastorale verso gli orientali non cattolici:prima presentazione del Vademecum, in Ius missionale 6 (2012) 175-196.

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valore delle singole affermazioni del testo, in altre parole, dipendedalle fonti cui si riferisce. In effetti, come già emerge dal titolodel Vademecum, questo «raccoglie e organizza la disciplina vigentenella Chiesa cattolica sui corretti rapporti con i fedeli appartenentia Chiese orientali non cattoliche, con un’attenzione particolarealla situazione italiana» (Vademecum, Introduzione). La sottolineaturadella realtà della parrocchia mette in evidenza l’indole pastorale el’attenzione alle situazioni concrete che si possono presentare, difronte alle quali, talvolta, i parroci o gli operatori pastorali possonotrovarsi in difficoltà. La stessa strutturazione del sussidio intendecorrispondere a tale finalità, presentando schematicamente alcunesituazioni che richiedono una risposta coerente con le indicazionigià fornite, specie nei testi conciliari, nei due Codici e nelDirettorio per l ’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo,del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.Attesa la finalità pastorale del Vademecum, si ritiene opportunoriprenderne gli aspetti relativi al matrimonio tra una parte cattolicae una parte orientale non cattolica.

Relativamente al sacramento del matrimonio e alla conseguentedisciplina canonica, oltre ai punti in comune esistenti, fin dall’inizioè opportuno far presente che alcune differenze comportano «unquadro di rapporti asimmetrico» (Vademecum 1.3). Pertanto,

«Le Chiese orientali non cattoliche differiscono dalla Chiesacattolica in alcuni aspetti riguardanti la dottrina sul matrimonio.Infatti, le Chiese orientali non cattoliche, accanto all’affermazionedella sostanziale indissolubilità del matrimonio, ammettono nellaprassi il divorzio e la possibilità di nuove nozze (a partire dalprincipio dell’oikonomia), senza che questo comporti l’esclusionedall’eucaristia. Si ricorda inoltre che ritengono ministro del sacramentodel matrimonio il sacerdote, non i coniugi» (Vademecum 2.31).

Il principio dell’oikonomia presente nelle Chiese orientali noncattoliche comporta peculiari differenze, rispetto alla Chiesacattolica, in riferimento al matrimonio14. Infatti,

3. L’indissolubi-lità delmatrimonio

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI E ORTODOSSI. IL PUNTO DI VISTA CANONISTICO

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14 Un esempio di applicazione del principio dell’acribia o della oikonomia, inriferimento all’ammissione alla Chiesa ortodossa, può essere la seguente: «L’am-

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«sebbene i Padri si attenessero chiaramente al principio dottrinaledell’indissolubilità del matrimonio, alcuni di loro hanno tolleratosul piano pastorale una certa flessibilità in riferimento a singolesituazioni difficili. Su questo fondamento le Chiese orientaliseparate da Roma avrebbero sviluppato più tardi accanto alprincipio della acribia, della fedeltà alla verità rivelata, quellodella oikonomia, della condiscendenza benevola in singole situazionidifficili. Senza rinunciare alla dottrina della indissolubilità delmatrimonio, essi permetterebbero in determinati casi un secondoed anche un terzo matrimonio, che d’altra parte è differente dalprimo matrimonio sacramentale ed è segnato dal carattere dellapenitenza»15.

Il Vademecum richiama esplicitamente tale diversità in riferimentoal matrimonio. Infatti, le Chiese ortodosse affermano simulta-neamente la «sostanziale indissolubilità del matrimonio» e lapossibilità di ammissione nella prassi del divorzio e di nuovenozze (Vademecum, 2.31)16. Tuttavia, «un fedele orientale noncattolico divorziato e risposato non può essere ammesso alla co-munione eucaristica nella Chiesa cattolica, nonostante nella suaChiesa ciò sia permesso» (Vademecum, 2.21). In tale situazione,

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

missione alla Chiesa ortodossa può seguire l’acribia o l’economia. Questo saràdeterminato dalla provenienza del battezzato. Seguendo l’acribia, il candidatosarà ribattezzato, come un qualsiasi catecumeno. Seguendo l’economia, soprattuttonel caso di persone provenienti dal cattolicesimo, il candidato presenterà ilcertificato di battesimo cattolico, a cui seguirà la celebrazione del rispettivorituale previsto, e la firma del Libello di adesione alla Chiesa ortodossa sulSanto Evangelo»: ARChIMANDRITA DEL TRoNo ECUMENICo AThENAGoRASFASIoLo, Il “Vademecum per la pastorale delle parrocchie cattoliche verso gli orientalinon cattolici” della Conferenza Episcopale Italiana. Una analoga lettura ortodossadel Documento, in Al servizio dell ’uomo e del suo progresso spirituale e sociale. Volumedi riconoscenza f iliale dedicato a Sua Eminenza Reverendissima il metropolitaGennadios Zervos, Arcivescovo Ortodosso d’Italia e Malta, Benetia – Venezia2011, p. 37.

15 J. RATZINGER, Introduzione, in Sulla pastorale dei divorziati risposati, LibreriaEditrice Vaticana, Città del Vaticano 1998, p. 22. Il testo è stato recentementeripreso in L’Osservatore Romano, 30 novembre 2011, pp. 4-5. Cfr., inoltre, C.VASIL’, Separazione, scioglimento, nuove nozze nell ’Ortodossia. Orientamenti per laprassi cattolica, in “Nicolaus” 37 (2010), 225-246.

16 Tra le possibilità per cui si può chiedere il divorzio ed essere successivamenteammessi alle seconde nozze, si rinvia a: B. PETRà, Questioni intorno al matrimonio,in G. BATTAGLIA (ed.), L’ ortodossia in Italia. Le sf ide di un incontro, Bologna2011, p. 311.

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infatti, manca il requisito di essere «ben disposti» per poterricevere l’eucaristia, che include una situazione matrimoniale re-golare17. Tale situazione specifica fa emergere una divergenza18

tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse che non può esseresottaciuta o ignorata nel contesto di un dialogo condotto nellaverità; il principio dell’oikonomia, come quello dell’epicheia e del-l’aequitas canonica, pur

«di grande importanza nell’ambito delle norme umane e puramenteecclesiali, […] non possono essere applicate nell’ambito di norme,sulle quali la Chiesa non ha nessun potere discrezionale. L’indis-solubilità del matrimonio è una di queste norme, che risalgono alSignore stesso e pertanto vengono designate come norme di“diritto divino”»19.

La conseguenza di maggiore rilevanza, sulla quale ritorneremopiù avanti, è relativa alla prova dello stato libero di un nubendoorientale non cattolico che ha già contratto un valido matrimonio:pur essendo in possesso di una dichiarazione di stato libero, il suoprecedente matrimonio costituisce un impedimento dirimentealla celebrazione di un nuovo matrimonio, sussistendo l’impedimentodi legame (cfr can. 1085).

Nella fase preparatoria o istruttoria alla celebrazione di unmatrimonio tra una parte cattolica e una parte orientale noncattolica, è necessario prestare attenzione ad alcuni aspetti, per unverso comuni ai matrimoni misti, ossia in cui una delle due partisia non cattolica, per un altro verso specifici quando una delle dueparti sia orientale non cattolica.

Nella preparazione di un matrimonio tra una parte cattolica euna parte non cattolica, è necessario anzitutto essere certi del

4. Alcuni aspettinella fasepreparatoria almatrimonio

a) La provadell ’avvenutobattesimo

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI E ORTODOSSI. IL PUNTO DI VISTA CANONISTICO

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17 Cf. can 844 § 3 CIC e can. 671 § 3 CCEo. Circa il legame tra eucaristia eindissolubilità del matrimonio, cfr. BENEDETTo XVI, Esortazione apostolicaSacramentum caritatis, 22 febbraio 2007, n. 29.

18 Si può anche parlare di uno sviluppo contrapposto tra Chiese orientali separateda Roma e Chiesa cattolica (cfr. J. RATZINGER, Introduzione, op. cit., p. 23).

19 Ibid., p. 24.

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battesimo di entrambi i nubendi, anche di colui che non ècattolico. Infatti, pur essendoci alcune prossimità nella legislazionerelativa al matrimonio tra una parte cattolica e una parte nonbattezzata oppure tra una parte cattolica e una parte battezzatanon cattolica, nel primo caso si è in presenza di un impedimentodi disparità di culto (can. 1086 § 1), che necessita della dispensaper la valida celebrazione del matrimonio, che, inoltre, non è sa-cramento. Nel secondo caso, invece, si richiede la licenza, di cui alcan. 1124, e il matrimonio validamente celebrato «tra battezzati èstato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento» (can.1055 § 1).

Proprio per tale motivo, DGMC n. 49 richiede che «la partebattezzata non cattolica deve presentare anche il certificato dibattesimo». Subito dopo il testo presenta la motivazione di talerichiesta:

«Queste richieste non sono segno di mancanza di fiducia nellapersona non cattolica o di minor rispetto alle sue convinzioni re-ligiose: esse derivano dall’esigenza di assicurare, in conformitàalle leggi canoniche, la validità del matrimonio che si intendecelebrare. Più precisamente, è necessario accertare che non vi sial’impedimento di un precedente vincolo matrimoniale, a normadel can. 1085. occorre inoltre verificare se vi siano fondati dubbisulla validità del battesimo; in tal caso si deve chiedere anche ladispensa dall’impedimento di disparità di culto “ad cautelam”».

Nel caso di un fedele di una Chiesa orientale non cattolica,non è oggetto di dubbio la validità del battesimo (cfr DE n. 99a;Vademecum 2.53). Eventuali difficoltà possono presentarsi nel re-perimento del certificato di battesimo, specie qualora il nubendoprovenga da un paese che ha sperimentato situazioni di impedimentoalla libertà religiosa o di persecuzione. In questi casi, per la prova

«è sufficiente la dichiarazione di un solo testimone al di sopra diogni sospetto oppure la dichiarazione dello stesso battezzatofondata su indubbi argomenti, specialmente se il medesimo haricevuto il battesimo dopo che era uscito dall’infanzia» (CCEocan. 691).

La legislazione per la Chiesa latina limita la prova, tramitegiuramento dello stesso battezzato, al caso in cui abbia ricevuto ilbattesimo in età adulta (cfr CIC can. 876).

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

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Per quanto riguarda il sacramento della confermazione, i fedelicattolici sono sollecitati a ricevere il sacramento della confermazioneprima del matrimonio, se non l’hanno ancora ricevuto, e se questoè possibile senza grave incomodo (cfr can. 1065 § 1; DGMC n.8). Accostandosi a fedeli orientali non cattolici, è opportunoricordare che

«Poiché nelle Chiese orientali non cattoliche il sacramento dellaconfermazione viene conferito congiuntamente con il battesimo,la prova del ricevimento del battesimo comporta anche la provadel ricevimento della cresima» (Vademecum 2.53)20.

Un aspetto specifico potrebbe creare difficoltà nel dialogo pa-storale in preparazione alle nozze; ci si riferisce alla prova dellostato libero del fedele orientale non cattolico, qualora abbiacelebrato in precedenza un matrimonio e chieda di accostarsi aun secondo matrimonio con una parte cattolica. Possono presentarsiqui diverse fattispecie.

La prima situazione, obiettivamente più facile, è presentequando la parte orientale non cattolica non ha mai contratto unprecedente matrimonio. In questo caso, essa è libera da qualsiasilegame e può accedere alle nozze. oltre alla documentazionecivile utile come indizio di tale situazione (come il certificatocontestuale per l’Italia), DGMC n. 49 ricorda:

«Alla parte non cattolica il parroco chiede una dichiarazione cheattesti che essa non ha mai contratto alcun matrimonio. Dinorma questa dichiarazione deve essere comprovata per iscrittoda parte almeno di un testimone idoneo, scelto possibilmentenell’ambito della famiglia della parte non cattolica»21.

Una seconda situazione è costituita dal fedele orientale noncattolico che ha contratto un precedente matrimonio senza il

b. La prova di stato libero

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI E ORTODOSSI. IL PUNTO DI VISTA CANONISTICO

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20 Infatti, nelle Chiese ortodosse il sacramento della confermazione (crismazione)è amministrato dal sacerdote, congiuntamente con il battesimo, sia ai bambiniche agli adulti. Pertanto, l’assenza della menzione della cresima nel certificatodel battesimo ortodosso non autorizza a mettere in dubbio che essa sia stataconferita nella stessa data e luogo del battesimo» (Vademecum 2.18; Cfr DE n.99 a).

21 Cfr Vademecum 2.44.

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dovuto rito sacro, contraendo per esempio un matrimonio solocivile, conclusosi con il successivo divorzio. In tal caso, Vademecum2.45 ricorda che

«è sufficiente l’investigazione prematrimoniale svolta dall’ordinariodel luogo o dal parroco dopo aver consultato l’ordinario, inmodo analogo a quanto avviene per i cattolici sposati civilmente.Tuttavia, qualora sorga il dubbio sulla possibilità di celebrare ilmatrimonio con il rito sacro senza grave incomodo e sull’esistenzadel battesimo, la questione dovrà essere rimessa al tribunale ec-clesiastico competente»22.

Sono due gli elementi cui prestare attenzione. Il primo ècostituito dal fatto che molte Chiese orientali non cattoliche ri-conoscono naturalmente valido il matrimonio dei propri fedelicelebrato senza il dovuto rito sacro se è impossibile accedere alsacerdote ortodosso; si tratta di una situazione simile alla formastraordinaria del matrimonio prevista nella Chiesa cattolica23.Tuttavia tale matrimonio non viene considerato sacramento. Ilsecondo elemento cui prestare attenzione è il dubbio sul validobattesimo, che porterebbe alla possibilità di un matrimonio natu-ralmente valido. In tal caso, non è sufficiente il ricorso all’investi-gazione prematrimoniale, dovendo rimettere la questione alTribunale ecclesiastico competente.

Per completezza, si fa presente come in presenza di obblighinaturali derivati da una precedente unione verso un’altra parte o ifigli, si richiede la licenza dell’ordinario del luogo24.

Una terza situazione è rappresentata da quei fedeli orientalinon cattolici che, dopo aver celebrato un precedente matrimonioconclusosi con il divorzio, intendono contrarre nuove nozze conuna parte cattolica. In questo caso, è necessario tener presente

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

22 Cfr SUPREMo TRIBUNALE DELLA SEGNATURA APoSToLICA, Decreto del 3gennaio 2007, Prot. n. 38964/06 VT, in Periodica de re canonica, 97 (2008) 45-46.È evidente che non siamo in presenza di un semplice parere od opinione,risultando invece una disposizione che deve essere seguita. Cfr G.P. MoNTINI,La procedura di investigazione prematrimoniale è idonea alla comprovazione dellostato libero di fedeli ortodossi che hanno attentato il matrimonio civile, in Periodicade re canonica 97 (2008) 47-98; ID., Come si accerta lo stato libero di un ortodossosposato civilmente, in Quaderni di diritto ecclesiale 21 (2008) 244-255.

23 Cfr CIC can. 1116 e CCEo can. 832.24 Cfr CIC can. 1071, 3º e CCEo can. 789, 3º.

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che «la dichiarazione di stato libero rilasciata dalla competenteautorità della Chiesa orientale non cattolica non coincide conuna dichiarazione di nullità» (Vademecum 2.46). Permane quindil’impedimento di legame25, fino al momento in cui il precedentematrimonio sia dichiarato nullo con sentenza esecutiva da unTribunale ecclesiastico cattolico26, oppure, se ne sussistono lecondizioni, sia sciolto dal Romano Pontefice per inconsumazioneo in favorem fidei27.

Alla base di tale indicazione sta una Dichiarazione del SupremoTribunale della Segnatura Apostolica28, a partire dalla validità delmatrimonio celebrato nelle chiese orientali non cattoliche e ladiversa natura della dichiarazione di nullità del matrimonioemessa da Tribunale ecclesiastico rispetto alla dichiarazione distato libero rilasciata dalla competente autorità di una Chiesaorientale non cattolica.

Dal punto di vista pastorale, in tali situazioni, si ritieneimportante far comprendere alla parte non cattolica, e talvoltaanche alla parte cattolica, i motivi per cui la Chiesa cattolicaritiene valido il matrimonio già contratto, prospettando, qualoraci fossero fondati motivi, la possibilità di accedere al Tribunaleecclesiastico per una dichiarazione di nullità del matrimonio. Intale contesto, è utile ricordare che qualsiasi persona, anche nonbattezzata, può agire in giudizio29. Quindi, anche un fedele

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25 Cfr CIC can. 1085; CCEo can. 802.26 Relativamente alla competenza e al diritto da usarsi in un procedimento

canonico di nullità di tali matrimoni e la relazione con la dichiarazione rilasciatadall’autorità ortodossa, cfr D. SALAChAS – L. SABBARESE, Chierici e ministerosacro nel Codice latino e orientale. Prospettive interecclesiali, Città del Vaticano2004, pp. 308-319; L. LoRUSSo, Il diritto matrimoniale proprio dei fedeli ortodossinella Dignitas connubii, in Quaderni di diritto ecclesiale 21 (2008) 227–243; P.GEFAELL, La giurisdizione delle Chiese ortodosse per giudicare sulla validità delmatrimonio dei loro fedeli, in Ius Ecclesiae 19 (2007) 774-791; G.P. MoNTINI, Ilmatrimonio tra acattolici di fronte al giudice ecclesiastico. Alcune note sull ’art. 3 § 2dell'istruzione Dignitas connubii, in Periodica de re canonica 99 (2010) 627-679.

27 Cfr DGMC n. 47.28 Cfr SUPREMo TRIBUNALE DELLA SEGNATURA APoSToLICA,

Dichiarazione del 20 ottobre 2006, in Communicationes 39 (2007) 66-67. Taledichiarazione riguarda direttamente le dichiarazioni di stato libero date dalleautorità della Chiesa ortodossa romena, ma il principio si applica in generale aidocumenti emessi da qualsiasi Chiesa ortodossa.

29 Cfr CIC can. 1476 e CCEo can. 1134.

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orientale non cattolico può chiedere al Tribunale ecclesiastico ladichiarazione di nullità matrimoniale, purché abbia un titololegittimo per impugnarne la validità30. Infatti, «il giudice ecclesiasticopuò esaminare solo le cause di nullità dei non cattolici, siano essibattezzati o non battezzati, nelle quali è necessario che sia provatodavanti alla Chiesa cattolica lo stato libero di almeno una delleparti»31, come avviene nella fattispecie in cui la parte orientale noncattolica desidera celebrare il matrimonio con una parte cattolica.

Per la celebrazione del matrimonio misto si richiedonospecifiche garanzie o “cauzioni”32, ossia che la parte cattolica sidichiari «pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede eprometta sinceramente di fare quanto è in suo potere perché tuttii figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica» (can.1125, n. 1); la parte non cattolica non è tenuta a specifichepromesse33. DGMC n. 48, in adempimento al disposto del can.1126, ha stabilito che tale promessa deve essere sottoscrittadavanti al parroco, che attesta, con sua dichiarazione scritta, chela parte non cattolica è stata chiaramente informata circa lepromesse fatte dalla parte cattolica, constando che entrambe leparti siano istruite sulla natura, sui fini e sulle proprietà essenzialidel matrimonio, che non devono essere esclusi da nessuno deidue contraenti. DGMC continua poi richiamando che le tre di-chiarazioni precedenti devono essere esibite all’ordinario delluogo unitamente alla domanda di licenza per il matrimoniomisto. Il modulo XI allegato al DGMC, in modo sobrio e

c. Le garanzie

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

30 Cfr PoNTIFICIo CoNSIGLIo PER I TESTI LEGISLATIVI, Istruzione Dignitasconnubii, 25 gennaio 2005, artt. 92-94 e 114.

31 Dignitas connubii, art. 3, § 2.32 Su questo si riprende in parte G.P. MoNTINI, Le garanzie o “cauzioni” nei

matrimoni misti, in Quaderni di diritto ecclesiale 5 (1992) 287-295.33 «Secondo il Codice vigente la parte non cattolica non è tenuta ad alcunché.

Nel Codice precedente era invece tenuta a due promesse molto gravose: ditogliere di mezzo ogni pericolo di perversione per il coniuge cattolico; di farbattezzare ed educare nella fede cattolica tutti i figli (cfr c. 1061, par. 1, 2°).Quest’ultima promessa era del tutto identica a quella che secondo quel Codiceera tenuto ad emettere il coniuge cattolico. Nel nuovo Codice l’unica richiestache concerne la parte non cattolica attiene all’obbligo che questa venga informatadelle promesse che la parte cattolica sarà chiamata ad emettere e ne risultirealmente consapevole» (Ibid., p. 291).

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ripetendo quasi alla lettera il prescritto del canone34, presenta laseguente formulazione delle garanzie della parte cattolica e del-l’attestazione del parroco:

«Nell’esprimere il consenso libero e irrevocabile che mi unirà incomunione di vita e di amore con _____ dichiaro di aderire pie-namente alla fede cattolica e d’essere pronto/a ad allontanare ipericoli di abbandonarla; mi impegno ad adempiere i miei doveriverso il coniuge nel rispetto della sua religione, e in ordine allaprocreazione ed educazione dei figli; prometto sinceramente difare quanto è in mio potere perché tutti i figli siano battezzati ededucati nella Chiesa cattolica.Il sottoscritto Parroco dichiara di aver informato il signor (la si-gnorina) _____ delle dichiarazioni e promesse sottoscritte dallaparte cattolica con cui intende celebrare il matrimonio cristiano.Attesto che lo/a interessato/a è consapevole degli impegni assuntidal futuro coniuge cattolico, come risulta da sua dichiarazioneverbale (aggiungere eventualmente: fatta in presenza di____ ;oppure: e dalla sottostante firma per presa visione)».

Con tale disposizione si intende equilibrare i principi teologicie naturali coinvolti in un matrimonio misto: sia quelli destinati afavorire tale matrimonio (ecumenismo, diritto naturale al matri-monio), sia quelli che di per sé potrebbero impedirlo (dovere dievitare pericoli per la propria fede, contrasto nell’educazione deifigli, difficoltà a realizzare una comunità di tutta la vita senza lacondivisione della vita di fede e di Chiesa)35.

Riprendendo quanto disposto nel caso di celebrazione di unmatrimonio misto, la promessa della parte cattolica riguarda dueaspetti: evitare il pericolo di abbandonare la fede, promettere difare quanto è nelle proprie possibilità per battezzare ed educaretutti i figli nella Chiesa cattolica. Non sfugge la diversa formulazionedei due aspetti, infatti, per quanto riguarda l’educazione dei figli, siconstata che «si potranno dare dei casi nella vita familiare in cui lavolontà della parte cattolica non sarà di fatto sufficiente a fare inmodo che tutta la prole venga battezzata nella Chiesa cattolica»36.

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI E ORTODOSSI. IL PUNTO DI VISTA CANONISTICO

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34 Cfr Ibid., p. 294.35 Cfr Ibid., pp. 287-288.36 Cfr Ibid., p. 290.

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Si è qui in presenza di un ambito assai delicato, in quanto

«La normativa ortodossa per la celebrazione di un matrimoniomisto richiede “una dichiarazione firmata della parte eterodossa[vale a dire, in questo caso, della parte cattolica], in cui assume laresponsabilità morale di battezzare ed educare i figli nella Chiesaortodossa”: Calendario 2006 della Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia,p. 95. In Grecia la Chiesa ortodossa ha stabilito che “i matrimonimisti (tra ortodossi ed eterodossi) si celebrano secondo le normedella Chiesa ortodossa a condizione inviolabile che i figli che na-sceranno da questi matrimoni siano battezzati ed educati secondoi dogmi della nostra Santissima Chiesa, sottoscrivendo ambeduele parti in precedenza una dichiarazione firmata dinanzi al notaio”:SANTo SINoDo DELLA ChIESA oRToDoSSA DI GRECIA, Enciclican. 2141, 19 aprile 1977» (Vademecum, nota 53).

Ne consegue che può

«rappresentare un problema delicato la scelta da parte dellacoppia in ordine al battesimo e all’educazione cristiana dei figli.Infatti ciascuno dei coniugi, nella misura in cui vive la propriaappartenenza ecclesiale, sente l’obbligo di coscienza di fare tuttoil possibile affinché i figli condividano la propria appartenenza etradizione confessionale. Tale aspetto, quindi, dovrebbe essereaffrontato prima della celebrazione del matrimonio, tenendospecialmente conto del comune battesimo e deposito di fede»37.

Per quanto riguarda, invece, l’impegno ad evitare i pericoli diabbandonare la fede,

«a tale scopo il cattolico dovrà impegnarsi, dopo aver valutatoadeguatamente le sue forze e l’atteggiamento concreto della

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

37 Vademecum 2.34. Si richiama qui il n. 2.14 del Vademecum: «Nelle coppiemiste costituite da una parte cattolica e da una orientale non cattolica, ilconiuge cattolico onorerà l’impegno assunto “di fare quanto è in suo potereperché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica”. La Chiesacattolica, pur ricordando al coniuge cattolico questo suo grave dovere, èconsapevole che la parte non cattolica può sentirsi tenuta in coscienza a unobbligo analogo e, perciò, rispetterà le decisioni che i coniugi prenderanno re-sponsabilmente al riguardo. Qualora, nonostante tutti gli sforzi, i figli nonvengano battezzati né educati nella Chiesa cattolica, il genitore cattolico nonincorre nella censura comminata dal diritto canonico; tuttavia, per il coniugecattolico non cessa l’obbligo di condividere con i figli la propria fede. Sebbenesin dall’inizio si debba offrire un’adeguata educazione intrisa di spirito ecumenico,in nessun caso si deve seguire una linea agnostica, neutrale o confusa».

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futura comparte, a porre in atto tutte quelle cautele che impediscanonella vita matrimoniale sia la defezione dalla fede cattolica sia lacaduta nell’indifferentismo. È infatti dovere fondamentale delfedele tutelare la propria fede, non esponendosi mai al pericolodi perderla. Anzi, qualora il pericolo fosse “presente”, le nozzemiste sono proibite per diritto divino, senza possibilità alcuna dilicenza o di dispensa»38.

Non sfugge, comunque, la delicatezza della situazione, che ri-chiede una particolare attenzione da parte dei pastori; pertanto, ilcan. 1128 CIC prevede che «gli ordinari del luogo e gli altripastori d’anime facciano in modo che al coniuge cattolico e aifigli nati da matrimonio misto non manchi l’aiuto spirituale peradempiere i loro obblighi, e aiutino i coniugi ad accrescerel’unione della vita coniugale e familiare». Prendendo in conside-razione tale situazione, il Vademecum (2.36) ricorda che

«I parroci devono procurare che non manchi mai al coniugecattolico e ai figli, nati da un matrimonio misto, l’aiuto spiritualenecessario per l’adempimento dei loro obblighi di coscienza;esortino lo stesso coniuge cattolico a tener sempre presente ildono divino della fede cattolica, dandone testimonianza con

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI E ORTODOSSI. IL PUNTO DI VISTA CANONISTICO

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38 G.P. MoNTINI, Le garanzie…, art. cit., p. 289. A tale proposito, è statoanche affermato: «Il diritto al matrimonio, con la persona amata, liberamentescelta, è un diritto, “a natura datum”, radicato nella natura sessuata dell’uomo enella dignità e autonomia della persona umana. Tuttavia l’esercizio di questodiritto, come quello di qualsiasi altro, non è autonomo dall’ordine morale edetico, ma ad esso subordinato. Altrimenti non sarebbe più diritto. Da ciò nesegue che l’uomo non può contrarre matrimonio, secondo l’ordine etico e quindisecondo una coscienza rettamente formata, con una determinata persona, anchese amata e liberamente scelta, se nel contrarre tale matrimonio viene violatol’ordine etico. Tale sarebbe il caso, ad esempio, in cui a un tale fosse richiesto diuccidere qualcuno per poter sposare la persona amata. Nella stessa linea diprincipi, in caso di conflitto insolubile fra l’esercizio del diritto al matrimoniocon la persona amata e i valori di un ordine superiore, quali sono la fede, la vitasoprannaturale, la fedeltà alle esigenze della propria coscienza, ecc. prevalel’obbligo di salvare quei valori e quindi di rinunziare all’esercizio del diritto almatrimonio da attuare con quella determinata persona. Anzi se il conflitto fosseveramente insolubile e non ci fosse mezzo umano possibile per salvare queivalori in quel determinato matrimonio, ci sarebbe persino l’obbligo di rinunziarea tale matrimonio, anche nell’ipotesi che tale rinuncia comportasse di fatto larinuncia al matrimonio in modo assoluto per non esserci altre possibilità discelta»: U. NAVARRETE, Matrimoni misti: conflitto fra diritto naturale e teologia?,in Quaderni di diritto ecclesiale 5 (1992) 276-277.

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dolcezza e rispetto; aiutino i coniugi nello sviluppo dell'unitàdella vita coniugale e familiare, che trova il suo fondamento nelcomune battesimo. È pertanto auspicabile, anche in questo caso,che i pastori stabiliscano con i ministri orientali non cattolici,nella misura del possibile, opportune relazioni».

La normativa universale della Chiesa prevede che il matrimonioin cui almeno una delle due parti è cattolico sia contratto secondola forma canonica, ossia alla presenza dell’ordinario del luogo odel parroco oppure del sacerdote o diacono delegati da uno diessi, e di due testimoni (can. 1108 § 1). Anche DGMC n. 50, ri-badisce tale obbligatorietà per i matrimoni misti, ricordandotuttavia la possibilità da parte dell’ordinario di dispensare da taleforma in singoli casi e in presenza di gravi difficoltà (cfr can.1127)39. Riprendendo l’esposizione presente nel Vademecum (2.37-38), evidenziamo alcuni aspetti.

In primo luogo, nei matrimoni misti tra un nubendo cattolicoe uno orientale non cattolico, l’osservanza della forma canonicacattolica è necessaria solo per la liceità40. A tal proposito, siosserva che

«l’attuale disciplina circa i matrimoni misti con gli ortodossirisale al decreto Crescens matrimoniorum (22 febbraio 1967) dellaCongregazione per le Chiese orientali, che ha esteso anche aicattolici di rito latino la risoluzione del decreto Orientalium Ec-clesiarum (21 novembre 1964) del Concilio Vaticano II in favoredei cattolici di rito orientale. La decisione di limitare l’obbligodella forma canonica soltanto per la liceità di questi matrimonimisti è stata presa anzitutto per evitare l’invalidità del matrimoniocelebrato dai cattolici nelle Chiese non cattoliche di rito orientalesenza la prescritta dispensa. Già da tempo la Santa Sede avevadato disposizioni in proposito per la concessione della dispensadalla forma canonica. Ma molti cattolici non vi facevano ricorso.A questa si accompagnano altre motivazioni di carattere ecumenicoesplicitamente dichiarate nel decreto Crescens matrimoniorum:

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

39 Cfr G. TERRANEo, Dispensa dalla forma canonica e celebrazione dei matrimonimisti, in Quaderni di diritto ecclesiale 5 (1992) 296-308.

40 Cfr CIC can. 1127 § 1; CCEo can. 834 § 2.

5. Lacelebrazionedel matrimonioa. La formacanonica

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favorire la stabilità e la santità del matrimonio, alimentare semprepiù la carità tra i fedeli cattolici e i fedeli orientali non cattolici.Ancor più significativo nel motu proprio Matrimonia Mixta (31marzo 1970) è il riconoscimento del fatto che i cristiani ortodossisono uniti strettamente ai cattolici perché hanno in comune ilpatrimonio dei sacramenti. L’identica fede nella sacramentalitàdel matrimonio cristiano sembra essere la vera ragione teologicadell’attuale normativa che nelle nozze dei cattolici con ortodossilimita alla sola liceità la necessità della dispensa dalla forma ca-nonica»41.

In secondo luogo, la licenza per la celebrazione del matrimoniocon una parte orientale non cattolica non coincide con la licenzadalla forma canonica. Si tratta di due aspetti distinti che richiedonodue distinte licenze, non necessariamente legate tra di loro: l’or-dinario può concedere la licenza per la celebrazione del matrimoniosenza per questo ritenere vi sia la causa per la concessione delladispensa (cfr can. 87) dalla forma canonica42.

L’ordinario del luogo può esimere dall’osservanza della formacanonica43, per una causa grave (cfr CIC can. 1127 § 2). Lalicenza per celebrare il matrimonio nella Chiesa ortodossa si puòconcedere per gravi difficoltà, quali, ad esempio, «la conservazionedell'armonia familiare, il raggiungimento dell'accordo dei genitoriper il matrimonio, il riconoscimento del particolare impegnoreligioso della parte non cattolica o del suo legame di parentelacon un ministro di un'altra Chiesa» (DE n. 154), o «il fatto che ilmatrimonio dovrà essere celebrato all’estero, in ambiente noncattolico, e simili» (DGMC n. 50).

Per la validità della celebrazione, si richiede comunque chel’assistente sia un sacerdote e non un diacono. Infatti, anche se ilCIC can. 1127 § 1 parla in genere dell’«intervento di un ministrosacro», si tenga presente che nelle Chiese ortodosse il matrimonio

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI E ORTODOSSI. IL PUNTO DI VISTA CANONISTICO

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41 G. TERRANEo, Dispensa dalla forma canonica…, art. cit., p. 298-299.42 Cfr CIC cann. 1108 e 1127 § 1; CCEo cann. 828 e 834 § 1.43 Cfr CIC can. 1127 § 2; CCEo can. 835. Nel CIC chi concede la dispensa

dalla forma canonica del matrimonio è l’ordinario del luogo della partecattolica; nel CCEo invece tale dispensa è riservata al Patriarca o alla SedeApostolica.

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è valido solo se celebrato con “rito sacro”, inteso come interventodel sacerdote che chiede e riceve a nome della Chiesa la manife-stazione del consenso degli sposi e li benedice44. È bene ricordareche per gli ortodossi il ministro del sacramento del matrimonio èil sacerdote, non gli sposi. Inoltre, è noto che nella tradizioneorientale (cattolica e ortodossa) i diaconi non possono conferirebenedizioni e, perciò, un matrimonio celebrato con l’interventodi un diacono non sarebbe riconosciuto valido dagli ortodossi.Questa è la ragione per cui il can. 834 § 2 CCEo richiede «la be-nedizione del sacerdote»45.

Come ricordato dal Vademecum (2.37),

«È da notare che le Chiese orientali non cattoliche esigono perla validità del matrimonio la presenza di un loro sacerdote.Pertanto, il matrimonio misto tra una parte cattolica e una parteorientale non cattolica celebrato nella Chiesa cattolica è ritenutoinvalido da quasi tutte le Chiese orientali non cattoliche. Perquesto motivo, a volte, la coppia, dopo la celebrazione cattolica,ricorre anche al sacerdote orientale non cattolico per un’altra ce-lebrazione del matrimonio secondo il loro rito: questa prassi èun abuso in netta contraddizione con il can. 1127 § 3 del CIC eil can. 839 del CCEo. Invece, se il matrimonio misto vienecelebrato in una Chiesa orientale non cattolica, la Chiesa cattolicalo riconosce valido e perciò non si deve richiedere la ripetizionedel consenso»46.

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ESPERIENZE E RIFLESSIONI

44 Circa a forma canonica e il ministro del matrimonio per i fedeli orientalicattolici orientali, si rinvia a: U. NAVARRETE, Questioni sulla forma canonicaordinaria nei codici latino e orientale, in Periodica de re morali, canonica, liturgica,85 (1996) 489–514.

45 «Riteniamo, […] salvo migliore giudizio, che il diacono latino non puòbenedire il matrimonio sia tra una parte latina e una parte orientale, sia tra dueorientali, perché contrario alla tradizione teologica e canonica delle Chieseorientali. I sacri canones dei primi secoli non permettono al diacono di benedireil matrimonio»: D. SALAChAS – L. SABBARESE, Chierici e ministero sacro…, op.cit., p. 328. Infatti, «Secondo la tradizione latina sono gli sposi, come ministridella grazia di Cristo, a conferirsi mutualmente il sacramento del Matrimonioesprimendo davanti alla Chiesa il loro consenso. Nelle tradizioni delle Chieseorientali, i sacerdoti, vescovi o presbiteri, sono testimoni del reciproco consensoscambiato tra gli sposi ma anche la loro benedizione è necessaria per la validitàdel sacramento» (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1623).

46 È stato osservato che «l’intento di evitare la doppia celebrazione del matrimonio

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Va evitata tuttavia una specie di “automatismo” nella concessionedella licenza dalla forma canonica. Infatti,

«l’obbligo, imposto da alcune Chiese o Comunità ecclesiali, diosservare la forma del matrimonio loro propria non costituisceuna causa di automatica dispensa dalla forma canonica cattolica.Le situazioni particolari di questo tipo devono essere oggetto didialogo tra le Chiese, almeno a livello locale»47.

Celebrato il matrimonio con licenza dalla forma canonica, ilparroco della parte cattolica deve chiedere «un attestato dell’avvenutomatrimonio affinché sia in grado di curare la dovuta registrazionenel libro dei matrimoni e nel registro dei battezzati»48.

Un ulteriore aspetto riguarda la celebrazione del matrimonio.A tal proposito, Vademecum 2.40 ricorda quanto disposto dal Ritodel matrimonio49, affermando che «L’ordinario del luogo puòpermettere, tenuto conto delle circostanze, che il matrimoniomisto con una parte orientale non cattolica sia celebrato durantela Santa Messa».

Relativamente all’accesso all’eucaristia nel corso della celebrazionenuziale della parte orientale non cattolica, restando fermo ilcriterio secondo cui successivamente la condivisione dell’eucaristianon può che essere eccezionale (Vademecum 2.40; cfr DE n. 160),si ricorda che questa è possibile, dal momento che la celebrazionedel proprio matrimonio può costituire una motivazione ragionevole

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI E ORTODOSSI. IL PUNTO DI VISTA CANONISTICO

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[…] è un motivo grave per dispensare dalla forma canonica. In questo caso è beneche la parte cattolica sia disponibile a celebrare le nozze davanti al ministro di cultoortodosso, salvo osservare quanto è prescritto dal diritto»: G. TERRANEo, Dispensadalla forma canonica…, art. cit., p. 299. Va tuttavia evitata qualsiasi forma diautomatismo nella concessione della dispensa, che in questo caso perderebbe suaspecificità di riferimento alla situazione concreta.

47 Cfr DE n. 155.48 DGMC n. 50; cfr CIC cann. 1121-1122.49 «Se il Matrimonio avviene tra una parte cattolica e una parte battezzata

non cattolica, si deve usare il rito della celebrazione del Matrimonio nellaliturgia della Parola (nn. 96-146); se la circostanza lo richiede, e con il consensodell'ordinario del luogo, si può usare il rito del Matrimonio durante la Messa(nn, 45-95); quanto ad ammettere la parte non cattolica alla comunioneeucaristica, si osservino le norme stabilite per i vari casi»: CoNFERENZAEPISCoPALE ITALIANA, Rito del matrimonio, Premesse generali, n. 36.

b. La celebrazionedel matrimonio

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per ammettere alla comunione il fedele non cattolico (cfr DE n.159). Si fa riferimento comunque ai requisiti generali previsti perla communicatio in sacris, ossia «la richiesta spontanea del sacramento,la buona disposizione personale, il grave bisogno spirituale» (Va-demecum 2.4)50.

Nella celebrazione del matrimonio è prevista la possibilità cheil ministro cattolico, con la previa autorizzazione dell’ordinario,inviti il ministro della parte orientale non cattolica a parteciparealla celebrazione del matrimonio, proclamare le letture bibliche,fare una breve esortazione e benedire la coppia51. In ogni caso sideve evitare quanto possa adombrare una doppia celebrazione delmatrimonio (sia simultanea sia successiva) o una “concelebrazione”.È opportuno tenere presente che a volte la coppia, dopo la cele-brazione cattolica, ricorre anche al sacerdote orientale non cattolicoper un’altra celebrazione del matrimonio secondo il loro rito (cfrVademecum 2. 37). Attenzione va prestata anche perché in orientela benedizione degli sposi costituisce la parte essenziale del ritosacro del matrimonio. DGMC 51 menziona anche la possibilitàche il ministro di culto cattolico partecipi alla celebrazione delmatrimonio con licenza dalla forma canonica, se invitato.

A questo riguardo, è stato affermato che

«la forma sacramentale del matrimonio è costituita dal consensodelle parti. Una seconda celebrazione religiosa, che dia luogo alrinnovo del consenso, sarebbe una illecita reiterazione del sacra-mento. Mentre l’unicità del gesto rituale, che contiene la mani-festazione del consenso matrimoniale alla presenza del ministrodi culto autorizzato, esprime compiutamente il costituirsi delmatrimonio»52.

94 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

50 «I ministri cattolici amministrano lecitamente i sacramenti della penitenza,dell'Eucarestia e dell'unzione degli infermi ai membri delle Chiese orientali,che non hanno comunione piena con la Chiesa cattolica, qualora li richiedanospontaneamente e siano ben disposti»: CIC can. 844 § 3; CCEo can. 671 § 3.Per gli ortodossi, non si accenna al requisito del grave bisogno spirituale, maesso si evince dai principi generali e da Ecclesia de Eucharistia, n. 45.

51 Cfr DE n. 158; DGMC art. 51.52 G. TERRANEo, Dispensa dalla forma canonica…, art. cit., p. 308. L’autore

continua riportando un passaggio del documento della Commissione episcopaleper l’ecumenismo della CEI, Indicazioni pastorali circa i matrimoni misti, 20

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Sempre relativamente alla celebrazione del matrimonio, è op-portuno ricordare che

«Una persona appartenente a una Chiesa orientale [non cattolica]può fare da testimone a un matrimonio in una chiesa cattolica;allo stesso modo una persona appartenente alla Chiesa cattolicapuò fare da testimone a un matrimonio, celebrato secondo lenorme, in una Chiesa orientale [non cattolica]»53.

Si richiede, tuttavia, un’adeguata valutazione pastorale, inquanto le Chiese orientali non cattoliche possono prevedere unadisciplina diversa, richiedendo per esempio che «il/la testimonesia ortodosso/a»54.

Talora può succedere che due orientali non cattolici chiedanoa un ministro cattolico la celebrazione del loro matrimonio. Vade-mecum 2.43 riprende tale fattispecie, ricordando che tale matrimonionon può essere celebrato nella Chiesa cattolica secondo la formacanonica, perché né l’ordinario né il parroco cattolico sono com-petenti; per la competenza di tali ministri si richiede, infatti, chealmeno uno dei due nubendi sia cattolico e appartenga allaChiesa rituale del ministro55. Diversa può essere la situazione perun ministro di culto cattolico di rito orientale. Infatti, il can. 833§ 1 del CCEo prevede che «Il Gerarca [cattolico orientale] delluogo può concedere a qualsiasi sacerdote cattolico la facoltà dibenedire il matrimonio dei fedeli di una Chiesa orientale acattolicai quali non possono recarsi dal proprio sacerdote senza un gravedisagio, se lo chiedono spontaneamente e purché non vi sia nullache ostacoli la valida e lecita celebrazione del matrimonio». Talenorma è stata introdotta per esigenze pastorali ed ecumeniche56.

c. Appendice: il matrimonio didue orientali noncattolici

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI E ORTODOSSI. IL PUNTO DI VISTA CANONISTICO

95servizio migranti n. 2/2013

giugno 1972,: «È ovvio che tale proibizione si ispira non a una discriminazionedel valore rituale, ma a una considerazione di carattere ecumenico e pedagogico:una sola celebrazione liturgica, presieduta dal rispettivo ministro, assolve il suosignificato sacramentale».

53 DE n. 128; cfr Vademecum 2.39. Cfr, inoltre, D. SALAChAS – L. SABBARESE,Chierici e ministero sacro…, op. cit., pp. 330-331.

54 Calendario 2006 della Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia, p. 95.55 Cfr CIC can. 1109; CCEo can. 829 § 1.56 Cfr Nuntia 28 (1989) 115; D. SALAChAS – L. SABBARESE, Chierici e

ministero sacro…, op. cit., p. 329.

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Questa benedizione differisce dalla forma canonica e, nel rispettodella giurisdizione dell’autorità della Chiesa orientale non cattolicacui appartengono i nubendi, si richiede che tale Chiesa riconoscala validità di quel matrimonio57.

Nella fattispecie di due fedeli cattolici di rito orientale che in-tendono contrarre matrimonio, il can. 829 § 1 del CCEo,parallelo del can. 1109 del CIC, prevede la competenza delGerarca del luogo e del parroco di rito orientale entro i confinidel loro territorio e purché almeno una delle due parti sia dellapropria Chiesa rituale. Dunque, lo stesso principio espresso dalcan. 1109 CIC per i parroci di rito latino vale nel can. 829 § 1 delCCEo per il parroco di una chiesa cattolica orientale, ritibusmutandis. Ne consegue che assistono validamente al matrimoniodi due fedeli entrambi ascritti al rito latino solo l’ordinario delluogo e il parroco di rito latino entro il proprio territorio di com-petenza, e parimenti assistono validamente al matrimonio di duefedeli entrambi ascritti al rito di chiesa sui iuris solo il Gerarcadel luogo e il parroco di rito orientale entro il proprio territorio dicompetenza. Questo il principio generale.

Qualora manchino il Gerarca proprio e il parroco proprio, peri fedeli cattolici sui iuris si può affermare che l’ordinario propriosia il Vescovo diocesano; si rinvia a tal proposito al decretoconciliare Christus Dominus, nn. 23 (in cui il Vescovo vienedefinito «ordinario di diversi riti») e 27, al can. 916 § 5 delCodice dei Canoni delle Chiese orientali («§ 5. Nei luoghi dovenon è eretto nemmeno un esarcato per i fedeli cristiani di qualcheChiesa sui iuris, si deve ritenere come Gerarca proprio degli stessifedeli cristiani il Gerarca di un’altra Chiesa sui iuris, anche dellaChiesa latina»), e al n. 53 dell’Istruzione Erga migrantes caritasChristi del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gliitineranti in cui si richiama Christus Dominus nn. 23 e 27. In

d. Appendice: il matrimonio didue cattolici di ritoorientale

96 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

57 «Molte Chiese orientali non cattoliche riconoscono naturalmente valido ilmatrimonio dei propri fedeli celebrato senza il dovuto rito sacro se è impossibileaccedere al sacerdote ortodosso (si tratta di una situazione simile alla formastraordinaria del matrimonio prevista nella Chiesa cattolica; cfr CIC can. 1116e CCEo can. 832). Tuttavia tale matrimonio non viene considerato sacramento»(Vademecum nota 71).

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mancanza di una gerarchia propria e in presenza di un numerorilevante di fedeli ascritti a una chiesa sui iuris, è quindi importanteche il vescovo diocesano espliciti a chi affida la cura pastorale diquesti ultimi: può incaricare un vicario episcopale o il parroco,oppure può costituire una parrocchia personale o una cappellaniao una missione; in quest’ultimo caso il cappellano «esercita la suafunzione cumulativamente con il parroco locale, con la facoltàaltresì di assistere ai matrimoni degli sposi uno dei quali sia unmigrante appartenente alla Missione» (Erga Migrantes, art. 7 §3). Se non è previsto nulla, competente resta il dunque Vescovodiocesano, che può comunque delegare qualsiasi parroco anche dirito latino. Il tal caso il parroco agisce non in forza della potestàpropria ordinaria, ma per delega del vescovo diocesano che svolgele funzioni di Gerarca anche per la chiesa sui iuris di altro rito58.

La peculiarità del matrimonio tra un fedele cattolico e unfedele orientale non cattolico si inserisce nel più ampio contestodi una corretta relazione tra i fedeli cattolici e i fedeli delleChiese orientali non cattoliche. Questo richiede, in particolare, lacapacità di conoscere quanto unisce, nella fede in Cristo, e senza

Conclusione

I MATRIMONI MISTI TRA CATTOLICI E ORTODOSSI. IL PUNTO DI VISTA CANONISTICO

97servizio migranti n. 2/2013

58 «Nella prassi pastorale si possono presentare alcuni problemi di diritto ma-trimoniale interecclesiale, riguardanti specialmente la celebrazione del matrimoniodi fedeli orientali davanti al parroco latino o a un sacerdote latino delegato […]. Quanto alla competenza di benedire il matrimonio, ambedue i Codiciprescrivono una norma di identico tenore, cioè il Gerarca del luogo e il parrocodel luogo orientali benedicono validamente un matrimonio entro i confini delproprio territorio, sia che gli sposi siano loro sudditi, sia che non lo siano,purché almeno una delle parti sia ascritta alla propria Chiesa sui iuris (CCEo,can. 829 § 1). L'ordinario del luogo e il parroco del luogo latini assistono vali-damente un matrimonio entro i confini del proprio territorio, sia che gli sposisiano loro sudditi, sia che non lo siano, purché almeno una delle parti sia di ritolatino (CIC, can. 1109). Perciò, sarebbe invalido, di regola, il matrimonio di dueorientali cattolici celebrato nella Chiesa latina, senza delega. Il matrimoniosarebbe invalido in forza del can. 1109 del CIC, non essendo competente adassistere il parroco latino. Questi, infatti, non è, di norma, pastore proprio deifedeli di un'altra Chiesa orientale sui iuris. Simili casi avvengono non di radonegli USA e nel Canada. Ma tale matrimonio può essere valido, se i fedeliorientali sono affidati alla cura pastorale dell'ordinario o del parroco latino, anorma dei cann. 38 e 916 §§ 4-5 del CCEo»: D. SALAChAS – L. SABBARESE,Chierici e ministero sacro…, op. cit., pp. 326-327.

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sminuire le differenze esistenti, che talora possono rappresentare.L’autentico dialogo ecumenico, come il corretto atteggiamento difronte al matrimonio di cui uno solo dei due nubendi è cattolico,presuppone la conoscenza reciproca necessaria per un autentico«dialogo della verità» e la valorizzazione di quanto unisce59. In talmodo, inoltre, resta possibile coltivare un dialogo aperto e fiducioso,promuovere assieme quanto unisce, anche all’interno della famiglia,evitando il rischio dell’indifferentismo e del sincretismo, favorendoinvece la tensione verso la piena unione in Cristo, e rendendo te-stimonianza di tale anelito anche tramite l’unione coniugale.

98 servizio migranti n. 2/2013

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

59 Ricordando il Sinodo delle Chiese del Medio oriente e il viaggio a Cipro,ha affermato Benedetto XVI: «Rimane indimenticabile l’ospitalità della Chiesaortodossa che abbiamo potuto sperimentare con grande gratitudine. anche se lapiena comunione non ci è ancora donata, abbiamo tuttavia constatato con gioiache la forma basilare della Chiesa antica ci unisce profondamente gli uni con glialtri: il ministero sacramentale dei vescovi come portatore della tradizioneapostolica, la lettura della Scrittura secondo l’ermeneutica della Regula f idei, lacomprensione della Scrittura nell’unità multiforme incentrata su Cristo sviluppatasigrazie all’ispirazione di Dio e, infine, la fede nella centralità dell’eucaristia nellavita della Chiesa. Così abbiamo incontrato in modo vivo la ricchezza dei ritidella Chiesa antica anche all’interno della Chiesa cattolica»: BENEDETTo XVI,Discorso alla Curia romana, 21 dicembre 2010, AAS 103 (2011) 37.

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