BIBLIOTECHE DIGITALI: tecnologia e …...La prima definizione di biblioteca digitale è nata nel...

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1 Cristian Pasero BIBLIOTECHE DIGITALI: tecnologia e comunicazione per archiviare e diffondere la conoscenza Gennaio 2012

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Cristian Pasero

BIBLIOTECHE DIGITALI: tecnologia e comunicazione per archiviare e diffondere

la conoscenza

Gennaio 2012

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SOMMARIO INTRODUZIONE 1 LE BIBLIOTECHE DIGITALI

1.1 Definizione e aspetti principali 1.2 Evoluzione storica 1.3 Modelli 1.4 Vantaggi 1.5 Utenti: abitudini e aspettative

2 ASPETTI TECNICI E STANDARD

2.1 Metadati 2.1.1 Dublin Core Metadata Initiative

2.2 Interoperabilità 2.2.1 OAI-PMH 3 SITUAZIONE ATTUALE DEI PROGETTI

3.1 Situazione Europea 3.1.1 Alcuni progetti nazionali 3.1.1.1 Biblioteca Digitale Italiana 3.1.1.2 Gallica

3.2 Situazione USA 3.3 Altri progetti importanti

3.3.1 Progetto Gutenberg 3.3.2 Liber Liber 3.3.3 World Digital Library 4 I VINCOLI

4.1 Diritti d’autore 4.1.1 Situazione Europea 4.1.2 Situazione USA

4.2 Accordi USA-Europa 5 L’OPEN ACCESS 5.1 Definizione e aspetti principali 5.2 Vantaggi 5.3 I software open source 5.3.1 DSpace 5.3.2 Greenstone 5.3.3 Eprints 5.3.4 Fedora Commons 6 CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE La monografia seguente nasce con l’obiettivo di far conoscere una realtà in espansione e in piena evoluzione come le biblioteche digitali. Nelle prossime pagine vi è dapprima un’introduzione generale e successivamente lo sviluppo più approfondito di alcuni particolari che caratterizzano la materia, pur tentando sempre di rendere lo scritto capibile per qualsiasi lettore, anche per chi non ha alcuna dimestichezza con l’argomento. La monografia è suddivisa in cinque parti; nella prima ci si occupa degli aspetti generali della materia indicando le definizioni più importanti a riguardo: l’evoluzione storica, i modelli che la caratterizzano e le conseguenze, in maggior parte positive, che la nascita delle biblioteche digitali ha portato e che porterà nel prossimo futuro. Nella seconda parte si entra più nello specifico andando ad analizzare alcuni aspetti tecnici dell’argomento, come gli standard per l’indicizzazione-catalogazione dei dati e per la collaborazione di sistemi inizialmente non connessi. La terza sezione si occupa di descrivere la diversa situazione venutasi a creare nell’ambito europeo e in quello americano. S’inizia descrivendo il panorama europeo partendo dai progetti iniziali dell’Unione Europea fino ad arrivare alla nascita di un portale per una biblioteca digitale continentale, Europeana. Inoltre vengono descritti alcuni progetti nazionali come la nostra BDI (Biblioteca Digitale Italiana) e Gallica, che rappresenta il primo vero programma di biblioteca digitale nel vecchio continente. In seguito viene analizzata la situazione statunitense, passando in rassegna i vari progetti pubblici e privati nati negli ultimi decenni, descrivendo in particolare il programma messo in atto da Google, che rappresenta per il momento il più grande progetto di biblioteca digitale realizzato. Infine sono citati alcuni esempi diventati celebri per motivi diversi, come il Progetto Gutenberg che rappresenta il primo prototipo di biblioteca digitale, Liber Liber che è un programma italiano no-profit che nasce proprio sulla scia del Progetto Gutenberg, e la World Digital Library che è il primo vero tentativo di aggregazione bibliotecaria a livello mondiale non privato. Nella quarta sezione vengono descritti i vincoli che ostacolano l’evoluzione e la diffusione delle biblioteche digitali, considerando in particolare la situazione giuridica riguardante i diritti d’autore, che differisce a seconda che ci si trovi sul territorio americano o europeo. Dopo aver analizzato i diversi scenari sviluppatisi nei due continenti, prestando particolare attenzione alla situazione di Google, che ha creato ampi dibattiti a causa della sua politica di digitalizzazione molto aggressiva e inizialmente poco curante dei diritti di editori e autori, si è passati a descrivere gli accordi nati negli ultimi anni tra USA ed Europa. Questi patti riguardano nello specifico Google, che per ampliare ancor più il suo programma ed estendere il suo patrimonio librario a documenti non solo in lingua anglofona, è stato costretto ad accordarsi con più istituzioni europee. Infine nell’ultima sezione vengono tratte le conclusioni della monografia, analizzando la situazione descritta in precedenza e segnalando i miglioramenti alla diffusione della cultura che questa nuova istituzione ci ha regalato e i possibili sviluppi futuri.

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1 LE BIBLIOTECHE DIGITALI 1.1 DEFINIZIONE E ASPETTI PRINCIPALI La prima definizione di biblioteca digitale è nata nel 1993 dall’autrice Borgman, che supera il concetto di biblioteca elettronica utilizzata fino a quel momento, per definirla come la combinazione di servizi, architetture di rete, risorse informative e di strumenti per localizzare, recuperare e utilizzare l’informazione. Tra le molte altre definizioni di biblioteche digitali nate in seguito, sicuramente tra le più rilevanti vi è quella data dalla Digital Libraries Federation (DLF) al cui riguardo dice: “Le biblioteche digitali sono organizzazioni che forniscono le risorse, compreso il personale specializzato, per selezionare, organizzare, dare l’accesso intellettuale, interpretare, distribuire, preservare l’integrità e assicurare la persistenza nel tempo delle collezioni digitali così che queste possano essere accessibili prontamente ed economicamente per una comunità definita o per un insieme di comunità.”[1] E’ importante sottolineare che le biblioteche digitali non sono una mera trasposizione delle biblioteche tradizionali all’ambiente digitale, ma possono rivestire un ruolo potenzialmente rivoluzionario nella diffusione della cultura. A riguardo molti esperti del settore pensano che esse non debbano essere considerate solo come luogo per il recupero dell'informazione, ma devono essere viste come luogo attivo di collaborazione per l'accesso alla conoscenza. Infatti, non sono solamente una nuova tecnologia o una nuova modalità di rappresentazione di oggetti digitali classificati attraverso l'utilizzo d’informazioni chiamate metadati, ma sono l'identificazione di un vero cambiamento nel contesto sociale dell'utente e nel rapporto con il patrimonio culturale esistente. Esse oltre ad abbattere le barriere che tradizionalmente esistono per la diffusione e la condivisione della conoscenza, aggiungono la possibilità d'introdurre nuovi servizi a disposizione dell'utente, che in molti casi permettono l'ampliamento del target d'utenza. Proprio la presenza dei servizi congiuntamente al fatto che questi documenti digitali seguano una coerente organizzazione di natura semantica e tematica, differenzia la biblioteca digitale dalla grande massa di materiale informativo presente nella rete. I documenti digitali presenti possono essere di qualsiasi formato e tipologia, ed essere sia prodotti mediante digitalizzazione di materiale esistente sia realizzati ex-novo, i cosiddetti “born-digital”. Infatti questo nuovo modello di biblioteca non contiene più solamente libri, ma anche giornali, fotografie, mappe, oggetti museali e qualsiasi altro materiale posseduto dalle istituzioni culturali che partecipano a quel progetto. Altro aspetto non trascurabile è la cooperazione tra biblioteche digitali, che in quelle tradizionali era opzionale, e che invece diventa molto importante in questo nuovo contesto. Infatti questo nuovo aspetto aiuta il sorgere di nuove funzionalità che saranno accessibili attraverso un portale web, che ha la caratteristica di aggregare collezioni interne ed esterne.

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1.2 EVOLUZIONE STORICA Le prime idee di un passaggio dalla biblioteca tradizionale a quella digitale, vanno cercate nelle idee di Vannevar Bush, scienziato e tecnologo statunitense, che poco prima della meta del XX secolo pubblica un articolo presentando il “Memex”. Esso è un'apparecchiatura futuribile basata sull'utilizzo di microfilm per l'immagazzinamento dei dati; lui ne ipotizza una sessione di lavoro molto simile ad un'attuale ricerca sul web, anche grazie ad un sistema di collegamenti stabili tra documenti. Pochi anni dopo, all'inizio degli anni '60, un informatico statunitense J.C.R. Licklider anticipa il necessario cambiamento delle biblioteche, prevedendo l'utilizzo di computer in questi sistemi e l'esigenza di costruire calcolatori in rete con interfacce utente semplici, così da ampliarne l'utilizzo ad un ampio target di persone. [2] Queste sono solo idee che fanno da precursore alla creazione delle biblioteche digitali, infatti il primo vero prototipo di biblioteca digitale è il “Progetto Gutenberg”, nato nel 1971 frutto dell'iniziativa dell'informatico statunitense Micheal Hart. Esso rappresenta il tentativo di rendere gratuitamente disponibili testi elettronici liberi da copyright o espressamente concessi per la libera distribuzione attraverso la rete Internet. Successivamente, negli anni seguenti, vi è stata una sempre maggiore attenzione alla digitalizzazione che ha portato negli ultimi 20 anni alla creazione di molte biblioteche digitali. Una delle prime fu nel 1991 E-Print Archive, ora conosciuta come arXiv, che è un archivio di documenti digitali accessibile tramite un catalogo di metadati e che nacque nella comunità dei fisici come tentativo di rendere più efficace ed economica la comunicazione scientifica. Sempre in quegli anni in Europa vi fu la nascita di molte biblioteche digitali a carattere nazionale, tra le più importanti possiamo ricordare la francese Gallica oppure alcuni anni dopo la nostra BDI (Biblioteca Digitale Italiana). Tutti questi progetti hanno portato nel 2008 alla nascita di Europeana, progetto di biblioteca digitale europea promosso dagli stati membri dell'Unione Europea, che riunisce documenti digitalizzati appartenenti a molte istituzioni dei diversi stati membri. Parallelamente negli Stati Uniti la Library of Congress ha portato avanti, dagli inizi degli anni '90, un’importante politica di digitalizzazione che ha portato alla realizzazione del programma American Memory, ossia una biblioteca digitale che dà il libero accesso a più di 5 milioni di documenti. Negli Stati Uniti inoltre si è verificato un fenomeno che ha portato alla grande ribalta queste istituzioni, cioè l'inserimento nel mondo delle biblioteche digitali dei più grandi motori di ricerca, tra i quali sicuramente va ricordato quello di Google.

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1.3 MODELLI I modelli di biblioteca digitale riportati in questa sezione si basano sullo studio effettuato nell'ambito del Progetto della Fondazione Rinascimento Digitale dal titolo “Digital Libraries Applications”, terminato nel 2006 e che ha utilizzato come metodologia di lavoro lo studio Delphi.[3] Possiamo distinguere essenzialmente tre modelli di biblioteca digitale:

− biblioteca digitale come collezione: al centro di queste biblioteche vi è una collezione di risorse digitali, che nella maggior parte dei casi sono il frutto della digitalizzazione di documenti analogici, ma che in alcuni casi possono essere anche “born digital”, cioè documenti creati direttamente in formato digitale e non presenti in formato analogico. In questo contesto la biblioteca digitale si pone come principali obiettivi quello di garantire l'accesso via Web alle collezioni digitali, ma anche di conservare e valorizzare il patrimonio culturale di un determinato paese. I principali fautori di quest'ultimo obiettivo sono le biblioteche nazionali, che hanno il compito di selezionare le risorse che rappresentano l'identità culturale e storica del paese, riservando particolare attenzione a quei documenti che sono a rischio di conservazione. Proprio la preservazione è uno dei doveri primari che una biblioteca digitale deve assumersi e include anche l’inserimento di metadati gestionali ed amministrativi, oltre all’adeguamento ai nuovi standard tecnologici. E’ infatti importante riconvertire le risorse in nuovi formati in base ai cambiamenti dei software che li gestiscono, oppure prevedere la possibilità di ricondurre ogni risorsa ad un formato “aperto”, in modo che sia sempre possibile scrivere un programma adeguato per interpretarlo in futuro.

− biblioteca digitale come gateway: in questo modello ci si riferisce a risorse digitali che sono soprattutto risorse remote, a cui si accede con licenze d’uso negoziate con i diversi creatori di contenuti. L’intento della biblioteca digitale è anche quello di favorire l’ampliamento del bacino d’utenza, sfruttando il fatto che non vi sono più limitazioni territoriali. Tutto ciò è facilitato da una maggiore interazione con gli utenti e da una particolare attenzione alla cosiddetta informazione “secondaria”, cioè bibliografie, indici, cataloghi, che semplificano l’accesso all’informazione “primaria”. Inoltre l’utilizzo di Internet permette all’utente di accedere a nuovi servizi impensabili in precedenza, e di connettere organizzazioni culturali storicamente divise come musei, biblioteche e archivi. La biblioteca digitale come gateway mira ad offrire ai suoi consumatori l’accesso gratuito al maggior numero di risorse, provvedendo a pagare abbonamenti agli editori perché ciò sia possibile.

− biblioteca digitale come laboratorio: questa visione di biblioteca digitale non si focalizza sui contenuti o sulla loro organizzazione, ma sull’utente e sui contesti culturali in cui si opera. Sono previsti alcuni servizi innovativi che possono essere molto utili per gli utenti, come ad esempio la creazione di percorsi tematici o la possibilità di crearsi un ambiente personale di lavoro in cui depositare le risorse utili, oppure un forum in cui potersi confrontare con altre persone.

Nella maggior parte dei casi questi tre modelli convivono in un progetto di biblioteca digitale, e il prevalere di un determinato modello comporta una scelta di risorse e servizi da mettere a disposizione del fruitore.

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1.4 VANTAGGI Sono molti i vantaggi che hanno fatto sì che le biblioteche digitali prendessero il sopravvento sulle biblioteche tradizionali, e che negli ultimi anni hanno portato alla creazione di molti nuovi progetti.[4] I vantaggi principali sono:

• nessun limite geografico: rispetto alla biblioteca tradizionale non c’è bisogno di trovarsi nella stessa zona fisica, infatti è sufficiente una connessione ad Internet per accedere a risorse che possono essere state create dalla parte opposta del mondo.

• nessun orario fisso: non esiste più un rigido orario da rispettare, le risorse digitali sono disponibili 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 per qualsiasi utente che lo desideri.

• spazi e costi: le biblioteche tradizionali hanno bisogno di molto spazio fisico e ciò comporta anche una rilevante spesa economica in manutenzione, affitto locali e retribuzione del personale; le biblioteche digitali invece hanno bisogno di meno spazio fisico e possono concentrare maggior denaro sulle risorse in sé.

• ampliamento del bacino d’utenza: un grande vantaggio della diffusione delle biblioteche digitali è certamente la possibilità di estendere l'informazione a chiunque ne sia interessato e non più solamente alla ristretta cerchia di esperti di quel settore. Tutto ciò però non comporta uno svantaggio per gli esperti di un dato settore, anzi essi avranno maggiore possibilità di usufruire di materiale specialistico e sarà incentivata ancor più la collaborazione tra i ricercatori delle varie comunità scientifiche.

• preservazione e conservazione: questo può rappresentare allo stesso tempo un vantaggio e uno svantaggio, infatti la digitalizzazione permette di salvare molti documenti che andrebbero incontro al deterioramento causato dal tempo e dall’utilizzo; la conservazione in digitale comporta però l’obbligo di adattarsi all’evoluzione dei software e degli standard per non incorrere in documenti inutilizzabili perché non si può produrre un programma per la sua lettura. Altra opzione molto più conveniente è utilizzare nel processo di digitalizzazione software “open”, cioè libero e che può essere utilizzabile in futuro.

• accesso multiplo: non vi è più il problema del numero di copie di una determinata risorsa, infatti gli stessi documenti digitali possono essere accessibili per tutti gli utenti contemporaneamente.

• modalità di ricerca dell’informazione: la ricerca è decisamente semplificata rispetto al passato, infatti si può trovare un documento inserendo informazioni parziali e utilizzando un’interfaccia semplificata.

• maggior quantità di materiale consultabile: grazie agli accordi e alle licenze negoziati da molte biblioteche, è possibile accedere a testi di periodici elettronici o a banche dati di altre biblioteche con il quale vi è una collaborazione.

• creazione di uno spazio di lavoro personale: questo al momento non è ancora possibile per tutti i tipi di biblioteche ed è di particolare interesse per quelle che appartengono al mondo della ricerca scientifica. In questo caso si può utilizzare le risorse disponibili e personalizzarle per renderle più adatte ai propri scopi di ricerca e studio.

• possibilità d’interazione con altri utenti: questa è una delle funzionalità più innovative della biblioteca digitale, infatti è possibile interagire con gli altri utenti utilizzando forum e newsletter. Può essere ancor più utile se vi è data la possibilità di potersi confrontare con dei veri esperti del settore, che possono essere consultati per dei chiarimenti.

Tutti questi vantaggi sono la testimonianza che la biblioteca digitale non è semplicemente una trasposizione in formato elettronico di quella tradizionale, ma è una nuova frontiera della conoscenza che se sfruttata a pieno in tutte le sue sfaccettature può dare molte nuove possibilità agli utenti.

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1.5 UTENTI: ABITUDINI E ASPETTATIVE Un ruolo fondamentale in ogni progetto di biblioteca digitale è rivestito dall’utente, che rispetto ai progetti tradizionali non è solo più il fruitore di risorse e servizi. Infatti in questa nuova realtà può interpretare anche un ruolo attivo, collaborando all’arricchimento della biblioteca con l’aggiunta di nuovi contenuti digitali e metadati; inoltre può partecipare allo sviluppo di alcuni servizi di collaborazione interattiva come forum o newsletter. Per capire qual è il tipo di utente della biblioteca digitale, quali sono le sue aspettative e le sue priorità è importante interagire con esso, ad esempio tramite l’uso di sondaggi dai cui risultati è possibile ricavare le innovazioni da effettuare per portare ad un miglioramento dei servizi della biblioteca digitale. Qui di seguito vengono discussi i risultati del sondaggio eseguito nel 2011 da Europeana [5] [6], il portale della biblioteca digitale europea, sondaggio che effettua ogni due anni per verificare la tipologia e il grado di soddisfazione degli utenti. Oltre ad analizzare l’utenza per età, professione, istituzione, lingua, nazione di residenza, fonte dell’invito a partecipare, il sondaggio indaga le ragioni che spingono l’utente a visitare Europeana, la frequenza di visita, le impressioni, i competitor, il gradimento delle funzionalità. Innanzitutto è interessante sottolineare il risultato sull’età degli utenti della biblioteca digitale, infatti solo l’8% degli intervistati è sotto i 25 anni. Questo dato sottolinea come gli utenti più giovani, che dovrebbero essere i più avvezzi all’evoluzione tecnologica della cultura, preferiscano altre forme d’accesso alla cultura più facili ed immediate. Questa però è una considerazione che non vale soltanto per i più giovani, tant’è vero che più dei ¾ dei soggetti (il 77.3%) dice che il sito preferito per gli stessi scopi di ricerca sia Google e i progetti di ricerca libraria ad esso connesso. Difatti seppur la maggior parte degli utenti ritenga che l’attendibilità e l’utilità dei contenuti, l’aspetto generale e la presentazione dei risultati di Europeana siano superiori rispetto ai concorrenti, privilegiano la facilità d’accesso ai contenuti, la navigazione del sito e le funzioni di consultazione dei grandi motori di ricerca. Quest’ultimi sono sicuramente degli aspetti su cui le biblioteche digitali devono investire nel futuro anche perché la maggior parte degli utenti del Web non sono specialisti e ritengono molto importante la rapidità e la semplicità di trovare contenuti, più che la loro qualità. Tutto ciò è testimoniato anche dai dati sullo scopo dell’utilizzo della biblioteca digitale, infatti quasi i ¾ dei visitatori (il 73.2%) lo effettua per ricerca personale e sono quindi in grande minoranza chi lo effettua per ragioni lavorative o di studio, i quali esigono maggiore qualità e autorevolezza nelle risorse digitali delle collezioni. Passiamo ora a vedere quali sono le aspettative di evoluzione delle biblioteche digitali degli utenti; tra le necessità che accomunano il maggior numero di persone c’è certamente la possibilità di effettuare il download dei contenuti. Infatti più del 90% degli intervistati ritiene molto utile la possibilità di poter scaricare le risorse accessibili, in particolare immagini, video, testi e suoni; oltre ciò per una parte di loro potrebbe essere utile introdurre anche la possibilità di upload d’immagini, commenti, storie e fotografie. Un’altra priorità espressa dalla maggior parte degli utenti che hanno partecipato al sondaggio è quella di aggiungere un servizio di segnalazione sull’aggiunta di nuovi contenuti, per essere sempre aggiornati sull’evoluzione della biblioteca digitale. Tutte queste aspettative possono essere riassunte nel bisogno di avere sempre più servizi a propria disposizione aumentando la possibilità di collaborare attivamente, mantenendo però sempre un’interfaccia semplice ed immediata disponibile ed utile per qualsiasi tipo di soggetto.

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2 ASPETTI TECNICI E STANDARD 2.1 METADATI Per assicurare la sopravvivenza delle risorse digitali e la loro accessibilità in futuro, è necessario catalogare queste risorse ed uniformare la loro classificazione. I metadati, letteralmente la parola metadato significa “dato su dato”, sono proprio ciò che permette questa conservazione nel tempo. I metadati possono essere definiti informazioni strutturate che descrivono, specificano o localizzano una risorsa; infatti essi permettono la ricerca, l’uso e l’organizzazione dell’oggetto e sono la chiave per assicurarne la futura accessibilità nel tempo. Essi rappresentano le caratteristiche significative e le proprietà peculiari di un dato, così che leggendo la collezione di metadati che lo riguarda, è possibile coglierne il contenuto ed avere una descrizione esaustiva della risorsa. I metadati possono essere distinti in tre categorie funzionali [7]:

• descrittivi: servono per l’identificazione e il recupero degli oggetti digitali. • amministrativi e gestionali: per le operazioni di gestione degli oggetti digitali all’interno

dell’archivio; essi offrono maggiori informazioni e dettagli sulla creazione, immissione e manutenzione degli oggetti digitali, fornendo quindi informazioni fondamentali ai fini del mantenimento dell’eredità culturale degli oggetti digitali. Questa categoria comprende i metadati tecnici che descrivono la fonte e la provenienza di una risorsa digitale, cioè da quale oggetto è stata ricavata la risorsa digitale e quali sono state le operazioni effettuate su di esso dopo la creazione. Altri tipi di metadati molto importanti sono quelli riguardanti i diritti d’autore e la riproduzione di documenti digitali, ad esempio per alcuni oggetti vigono delle particolari restrizioni che ne limitano l’accesso e l’utilizzo. In alcuni casi vi possono essere anche degli appositi metadati che indicano i metodi necessari per la giusta conservazione nel tempo della risorsa.

• strutturali: descrivono la struttura interna fisica o logica dei documenti (es. introduzione, capitoli, sezioni, indice di un libro) e le relazioni fra le varie parti degli oggetti digitali; possono fornire informazioni come l’indirizzo del file sul server, l’archivio digitale di appartenenza o il suo indirizzo nel Web.

Qui di seguito viene riportato uno dei sistemi di metadati che ha avuto più successo tra le biblioteche digitali negli ultimi anni: il Dublin Core Metadata Initiative.

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2.1.1 DUBLIN CORE METADATA INITIATIVE Tra i molti tentativi di trovare un sistema di metadati uniforme che possa qualificare qualsiasi tipo di risorsa, uno dei più importanti è sicuramente quello realizzato dal Dublin Core. Il progetto Dublin Core Metadata Initiative nasce attorno alla metà degli anni ’90 con l’obiettivo di stabilire un insieme base di elementi descrittivi che possono essere forniti sia dall’autore che dall’editore dell’oggetto digitale. Il set minimo proposto dal Dublin Core è costituito da 15 elementi di base, anche se con il passare del tempo si è esteso a causa dell’introduzione di sottoelementi e qualificatori [8]. Il set minimo è composto dai seguenti elementi:

- titolo: nome con il quale la risorsa è formalmente conosciuta. - creatore: entità che ha la responsabilità principale della produzione del contenuto della

risorsa, può essere una persona fisica o un’organizzazione. - soggetto: è l’argomento principale. - descrizione: spiegazione del contenuto dell’oggetto, che oltre a un riassunto analitico può

includere anche un indice o altri riferimenti. - editore: entità responsabile della produzione della risorsa. - autore di contributo secondario: entità responsabile della produzione di un contributo al

contenuto della risorsa. - data: solitamente è associata al momento della creazione del documento oppure all’inizio

della disponibilità della stessa. - formato: precisa il tipo di supporto e le dimensioni, può includere inoltre il software o

l’hardware necessari per la visualizzazione dell’oggetto. - tipo: natura o genere del contenuto. - identificatore: riferimento univoco all’oggetto (ad esempio l’URI). - fonte: riferimento a una risorsa dalla quale deriva l’oggetto in questione (può derivare

totalmente o parzialmente). - lingua: espressa solitamente da una sigla che identifica la lingua di scrittura. - relazione: riferimento ad una risorsa correlata. - copertura: estensione o scopo del documento. - gestione dei diritti: contiene l’indicazione sulla gestione dei diritti della risorsa o in altri casi

il riferimento al servizio che ne detiene i diritti.

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2.2 INTEROPERABILITA’ Le biblioteche digitali, a differenza di quelle tradizionali, non possono essere percepite come sistemi isolati, ma al contrario sono sistemi che necessitano di cooperare al fine di soddisfare i bisogni dell’utente e integrare risorse informative appartenenti a domini diversi. L’ISO (International Organization for Standardization) definisce l’interoperabilità come: “La capacità di comunicare, eseguire programmi o trasferire dati tra diverse unità funzionali in modo da richiedere la minima o nessuna conoscenza delle caratteristiche peculiari di tali unità funzionali”.[9] L’interoperabilità può avvenire tra sistemi omogenei, come ad esempio in TEL (The European Library), dove i sistemi attuano l’automazione di situazioni simili e riferite allo stesso tipo di oggetti digitali. Oppure può avvenire tra sistemi eterogenei, che si occupano di oggetti digitali diversi e riguardano istituzioni culturali differenti come musei, archivi e biblioteche; uno degli esempi più celebri è Europeana, la biblioteca digitale europea che include contributi da differenti istituzioni dei paesi membri dell’Unione Europea. Per permettere l’interoperabilità tecnologica dei vari sistemi c’e bisogno di utilizzare protocolli standard, di cui uno dei più utilizzati è OAI-PMH. 2.2.1 OAI-PMH L’OAI-PMH (Open Archives Initiative Protocol for Metadata Harvesting) è un protocollo sviluppato dall’Open Archives Iniziative, che permette l’interazione tra più depositi per la disseminazione della conoscenza scientifica. Questo protocollo è un framework, cioè una struttura di supporto su cui un software può essere organizzato e progettato, che permette un’interoperabilità totalmente indipendente dal contesto applicativo in cui viene utilizzato. In questo contesto si possono distinguere due classi di agenti:

• Data Provider: amministrano quei sistemi che supportano l’OAI-PMH con la funzione di esporre i metadati, ciò significa che se un archivio vuole adempire a questa funzione deve rendere accessibili i metadati delle sue risorse tramite un’interfaccia ben definita.

• Service Provider: usano i metadati raccolti tramite il protocollo per costruire dei servizi a valore aggiunto; questi possono essere la ricerca unificata su più archivi, ma anche sistemi più complessi come ad esempio applicativi per l’analisi citazionale.

Tra i service provider e i data provider esiste un rapporto client/server basato sui concetti di harvester e repository. Un harvester è un applicativo di tipo client in grado di effettuare delle richieste tramite l’OAI-PMH; un repository invece è un server accessibile in rete in grado di processare le richieste OAI e restituire dei risultati formattati secondo determinate regole. A questo scopo sono state definite sei diverse tipologie di richieste (verbs) che un service provider può inviare ad un data provider, tre delle quali servono a identificare l’archivio e a metterne in mostra le caratteristiche (Identify, ListMetadataFormats, ListSets); tre servono invece per l'estrazione dei metadati dall'archivio (GetRecord, ListRecords, ListIdentifiers). [10]

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3 SITUAZIONE ATTUALE DEI PROGETTI 3.1 SITUAZIONE EUROPEA In Europa sono stati diversi i progetti di biblioteche digitali intrapresi negli ultimi anni, che nella maggior parte dei casi si sono posti come progetti pubblici, a differenza di ciò che avviene negli Stati Uniti dove la digitalizzazione è un business per i privati. Infatti la Commissione Europea ha riconosciuto il ruolo chiave della digitalizzazione del patrimonio scientifico e culturale per il raggiungimento di un'economia competitiva, dinamica e basata sulla conoscenza, nel Piano d’Azione eEurope 2002 [11], approvato da tutti gli Stati membri al Consiglio Europeo di Feira nel giugno 2000. A questo scopo il Consiglio Europeo ha chiesto ai vari paesi di promuovere azioni e progetti per favorire attraverso la scansione e l’accessibilità on-line delle collezioni delle biblioteche, degli archivi e dei musei, la conoscenza della storia e della cultura del continente incentivando sia nuove opportunità didattiche che il turismo culturale. Successivamente nell’aprile del 2001 rappresentanti ed esperti del settore si sono incontrati a Lund, in Svezia per tracciare le linee d’azione da realizzare nel periodo 2002-2005 [12]. Il principio alla base dell’iniziativa era che le conoscenze culturali e scientifiche europee formano un patrimonio esclusivo di pubblico valore che riflette la memoria collettiva delle diverse società che caratterizzano l’Europa. Anche se gli stati membri stavano facendo investimenti per garantire l’accesso al loro patrimonio culturale, gli esperti evidenziavano la presenza di molti ostacoli al successo di tali iniziative sul lungo periodo. I problemi principali che vengono evidenziati sono:

• l’approccio frammentato alla digitalizzazione dei documenti. • la mancanza di modalità d’accesso semplici e universali per tutti i cittadini. • la necessità di maggiori investimenti.

Per raggiungere questi obiettivi c’era la necessità di istituire un coordinamento stabile e sviluppare una visione europea per la definizione di azioni e programmi. Per realizzare questi risultati la Commissione Europea promosse nel 2002 il progetto MINERVA [13] (MInisterial NEtwoRk for Valorising Activities in digitisation) con l’obiettivo di armonizzare le politiche nazionali di digitalizzazione, di promuovere standard e linee guida; negli anni successivi il progetto si è poi espanso introducendo il contributo dei vari paesi che si sono aggregati ultimamente all’Unione Europea. Sulla base dei risultati di questo progetto Italia, Francia e Regno Unito elaborano un nuovo progetto: MICHEAL [14](Multilingual Inventory of Cultural Heritage in Europe) con lo scopo di contribuire alla costituzione di uno spazio europeo dell’informazione. Si vuole costruire un’infrastruttura tecnica e gestionale, open source e multilingue per la realizzazione di repertori nazionali e internazionali, come indicato dagli esperti a Lund. Malgrado questi progetti, persistono ancora molti ostacoli per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, proprio per questo la Commissione Europea ha promosso due nuove iniziative:

• Piano d’azione dinamico: lanciato dalla presidenza britannica nel novembre del 2005, delinea obiettivi e azioni da compiere in breve termine nell’ambito dei contenuti e della loro sostenibilità, delle tecnologie per la digitalizzazione e per la conservazione, e nel monitoraggio dei progressi. [15]

• i2010: Una società europea dell’informazione per la crescita e l’occupazione, nella quale pubblica una comunicazione specifica sulle biblioteche digitali in cui viene illustrata la strategia per la digitalizzazione del patrimonio culturale, l’accessibilità on-line e la conservazione digitale. [16]

All’interno dell’iniziativa “i2010” nasce il progetto Europeana [17] (Figura 1), il portale per una biblioteca digitale europea che aggrega i contributi digitalizzati di diverse istituzioni dei paesi

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membri dell’Unione Europea. Questo portale viene inaugurato nel 2008 e rappresenta un punto d’accesso multilingue ai contenuti europei di musei, biblioteche, archivi e raccolte audiovisive. Gli obiettivi di questo progetto sono:

• garantire l’accesso al patrimonio culturale e scientifico europeo attraverso un portale trasversale.

• incentivare le iniziative volte a raccogliere i contenuti digitali esistenti. • sostenere la digitalizzazione del patrimonio culturale e scientifico europeo.

Attualmente attraverso Europeana è possibile accedere a circa 19 milioni di oggetti, ma l’obiettivo dell’Unione Europea è di raggiungere i 30 milioni entro il 2015, incrementando la presenza in rete di materiale fuori commercio o coperto da diritti d’autore e adattando le normative nazionali al fine di garantire la conservazione a lungo termine dei materiali digitali. Il piano di sviluppo di Europeana per gli anni 2011-2015 prevede quattro linee d’azione basate su:

• aggregazione: continuare ad arricchire il portale della cultura europea, basato sull’affidabilità dei contenuti culturali che rappresentano la diversità del patrimonio culturale delle nazioni europee, ampliando il numero degli aggregatori e migliorando la qualità dei metadati.

• facilitazione: supportare gli esperti che operano nelle istituzioni culturali attraverso il trasferimento di conoscenze e l’innovazione, sperimentando nuove applicazioni nel settore della ricerca e dello sviluppo nel campo dei beni culturali.

• distribuzione: rendere il patrimonio disponibile agli utenti, dovunque e in ogni momento, aggiornando il portale, rendendolo disponibile nel flusso di lavoro degli utenti, sviluppando partnership per rendere i contenuti disponibili in nuovi modi.

• attrazione: far sì che gli utenti possano essere partecipi del proprio patrimonio culturale in nuovi modi, attraverso nuove esperienze, ampliando l’utilizzo dei social media e degli strumenti Web 2.0, rendendo possibili nuove relazioni tra curatori, contenuti e utenti.

Figura 1. Homepage Europeana

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3.1.1 ALCUNI PROGETTI NAZIONALI Tra i progetti nati in Europa negli ultimi vent’anni tra i più rilevanti da descrivere sono quelli della Biblioteca Digitale Italiana e quelli della biblioteca nazionale francese Gallica. 3.1.1.1 BIBLIOTECA DIGITALE ITALIANA La Biblioteca Digitale Italiana (BDI) è la realizzazione di un programma nazionale per la promozione ed il coordinamento delle attività di digitalizzazione del patrimonio bibliografico italiano. Il progetto nasce nel 2001 preceduto da uno studio di fattibilità che aveva evidenziato che in Italia erano presenti numerosi progetti, ma che mancasse una comunione d’intenti e finalità. Fu avviato quindi un programma coordinato per definire le priorità degli interventi, per indicare standard e tecnologie comuni da adottare, e per raccordare le attività di livello nazionale con le iniziative internazionali. Tra le iniziative nel marzo 2005 viene inaugurato il portale Internet Culturale [18] (Figura 2) che è parte integrante del progetto BDI ed è diretto e curato dall’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane [19]. Esso è un aggregatore tematico di contenuti digitali, nonché il portale di accesso al patrimonio delle biblioteche italiane che contiene 11 milioni di record bibliografici del SBN (Servizio Bibliotecario Nazionale) e 8 milioni di file digitali di qualsiasi formato. L’obiettivo primario d’Internet Culturale è promuovere la conoscenza del patrimonio delle biblioteche italiane offrendo approfondimenti culturali sulle raccolte librarie attraverso risorse digitali e multimediali, dedicati alla cultura letteraria, scientifica e musicale.

Figura 2. Homepage Internet Culturale

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3.1.1.2 GALLICA Altro esempio da citare è sicuramente Gallica [20] (Figura 3), la biblioteca digitale della Biblioteque Nationale de France che è uno dei primi progetti nati in Europa e anche uno di quelli di maggior rilievo. Essa nasce a metà degli anni ’90 e al momento dell’inaugurazione contava qualche decina di migliaia di documenti, principalmente in formato immagine. Inizialmente è stata concepita come una biblioteca digitale selettiva a vocazione enciclopedica, ma a partire dal 2005 ha intrapreso una profonda trasformazione, sviluppando una politica di digitalizzazione di massa e arricchendosi anche di contenuti di stampa periodica. Questo processo nasce come risposta per contrastare il tentativo di monopolio di digitalizzazione culturale tentato da Google, e porterà Gallica ad essere il maggiore promotore del progetto per la creazione di una biblioteca digitale europea. Essa è rivolta ad un’utenza variegata ed è aperta a tutte le categorie, da quella più specializzata come i ricercatori fino ad un semplice lettore che usufruisce del servizio anche solo per curiosità. Nei primi mesi del 2009 è stato inoltre inaugurato il blog di Gallica dedicato alle novità della biblioteca digitale, come l’inserimento di nuovi contenuti e partecipazioni o delle varie innovazioni tecnologiche.

Figura 3. Homepage Gallica

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3.2 SITUAZIONE USA Negli Stati Uniti l’evoluzione delle biblioteche digitali si sviluppa, a differenza dell’Europa, non grazie alla collaborazione tra istituzioni pubbliche e nazioni, ma grazie al contributo privato dei grandi motori di ricerca. Infatti, è nel loro interesse sottoporre a classificazione il maggior quantitativo possibile di contenuti che vanno ad ampliare la loro base dati e a migliorare l’efficacia e la pertinenza dei risultati di una ricerca. Il primo tentativo è stato quello di Google, che nell’ottobre 2004 alla Fiera del libro di Francoforte, ha lanciato la piattaforma Google Print che circa un anno dopo prenderà il nome di Google Book Search accettando partner da alcuni paesi europei tra cui anche l’Italia. L’obiettivo iniziale era quello di digitalizzare 15 milioni di opere in dieci anni, avvalendosi principalmente delle opere conservate nelle cinque principali biblioteche partner del progetto: la New York Public Library, le biblioteche delle università di Harvard, Stanford, del Michigan e la Bodleian Library di Oxford. In risposta a Google Book Search, che non autorizzava gli altri motori di ricerca ad indicizzare gli elementi presenti sulla sua piattaforma, altre aziende dello stesso settore hanno intrapreso programmi con gli stessi scopi iniziali. Nel dicembre 2006 Microsoft lancia il suo progetto di digitalizzazione libraria, con l’idea di associare il suo motore di ricerca Live Search ad una categoria di servizi, tra cui una piattaforma di libri digitalizzati Live Book Search. Tutto ciò è reso possibile dalla collaborazione con la British Library, la New York Public Library e alcune biblioteche universitarie americane. Il progetto nasce in totale contrapposizione a quello di Google, infatti esso si concentrava maggiormente sulle opere di pubblico dominio mirando ad attaccare i punti deboli dell’iniziativa del suo più potente rivale commerciale. Il programma viene abbandonato in seguito nel 2008 a causa della separazione tra Microsoft e il motore di ricerca Live Search. Altro tentativo portato avanti in quegli anni è quello di Yahoo, che sviluppa il suo progetto di digitalizzazione appoggiandosi ad Internet Archive, organizzazione no-profit costituita nel 1996 con lo scopo di archiviare il Web. Insieme creano l’Open Content Alliance (OCA) che, grazie all’aiuto di numerosi partner tra università e biblioteche, permette di accedere ad oltre un milione di libri di pubblico dominio in buona parte anglofoni. Le opere contenute variano dai classici storici ai romanzi contemporanei, a materiale didattico o di ricerca; tutti i libri accessibili sono in un formato libero chiamato “DAISY”. [21] Dei tre tentativi presentati in precedenza, quello cha ha avuto maggior successo e che ha anche fatto maggiormente discutere è sicuramente quello di Google. Esso è un programma di dimensione molto più grande rispetto a qualsiasi progetto nazionale ed istituzionale di digitalizzazione bibliotecaria, seppur nella maggior parte dei casi sia di qualità e attendibilità minore. Google Books [22] (Figura 4) è una piattaforma provvista di un motore interno che ospita anche una base dati; questo strumento immagazzina e indicizza il contenuto dei libri scansionati, trattati ed immagazzinati digitalmente da Google. L’utente può recarsi nel sito della piattaforma per eseguire le proprie ricerche utilizzando il motore di ricerca di Google, dal quale si può accedere a risultati composti da pagine Web e da estratti dei libri permanenti. Questo risulta essere un grande vantaggio per Google, infatti gli permette d’ampliare la base dati dalla quale effettua le ricerche e di conseguenza la ricchezza e la pertinenza dei risultati. Anche la ricerca su Google Books rimanda in parte al meccanismo dell’omonimo motore di ricerca, infatti è possibile effettuare una ricerca avanzata che permette di trovare parti di libri inserendo solamente qualche parola oppure trovare un’opera inserendo informazioni parziali a riguardo. Effettuando una ricerca su Google Books si può incorrere in due casi: libri di dominio pubblico oppure opere coperte da diritti. Nel primo caso l’opera può essere visualizzata integralmente e scaricata in formato PDF o testo Epub; nel secondo caso invece dipende dagli accordi stipulati con gli editori e le istituzioni. Se vi sono accordi l’utente può leggere qualche pagina dell’opera e cliccare sul link che rimanda al sito dell’editore, invece se non vi sono accordi solitamente può

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accedere solo ai riferimenti dell’opera in alcuni casi accompagnati da “snippets”, cioè da brevi estratti. Comunque in ogni caso sulla sinistra della schermata vi è un riquadro in cui sono presenti i link che rimandano a siti di librerie e biblioteche. Tra le funzioni innovative di Google Books c’è sicuramente da segnalare quella di poter creare e condividere una biblioteca personale in cui, oltre a poter eseguire una ricerca interna, è possibile organizzare, recensire e valutare una selezione personale di opere. Inoltre Google è molto attenta all’evoluzione della tecnologia, infatti nella sezione Google eBookstore è possibile sfogliare milioni di eBook liberi anche tramite il proprio tablet o smartphone, e per gli utenti americani è anche possibile l’acquisto di quelli a pagamento. Parallelamente a questi tentativi dei motori di ricerca, negli Stati Uniti a partire dai primi anni ’90 la Library of Congress ha portato avanti un’ambiziosa politica di digitalizzazione basata su ingenti finanziamenti pubblici e su alcune donazioni private. E’stato così realizzato il programma American Memory, una biblioteca digitale che raccoglie oltre cinque milioni di documenti liberamente accessibili, soprattutto manoscritti, documenti iconografici e contenuti di stampa periodica. I documenti sono la testimonianza della cultura e della storia americana che provengono in buona parte dalla Library of Congress, ma in parte anche da altre istituzioni americane e sono suddivise in un centinaio di collezioni tematiche.

Figura 4. Homepage Google Books

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3.3 ALTRI PROGETTI IMPORTANTI Tra i progetti non trattati fino a questo momento, vanno sicuramente citati tre progetti che per motivi diversi sono tra i più importanti nella storia delle biblioteche digitali: il Progetto Gutenberg, Liber Liber e la World Digital Library. 3.3.1 PROGETTO GUTENBERG Il Progetto Gutenberg [23] (Figura 5) è il primo vero prototipo di biblioteca digitale, nato nel 1971 grazie all’iniziativa dell’informatico americano Micheal Hart e prende il nome dall’inventore tedesco della stampa a caratteri mobili Johannes Gutenberg. E’ un programma no-profit che si basa sull’impegno di volontari e ha l’intento di rendere gratuitamente disponibili il maggior numero di testi elettronici liberi oppure coperti da copyright del quale si è ottenuto liberamente la concessione. La prima opera che è stata digitalizzata nel 1971 da Micheal Hart è stata la “Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America”, anche se l’opera di digitalizzazione fino agli inizi degli anni ’90 è andata molto a rilento [24]. Negli ultimi anni c’è stata però un’internazionalizzazione del progetto, cercando d’introdurre testi di lingua e provenienza straniera, dato che per molti anni erano presenti solo documenti in lingua anglofona. In questo contesto qualsiasi utente è libero di inviare la propria opera digitale al Progetto Gutenberg, sarà poi compito dei molti volontari correggere la risorsa, convertirla in altri formati e portarla a soddisfare gli standard tecnici. Nella maggior parte dei casi le risorse vengono convertite in formati liberi, infatti si cerca di evitare formati proprietari che non sarebbero in piena sintonia con gli scopi del programma. L’utilizzo di questi formati viene fatto principalmente per salvaguardare l’opera di digitalizzazione nel tempo delle opere e renderle disponibili in futuro, che è senza dubbio uno degli obiettivi prioritari di questo programma. Il progetto si basa principalmente sulla digitalizzazione di opere letterarie storicamente significative con l’intento di mantenere e rendere disponibile per tutti il patrimonio culturale storico mondiale. Anche se il programma è stato il primo tentativo di biblioteca digitale, esso tutt’oggi ha dimensioni molto ridotte rispetto ai concorrenti pubblici e privati, infatti a Novembre 2011 conta circa 38000 opere, con una media di circa 50 nuove risorse digitali a settimana. Un ulteriore ostacolo è rappresentato dal copyright, infatti è quasi impossibile ottenere per un progetto ONLUS risorse digitali di produzione recente, dato che ormai quasi tutte le opere sono coperte da copyright e gli autori richiedono un esborso economico per il loro utilizzo.

Figura 5. Homepage Progetto Gutenberg

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3.3.2 LIBER LIBER Liber Liber [25] (Figura 6) è un’organizzazione no-profit nata ufficialmente nel Novembre del 1994 che ha come obiettivo di promuovere il libero accesso alla cultura. In particolare con il progetto Manuzio, nato sulla scia del progetto Gutenberg, si cerca di creare una biblioteca digitale in cui è possibile accedere gratuitamente ai più importanti testi della letteratura italiana. Accanto al progetto Manuzio, Liber Liber promuove numerose altre attività tra cui il progetto LiberMusica, che ha portato alla creazione di un archivio musicale che ospita migliaia di capolavori della musica classica. Altri programmi interessanti sono ad esempio il progetto Libro Parlato, cioè la produzione di audio-libri letti da attori e volontari disponibili gratuitamente on-line, oppure Open Alexandria che ha come scopo la creazione di software libero di nuova generazione per la produzione e distribuzione di contenuti culturali. In quest’ultimo anno Liber Liber ha tentato di adeguarsi alle ultime evoluzioni della tecnologia pubblicando i primi e-book in formato ePub, cioè il formato leggibile da qualsiasi e-book reader in commercio. Inoltre quelli prodotti da Liber Liber sono universali, infatti essi non presentano alcun DRM, cioè non presentano alcun lucchetto elettronico anti-copia che in molti dispositivi elettronici crea problemi.

Figura 6. Homepage Progetto Liber Liber

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3.3.3 WORLD DIGITAL LIBRARY La prima proposta di creazione di una biblioteca digitale mondiale viene fatta nel Giugno 2005 da un membro della Library of Congress americana, introducendo l’idea di uno spazio in rete facilmente accessibile nel quale raccogliere collezioni digitali provenienti da tutto il mondo. Questo programma viene accolto molto favorevolmente dall’UNESCO che lo vede come un modo efficace per promuovere la conoscenza e la cultura in tutto il mondo. [26] L’anno seguente l’UNESCO e la Library of Congress convocano una riunione di esperti per tracciare le linee guida del progetto, che è stato definitivamente lanciato al pubblico internazionale nell’Aprile 2009 con il nome di World Digital Library. [27] (Figura 7) In esso oltre ai libri sono presenti manoscritti, mappe, spartiti musicali, registrazioni, film, stampe, fotografie e disegni architettonici. Gli obiettivi principali del progetto sono:

- promuovere la conoscenza internazionale ed interculturale - espandere il volume e la varietà dei contenuti culturali in rete - fornire risorse per professori, studenti e qualsiasi altro utente in generale - aiutare le istituzioni partner nel ridurre il divario di digitalizzazione che esiste tra i vari paesi

All’interno del sito è possibile la navigazione in sette lingue diverse: inglese, spagnolo, francese, portoghese, russo, arabo e cinese, ma le risorse digitali presenti in esso appartengono a molte più nazioni, tra cui anche l’Italia. Inoltre sono possibili cinque diversi tipi di ricerca:

- per luogo: si può scegliere tra le nove zone geografiche che rappresentano tutto il mondo, di cui la più ricca di risorse è quella europea

- per cronologia: i documenti sono suddivisi in base al periodo storico di appartenenza, si va dall’8000 a.C. fino ad oggi

- per argomento: il patrimonio digitale è suddiviso in 10 aree tematiche, tra cui letteratura, tecnologia, religione, storia e geografia, ecc...

- per tipo di risorsa: libri, giornali, manoscritti, mappe e altro fanno parte della suddivisione per tipo di risorsa dei documenti

- per istituzione: sono presenti tutte le istituzioni che collaborano alla biblioteca digitale e per ognuna di esse la lista dei documenti di cui forniscono i contenuti

La World Digital Library differentemente da molti altri progetti di digitalizzazione bibliotecaria non mira solamente alla quantità di risorse, ma si concentra maggiormente sulla qualità e sul rispetto degli standard prefissati all’inizio del progetto. Infatti è ritenuto molto importante che ogni elemento sia descritto da un insieme consistente d’informazioni bibliografiche, cioè da metadati coerenti che permettono la classificazione delle risorse e quindi il tipo di ricerca avanzata descritto in precedenza. Ad oggi le risorse disponibili nella Word Digital Library superano le 4000 unità, ma è obiettivo futuro dell’organizzazione l’incremento della collezione con il tentativo d’introdurre nel progetto un numero crescente di istituzioni e di paesi partecipanti.

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Figura 7. Homepage World Digital Library

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4 I VINCOLI Fin’ora abbiamo trattato dei passi da gigante nell’evoluzione delle biblioteche digitali e dei loro vantaggi, ma non va dimenticato che esiste più di un ostacolo alla loro formazione e in particolare al loro sviluppo su larga scala. I principali vincoli allo sviluppo delle biblioteche digitali sono:

• diritti d’autore: rappresentano un grave problema per le opere di produzione recente, che nella maggior parte dei casi non possono essere liberamente digitalizzate.

• finanziamenti: sono una grave problematica in particolare per le istituzioni pubbliche, che quasi sempre non hanno la quantità di fondi necessaria per sviluppare un progetto di digitalizzazione in tempi brevi; questo comporta molto spesso partnership con istituzioni private che godono di maggiori investimenti.

• standard: la disomogeneità degli standard di digitalizzazione comporta la difficoltà di aggregazione di biblioteche diverse e quindi la possibilità di collaborazioni che renderebbero maggior materiale disponibile per l’utente.

In questo capitolo ci soffermeremo a trattare in maniera più approfondita le problematiche inerenti ai diritti d’autore, che fino a questo momento sono solamente state accennate. 4.1 DIRITTI D’AUTORE Sicuramente tra tutti i vincoli che rendono difficoltosa l’evoluzione e l’espansione delle biblioteche digitali, quello principale è rappresentato dalle leggi sui diritti d’autore. Esso rappresenta un vero e proprio ostacolo per l’incremento delle collezioni digitali, infatti molto spesso sono poche le opere di realizzazione recente accessibili liberamente in rete. E’ innanzitutto importante spiegare cosa s’intende quando si parla di diritti d’autore e quali opere ne sono soggette. Qualsiasi opera dell’ingegno umano avente carattere creativo viene tutelata dalle leggi sui diritti d’autore, in particolare viene tutelata la forma, cioè il modo in cui vengono espresse che, nel caso del mondo digitale, non va confuso con il supporto fisico di memorizzazione. I diritti d’autore, riconoscono al creatore dell’opera un’utilizzazione economica che dura per tutta la sua vita e fino a 70 anni dopo la morte, trascorso tale periodo l’opera diventa di dominio pubblico e quindi utilizzabile da qualsiasi istituzione. [28] La situazione dei diritti d’autore si è evoluta molto negli ultimi anni a causa della digitalizzazione delle risorse librarie cha ha comportato nuovi problemi in questo settore, portando alla creazione di nuovi accordi e revisioni delle normative precedenti. D’altronde è sbagliato farsi ingannare dalla grande mole d’informazione presente nella rete e credere di poter utilizzare liberamente una risorsa digitale solamente perché essa non ha una vera e propria consistenza materiale, infatti questo in molti casi rappresenta una violazione delle leggi vigenti sul copyright. Anche se negli ultimi anni si sono cercati molti accordi tra gli Stati Uniti e l’Europa per uniformare almeno in parte la giurisdizione a riguardo, essi rappresentano ancora due situazioni molto diverse da considerare.

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4.1.1 SITUAZIONE EUROPEA Sicuramente uno dei punti critici per la diffusione delle biblioteche digitali in Europa è l’inclusione nei programmi di digitalizzazione di opere protette da diritti d’autore. Infatti senza il consenso dell’autore, si possono includere solo opere di dominio pubblico oppure opere di cui l’autore è scomparso da almeno 70 anni, questo significa che non si possono ottenere opere successive agli inizi del ‘900. Questo problema non può essere semplicemente risolto dando il libero accesso a tutte le opere, perché andrebbe contro qualsiasi normativa vigente e in particolare toglierebbe qualsiasi privilegio di sfruttamento diretto agli autori. Non potendo quindi raggiungere una soluzione generale, si è costretti a raggiungere accordi caso per caso con gli autori; questo però molte volte comporta un esborso economico non facilmente sostenibile per i progetti pubblici che non godono d’ingenti finanziamenti. Inoltre l’esborso economico non è limitato solamente all’acquisto dei diritti, ma anche all’individuazione dei proprietari dei diritti e alla negoziazione degli accordi che in molti casi rappresentano la spesa principale. Proprio per questo motivo in Europa iniziano a svilupparsi collaborazione tra biblioteche digitali pubbliche ed istituzioni private; tra queste si può segnalare il programma tedesco Libreka o quello francese Gallica-2. [29] Oltre al problema delle opere proprietarie, negli ultimi anni è venuto alla ribalta quello delle cosiddette “opere orfane”, cioè quelle di cui i titolari non possono essere identificati. Nella maggior parte dei casi, queste risorse non possono essere digitalizzate e quindi rimangono inaccessibili per gli utenti; da uno studio sull’argomento della British Library si evince che il 40% delle opere protette esistenti possono essere definite orfane. Un altro problema in parte analogo è quello riguardante la gestione delle opere fuori commercio, infatti anche in questo caso c’è la necessità di negoziare l’accessibilità con i proprietari dei diritti. Per tentare di risolvere tutti i problemi citati in precedenza, viene creato il progetto ARROW (Accessible Registry of Right information and Orphan Works towards Europeana) finanziato dalla Commissione Europea. All’iniziativa partecipano numerose istituzioni europee e tutte le categorie del mondo bibliotecario digitale, cioè autori, editori e società di gestione dei diritti. L’obiettivo di ARROW è reperire informazioni attendibili sui proprietari dei diritti d’autore e riunirle in unico luogo, dato che molte volte queste informazioni sono sì presenti ma in luoghi diversi e con formati variegati. Quindi sarà possibile per una biblioteca digitale o un’altra istituzione sapere mediante ARROW se un’opera è protetta da diritti d’autore o è di pubblico dominio, se è in commercio o se è fuori commercio; inoltre in caso sia coperta da copyright permetterà d’individuare i titolari dei diritti per richiederne la licenza d’utilizzo. L’Italia, che fin dagli inizi è stata rappresentata nel progetto dall’AIE (Associazione Italiana Editori) con il ruolo di coordinatore generale del programma, nelle ultime settimane del 2011 ha confermato l’ingresso ufficiale nel consorzio dell’Istituto Centrale del Catalogo Unico del Ministero dei Beni e le Attività Culturali. [30]

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4.1.2 SITUAZIONE USA Quando si parla di diritti d’autore negli USA è impossibile non fare riferimento al processo di digitalizzazione effettuato da Google e alle problematiche che ne sono derivate. Inizialmente l’azienda ha proceduto indistintamente alla digitalizzazione di tutte le opere, anche quelle sotto diritti. Per quest’ultime Google sosteneva che la digitalizzazione avveniva unicamente a scopo d’indicizzazione dei contenuti, rendendo disponibile all’utente solo gli indici e gli snippets dell’opera, cioè brevi frammenti o pagine di libri corrispondenti alla ricerca effettuata. [31] Tutto ciò secondo Google era totalmente nel rispetto delle normative perché rientrava nella possibilità di fair use, cioè nel diritto di citazione che non presuppone alcuna autorizzazione. A questo ha aggiunto l’utilizzo di una politica di opt-out che prevedeva l’esclusione dal progetto di digitalizzazione bibliotecaria solamente degli autori che ne avessero fatto esplicita richiesta. L’utilizzo di queste politiche però non ha ottenuto il sostegno degli autori ed editori americani, che nel 2005 hanno fatto causa all’azienda di Mountain View sostenendo che tutto ciò era una violazione delle norme sul copyright. Da parte sua Google, è stato costretto a rivedere le sue strategie iniziali e a passare a una politica di opt-in, in cui per utilizzare opere sotto copyright era assolutamente necessaria l’autorizzazione dei proprietari dei diritti. Questo però non è stato sufficiente per fermare le polemiche e le dispute legali a riguardo, costringendo Google a trovare un accordo che accontentasse entrambe le parti. La prima proposta d’accordo, il Google Book Settlement prevede la creazione del Book Rights Registry, cioè un’associazione composta da rappresentanti della categoria degli autori e degli editori statunitensi. Esso raccoglie informazioni aperte e attendibili sui diritti d’autore, disponibili sia per il progetto di digitalizzazione libraria di Google che per altri programmi analoghi. [32] Oltre a ciò prevede un ingente corrispettivo di denaro, qualche decina di milioni di dollari, che Google deve versare a tale registro e la divisione dei propri ricavi della vendita on-line di opere sotto copyright e della pubblicità connessa alla ricerca di tali risorse. Sarà poi proprio il Book Rights Registry, che rappresenta gli interessi dei detentori dei diritti, a rintracciare gli stessi distribuendogli gli introiti ricevuti da Google e a risolvere le eventuali controversie che possono nascere. Questa soluzione rappresenta un gran vantaggio economico per gli autori, in particolare per quelli di opere fuori commercio i cui libri non sono più in stampa. Quest’accordo risolve in buona parte le controversie con gli autori ed editori americani, ma suscita molte critiche da parte delle iniziative concorrenti e delle istituzioni europee che inizialmente vengono escluse dal patto. Infatti esse contestano la realizzazione di accordi privati su temi di pubblico dominio come la diffusione della conoscenza e la possibilità tutt’altro che remota che Google ottenga in pochi anni il monopolio totale della cultura. In particolare ha creato molte polemiche la posizione definita per la gestione delle opere orfane, che tutt’oggi rappresentano una buona parte del patrimonio culturale internazionale. Infatti nella maggior parte dei casi non si potrebbe avere libero accesso a queste opere, ma potrebbero essere consultate solo in seguito ad un compenso per l’accesso. Inoltre inizialmente quest’accordo riguardava solamente il territorio americano e non teneva in considerazione gli interessi degli autori ed editori stranieri. Proprio per questo motivo negli anni seguenti Google è stata costretta a raggiungere accordi di digitalizzazione con le istituzioni europee che le hanno permesso di espandere ancor più un grande progetto, che all’inizio includeva principalmente opere in lingua anglofona.

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4.2 ACCORDI USA-EUROPA Come detto in precedenza il patto raggiunto da Google con autori ed editori era valido solamente nel territorio americano, proprio per questo motivo negli ultimi tempi l’azienda statunitense ha tentato di stipulare accordi con le più importanti istituzione europee, e in particolare con le loro biblioteche nazionali. Questi accordi non sarebbero solamente vantaggiosi per il colosso americano, che potrebbe espandere ancor più il suo programma includendo al proprio patrimonio opere in lingua non anglofona, ma sarebbero fondamentali anche per le varie biblioteche nazionali europee. D’altronde i progetti nazionali hanno subito negli ultimi tempi forti rallentamenti a causa della mancanza di fondi e anche la Commissione Europea ha sollecitato accordi con istituzioni private per portare avanti programmi di cui le istituzioni pubbliche non riuscivano a farsi carico da sole. In questo contesto va certamente sottolineata la collaborazione nata nel 2010 tra Google e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali italiano [33], che rappresenta la prima partnership del colosso americano del Web con un ente governativo europeo. Infatti, fino a quel momento, gli accordi di digitalizzazione bibliotecaria stipulati da Google avevano visto come protagonisti solamente singole biblioteche o gruppi d’istituzioni, ma mai c’era stato un accordo a livello politico. Questo patto prevede la digitalizzazione di circa un milione di libri presenti nelle biblioteche nazionali di Roma e Firenze; essi sono tutti libri non soggetti a copyright perché antecedenti al XX secolo. Tra le opere conservate vi sono quelle di grandi scrittori del passato come Dante, Petrarca, Manzoni e Leopardi, ma anche le grandi opere scientifiche e filosofiche di Giambattista Vico, Keplero e Galilei. Tutti i costi del programma di digitalizzazione saranno a carico dell’azienda di Mountain View, che provvederà anche alla creazione di uno o più scanning center in Italia. Questo rappresenta una possibilità enorme per l’Italia che altrimenti non avrebbe potuto sviluppare il progetto a causa dell’ingente esborso economico da sostenere, che secondo il Ministero per i Beni e le Attività Culturali si sarebbe aggirato attorno ai 100 milioni di euro. Inoltre metterà a disposizione delle due biblioteche partner le copie digitali di ciascun libro facente parte del progetto, che potranno in seguito essere rese disponibili anche su piattaforme diverse da Google Books, come ad esempio su Europeana. [34] Da parte sua l’Italia, e in particolare il Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN), dovrà provvedere entro due anni alla catalogazione e allo sviluppo dei metadati delle opere da digitalizzare, processo che al momento dell’accordo era quasi al 30%. Gli obiettivi principali, secondo Mario Resca Direttore Generale per la Valorizzazione del patrimonio culturale italiano, sono principalmente tre. Il primo è di digitalizzare e diffondere nel mondo parte dell’enorme tesoro librario italiano; il secondo è di conservarlo e preservarlo dagli agenti atmosferici e dall’usura del tempo, evitando ad esempio il ripetersi dei danni causati da catastrofi naturali come l’alluvione di Firenze del 1966. In ultima istanza, la disponibilità on-line gratuita di una parte del patrimonio culturale italiano a tutto il mondo, può portare molti utenti ad approfondire la conoscenza, recandosi a visitare le opere direttamente in Italia e quindi portando maggiori introiti alle istituzioni culturali italiane.

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5 L’OPEN ACCESS 5.1 DEFINIZIONE E ASPETTI PRINCIPALI Con il termine Open Access (OA) s’intende l’accesso libero e senza barriere alla conoscenza scientifica; esso è un movimento nato all’interno del mondo accademico che incoraggia scienziati e ricercatori a pubblicare i propri studi rendendoli liberamente disponibili a tutto il mondo scientifico. Nasce con l’intento di rimuovere qualsiasi barriera legale, economica e tecnica che ostacola l’accesso all’informazione scientifica e che penalizza il progresso tecnologico, andando a danneggiare tutta la collettività. Questo movimento trova le sue basi in 3 differenti dichiarazioni: la “Declaration of Budapest” del Febbraio 2002, il “Bethesda Statement on Open Access Publishing” del Giugno 2003 e la “Berlin Declaration” dell’Ottobre 2003. L’idea comune che ne consegue è che i risultati della ricerca scientifica, ottenuti in buona parte grazie al contributo di denaro pubblico, devono essere accessibili per chiunque lo desideri, senza alcuna limitazione. In particolare nella Dichiarazione di Berlino, viene definito il concetto di contributo ad accesso aperto e quali sono i requisiti che esso deve rispettare: [35]

1) “L’autore(i) ed il detentore(i) dei diritti relativi a tale contributo garantiscono a tutti gli utilizzatori il diritto d’accesso gratuito, irrevocabile ed universale e l’autorizzazione a riprodurlo, utilizzarlo, distribuirlo, trasmetterlo e mostrarlo pubblicamente e a produrre e distribuire lavori da esso derivati in ogni formato digitale per ogni scopo responsabile, soggetto all’attribuzione autentica della paternità intellettuale (le pratiche della comunità scientifica manterranno i meccanismi in uso per imporre una corretta attribuzione ed un uso responsabile dei contributi resi pubblici come avviene attualmente), nonché il diritto di riprodurne una quantità limitata di copie stampate per il proprio uso personale.”

2) “Una versione completa del contributo e di tutti i materiali che lo corredano, inclusa una

copia della autorizzazione come sopra indicato, in un formato elettronico secondo uno standard appropriato, è depositata (e dunque pubblicata) in almeno un archivio in linea che impieghi standard tecnici adeguati (come le definizioni degli Open Archives) e che sia supportato e mantenuto da un’istituzione accademica, una società scientifica, un’agenzia governativa o ogni altra organizzazione riconosciuta che persegua gli obiettivi dell’accesso aperto, della distribuzione illimitata, dell’interoperabilità e dell’archiviazione a lungo termine.”

Successivamente nel Marzo 2008 la “Dichiarazione di Berlino” sarà firmata da 248 enti di ricerca di tutto il mondo, tra cui anche la maggior parte delle università italiane. Si può aderire al movimento Open Access in tre modi differenti: [36]

• Pubblicazione su una rivista OA on-line: pubblicando i propri lavori su queste riviste gli autori mantengono i diritti sul copyright, rendendo immediatamente accessibili le loro opere senza alcuna limitazione e senza alcun esborso di denaro. Infatti se vi sono costi di pubblicazione non sono mai a carico dell’utente, ma vengono distribuiti tra l’istituzione proprietaria e gli enti finanziatori del progetto.

• Pubblicazione ibrida: è un modello che non rispetta totalmente i principi dell’Open Access, e rappresenta il tentativo degli editori di rimanere competitivi in un mondo in cui l’accessibilità gratuita ai risultati della ricerca si sta sempre più diffondendo. Infatti prevede che nello stesso periodico possano essere presenti articoli con accesso limitato solamente a chi ne possiede l’abbonamento e altri accessibili liberamente a tutti.

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• Auto-archiviazione in un archivio istituzionale: deposito di documenti in archivi Open Access, che permettono l’accessibilità e la fruibilità nel tempo. Gli obiettivi principali di un archivio istituzionale sono di aumentare la visibilità e la qualità della produzione scientifica in ambito universitario e di contrastare il monopolio delle riviste accademiche. L’archiviazione digitale non impedisce la pubblicazione dell’articolo su una rivista specializzata, anzi questo avviene nella maggior parte dei casi.

5.2 VANTAGGI Sono molti i vantaggi introdotti dalla diffusione dell’Open Access nel mondo e riguardano tutti gli “attori” che fanno parte di questo movimento. [37] Per gli autori i benefici più evidenti sono la maggiore visibilità delle proprie opere che si traduce quasi sempre in una più alta possibilità di citazione. Inoltre nella maggior parte dei casi gli autori possono mantenere i propri diritti di copyright senza doverli cedere all’editore e hanno la possibilità di forme innovative di peer review più efficaci. Per “peer review”, che letteralmente significa revisione dei pari, s’intende la sottomissione di un lavoro ad esperti internazionali di quel settore. Essa comporta una valutazione sulla qualità della ricerca, che in caso di esito positivo permette di procedere all’accettazione ufficiale e alla pubblicazione su una rivista scientifica. [38] Altro importante beneficio è rappresentato dalla diminuzione dei tempi di pubblicazione, infatti i risultati della ricerca sono immediatamente disponibili a differenza di quanto avviene nel caso cartaceo. Grazie alla diminuzione dei tempi e alla maggiore disseminazione delle ricerche i ricercatori hanno maggiore facilità d’accesso ai dati e ai risultati della ricerca rispetto agli articoli accessibili solo a pagamento, che quindi comporta una crescita sempre più diffusa della conoscenza. I vantaggi però non sono solamente per gli autori, ma anche per le istituzioni che ne rendono possibile l’accesso. D’altronde l’utilizzo dell’Open Access rappresenta una vetrina internazionale per la produzione di docenti o ricercatori di un’istituzione, che ne guadagno in visibilità. Questa maggiore disseminazione della conoscenza comporta per le università e per gli enti che finanziano questi progetti un maggiore ritorno sui loro investimenti. Inoltre esso comporta un enorme vantaggio economico anche per enti come le biblioteche, che a causa di budget abbastanza esigui, risentono molto dell’aumento vertiginoso del prezzo degli abbonamenti e ciò comporta una sensibile diminuzione della quantità di opere che l’istituzione potrebbe offrire ai propri utenti. Infine la diffusione dell’Open Access comporta benefici anche per la gente comune, per cui l’esborso economico per l’acquisizione della conoscenza rappresenterebbe in molti casi un ostacolo insormontabile.

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5.3 I SOFTWARE OPEN SOURCE Con il termine “open source software” s’intende software distribuito liberamente, di cui si ha la possibilità di consultare il codice sorgente e le cui condizioni d’utilizzo sono però sottoposte ad alcune particolari licenze d’uso. [39] La maggior parte di questi progetti open source nasce grazie alla cooperazione di volontari che collaborano attivamente allo sviluppo del software e del codice sorgente. Con il passare degli anni l’utilizzo di software open source è diventata la soluzione scelta nella maggior parte dei casi dalle biblioteche digitali. Infatti per la maggior parte di esse non sono sostenibili i costi di creazione e di manutenzione che implica un software proprietario. Tra i molti software open source i più utilizzati per progetti di biblioteche digitali sono: DSpace, Greenstone, Eprints e Fedora Commons. 5.3.1 DSPACE DSpace [40] è un software open source nato nel 2000 nell’ambito di un progetto congiunto tra il MIT (Massachussets Institute Technology) e la Hewlett-Packard Company, ancor’oggi in costante miglioramento ed espansione grazie a una sempre crescente comunità di sviluppatori. Esso è un software gratuito per la creazione e la gestione di archivi aperti di documenti digitali, completamente personalizzabile per soddisfare le esigenze di qualsiasi organizzazione. Permette il deposito, la conservazione e la disseminazione di oggetti digitali, come i prodotti della ricerca o i materiali per la didattica universitaria nella maggior parte dei formati disponibili, ovvero testi, immagini, audio, video e programmi. E’ possibile per i responsabili dei vari progetti gestire tutto il flusso delle collezioni digitali, dall’immissione fino alla pubblicazione, con la possibilità di revisione dei metadati; qualsiasi utente può effettuare una ricerca semplice o avanzata, sia sui metadati che sul “full-text” dei documenti depositati. Inoltre questo software rispetta le specifiche del protocollo standard per la conservazione dei documenti digitali OAIS (Open Archivial Information System) e le specifiche del protocollo per l’interoperabilità OAI-PMH (Open Archives Initiative Protocol for Metadata Harvesting). [41] 5.3.2 GREENSTONE Greenstone [42] è un software open source per la costruzione e pubblicazione di biblioteche digitali, prodotto dal New Zealand Digital Library Project presso l’Università di Waikato, sviluppato e distribuito in collaborazione con l’UNESCO e lo Human Info NGO. Il sistema Greenstone rispetta la licenza GPL (General Public License) e, seguendo lo spirito di software open source, stimola gli utenti a contribuire ad eventuali modifiche o miglioramenti del programma. Lo scopo principale del progetto è consentire agli utenti di università, biblioteche e altre istituzioni pubbliche di creare proprie biblioteche digitali aiutando la loro diffusione e quella della conoscenza libera in tutto il mondo. Esso fornisce servizi per la costruzione di collezioni di documenti digitali e permette l’accesso alle stesse risorse attraverso una ricerca avanzata che permette di effettuare un’interrogazione selettiva sul patrimonio digitale. [43] I documenti presenti possono essere rappresentati in una varietà di formati (Word, PDF, jpeg e molti altri) e contenere testo, immagini, audio e video. Inoltre le risorse vengono convertite in una forma standard, per permettere l’indicizzazione e la classificazione attraverso l’utilizzo di metadati estratti automaticamente dal documento o inseriti manualmente dall’utente. L’interfaccia completa e tutta la documentazione sono disponibili in svariate lingue tra cui inglese, francese, spagnolo e russo; anche se è tra gli obiettivi del progetto incrementare il numero di lingue disponibili grazie alla collaborazione di nuovi volontari.

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5.3.3 EPRINTS Eprints [44] è un software open source sviluppato nel 2000 presso l’University of Southampton School of Electronics and Computer Science su idea di Stevan Harnad e rilasciato sotto licenza GNU-GPL (GNU General Public License). Eprints rappresenta uno dei primi e più utilizzati software ad accesso libero per la creazione di archivi istituzionali, ed è stato fonte d’ispirazione per lo sviluppo di molti progetti con scopi simili. Tra le sue funzionalità vi sono l’auto-catalogazione dei documenti e il deposito automatizzato via Web agli utenti registrati, sia come file singoli che come archivi compressi. In esso sono disponibili documenti in qualsiasi formato, che sono accessibili tramite ricerca semplice o avanzata per categorie; inoltre permette la completa personalizzazione dei servizi. Garantisce la compatibilità con il protocollo standard per l’esposizione dei metadati OAI-PMH (Open Archives Initiative Protocol for Metadata Harvesting). Infatti, per questo motivo, gli schemi di metadati vengono mappati in Dublin Core e per ogni tipologia di documento viene imposto un set minimo di metadati necessari per descrivere la risorsa. [45] 5.3.4 FEDORA COMMONS Il Fedora Commons Repository Software [46] è stato originariamente sviluppato dai ricercatori della Cornell University come architettura per la memorizzazione, la gestione e l’accesso a collezioni di documenti digitali. Esso rappresenta un progetto di software open source utilizzabile da una grande varietà di organizzazioni, tra cui le biblioteche digitali e archivi istituzionali. L’utilizzo di Fedora permette la costruzione di un’architettura modulare flessibile ed estensibile, con la possibilità di garantire la preservazione nel tempo delle risorse digitali grazie a delle apposite funzionalità che supportano la conservazione digitale. Tra le caratteristiche principali del Fedora Commons Repository Software c’è la possibilità di memorizzare e gestire contenuti digitali di qualsiasi tipo o formato. Oltre al servizio di archiviazione centrale, Fedora offre una vasta gamma di servizi e applicazioni tra cui la messaggistica o la ricerca avanzata possibile grazie all’utilizzo di metadati che seguono lo standard Dublin Core. [47]

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6 CONCLUSIONI Dall’analisi della situazione mondiale discussa nelle pagine precedenti possiamo constatare come le biblioteche digitali siano una realtà in piena evoluzione e con ancora ampi margini di miglioramento in futuro. I recenti accordi tra Google e alcune istituzioni europee dimostrano come siano possibili patti tra il mondo privato e quello pubblico, che sembrano essere la via più percorribile per l’espansione delle biblioteche digitali. Infatti, seppur vi siano numerosi progetti pubblici anche a carattere nazionale, essi non riescono a valorizzare a pieno il patrimonio culturale che hanno a disposizione a causa della mancanza d’investimenti concreti nel settore. Inoltre il settore privato, in particolare Google, dispone di strumenti tecnologici decisamente all’avanguardia che permettono un processo di digitalizzazione più rapido ed economico. Questo può rappresentare un vantaggio per il settore pubblico, infatti i singoli programmi possono vedere le proprie risorse digitalizzate senza alcun esborso in denaro e averle allo stesso tempo a disposizione per progetti d’aggregazione pubblica come Europeana. Non vi sono però solo vantaggi da questi accordi, infatti Google oltre ad utilizzare queste risorse per il suo programma di biblioteca digitale Google Books, le sfrutta anche per arricchire la base dati del suo motore di ricerca. Proprio i motori di ricerca rappresentano uno dei maggiori ostacoli all’espansione delle biblioteche digitale, infatti la maggior parte degli utenti del Web tutt’oggi li predilige per le ricerche on-line perché rappresentano un sistema di ricerca più semplice e veloce. Questo dato è ancor più significativo se si considera il pubblico giovane, che dovrebbe essere a mio parere una parte importante del bacino d’utenza delle biblioteche digitali, essendo il più avvezzo all’utilizzo di Internet e delle tecnologie digitali. Invece al momento i giovani rappresentano solo una minima parte dell’utenza, proprio perché mettono al primo posto la rapidità della ricerca e non la qualità dei risultati ottenuti. Essendo al momento impossibile concorrere con i motori di ricerca sulla mole di dati disponibili, l’obiettivo futuro delle biblioteche digitali, oltre a mantenere standard di qualità superiore, dev’essere quello di aumentare il numero di servizi disponibili per l’utente e rendere le interfacce di ricerca sempre più semplici ed immediate. Proprio l’inserimento di nuovi servizi, come la possibilità d’interazione con altri utenti o la creazione di uno spazio di lavoro personale può essere un importante incentivo per i più giovani. In particolare la possibilità d interagire con altri utenti è un concetto molto vicino ai più giovani, ormai abituati all’utilizzo di forum e social network; in più vi sarebbe anche la possibilità di potersi confrontare con utenti più esperti che potrebbero essere molto utili per aiuti o chiarimenti. Questo, insieme all’opportunità di uno spazio personale di lavoro, potrebbe risultare molto proficuo per chi lo utilizza per scopi di ricerca o di studio. Altro argomento su cui le biblioteche digitali dovrebbero focalizzare l’attenzione è sicuramente la possibilità di download e upload di risorse; in particolare alcuni progetti rendono già disponibili i documenti in formati leggibili da ebook-reader, tablet e smartphone che è un mercato in forte ascesa negli ultimi anni. Tutti questi rappresentano possibili sviluppi futuri delle biblioteche digitali, ma non va trascurato che già oggigiorno sono tangibili grandi vantaggi frutto della loro creazione. D’altronde, esse hanno rappresentato un cambiamento radicale rispetto alle biblioteche tradizionali, portando nuovi tipi di risorse all’interno del mondo bibliotecario e diventando un mezzo importante per la diffusione della cultura. Infatti per molte istituzioni, come musei o gallerie è fondamentale far parte di una biblioteca digitale per far conoscere il proprio patrimonio culturale a un maggior numero di persone e incentivare così la visita dal vivo. Proprio la possibilità di poter visitare attraverso il Web un’istituzione a qualsiasi ora del giorno e da qualsiasi luogo del pianeta è uno dei vantaggi più rivoluzionari rispetto al passato. Questo importante ruolo acquisito dalle biblioteche digitali lo rende una delle parti caratterizzanti di un movimento in costante ascesa, l’Open Access. L’OA rappresenta un sistema rivoluzionario di diffusione della conoscenza e un nuovo modello di comunicazione scientifica, che permette l’accesso alla cultura a un sempre più ampio numero di persone.

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Tutto ciò comporta enormi benefici non solo, per i semplici consumatori che possono acquisire le informazioni desiderate senza alcun esborso in denaro, ma soprattutto per chi partecipa attivamente alla creazione e alla gestione dei risultati della ricerca scientifica. Questo movimento, nato nel mondo accademico, è fondamentale per abbattere le barriere presenti e garantire un futuro sempre più luminoso al progresso tecnologico e alla ricerca. Il successo di questo sistema è garantito dalla sempre maggiore diffusione di software open source, che sono venuti alla ribalta nell’ultimo decennio, e rappresentano una via flessibile ed economica per le istituzioni e gli archivi che hanno progetti di digitalizzazione libraria. Lo sviluppo di questa sistema negli anni non comporterà solamente ampi vantaggi economici alla ricerca scientifica, ma ne ridurrà enormemente i tempi di pubblicazione dei documenti rispetto alle versioni cartacee agevolandone l’evoluzione. Tutti i vantaggi elencati in precedenza mi possono far concludere come per le biblioteche digitali e per l’Open Access ci possa un futuro sempre più importante, e che negli anni a venire possano diventare una realtà sempre più concreta per la diffusione della cultura.

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[14] Sito MICHAEL in lingua italiana: http://michael-culture.it/mpf/pub-it/index.html [15] “Piano d’azione dinamico” Disponibile all’indirizzo: http://www.minervaeurope.org/publications/dap/dap_it.pdf?l=it [16] “i2010 – Una società europea dell’informazione per la crescita e l’occupazione” Disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2005:0229:FIN:IT:PDF&l=it [17] Sito ufficiale Europeana: http://www.europeana.eu/portal/?l=it [18] Sito ufficiale Internet Culturale: http://www.internetculturale.it/opencms/opencms/it/index.html [19] “BDI – Biblioteca Digitale Italiana”, ICCU (Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche), 13 Settembre 2011. Disponibile all’indirizzo: http://www.iccu.sbn.it/opencms/opencms/it/main/InternetCulturale/BDI/ [20] Sito ufficiale Gallica: http://gallica.bnf.fr/ [21] Tessier M., “Rapport sur la numerisation du patri moine ecrit = Rapporto sulla digitalizzazione del patrimonio scritto”, Digitalia, anno V, numero 1 – Giugno 2010. Disponibile all’indirizzo: http://digitalia.sbn.it [22] Google Books: http://books.google.it/books?hl=it&source=gbs_hp_logo [23] Sito ufficiale Progetto Gutenberg: http://www.gutenberg.org/ [24] Lebert M., “Dossiers du NEF”, NEF (Net des études françaises), 15 Agosto 2005 Disponibile all’indirizzo: http://www.etudes-francaises.net/dossiers/gutenberg_eng.htm [25] Sito ufficiale Progetto Liber Liber: http://www.liberliber.it/home/index.php [26] Natale M. T., “Nasce la World Digital Library, ma l’Italia non è presente”, Musei digitali, 4 Maggio 2009. Disponibile all’indirizzo http://museidigitali.wordpress.com/2009/05/04/34 [27] Sito ufficiale World Digital Library http://www.wdl.org/en [28] Mazziotti G., “Biblioteche digitali appese a un filo: la ragnatela dei diritti d’autore”, Bibliotime, anno XIII, numero 3 – Novembre 2010. Disponibile all’indirizzo: http://didattica.spbo.unibo.it/bibliotime/num-xiii-3/mazziotti.htm [29] Attanasio P., “Un approccio cooperativo per la gestione dei diritti nelle biblioteche digitali: il progetto ARROW”, Digitalia, anno III, numero 2 - Dicembre 2008. Disponibile all’indirizzo http://digitalia.sbn.it

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[30] “Biblioteche digitali: il ministero conferma, l’Italia è ufficialmente nel progetto europeo ARROW”, Key4biz, 20 Dicembre 2011. Disponibile all’indirizzo http://www.key4biz.it/News/2011/12/20/Contenuti/ARROW_Associazione_Italiana_Editori_Maurizio_Fallace_Piero_Attanasio_contenuti_digitali_diritto_d_autore_207450.html [31] Roncaglia G., “Google Book Search e le politiche di digitalizzazione libraria”, Digitalia, anno IV, numero 2 – Dicembre 2009. Disponibile all’indirizzo http://digitalia.sbn.it [32] De Robbio A., “La gestione dei diritti nelle digitalizzazioni di massa. Un’analisi alla luce del caso Google Book Search”, Bibliotime, anno XXII, numero 2 - Luglio 2009. Disponibile all’indirizzo http://spbo.unibo.it/bibliotime/num-xii-2/derobbio.htm [33] “Google e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali siglano un accordo per la digitalizzazione delle opere delle biblioteche italiane”, MiBAC (Ministero per i Beni e le Attività Culturali), 26 Aprile 2010. Disponibile all’indrizzo: : http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/Ministero/Accordi/Altri/visualizza_asset.html_1672918906.html [34] Levante R. M., “Google e MiBAC: accordoper un milione di libri italiani on-line”, Archeorivista, 20 Marzo 2010. Disponibile all’indirizzo: http://www.archeorivista.it/003476_google-e-mibac-accordo-per-un-milione-di-libri-italiani-on-line/ [35] Dichiarazione di Berlino: “Accesso aperto alla letteratura scientifica”, Ottobre 2003 Disponibile all’indirizzo: http://oa.mpg.de/files/2010/04/BerlinDeclaration_it.pdf [36] Bacelli B., “Che cos’è l’Open Access”, 29 Maggio 2009 Disponibile in formato video all’indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=fKKiFDy_mDg [37] Fonte wiki in lingua italiana Disponibile all’indirizzo: http://wiki.openarchives.it/index.php/Vantaggi [38] Definizione di peer review Disponibile all’indirizzo: http://www.partecipasalute.it/informati-bene/difetti-giornalismo-003.php [39] Definizione di open source software Disponibile all’indirizzo: http://pcb19.bib.uniurb.it:8080/Biblioteca%20Scientifica/contenuti/glossario-biblioteconomico#o-1 [40] Homepage DSpace: http://www.dspace.org/ [41] “DSpace – (pieghevole)” Disponibile all’indirizzo: http://www.cilea.it/edt/brochures/?no_cache=1&tx_drblob...40 [42] Homepage Greenstone: http://www.greenstone.org/

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[43] Savino P., “Lezione 10: Introduzione al sistema Greenstone”, ISTI-CNR, Università di Pisa Disponibile all’indirizzo: http://www.nmis.isti.cnr.it/savino/Lucidi%20lezioni%2006-07/Lezione%2010%20-%20Greenstone%20introduzione%20b&w.pdf [44] Homepage di Eprints: http://www.eprints.org/ [45] “Archiviazione di Documenti Elettronici: OAI-PMH e EPRINTS.ORG” Disponibile all’indirizzo: http://www.slidefinder.net/a/archiviazione_documenti_elettronici_oai_pmh/archiviazione_di_documenti_elettronici-eprints_last/5180543 [46] Homepage Fedora Commons: http://www.fedora-commons.org/ [47] Picariello V., “Servizio di popolamento automatico per una piattaforma semantica di gestione di biblioteche elettroniche” Disponibile all’indirizzo: http://www.slideshare.net/vincenzopi/presentazione-laurea-picariello-vincenzo-matr-450334