“Beviamoci pure questa!”

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“Beviamoci pure questa!” Comunicazione multimediale ed ecosostenibilità GUIDA PRATICA AI LABORATORI Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata

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“Beviamoci pure questa!”Comunicazione multimediale ed ecosostenibilità

GUIDA PRATICA AI LABORATORI

Dipartimentodi Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata

“Beviamoci pure questa!” 1

“Beviamoci pure questa!”

2 “Beviamoci pure questa!”

a cura di Manlio Piva

“Beviamoci pure questa!”Comunicazione multimediale ed ecosostenibilità

GUIDA PRATICA AI LABORATORI

4 “Beviamoci pure questa!”

Prima edizione: ottobre 2013

ISBN 978 88 6787 124 7

© 2013 CLEUP sc“Coop. Libraria Editrice Università di Padova”via G. Belzoni 118/3 – Padova (t. +39 049 8753496)www.cleup.it – www.facebook.com/cleup

Il presente volume può essere riprodotto per l’utilizzo da parte delle scuole per le attività di formazione del personale direttivo e docente. Esso non potrà essere riprodotto e utilizzato parzialmente o totalmente per scopi diversi da quello sopraindicato, salvo esplicita autorizzazione.

Impaginazione: Cristina MarcatoImmagine di copertina: Enrico Ruffato

Pubblicazione realizzata con il contributo della Regione del Veneto –Assessorato all’Ambiente

Dipartimentodi Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata

Premessa 5

Indice

L’ambiente “vicino a noi”. Dalla prossimità per comprendere i problemi globali

Maurizio ConteAssessore all’Ambiente della Regione del Veneto 7

Ambiente ed acqua, beni comuni per nuovi percorsi di cittadinanza a scuolaGianna Marisa MiolaVice Direttore Generale Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto 9

Non solo educazione ambientale Michela Possamai Referente per l’educazione ambientale - Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto 11

Apprendere E comunicare – Apprendere A comunicareManlio Piva Responsabile Scientifico del Progetto – Università di Padova 17

I FORMATORI ILLUSTRANO I LABORATORI CHE HANNO CO-PROGETTATO E CONDOTTO

ANIMAZIONE

C’era una volta una goccia…di Anna Maso 31

A “passo uno” verso il racconto filmicodi Enrico Ruffato 51

MANIFESTI E VIDEOSPOT

Acqua Spotdi Tommaso Ferronato 81

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“Pubblicità (Acqua) Progresso”di Diana Mantegazza 101

FOTOROMANZO

Fotografa una storia d’acquadi Tommaso Ferronato 133

SERVIZI TELEGIORNALISTICI

Notizie “di classe”: un TG per le scuole primariedi Federico Tosato 161

TG in classe: Giornalisti si diventa…di Rudi Zugno 195

Indice 7

L’ambiente “vicino a noi”. Dalla prossimità per comprendere i problemi globalidi Maurizio ConteAssessore all’Ambiente della Regione del Veneto

Scioglimento della calotta polare, cambiamenti climatici mondiali, de-sertificazione sono temi all’ordine del giorno di tutti i governi nazionali ma di cui spesso noi, nel nostro quotidiano, ci dimentichiamo facendo venir meno quella spinta al cambiamento verso abitudini maggiormente eco-sostenibili che dovrebbe partire proprio dal “basso”. Perché?

Perché il punto di vista globale spesso ci appare lontano, estraneo e non condizionante la nostra vita eppure i problemi ambientali ricadono su ognuno di noi e sulle generazioni future. Per tali motivi la Regione del Veneto ha capovolto la prospettiva partendo, in un certo senso, dall’osser-vazione del giardino che ognuno ha davanti alla propria casa e iniziando a dialogare con i bambini e i ragazzi, attori principali del proprio futuro.

Il Veneto è una regione fortunata per la varietà e la ricchezza delle ri-sorse naturali anche se lo sviluppo economico e la densità abitativa hanno imposto e continuano ad imporre molta attenzione alla tutela e salvaguar-dia ambientale. Pertanto è compito delle istituzioni attivare tutte le azioni possibili per contemperare la spinta allo sviluppo alla necessità della tutela e del rispetto delle risorse. Per farlo sono necessari di certo interventi strut-turali richiesti anche dalla normativa europea ma anche a mio avviso sono fondamentali attività educative.

Per questo la Regione crede e supporta l’attività dei laboratori didattici collegandoli ad un’iniziativa denominata Settimana dell’Ambiente Veneto che apre annualmente ai cittadini e agli studenti le porte di impianti e siti di alta valenza ambientale. Visitare le risorgive a due passi da casa, un acque-dotto ma anche un parco fotovoltaico costruito su una ex discarica o una centralina idroelettrica aiuta a capire come si tutela l’ambiente vicino a noi per rispettare l’ambiente del mondo.

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La famosa “sindrome di Nimby”, acronimo inglese che sta per Not in my back yard letteralmente “non nel mio cortile” non appartiene alle po-litiche ambientali del Veneto che invece ha scelto il proprio giardino per sperimentare le più innovative azioni per la tutela dell’ambiente di oggi e di domani.

Indice 9

Ambiente ed acqua, beni comuni per nuovi percorsidi cittadinanza a scuoladi Gianna Marisa MiolaVice Direttore Generale Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto

Pensare esige immagini,e le immagini contengono pensiero.

R. Arnheim

Sul finire del percorso del Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile (DESS), proclamato per il periodo 2005-2014 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, al fine di sensibilizzare governi e società civili, di tutto il mondo, alla necessità di un futuro più equo ed armonioso, a partire dai cittadini più piccoli, immediati ed empatici, sino a quelli più grandi ed adulti, possiamo affermare di aver proficuamente investito in educazione, con buone intenzioni, tramite azioni e progetti volti all’acquisizione di atteggiamenti di rispetto del prossimo e delle risorse del pianeta.

L’educazione ambientale nel contesto scolastico assolve un ruolo strategico per lo sviluppo integrale della persona, nel suo senso più ampio, come istruzione, formazione, informazione e sensibilizzazione. Comprende lo sviluppo di curricoli di scuola per competenze, così come indicatoci anche dalle recenti Indicazioni Nazionali per il curricolo nella scuola dell’infanzia e del Primo ciclo del 2012, ma anche le campagne informative, la formazione professionale, le attività del tempo libero, i messaggi prodotti dai media e quelli, più in generale, del mondo artistico, culturale e civile.

Lo sguardo e l’attenzione per l’ambiente e per le risorse che esso custodisce, quali l’acqua, bene prezioso, abbraccia, infatti, i molteplici stimoli che quotidianamente, a diverso titolo, provengono dalla società, contribuendo a formarne i valori e la cultura.

Secondo quanto previsto dalla Carta d’Intenti Scuola, Ambiente e Legalità, sottoscritta il 29 luglio 2009 dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), l’educazione ambientale

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e allo sviluppo sostenibile, in particolare, è stata già assunta nella proposta del curricolo di ogni scuola, dall’infanzia alla secondaria di II grado, all’interno dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, come tema interdisciplinare e trasversale, un’area di sviluppo di apprendimenti per la vita, derivante dall’apporto di contenuti e connessioni interdisciplinari nonchè di specificità di interventi.

La “cultura della sostenibilità” ben si sposa con la conoscenza e con l’utilizzo di strategie mediali in educazione che, se da un lato sotto il profilo dei contenuti, incentiva ad un uso consapevole dell’acqua, sensibilizzando ai problemi del suo approvigionamento legati all’aumento dei consumi e all’inquinamento, dall’altro rappresenta una “risposta mediatica” ben fondata, ove «all’immagine corrisponde un pensiero, una scelta consapevole e viceversa».

Questa prospettiva di “educazione ambientale consapevole”, di cui ci si augura possano beneficiare tutte le popolazioni del pianeta, generazioni presenti e future, favorisce il sostegno reciproco e l’assunzione di “competenze per la vita” in cui le priorità sociali da salvaguardare, quali la lotta alla povertà, i diritti umani, il rispetto di sè, dell’altro e dell’ambiente, come beni individuali, inalienabili e preziosi, accrescono anche il patrimonio collettivo, integrandosi reciprocamente con le esigenze di conservazione delle risorse naturali e degli ecosistemi.

Con queste finalità ed intenti l’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto, di stretto concerto con la Regione del Veneto, Assessorato all’Ambiente, cura e promuove attività formative, didattiche e divulgative, a disposizione di tutta la scuola veneta, nella consapevolezza che la tutela dell’ambiente trovi giovamento anche da una comunicazione autentica, attraverso la conoscenza e la comprensione dei valori che ogni relazione umana sottende.

È nell’ambiente e nel contatto con le sue risorse che si può rendere il processo culturale di assunzione di competenze di cittadinanza maggiormente assimilabile e concreto, stimolando, per tramite della sperimentazione didattica dei linguaggi mediali e multimediali, gli apprendimenti e la motivazione al sapere dei nostri studenti.

È questo l’augurio e l’auspicio per questa pubblicazione: possa rappresentare, per tutte le scuole autonome del Veneto, veicolo di riflessione per una didattica rinnovata, e più vicina al mondo di vita di ciascuno di noi.

Michela Possamai | Non solo educazione ambientale 11

Imparare a conoscere,imparare ad agire,

imparare a vivere insieme agli altri,imparare ad essere.

(Delors, et al., 1996)

Nel Veneto, come in Italia ed in altri Paesi europei e nel mondo, la necessità di seguire con attenzione la promozione dell’educazione ambien-tale della popolazione generale e, in particolare, delle giovani generazioni, è un’acquisizione oramai consolidata e sempre più affermatasi, motivata, non ultimo, dalla sua rilevanza “educativa” e non di sola questione di “so-stenibilità” ambientale.

Nell’ultimo ventennio, infatti, il concetto di educazione ambientale si è evoluto verso una dimensione ed una attenzione più complesse, abbando-nando i connotati restrittivi di educazione alla tutela ambientale, del pae-saggio e della biodiversità piuttosto che rispetto e cura della natura e del patrimonio che sola essa ci mette a disposizione.

«Non solo educazione ambientale», pertanto, ma promozione di com-portamenti e di atteggiamenti responsabili e consapevoli per favorire più la convivenza planetaria ed i diritti delle generazioni future a «saper stare nel mondo».1

L’educazione ambientale si rivolge ora a persone di ogni età e profes-sione, di ogni ambiente e contesto e come tale intercetta tutti i settori, for-mali ed informali, di istruzione e di formazione: famiglia, scuola, comunità, quartiere, territorio, lavoro, media. Ed è proprio in questi ambiti che essa può sperare di acquisire quella valenza educativa per eccellenza, tale da

1 Cfr. Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’Infanzia e del primo Ciclo 2012, D.M. 254/2012, pubbl. G.U. n.30 del 5/02/2013, rinvenibile in www.istruzioneveneto.it

Non solo educazione ambientaledi Michela PossamaiReferente per l’educazione ambientale - Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto

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consentirle di veicolare concetti fondamentali per l’acquisizione di “com-petenze” per la vita e di cittadinanza attiva.

La Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 di-cembre 2006, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento perma-nente, promuove infatti le «competenze personali, interpersonali ed inter-culturali, che riguardano tutte le forme di comportamento che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa».2 Approcciarsi a tale questione significa toccare l’essenza stes-sa dell’educazione e del compito di istruzione per tutte le istituzioni che, come la Scuola, si occupano dei giovani.

«Non solo educazione ambientale» significa porre attenzione, quindi, alla qualità degli apprendimenti per la vita, per la collocazione degli stu-denti nel mondo del lavoro, per l’esercizio pieno dell’autonomia e della responsabilità di ogni persona. I sistemi di educazione, istruzione e for-mazione come la Scuola sono chiamati, in via prioritaria, ad occuparsi di persone in evoluzione, di studenti che, “sui banchi di scuola”, apprendono compiti di sviluppo delicati ed altissimi: competenze per la vita, appunto.

Dal quadro delle sollecitazioni europee3 emerge una chiara indicazione per cui:

«il mandato dei sistemi di educazione e di istruzione non può che ri-spondere alla prospettiva della competenza», nella cui padronanza ogni apprendimento acquista reale significato;«la prima finalità dell’educazione, e a seguire dell’istruzione, è la com-petenza stessa»;acquisito che l’essenza della competenza è rappresentata dalle abilità e capacità personali, relazionali e sociali, nonché dall’esercizio effettivo

2 Vedi la Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, in http://eur-lex.europa.eu.3 L’Unione Europea si è interessata al tema delle competenze in educazione sin dalla fine de-gli Anni Novanta, focalizzando la sua attenzione alla valorizzazione del cosiddetto “capitale umano” come fattore determinante per lo sviluppo di sé e dell’occupabilità. Ci si riferisce qui, in particolare, alle riflessioni di Jacques Delors, contenute nel Rapporto all’UNESCO del 1996 da parte della Commissione Internazionale sull’Educazione per il Ventunesimo secolo, meglio conosciuto, nella sua traduzione italiana, Nell’educazione un tesoro, Roma, Armando editore, 1997.

Michela Possamai | Non solo educazione ambientale 13

dell’autonomia e della responsabilità, «ogni azione educativa, ivi com-presa la promozione dell’educazione ambientale a scuola, deve entrare a pieno titolo nello sviluppo del curricolo di scuola»; la consapevolezza e la pratica del rispetto della propria salute, dell’altro, dell’ambiente circostante, della comunità nel suo complesso esige «tem-pi lunghi di apprendimento»; l’efficacia degli interventi educativi si sostanzia nello sviluppo di «espe-rienze concrete di acquisizione di competenze», qualunque sia la disci-plina di insegnamento.

Nell’ottica di una sempre maggiore evoluzione di un sistema regionale “Ambiente-Scuola”, già ben collaudato in intese e promozioni di azioni per la sensibilizzazione dei nostri giovani, sin dagli scorsi anni scolastici la scuola veneta ha saputo cogliere queste assunzioni in più occasioni, con la Regione del Veneto e con il mondo accademico, con l’Università di Padova qui nello specifico, per rivedere complessivamente la variegata realtà della propria offerta formativa.

Non ultimo, nelle azioni congiunte inserite anche nella cornice della Settimana dell’Ambiente Veneto, la Scuola ha partecipato e potuto benefi-ciare delle progettualità in materia di educazione ambientale di cui questa pubblicazione costituisce ora fedele testimonianza.

Tali intese, in particolare, sono state sollecitate dall’esperienza del Pro-getto 2012-13, Beviamoci pure questa! – Acqua, un bene comune: formazione, informazione, promozione, che ha rifocalizzato, tra altri meriti, l’attenzione, sia dei referenti della scuola che dei ricercatori, sulla coprogettazione e sulla copartecipazione per la realizzazione di laboratori didattici innovativi ed efficaci.

Ciò, non solo ha permesso di dare localmente attuazione, in ambito di promozione e consapevolezza ambientale, agli input nazionali, locali ed eu-ropei, per tramite dei rispettivi Ministeri ed Assessorati di competenza, ma ha anche offerto alle scuole un repertorio di «buone pratiche di didattica laboratoriale», insieme anche strumento di prevenzione e risparmio, tanto in termini ambientali che economici, per tutti i cittadini.

Il tema che qui ci interessa nasce, quindi, di per sé trasversale a molte azioni messe in campo sia dall’USR per il Veneto che dalla Regione, costi-

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tuendone filo conduttore, e a progettualità specifiche e dedicate, dissemi-nate nei territori e nelle singole scuole autonome.4

In coerenza con tali sviluppi, occuparsi di educazione ambientale nei contesti educativi significa necessariamente:

«definire l’ambiente, quanto la salute, come un bene individuale da pro-muovere collettivamente»: la sua deprivazione e negazione ha un costo fisico, psicologico, affettivo e sociale molto alto, nel qui ed ora e nel futuro;

assumere «il paradigma della complessità»: aprirsi e riconoscere la va-rietà dei soggetti, oggetti ed aspetti ognuno dei quali è parte di sistemi, di reti di relazioni che non sono sempre comprensibili e descrivibili se considerati come singoli elementi, che richiedono punti di vista e comu-nicazione fra saperi diversi;5

«porre nuove finalità agli interventi progettuali»: la percezione, l’analisi e la comprensione dei cambiamenti e dei problemi connessi; lo sviluppo di competenze indispensabili per vivere in un mondo interdipenden-te; diventare cittadini consapevoli e responsabili nei confronti del sé, dell’ambiente, della comunità intesa anche come pianeta;

«fare riferimento alla globalità», ad un processo di insegnamento-ap-prendimento che faccia interagire la dimensione socio-affettiva con la dimensione cognitiva;

«rinnovare la didattica», costruire ambienti di apprendimento attivi ed esperienziali, che considerano l’ambiente come risorsa, scenario degli interventi, laboratorio didattico da esplorare e da progettare.

L’atteggiamento dell’educatore dovrebbe essere, pertanto, connotato dalla capacità di costruire dei valori e delle pratiche di comunicazione e di partecipazione attiva, in grado di formare i futuri cittadini alle scelte consa-pevoli ed etiche nella declinazione ambientale.

Nell’atto educativo e nelle pratiche di istruzione, nella valorizzazione autentica del capitale umano, determinante è la necessità di reperire espe-rienze scolastiche da cui emergano abilità e conoscenze in grado di docu-mentare ciò che le persone realmente ‘sanno fare’.

4 Cfr. il DPR 275/1999, meglio conosciuto come Regolamento dell’autonomia scolastica, che ha introdotto una “nuova stagione” per la scuola italiana, vera e propria innovazione di sistema rispetto al suo pensiero ed alla sua gestione. 5 G. Bateson, Mente e natura, Milano, Adelphi, 1984.

Michela Possamai | Non solo educazione ambientale 15

Così alimentiamo la definizione di J. Delors del 1996, intendendo «La competenza, cioè un mix, specifico per ciascun individuo, di abilità nel senso stretto del termine, acquisita attraverso la formazione tecnica e pro-fessionale, di comportamento sociale, di un’attitudine al lavoro di gruppo, e d’iniziativa e disponibilità ad affrontare rischi».6

È solo l’impiego di più risorse e strategie, in cui oggi più di sempre le comunicative e multimediali rivestono particolare rilievo, che rende visibile la competenza delle persone: in tutte le manifestazioni della vita quotidia-na, nell’affrontare rischi piuttosto che nell’assumere decisioni e risolvere problemi, si manifesta un «personale modello d’azione per competenze che incide anche sui comportamenti di percezione di sé e dell’ambiente di vita circostante».

Il filo conduttore unitario delle esperienze didattiche e di ricerca qui riferite, pertanto, sottolinea la necessità di sciogliere la specificità discipli-nare in tema di educazione ambientale, anche dal punto di vista epistemo-logico, e restituisce un’organizzazione dei contenuti e dei saperi fortemente integrato.

Valorizza fortemente la didattica interdisciplinare, consentendo agli studenti, protagonisti attivi, per tramite dell’azione dei docenti, di far fron-te alle sfide della quotidianità, acquisendo l’esercizio consapevole delle ca-pacità di gestire situazioni e di risolvere problemi in contesti significativi. «Non solo di educazione ambientale».

6 J. Delors, Nell’educazione un tesoro, op.cit..

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Manlio Piva | Apprendere E comunicare 17

Questa pubblicazione è il momentaneo approdo di un percorso iniziato tre anni orsono e che mi auguro continui e si sviluppi in futuro. Autori di questo viaggio sono stati soprattutto gli studenti che si sono laureati con me e che si sono offerti di cimentarsi quali formatori nelle scuole, esperienza solo teorizzata durante i corsi della Laurea Specialistica ed ora messa per iscritto a beneficio di altri.

Prima di entrare nel merito dei contenuti di questa pubblicazione e delle metodologie progettuali che li sottendono, credo sia utile fare una breve cronistoria degli incroci di esperienze professionali che hanno portato a questo risultato, non tanto per segnalarlo come “emblematico”, quanto per evidenziare i tanti apporti e canali, vivaci ma spesso sotterranei, presenti nel Veneto e non solo in Veneto, relativi alla sperimentazione didattica dei media, con l’ulteriore intento di dare a queste meritorie azioni un contributo di visibilità. Segnalarle significa anche dare una mano agli insegnanti e a quanti stiano o vogliano sviluppare queste sperimentazioni a trovare assi-stenza, reperire materiali e informazioni. Si vuole inoltre testimoniare una volta in più quale sia la ricchezza di competenze e di professionalità che un proficuo rapporto di fiducia fra istituzioni locali può esprimere e di come l’Università possa farsi promotrice di azioni che garantiscano una funzionale ciclicità fra formazione superiore e azione educativo-didattica nelle scuole, favorendo l’inserimento lavorativo dei propri laureati, permettendo un ra-pido aggiornamento dei metodi didattici, anche sotto il profilo tecnologico, e un arricchimento dell’offerta formativa al passo con le esigenze di una società in veloce evoluzione.

A cavallo fra il 2009 e il 2010 si concludeva la mia esperienza di Respon-sabile alla Didattica per la Mediateca di Pordenone, durante la quale avevo riorganizzato le proposte laboratoriali per le scuole, aggiornato le competenze

INTRODUZIONE ALLA GUIDA PRATICA AI LABORATORI

Apprendere E comunicare – Apprendere A comunicaredi Manlio PivaResponsabile Scientifico del Progetto – Università di Padova

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dei formatori vecchi e nuovi che con la Mediateca collaboravano, pubblicato un manuale pratico per la didattica degli audiovisivi (Il coccodrillo luminoso e altre storie. Teoria e pratica dell’audiovisivo a scuola). Nel frattempo conti-nuava il mio contratto di insegnamento nella Laurea Magistrale del D.A.M.S. di Padova in Didattica del cinema e degli audiovisivi, uno dei pochi presenti in Italia, che negli anni avevo arricchito delle mie esperienze laboratoriali sia in qualità di formatore che di docente e che in quell’anno vedeva una delle tesi sperimentali da me seguite conseguire il premio come miglior tesi di laurea al concorso Audiovisivi e Minori promosso dall’AGCOM.

Attraverso gli anni alla Mediateca e il corso padovano avevo avuto modo di conoscere e confrontarmi con le esperienze dei formatori friulani e con stu-denti interessati a fare le stesse esperienze di formazione, un po’ per mettersi alla prova rispetto al mondo della scuola, un po’ per cercare possibili spazi professionali. Su quest’ultimo punto l’esperienza maturata alla Mediateca mi aveva anche messo di fronte a una realtà ben diversa da quella veneta: in Friuli, grazie a una legge regionale sul cinema1 fra le più innovative, e non solo in ambito nazionale, gli audiovisivi (dalla produzione, alla promozione e diffusione, alla didattica) erano stati messi al centro di un vivace sistema culturale, già tradizionalmente legato al mondo delle arti visive. In Friuli dal 2006 è attivo un sistema di mediateche provinciali che fra le proprie finalità ha anche quella di “produrre” nuovi spettatori, giovani alfabetizzati ai linguaggi degli audiovisivi e quindi fruitori consapevoli ed esigenti di cinema, tv e delle svariate declinazioni audiovisive digitali di oggi. Per rendere possibile alle scuole di affidarsi ai servizi promossi dalle mediateche, la legge prevedeva l’istituzione di un fondo annuale attraverso il quale, proponendo progetti di specifiche attività formative nel campo degli audiovisivi, le scuole potevano accedere al finanziamento, totale o parziale, degli stessi. La Mediateca di Pordenone, per esempio, ogni anno conduceva con i suoi formatori centinaia di ore di laboratori nelle scuole, con richieste che in alcuni periodi eccede-vano la capacità di soddisfarle. Si era venuto insomma a creare un sistema virtuoso che da un lato arricchiva l’offerta culturale e formativa delle scuole, integrando gli audiovisivi nel curricolo degli allievi, dall’altro redistribuiva proventi fiscali sul territorio favorendo l’emergere di nuove professionalità ivi residenti e quindi la loro capacità contributiva...

1 Legge regionale 6 novembre 2006, n. 21 (BUR n. 45/2006): Provvedimenti regionali per la promozione, la valorizzazione del patrimonio e della cultura cinematografica, per lo sviluppo delle produzioni audiovisive e per la localizzazione delle sale cinematografiche nel Friuli Ve-nezia Giulia.

Manlio Piva | Apprendere E comunicare 19

Per alcuni anni mi sono trovato di fronte alla situazione paradossale per cui, mentre a Padova gli studenti del mio corso mi interrogavano sulla reale praticabilità di ciò che insegnavo, a Pordenone avevo difficoltà a trovare ab-bastanza neolaureati in grado di condurre i nostri laboratori nelle scuole!

Ritornando al 2009-2010, in quell’anno altri fattori entrano in gioco, di ordine politico, tanto locale che nazionale. È infatti in fase di gestazione la Legge Gelmini di riforma del sistema scolastico e della ricerca; tra tante novità all’orizzonte si prospetta l’apertura delle discipline legate alla mul-timedialità e agli audiovisivi nelle scuole, che avrebbero quindi finalmente recepito alcune istanze di modernizzazione dell’offerta didattica oltre che di aggiornamento tecnologico di scuole e docenti (come sappiamo questa innovazione è stata poi relegata a un piano di studi specifico, quello dei Licei Artistici con opzione Multimedia e Audiovisivi). In Veneto intanto veniva alla luce la Legge regionale sul Cinema2 che non a caso recepisce molti degli articoli della legge friulana, tra cui quello dell’istituzione di una rete di mediateche provinciali, ma non prevede l’istituzione di un fondo speci-fico per la didattica degli audiovisivi nelle scuole, fermandosi a dichiarare lo «scopo di favorire lo sviluppo e la diffusione nel territorio della cultura cinematografica» (art. 3, comma 1). Dal punto di vista della formazione, i limiti del “sistema Veneto” nel campo degli audiovisivi sono costituiti, da un lato, da una rete mediatecaria che ancora oggi è presente più sulla carta che nelle realtà locali, le Mediateche presenti rimangono infatti luo-ghi poco accessibili, senza finalità didattiche, piuttosto archivi di materiali audiovisivi di interesse locale e regionale (la stessa Mediateca Regionale di Villa Settembrini a Mestre assolve un ruolo più o meno simile); altro limite, come già scritto, è la mancanza del volàno costituito da fondi specifici per favorire l’integrazione didattica degli audiovisivi nelle scuole. Sono limiti non secondari, tuttavia la legge c’è, evidenzia una attenzione che si sta diffondendo, seppur lentamente, nella nostra area geografica e così, grazie anche alla sensibilità e lungimiranza della Film Commision, nel 2010 si riesce ad ottenere un piccolo finanziamento fra le pieghe di quello destinato alla promozione e diffusione delle sale cinematografiche nel Veneto.3

2 Legge regionale 9 ottobre 2009, n. 25 (BUR n. 84/2009): Interventi regionali per il sistema del cinema e dell’audiovisivo e per la localizzazione delle sale cinematografiche nel Veneto.3 L’articolo 1 comma 2 della Legge regionale recita: «Con la presente legge la Regione, definisce, ai sensi dell’articolo 117, comma terzo, della Costituzione, gli indirizzi generali per la programmazione degli interventi a favore del cinema e delle attività di produzione cinematografica e audiovisiva, nel perseguimento dei seguenti obiettivi: sostenere attività di promozione del cinema e dell’audiovisivo quali forme di espressione artistica e culturale

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Il “pilota” del Progetto per la sperimentazione didattica dei linguaggi me-diali e multimediali, parte dunque nell’A.Sc. 2010-2011 in 4 gruppi classe di altrettante scuole di ogni grado di Padova e provincia. Le scuole, come i soldi disponibili, sono poche, ma importante era che si potesse finalmente avviare una formula di collaborazione a più livelli fra scuole, Regione, Università.

Nella sperimentazione vengono coinvolti, in qualità di formatori, 3 neolaureati del corso magistrale in Scienze dello Spettacolo e produzione multimediale scelti fra coloro che avevano nel piano di studi la frequenza del corso di Didattica del Cinema e degli Audiovisivi, e che si erano distinti per la qualità dei moduli didattici presentati all’esame di fine corso.

Il Progetto si è quindi sviluppato in 5 fasi: progettazione moduli didattici; incontro di aggiornamento e programmazione con i docenti referenti delle classi coinvolte; svolgimento dei laboratori; editing e masterizzazione dei formati prodotti; presentazione pubblica degli elaborati.

Credo sia il caso di evidenziare, schematizzandoli, gli Obiettivi (li defini-rei “opportunità”) che questa sperimentazione ha aperto ai diversi soggetti coinvolti:

Soggetti coinvolti Obiettivi

Allievi Integrazione e arricchimento didattico; interdiscipli-narità; attivazione del curriculum implicito; capacità di lavorare in gruppo.

Docenti Aggiornamento didattico; integrazione dei media nella didattica; esperienze di coprogettazione e codocenza.

Neolaureati/formatori Progettazione e programmazione didattica; gestione setting laboratoriale; ampliamento e specializzazione curriculum.

Istituto scolastico Arricchimento del Piano dell’Offerta Formativa; maggior integrazione con il territorio; promozione e visibilità.

Università Implementazione delle relazioni con le Agenzie Educa-tive del territorio e con l’Amministrazione Regionale; integrazione del curricolo dei neolaureati; visibilità; attrattiva dei propri corsi.

che concorrono in modo rilevante all’educazione delle giovani generazioni.» (mia la sotto-lineatura)

Manlio Piva | Apprendere E comunicare 21

Naturalmente nella lista è sottinteso l’Assessorato alla Cultura che ha svolto quale committente le funzioni già suesposte per il caso FVG e che nel Progetto ha trovato anche la propria di visibilità, grazie alle brochure e DVD distribuiti nelle scuole.

Il “pilota” ottiene il successo sperato, con la soddisfazione di tutti i sogget-ti coinvolti, e trova l’interessamento di un altro Assessorato regionale, quello all’Ambiente e Territorio, con il quale si instaura negli anni un rapporto di fiducia e collaborazione del quale la presente pubblicazione costituisce uno dei risultati. Per l’A.Sc. 2011-12, ai fondi dell’Ass. alla Cultura si affiancano dunque quelli dell’Ambiente e la sperimentazione adotta un nome comune per entrambi (Il Paesaggio del Veneto: promozione e tutela ) ma differenzia l’offerta per tipologia di scuola: le Secondarie di II Grado (4 gruppi classe/laboratori) focalizzano i loro prodotti laboratoriali sulla “promozione” mentre le Primarie e le Secondarie di I Grado (12 gruppi classe/laboratori) sulla “tutela”. Le province coinvolte diventano 4 (Padova, Venezia, Treviso, Belluno), i formatori 5. I processi messi in campo sono i medesimi dell’anno precedente, i laboratori variano fra le 8/10 ore (4/5 interventi) a seconda delle scuole, si amplia l’offerta dei format. L’incontro finale a Padova, con la presentazione di tutti i prodotti audiovisivi agli allievi partecipanti, in-segnanti e assessore, diviene un altro momento importante di condivisione e verifica (oltre che di visibilità), per la committenza una conferma che la proposta ha un valore tanto sul piano educativo quanto sulla diffusione delle pratiche ecosostenibili.

Si arriva così allo scorso A.Sc. per il quale i fondi stanziati dall’Assesso-rato all’Ambiente e Territorio permettono di far partire ben 28 laboratori, finalmente in tutte le province del Veneto. I formatori diventano 9, sempre scelti fra neolaureati dell’Università di Padova, che svolgono la loro attività con un contratto di collaborazione stipulato con l’Università. L’ampiezza raggiunta dal Progetto necessita anche di una diversa organizzazione per i contatti con le scuole e per assicurare una più stringente e continua colla-borazione con il mondo della scuola: l’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto, che negli anni aveva seguito con interesse le sperimentazioni attuate, viene direttamente coinvolto negli avvisi di selezione inviati alle scuole, nel monitoraggio dei laboratori e con la stipula di un accordo di collaborazione con l’assessorato regionale per tutta una serie di attività legate alla scuola e all’ambiente.

Il meccanismo si è messo in moto: seppur a un regime ridotto rispetto a quello dell’esempio friulano (ma solo in proporzione ai fondi), scuole del Veneto integrano la loro offerta formativa includendo in essa i linguaggi e

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la comunicazione audiovisiva, gli insegnanti hanno un’occasione di aggior-namento didattico, giovani neolaureati hanno la possibilità di lavorare e arricchire il proprio curricolo, la Regione di svolgere non solo un’azione redi-stributiva ma anche di promuovere e diffondere una “Pubblicità Progresso” delle buone pratiche che, oltretutto, diventano strumento di prevenzione e risparmio, tanto in termini ambientali che economici.

Ecco perché il Progetto 2012-13, con il titolo Beviamoci pure questa! Acqua, un bene comune: formazione, informazione, promozione, viene inse-rito all’interno della Settimana dell’Ambiente Veneto – la Fiera nella quale la Regione promuove le politiche ambientali, le aziende pubbliche e private del settore, l’avvio di progetti cofinanziati pubblico-privato – e alcuni dei formati prodotti dagli studenti nei laboratori del 2011 e del 2012 vengono scelti quali testimonial e pubblicità dell’evento.

Un ulteriore passo verso la condivisione e la diffusione delle “buone prati-che” è stata l’apertura di uno specifico portale, collegato ai siti della Regione del Veneto, USR, Università di Padova, nel quale sono stati caricati e resi disponibili, a tutti gli insegnanti e non solo, i formati prodotti negli anni di sperimentazione e una illustrazione dei procedimenti per la loro attuazione pratica, di cui anche questa pubblicazione diventerà parte.4

I contributi che seguono contengono la tempistica e le indicazioni metodologiche affinché altri insegnanti che non hanno partecipato alla sperimentazione possano a loro volta, autonomamente, attivare con i propri allievi uno o più dei percorsi laboratoriali attuati o prendere ispirazione da essi per creare percorsi originali.

Essi sono anche esemplificativi del metodo con il quale sono stati preparati (di entrare così a sbirciare nella nostra “officina”), che consiste principal-mente nella definizione di un obiettivo concreto e dei passaggi necessari a raggiungerlo partendo da una situazione data. La costruzione avviene a ritroso: definito l’obiettivo finale (creazione di uno spot, un videoclip, un’animazione o altri formati audiovisivi) e il contenuto che dovrà veico-lare, si procede a “impilare i tasselli”, gli elementi necessari a raggiungere il duplice scopo (creazione del contenitore e del contenuto) in modo che si intersechino fra loro i momenti di somministrazione delle competenze necessarie con quelli relativi alle conoscenze. Ci si ferma in questo viaggio a ritroso una volta raggiunto un equilibrio fra le preconoscenze e i prerequisiti necessari che vanno a definire il punto di partenza, il target di riferimento.

4 http://www.regione.veneto.it/web/ambiente-e-territorio/settimana-ambiente-2013

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Si procede quindi a “ridiscendere”, verificando se ci sono elementi accessori che si possono ridurre o togliere, se il processo logico-temporale è fluido o ha bisogno di ulteriori passaggi intermedi, se ci sono delle varianti possibili rispetto agli strumenti tecnologici da utilizzare.5 Si procede allora a definire i tempi necessari all’attuazione di ogni passaggio. L’operazione è importan-te: da un lato si comprende se nella sua interezza il modulo è contenuto in tempi accettabili al contesto nel quale verranno inseriti (per esempio i moduli creati per questo progetto sono di 10 ore) e nel caso così non fosse si “limano” alcuni passaggi, se ne tolgono altri che, tutto sommato, appaiono secondari rispetto all’obbiettivo; dall’altro l’operazione serve a suddividere il modulo in un tot di “lezioni”, che siano il più possibile omogenee e in sé concluse, indipendenti, in modo che ogni intervento lasci una sua traccia di evidenza, di obiettivo intermedio raggiunto, e per fare questo spesso si rende necessario modificare ulteriormente la bozza di impianto, fino a raggiungere il prototipo. La struttura modulare, autosufficiente e indipendente che si viene a creare permette di rendere alla bisogna intercambiabili gli operatori senza che il percorso ne risenta particolarmente, e di essere utilizzata nelle situazioni più disparate.6 Infatti, costruito il modulo secondo una “didattica per obiettivi”, una volta che si renda necessario cambiare il target di riferi-mento non si modifica il focus ma si modulano diversamente gli interventi, a partire dalle preconoscenze e prerequisiti di riferimento.

La struttura di questi moduli-formati viene qui riproposta dagli stessi formatori che hanno messo in pratica i laboratori collaborando per i neces-sari adattamenti con gli insegnanti di riferimento delle scuole selezionate. La consegna data loro è stata quella di compilare una scheda sintetica (come per gli ingredienti di un ricettario) e di illustrare il percorso effettuato, evidenziando punti nodali, questioni teoriche considerate imprescindibili,

5 Dal più “povero” al più “ricco”, per permettere di poter attuare il percorso nei contesti più differenti, in base alla tipologia di apparecchiature disponibili. Di solito si prediligono per-corsi “poveri” sotto il profilo tecnologico, perché è sempre possibile “arricchirli”, mentre è più complicato, a volte impossibile, l’inverso. Un percorso laboratoriale “ricco” è esclusivo, non inclusivo, soprattutto se si opera in contesti spesso tecnologicamente limitati come sono spesso, purtroppo, quelli scolastici.6 Un formatore negozia mesi prima con la scuola i giorni e le ore del suo intervento in classe, se qualcosa poi interviene a impedirgli di presentarsi anche a uno solo di questi appunta-menti, tutto il calendario rischia di saltare per la difficoltà di spostamenti nel (troppo) rigido orario scolastico. La struttura in “lezioni” permette a un altro formatore di inserirsi agevol-mente nel percorso già attuato ed evitare così tanto i problemi nell’agenda della scuola che in quella dei formatori stessi.

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approcci pratici e metodologie. A ciascun formatore è stata lasciata la libertà di scegliere il tono e il linguaggio che più gradiva, con l’espresso obiettivo di rendere il più vivacemente possibile l’approccio e lo “stile” comunicativo messo in atto.

Si noterà quanto il linguaggio “tecnico” legato ai media sia somigliante fra formatore e formatore, mentre non lo sia quello didattico-pedagogico: ciò evidenzia il comune curricolo di questi formatori, perlopiù laureati in Discipline dello Spettacolo presso l’Università di Padova, ma anche testi-monia delle esperienze laboratoriali nel frattempo da essi condotte, e di studi specifici, attraverso i quali il loro linguaggio si è arricchito di tutta una serie e stratigrafia di termini provenienti dai diversi ambiti scientifici afferenti al mondo dell’educazione, a seconda degli interessi ed esperienze di ciascuno.

Se tale eterogeneità può apparire come un “difetto”, la sua “difesa d’uf-ficio” (di fatto non necessaria dal momento che questi formatori sono fin da subito presentati quali coadiutori, partner degli insegnanti, ai quali spetta la responsabilità e l’“autorità” ultima dell’aspetto didattico-pedagogico) diviene per me occasione gradita per evidenziare alcune realtà tangibili nella scuola (non solo) di oggi: le diverse anzianità di servizio degli insegnanti; le diverse esperienze di aggiornamento; i diversi approcci metodologici delle discipline d’insegnamento; le numerose revisioni terminologiche e “amministrative” imposte dal Ministero negli ultimi anni. Queste evidenze ci dicono tante cose su quello che la scuola è rispetto a quello che dovrebbe essere. Docenti formatosi in anni diversi portano con sé un approccio metodologico e un “atteggiamento” didattico diverso. Per quanti corsi di aggiornamento o di-rettive vengano attuate, è giocoforza che nell’insegnante l’imprinting ricevuto si mantenga e si autorinforzi-autoavveri nell’attività quotidiana, nei rapporti con colleghi e dirigenza, nel contesto sociale nel quale la scuola opera e trova i propri utenti. Docenti formatisi in anni diversi hanno atteggiamenti diversi rispetto ai propri allievi; la loro presenza in classe spazia dalla “sovranità” attribuita alla cattedra alla condivisione di obiettivi e valutazioni; il loro approccio didattico spazia dall’idea di una netta specificità disciplinare al sincretismo e all’interdisciplinarietà.

A questo si lega un approccio diverso rispetto alle tecnologie e in par-ticolare al loro utilizzo didattico: su questo punto le differenti realtà su descritte trovano la loro “convergenza” grazie a questi laboratori. Infatti, la strabordante presenza dei formati audiovisivi e promozionali nella vita di ciascuno implicano da un lato il loro riconoscimento immediato a qualsiasi

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età, dall’altro evidenziano il diffuso e trasversale analfabetismo rispetto al loro linguaggio, che accomuna adulti, bambini, adolescenti; altro grado di “analfabetismo” che li accomuna è quello relativo alle tecnologie mediali e digitali. In entrambi questi ambiti si assottiglia fino a scomparire il discrimine fra docente e allievo, fra formatore e formato: apprendere i linguaggi me-diali e multimediali diventa giocoforza una attività che non può prescindere dall’approccio laboratoriale, che proprio sui differenti apporti di ciascuno al gruppo, in assoluta simmetria, basa il suo funzionamento. In questo modus operandi l’insegnante perde la sua centralità per darla agli allievi, diventa un primus inter pares, un facilitatore, che implica e si fa implicare nell’at-tività, aggiornando a sua volta le proprie competenze tanto nel campo dei linguaggi audiovisivi che nelle tecnologie ad essi correlate. Percorsi siffatti comportano inoltre la naturale relazione e collaborazione fra discipline e saperi diversi, fra competenze provenienti dai curricoli più disparati (com-presi quelli impliciti degli allievi, che finalmente trovano modo di essere utilizzati e di farsi apprezzare in ambiente educativo). Anche il più piccolo laboratorio avente lo scopo di produrre un manifesto pubblicitario prevede abilità e conoscenze per produrlo concretamente attraverso l’utilizzo dei software di elaborazione grafica, delle conoscenze e competenze necessarie a comporne il contenuto e di quelle necessarie a renderlo efficace dal punto di vista comunicativo. Setting laboratoriale e interdisciplinarietà si fondono naturalmente insieme in questo tipo di proposte e contenuti, promuovendo una didattica che risponde appieno alle più moderne teorie e pratiche pe-dagogiche (oltre che a un dato di fatto: imparare insieme facendo qualcosa di concreto è più divertente, stimolante, gratificante) alle quali la scuola fa continuo riferimento teorico ma latita poi nella pratica.7

Gli audiovisivi sono “attraenti” e applicare il loro linguaggio per produrne uno è un “gancio”: non dimentichiamoci infatti che l’obiettivo ultimo non è il prodotto, ma il contenuto, del quale l’audiovisivo vuol essere un buon mediatore. Apprendere a mediare qualcosa, a trasferirlo letteralmente dai libri di scuola e dalle lezioni in classe a un “pubblico” è il nostro fine. Perché

7 Starsene seduti ogni giorno per ore su una sedia costretti a seguire passivamente le istru-zioni impartite non piace a nessuno, a nessuna età, ed è tanto più difficile oggi (e non solo tirando in ballo la solita “frenesia dei tempi moderni”, rispetto alla quale voterei per una slow-school, una “scuola della lentezza”, della calma, del silenzio), piuttosto perché le nostre attuali “protesi tecnologiche”, per dirla con McLuhan, stanno velocemente modificando il nostro stesso approccio al reale e alla conoscenza dopo millenni di relativa “stasi” legata all’invenzione della scrittura. Sull’argomento consiglio la lettura dell’ancora interessante R. Simone, La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, Bari, Laterza, 2000.

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per essere in grado di fare questo il nostro allievo dovrà aver fatto propri i contenuti, non solo conoscerli ma averli cioè appresi, essere in grado di spiegarli a sé e agli altri. A sua volta il “pubblico” sarà più attento e coinvolto dai contenuti proposti, perché provenienti dal “mondo dei pari” e non calati dall’alto. Saranno perlopiù amici coetanei, gli altri studenti della scuola, i genitori e i parenti, cioè tutte persone aventi un rapporto di fiducia e rispetto per gli autori del messaggio: sono stati direttamente o indirettamente coin-volti nella produzione dello stesso, implicitamente o esplicitamente in esso chiamati in causa quali destinatari, targets.

Slogan, immagini scioccanti o genialmente ironiche, fotoromanzi e ani-mazioni che ci invitano a pratiche e atteggiamenti ecosostenibili, gli spot che, ribaltando i messaggi di quelli dei grandi marchi, ci disarmano mostrandoci la nostra ingenuità di spettatori e i nostri riflessi condizionati di consumatori, ambiscono a uno scambio generazionale e a una integrazione culturale...

Credo che un gruppo classe e un docente che riescano a fare insieme questo percorso di analisi e ricostruzione del messaggio mediato e a proporne uno alternativo con gli stessi mezzi, riscrivano insieme la mappa ermeneu-tica dell’ambiente scolastico, il suo diretto comunicare con il mondo, la sua effettiva presenza all’interno di una comunità.

Visto anche il contesto nel quale questa pubblicazione si inserisce, non posso concludere queste pagine senza ricordare la “palestra” che per molti docenti della mia generazione ha costituito il Piano Nazionale per la Pro-mozione della Didattica del Linguaggio Cinematografico e Audiovisivo nella scuola, partito nel 1999 e continuato in Veneto ben oltre il suo sviluppo triennale, grazie alle energie di Maria Luisa Faccin che, in seno all’IRRE prima e all’ANSAS poi, è riuscita a esprimere due pubblicazioni,8 delle quali questa vuole essere idealmente la terza.

Riprendendo il metaforico “momentaneo approdo” con il quale ho aperto queste pagine, auspico che i prossimi siano quelli dell’istituzione anche in Veneto di un fondo regionale annuale per l’integrazione didattica dei linguaggi non verbali, sul modello di quello friulano, del riconoscimento professionale dei formatori laureati in queste discipline, dell’avvio di corsi di aggiornamento per gli insegnanti in Media and Film Literacy.

8 Maria Luisa Faccin (a cura di), Lingua e Linguaggi: dall’immagine al film, Cleup, Padova, 2006; Maria Luisa Faccin (a cura di), Arcipelago immagine – Percorsi di Media Education a scuola, Cleup, Padova, 2011.

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Un sentito ringraziamento rivolgo a Maurizio Conte, Assessore all’Am-biente e al Territorio, per la sensibilità dimostrata nel finanziare questo progetto, all’USR per il Veneto, ai Dirigenti scolastici e ai Docenti delle scuole venete per l’accompagnamento effettivo e la motivazione che hanno reso possibile il suo concretizzarsi.

I FORMATORI ILLUSTRANO I LABORATORI CHE HANNO CO-PROGETTATO E CONDOTTO

Le pagine che seguono sono una guida pratica che offre la possibilità ai docenti di cimentarsi nella realizzazione di laboratori in tutto o in parte simili a quelli prodotti durante il Progetto Beviamoci pure questa! I risultati dei laboratori sono poi visibili nel DVD in allegato al presente volume e comunque disponibili e scaricabili a risoluzione ridotta dal sito della Re-gione Veneto:http://www.regione.veneto.it/web/ambiente-e-territorio/settimana-ambiente-2013

Ogni percorso laboratoriale è costituito da una Scheda Didattica che ne illustra sinteticamente le caratteristiche prevalenti, il target, la strumenta-zione necessaria, la scansione delle lezioni. Segue la guida vera e propria al laboratorio. I formatori hanno avuto come riferimento la medesima struttura espositiva, ma ciascuno ha avuto la libertà di utilizzarla nel modo che riteneva più consono alla propria identità comunicativa.

I format esposti sono stati sperimentati non solo dai formatori presenti in questo volume, ma anche da altri valenti collaboratori laureati che, con il loro contributo, hanno arricchito e indirettamente o direttamente suggerito modifiche e migliorie ai format stessi. A loro, Elisabetta Corradin – Caterina Ferruzzi – Giulia Lavarone, va il nostro sentito ringraziamento.

Per ottenere informazioni aggiuntive o semplicemente per comunicare con noi, potete utilizzare la mail del curatore: [email protected]

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ELENCO DELLE SCUOLE CHE HANNO PARTECIPATO AI LABORATORI “BEVIAMOCI PURE QUESTA!”

Scuola primaria "A. da Tremignon" di Piazzola sul Brenta (PD)Scuola primaria "L. da Vinci", Albignasego (PD)Scuola primaria "Masaccio" di TrevisoScuola primaria "D.Manin" di Sambruson (VE)Scuola primaria "A. Vivaldi" di Spinea (VE)Scuola primaria "C. Battisti" di Mestre (VE) Scuola primaria "Giovanni XXIII" di Olmo di Martellago (VE)Istituto comprensivo di Cittadella (PD) "Santa Maria", scuola primariaIstituto comprensivo di Abano Terme (PD), scuola primaria "F. Busonera"Istituto comprensivo di Tombolo (PD), scuola primariaIstituto comprensivo di Loreo (RO), scuola primaria "Carla Gronchi" Istituto comprensivo di Crespano del Grappa (TV), scuola primariaIstituto comprensivo di Castelfranco Veneto (TV) "Sarto", scuola primariaIstituto comprensivo "Felice Chiarle", Peschiera del Garda (VR), Scuola primaria "D. Alighieri"Istituto comprensivo di Marostica (VI), scuola primariaIstituto comprensivo "Don L. Orione", scuola secondaria di I grado, Quero (BL)Istituto comprensivo di Rubano (PD), Scuola secondaria di I grado "M. Buonarroti"Istituto comprensivo di Vigodarzere (PD), scuola secondaria di I grado "A. Moroni"Istituto comprensivo di Ponzano Veneto (TV)Istituto comprensivo "G. C. Parolari", Mestre (VE), Scuola secondaria di I grado "G. Marconi"Istituto comprensivo "B. Bizio" di Longare (VI), Scuola secondaria di I gradoIstituto comprensivo di Rossano Veneto (VI) "G. Rodari", scuola secondaria

di I gradoIstituto comprensivo di Barbarano Vicentino (VI), scuola secondaria di I grado "R. Fabiani"Scuola secondaria di I grado "I. Nievo" di Castion (BL)Scuola secondaria di I grado "G. Gozzano", Fiesso Umbertiano (RO)Scuola secondaria di I grado "A. Mantegna" di TrevisoScuola Secondaria di I grado "A. Gramsci" di Camponogara (VE)Scuola Secondaria di I grado "Giovanni Paolo I" di Venezia

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SCHEDA DIDATTICA

INTRODUZIONE: LE RAGIONI DI UNA SCELTA

Questo modulo didattico è stato pensato per fornire agli allievi delle scuo-le primarie gli strumenti necessari per conoscere l’origine, i segreti, i mecca-nismi di riproduzione del movimento e i processi di costruzione del cartone animato1 e per dare loro la possibilità, attraverso la realizzazione di un breve cartone animato a scuola, di usare un nuovo mezzo espressivo per comunicare e raccontare.

È stato un percorso sia teorico che operativo, ma sempre con un approccio giocoso al mondo dell’animazione; un viaggio tra i misteri creativi del cartone animato, dalla persistenza dell’immagine sulla retina ai giochi ottici (tauma-tropio, zootropio, fenachistoscopio, flipbook), dalle diverse tecniche (disegno animato, stop motion, computer animation, découpage) ai processi proget-tuali, acquisendo strumenti “produttivi” e critici.

Il cinema d’animazione è uno dei primi prodotti audiovisivi con cui i bambini hanno contatto e verso cui manifestano il piacere della fruizione.

Amano l’animazione e la vivono quotidianamente, come parte impor-tantissima del loro immaginario, godono dei mondi fantastici che vengono

1 Il termine “cartoni animati” è scorretto, nasce da una traduzione fonetica dell’inglese cartoons. In realtà si dovrebbe dire “disegni animati” (cfr. francese dessins animés, spagnolo dibujos animados), ma ormai la dicitura è di così largo uso che è inutile insistere nel correg-gerla.

C’era una volta una goccia…di Anna Maso

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loro proposti dalle televisioni, dal cinema, ma anche dal complesso sistema del merchandising (giochi, gadget, abbigliamento, parchi a tema) dedicato ai cartoons. Ma la conoscono veramente?

Sicuramente hanno familiarizzato con l’animazione e il suo linguaggio fin dalla prima infanzia, e quindi si sono formati proprie competenze, certo fragili, a volte confuse, ma comunque preziose. Il problema vero è che, dopo una visione del “cartone animato” mossa dal sacrosanto desiderio di guardarsi una storia avvincente e divertente, non hanno mai avuto occasio-ne per riflettere su quello che hanno visto, per interrogarsi su come è stato realizzato, da chi e perché. In definitiva il compito di un modulo come questo è di fornire loro strumenti validi per raccontare queste conoscenze, analizzarle ed utilizzarle, come affermano anche le Indicazioni Nazionali:

Valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni, per ancorarvi nuovi conte-nuti. Nel processo di apprendimento l’alunno porta una grande ricchezza di esperienze e conoscenze, acquisite fuori dalla scuola e attraverso i diversi media oggi disponibili a tutti, mette in gioco aspettative ed emozioni, si presenta con una dotazione di informazioni, abilità, modalità di apprendere che l’azione di-dattica dovrà opportunamente richiamare, esplorare, problematizzare. In que-sto modo l’allievo riesce a dare senso a quello che va imparando.2

Per i bambini il cartone animato può essere vissuto come esperienza formativa e creativa eccellente, infatti é uno straordinario mezzo di espres-sione individuale ma anche di creazione collettiva, dove le competenze, le abilità e la creatività di ognuno sono coinvolte nelle varie fasi di lavoro in modo particolare ed unico, favorendo la contaminazione fra le più diverse discipline, soprattutto Educazione all’immagine, Lingua italiana, Educa-zione alla cittadinanza, Storia, Scienze.

I bambini si divertono, creano, si confrontano nel gruppo, sentono il piacere di essere responsabili di quel che fanno; sono motivati, coinvolti e trovano grande gratificazione per il loro impegno, vedendo il risultato con-cretizzato in un cartone animato, breve, ma fatto tutto da loro, con le loro mani. Questo della manualità è un ulteriore aspetto che è bene sottolineare: disegnare, tagliare, incollare, dipingere, sono tante le azioni che concorro-no al risultato finale.

2 Indicazioni Nazionali per il Curricolo 2012, L’ambiente di apprendimento, in: La scuola del Primo Ciclo, Annali della Pubblica Istruzione, n. speciale, Le Monnier, Firenze, 2012.

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A CHI È RIVOLTO

Gruppo classe del 3°, 4° e 5° anno delle scuole primarie. Ogni singola classe, per garantire un elevato grado di partecipazione attiva, non do-veva, preferibilmente, superare il limite massimo di 20 alunni.

FINALITÀ

Recuperare e rendere oggetto di “cultura riflessa” le esperienze di ap-prendimento che i bambini vivono al di fuori della scuolaOffrire ai bambini la possibilità di ripercorrere le principali tappe di evoluzione che hanno portato alla creazione del movimento “illusorio” delle immaginiFar scoprire loro l’esistenza di diverse tecniche d’animazione e far cono-scere loro le tecniche principaliFar sperimentare una delle tecniche attraverso la realizzazione di una breve animazioneSviluppare non solo la creatività personale, ma anche la creatività corale e di gruppo, assai importante sia nella scuola che nella società, e parti-colarmente legata alla realizzazione di un testo audiovisivo (in questo caso un cartoon)

STRUMENTI

Aula attrezzata con LIM (o computer collegato a proiettore e impianto audio). Ideale un’aula informatica VideocameraWebcamRegistratore audio digitaleScannerMacchina fotografica digitale

TEMPI

10 ore / 5 incontri

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PRECONOSCENZE/PREREQUISITI

L’allievo conosce e padroneggia:I meccanismi di base della lettura e della scritturaI concetti temporali fondamentaliI concetti spaziali e gli attributi di grandezza

OBIETTIVI

Conoscenze:Meccanismi di base del cinema d’animazioneFasi del processo produttivo

Competenze:Costruire un testo scritto (soggetto)Tradurre un testo scritto in immagini ( storyboard)Sviluppare la capacità di lavorare e collaborare in gruppo

Creare, con l’ausilio di software dedicati, una vera e propria animazio-ne

Verifiche:Elemento di verifica sarà il cartoon realizzato; saranno elementi di valu-

tazione l’attenzione, l’apporto personale, la capacità di condivisione e di lavorare in équipe.

Bendazzi, G., Lezioni sul cinema d’animazione, CUEM, Milano, 2004.Brunetta, G. P., Il viaggio dell’icononauta, Marsilio, Venezia, 1997.Lutz, E. G., I cartoni animati, Dino Audino Editore, Roma, 2001.MIUR, Indicazioni Nazionali per il Curricolo della scuola dell’infanzia e del primo

ciclo di istruzione, numero speciale di «Annali della Pubblica Istruzione», Le Monnier, Firenze, 2012.

Piva, M., Il coccodrillo luminoso e altre storie, Cinemazero, Pordenone, 2009.Potonnée, G., Les origines du cinématographe, Paris, 1928.Raffaelli, L., Le anime disegnate, Minimum Fax, Roma, 2005.Rondolino, G., Storia del cinema d’animazione, UTET, Torino, 2003.Tosi, V., Il cinema prima del cinema, Il Castoro, Milano, 2007.

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GUIDA ALLO SVOLGIMENTO DEL LABORATORIO

Lezione 1

Cos’è l’animazione?

Contenuti: Le origini.Nel primo incontro ho iniziato a parlare con i bambini di cinema d’ani-

mazione partendo da molto lontano, da circa 35.000-25.000 anni fa, quan-do un uomo ha disegnato sulla parete della grotta di Altamira uno strano cinghiale con otto zampe.

Si tratta di un espediente usato dall’artista paleolitico per rendere il mo-vimento.

Questo è un esempio di come gli uomini, fin dai tempi più antichi, han-no manifestato il desiderio di rappresentare il mondo e di riprodurre il mo-vimento. Successivamente si cercò di riprodurre il movimento disegnando una accanto all’altra le fasi di un’azione (come correre, andare a caccia, danzare etc.), esempi di questo procedimento si possono vedere sia nelle decorazioni di alcune tombe egiziane, sia su quelle di vasi greci.

L’uomo ha da sempre avuto bisogno di vedere le immagini da lui dise-gnate o scolpite farsi movimento, perché il moto è l’aspetto caratteristico ed essenziale della vita, rende evidente il suo scorrere nel tempo e nello spazio.

È una lunga storia di tentativi, attraverso civiltà ed epoche diverse, ma l’animazione di figure statiche ha cominciato a diventare una possibilità reale quando gli studi di fisica ottocenteschi permisero di scoprire il principio della persistenza retinica e di quello che oggi è conosciuto come il “fenomeno phi”. Per tutto l’Ottocento è un proliferare di ricerche, dove lo sforzo degli scienziati è concentrato sulla possibilità di animare l’inanimato.

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Ma «in ogni caso la storia evoluzionistica e teleologica dell’animazione delle immagini comincia con Plateau».3

Nel suo libro del 1928, Les origines du Cinématographe, Potonniée scri-veva:

C’è un precursore del cinematografo il cui nome deve essere scritto in lettere d’oro sul frontespizio della storia del cinematografo. È il professore belga Jose-ph Plateau, senza i lavori del quale né Lumière, né nessun altro avrebbe potuto inventare alcunché.4

Plateau, nella sua tesi dal titolo Dissertazione su qualche proprietà delle impressioni prodotte dalla luce sull’organo della vista (1829), punta a di-mostrare come la retina dell’occhio umano abbia la capacità di trattenere l’immagine per qualche frazione di secondo anche dopo che l’immagine stessa non è più visibile.

Ci si accorse così che, facendo scorrere davanti ai nostri occhi due im-magini diverse, superando una certa velocità, le due figure si sovrappon-gono, vengono fuse insieme, facendo credere al nostro cervello che stia ricevendo un flusso luminoso continuo senza “buchi neri”. Se ci facciamo caso è quello che succede quando sbattiamo gli occhi: per un attimo ci dovremmo trovare al buio e invece continuiamo a vedere senza interruzio-ne. Se poi più immagini leggermente differenti si presentano alla vista ad intervalli regolari di tempo, le impressioni che si producono sulla retina si uniscono senza confondersi, con il risultato di vedere una sola immagine che cambia forma e posizione.

Uno dei primi giocattoli ottici, realizzato sulla base di tale caratteristica dell’occhio umano, è stato il Taumatropio.5

Questo congegno dimostra molto semplicemente la facoltà della reti-na di mantenere l’immagine visiva per un certo tempo ed è anche facile da realizzare, pertanto ne abbiamo costruito uno. Basta ritagliare da un cartoncino un tondo e da un foglio altri due tondi delle stesse dimensioni su cui realizzare due disegni. Questi disegni vanno poi incollati sul carton-cino, l’importante è che uno dei due sia capovolto rispetto all’altro. Infine si fanno due buchi ai lati del cartoncino e vi si infilano dentro due elastici.

3 G. P. Brunetta, Il viaggio dell’icononauta, Marsilio, Venezia, 1997, p.4134 G. Potonnée, Les origines du cinématographe, Paris, 1928, p.65 In inglese thaumatrope, dal greco “girare delle meraviglie”, “trauma” meraviglia, sorpresa e “tropos” volgere, la cui invenzione viene attribuita da alcuni a Mark Ro-get nel 1824, da altri invece a John Ayrton Paris e William Henry Filton nel 1826.

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Tenendo ferme le estremità dei due elastici e arrotolando il cartoncino, quando questo verrà lasciato andare, la sua veloce rotazione permetterà di imprimere le due immagini sulla retina e di creare nell’occhio un’unica immagine risultante della combinazione dei due disegni.

I soggetti rappresentati sono solitamente: l’uccellino e la gabbia, il vaso con i fiori, il gatto e il cuscino, il pesce e la boccia d’acqua, l’albero spoglio e le foglie, il ragno e la tela.

La costruzione del taumatropio ha divertito molto i bambini. Perché il divertimento non si limitasse a quel solo momento e per dare loro la possibilità di esprimere la propria creatività, ho lasciato all’insegnante dei modelli vuoti di taumatropio, così che nei giorni successivi i bambini po-tessero inventarne di nuovi.

Nella prima metà dell’Ottocento nacquero numerosi giocattoli ottici, che cercavano di aumentare il numero di disegni e ampliare sempre più le possibilità di visione del movimento. Ho mostrato agli alunni un breve fil-mato, da me creato, per illustrare alcuni di questi giocattoli: fenachistosco-pio, zootropio, prassinoscopio, cineografo (oggi conosciuto con il termine inglese flip-book).6

I primi tre di questi giocattoli, però, permettevano di usare solo un nu-mero limitato di disegni. Il vero cambio di marcia si ha con il flip-book, che può essere considerato come il prototipo del cartone animato.

6 Filmati che mostrano questi e altri giochi ottici o che ne spiegano le modalità di costru-zione sono facilmente reperibili tramite ricerca su youtube. A Padova si può visitare una splendida collezione di invenzioni legate al cosiddetto pre-cinema al Museo Minici Zotti (www.minicizotti.it). Infine, come riferimenti bibliografici, consiglio Edwin G. Lutz, I car-toni animati, Dino Audino Editore, Roma, 2001, cap. I, Le origini dei cartoni animati, pp. 8-22; oppure anche Virgilio Tosi, Il cinema prima del cinema, Il Castoro, Milano, 2007.

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Il flip-book apparve intorno al 1860 e si trattava della prima forma di animazione che utilizzava una sequenza di immagini lineare piuttosto che circolare (come nel fenachistoscopio). È un semplice giocattolo compo-sto da una serie di immagini disegnate su cartoncini rettangolari; i disegni sono in successione, riprendono cioè le fasi di un movimento in sequenza. Facendo scorrere il piccolo libricino fra le dita, i disegni appaiono in mo-vimento e ci si avvicina tantissimo alla tecnica del disegno animato. Inoltre riproduce lo stesso effetto che si otteneva con il movimento dei dischi del fenachistoscopio e con i tamburi degli zootropi, ma mentre in quel caso si aveva un movimento continuo senza fine, con il flip-book abbiamo un inizio e una fine, quindi una breve storia animata.

Per costruire un flip-book serve un blocchetto di fogli, almeno 30-40, che siano delle stesse dimensioni e con il dorso pinzato e incollato (si pos-sono anche comprare già fatti).

Bisogna disegnare nella parte più bassa dei fogli, lontano dalla pinzatura e lasciare vuote le prime e le ultime pagine del blocchetto perché non scor-rono bene. Si parte dal fondo e nel progettare l’immagine bisogna realiz-zare su ogni foglio un disegno con cambiamenti minimi rispetto al disegno precedente (le variazioni si possono verificare in trasparenza alla finestra o alla luce di una lampada). Ogni volta andrà perfettamente ricalcato ciò che resta uguale e modificato ciò che si muove.

Nelle classi che avevano la LIM ho mostrato il procedimento eseguen-dolo prima io sullo schermo, utilizzando un software che crea un flip-book partendo da disegni fatti in tempo reale.7

Verso una definizione

La conoscenza di questi “giocattoli ottici” non può realizzarsi allo stesso modo per tutti, né il loro valore ai fini della comprensione può essere lo stesso in ogni caso.

Data la complessità della realizzazione di alcuni di essi, nonché l’utilizzo dei principi ottici in maniera non immediata, sicuramente il flip-book risul-ta quello che più degli altri rende l’idea di come il cartone sia realizzato, per alcune sue qualità: immagini fisse, sequenza temporale, cambiamenti minimi da un disegno all’altro. Risulta un vero e proprio “mediatore di-

7 La versione gratuita del software autorizza ad usare 100 frames: http://www.benettonplay.com/toys/flipbookdeluxe/guest.php

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dattico” per la comprensione del cartoon, in quanto oggetto concreto che mostra con immediatezza il risultato del movimento, oggetto padroneggia-to con le mani e con gli occhi. Realizzarlo rispetta anche la metodologia di approccio basata sull’attiva partecipazione e sulla dimensione esperienziale ed esplorativa.

Tale approccio trova una sua importante collocazione anche nelle Indi-cazioni Ministeriali per il curricolo:

L’acquisizione dei saperi richiede [...] la disponibilità di luoghi attrezzati che facilitino approcci operativi alla conoscenza [...]. Favorire l’esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere il gusto per la ricerca di nuove conoscenze. […] Realizzare attività didattiche in forma di laboratorio, per favorire l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa. Il laboratorio è una modalità di lavoro che incoraggia la sperimentazione e la progettualità, coinvolge gli alunni nel pensare, realizzare, valutare attività vissute in modo condiviso e partecipato con altri.8

La costruzione del flip-book ci ha permesso di focalizzare l’attenzione sui disegni che servono per animare un’azione. Abbiamo visionato un fil-mato9 che mostra prima la serie di foto del cavallo di Muybridge10 e poi una serie di disegni di un cavallo. In entrambi i casi le immagini passano davanti ai nostri occhi ad una velocità tale per cui ci appaiono in movimento.

Lezione 2

Le tecniche

Il secondo incontro si è aperto con un brainstorming collettivo sui carto-ni animati, anzitutto per conoscere le loro preferenze e abitudini di consu-mo del genere (i cartoni animati più amati, dove vengono trasmessi, a che

8 Indicazioni Nazionali per il Curricolo 2012, L’ambiente di apprendimento, in: La scuola del Primo Ciclo, Annali della Pubblica Istruzione, n. speciale, Le Monnier, Firenze, 2012.9 http://www.youtube.com/watch?v=zxbmW1dj-GA&feature=related10 Muybridge, fotografo inglese, nel 1878, volle rispondere con un esperimento ad un dub-bio, una sfida che metteva a confronto la nascente arte della fotografia con la raffigurazione pittorica; sistemando 24 fotocamere che scattavano delle foto in momenti successivi, lungo il percorso di un cavallo. Si accorse così di come in realtà la posizione comunemente usata dai pittori per raffigurare un cavallo al galoppo (con le quattro zampe estese contemporane-amente), non fosse reale ma sincretica.

40 Animazione

ora, etc.) e poi per poter partire da quello che conoscono per farli riflettere sul fatto che esistono diverse tecniche di animazione. La più diffusa, quella usata per creare i classici cartoons della Disney, è la tecnica del disegno ani-mato, si basa sulla realizzazione di una serie di disegni che, messi in sequen-za, riproducono il movimento di uno o più soggetti da una posizione A ad una posizione B (come abbiamo visto nel flip-book). Fra le due posizioni, che costituiranno l’inizio e la fine del movimento, si situano un numero n di pose intermedie che si chiamano intercalazioni.

Per ogni secondo di filmato sono necessari 24 diversi disegni; la fre-quenza di avvicendamento dei 24 disegni in fase di proiezione è troppo rapida perché lo spettatore al cinema si renda conto che si tratta di im-magini distinte, a causa del principio ottico della persistenza retinica, per cui lo spettatore avrà la sensazione di guardare un’azione continua, fluida, morbida. Quindi per fare pochi minuti di animazione servono tantissimi disegni, ad esempio per un cartone animato di 3 minuti servono 24 disegni x 60 secondi x 3 minuti, in definitiva ben 4.320 disegni!

A questo punto del percorso, i bambini hanno capito benissimo quanto lavoro c’è dietro storie di pochi minuti o dietro ai film di animazione di due ore che vedono alla televisione o al cinema.

Per verificare tale complessità invito sempre gli alunni a soffermarsi, al cinema, sui titoli di coda di un qualsiasi film d’animazione per notare quante persone ci hanno lavorato.

Ogni movimento dei loro beniamini dello schermo, anche il più piccolo (al quale magari non prestiamo neppure attenzione), è frutto di un lavoro lungo e complesso.

Abbiamo visto che servono 24 disegni al secondo per un movimento fluido; questo viene definito “a passo uno”, dove il “passo” è il rapporto fra quanti fotogrammi devono esserci in un secondo di animazione (appunto 24) e quanti disegni si realizzano per questo intervallo di tempo. Quindi se ne realizziamo 24 abbiamo 24/24=1, proporzione detta “a passo uno”.

È possibile ridurre il passo dell’animazione, sia per ragioni di budget sia per economizzare e velocizzare il lavoro. Sono state realizzate anche animazioni con meno disegni al secondo; abbiamo allora il ‘passo due’, con 12 fotogrammi al secondo (24/12=2) che si ottiene utilizzando lo stesso disegno per due fotogrammi; oppure il ‘passo tre’ con 8 disegni al secondo (24/8=3). Ovviamente queste altre soluzioni producono una resa del mo-vimento meno fluida.11

11 L’animazione a passo due o tre è usata soprattutto nei cartoni animati televisivi, come nelle famose serie Hanna & Barbera (Braccobaldo Show, I Flinstones etc.)

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Ma i disegni animati sono soltanto una delle tecniche per fare anima-zione.

Oltre ad essa ci sono la stop motion, che si basa sulla ripresa fotografica di oggetti tridimensionali (di solito pupazzi costruiti con la plastilina, come il famoso Pingu, che vengono leggermente modificati 24 volte per ogni se-condo di ripresa)12, la computer animation,13 il découpage, che spiegherò tra poco, e altre tecniche, come la pixillation, l’animazione con la sabbia, il disegno diretto sulla pellicola, la pittura…14

La tecnica usata in questo modulo è stata il découpage, termine francese traducibile in suddivisione, ritaglio, chiamato anche, in inglese, cut-out. È una tecnica di animazione in stop motion bidimensionale; consiste infatti nel ritaglio di cartoncini in forme le più varie possibili, creando una sorta di collage in movimento, affascinante per la sua assoluta artigianalità.15

Vanno distinti due tipi di découpage: quello monocromatico, basato sul-le classiche ombre cinesi, in cui le figure sono ritagliate su cartoncino nero, e quello policromatico in cui le figure sono decorate anche al loro interno.

Nel primo le riprese vengono effettuate ponendo le sagome sopra una lastra di vetro bianco; sotto alla lastra verranno posizionate delle lampadi-ne, che illuminano controluce gli elementi poggiati sopra, solitamente un foglio di carta velina per lo sfondo e le figure da animare, che in questo modo risaltano perché vengono ripresi in controluce.

12 Questa tecnica, come si può intuire, è molto laboriosa, per questo motivo sono rari i lungometraggi realizzati con essa; sono più frequenti i cortometraggi. La Aardmann, casa di produzione inglese, l’ha riportata in auge con il lungometraggio Galline in fuga ed i corto-metraggi di Wallace e Gromit. La stop motion, che usa creare personaggi e sfondi mediante materiali malleabili come la plastilina, è detta anche claymation. Un’animatrice giapponese, da anni residente in Italia, che crea meravigliose e poetiche animazioni con questa tecnica, è Fusako Yusaki.13 Tecnica che non si può non associare istantaneamente allo studio Pixar, infatti la Pixar è la società che ha letteralmente dato vita all’attuale tendenza dell’animazione digitale e con essa ha anche dato il via a una conseguente rivoluzione del cinema dal vero, che fa ormai largo uso dell’animazione digitale. Tra i film più famosi della Pixar ricordo Toy Story, Alla ricerca di Nemo, Cars, Ratatouille.14 Ai bambini, per motivi di tempo, e anche per evitare eccessiva dispersione, ho spiegato solo le prime quattro, infatti disegni animati, stop motion, e computer animation sono le tecniche più usate nei cartoon seriali e nell’animazione commerciale, da loro più fruita. Il découpage invece l’ho spiegato con particolare attenzione perché sarebbe stata la tecnica che noi avremmo poi usato.15 Fra i maggiori rappresentanti di questa tecnica, va citata la grande artista tedesca Lotte Reininger (1899-1981), gli italiani Giulio Gianini e Emanuele Luzzati, il francese Michel Ocelot, il russo Yuri Norstein.

42 Animazione

Nel caso del découpage policromatico invece la luce non serve.Noi abbiamo usato quest’ultimo a passo due, talvolta anche a passo tre;

questo rende l’animazione più a scatti e meno fluida, ma è stato necessario per motivi di tempo.

Idea, soggetto e storyboard

Per realizzare un cartone animato prima di tutto ci vuole un’idea, una storia, un soggetto, per avere ben chiaro ciò che si vuole raccontare. Il sog-getto viene analizzato e suddiviso in un certo numero di sequenze, compo-nendo quindi lo storyboard: una sorta di fumetto del cartone animato, con descrizione di scene, dialoghi, musiche, etc. (potremmo definirlo come un “riassunto per immagini”).

Prima di iniziare le riprese, quindi, dovevamo pensare all’idea per il nostro cartone animato; anzitutto i bambini hanno espresso il loro vissuto sul tema “acqua” e si è scelto insieme il soggetto più adatto per affermare ciò che volevano comunicare.

Questo è il punto forte della programmazione, che dev’essere svolto accuratamente; la fase di elaborazione dipende dall’idea e dal rispetto dei tempi di confronto e discussione tra gli alunni, fondamentale in un lavoro d’équipe.

È una delle fasi più delicate, in cui spesso i bambini si trovano in diffi-coltà. Le idee sono tante, ma spesso copiate, troppo strampalate, irrealizza-bili in un cartoon di pochi minuti. Invece è importante far capire loro che quello che si vuole rappresentare deve poter essere animato solo con le no-stre forze (non siamo la Disney!). Le difficoltà nascono anche dal fatto che i bambini tendono a portare sempre tutto sul piano della parola scritta o comunque di un linguaggio descrittivo e didascalico, tendono a concettua-lizzare le visioni invece che a visualizzare i pensieri. Per facilitare, invece, quest’ultima operazione, ho usato supporti legati alla comunicazione visi-va, proponendo alla LIM riproduzioni di opere d’arte, fumetti, fotografie, video, spot, legati al tema dell’acqua. Questo li ha aiutati a ragionare sulla specificità delle immagini.

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Inoltre, sempre per favorire la visualizzazione delle loro idee, disegna-vo io direttamente lo storyboard16 alla LIM, per evidenziare di fronte alla classe le relazioni tra le immagini e le pertinenze di senso e di forma. Con le classi che non avevano la LIM ho usato la lavagna tradizionale e ho fatto disegnare ai bambini i singoli quadri dello storyboard.

Va specificato che il cinema d’animazione più conosciuto al grande pub-blico è quello più propriamente “narrativo”, ma esiste un cinema d’anima-zione, soprattutto d’autore, che ha invece scopi più “espressivi” e pertanto è meno interessato alla narrazione, ma più alla sperimentazione, all’estetica ed all’espressione dell’artista. Purtroppo questa animazione è poco cono-sciuta e di solito resta relegata nell’ambito dei festival. Ma io cerco sempre, nei miei laboratori, di proporre entrambe le possibilità ai bambini, che così hanno potuto scegliere tra la realizzazione di un cartone animato più “nar-rativo” o di uno più “espressivo”.

Mi sembra fondamentale, inoltre, cercare di legarsi, con il laboratorio, alla programmazione di classe, a quanto fa già parte di un percorso di co-noscenza, di analisi e di riflessione compiuto dagli alunni. Nei laboratori di quest’anno tutte e quattro le classi nelle quali ho lavorato avevano già svol-to, al mio arrivo, un percorso didattico sul ciclo naturale dell’acqua e anche sulla fase successiva della gestione della risorsa per usi umani. Al fine di educare, fin da bambini, al rispetto di questo bene così prezioso, le scuole hanno svolto dei progetti per sensibilizzare gli alunni all’uso consapevole e sostenibile dell’acqua, affinché se ne riduca lo spreco.

16 La fase di realizzazione dello storyboard normalmente è preceduta dalla definizione del soggetto; tuttavia nel concreto di questa esperienza, il disegnarlo da parte mia permetteva di stringere i tempi e superare le difficoltà citate sulla capacità di visualizzare e rendere per immagini pensieri e idee.

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Due delle classi coinvolte hanno scelto di realizzare un cartone animato che sottolineasse con un linguaggio narrativo l’acqua come risorsa ambien-tale da proteggere.

Ad esempio, una classe stava facendo un percorso centrato sul confron-to fra l’uso dell’acqua in bottiglia e l’uso dell’acqua di rubinetto. Analiz-zando i dati su consumi, costi di produzione, trasporto e smaltimento delle bottiglie (soprattutto di plastica), hanno messo in evidenza le conseguenze economiche e ambientali delle nostre scelte.

Il risultato è stato un cartone animato che evidenzia la necessità di utiliz-zare l’acqua di rubinetto per motivi ecologici ed economici.

Altre due classi hanno invece scelto di realizzare un cartone animato centrato maggiormente sull’espressione artistica e attento alle componenti estetiche del prodotto, che sottolineasse i fenomeni naturali, come la piog-gia o la neve, trattati nell’ottica di regali preziosi non solo da rispettare, ma che ci evocano emozioni e sono capaci di creare un’atmosfera magica e sognante.

Ad esempio una classe, ispirandosi ai quadri di Magritte, con i suoi fa-mosi ombrelli, ha composto un video sulla pioggia dove si incontrano mu-sica, pittura e poesia.

Per la realizzazione è stato importante l’allestimento della postazione di ripresa per disegni bidimensionali, che doveva trovarsi in uno spazio deli-mitato e dedicato, anche nell’aula stessa, ma era importante che non subis-se spostamenti o cambiamenti durante le riprese. I materiali necessari:

uno stativo: questo dispositivo sostiene la videocamera e mette a dispo-sizione una solida superficie d’appoggio per il materiale da riprendere,17 i fogli vengono tenuti ben fissi sul piano con del nastro adesivo;una webcam (o una videocamera) sospesa verticale e puntata verso il basso, sopra ai disegni;un computer con porta Firewire o USB per collegare la videocamera o la webcam, il computer deve essere posizionato in modo da dover solo voltare la testa per controllare sia lo schermo che il piano di ripresa;un software dedicato che permette di registrare un fotogramma alla vol-ta cliccando su un tasto specifico;18

17 Nel caso non si disponga di uno stativo, si può usare un tavolo o il pavimento come base di appoggio per i disegni e un cavalletto che permetta di orientare la videocamera in verti-cale e verso il basso.18 Non entro nel merito tecnico di un software particolare per la realizzazione di cartoons, in quanto questo dipende dalla dotazione software disponibile e dalla conoscenza specifica di determinati programmi. Esistono diversi programmi facili da usare, alcuni economici,

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un software di editing video.19

Dov’è possibile, consiglio, infine, di collegare il computer alla LIM o ad una tv a circuito chiuso; questo consente ai bambini un controllo continuo e immediato del proprio agire, con conseguente possibilità di autocorre-zione.

Approntati questi materiali e condizioni, siamo partiti con la realizza-zione.

Lezione 3, 4, 5

La realizzazione: tutti al lavoro!

Chi si dedicava a disegnare o dipingere gli sfondi, chi a cercare le mu-siche da usare, chi a disegnare le parti fisse delle figure, chi a creare gli elementi che avrebbero dovuto muoversi…

Questi ultimi possono essere molto semplici da fare, per esempio nel caso si tratti di figure geometriche che si spostano sul piano, magari a tem-po di musica; oppure più complessi, per esempio se il personaggio è un uomo che cammina, bisogna scomporlo in parti che possano essere artico-late tra loro.20

Alla prima esperienza d’animazione generalmente cerco di evitare i mo-vimenti complessi, sia per la difficoltà eccessiva che potrebbe demotiva-re gli alunni, sia perché richiedono tempi molto lunghi di ripresa, questo aspetto dev’essere tenuto presente nella fase di progettazione dell’opera, quella che abbiamo visto nell’incontro precedente.

alcuni costosi, altri completamente free che si possono scaricare da internet. Sempre in rete è possibile trovare tutorial per ognuno di essi. Tra i vari software free segnalo http://linuxstopmotion.org/19 Tutti i computer hanno un programma per il montaggio video compreso nel sistema ope-rativo. Su un Mac si trova iMovie, su Windows trovate Movie Maker.20 Queste parti solitamente vengono legate tra di loro con del filo di nylon e del nastro adesivo.

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Appena abbiamo avuto gli elementi per la prima ripresa l’abbiamo fatta tutti insieme, così ho avuto modo di spiegare il procedimento: un leggero spostamento e due scatti, un altro leggero spostamento dell’oggetto e due scatti, e così via. Attenzione: chi scatta deve aspettare che prima i compagni che fanno gli spostamenti tolgano le mani, quindi accordarsi per lavorare in sincronia. Quelli che spostano devono stare attenti a muovere solo quel-lo che deve muoversi nel video e a non spostare neanche minimamente il resto; un accorgimento che di solito viene usato è quello di ancorare allo sfondo, con del nastro adesivo, le parti fisse.

Da questo momento in poi, i bambini si sono alternati in piccoli gruppi di ripresa: due al computer, due al piano di ripresa per muovere gli oggetti. Mentre gli altri hanno continuato a lavorare disegnando gli elementi neces-sari alle successive riprese, seguendo lo storyboard.

Durante ognuno dei tre incontri abbiamo realizzato un minuto di filma-to, cosicché alla fine abbiamo ottenuto un cartoon di circa tre minuti.

In alcuni casi abbiamo utilizzato degli escamotages per guadagnare tem-po. Nel cartone animato “Acqua di rubinetto o acqua in bottiglia?” l’idea

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era che sulla tovaglia bianca di un tavolo apparecchiato apparissero le im-magini che evocavano i lati positivi dell’utilizzo dell’acqua di rubinetto e quelli negativi dell’utilizzo dell’acqua in bottiglia, a seconda che sul tavolo ci fosse una bottiglia o una caraffa d’acqua. Per guadagnare tempo ab-biamo alternato varie tecniche: in alcune sequenze abbiamo utilizzato il découpage, mentre in altre abbiamo disegnato direttamente sulla tovaglia e ripreso le varie fasi del disegno con la stop-motion. In pratica un bambino disegnava, ad esempio, lo stelo di un fiore, toglieva la mano e si faceva-no due scatti, poi disegnava un petalo (due scatti), un altro petalo (due scatti)…e così via, in modo che l’effetto finale fosse quello di un disegno “che si faceva da solo”. La semplicità di questo processo tende a velocizza-re la creazione dell’animazione, però richiede una pianificazione dettaglia-ta del disegno stesso.

Quando si svolge a scuola questo tipo di attività, solitamente è difficile che la postazione di ripresa possa restare stabile ed invariata per giorni tra una ripresa e l’altra, pertanto consiglio di cercare di completare la registra-zione della scena in corso prima di concludere la sessione giornaliera di registrazione, perché solitamente è difficile ritrovare esattamente la mede-sima inquadratura la volta successiva.

Il montaggio e la sonorizzazione del video sono stati fatti da me a casa tra un incontro e l’altro, perché le due ore di ogni incontro erano sufficienti per le sole riprese.

La fase di ripresa dunque è un processo lungo e laborioso, ma i bambini l’hanno vissuto con grande entusiasmo ed attenzione, contando i frames con stupore ed esultando al raggiungimento del primo minuto di ripresa. Io li ho lasciati fare tutto da soli: anche se il risultato finale avesse avuto qualche piccola inesattezza, la cosa importante era che loro si sentissero protagonisti di quello che andavano realizzando e imparassero anche dagli eventuali errori. Ad esempio, quando hanno scoperto che l’ombra della loro testa poteva finire nell’inquadratura, si accucciavano per terra prima di dare il via ai compagni che cliccavano al computer. Alla fine di ogni incontro guardavamo sullo schermo della LIM tutti insieme le riprese di quel giorno, commentando e verificando il risultato. È stato particolarmen-te emozionante quando hanno visto per la prima volta un uccellino, che avevano tanto pazientemente spostato, attraversare lo schermo; istintiva-mente hanno urlato tutti di gioia, l’emozione di vederlo volare era troppo grande!

48 Animazione

Insieme hanno collaborato per la soluzione dei problemi che si presen-tavano; ad esempio quando è stata inavvertitamente urtata la webcam e si è spostata l’inquadratura: allora, procedendo per tentativi, hanno ritrovato, dopo numerose prove, la posizione giusta. Si è trattato di un vero e proprio lavoro d’équipe e, in questo senso, l’incidente è stato anche l’occasione per esperire un valore, quello dell’apporto e dell’aiuto reciproco nella soluzio-ne di problemi.

Qual è stato il mio ruolo di formatrice in questi laboratori? E quale sa-rebbe il ruolo dell’insegnante che si appresta ad intraprendere un’esperien-za di questo tipo? Essenzialmente è il ruolo di mediatore tra l’emittente, il linguaggio specifico (in questo caso il cinema d’animazione, le sue tecniche e il linguaggio che utilizza termini specifici quali inquadratura, scala dei piani, ecc.) e gli animatori in erba, di facilitatore nell’uso degli strumenti tecnologici complessi.

Il problema è fornire agli alunni strumenti validi per raccontare le pro-prie esperienze e quanto vogliono comunicare, utilizzando le infinite possi-bilità offerte dai collegamenti trasversali e multidisciplinari che un percor-so attraverso il cinema d’animazione consente.

Ciò che rimane

Un percorso del genere è ricco di giocosità, di affetti, di emozioni, crea legami che continuano nel tempo. Molti di questi alunni mi hanno scritto mail per ringraziarmi o raccontarmi gli esperimenti fatti a casa, da soli o in compagnia, per creare animazioni. L’esperienza ha dato il via ad un atteg-

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giamento di ricerca e di sperimentazione che a volte porta a risultati in cui l’allievo supera il maestro, e ti può capitare che ti arrivi da un bambino di undici anni un messaggio come questo:

Ciao Anna volevo dirti che Helium Frog, il programma che mi hai consigliato, è bellissimo! Però ti volevo dire che da un po’ di tempo ho scoperto un nuovo programma chiamato Muvizu: è solo da professionisti ma poi sotto sotto non è difficilissimo da usare e completamente gratuito e non è in prova. Te lo con-siglio. ciao

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SCHEDA DIDATTICA

INTRODUZIONE: LE RAGIONI DI UNA SCELTA

Raccontare un fatto, una storia, una fantasia non è sempre semplice; ben lo sanno gli studenti, a cui viene richiesto, nel corso dei diversi cicli scolastici, di imparare “come” raccontare. Genere, punto di vista, narratore, figure reto-riche... una serie di scelte che definiscono il tipo di narrazione all’interno di un’opera dell’ingegno. Questo laboratorio tratta del raccontare: certo, non potrà affrontare tutti i modi e le forme del racconto e nemmeno potrà spaziare attraverso tutte le for-me d’arte che – tradizionalmente - raccontano una storia. Questo laboratorio parlerà del racconto attraverso il cinema. E, ancor più specificatamente, lo farà attraverso il cinema di animazione in stop motion.

Quando si chiede a degli studenti di pensare ad un film, i titoli che spesso vengono citati riguardano film “dal vero”. E il disegno animato? Sembra dimenticato, o collocato in un altro settore, contiguo, ma non lo stesso. Ep-pure non c’è molta differenza, nella tecnica primitiva di creazione dei due. La macchina-cinema registra le immagini di entrambi i tipi di film, una per una, e poi la “grande macchina che proietta” alla fine le presenta ad una velocità tale da darci l’illusione del movimento.Quelle differenze che intercorrono fra disegno animato e film, in ultima analisi, riguardano solo la “realtà” degli attori e delle location. Ma, verreb-be da obiettare, forse il personaggio, i costumi, una stanza sono davvero “reali”, in un film “dal vero”? Per questo si è deciso di parlare di storia, di finzione (e di come il cinema porta lo spettatore a credere alle sue finzioni) e di narrazione attraversando questa zona grigia, quella del cinema d’animazione.

A “passo uno” verso il racconto filmicodi Enrico Ruffato

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Gli studenti partecipanti saranno invitati a ragionare sulla “macchina-cinema” e, contemporaneamente, sulle sue particolari forme narrative ed espressive. La trasposizione di un testo, che a scuola nascerà probabilmen-te scritto, vedrà i partecipanti al laboratorio confrontarsi con la necessità di effettuare delle scelte “visive” per esprimere un concetto.

A CHI È RIVOLTO

Gruppo classe del 3°, 4° e 5° anno delle scuole primarieGruppo classe delle scuole secondarie di I grado

FINALITÀ

Sviluppare il confronto fra testo scritto e sceneggiaturaConoscere le tecniche basilari del cinema di animazioneRiconoscere i diversi ruoli e passaggi che consentono la creazione di un filmConiugare attività pratiche e utilizzo di tecnologie multimediali

STRUMENTI

Aula attrezzata con materiali di cancelleria (forbici, cartoncino ondu-lato, fogli colorati di grammatura sia 80 che 200, colla, colla stick, pen-narelli, pastelli, materiali di recupero quali campionari di tappezzeria o moquette)Scatola di fermacampioni o gomma adesiva rimovibilepuntine da disegnoFoglio di cartone da imballaggio misure 50 x 70 cm circa o 100 x 70 circaComputer con installato un software per la creazione di filmati in stop motion (ve ne sono, scaricabili gratuitamente da internet, di ogni tipo e per ogni sistema operativo in uso)Webcam HDMacchina fotografica digitaleVideoproiettore Qualora presente, una LIM (Lavagna Interattiva Multimediale)

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TEMPI

10 ore / 5 incontri

PRECONOSCENZE/PREREQUISITI

L’allievo conosce:La forma-base del racconto (situazione iniziale - elemento perturbante - risoluzione)la caratterizzazione di un personaggiol’esposizione analogica, attraverso un racconto, di un tema sotteso

L’allievo è in grado di:scrivere correttamente un breve testo narrativo saper utilizzare in modo elementare una videocamera, un computer

OBIETTIVI

ConoscenzeElementi del linguaggio cinematograficoDal “racconto” alla sceneggiaturaNozioni di tecnologia del cinema e dell’audiovisivo

CompetenzeSaper creare scaletta e “sceneggiatura” del prodotto cinematografico o televisivo audio/videoSaper disegnare uno storyboardSviluppare familiarità con il lavoro in équipe

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

Costa A., Saper vedere il cinema, Bompiani, Milano, 2001.Piva M., Il coccodrillo luminoso e altre storie, Cinemazero, Pordenone, 2009.Rondolino G., Storia del cinema d’animazione, Utet, Torino, 2003.

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CONTENUTI E METODOLOGIE DELLE LEZIONI

Il modulo vuole ricreare in ambiente scolastico la struttura base di un la-boratorio di animazione/studio cinematografico. Si procederà nel modo seguente:

Lezione 1

Il racconto al cinema

La narrazione per immagini: “visualizzare” una storiaModalità: lezione partecipata

Contenuti:Dopo una prima parte introduttiva, gli studenti vengono invitati a ragio-nare sul significato del verbo “raccontare”. Li si conduce, attraverso un ragionamento indirizzato dal formatore, a dare una prima definizione al concetto di “racconto” (inteso come “evento narrato”, tralasciando le dif-ferenziazioni letterarie).Durante la seconda parte della lezione, si introdurrà il concetto di “cine-ma”, poi di “cinema d’animazione”, e alla fine si trarranno le somme com-parando e analizzando insieme sia l’idea di “storia” che di “audiovisione”.

Lezione 2

Soggetto e sceneggiatura

Scrivere una sceneggiaturaStoryboard e copione

Attività divisa in due parti. Prima parte: lezione partecipata. Seconda parte: attività pratica

Contenuti:La seconda lezione, partendo dalle conclusioni tratte al termine del primo incontro, definirà forme e caratteristiche della genesi artistica di un film: Soggetto, Scaletta, Trattamento.

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Si tornerà poi al tema centrale (già menzionato durante l’introduzione al laboratorio, lezione n. 1) dell’attività: l’acqua. L’insegnante dovrà già aver trattato l’argomento in classe e, possibilmente, aver steso, insieme agli alun-ni, anche una breve storia. Durante la parte pratica della lezione, i partecipanti saranno invitati a scri-vere (o a disegnare) la prima parte della sceneggiatura del loro film, utiliz-zando alcune schede didattiche (differenziate a seconda del ciclo scolastico frequentato dagli alunni).

Lezione 3

L’immagine e il movimento

Prima parte: lezione partecipata. Seconda parte: attività pratica

Contenuti:La terza lezione consiste nell’affrontare la fase di “produzione” del film. Se fino ad ora i partecipanti hanno realizzato un testo scritto e una sceneg-giatura (o uno storyboard), in questa lezione sarà necessario capire come concetti, descrizioni, azioni situate nella linea temporale della narrazione possano trovare il proprio equivalente in un testo audiovisivo.Durante la parte pratica della lezione, gli alunni saranno divisi in gruppi e invitati a realizzare i personaggi (si tratta di un film in stop motion, non dimentichiamolo), i fondali (“scenografia”) e tutti gli “oggetti di scena”.

Lezione 4

Si gira!

Attività pratica

Contenuti:Una volta pronte la sceneggiatura, le scenografie, i personaggi e gli oggetti di scena, è il momento di girare il film. Gli alunni, a turno, saranno invitati ad occuparsi della disposizione dei personaggi sui fondali e della “regia”.In questo modo il concetto di “macchina-cinema” e tutti i ruoli profes-sionali che ne permettono il funzionamento verranno esperiti attraverso un’attività completamente pratica.

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Lezione 5

Ottimizzazione

Attività pratica

Contenuti:Se il tempo della lezione precedente non fosse stato sufficiente a conclude-re la fase di “ripresa” del film, questa lezione verrà utilizzata come seconda fase di ripresa e momento conclusivo.Se tale fase fosse già stata completata nel corso della precedente lezione, il formatore avrà cura di mostrare agli studenti il film completo di titoli e sonoro, senza comunque tralasciare di dedicare la parte finale dell’incontro ad una discussione conclusiva.Sarà necessario, alla fine della lezione, analizzare nuovamente la storia scritta dagli studenti, la sceneggiatura realizzata in collaborazione con il formatore, il girato (ancora non elaborato in fase di “post-produzione”), e porli a confronto. Durante l’ultima parte dell’attività gli studenti saranno invitati ad esprimere le competenze acquisite, sostituendo così eventuali forme di verifica scritta, che per questa attività non sono previste.

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GUIDA ALLO SVOLGIMENTO DEL LABORATORIO

Premessa

Il laboratorio qui descritto si è svolto in quattro diversi istituti scolastici: due scuole primarie e due scuole secondarie di I grado. La prima lezione, come previsto dalla scheda, è stata caratterizzata da una ampia fase di di-scussione e presentazione delle attività al fine di attivare l’elemento “cata-lizzatore” dell’attenzione e stimolare quindi l’immaginazione degli allievi. È un momento molto importante perché l’effetto di ogni prima lezione influenza i risultati finali dei laboratori. Da evidenziare inoltre che in al-cuni casi la tempistica è stata modificata perché ho trovato classi in cui la “storia” da inventare era già completa e l’argomento “il ciclo dell’acqua” trattato da poco, mentre in altre classi ho dovuto riprendere da zero, o modificare, l’impianto del laboratorio, incidendo così anche sulla ridefini-zione delle aspettative degli studenti.

Lezione 1

La prima lezione è stata così organizzata:

(15’) Una prima parte di carattere introduttivo, durante la quale mi sono presentato e ho indicato sia il mio lavoro sia il più specifico argo-mento di cui ci saremmo occupati evidenziando fin da subito il nostro obiettivo: «alla fine di questi cinque incontri avremo prodotto insieme un piccolo film di animazione».(30’) Una parte di discussione, moderata dal formatore, sul tema del cinema e dell’immagine in movimento. Durante questa introduzione ho proiettato degli spezzoni di film e cartoni animati.(30’) Una parte di discussione focalizzata sulla storia che gli studenti avrebbero presentato al formatore (qualora tale racconto non fosse an-cora stato completato, il tempo a disposizione è stato usato per delinea-re il soggetto del film in maniera definitiva).(20’) Un primo momento di analisi delle differenze fra “testo scritto”, “sceneggiatura” e “film”.

58 Animazione

La prima parte della lezione è variata di molto, a seconda della classe e dell’istituto in cui si è svolto il laboratorio. Lo scoglio da superare riguardava la moltitudine di argomenti che avrei dovuto affrontare e la loro fusione in un’unica attività ed esperienza: dove-vo affrontare il concetto tecnico della macchina da presa, quello estetico-artistico del cartone animato (e le sue diverse forme – stop motion, disegno animato, animazione 3D ecc.), il concetto di trasposizione da un testo scrit-to ad un testo audiovisivo (con i relativi riferimenti ai termini “soggetto”, “sceneggiatura”, “scaletta”, “storyboard”). Tutte informazioni che doveva-no essere chiare in tempi brevi, senza risultare noiose.Ho quindi deciso di iniziare dalla magìa più elementare, quella dell’imm-gine in movimento.Ho sempre iniziato la prima lezione chiedendo: «Come si fa un film? Come si riprende una persona che si muove?» Dopo le risposte più ovvie, dovute alla nostra totale appartenenza all’epoca del digitale («Un film si fa con il computer» era la risposta più frequente), ho condotto gli studenti a ragio-nare sull’idea di una sequenza di fotografie, ognuna leggermente diversa dall’altra, fatte scorrere velocemente. Giunti a questo primo passo, ho poi chiesto loro come si realizza invece un cartone animato. Solitamente questo è un argomento più conosciuto; ad ogni modo, in caso di amnesia, avevo sempre con me un piccolo flip-book, che riesce sempre a rendere molto chiaro il concetto. In questo modo ho potuto unificare le due informazioni: «Dunque, se un film è composto di fotogrammi, cioè piccole fotografie che vengono fatte scorrere velocissimamente, e un cartone animato si realizza disegnando o fotografando delle figure inanimate su un unico nastro che poi viene fatto scorrere velocissimamente, capite che il nostro sarà lo stesso un film a tutti gli effetti!»A questo punto iniziavano le proiezioni. È importante precisare che le pro-iezioni, come il materiale didattico, sono state diverse a seconda della fascia d’età a cui gli alunni appartenevano.

1.1.a Scuola Primaria

Per la scuola primaria le proiezioni da proporre erano in numero maggiore, tutte relative a cartoni animati. Ho mostrato:

la sequenza dei titoli di testa del film a) L’armata Brancaleone (sigla animata di Emanuele Luzzati)

Enrico Ruffato | A “passo uno” verso il racconto filmico 59

la sigla iniziale di b) Pingula sigla iniziale di c) Bob aggiustatutto

Ho poi chiesto agli alunni come erano stati realizzati i personaggi dei tre cartoni, e come potevano aver fatto, i creatori, ad ottenere l’idea del movi-mento. Le risposte, in questo caso, sono state subito molto soddisfacenti, esaurienti e precise, tenendo conto anche delle differenze relative alle due diverse pratiche artistiche utilizzate (scultura in plastilina e découpage).

1.1.b Scuola Secondaria di I grado

Per studenti di una fascia d’età più alta (in entrambe le scuole si trattava di seconde classi, quindi alunni di 12/13 anni) ho invece puntato sulla proie-zione di:

la sequenza iniziale di a) A nightmare before Christmas (1993), di Tim Burtonil corto b) L’Italiana in Algeri (1968), di Emanuele Luzzatiun breve video tutorial sulla tecnica dello c) stop motion realizzato con minifigure Lego

In questo caso gli studenti, più abituati all’uso del computer, hanno avuto maggiori difficoltà a riconoscere tecniche e caratteristiche dei diversi filma-ti, e hanno pensato fossero stati tutti realizzati in digitale.Questa prima serie di proiezioni ha occupato ampia parte della prima le-zione, ma è stata utile a focalizzare subito l’obiettivo che ci prefiggevamo. Da questo momento, il percorso sarebbe stato in salita, mirato a creare un breve film simile a quelli visionati.

1.2 Seconda parte lezione La seconda parte della lezione si è concentrata sul concetto di “racconto per immagini” e la sua differenza rispetto al racconto scritto. Per ragioni di tempo ho proiettato un solo filmato, e solo nelle classi delle scuole Secondarie di I grado. In accordo con le insegnanti, nelle scuole pri-marie il racconto non era ancora stato scritto al momento dell’inizio delle lezioni (avrebbe comportato solo una noiosa attività di “dettato”), dunque si è deciso di muoversi, per quanto riguardava le fasce d’età più giova-

60 Animazione

ni, in altro modo. Avremmo richiamato alla mente le informazioni che gli alunni avevano raccolto circa il tema del ciclo dell’acqua e, in particolare, sul rapporto fra l’acqua e il loro territorio, e avremmo sviluppato la storia attraverso una “sceneggiatura disegnata”.

1.2.a Scuola Secondaria di I grado

Ho proiettato, per gli alunni di questo ciclo scolastico, la celeberrima se-quenza del “Giuramento di Tara”, tratto da Via col vento (Victor Fleming, 1939).Prima, però, ho letto loro il brano, relativo allo stesso passaggio, dal roman-zo di Margaret Mitchell. Tale passaggio si è rivelato molto utile per capire la differenza fra testo scritto e testo cinematografico, soprattutto per quanto riguarda la presen-za/assenza di parlato (le parole e le descrizioni sono parte necessaria della narrativa, e gli studenti del primo e secondo ciclo lo sanno bene).Nel romanzo sono chiare e ben descritte le sensazioni della disperata Ros-sella O’Hara, smarrita di fronte ad una Georgia devastata dalla guerra, pa-tria ormai irriconoscibile. Affamata, Rossella cerca del cibo nell’orto della sua piantagione, ma trova solo una radice amara. La porta alla bocca e la divora, ma lo stomaco si ribella e Rossella vomita accasciandosi al suolo. Quello è il momento in cui la giovane donna decide di dedicare ogni mo-mento della sua vita futura alla ricerca del benessere e della ricchezza: mai più sarà ridotta in quello stato. La sequenza proiettata mostra lo stesso passaggio, ma senza una parola di commento. Il tutto è affidato alla fotografia, alla colonna sonora, al talento dell’attrice. Vivien Leigh è illuminata da dietro, la sua figura diventa una sa-goma nera che si accascia, una forma quasi animale. Lì, a terra, il crescendo sonoro sottolinea il rianimarsi della forza della donna. E allora ecco Rossel-la che si alza, volge lo sguardo al cielo, e il suo volto viene illuminato da una luce crescente mentre pronuncia le uniche battute dell’intera sequenza.Questa breve proiezione (circa 2’) ben chiarisce, ai partecipanti al laborato-rio, che cosa significhi “opera d’arte collettiva”: sarà necessario coniugare differenti competenze e forme espressive, accettando l’idea che, durante il nostro laboratorio, la parola scritta sarà un mezzo e non un fine.In questo modo, ho riscontrato una buona risposta fra i partecipanti al la-boratorio: coniugando le loro competenze scolastiche di base (la narrazione

Enrico Ruffato | A “passo uno” verso il racconto filmico 61

scritta) e nuove informazioni e deduzioni, l’attività nasceva da un terreno conosciuto ma si preparava anche a decollare verso esiti inaspettati.In una classe, a Camponogara (VE), ho fatto seguire a questa proiezione anche quella della sequenza iniziale di Viale del tramonto (Billy Wilder, 1950); successivamente, ho letto agli studenti un estratto dalla sceneggia-tura dello stesso film (ovviamente la parte relativa alla sequenza appena visionata). Il mio intento era quello di avvicinarci di un grado al concetto di sceneggiatura: se prima avevamo effettuato un confronto fra il testo nar-rativo e il testo filmico, questa volta ci saremmo avventurati nel territorio del pre-filmico. Anche questa sequenza, ricca di suspense e umorismo nero, ha ottenuto utili reazioni negli studenti; a ben vedere però non ha aggiunto molto alle considerazioni tratte dopo la visione della sequenza di Via col vento, dun-que ho deciso di non proiettarla durante la prima lezione nella scuola se-condaria di I grado di Venezia. A conclusione di questa seconda parte della lezione, siamo passati alla pri-ma lettura della nostra storia. In entrambe le scuole ho trovato un lavoro già completo, ma con una grande differenza:

la scuola di Venezia aveva scritto un proprio racconto, spazian-do (essendo una scuola del pieno centro di Venezia!) dai mestieri legati all’acqua al rapporto che la città intrattiene con l’acqua e i canali. La scuola di Camponogara aveva deciso di utilizzare una storia non originale, un racconto (Il mistero dell’acqua scomparsa, di Laura Walter) presente nella biblioteca della scuola.

I due diversi approcci (uno più creativo, l’altro più vicino alle normali meccaniche del cinema d’intrattenimento – l’adattamento di una storia già conosciuta) mi hanno permesso di sviluppare in modo completamente di-verso la stessa attività. In una classe ci siamo concentrati maggiormente sul processo che dal soggetto arriva al film, mentre nell’altra abbiamo lavorato su quello di adattamento di un testo di una già definita forma letteraria.Dopo la lettura in classe dei rispettivi racconti (I gà sugà el canal e Il miste-ro dell’acqua scomparsa), ho invitato gli studenti, già dalla prima lezione, a compilare una scheda da me preparata (vedi infra scheda n. 1), utile alla stesura della nostra sceneggiatura. In entrambi i casi questa attività è stata solo iniziata nel lasso di tempo di questa lezione, la maggior parte essendo

62 Animazione

stata dedicata alla presentazione delle attività, alla discussione in classe e alla definizione delle fasi di lavoro. È molto importante essere pazienti, durante questo primo approccio e, se necessario, bisogna sacrificare le at-tività pratiche previste, rimandandole alla successiva lezione. Nondimeno, se la discussione si concludesse anche solo dieci minuti prima dello scadere del tempo, consiglio comunque di consegnare le schede ed iniziare il lavo-ro pratico, per non deludere le aspettative degli studenti (che altrimenti avrebbero la sensazione di aver assistito ad una semplice lezione frontale). La prima lezione è stata caratterizzata da una certa lentezza nella partenza. Ho trovato difficoltoso iniziare coniugando due diverse tematiche (l’imma-gine in movimento e l’adattamento dal racconto al film - aggiungendo pure un veloce riferimento al tema del ciclo dell’acqua il quale, pur dato per scontato nelle conoscenze degli alunni, andava necessariamente ripassato); eppure questo è risultato essere l’unico inizio possibile per trasmettere ai partecipanti al laboratorio l’idea di “film” come opera d’arte fatta sia di componenti tecniche che artistiche.Circa l’utilizzo della scheda, rimando alla lettura del paragrafo 2.1.a, relati-va alla seconda lezione nelle scuole secondarie di I grado.

1.2.b Scuola primaria

L’approccio con le classi delle scuole primarie (nei casi specifici una terza e una quarta classe) è stato, nell’incipit e negli argomenti affrontati, piuttosto simile a quello appena descritto. Ho però insistito maggiormente sul tema dell’immagine in movimento, dello scorrimento dei fotogrammi e delle ca-ratteristiche tecniche basilari del cinema (sottolineando la presenza degli stessi, indifferentemente, sia nel cinema di animazione - classico - che in quello “dal vero”). Utilizzando per le mie proiezioni le sigle iniziali di car-toni animati molto conosciuti dagli alunni della fascia d’età in questione (Pingu, Bob aggiustatutto), ho potuto coinvolgere fin da principio i par-tecipanti del laboratorio, subito rapiti dal carattere ludico delle immagini che mostravo loro e che già ben conoscevano. Successivamente, ho potuto allora portare la discussione proprio sulle possibili tecniche di animazione (stop motion, disegni animati, animazione in computer graphic), e definire alcune caratteristiche comuni a tutte le tipologie artistiche ed altre invece peculiari di ognuna. Una volta focalizzata l’attenzione sulle caratteristiche tecniche del cartone, ho potuto proiettare un cortometraggio di Emanuele Luzzati (questa volta non ho proiettato la sigla dell’Armata Brancaleone,

Enrico Ruffato | A “passo uno” verso il racconto filmico 63

ma il corto L’Italiana in Algeri, di Gianini – Luzzati, 1968). Ho potuto così già definire le caratteristiche tecnico-artistiche che avrebbero avuto i nostri personaggi (che d’accordo con gli insegnanti avevo deciso di far realizza-re in découpage, piccole marionette di carta, bidimensionali e snodate alle giunture).Nelle scuole primarie, la storia da “adattare per lo schermo” non era com-pleta al momento di iniziare le attività. In entrambi gli Istituti comunque erano state svolte, da parte delle insegnanti, approfondite lezioni sui temi del ciclo dell’acqua e dell’acqua in relazione al territorio. Abbiamo quindi sviluppato, già dalla prima lezione, due storie che valoriz-zavano l’acqua che gli allievi “conoscevano”, l’acqua dei corsi idrici della zona. A Treviso si è optato per scrivere una storia che trattasse dei mulini ad acqua, mentre a Sambruson (paese della zona della Riviera del Brenta) si è pensato al Naviglio e alle sue storiche ville.Anche in questo caso ho concluso la prima lezione facendo compilare agli alunni una scheda, come iniziale attività pratica. Dapprima avevo valutato l’idea di utilizzare una scheda nella quale si dovessero scrivere i passaggi principali della trasposizione dal racconto alla sceneggiatura, similmente a quella che avevo utilizzato nelle scuole secondarie di I grado; successiva-mente ho invece deciso di far disegnare gli studenti. Anche in questo caso la scheda è stata completata nel corso della lezione n. 2: come è accaduto nelle classi delle scuole secondarie di I grado, la grande mole di informa-zioni ha penalizzato la scaletta dei tempi, ma nel complesso lo svolgimento descritto si è rivelato un’utile base per lo sviluppo del laboratorio pratico.

Lezione 2

Organizzazione

In tutte e quattro le classi in cui si è svolto il laboratorio la seconda lezione è iniziata con il ripasso delle conoscenze acquisite durante il precedente incontro; ci siamo concentrati soprattutto sulla definizione di “soggetto” e di “sceneggiatura”, inserendo anche dei riferimenti al concetto di “tratta-mento” e di “scaletta”. Nel caso delle scuole secondarie di I grado ho riletto alcuni passaggi della sceneggiatura di Viale del Tramonto, facendo poi girare le pagine fra gli studenti.

64 Animazione

Il nostro obiettivo era di giungere a definire (e a scrivere) una:

Sceneggiatura, intesa come: «tipo di testo assai particolare, tecnica di ‘previsualizzazione’ di un film che costituisce il punto di riferi-mento per la messa a punto di tutte le procedure tecnico-organiz-zative della realizzazione.»1

Come già accennato, ho preparato, per gli studenti, una scheda di lavoro (scheda n. 1), pensando di usarla per le classi di entrambi i cicli scolasti-ci; successivamente, ho deciso di utilizzarla solo per le classi delle scuole secondarie di I grado, e di sostituirla con un’altra nelle classi delle scuole primarie (scheda n. 2).

2.2.a Scuola secondaria di I grado

Nella classe della scuola di Camponogara, quella che aveva deciso di adat-tare un testo letterario non originale, ho chiesto agli studenti una sinossi, a voce, dell’intero racconto. Ho avuto cura di scrivere i personaggi e i pas-saggi narrativi principali alla lavagna, man mano che gli studenti narravano la storia (che avevo letto ma che facevo finta di non conoscere). In questo modo, abbiamo potuto iniziare a de-strutturare il racconto. Successivamente, ho consegnato a ciascun alunno la scheda che segue (Scheda n. 1):

1 Costa, A., Saper vedere il cinema, Bompiani, Milano, 2001, p. 161.

Enrico Ruffato | A “passo uno” verso il racconto filmico 65

SCENEGGIATURA DEL FILM_______________________________________

Cosa accade_SCENA N.____ Cosa ci serve_SCENA N.____

Chi? Personaggi e oggetti

Dove? Luoghi

Azioni? Battute

Cosa accade_SCENA N.____ Cosa ci serve_SCENA N.____

Chi? Personaggi e oggetti

Dove? Luoghi

Azioni? Battute

Cosa accade_SCENA N.____ Cosa ci serve_SCENA N.____

Chi? Personaggi e oggetti

Dove? Luoghi

Azioni? Battute

Cosa accade_SCENA N.____ Cosa ci serve_SCENA N.____

Chi? Personaggi e oggetti

Dove? Luoghi

Azioni? Battute

Scheda n. 1

66 Animazione

La scheda è divisa in due colonne, “Cosa accade” e “Cosa ci serve”, una forma grossolana per suddividere la componente narrativa del film da quel-la tecnica. Gli studenti, durante una discussione da me moderata, hanno compilato ogni casella, partendo dalla colonna “cosa accade”, in cui dovevano inseri-re delle informazioni di base sugli agenti della scena che saremmo andati a girare, e spostandosi poi sul “cosa ci serve”, per indicare i personaggi che avremmo dovuto costruire, le scenografie da preparare, le battute che i personaggi avrebbero dovuto enunciare. Alla fine della lezione avevamo già tutte le scene del nostro film, complete di annotazioni sui materiali e strumenti che sarebbero stati necessari alla “produzione” dell’opera.

Non ci siamo addentrati nel campo delle inquadrature, dei piani e dei movimenti di macchina. Il nostro film avrebbe dovuto avere le caratteristiche di un film primitivo, con pochissimi ed elementari movimenti di macchina e campi fissi. I nostri obiettivi erano quelli di portare ad una applicazione pratica dei concetti di “adattamen-to cinematografico” e di “immagine in movimento”. Non ho voluto aggiungere altre competenze o campi di analisi, che lascio ad altre attività laboratoriali mirate.

2.2.b. Scuola primaria

Nel corso della seconda lezione del laboratorio nelle scuole primarie, ho deciso di sostituire la scheda n. 1 con un’altra scheda, pensata per una fascia d’età più giovane. Con gli studenti delle scuole secondarie di I grado la compilazione della sceneggiatura ha richiesto molto tempo ed è stata percepita a volte come “faticosa”, quindi ho preferito, per gli alunni della scuola primaria, far “visualizzare” personaggi, azioni e scenografie attra-verso un’esercitazione di carattere grafico.La scheda n. 2 è divisa in due parti: la prima, ancora divisa in tabelle ma con maggiori semplificazioni, mentre la seconda come una semplice se-quenza di quattro riquadri.A differenza dell’attività a schede svolta nelle scuole secondarie di I grado, in questo caso la scheda è stata compilata in gruppo. Durante la discus-sione generale, nel momento in cui ho chiesto la sinossi della nostra storia agli allievi, ho avuto cura di scrivere alla lavagna la suddivisione delle scene

Enrico Ruffato | A “passo uno” verso il racconto filmico 67

(suddivisa per luoghi dell’azione o per macroeventi della narrazione). Ho poi diviso la classe in tanti gruppi quante erano le scene individuate e ho as-segnato una sola scena ad ogni gruppo. In questo modo gli studenti hanno dovuto tenere necessariamente a mente in che punto della linea narrativa la scena a loro assegnata si sarebbe collocata, ma si sono potuti dedicare alla compilazione di un minor numero di materiali tecnici e preparatori.La prima scheda è stata compilata in modo simile a quella consegnata agli studenti delle scuole secondarie di I grado. Di nuovo, i partecipanti al laboratorio hanno dovuto scoprire la differenza fra “narrazione” e “pre-visualizzazione”.La seconda scheda è stata invece semplicemente “disegnata”. Ho sostituito l’idea di “sceneggiatura” così come l’avevo intesa nelle classi del secondo ciclo di studi, con una forma ibrida di storyboard. Non si trattava di un vero storyboard, perché non erano previste indicazioni scritte né variazioni di inquadratura, si trattava piuttosto di una serie di “fotogrammi chiave”, in cui le principali azioni interne ad un’unica sequenza narrativa potevano essere facilmente visualizzate. In questo modo anche i movimenti che poi gli allievi avrebbero dovuto ricreare con i loro personaggi davanti alla tele-camera sarebbero stati chiari e ben memorizzati. Questa scheda può essere semplicemente creata suddividendo un foglio A4 (o A3) in quattro riquadri dove gli studenti disegneranno i “fotogrammi chiave”.

68 Animazione

SCENEGGIATURA DEL FILM ______________________________________

SCENA N ____________COSA ACCADE

SCENA N __________COSA CI SERVE

CHI PERSONAGGI E OGGETTI DA MUOVERE

DOVE FONDALE DA USARE

AZIONI CHE BATTUTE DICONO I PERSONAGGI

Scheda n. 2

Enrico Ruffato | A “passo uno” verso il racconto filmico 69

Nelle due classi, il lavoro riguardo a questa scheda si è organizzato au-tomaticamente. In entrambe, ogni componente del gruppo ha disegnato l’interno di uno dei quattro riquadri. Per esempio, in una delle scene della storia scritta dagli alunni di Treviso si dovevano vedere delle barche arrivare verso un mulino, e i due barcaioli chiamare il mugnaio. Nel primo riquadro si vedeva il fondale con, a sinistra, la prua di una delle barche, mentre a destra appariva una parte dell’edifi-cio del mulino. Nel secondo, la barca si vedeva ormai perfettamente. Nel terzo riquadro, ecco uno dei barcaioli scendere dalla barca e, del mulino, ecco vedersi completamente anche la pala. Nel quarto riquadro, l’“occhio” della (immaginaria) telecamera si è spostato, ora degli alberi nel lato sini-stro dello sfondo non si vede più nulla, mentre il mulino è pienamente in campo. Il risultato dunque è stata la suddivisione in macro-azioni che poi si sarebbero ricreate in video. Inoltre, inaspettatamente (ma felicemente), ho constatato che gli alunni di entrambe le classi sono giunti alla naturale analisi del concetto di “inquadratura” (per quanto primitiva), senza che si fosse mai fatta menzione del tema del movimento di macchina. È stato importante, infine, far presente ai partecipanti al laboratorio che i disegni non si sarebbero dovuti “completare” con colori e dettagli: sareb-bero stati solo strumenti per la creazione del nostro film. A tal proposito ho chiesto ad ogni gruppo di tenere disegni e schede in una cartellina, pronti per essere consultati in fase di “produzione” (ho insistito molto sul concet-to di “preparazione” al film). Questa è la lezione forse più difficoltosa per entrambe le fasce d’età: non ci sono proiezioni, i tempi sono stretti, non “girando” ancora non si sa precisamente “cosa” si sta facendo. Risulta mol-to utile, per gli alunni delle scuole primarie, aumentare il tempo dedicato alla parte grafica, possibilmente iniziando anche a disegnare i personaggi in grande, su fogli a parte.

70 Animazione

Lezione 3

Organizzazione

La terza lezione si è concentrata sulla completa pratica creativa. Duran-te le due precedenti lezioni ho analizzato le forme tecniche basilari della macchina-cinema, le tecniche di animazione e di realizzazione di una sce-neggiatura: è il momento di preparare la “produzione”. Ho invitato gli studenti a disegnare su carta dei piccoli personaggi (dimen-sioni 15-20 cm) che raffigurassero i protagonisti della nostra storia. I perso-naggi, a piacimento, possono essere snodati (quindi le articolazioni vanno realizzate a parte, e unite poi con dei fermacampioni o con della colla). Nel frattempo, ho provveduto ad abbozzare il fondale o i fondali (le nostre “scenografie”) che avremmo utilizzato per girare il film. La creazione di ogni personaggio è stata assegnata in base al desiderio di partecipare di ciascun alunno, per quanto riguarda le scuole secondarie di

Enrico Ruffato | A “passo uno” verso il racconto filmico 71

I grado (ad esempio, se qualcuno manifestava la volontà di occuparsi della realizzazione di un particolare personaggio, o dichiarava di essere bravo a disegnare), mentre nelle scuole primarie ogni ruolo creativo è stato asse-gnato dall’insegnante.

Durante le precedenti lezioni, nelle schede ho chiesto agli alunni di segnalare anche quali battute i personaggi avrebbero dovuto pronun-ciare. Avevo già deciso però di non presentare tali battute come un reale “sonoro”, perché questo avrebbe necessitato di un doppiaggio e di un lavoro di post produzione che sarebbe risultato, a causa dei tempi stretti, marginale e approssimativo. Per questo ho deciso di inserire le battute in forma di fumetto: gli alunni le avrebbero scritte su fogli di carta e le avremmo fatte “apparire” vicino ai personaggi. Questa forma di dialogo fra i personaggi è stata seguita anche nel-le scuole primarie ma, per non sovraccaricare gli alunni con troppi compiti scritti, le battute e i balloon sono stati inseriti da me in fase di montaggio.

3.2.a Scuola secondaria di I grado

Nelle scuole secondarie di I grado il lavoro è stato un po’ più “organizza-to”: siccome il nostro obiettivo era quello di girare un film, ho suddiviso la classe in diverse “professionalità”, basandomi, nella scelta, sulle preferenze espresse dagli alunni stessi. «Un film è un’opera d’arte collettiva – ho spie-gato – quindi metteremo insieme le diverse competenze e passioni!».

Due studentesse, quelle che avevano espresso maggiori doti orga-nizzative, sono state indicate come “segretarie di edizione”: il loro compito era quello di seguire il completamento dei personaggi, ga-rantire che i materiali fossero tutti presenti, che durante le riprese fossero rispettate le specificità di ciascuna scena.Quattro studenti, che avevano affermato di non amare troppo il di-segno, sono stati incaricati di seguire il “lettering”, cioè di scrivere le battute nei fumetti e di numerarli in base alle indicazioni della sceneggiatura.Gli altri studenti sono stati incaricati di creare i personaggi, i vesti-ti, gli oggetti di scena, i fondali.

72 Animazione

La stessa suddivisione dei compiti è stata applicata nell’altra scuola secon-daria di I grado.Alla fine della lezione avevamo completato tutti i personaggi, avevamo tutti gli oggetti di scena e tutte le battute. I personaggi sono stati assemblati e gli studenti hanno cominciato a vedere che la loro storia prendeva una forma anche grafica e materiale.

I fondali possono costituire uno scoglio. Sono opere grandi che de-vono essere impostate dall’insegnante. È molto importante, in questa fase, chiedere l’aiuto dell’insegnante di discipline artistiche.

3.2.b Scuole primarie

Per questo ciclo scolastico ho deciso di non suddividere la classe in ul-teriori sottogruppi: avrei creato solo confusione, e se avessi conferito ad alcuni studenti ruoli esclusivamente organizzativi avrei rischiato di creare malcontento. Ho dunque mantenuto la suddivisione in gruppi che avevo operato nel realizzare la sceneggiatura. Ogni gruppo si è occupato di alcuni personaggi o oggetti; nel caso uno stesso personaggio fosse apparso in due diverse scene (come era piuttosto ovvio), ho incaricato della realizzazione dello stesso solo alcuni alunni, chiedendo agli altri di realizzare i fondali.

Anche in questo caso sarà molto importante lavorare in collabora-zione con l’insegnante. Sarà altrettanto importante cercare di avere il minor numero di location possibile, o di ovviare con degli escamotage (in una delle due classi, ci siamo limitati ad un solo, semplicissimo fondale, sul quale attaccavamo, di volta in volta, edifici, oggetti o altri elementi – in modo da non dover realizzare molti fondali ma solo uno, neutro, adattabile a molte scene). La realizzazione del fon-dale può essere, in questa fase, impegnativa e difficoltosa. Sarà molto importante, nel caso di un largo numero di location o di personag-gi, avere chiari i tempi di realizzazione o accordarsi con l’insegnante perché questi fondali vengano realizzati separatamente.

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Lezione 4

Organizzazione

La quarta lezione coniuga tutte le competenze e conoscenze acquisite du-rante le precedenti lezioni. È molto importante che gli alunni tengano a portata la famosa “cartellina” contenente tutto il materiale (soggetto, sce-neggiatura, storyboard ecc.).Il formatore si limiterà ad illustrare come funziona il software (tutti i software free in circolazione sono comunque estremamente semplici da usare – i principali sono Monkey Jam, Stop Motion Animator e Helium Frog per ambiente operativo Windows, FramebyFrame per Mac OS) e poi dirigerà le operazioni: ma avrà cura di chiedere sempre agli alunni come, secondo loro, si dovrà andare avanti nelle riprese, così come avrà cura di mettere gli alunni “alla regia”, cioè di fronte al computer.

74 Animazione

È molto difficile che gli studenti (di entrambi i cicli scolastici) completino la fase di “produzione” del filmato nel corso delle due ore previste. Sugge-rirei dunque di accordarsi con l’insegnante chiedendo che la quarta lezione duri tre ore: l’ora aggiunta verrà tolta dalla quinta lezione, durante la quale verrà semplicemente visionato il film e si procederà a compilare il questio-nario di gradimento circa l’attività svolta.Qualora non fosse possibile modificare la durata della quarta lezione, come è accaduto a me in certi casi, sarà necessario completare la produzione du-rante la quinta lezione, e considerare la possibilità di un sesto, brevissimo incontro (un quarto d’ora circa) per visionare il film completo.

In questa fase è utilissimo il collegamento del computer alla LIM. Dovendo necessariamente alternare i gruppi di lavoro sia davanti al computer che con fondali e personaggi, e lasciando alcuni studenti momentaneamente inattivi, la proiezione su grande scala di quello che sta accadendo alla regia permetterà a tutta la classe di compren-dere meglio, di partecipare e di non perdere interesse nel lavoro.

4.1.a Scuola secondaria di I grado

Per il corretto svolgimento della lezione è necessaria, anche in questo caso, la buona organizzazione dei tempi e la suddivisione dei ruoli degli allievi. I vari partecipanti al laboratorio, una volta allestita la postazione, devono applicare i personaggi al fondale; altri studenti, al computer, si occuperan-no di scattare le fotografie e di assicurarsi che l’intero “set” sia inquadrato. Sarà sempre presente uno dei due “segretari di edizione” individuati: per far rispettare i tempi, leggere la sceneggiatura e assicurarsi che materiale e attrezzatura siano presenti e funzionanti.Sarà bene ricordare che i software che consentono la creazione di filmati in stop motion solitamente permettono, per mezzo di una fotocamera digitale o di una webcam (io ho usato una webcam HD), di scattare centinaia di foto digitali, facendole scorrere poi, al minimo cenno dell’utente, alla velocità di 24, 12 o 8 fotogrammi al secondo. Inoltre, a volte permettono anche l’effetto onion skin, cioè consentono di vedere una sovrimpressione della foto precedentemente scattata sull’inquadratura attuale, in modo da poter valutare le variazioni da apportare per ottenere una buona fluidità di movimento. In occasione della presentazione del funzionamento del

Enrico Ruffato | A “passo uno” verso il racconto filmico 75

software, ho approfittato per spiegare nuovamente agli studenti il concetto di fotogramma per secondo (fps) e la differenza fra 24 fps, 12 fps e 8 fps. La quarta lezione si svolge principalmente sul piano pratico. Eventuali co-noscenze vengono trasmesse e recepite nell’atto stesso del creare (learning by doing).Una volta montato il fondale e posizionati il computer e la webcam, gli stu-denti vengono invitati a spostare i personaggi in piccoli movimenti, mentre altri studenti sono incaricati, dalla postazione-computer di scattare le foto-grafie in sequenza. In questa fase è molto importante:

Che gli studenti siano ben coordinati fra loroChe tra gli studenti ci sia continuo scambio di ruoli, per far sì che tutti conoscano e si impratichiscano nelle fasi della creazione del filmatoChe i “segretari di edizione” monitorino il lavoro, aiutando gli altri studenti ad organizzare i ruoli e lo scambio di mansioni

L’attività durerà per tutto il tempo della quarta lezione, e potrà protrarsi finanche alla lezione successiva.

Gli studenti delle due classi secondarie in cui ho sviluppato il laboratorio hanno dato dimostrazione di gradire la distinzione di ruoli. Ad alcuni ho affidato anche una lampada da tavolo di piccole dimensioni, chiedendo loro di illuminare la scena. Ho però notato successivamente che questo ruolo risulta, in definitiva, superfluo, essendo le attuali webcam HD estre-mamente adattabili all’illuminazione generale (dunque una nuova forma di illuminazione, una volta aggiunta, ottiene principalmente l’effetto di sovra-esporre l’intero fotogramma). È consigliabile l’utilizzo di software che permettano agli studenti di visua-lizzare immediatamente il risultato ottenuto, in modo da potersi rendere conto delle difficoltà e delle necessità della regia.

4.1.b Scuola primaria

Come già affermato, è preferibile non assegnare dei ruoli (o “simulazioni professionali”) agli alunni delle scuole primarie: se gli studenti delle scuole secondarie di I grado hanno espresso la volontà di disegnare o meno, o

76 Animazione

di esprimersi attraverso la scrittura, o di organizzare il lavoro, gli alunni appartenenti ad una fascia di età più bassa hanno espresso fin da subito la volontà di “fare tutto”.Ho dunque mantenuto la suddivisione in gruppi (quei gruppi che, in col-laborazione, avevano compilato lo storyboard e realizzato i personaggi), chiamando ogni gruppo a “girare” la scena di cui fin da principio si era occupato. In questo modo, si è potuto conservare il concetto di film come “opera d’arte collettiva”, mutatis mutandis...In questa sede, la mia presenza come formatore è stata molto più attiva: ho dovuto avere cura che tutti gli alunni, almeno una volta, scattassero le fotografie (dunque stessero “alla regìa”), posizionassero i personaggi e di-mostrassero la loro conoscenza della sceneggiatura generale.

A volte la tecnologia può giocare brutti scherzi. Si consiglia di salvare molto spesso il lavoro svolto, e di esportarlo in forma di filmato. In questo modo non solo si eviteranno spiacevoli perdite di lavoro, ma si potrà anche mostrare agli alunni, di volta in volta, il girato appena ottenuto (che avremo cura di chiamare “grezzo”, perché ancora non montato, senza sonoro né effetti).

Lezione 5

Organizzazione

Come spiegato poco sopra, ho dovuto dedicare buona parte di questa le-zione alla conclusione delle attività iniziate durante l’incontro precedente. Si è trattato in effetti di uno slittamento necessario (che in fase di pianifica-zione del progetto non poteva essere previsto), considerando che gli alun-ni, durante la quarta lezione, hanno preso dimestichezza con il mezzo e con il software, ma si sono dovuti confrontare anche con inevitabili imprevisti e aspetti tecnici non ancora conosciuti (che ho comunque trovato molto utili all’acquisizione di competenze collaterali rispetto al nostro laboratorio). Dunque lo svolgimento dell’ultima lezione è stato, generalmente, simile a quello della lezione precedente, con la differenza che, in questa occasione, sia gli alunni più giovani che i più grandi si sono dimostrati molto meglio organizzati, capaci di far fronte agli imprevisti e in grado di gestire quasi autonomamente l’intera parte pratica del laboratorio.

Enrico Ruffato | A “passo uno” verso il racconto filmico 77

Al termine della lezione, ho raccolto tutto il materiale girato, le sceneggia-ture e gli storyboard, e ho provveduto, nel mio studio, a montare l’intero film. Ho preannunciato agli alunni che mi sarei occupato della “post-pro-duzione” (avendo cura di spiegare loro di cosa si sarebbe trattato – sonoro, montaggio, titoli di testa e di coda), e ho fissato un ultimo incontro per la proiezione del film completo.

5.2. Incontro finale

L’ultimo incontro è durato appena pochi minuti ed è servito a visionare il film finito, ad ascoltare le loro reazioni “a caldo”, a far compilare il questio-nario di gradimento relativamente all’attività svolta.

Riflessione sui risultati e criticità

In conclusione è a mio avviso utile dividere i risultati e le criticità emersi, analizzandoli separatamente per le scuole secondarie di I grado e per le scuole primarie.

Nelle classi delle scuole secondarie di I grado ho notato l’apprezzamen-to, principalmente, dell’attività di “simulazione di professionalità” legate al mondo del cinema. Gli studenti sono stati particolarmente contenti di aver potuto lavorare nell’ambito (non ultimo quello organizzativo, quindi non necessariamente pratico-creativo) in cui si sentivano più a loro agio. L’attività, così strutturata, ha consentito comunque anche la creazione di buone dinamiche di lavoro di gruppo, grazie al fatto che ogni membro della “troupe” aveva ben chiaro il proprio ruolo e il rapporto dello stesso con gli altri “professionisti”.Molto gradita è stata, infine, l’applicazione di competenze “di classe” (la conoscenza – migliore della mia – del racconto Il mistero dell’acqua scom-parsa, o la valorizzazione degli antichi mestieri di Venezia e del rapporto della città con l’acqua) a nuove conoscenze che io trasmettevo agli alunni.

Nelle classi delle scuole primarie invece ho riscontrato un generale ap-prezzamento del percorso svolto, che ha portato gli alunni ad analizzare le principali fasi di trasformazione di un testo da racconto a film. Molto

78 Animazione

apprezzata, inoltre, è stata la possibilità di riconoscere l’apporto creativo di ognuno (i disegni diventati “personaggi in movimento”), all’interno di un lavoro profondamente “collettivo”.

Le criticità emerse sono state principalmente relative ai tempi di lavoro, ne-cessariamente contenuti. Consiglio dunque di definire, fin da principio, un “soggetto” molto semplice, possibilmente ambientato in un unico luogo: all’inizio delle attività molto spesso sia gli insegnanti che gli alunni non per-cepiscono la grande mole di lavoro che sarà necessaria per animare anche una singola scena. Un altro versante sul quale si potrebbe efficacemente lavorare, avendo a disposizione più tempo, sarebbe l’apparato sonoro. Io mi sono limitato ad aggiungere un commento musicale, relegando le battute allo spazio dei fu-metti, e contribuendo quindi alla creazione di un film muto: gli studenti hanno vissuto questo aspetto del film come una mancanza rispetto a ciò che loro conoscono, ed inutile è stato fare presente che l’attività di doppiaggio avrebbe necessitato di molto tempo e di ulteriori competenze. Dunque, in altri casi consiglierei di sacrificare la “purezza” del sonoro e della dizione per ottenere delle battute enunciate. Si potranno individuare cinque o sei “doppiatori” nella classe, che potranno registrare le battute che poi verran-no inserite nel film in fase di montaggio.

Nel complesso, le quattro classi hanno espresso una totale soddisfazione dell’attività svolta, sottolineando i vantaggi (anche a livello di interazione sociale interna alla classe) che il laboratorio ha portato. I filmati, tutti di una durata compresa fra i cinque e i dieci minuti, sono stati accolti con entusiasmo e le aspettative sono state soddisfatte. Ho inoltre riscontrato la positiva acquisizione di competenze accessorie (o non previste) e la volon-tà, da parte dei partecipanti al laboratorio, di risolvere problematiche tec-niche e gestionali da me non illustrate né, talvolta, previste (l’approccio ad un’idea di primitivo movimento di macchina, l’idea di montaggio alternato o di flash-back, ad esempio). Un lavoro di squadra organizzato e soddisfacente, gli studenti divertiti dal-la loro stessa opera d’arte!

Tommaso Ferronato | Acqua Spot 79

Manifesti e VideoSpot

80 Manifesti e VideoSpot

Tommaso Ferronato | Acqua Spot 81

SCHEDA DIDATTICA

INTRODUZIONE: LE RAGIONI DI UNA SCELTA

Questo modulo didattico si propone di dare agli studenti frequentanti le scuole primarie e secondarie di primo grado gli strumenti teorico-pratici per l’analisi e l’indagine del mondo pubblicitario (spot tv e cartacei); nonché, nello specifico, la realizzazione di una campagna pubblicitaria fotografica sul-le tematiche assegnate dalla Regione del Veneto Ass. all’Ambiente: l’acqua come Bene Comune.

La prima lezione del modulo prevede una formazione base sull’utilizzo della fotocamera digitale attraverso esperienze laboratoriali legate all’osser-vazione, al disegno e alla fotografia. In secondo luogo è previsto un primo approccio al mondo pubblicitario con l’ausilio di video e riviste: Cos’è la pubblicità? Quali scopi ha?

Nella seconda lezione, una disamina di diversi spot tv e annunci a stam-pa. Dall’osservazione e dall’analisi di gruppo emergeranno alcune delle principali tecniche di persuasione promozionale. Si parlerà, dunque, di due concetti fondamentali quali il Target e lo Slogan.

Nella terza, quarta e quinta lezione gli studenti, suddivisi in gruppi, guidati dal formatore e dall’insegnante, procederanno a progettare auto-nomamente una campagna fotografica sulle tematiche suddette. Verranno realizzati una serie di cartelloni pubblicitari attraverso l’uso della fotoca-mera digitale. Dalla progettazione, alla produzione vera e propria: gli alun-ni ideeranno la campagna dal brain storming iniziale, passando per la scelta dei soggetti fotografici (storyboard di preparazione e organizzazione del quadro), fino all’indispensabile creazione di uno slogan accattivante.

Acqua Spotdi Tommaso Ferronato

82 Manifesti e VideoSpot

A CHI È RIVOLTO

Gruppo classe del 4° e 5° anno delle scuole primarieGruppo classe delle scuole secondarie di I grado

FINALITÀ

Comprendere e conoscere tecniche e termini specifici del linguag-gio pubblicitarioSaper ripercorrere autonomamente le fasi del “fare” promozionale (dalla progettazione alla creazione di annunci a stampa)Coniugare attività pratiche e utilizzo di tecnologie multimediali

STRUMENTI

Videoproiettore collegabile al PC con relativo impianto stereo o casse per il sonoro; in alternativa una LIMSchermo o muro bianco per proiettare filmatiFotocamera digitale

TEMPI

10 ore / 5 incontri

PRECONOSCENZE/PREREQUISITI

I prerequisiti richiesti per accedere agli argomenti e alle tematiche trat-tate durante il corso sono da ritenersi comunemente appartenenti al curri-culum implicito degli studenti:

Aver visto uno spot pubblicitario televisivo o qualsiasi tipologia di audiovisivoAver visto materiale promozionale

Tommaso Ferronato | Acqua Spot 83

OBIETTIVI

ConoscenzeTermini specifici del linguaggio audiovisivo Termini specifici e concetti corrispondenti propri del linguaggio pubblicitarioConoscenza della “grammatica” base del linguaggio audiovisivo (Quadro/Piano, Campo/Fuoricampo, Campi/Piani)Conoscenza di alcune tecniche di persuasione Concetti specifici del mondo pubblicitario (messaggio, target, slo-gan)Sistemi organizzativi e produttivi della realizzazione di tableaux fo-tografici pubblicitari

CompetenzeCapacità critiche di analisi di foto e materiale audiovisivoAcquisizione di abilità analitiche e di indagine sul mondo pubbli-citarioStrumenti critici e di riflessione sulle strategie persuasive legate al mondo della pubblicità, audiovisiva e nonStrumenti pratico/organizzativi per realizzare una campagna pub-blicitaria fotografica

CONTENUTI E METODOLOGIE DELLE LEZIONI

Lezione 1

Scuola Primaria

Una delle tre figure chiave della didattica dell’audiovisivo, l’Inquadra-tura, sarà illustrata attraverso esperienze laboratoriali legate ai concetti di “quadro” e “piano”:

L’atto di inquadrare comporta la decisione di comprendere o escludere (campo/fuoricampo) ciò che si decide di rappresentare attraverso il mezzo meccanico scelto, in questo caso la fotocamera digitale

84 Manifesti e VideoSpot

Le inquadrature si possono suddividere in: Campi (importanza del paesaggio) e Piani (importanza del soggetto sul paesaggio cir-costante). Fondamentale sarà far comprendere agli alunni che la scelta di un campo o di un piano specifici ha una valenza semantica molto forte e dipende dall’informazione/i che voglio veicolare

Scuola Secondaria di I grado

Gli elementi base del linguaggio audiovisivo saranno illustrati attraver-so il costante confronto tra immagine filmica e spot pubblicitari:

Inquadratura (quadro e piano)

L’atto di inquadrare comporta la decisione di comprendere o escludere (campo/fuoricampo) ciò che si decide di rappresentare attraverso il mezzo meccanico scelto (videocamera, fotocamera di-gitale, etc.)È necessario imporre la nostra soggettività attraverso la conoscenza e il dominio del mezzo meccanico con il quale ci vogliamo esprime-re; bisogna, dunque, conoscere alcune regole fondamentali quali: prospettiva (approccio ludico all’argomento, con brevi cenni stori-ci, spezzoni di film, giochi prospettici e illusioni ottiche); elemento luministico (luce come generatrice di volumi, illustrazione delle tre luci fondamentali) e luce intesa come drammaturgia (visione di al-cuni spezzoni di materiale audiovisivo esemplificativi)Le inquadrature si possono suddividere in: Campi (importanza del paesaggio) e Piani (importanza del soggetto sul paesaggio circo-stante)

Montaggio

Dopo aver paragonato il montaggio audiovisivo alla ricostruzione di un puzzle i ragazzi ne conosceranno le tipologie più semplici e intuitive come il raccordo di sguardi e di posizione (Campo/controcampo)

Successivamente si lavorerà sulla capacità del montaggio di far coesiste-re spazi e tempi diversi; proprio alla manipolazione spazio-temporale sarà dedicata una serie di spezzoni audiovisivi tesi ad illustrare il:

Tommaso Ferronato | Acqua Spot 85

FlashbackFlashforwardMontaggio alternatoMontaggio acceleratoMontaggio rallentato

Sonoro

Dopo aver esposto l’indispensabile distinzione tra “realtà sonora” e “resa sonora” con l’ausilio di alcuni cut di vari film e spot pubblicitari te-levisivi, si delineeranno i principali rapporti fra suono e immagine (suono in, out, over)

Lezione 2

Il secondo incontro verterà sull’analisi di spot tv e materiale pubblicita-rio cartaceo. Da una prima indagine a livello istintuale, si passerà all’analisi vera degli aspetti iconici e di quelli verbali e si rifletterà su questo impor-tante punto. Dal lavoro degli studenti emergeranno due concetti chiave del mondo delle “immagini da vendere”, quali il target e lo slogan. Ogni alun-no dovrà portare un annuncio a stampa preso da riviste, quotidiani, etc. e ognuno dovrà individuare marchio e prodotto, analizzare il target, lo slogan in rapporto all’immagine. Importante sarà correggere in gruppo le analisi fatte e far emergere le caratteristiche principali del fare pubblicitario, te-nendo sempre in considerazione lo scopo del laboratorio: progettare auto-nomamente una campagna promozionale (dalla progettazione alle foto).

Lezione 3, 4, 5

Nelle ultime tre lezioni gli allievi lavoreranno in quattro gruppi alla realizzazione di una campagna pubblicitaria sulle tematiche concordate. Individuati i soggetti sui quali operare e in base alle scelte fatte verranno pensati precisi slogan e immagini fotografiche che gli alunni stessi dovran-no preparare e scattare. Successivamente verrà stilata una lista contenente materiali e indicazioni utili per la realizzazione e l’allestimento del set foto-grafico (Foglio di Lavorazione).

86 Manifesti e VideoSpot

GUIDA ALLO SVOLGIMENTO DEL LABORATORIO

Premessa

La prima fase del modulo prevede la messa in campo di tutti gli elemen-ti contenutistici necessari alla realizzazione della campagna pubblicitaria sul tema dell’ Acqua. In particolare l’obiettivo è quello di realizzare una serie di manifesti completi di slogan e immagini fotografiche. Due i fronti sui quali si lavorerà per conseguire tale obiettivo: da una parte le tre figure chiave del linguaggio audiovisivo e del mondo delle immagini, Inquadra-tura, Montaggio e Sonoro; dall’altra, l’ambito della comunicazione pubbli-citaria (Prodotto, Marchio, Slogan, Target). È necessatio fare in modo che gli studenti recepiscano appieno, secondo il loro grado di scolarizzazione, sia l’importanza dell’utilizzo della terminologia specifica e settoriale, sia la comprensione dei concetti che stanno alla base di tali parole. Fondamen-tale, anche in questa fase preliminare, sarà non disgiungere mai la teoria dalla prassi operativa. Contenuti e loro applicazione laboratoriale diretta non devono mai essere disgiunti nell’approccio didattico da tenere con gli alunni. Nella illustrazione dei primi due incontri ci si accorgerà facilmente che proprio tale attitudine operativa è alla base della didattica dei linguag-gi mediali e multimediali. Non si può prescindere, dunque, da esperienze operative dirette nelle quali l’allievo conosce e cerca di definire il nuovo modo di esprimersi provando, per tentativi guidati, a codificare e struttu-rare autonomamente il linguaggio della modernità. Pertanto è necessario che il docente oscilli costantemente e moduli il proprio modus operandi tra esigenze di carattere prettamente contenutistico e quelle di natura labora-toriale. Modulazione, dicevo, che si deve confrontare anche con le proble-matiche relative alla classe nella quale si opera. Adattare di volta, in volta le attività secondo le caratteristiche del proprio gruppo di lavoro deve essere un’esigenza intrinseca nella progettazione delle attività stesse.

Per una migliore comprensione del testo, ove necessario, si è attuata una divisione netta tra le attività previste per la scuola primaria e quelle per la secondaria di primo grado.

Lezione 1

Inquadratura, Montaggio e Sonoro

Tommaso Ferronato | Acqua Spot 87

1.1. Primaria

Per la trattazione del concetto di “Inquadratura” si veda “L’inquadratu-ra, campo/fuoricampo, campi e piani” da Fotografa una storia d’acqua (p. 138 e sgg.).

1.2. Scuola Secondaria di I grado

Anche in questo caso, per la trattazione dei concetti di “Inquadratura” e “Montaggio” si veda “L’inquadratura, campo/fuoricampo, campi e piani” e “Il Montaggio” da Fotografa una storia d’acqua, relativamente alle parti dedicate alla scuola secondaria (p. 147 e sgg.). Da tener presente, inoltre, che l’obiettivo per noi è quello di imparare a utilizzare la macchina foto-grafica anche a livello narrativo (per raccontare una storia), ma soprattutto al fine di realizzare una campagna pubblicitaria fatta di manifesti costituiti da fotografie e parole.

Il sonoro

L’analisi dell’ elemento sonoro può a prima vista sembrare poco utile rispetto agli obiettivi da conseguire; in realtà, come si vedrà più avanti, si tratta di un passaggio logico importante e utile per il lavoro successivo di analisi di annunci a stampa. Le principali tipologie di relazione fra suono e immagine sono:

Suono In (o in campo): l’origine del suono in questione è visibile nell’inquadratura, ad esempio una radio, una televisione, una per-sonaggio che parla con un altro personaggioSuono Out (o fuori campo): è chiamato così un suono la cui sor-gente, invece, non viene mostrata nell’inquadraturaSuono Over (o off screen): quest’ultimo tipo di suono è quello la cui sorgente non è soltanto fuori dall’immagine, ma rimane anche fuo-ri dallo spazio-tempo della situazione rappresentata, è l’esempio delle voci fuoricampo o della musica a commento di una scena.Voce narrante: voce over che fa da filo conduttore ad una vicenda, può presentarsi lungo tutto il corso di un film o di un qualsiasi prodotto audiovisivo

88 Manifesti e VideoSpot

Per descrivere questo sistema di definizioni sarà utile mostrare spezzoni di film e alcuni spot pubblicitari. Il taglio da dare alla cernita di materiale audiovisivo deve essere finalizzato a far comprendere come immagine e suono siano legati indissolubilmente nella comunicazione audiovisiva. Il parallelo cinema/spot tv può essere molto utile anche per rilevare diffe-renze e consonanze tra cinema e televisione. Nell’affrontare questa attività bisogna tenere con i ragazzi un approccio dialogico molto aperto e volto al confronto. Vedere e rivedere gli spezzoni selezionati, confrontarsi con le varie opinioni degli studenti, non escludendo nessuna traccia di analisi. Sul piano dei contenuti legati alla comunicazione promozionale, bisogna far sì che in classe emergano elementi propri del fare pubblicitario, senza però approfondire e andare nello specifico delle questioni. Una sorta di generale brainstorming farà emergere tematiche che andranno sviluppate nella lezio-ne successiva. Un consiglio è quello di annotare su di un cartellone, di volta in volta, termini e concetti concernenti la pubblicità e di riprenderli nella lezione successiva quando si tratteranno esclusivamente tali tematiche. Un approccio di questo tipo consente al formatore/insegnante di capire quan-to ne sanno i loro studenti relativamente a concetti come slogan, target, prodotto, marchio, etc. e di poter preparare al meglio le tappe seguenti del percorso.

Per reperire spezzoni cinematografici e spot consiglio di consultare You-tube e di creare un breve percorso secondo le proprie esigenze didattiche. Fondamentale è lavorare preliminarmente in modo da avere chiare le idee su cosa mostrare e in che ordine.

In riferimento all’esercitazione su “Campi e Piani”, sia per primarie che per le secondarie sarà importante portare l’attenzione degli allie-vi non tanto sul corretto uso della nomenclatura fine a sé stessa, ma soprattutto sulla forza comunicativa di ogni immagine. Il taglio foto-grafico dell’immagine pubblicitaria, infatti, è fondamentale per co-municare e veicolare il messaggio promozionale stesso. Ad esempio scegliere di rappresentare, per una pubblicità di orologi, un testimo-nial ripreso a mezzo busto, oppure mostrare soltanto l’orologio stes-so è una scelta nettamente di campo: punto sul testimonial? Oppure punto sul prodotto? Questi quesiti e simili, saranno fatti emergere nella lezione successiva e ne diventeranno il fulcro.Per quanto concerne il concetto di “Montaggio”, avremo modo di approfondirlo in itinere con gli studenti delle primarie; con gli alun-ni delle secondarie, invece, esso viene sviluppato e definito già nella prima lezione.

Tommaso Ferronato | Acqua Spot 89

Lezione 2

Analisi di un annuncio a stampa

La Lezione 2 non prevede una netta distinzione di impostazione didatti-ca tra Primarie e Secondarie di I grado, possibili differenziazioni verranno evidenziate.

Il secondo incontro verterà sull’analisi di materiale pubblicitario carta-ceo. Da una primaria indagine “a caldo”, si passerà all’analisi vera e propria dell’immagine in rapporto alle parole e si rifletterà su questo importante punto. La selezione degli annunci a stampa cartacei sarà effettuata prima della lezione dagli studenti: ciascuno dovrà scegliere una immagine pub-blicitaria tratta da riviste o quotidiani, importante che le immagini siano integre e non ritagli.

Ad ogni alunno sarà consegnata una scheda di questo tipo:

Nome: Cognome: Classe:

Prodotto

Marchio

Target

Slogan

Descrivi e spiega la tua pubblicità (Cerca di scoprire e definisci il rapporto tra parole e immagine, come funziona e perché):

Alcuni di questi termini i vostri studenti li conoscono già, oppure li han-no sicuramente sentiti ma non sanno darne una vera e propria definizione. Per termini come Target, per esempio, bisognerà andare a fondo della que-stione per ricavarne una spiegazione esaustiva e funzionale al tipo di lavoro che si dovrà svolgere.

Potremmo iniziare così: «Allora, ragazzi, qualcuno di voi conosce il si-gnificato di “Prodotto”?....Sì, esatto, è la “cosa” che si vende nella pubbli-

90 Manifesti e VideoSpot

cità: telefono, cibo, altro… Bene, ma che differenza c’è, se c’è con il mar-chio?...Esatto, bravissimo: il marchio è la ditta che produce quel prodotto. Un esempio: la Barilla produce non solo tanti tipi di pasta, ma anche sughi. Quindi i prodotti saranno sughi e pasta di varia forma e gusto, mentre il marchio è lo stesso, Barilla.» Questa distinzione è fondamentale che sia compresa fino in fondo da parte degli alunni perché attua una primaria lettura critica dell’immagine pubblicitaria. Per meglio dire vado oltre il: «Wow! La pubblicità con Aldo, Giovanni e Giacomo! Che ridere!»

«Ora, invece, sapete dirmi che cos’è uno slogan?! ...Oh, yes! È proprio una frase, a volte in rima, che invoglia a comprare un prodotto e molto spesso ce la ricordiamo. Pensate ad alcuni jingle pubblicitari visti in tv… Relaaax! Vi dice niente?!». Anche il concetto di slogan vedrete che sarà molto facile e intuitivo ripescarlo dall’esperienza dei vostri allievi. L’im-portante è che nella costruzione delle definizioni si lasci loro lo spazio di esprimersi e di costruirle autonomamente, seppur sempre guidati da voi.

«E il Target?...Proprio nessuno lo sa… Beh, vi aiuto se vi dico che tar-get in inglese significa “bersaglio”?… Quindi in una pubblicità chi sarà il bersaglio, il target? Noi? Esatto il bersaglio sono i consumatori, chi dovrà comprare il prodotto. Attenti, un detersivo è più facile che lo compri la mamma, certo, ma non è detto. Un bimbo di 1 anno va a comprare i giocat-toli? No, vero?! E allora chi sarà il bersaglio della pubblicità dei giocattoli per i bimbi di un anno?... Esatto, i genitori, e i nonni anche!» Ecco che con il dialogo anche la difficile nozione di Target può essere spiegata facilmen-te. Altra difficoltà si avrà nel definire un target preciso per ogni annuncio a stampa. Per esempio, la pubblicità di un S.U.V. super tecnologico non avrà di certo come bersaglio un neo patentato! Sia con le primarie che con le secondarie di primo grado bisogna riflettere, compatibilmente con la sco-larizzazione degli studenti, su questo fondamentale aspetto. Non si tratta di una sottigliezza “da pubblicitari”, bensì sarà importantissimo porsi questa problematica in fase di costruzione della nostra campagna promozionale.

Resta da definire l’ultimo punto della scheda di analisi: il rapporto tra parole e immagini. Su questo punto suggerisco una distinzione operativa tra le classi delle scuole Primarie e Secondarie di I grado. «Ora bisognerà studiare molto bene l’immagine, capire se è un primo piano, un dettaglio o altro. Dovete pensare alle cose che abbiamo imparato nella scorsa lezione. Ma non bastano, perché dovrete cercare di scoprire quale sia il collega-mento tra l’immagine, appunto, e lo slogan, le parole che si trovano nella pubblicità che avete scelto. Ci sarà chi di voi ha tante parole a comporre lo

Tommaso Ferronato | Acqua Spot 91

slogan, chi ne ha molto poche, dipende dalla vostra scelta. L’importante è che vi sforziate di capire come parole e fotografie si collegano tra di loro. Perché quella pubblicità mi fa ridere? Perché dovrebbe farmi venire voglia di comprare quel prodotto?»

2.1. Primaria

Dicevamo poco sopra che il concetto di “Montaggio” andava momen-taneamente accantonato nella prima lezione, privilegiando la trattazione dell’altra figura chiave dei linguaggi mediali, l’inquadratura. Proprio a pro-posito di questa scelta, l’esperienza mi ha insegnato che per gli studenti delle Primarie è consigliabile spiegare il “Montaggio” attraverso il learn by doing. Andare a cercare di capire autonomamente il rapporto tra immagi-ne e parola è, a livello cognitivo, non semplice, ma spinge l’alunno a dare quel qualcosa in più che fa la differenza per lui e per la classe in generale. Non è il caso di parlare agli studenti di “manipolazione spazio tempora-le del montaggio audiovisivo”. Rischia di essere un passaggio in più che non porta giovamenti al percorso didattico dell’alunno, bensì può creare confusione tra i linguaggi visto che ci confrontiamo con l’immagine statica della fotografia. Gli allievi devono avere ben chiaro il rapporto tra slogan e immagini componenti la pubblicità, l’unità indissolubile che c’è tra questi due elementi fondanti l’annuncio a stampa.

2.2. Secondaria

A questo punto si rende necessario far fare uno “scatto” cognitivo agli studenti. Se in uno spot pubblicitario immagine in movimento e sonoro sono inscindibili, quali saranno gli elementi fondanti di un annuncio a stampa? Di sicuro l’immagine fotografica e le parole ad essa collegate. In tal senso all’alunno è richiesto un balzo in avanti nel ragionamento. Do-vranno da soli scoprire, attraverso l’analisi della pubblicità da loro selezio-nata, perché un annuncio funziona, qual è il meccanismo associativo tra parole e immagini che lo fa diventare vincente.

Analisi di gruppo e tempistica: come indicato, l’attività è tarata su due ore. Prendetevi circa 15 minuti per spiegare la scheda e visionare gli annunci a stampa di tutti gli studenti, in modo da controllare la com-

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pletezza delle loro scelte. Successivamente date massimo 30 minuti di tempo per la compilazione. Avrete circa 70 minuti per correggere il lavoro di tutti. Sì, perché sarà proprio questa fase la più importante del laboratorio. Chiamate gli allievi ad uno, ad uno, mostrate la pub-blicità scelta al resto della classe e fate leggere ad alta voce all’allievo le risposte contenute nella sua scheda. Discutete eventuali mancanze e imprecisioni con tutti gli alunni, fate loro capire cosa c’è che va e cosa non va. Sottolineate le positività di analisi ben riuscite. I punti di criticità sono legati all’individuazione del target e, naturalmente, alla spiegazione del meccanismo promozionale. In questo caso pre-tendete che gli studenti, vedendo gli esempi degli altri compagni, si auto correggano o perlomeno provino a risolvere le criticità o gli errori della loro analisi. Questa fase è fondamentale perché la classe comprenda al meglio gli elementi costitutivi del “fare” pubblicitario, tenendo sempre a mente che poi saranno loro a dover costruire un annuncio a stampa su tematiche date. La ripetitività della correzione ad uno ad uno è funzionale ad un apprendimento cognitivo più ve-loce e si specchia con una tecnica di persuasione promozionale come appunto la ripetitività e il cosiddetto bombardamento pubblicitario al quale ogni giorno siamo sottoposti tra TV, internet, quotidiani e riviste.

Lezione 3

Progettiamo una pubblicità

Da questo incontro in avanti andiamo a mettere in pratica quanto ap-preso: realizziamo finalmente la nostra campagna promozionale. Gli stu-denti diventano dei veri e propri pubblicitari: dal brain storming iniziale, alla progettazione con foglio di lavorazione, dall’allestimento dei set foto-grafici, per arrivare al montaggio digitale. A questo punto entrano in gio-co componenti anche extrascolastiche, competenze e conoscenze che gli alunni porteranno in classe “dal mondo esterno”. È fondamentale che gli studenti possano esprimersi nello spazio scolastico pure attraverso abili-tà esterne a tale ambiente. La classe deve diventare un luogo di scambio continuo nella quale, alle volte, anche il docente può farsi allievo. Non bisogna “vergognarsi” di questo ruolo che, anzi, in prospettiva di azzera-mento dell’asimmetria docente/studente, va visto come un vivo potenziale di accrescimento e di autoformazione.

Tommaso Ferronato | Acqua Spot 93

Il docente/formatore diventa un facilitatore che segue e facilita, appun-to, il lavoro degli allievi, i quali devono rendersi ed effettivamente essere autonomi nell’operare. L’esito della campagna pubblicitaria è nelle loro mani, far sentire la fiducia in essi riposta quasi fino ad avvertire il “peso” della responsabilità è proprio compito del facilitatore.

Gli studenti si organizzeranno in quattro gruppi e collaboreranno alla realizzazione di una campagna pubblicitaria sulle tematiche concordate. Gli allievi individueranno i soggetti del loro operare e in base alle scelte fatte verranno pensati precisi slogan e immagini fotografiche che loro stessi dovranno scattare. Successivamente verrà stilata una lista contenente mate-riali e indicazioni utili per la realizzazione e l’allestimento del set fotografi-co (foglio di lavorazione).

Si rendono utili alcuni approfondimenti legati a tre aspetti fondamentali del terzo incontro:

Scelta delle tematiche1. Realizzabilità del progetto2. Lavoro di gruppo-Foglio di Lavorazione3.

3.1. Scelta delle tematiche

La tematica sulla quale si è lavorato nel progetto “Beviamoci pure que-sta!” è stata l’acqua, in ogni sua declinazione: dal suo ciclo, passando per il corretto utilizzo della stessa, fino ad arrivare al rispetto delle risorse idriche. I lavori che trovate nel dvd allegato e in questo testo fanno riferimento a tale esperienza. Gli esempi, però, non devono fuorviare in quanto nell’ope-rare con i linguaggi mediali non si è legati ad un unico tema. Come dice-vamo prima, la modularità e l’adattabilità del progetto sono caratteristiche fondamentali anche in riferimento alla scelta degli argomenti da affrontare. Mi è capitato, infatti, di sperimentare il modulo in questione sul tema del “bullismo”, dell’educazione alimentare, del ciclo dei rifiuti, etc. Ciò che accomuna questi ambiti è il fatto di appartenere al mondo della “Pubblicità Progresso”: si deve “vendere” un’idea, un comportamento positivo, e non un prodotto. Le tecniche di persuasione non cambiano, nonostante la pro-fonda diversità tra uno spot promozionale e uno sociale. Anzi, come avete avuto modo di vedere nella descrizione del percorso, non ho mai citato o mostrato agli allievi spot di Pubblicità Progresso, proprio per lasciarli il più liberi possibile nell’approccio alla realizzazione del loro prodotto.

94 Manifesti e VideoSpot

A livello operativo è importante che il docente abbia chiari fin da subito i soggetti tematici sui quali sarà basata la progettazione della campagna. Questo, perché tutto il lavoro preliminare di approfondimento che si può fare per mettere ”benzina” nel curricolo degli alunni deve essere prope-deutico alla realizzazione pratica È molto importante che gli studenti ar-rivino preparati, ovvero che abbiano preconoscenze e prerequisiti tali da poter affrontare la progettazione dei manifesti pubblicitari con tutta una serie di informazioni utili da sfruttare al meglio. Come dire, bisogna cono-scere a fondo le caratteristiche del prodotto per poterlo promuovere. Un esempio: con la scuola Primaria di Santa Maria di Cittadella (PD) abbiamo lavorato sulla storia del “Parco Naturale della Palude di Onara” (Tombolo, PD), un’area abbandonata che con bonifiche specifiche è stata sanata e ora è uno dei polmoni verdi del Veneto. Gli alunni, con l’insegnante, si sono organizzati e hanno raccolto informazioni sulla storia della palude e della sua bonifica, su miti e leggende popolari legati a quei luoghi. Abbiamo poi realizzato quattro manifesti dividendo le tematiche in questo modo: due cartelloni dedicati al rapporto presente/passato della palude, gli altri due, invece, pensati per promuovere e far conoscere ciò che si può fare oggi nel parco. Conoscenza, salvaguardia e promozione del territorio!

Altra considerazione rilevante è la consapevolezza che questi manifesti dovranno avere tutti un target molto ampio, essendo a sfondo sociale e quindi il bersaglio non è una categoria specifica di persone bensì un insieme variegato e molto ampio: «Esatto, tutti devono capire il nostro messaggio, il quale deve essere necessariamente più universale possibile, accessibile a tutti! Al lavoro, quindi!»

3.2. Realizzabilità del progetto

L’esempio citato poco sopra mi consente di fare una precisazione su di una questione basilare nella fase di progettazione. Si tratta della fattibilità pratica dei manifesti. Per realizzarli ho bisogno di una macchina fotografi-ca digitale, un pc e un software dedicato per il montaggio di foto e parole. Non basta, la componente fondamentale è la fantasia unita all’applicazione di quanto appreso sulle tecniche di persuasione promozionale. La fantasia, si diceva, bisognerà “tenerla a freno” perché, logicamente, non potrò mai ambientare il mio set alle cascate del Niagara, a meno che la classe non vada proprio lì in gita… Però chi mi vieta di utilizzare il giardino della scuola per trasformarlo in un rigoglioso bosco? Con uno scatto posso far crede-

Tommaso Ferronato | Acqua Spot 95

re l’incredibile! Certo, c’è la tecnica del fotomontaggio, ma solitamente preferisco che gli studenti creino e scattino autonomamente le fotografie. La composizione dell’immagine deve essere una cosa fatta da loro: non utilizzate foto scaricate da internet, sarebbe una scorciatoia inutile ai fini formativi del laboratorio stesso. In sostanza, il potenziale comunicativo di una sola foto è immenso, si tratta di saper rendere la propria idea al me-glio, con le proprie forze: oggetti, costumi, luoghi, fondali, etc, tutto deve essere frutto della fatica e del lavoro di gruppo degli studenti. Per tornare all’esempio precedente, la Palude di Onara dista solamente pochi minuti a piedi dalla scuola dove tenevo il laboratorio, quindi individuarla come soggetto tematico e allestire in essa il set è diventato un passaggio ovvio e facilmente realizzabile e, se vogliamo, anche a costo zero. Quindi operate anche in economia di mezzi, ma sfruttandoli al massimo delle potenzialità.

3.3. Lavoro di gruppo - Foglio di Lavorazione

Gli studenti dunque saranno divisi in quattro, cinque gruppi, ciascu-no dei quali progetterà un manifesto pubblicitario. La costituzione delle compagini dovrà essere fatta dal docente che conosce e può “mixare” al meglio i componenti della classe. Gli alunni, così organizzati, lavoreran-no autonomamente su ogni aspetto costitutivo la campagna promozionale. Dalla tematica assegnata a ciascun gruppo si dovrà partire per pensare ad uno slogan e ad una o più immagini da associarvi. La strategia di partenza non è facilmente codificabile e dipende molto dall’approccio più o meno creativo dei vostri allievi. Se si comincia dalle parole, bisognerà trovare del-le immagini che contrastino o stiano in rapporto particolare con le stesse. Se invece si decide di iniziare con un’immagine o con più immagini, biso-gnerà ideare lo slogan che meglio si addice loro. “Partire da un’immagine” significa visualizzare mentalmente un comportamento, un’azione che per il gruppo esprime al meglio la tematica assegnata e ne veicola il messaggio che si vuole trasmettere.

Come facilmente intuirete, in questi frangenti, la “dialettica” tra i vari componenti dei gruppi sarà all’ordine del giorno, così come eventuali stal-li o scoraggiamenti: «Non riusciamo a inventare nessuno slogan!»; «Che immagini mettiamo?!». Ecco che il formatore/docente dovrà intervenire come facilitatore, come meccanico del gruppo-ingranaggio, affinché gli studenti da soli riescano a superare la stasi operativa. Oppure può esserci

96 Manifesti e VideoSpot

difficoltà nella collaborazione a causa di caratteri più o meno forti che si scontrano. Non bisogna naturalmente arrivare ad un punto di rottura, ma fare in modo che ci sia mediazione e risoluzione più rapida possibile dei problemi, stimolando negli allievi le attitudini al lavoro in équipe. In due ore, infatti, gli alunni devono progettare la pubblicità e organizzare al me-glio la seduta fotografica della quarta lezione. Gli studenti, entro un’ora e mezza, produrranno un “Foglio di Lavorazione” all’interno del quale sa-ranno presenti:

Schizzo della composizione del cartellone (immagini e parole-slo-gan)Lista luoghi, oggetti e costumi necessari alla realizzazione degli scatti fotograficiIndicazione precisa di “Chi” porta “Che cosa”

Alcuni esempi:

Fig. 1 A Fig. 1 B

Tommaso Ferronato | Acqua Spot 97

Come noterete non serve esse-re grandi artisti, basta che si illustri un’idea di massima, ma ben precisa dell’insieme. In fig. 1 B e fig. 1 A ab-biamo la composizione di una pub-blicità dedicata al Ciclo della Vita, nei due esempi manca un disegno per visualizzare l’annuncio, ma nella descrizione è ben chiaro cosa si do-vrà fotografare. Anche nel brainstor-ming per la scelta dello slogan si evi-denzia come il pensiero degli allievi si è strutturato. Inoltre, abbiamo una lista dettagliata degli oggetti e dei co-stumi necessari, oltre all’indicazione dei compiti di ciascuno. Nella fig. 1 C la realizzazione pratica delle fig. 1 A e 1 B:

Fig. 3 A Fig. 4 A

Fig. 1 C

98 Manifesti e VideoSpot

L’ultima mezz’ora dell’incontro è dedicata alla presentazione del lavoro di tutti i gruppi. Questo per rendere partecipe ogni studente degli esiti di ciascun gruppo al fine di continuare nel solco della classe come comunità ermeneutica, come luogo di scambio continuo. Oltre ad essere un modo per riepilogare le tappe del percorso è anche l’occasione per organizzarne al meglio l’operatività. Se ad un gruppo di lavoro manca un oggetto, un costume, è giusto che la mancanza provi ad essere sopperita e risolta dalla comunità classe. Inoltre è assolutamente necessario che gli alunni conosca-no il lavoro dei propri compagni in dettaglio. Questo, al fine di consentire il corretto allestimento dei set e delle varie situazioni sceniche, senza che ci siano doppioni od ostacoli operativi durante le sedute fotografiche.

Può avvenire che nelle immagini costituenti le pubblicità progettate non si renda necessaria la presenza di tutti i membri di ciascun grup-po di lavoro. Questo può essere un problema in quanto, solitamente, si innescano meccanismi legati ad invidia e/o gelosia. «Ma io non ci sono nel lavoro! C’è solo lui!» Frasi come queste, paradossalmente sono più frequenti nelle scuole secondarie dove lo spirito di collabo-razione, a causa dell’età “problematica” degli studenti, viene meno. Anche in questo frangente, il ruolo del formatore/docente è molto importante perché deve far comprendere agli allievi che in questa progettualità non è importante “chi si vede” ma il percorso creativo che si è fatto. «In tutte le pubblicità che abbiamo visto, secondo voi si vedono i pubblicitari?... Esatto, proprio no. Si vedono degli attori, ma non sempre, anzi, molto spesso si vede solo il prodotto…» Tor-nando alla fig. 1 C sono stati fotografati due dei cinque componenti del gruppo che ha realizzato il manifesto. Gli altri? Semplice, hanno allestito il set, portato oggetti e costumi, scattato le foto, in sostanza partecipato attivamente alla realizzazione del loro annuncio.

Lezione 4

“Foto, foto, foto!”

Per la penultima lezione ogni gruppo si premurerà di avere tutto il ne-cessario indicato nel Foglio di Lavorazione. I luoghi adibiti all’allestimento

Tommaso Ferronato | Acqua Spot 99

del set dovranno essere pronti. Due ore sono più che sufficienti per lavo-rare con calma e con la necessaria precisione. Molto spesso, in sede di pro-gettazione chiedo agli studenti di creare manifesti di forte impatto visivo: l’immagine e lo slogan è necessario siano coinvolgenti e, se vogliamo, anche “scioccanti” o forti (fig. 1 C). L’esempio appena citato prevede lo scatto di sei fotografie. Per molti altri lavori le foto sono una, massimo due per cartellone ed è quindi necessario strutturare al meglio tutte le componenti costitutive il quadro. Non ci si accontenti di scattare due foto per imma-gine, bensì fate sperimentare agli allievi diverse angolazioni di ripresa, se potete anche luci differenti in modo da ottenere un’ampia gamma di punti di vista.

Al fine di organizzare al meglio l’attività procedete in questo ordine:Allestire le quattro/cinque locationA rotazione andare a scattare le fotografie previste dal foglio di

lavorazione. Ogni gruppo dovrà organizzarsi autonomamente, dandosi ruoli specifici, se necessari. Comunque sia, ogni studente sarà responsabile della buona riuscita e della completezza del lavo-ro. Gli alunni momentaneamente non coinvolti dovranno fare da spettatori attivi e consentire il corretto svolgimento della seduta fo-tografica, non intralciando gli altri ma, facilitando la realizzazione delle fotografie, anche attraverso consigli. Questa fase è molto de-licata anche perché è un sicuro momento di euforia per gli alunni e dover starsene tranquilli e concentrati non è certo facile, magari guardando un compagno che deve fare il finto morto con tanto di trucco e rosario (fig. 1 C). Anche questo aspetto rientra negli obiettivi didattici del modulo: responsabilità e serietà nell’operare autonomamente da parte degli allievi. Sia ben chiaro che risate e momenti di ilarità devono comunque essere messe in programma, si tratta certo, di un’attività ludica nella quale “si impara facendo”

Rivedere le fotografie, scaricandole sul computer collegato al pro-iettore o sulla LIM. Fase molto importante: dopo una prima risata generale si potrà procedere a vedere eventuali errori e a controllare l’esaustività del lavoro svoltoEventuale rifacimento di fotografie non particolarmente riuscite

100 Manifesti e VideoSpot

Lezione 5

Revisione e Montaggio

È l’ultimo incontro nel quale bisognerà ricontrollare nuovamente gli esiti ottenuti nel precedente incontro, questa volta in maniera più distacca-ta e professionale. Si tratta di un processo molto importante perché finaliz-zato al montaggio del cartellone stesso. Bisogna scegliere tra tutti gli scatti soltanto i più significativi e funzionali a quanto progettato.

Usando un software dedicato come Photoshop, o Publisher, o Comic life compongo il mio annuncio a stampa. Un gruppo alla volta lavorerà sulla LIM o su di un computer mentre gli altri studenti osservano il lavoro dei compagni, commentano, suggeriscono... aspettano il loro turno.

È sicuramente un momento che può risultare noioso perché prevede tempo, precisione e attenzione, ma è di vitale rilevanza per l’esito finale del progetto. Inoltre, le difficoltà tecniche per un docente che per la prima volta si approccia a questa attività sono da tenere in considerazione; in que-sto senso l’intervento di un formatore esperto e/o di un altro insegnante competente in materia risulterebbe molto utile e faciliterebbe questa fase produttiva. Vista la natura “intima” dell’operazione di montaggio, risulta difficoltoso lavorare in dettaglio su ogni cartellone. Potrebbe essere inte-ressante chiedere ad un numero ristretto di alunni di occuparsene e di te-nere, di volta in volta, delle lezioni nelle quali fare il punto della situazione per mostrare alla classe il progredire del lavoro di montaggio. Oppure, può dedicarsi direttamente l’insegnante/formatore secondo precise indicazioni fornite dagli studenti: tipologia e colore carattere, filtri immagine, etc.

Si consiglia vivamente di stampare i cartelloni realizzati in formato po-ster minimo 50 x 70 cm e di esporli nell’atrio della vostra scuola. Sarà sicu-ramente d’impatto!

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 101

SCHEDA DIDATTICA

INTRODUZIONE: LE RAGIONI DI UNA SCELTA

Questo laboratorio si propone di dare agli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado, gli strumenti teorico-pratici per l’analisi e l’in-dagine del mondo pubblicitario (spot TV e cartacei); nonché, nello specifico, la realizzazione di un filmato audiovisivo su tematiche date. In un momento storico in cui la televisione è quotidianamente parte della vita dei ragazzi di età scolare, si vuole indagare dal punto di vista pratico il meccanismo con cui pubblicità e audiovisivo insieme comunicano il loro messaggio.

La prima fase del laboratorio prevede, attraverso un costante confronto tra linguaggio cinematografico (spezzoni tratti da film) e televisivo (spot TV), un’introduzione alle tre figure chiave dell’audiovisione (Inquadratura, Montaggio e Sonoro). L’incontro si propone di dare i fondamenti del lin-guaggio per immagini e vuole far emergere una preliminare lettura critica delle dinamiche appartenenti alla produzione pubblicitaria e audiovisiva.

La seconda fase prevede una disamina di diversi spot TV inseriti in una griglia illustrante i principali generi pubblicitari. All’interno di queste ca-tegorie verranno indagate le principali tecniche di persuasione promozio-nale. Particolare attenzione verrà data allo studio di alcune delle figure re-toriche più frequentemente utilizzate, riconoscendone gli esempi in diversi spot TV e pubblicità cartacee. Gli studenti saranno invitati ad analizzare criticamente delle réclame e dei manifesti pubblicitari, riconoscendone gli elementi fondamentali.

Pubblicità (Acqua) Progressodi Diana Mantegazza

102 Manifesti e VideoSpot

La fase operativa consiste nella realizzazione pratica del filmato, in quanto gli allievi dovranno scrivere la sceneggiatura, disegnare lo storyboard ed effettuare le riprese di uno spot pubblicitario della durata standard di 30 o 60 secondi.

A CHI È RIVOLTO

Gruppo classe del 5° anno delle scuole primarieGruppo classe delle scuole secondarie di I grado

FINALITÀ

Sviluppare le capacità di analisi del linguaggio pubblicitario nelle sue componenti fondamentaliSviluppare le capacità di analisi del linguaggio audiovisivo attraver-so figure chiave quali inquadratura, montaggio e sonoro.Imparare ad utilizzare i mezzi di comunicazione di massa per vei-colare informazione e culturaAcquisizione di una nuova coscienza critica nella fruizione di pro-dotti multimediali filmici e pubblicitariSviluppare il confronto fra testo scritto e sceneggiaturaRiconoscere i diversi ruoli e passaggi che consentono la creazione di un filmConiugare attività pratiche e utilizzo di tecnologie multimediali

STRUMENTI

Videocamera (completa di accessori quali scheda di memoria, cari-ca batterie, cavetto dati, cassetta per la registrazione ecc)Aula attrezzata con materiale di cancelleriaFotocopiatriceVideoproiettoreQualora presente, una LIM

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 103

A carico del formatore:

Computer portatile o chiavetta USB contenente i file da proiettare durante le prime fasi del laboratorioCavalletto per videocameraMacchina fotografica digitaleFaro con cavallettoSoftware di montaggio audiovisivo

TEMPI

10 ore / 5 incontri

PRECONOSCENZE/PREREQUISITI

I prerequisiti richiesti per accedere agli argomenti e alle tematiche trattate durante il corso sono da ritenersi inserite nel curriculum implicito degli studenti.

L’allievo:ha visto un film, uno spot pubblicitario televisivo o qualsiasi tipo-logia di materiale audiovisivoha esperienza quotidiana con la pubblicità nelle sue diverse formeha conoscenze rispetto alla forma-base del racconto (inizio – ele-mento perturbante – risoluzione)conosce l’esposizione analogica, attraverso un racconto, di un tema sotteso

L’allievo è in grado di:scrivere correttamente un breve testo narrativo saper utilizzare in modo elementare una videocamera ed un com-puter

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OBIETTIVI

ConoscenzeTermini specifici del linguaggio audiovisivo Termini specifici e concetti corrispondenti propri del linguaggio pubblicitarioElementi base del linguaggio audiovisivo (Quadro/Piano, Campo/Fuoricampo, Campi/Piani, Suono In, Out e Over)Capacità di leggere e codificare un supporto audiovisivo su più livelliConoscenza di alcune tecniche di persuasione promozionale e fi-gure retoricheClassificazione dei principali generi pubblicitariDal “racconto” alla sceneggiaturaNozioni di tecnologia del cinema e dell’audiovisivo

CompetenzeCapacità critiche di analisi su supporto fotografico e audiovisivoAcquisizione di abilità analitiche e di indagine sul mondo pubbli-citarioStrumenti critici e di riflessione sulla meccanica della persuasione legata al mondo della pubblicità audiovisiva e nonSaper creare scaletta e “sceneggiatura” del prodotto cinematogra-fico o televisivo audio/videoSaper disegnare uno storyboardSviluppare familiarità con il lavoro in équipe e l’utilizzo di strumen-ti pratico organizzativi

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

Arcangeli, M., Il linguaggio pubblicitario, Carocci, Roma, 2008. Piva, M., Il coccodrillo luminoso e altre storie, Cinemazero, Pordenone, 2009.Rondolino, G. – Tomasi, D., Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino, 2011.

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 105

CONTENUTI E METODOLOGIE DELLE LEZIONI

Il primo momento è destinato ad acquisire una nuova familiarità con i linguaggi di cui facciamo esperienza quotidiana: quello audiovisivo e quel-lo pubblicitario.

Lezione 1

Le tre figure chiave della didattica dell’audiovisivo saranno illustrate attraverso il costante supporto di esempi video tratti da celebri film.

Lezione partecipata con il formatore. Sperimentazione delle varie in-quadrature.

Contenuti:Si illustra da subito agli alunni quanto il lavoro che porta alla realiz-

zazione di un filmato sia il frutto di una progettazione minuziosa e della collaborazione di una moltitudine di persone con ruoli diversi, tutti ugual-mente indispensabili. I tre elementi fondamentali per la sintassi audiovisiva sono presentati con esempi chiari tratti da film classici o d’animazione. I contenuti si differenziano in base al grado scolastico: per le primarie si sono preferiti filmati che facessero riferimento a personaggi e storie più vicini all’esperienza dei bambini, mentre per le secondarie di primo grado si è scelto di spaziare prendendo esempi anche da film d’autore con contenuti più strutturati. Prima del termine della lezione si invita gli alunni a ricono-scere i vari piani e campi in uno specifico video, o tramite la realizzazione di alcune fotografie digitali.

Lezione 2

Il secondo incontro verterà sull’analisi di un consistente numero di spot TV e materiale pubblicitario cartaceo proiettato attraverso una presentazio-ne multimediale.

Lezione partecipata con il formatore. Esercizio di analisi di una pubbli-cità cartacea.

Contenuti:La pubblicità, come forma di comunicazione di massa che utilizza diver-

si linguaggi o canali (visivo, verbale, sonoro ecc.) con funzione informativa

106 Manifesti e VideoSpot

e persuasiva, verrà sviscerata in tutti i suoi aspetti. Si mostreranno spot e cartelloni pubblicitari come esempi dei diversi target, dei differenti format pubblicitari, dello sfruttamento di giochi linguistici e di figure retoriche attraverso le immagini e negli slogan. Dopo l’acquisizione dei concetti fon-damentali, gli alunni saranno invitati a riconoscere i vari elementi in alcune pubblicità ricavate dalle riviste, compilando una scheda.

Lezione 3

Sceneggiatura, storyboard, divisione dei compiti e organizzazione del ma-teriale.Attività pratica con il formatore.

Contenuti:Gli alunni verranno suddivisi in gruppi e saranno invitati a formulare un

soggetto per lo spot seguendo le linee guida di un’apposita scheda che terrà conto dei concetti assimilati nelle lezioni precedenti. L’intero gruppo classe poi sceglierà l’idea da realizzare. Si procederà alla stesura collettiva della sceneggiatura e alla realizzazione di uno storyboard. L’ultima parte della lezione sarà dedicata alla suddivisione dei vari compiti per formare un cast e una troupe completa. È necessario pianificare la raccolta degli oggetti di scena e individuare con precisione le location per i set.

Lezione 4 e 5

Allestimento set e riprese.Attività pratica con il formatore.

Contenuti:Si tratta della fase operativa di produzione del cortometraggio. Gli alun-

ni dovranno eseguire le mansioni relative al ruolo assegnato, preparando set e attori per le riprese. Sarà importante spiegare come le esigenze legate a tempistiche e manodopera svincolino la sequenza delle riprese dall’ordine cronologico della vicenda definita nello storyboard e nella sceneggiatura. Il formatore affiancherà nella regia i ragazzi che prenderanno familiarità con la strumentazione e la recitazione. La fase di montaggio vero e proprio sarà di competenza del formatore in un secondo momento attraverso un softwa-re dedicato, seguendo le indicazioni contenute nello storyboard.

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 107

GUIDA ALLO SVOLGIMENTO DEL LABORATORIO

Premessa: Ambiente di lavoro, tematiche, approccio

Questo tipo di laboratorio è stato già svolto in diverse occasioni da più formatori, ma per la prima volta quest’anno è stato adattato per esse-re sperimentato anche nelle scuole primarie. Il cammino per arrivare alla produzione di uno spot pubblicitario richiede l’approfondimento di quel background culturale che fa parte del curriculum implicito degli studenti, e su questo si deve far leva per la stimolazione di un nuovo senso critico nella fruizione di prodotti audiovisivi e pubblicitari. Come accennato nella Sche-da, è molto importante sottolineare subito il valore della collaborazione di ciascuno nel suo indispensabile ruolo nella troupe e nel cast, mantenendosi ancorati a idee concrete che tengano conto delle risorse di tempo e materia-li a disposizione. Si deve in qualche modo dosare l’entusiasmo, spingendo sulla creatività e mettendo un freno dove l’esperienza evince un’oggettiva difficoltà di realizzazione pratica.

Lezione 1

La prima lezione ha queste tempistiche:

(15’) In questa prima fase introduttiva faccio conoscenza con la classe. Espongo agli studenti il progetto al quale stanno partecipan-do, la tematica e gli strumenti che alla fine del laboratorio sapranno padroneggiare, raccontando loro alcune esperienze personali sul campo della produzione audiovisiva. Farò loro qualche domanda per indagare il rapporto che hanno con il mezzo televisivo e cine-matografico. Infine mostrerò un esempio metacinematografico che sottolinei l’importanza del copione e del lavoro della troupe dietro le quinte.(20’) Inquadratura. Attraverso una presentazione multimediale il-lustro tutti i tipi di campi e piani utilizzati nella cinematografia. Passo poi ad indagare il ruolo della luce nella sua funzione espres-siva con esempi di immagini ed una dimostrazione pratica con una torcia e due alunni volontari.(30’) Montaggio. Sequenze di film saranno a dimostrazione dei più importanti tipi di raccordi. Successivamente si lavorerà sulla ca-

108 Manifesti e VideoSpot

pacità del montaggio di far coesistere spazi e tempi diversi. Come nei testi di narrativa, gli alunni saranno chiamati ad analizzare i rapporti tra “tempo della Storia” e “tempo del Racconto”, e di conseguenza i diversi tipi di manipolazione spazio-temporale.(15’) Sonoro. Con una piccola digressione sul cinema muto, in-troduco l’importanza del sonoro per completare il significato di un’immagine. Dopo aver esposto l’indispensabile distinzione tra realtà sonora e resa sonora spiego il suono nel cinema classico nelle sue tipologie fondamentali.(30’) Esercitazione pratica sull’inquadratura. Ogni alunno deve scattare una foto secondo i diversi tipi di piani illustrati nella pre-sentazione multimediale; oppure, mostrando una sequenza scelta di un film, ad ogni pausa nella proiezione gli alunni sono chiamati ad identificare quale tipo di inquadratura stanno osservando.

Le continue proiezioni di filmati e immagini aprono immediatamente un dibattito che avvicina il formatore agli alunni e getta le basi per una più stretta collaborazione, necessaria nel momento delle riprese. Prima di tutto mi riservo sempre almeno un quarto d’ora per la fase chiamiamola “di conoscenza”. Pochi minuti di presentazione del laboratorio, della tematica che andremo a trattare e del lavoro che ci aspetta, con esempi che mettono in chiaro quanto impegno e fatica siano necessari per la realizzazione di un prodotto audiovisivo. Noto la sorpresa nei volti dei ragazzi ogni volta che spiego loro che per uno spot di pochi secondi, si prospettano almeno due giorni di riprese con un minutaggio di girato non inferiore al quarto d’ora.

Il primo quesito che mi aiuta a capire quale familiarità hanno gli alunni con il mezzo televisivo è: «Di solito cosa guardate in tv?». Questa domanda è uno strumento d’indagine da non sottovalutare, spesso le risposte potreb-bero stupirci e non essere così scontate. Negli anni il rapporto di bambini e adolescenti con i media è in continua evoluzione: l’esperienza che i nostri figli vivono con la televisione oggi, non è la stessa che abbiamo vissuto noi alla loro età e tanto meno quella che hanno avuto i nostri genitori. Biso-gna prenderne atto, esserne consapevoli e renderlo manifesto. Non è raro, infatti, trovare bambini di quinta elementare che affermano di guardare telefilm come CSI – Scena del Crimine (che in questo periodo è inserito nel palinsesto ad orario cena), o ragazzini delle scuole medie che hanno visto film impegnativi come Non è un paese per vecchi (No Country for Old Men). Questo ci permette di capire che spesso il loro bagaglio culturale relativo alla programmazione televisiva è più vasto di quanto pensiamo e possiamo

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 109

ricercare gli esempi da mostrare spaziando e abbracciando diversi generi e tipologie di prodotti audiovisivi, arrivando raramente a toccare la sfera del “non ho mai visto nulla di simile”.

Il primo filmato ha la funzione di svelare il meccanismo della macchina del cinema, volgendo lo sguardo a ciò che accade dietro le quinte. Il filmato si mostra a crudo di qualsiasi spiegazione e si differenzia tra scuola secon-daria di primo grado e scuola primaria.

1.1.a Scuola Primaria

Il primo video proposto ai bambini della scuola primaria è l’incipit di un celebre film a tecnica mista del 1988 diretto da Robert Zemeckis e pro-dotto da Disney e Amblin Entertainment, che combina attori in carne ed ossa e personaggi di animazione. Sto parlando della sequenza iniziale di Chi ha incastrato Roger Rabbit (Who Framed Roger Rabbit), nella quale il tentativo del simpatico coniglio di salvare il piccolo Baby viene bruscamen-te interrotto dallo “Stop!” del regista. Si svela che in realtà Roger e Baby Herman sono attori sul set, diretti da un regista spazientito dalle continue digressioni dal copione.

Nessun bambino cade mai nel tranello di credere che i cartoni animati si facciano realmente in quella maniera. L’obiettivo è quello di far capire come sia indispensabile avere un copione che faccia da guida alle riprese e mostrare quante persone sono coinvolte dietro le quinte. È consuetudine che il film si identifichi con gli attori protagonisti e con il regista, ma non bisogna dimenticare che il cast e la troupe comprendono persone con com-petenze diverse tutte ugualmente indispensabili, anche se non compaiono in video. Questo concetto è indispensabile per indirizzare gli allievi alla successiva scelta di una mansione che si avvicini più alle loro inclinazioni e ai loro talenti naturali, senza il timore di avere meno prestigio di chi appa-rirà in video come attore o di chi si troverà a maneggiare la telecamera.

1.1.b Scuola Secondaria di I grado

Per i ragazzi delle medie la prima sequenza da proiettare è tratta da Ef-fetto notte (La Nuit américaine) del 1973, diretto da François Truffaut. In questo caso ho interrotto il filmato poco prima dell’intervento della voce fuori campo del regista, invitando gli allievi ad immaginare come potesse

110 Manifesti e VideoSpot

proseguire il film. Chiaramente nessuno immagina mai che si tratti in realtà di un film nel film, e che la macchina del cinema venga svelata in modo così spudorato, con inquadrature che si soffermano a mostrarci tutti i tecnici, i collaboratori, le comparse e gli attori protagonisti, gli operatori, i truc-catori e il personale della troupe. Ecco quindi che, riproponendo la scena nella sua interezza, gli studenti, tra la sorpresa e l’interesse, scoprono come funziona la fase di produzione e cominciano a farsi un’idea di quale tipo di lavoro li attende.

1.2. Inquadratura

Inizio sempre con un’introduzione che mette in parallelo la Macchina da Presa/Fotocamera e l’occhio umano: nell’atto di osservare, l’attenzione visiva si focalizza su uno o più punti, determinando zone in cui la visione si definisce “periferica”. Ne scaturisce un’antitesi tra la visione oggettiva (fi-siologica) e quella soggettiva (psicologica). Il mezzo meccanico impone la visione oggettiva. Con le fotocamere integrate nei telefoni, i ragazzi hanno già molta esperienza con questo mezzo, e basta far notare loro come spesso, sullo sfondo delle fotografie, compaiano particolari e scene esilaranti sulle quali non avevano posto attenzione al momento dello scatto.

La Macchina da Presa (MDP) è il mezzo fondamentale per esprimersi in chiave audiovisiva e il corretto modo di adoperarla porta all’assunzione di regole più o meno rigide, mediate attraverso il fondamentale coinvol-gimento della percezione del fruitore audiovisivo. Imparare ad utilizzare queste codifiche permette di trasmettere tramite il mezzo meccanico una visione soggettiva.

Supportata da alcune slide, comincio a spiegare agli studenti il signifi-cato tecnico della parola “inquadratura”: porzione di spazio compresa tra i quattro lati della cornice della videocamera/fotocamera. Il parallelismo tra la grammatica italiana e il linguaggio cinematografico con le sue forme specifiche è spesso molto intuitivo per gli studenti che non fanno alcuna fatica ad afferrare il concetto. L’unità minima che ha significato nella lin-gua parlata è la parola, mentre nell’audiovisione questa si chiama appunto quadro o inquadratura.

Nonostante negli ultimi anni stia prendendo sempre più piede il cinema in 3D, è pur sempre vero che dobbiamo ancora fare i conti con le regole del-la prospettiva, con le quali possiamo giocare attraverso la scelta delle nostre inquadrature. Dopo aver ricordato brevemente come in prospettiva tutte le

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 111

linee orizzontali che in natura sono parallele, tendano invece a convergere sul punto di fuga per darci quell’idea di profondità, ho scelto di mostrare agli studenti due esempi opposti di come la prospettiva può essere usata o non usata in funzione del messaggio. Si tratta di due sequenze tratte dal film fantasy Labyrinth - Dove tutto è possibile (Labyrinth) del 1986 diretto da Jim Henson. Nella prima la prospettiva è annullata e la protagonista non vede le aperture tra le mura del labirinto. Nella seconda il regista si ispira in maniera evidente alla litografia Relatività (1953) di Escher, famoso incisore e grafico olandese, cambiando continuamente punto di vista all’interno di questa architettura impossibile composta di scale ed archi.

Segue poi nella presentazione multimediale una serie di immagini che mostrano come le inquadrature si possano suddividere in: “campi”, che sono relativi all’importanza del paesaggio, e “piani”, che invece si riferi-scono all’importanza del soggetto rispetto allo sfondo. Interrogando gli studenti proprio per individuare in ogni immagine quale sia la componente di maggiore importanza, ipotiziamo insieme in quali tipi di scene e per esprimere quali emozioni useremo ogni campo e piano.

Infine affronto l’argomento della luce nel cinema. Illustro agli studenti attraverso un’immagine quali sono le tre fondamentali fonti di illumina-zione sul set cinematografico (key light, fill light, back light). Chiedo aiuto ad un paio di alunni volontari per mostrare come, spostando la fonte di luce della key light nello spazio e illuminando porzioni diverse del volto, l’espressività e il messaggio che comunica l’immagine facciano riferimen-to a emozioni molto diverse tra loro. L’elemento luministico, in quanto luce generatrice di volumi e luce intesa come drammaturgia, trova il suo esempio audiovisivo nel confronto tra le sigle dei telefilm C.S.I. Las Vegas e C.S.I. Miami.

1.3. Montaggio

Questo è forse l’argomento più corposo e più in qualche modo astrat-to. La fase pratica di montaggio sarà infatti svolta dal formatore in un se-condo momento, in quanto l’utilizzo di alcuni software di non immediata comprensione renderebbe sicuramente noioso e poco costruttivo svolgere questo lavoro davanti alla classe. Ciò non toglie che le regole del montaggio siano necessarie alla creazione dello storyboard e indispensabili nella piani-ficazione delle riprese.

112 Manifesti e VideoSpot

Il montaggio viene paragonato ad un puzzle: è un lavoro di ricostruzione dove alcuni pezzi hanno senso già di per sé, mentre altri lo acquistano solo se collegati ai pezzi adiacenti. Le combinazioni possibili sono molteplici, ma una soltanto è quella che porta alla ricomposizione del puzzle come era stato pensato dall’ideatore. Le tipologie più semplici e intuitive del mon-taggio presentate sono:

Raccordo di direzione: videoclip del brano Image di John Lennon, realizzato da Zbigniew Rybczyński nel 1986. Nel video musicale alcuni personaggi attraversano varie stanze comunicanti tra loro percorrendo diverse fasi della loro vita.Raccordo di sguardi e di posizione, campo/controcampo: Pirati dei Caraibi - Oltre i confini del mare (Pirates of the Caribbean: On Stranger Tides) diretto da Rob Marshall, nel 2011, scena del dialo-go tra il personaggio di Angelica Teach interpretato da Penélope Cruz e quello di Jack Sparrow interpretato da Johnny Depp. In questo caso trovo sempre utile ricorrere nuovamente alla tecnica “live”, posizionando due alunni/attori uno di fronte all’altro come se stessero interpretando un dialogo per mostrare dove si deve po-sizionare la telecamera per ottenere correttamente l’illusione che i personaggi nelle diverse inquadrature “si guardino”.Montaggio alternato: Peccatori in blue jeans (Les tricheurs) del 1958 diretto da Marcel Carné, scena dell’inseguimento in auto.Montaggio accelerato: Snatch - Lo strappo (Snatch) del 2000 diret-to da Guy Ritchie oppure per i più piccoli Shrek terzo (Shrek the Third). È importante sottolineare che questo tipo di montaggio è quello che più spesso viene utilizzato negli spot pubblicitari, che devono concentrare il messaggio in sequenze di pochissimi secon-di. Trovo utile far contare le inquadrature che si susseguono in questi due brevi filmati, per comprendere come in così poco tempo ci siano in realtà molti cambi di set.Montaggio rallentato: C’era una volta in America (Once Upon a Time in America) del 1984 diretto da Sergio Leone oppure Il gran-de Lebowski (The Big Lebowski) del 1998 diretto dai fratelli Coen.

Considero molto importante sottolineare la capacità del montaggio di far coesistere spazi e tempi diversi; come nei libri di narrativa, si riprende l’analisi dei rapporti tra “tempo della Storia” e “tempo del Racconto”, e di conseguenza i diversi tipi di manipolazione spazio-temporale:

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 113

Flashback : Il Signore degli Anelli - Le due Torri (The Lord of the Rings: The Two Towers) del 2002 diretto da Peter Jackson e tratto dall’omonima seconda parte del romanzo di J. R. R. Tolkien.Flashforward : finale di La 25ª ora, del 2002, diretto da Spike Lee e tratto dal romanzo omonimo scritto da David Benioff. Suspense : Non è un paese per vecchi (No Country for Old Men) del 2009 diretto dai fratelli Coen.

1.4. Sonoro

Per mostrare quanto il sonoro sia legato in maniera indissolubile all’in-quadratura per completarne e ampliarne il senso, parto da un video che faccia riferimento al cinema muto. Mostro agli alunni una parte del film Assalto al treno (The Great Train Robbery) del 1903 di Edwin S. Porter. Si tratta di uno dei primi film della storia del cinema con un racconto lineare completo. Qui forse entriamo in una sfera di esperienza che i ragazzini di oggi hanno personalmente toccato di rado. Per loro, nell’epoca in cui i film si guardano in streaming da un tablet e muniti di cuffie, l’idea che una volta si andasse al cinema per vedere un film senza colori e senza suoni è estre-mamente difficile da immaginare. Come ovviare alla mancanza di colonna sonora, intesa come insieme di musica, rumori e parlato, se non esaspe-rando la gestualità? Un esempio è il fumo che fuoriesce abbondantemente dalle pistole dei banditi ad ogni sparo. Mi concentro poi sulla spiegazione dell’uso del suono nel cinema classico attraverso i seguenti video:

Suono in: Shrek, benvenuti a Duloc.Suono out: The Ring, del 2002 diretto da Gore Verbinski. Suono over: Big Fish - Le storie di una vita incredibile (Big Fish), film del 2003 diretto da Tim Burton, tratto dall’omonimo romanzo di Daniel Wallace. Suono on the air: Mars Attacks!, film satirico del 1996 diretto da Tim Burton.

Resta fondamentale spiegare che il sonoro, per il lavoro effettivo sul nostro spot, è vincolato ai mezzi tecnici che abbiamo a disposizione. Non disponendo di attrezzature come microfoni e boom, ci dobbiamo affidare al microfono integrato nella videocamera per la cattura di dialoghi e ru-mori, questi ultimi spesso indesiderati. Sarà pertanto auspicabile evitare

114 Manifesti e VideoSpot

monologhi shakespeariani nel momento in cui si dovrà trovare l’idea e sten-dere la sceneggiatura, limitandosi a battute essenziali e d’impatto. Discorso simile vale per la parte musicale. La resa che darebbe riprendere e acquisire l’audio di una performance musicale a suon di flauti e pianole difficilmente sarebbe spendibile in uno spot se si desidera un elaborato finale di una cer-ta qualità. È bene far presente che anche le musiche di Justin Bieber o dei One Direction non sono alla nostra portata, per un vincolo che si chiama Diritto d’Autore. La scelta della musica adatta tocca quindi al formatore. Io in genere mi avvalgo di siti internet che mettono a disposizione brani e rumori con licenza Creative Commons, quindi liberamente utilizzabili a scopo didattico.

1.5. Esercitazione Pratica

In base alle tempistiche scelgo due modi diversi per far mettere un po’ in pratica quello che finora ho spiegato, soprattutto per quanto riguarda l’inquadratura. Le indicazioni sui tempi sono da considerarsi delle linee guida: in base alla risposta degli alunni sono soggette a continue variazioni. Spesso la curiosità dei ragazzi si manifesta attraverso dibattiti coinvolgenti, che dimostrano che, in fondo, basta lanciare qualche imput per stimolare un po’ di senso critico. Pertanto, se i tempi si restringono, scelgo di far riconoscere i vari tipi di campi e piani attraverso un video tratto dal film Il buono il brutto e il cattivo, “spaghetti-western” di Sergio Leone. Ad ogni stop del video gli allievi saranno chiamati a riconoscere l’inquadratura se-condo la terminologia precedentemente spiegata.

Ma l’esercitazione pratica più funzionale è senza dubbio quella che pre-vede l’utilizzo della fotocamera. Io ho scelto di montare la macchina foto-grafica sul cavalletto che è lo stesso su cui sarà vincolata la videocamera al momento delle riprese, così da permettere agli allievi di fare un po’ di pratica con il mezzo. A coppie i ragazzi sono chiamati a scattarsi una foto a vicenda, attenendosi al tipo di piano scelto dal compagno.

Lezione 2

La seconda lezione ha queste tempistiche:

(90’) Spiegazione della terminologia e delle tecniche del linguaggio pubblicitario

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 115

(20’) Esercitazione sull’analisi di una pubblicità

In questa lezione la presentazione multimediale è necessaria per asso-ciare le definizioni dei tanti termini specifici alle immagini delle pubblicità statiche e agli spot che rendano chiara l’applicazione del concetto nella pra-tica. Ho volutamente scelto una serie di spot che non facessero riferimento alle pubblicità degli ultimi anni, rispolverando soprattutto quelli degli anni ‘80 e ‘90, un po’ per nostalgia, ma soprattutto per non rischiare di cadere nella noia dell’ennesima ripetizione. Questa lezione in genere è molto gra-dita soprattutto dai docenti, che dopo i primi due o tre filmati dimostrano un crescente entusiasmo e una sempre più coinvolgente partecipazione alle spiegazioni, alimentando il dibattito con la classe sulla base delle proprie esperienze personali, condividendo con me una sorta di affetto per gli in-terpreti di queste pubblicità si può dire orma “vintage”.

2.1. Linguaggio Pubblicitario: Elementi e Forme

Comincio con una definizione proprio del termine pubblicità: è una parola che sentiamo nominare quotidianamente e della quale facciamo esperienza costante ormai quasi senza accorgercene. La sua funzione è in-formativa, ma in ambito commerciale è soprattutto esortativa e persuasiva. Insomma, la pubblicità ti deve convincere a fare qualcosa: comprare. E i ragazzi lo sanno bene.

Quello sul quale non si sono soffermati a pensare è che l’obiettivo di ogni pubblicità è inviare il messaggio ad un certo target di clienti. Domando sempre agli alunni di riflettere su chi sia il reale consumatore per esempio di pannolini: i bambini che li indossano o i genitori che li comprano? Ecco perchè non troviamo pubblicità di pannolini fate di cartoni animati colo-rati sul genere Peppa Pig. Il video dello spot di una linea di detergenti per pelli mature, in cui si mostrano donne non più giovanissime in un’elegante nudità (in questo caso la definizione “nudo artistico” non è così scollegata), fare sfoggio dei propri anni con fierezza, è un chiaro esempio di target, ma anche una piccola rottura rispetto ai canoni utilizzati dalle pubblicità dei prodotti antirughe (chiaramente rivolti allo stesso tipo di clientela), in cui le rughe in genere non si vedono mai. Per lo spot che i ragazzi dovranno realizzare, il target non potrà chiaramente essere il frutto delle ricerche di mercato, così come invece accade nella realtà, ma dovrà essere comunque individuato e definito.

116 Manifesti e VideoSpot

Si chiama jingle il brano musicale che accompagna uno spot pubblicita-rio televisivo o radiofonico. Porto come esempi una pubblicità dei classici numeri di telefono con servizi d’informazione e il breve motivetto che sen-tiamo ogni volta che accendiamo il nostro telefonino (indissolubilmente le-gata al marchio di quest’ultimo). Può essere una semplice melodia oppure un motivo completo di testo facilmente memorizzabile, ed è uno strumento a disposizione degli alunni potenzialmente inseribile nel loro spot. Mi è capitato soltanto una volta che questo elemento fosse realmente preso in considerazione da un gruppo di bambini delle elementari come fulcro per la loro idea di spot (poi clamorosamente bocciata dai compagni). Le diffi-coltà tecniche di usare questo espediente si legano al discorso sul sonoro fatto nella lezione precedente, e quindi ai limiti tecnici imposti dall’attrez-zatura a disposizione.

L’elemento di vitale importanza sul quale gli studenti sono chiamati a lavorare più approfonditamente è senza dubbio lo slogan. Per introdurre questo argomento riporto l’esempio di un famoso yogurt che mantiene co-stante il suo slogan da decenni, sia che si tratti dei peccaminosi pezzetti di cioccolata, che del leggerissimo 0,1% di grassi.

Siamo giunti così a individuare alcuni degli elementi fondamentali, ma dove troviamo la pubblicità? Si scatena la gara di alzate di mano. Ferra-tissimi, in genere nel giro di pochi minuti gli allievi individuano tutte le forme e le modalità di trasmissione del messaggio pubblicitario. Ormai la pubblicità ci accompagna ovunque: il volantino (o flyer), il cartellone, l’in-serzione sui giornali, l’insegna, lo spot e il banner in rete. Ma quali sono le prerogative della forma che stiamo per utilizzare? Lo spot televisivo è una pubblicità dinamica, fatta di immagini in movimento, di durata variabile (lo standard è 30 secondi).

Ogni spot si basa sullo storyboard cioè la sequenza disegnata, in base alla sceneggiatura, dei fotogrammi che compongono il cortometraggio. Sotto ogni riquadro dello storyboard compaiono gli eventuali dialoghi ed altre didascalie indicanti tutti gli elementi utili al regista incaricato di realizzare materialmente le inquadrature. Parametri chiave di questa tipologia: la ri-petitività, la persuasione subliminale e la sceneggiatura.

2.2. Linguaggio Pubblicitario: Format

Il format è un po’ lo stile della pubblicità. Ci sono dei modelli ai quali possiamo ricondurre le pubblicità, indipendentemente dal prodotto

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 117

sponsorizzato.Compito degli alunni sarà scegliere uno di questi sul quale costruire il proprio spot:

Stile classico: foto centrale, titolo, slogan, marchio. Una pubblicità classica è del tipo in cui si mostra semplicemente il prodotto, il marchio e si mostra o ascolta lo slogan. Generalmente è un modello che sconsiglio di usare. “Siamo” giovani e cerchiamo di puntare sull’originalità.A dimostrazione. Per esempio mettere a confronto un capo lavato normalmente e uno con il detersivo da pubblicizzare. E qui ci si può sbizzarrire con una serie di spot su tutti i tipi di detergenti possibili, con la classica divisione a metà dello schermo: da un lato pulito e brillante, dall’altro sporco, ingiallito, scolorito, opacizzato, calcificato, macchiato, non igienizzato ecc. Con testimonial. Un personaggio famoso presentato in veste di consumatore, il cui prestigio o bellezza contribuisce a esaltare le caratteristiche di un certo prodotto. Chiaramente il primo ad es-sere nominato è l’ormai partenopeo d’adozione George Clooney (cultore del caffè, sorseggiatore di drink e immaginatore). A vol-te i testimonial possono essere anche persone comuni scelte come rappresentative del target di riferimento. Pensiamo al bambino dal sorriso smagliante che da più di trent’anni (dal 1968 per la preci-sione) è stato il simbolo della nota barretta di cioccolato al latte (fino alla recente sostituzione). Con intervista. Microfono alla mano un abile reporter chiede al con-sumatore di provare o dare un’opinione sul prodotto da sponsoriz-zare. Surreale ed esasperante è lo spot che ho scelto di mostrare ai ragazzi, dove l’intervistata risponde ad ogni domanda con il nome del prodotto (tecnica della ripetizione ossessiva, retoricamente av-vicinabile all’anafora).Rappresentativo di uno stile di vita. Mai vedrete scendere da un’au-to di lusso il macellaio che va al lavoro in bottega, o l’imprendito-re edile che ispeziona il cantiere. Semplicemente perchè lo status symbol della ventiquattrore in questo tipo di spot è imprescindibi-le. Così come mai vedrete la casalinga che fa la spesa ritoccarsi il trucco con il rossetto per labbra perfette, o la ragazza della porta accanto spruzzarsi un profumo firmato da uno stilista. Il look e la location da red carpet non si possono bypassare. Io ho scelto di mo-strare il fascino della signora in giallo che viaggiando in limousine

118 Manifesti e VideoSpot

chiede al suo autista una soluzione alla sua voglia di qualcosa di buono. C’è anche l’atmosfera inversa. Quella di casa, di famiglia, gettonatissima per le pubblicità di biscotti e brioches, ma, perchè no, anche di pasta e bibite gassate. Umoristico. Far ridere non è così semplice come sembra. Quante volte è capitato di raccontare una barzelletta e non riuscire a strap-pare altro che un imbarazzato sorriso di circostanza. Ecco perchè questo tipo di pubblicità e sempre affidato a comici professionisti, come Aldo, Giovanni e Giacomo o Panariello. Gli alunni che vo-gliono cimentarsi in questo genere, sulla carta il più accattivante, devono capire che potenzialmente è uno dei più complessi e ri-schiosi.

2.3. Linguaggio Pubblicitario: Trucchi Linguistici

A questo punto di solito la lezione è diventata una discussione interatti-va, dove ad ogni nuovo elemento spiegato, i ragazzi e i docenti rispondono con esempi relativi alla loro esperienza e al loro uso quotidiano della tele-visione nelle diverse fasce d’orario. Ora posso approfondire gli aspetti piu strettamente legati allo slogan. Qualche esempio dei trucchi linguistici più usati nelle pubblicità:

Creazione di neologismi: “scioglievolezza”Intenzionali errori ortografici e grammaticali: “abbiamo inventato l’aCQualità”Fusione di parole: “morbistenza”Uso dell’aggettivo in funzione avverbiale: “ti nutri magro” (in modo magro)Uso di parole straniere: “ideal dress = no stress & no dress”Uso di superlativi: “altissima purissima levissima”Gioco di significato: “il sedere conta” (divani)Proverbi: “i panni sporchi si lavano in famiglia” (lavatrici)

Per ognuno o quasi di questi mostro uno spot. Invito spesso gli alunni a sperimentare un giochino a casa: scegliere uno stacco pubblicitario e con-tare in quanti spot non compare nessuna parola straniera (scritta, pronun-ciata o cantata). Forse le dita di una mano sono addirittura troppe.

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 119

2.4. Linguaggio Pubblicitario: Figure Retoriche

Le figure retoriche sono un argomento talvolta un po’ ostico. Con i ragazzi delle secondarie di primo livello si va a toccare una materia già affrontata con gli insegnanti di letteratura italiana. Con i bambini delle ele-mentari si tratta invece di dover spiegare ogni singola figura retorica spesso da zero. In entrambi i casi è l’esempio che rende chiaro il meccanismo. Non è infatti necessario soffermarsi troppo sul termine specifico di ogni figura, ma è importante mostrare una carrellata di trucchi che sfruttano soprattut-to alle immagini.

Le figure retoriche di cui mostro esempi, sia per gli slogan, che per le immagini, sono:

Metafora: “metti un tigre nel motore”; “la scarpa che respira”; “così tenero che si taglia con un grissino”Metonimia: “passami una Coca Cola” (contenuto per contenito-re)Allitterazione: “Fiesta ti tenta tre volte tanto”Assonanza: “meglio Polo che mono”Iperbole: esagerare la descrizione verbale o visiva della realtà

2.5. Esercitazione

Dopo una corposa carrellata di spot analizzati insieme, faccio un piccolo test sulle conoscenze acquisite dagli alunni. Ogni studente dovrà analizzare una pubblicità ritagliata da una rivista, riconoscendone i diversi elementi, individuandone soprattutto il messaggio e i trucchi che sono stati ustilizzati per trasmetterlo. Per facilitare questo processo di analisi, ho ideato una scheda da compilare, con alcune indicazioni e qualche promemoria sulla terminologia specifica che è stata utilizzata durante la lezione.

Come formatore aiuto tutti a portare a termine la compilazione della scheda passando tra i banchi e intervenendo con un supporto nel momen-to in cui mi accorgo esserci qualche perplessità. Ho sempre riscontrato un’ottima risposta, sia dai ragazzi più grandi che dagli alunni più giovani. Si tratta, infatti, di educare ad osservare con occhio critico qualcosa che in fondo conoscono già bene ed è loro molto familiare, qualcosa con cui abbiamo contatto in ogni momento della giornata.

120 Manifesti e VideoSpot

Laboratorio “Pubblicità (Acqua) Progresso”

Classe ______________

Nome e cognome ___________________________________________________

Formatore: Dott.ssa Mantegazza Diana

PRODOTTO: _______________________________________

TARGET:(a chi è rivolto il messaggio)

_______________________________________

_______________________________________

FORMAT:(lo “stile” dello spot pubblicitario)

CLASSICOA DIMOSTRAZIONE CON TESTIMONIAL CON INTERVISTARAPPRESENTA UNO STILE DI VITAUMORISTICO

MARCHIO: _______________________________________

MESSAGGIO: _______________________________________

_______________________________________

_______________________________________

SLOGAN o HEADLINE:(frase principale)

_______________________________________

FIGURE RETORICHE?

_______________________________________

TRUCCHI LINGUISTICI? _______________________________________

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 121

Lezione 3

Le tempistiche per questa lezione sono piuttosto variabili, a seconda della risposta degli alunni:

(15’) Rapido ripasso, raccolta delle prime idee. Suddivisione della classe in 4 o 5 gruppi di studenti(20’) Ogni gruppo deve compilare una scheda guida per la formu-lazione dell’idea per lo spot(25’) Esposizione dell’idea a tutta la classe da parte di un rappre-sentante di ogni gruppo e votazione dell’idea migliore da realizzare tutti insieme(30’) Stesura della sceneggiatura e preparazione dello storyboard(20’) Suddivisione dei ruoli e individuazione dei materiali di scena pianificazione delle riprese

In questa lezione entriamo nella fase di definizione dell’idea per lo spot in forma di sceneggiatura e storyboard. Piuttosto spesso mi è capitato che la classe avesse già lavorato sull’idea con l’insegnante di riferimento nei giorni successivi al secondo incontro, abbozzando una piccola sceneggiatura. In questo caso le idee vanno sicuramente rielaborate, approfondite e sviscera-te. Cerco di non saltare la fase di brainstorming perchè vorrei che l’origine dell’idea non fosse viziata da suggerimenti di voci troppo autorevoli. C’è una grossa differenza di approccio alla ricerca dell’idea tra i ragazzi delle scuole secondarie di primo livello e gli alunni della scuola primaria. I ra-gazzini più grandi sono in qualche modo meno “liberi” e meno abituati ad usare la fantasia. Sono quasi intrappolati in quelle che sono le dinamiche della didattica classica, abituati ad affrontare la stesura di un testo in for-ma di tema. Ho riscontrato una certa difficoltà e resistenza all’uscire da determinati schemi mentali un po’ consolidati. Compito del formatore in questo caso è proprio quello di ripristinare quell’entusiasmo che i bambini delle elementari ancora hanno, senza timore di manifestarlo. Le dinamiche dell’adolescenza non sono un aspetto da trascurare. Alle scuole medie si entra in quell’età in cui il rapporto con l’altro sesso, con il proprio corpo che cambia e con il proprio ruolo in una compagnia o comitiva può non essere così facile e creare imbarazzo. Nel gruppo classe i ruoli sono piutto-sto consolidati, e le azioni o le parole di alcuni leader influenzano in modo determinante anche il comportamento dei compagni e di conseguenza il lavoro collettivo. Non è raro che i ragazzi si autocensurino e non esprima-no le loro idee per paura del giudizio degli altri. Questo non accade alle elementari, dove entra in gioco una certa competitività su chi trova l’idea più originale e divertente.

122 Manifesti e VideoSpot

3.1. Suddivisione in gruppi

Dopo un breve ripasso sugli strumenti fondamentali del linguaggio audiovisivo e di quello pubblicitario, procedo alla divisione della classe in gruppi di minimo 3 persone e massimo 5. Per questo mi avvalgo sem-pre dell’aiuto degli insegnanti referenti, che conoscono sicuramente molto bene le dinamiche della classe e sanno distribuire gli studenti nei gruppi con una certa eterogeneità. Mi è capitato poche volte di commettere l’er-rore di lasciar decidere la suddivisione in gruppi direttamente ai ragazzi. Il rischio è quello di ritrovarsi dei team poco fertili, dove si tende più a divagare che a concentrarsi effettivamente sulla ricerca di un soggetto per lo spot. In questa fase cerco anche di creare uno spazio perchè ogni grup-po possa lavarorare in autonomia, senza influenzarsi a vicenda. Se mi è possibile ridistribuisco anche l’assetto dei banchi, in modo da creare dei piccoli tavoli di lavoro che possano agevolare il brainstormig. L’intervento del formatore è chiaramente indispensabile in questa fase. Giro sempre per i tavoli, ascoltando le idee in anteprima e cercando di convogliare i pensieri in una direzione precisa che tenga sempre conto che il tutto va realizzato a scuola con materiali e attrezzature limitate.

3.2. Ricerca del Soggetto

La fase di brainstormig è guidata da una scheda che ho preparato per facilitare l’individuazione degli elementi indispensabili alla creazione dello spot. La scheda per alcuni punti ricalca un po’ quella dell’analisi di una pubblicità su cui gli alunni si erano esercitati nella lezione precedente. Mol-to importante è non dimenticare che ogni elemento deve essere concre-tamente progettato, tenendo conto degli strumenti a disposizione. Ecco perchè nella scheda ho inserito un apposito spazio per l’elenco dei mate-riali necessari alla realizzazione delle scene, suddivisi in: costumi, oggetti di scena più importanti, scenografia.

Come formatore, il mio supporto per la focalizzazione del soggetto è indispensabile. Questa è la fase in cui calibrare l’entusiasmo, sostenendo e favorendo la creatività, ma anche sedando e contenendo gli eccessi, in modo da restare sempre nell’ambito del “fattibile”. Personalmente cerco sempre di non influenzare troppo i ragazzi, ma talvolta mi trovo a dover punzecchiare un po’ il loro ego nel tentattivo di “svecchiare” quei soggetti ancora troppo legati a modelli e schemi scolastici e classici.

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 123

Laboratorio “Pubblicità (Acqua) Progresso”

Classe _________Gruppo n. ______Formatore: Dott.ssa Mantegazza Diana

TEMA:

Quale aspetto dell’acqua?

L’Acqua nelle sue diverse forme. Esempio: acqua come neve, acqua come gas, acqua come ghiaccio ecc.L’Acqua come Bene prezioso, da NON sprecare.L’Acqua e i suoi diversi usi.L’inquinamento dell’Acqua.Il costo dell’Acqua.Altro _________________________________________________

____________________________________________________________

TARGET:(a chi è rivolto il messaggio)

_________________________________________________

FORMAT:(lo “stile” dello spot pubblicitario)

A DIMOSTRAZIONE CON TESTIMONIAL CON INTERVISTARAPPRESENTA UNO STILE DI VITAUMORISTICO

MESSAGGIO: _________________________________________________

SOGGETTO DELLA SCENEGGIATURA:(Idea base dello spot)____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

124 Manifesti e VideoSpot

SLOGAN:(frase principale)

______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

ATTORI:(numero) ________________

MATERIALI:(elenco di tutti gli oggetti che servono)

COSTUMI __________________________________________________________________________________________

OGGETTI DI SCENA PIÙ IMPORTANTI____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

SCENOGRAFIA________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 125

3.3. Scelta del Soggetto

A turno un rappresentante per ogni gruppo è chiamato ad esporre alla classe l’idea di fondo elaborata per lo spot. La presentazione deve com-prendere anche i materiali e le location indispensabili alle riprese, a dimo-strazione della realizzabilità del soggetto. L’escamotage che ho elaborato per la scelta dell’idea vincente prevede una votazione da parte degli stessi alunni. Questo per mettere il formatore in una posizione di imparzialità. Ho sempre evitato di selezionare io stessa la sceneggiatura che mi sembrava migliore per contenuto e impatto, facendo in modo di preservare quel cli-ma di fiducia e collaborazione che altrimenti si perderebbe. Ogni gruppo sarà quindi chiamano ad esprimere la propria preferenza sull’idea che gli sembra migliore, ovviamente ad esclusione della propria. Al suono di “And the winner is...” si annuncia il gruppo vincitore: ora abbiamo il soggetto.

3.4. Sceneggiatura e storyboard

La stesura della sceneggiatura è un momento collettivo, in cui tutti insie-me si arricchisce la traccia che il gruppo vincitore ha elaborato nella com-pilazione della scheda data. Si determinano il numero di scene, i dialoghi, le scenografie, i costumi e l’elenco dettagliato dei materiali. Alcuni alunni volontari saranno chiamati a disegnare lo storyboard con le indicazioni regi-stiche legate alla sceneggiatura. Questa fase è importante perchè permette di pianificare il lavoro di riprese anche dal punto di vista delle tempistiche. Nel caso in cui la sceneggiatura risultasse particolarmente articolata, cerco sempre di indivuare le scene “sacrificabili” nell’eventualità di imprevisti che limitino ulteriormente il tempo a disposizione per le riprese.

3.5. Pianificazione delle riprese

Ora che sceneggiatura e storyboard sono definiti con precisione si può passare all’organizzazione delle riprese da svolgere nelle successive due le-zioni. In questo momento è quindi necessario procedere alla distribuzione dei ruoli. Per agevolare questo passaggio ho ideato una tabella con l’elenco dei componenti fondamentali di troupe e cast. In genere non ho mai do-vuto faticare molto per suddividere i compiti omogeneamente su tutta la classe. Ogni alunno ha sempre scelto con coscienza, sulla base delle lezioni

126 Manifesti e VideoSpot

precedenti, quale fosse la mansione o il ruolo che più gli si addicesse. Ci sono mansioni che coinvolgono attivamente anche ragazzi con disabilità o certificazioni (come ad esempio la gestione del ciak). Molto importante è individuare tramite la lista dei materiali chi si assumerà l’incarico di procu-rarli. Tutta la classe deve partecipare al reperimento degli oggetti di scena, dei costumi e del necessario per allestire scenografia e set. Il mio consiglio è che il formatore porti a sua volta tutto il materiale indispensbile alle ripre-se, per sopperire ad eventuali dimenticanze ed evitare così di dover riman-dare o addirittura sospendere alcune scene. Bisogna pianificare anche la sequenza delle scene da riprendere, che chiaramente non seguirà l’ordine cronologico della sceneggiatura e dello storybord. Questo perchè le scene che si svolgono nello stesso set devono necessariamente essere girate tutte insieme, anche se comprendono momenti diversi della storia, e concentrate tutte nella stessa giornata, in quanto potrebbe risultare difficoltoso ripristi-nare esattamente la scenografia, magari ad una settimana di distanza.

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 127

Laboratorio “Pubblicità (Acqua) Progresso”

Formatore: Dott.ssa Mantegazza Diana

TROUPECIAK

______________________________________

ATTORI____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

SCENOGRAFIA______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

OPERATORE MACCHINA DA PRESA ______________________________________

______________________________________

FOTO DI BACKSTAGE____________________________________________________________________________

TRUCCO E COSTUMI____________________________________________________________________________

AIUTO REGISTA______________________________________

LUCI____________________________________________________________________________

128 Manifesti e VideoSpot

Lezione 4 e 5

Entriamo nella fase operativa delle riprese. Risulta difficile dare indica-zioni su come suddividere queste ore, perchè chiaramente dipende molto dalla sceneggiatura dello spot. Posso giusto dare qualche suggerimento maturato con l’esperienza in questo tipo di laboratori, ma anche sul set di cortometraggi e documentari.

4.1. Ruolo del formatore durante le riprese

Il formatore ha il compito di essere supervisore di tutti i settori della produzione, più o meno come un regista. Ecco perchè il check del materiale è la prima cosa da fare il giorno dell’inizio delle registrazioni video (con la speranza di poter recuperare eventuali oggetti mancanti prima della fine dell’orario stabilito).

Ogni alunno è già al corrente di quello che comporta il suo ruolo e spesso è già autonomanente all’opera. Basta dare qualche indicazione ai responsabili della scenografia, del trucco e dei costumi perchè si attivino a preparare il tutto nel minor tempo possibile. La mia esperienza ha riscon-trato sempre una grande efficienza, trovando locali scolastici trasformati in cucine, uffici, soffitte ecc.

Qualche minuto in più bisogna spenderlo per spiegare i comandi fon-damentali dell’attrezzatura video, delle fotocamere digitali e delle fonti di illuminazione ai ragazzi che dovranno gestirle. Ai responsabili delle foto di backstage bisogna spiegare come il loro ruolo sia fondamentale per creare una cronaca dei lavori e documentare eventuali infomazioni utili per le riprese, senza però intralciare l’operato del resto della troupe (ricordiamoci di non far scattare foto con il flash nel momento in cui la macchina da presa sta girando).

Non sono da trascurare anche le situazioni atmosferiche qualora si do-vessero girare scene all’aperto. Magari si può evitare di far correre ragazzini in maglietta e pantaloncini corti sotto la neve a dicembre. Quindi preventi-vare una location di riserva è una mossa astuta.

Consiglio di evitare il classico “buona la prima” e ripetere le scene sem-pre almeno una seconda volta. In qualità di “regista” mi occupo anche di dare qualche indicazione sull’inquadratura agli incaricati alla macchina da presa. La posizione del cavalletto o il movimento di macchina girare sono concordati insieme e provati sempre prima di pigiare il tasto rec. Anche in

Diana Mantegazza | Pubblicità (Acqua) Progresso 129

questo caso meglio abbondare: facciamo più inquadrature della stessa sce-na, possibilmente con campi e piani diversi. Non sempre, infatti, l’inqua-dratura pensata nello storybord risulta poi essere quella migliore in video. È pur vero che la traccia del copione dev’essere ben definita, ma c’è sempre spazio per qualche improvvisazione, qualche aggiunta o qualche modifica. Riprendere qualche dettaglio ravvicinato è spesso un salvavita nel caso in cui ci serva qualcosa in fase di montaggio per staccare e coprire eventuali papere.

In questa fase del lavoro alcuni alunni saranno contemporaneamente impegnati in mansioni differenti dislocate fisicamente anche in posti diversi (per esempio l’allestimento del set per la scena successiva, il trucco di per-sonaggi che compariranno più avanti, ecc.), pertanto è necessaria la colla-borazione di un docente o collega che possa monitorare ciò che accade nel momento in cui il formatore è impegnato a supportare gli operatori video.

Vi sono momenti che, viceversa, non vedono impegnati tutti gli alunni nello svolgimento dei propri compiti. Il rischio è quello che i ragazzi consi-derino “tempi morti” questi minuti di “inattività”. Può essere utile coinvol-gere quella parte della troupe momentaneamente non occupata in qualità di potenziale spettatore, chiedendo di dare un parere sulle scene girate, o suggerimenti per migliorarne la resa.

Le riprese sono un lavoro quanto più possibile collettivo. L’entusiasmo degli studenti si scatena e si convoglia con impegno nello svolgere nel mi-gliore dei modi ogni compito assegnato. I risultati nella mia esperienza per-sonale sono sempre stati molto positivi e soddisfacenti. Ho sempre raccolto apprezzamenti per la modalità del laboratorio, sia da parte degli studenti che dei docenti. La frase che più rispecchia il pensiero dei ragazzi è quella che mi è stata detta durante la fase operativa: «Finalmente non ci viene solo spiegato qualcosa fatto da qualcun altro, ma proviamo a farlo anche noi».

4.2. Ruolo del formatore nella fase di montaggio

Al termine delle riprese e bene ritrovarsi con un girato che non sia in-feriore al quarto d’ora. Se pensiamo a quante scene sono state ripetute più e più volte, e a quanti tagli dovremo fare, considero questo il tempo minimo per poter ricavare almeno un minuto di spot. Come anticipato, il montaggio è compito esclusivo del formatore. Anche in questo caso posso solo suggerire alcuni accorgimenti di carattere pratico. Il fattore che mi ha sempre messa un po’ in difficoltà è quello di dover concentrare tutto

130 Manifesti e VideoSpot

all’inerno dei canonici 30’’/1’. In base a quanto articolata sia la sceneggia-tura e a quanto girato abbiamo a disposizione, a volte queste tempistiche sono veramente strette.

Per la colonna sonora suggerisco di utilizzare musiche con licenza Cre-ative Commons, reperibili gratuitamente in rete in appositi siti che le orga-nizzano per categorie molto funzionali.

In genere se lo storyboard è articolato in modo abbastanza dettagliato, il montaggio non dovrebbe risultare troppo complicato. Tuttavia è un lavoro che va svolto in separata sede, in quanto vedrebbe gli alunni come meri spettatori di un processo che diventerebbe noioso nel giro di pochi minuti. Questo è stato, infatti, sperimentato in laboratori simili con scarsi riscontri di interesse da parte degli studenti.

4.3. Presentazione finale e considerazioni

Il momento della visione collettiva dell’elaborato finale completo l’ho sempre svolto oltre le 10 ore canoniche del laboratorio. Includerlo signifi-cherebbe sacrificare del tempo dedicato alle riprese. Ho preferito pertanto lasciare più spazio alla parte pratica e mostrare il prodotto ultimato in un secondo momento.

I riscontri sono sempre stati molto positivi, sia da parte di chi ha par-tecipato alla realizzazione del video, sia da parte di chi ne ha fruito da spettatore esterno.

Le variabili che portano alla realizzazione di un prodotto qualitativa-mente alto dipendono soprattutto dalla collaborazione dei docenti referen-ti e dal loro rapporto con la classe. La loro presenza attiva è indispensabile per stabilire un rapporto di fiducia tra il formatore e gli alunni. Il loro entu-siasmo dev’essere da stimolo perchè i ragazzi sappiano gestire e in qualche caso riscoprire il proprio. La difficoltà maggiore resta nell’abbandonare quelli che sono canoni di didattica appartenenti alla forma della lezione frontale. Uscire dagli schemi del “tema in classe” sembra essere più ostico man mano che aumenta l’età. Riscoprire il lato divertente dell’imparare, utilizzare tecnologie e linguaggi che in realtà fanno parte della nostra espe-rienza quotidiana e piegarli alle esigenze di una didattica nuova, interattiva e multimediale, sono gli obiettivi che si raggiungono con questo tipo di laboratorio e dei quali docenti e alunni sono consapevoli al momento della visione del proprio spot pubblicitario.

Tommaso Ferronato | Fotografa una storia d’acqua 131

Fotoromanzo

132 Fotoromanzo

Tommaso Ferronato | Fotografa una storia d’acqua 133

SCHEDA DIDATTICA

INTRODUZIONE: LE RAGIONI DI UNA SCELTA

Il modulo si propone di dare agli agli studenti gli strumenti teorico-pratici per l’ideazione, la costruzione e il montaggio di un Fotoromanzo.

Il fotoromanzo per la sua specifica natura viene definito “film di carta” o “film statico” o ancora “fumetto fotografico” e può essere considerato la base di partenza, o meglio, la palestra ideale per una produzione audiovisi-va più elaborata (cortometraggio, documentario o film).

La prima fase del modulo prevede una lezione introduttiva (Lezione Zero) su alcune figure chiave del linguaggio audiovisivo; con un approccio ludico e mirato, attraverso esperienze laboratoriali, verranno date agli stu-denti specifiche competenze teorico/pratiche su alcuni aspetti fondamen-tali dell’Inquadratura e del Montaggio, elementi basilari per imparare a comunicare attraverso immagini e parole (foto e trattamento dei dialoghi).

La seconda fase del corso vede la messa in pratica dei contenuti esposti durante la lezione introduttiva, al fine di realizzare, attraverso il lavoro di gruppo, un fotoromanzo basato su un soggetto ideato e scritto dagli al-lievi stessi. Gli studenti parteciperanno ad ogni fase produttiva: saranno sceneggiatori, fotografi, montatori e attori del prodotto multimediale in questione.

A CHI È RIVOLTO

Gruppo classe del 4° e 5° anno delle scuole primarieGruppo classe delle scuole secondarie di I grado

Fotografa una storia d’acquadi Tommaso Ferronato

134 Fotoromanzo

FINALITÀ

Tradurre un testo scritto in un racconto ordinato per immagini fo-tograficheConoscere i fondamenti del linguaggio fotografico Utilizzare autonomamente le immagini fotografiche al fine di ideare, costruire e montare un fotoromanzo Coniugare attività pratiche e utilizzo di tecnologie multimediali

STRUMENTI

fotocamera digitale e cavi collegamento PCvideoproiettore con cavo collegamento per PC o LIMFotocopiatrice, meglio se a colori, per il materiale di supporto alle lezioni

TEMPI

10 ore / 5 incontri

PRECONOSCENZE/PREREQUISITI

I prerequisiti richiesti per accedere agli argomenti e alle tematiche trattate durante il corso sono da ritenersi inseriti nel “curriculum implicito” degli studenti:

Aver visto un film o qualsiasi tipologia di materiale audiovisivoAver letto un fumettoSaper utilizzare a livello base una fotocamera digitale (anche di tipo più semplice come quelle integrate nei telefoni cellulari)Capacità, commisurata con il livello di apprendimento degli allievi, di sapersi esprimere con proprietà e creatività attraverso la lingua scritta

OBIETTIVI

Gli obiettivi del laboratorio sono stati suddivisi in Conoscenze e Compe-tenze e , ove necessario, sono state specificate le differenze tra scuola pri-maria e scuola secondaria.

Tommaso Ferronato | Fotografa una storia d’acqua 135

ConoscenzeConoscenza di termini specifici del linguaggio audiovisivo legato a Inquadratura e MontaggioUso appropriato e applicazione corretta di tali termini al concetto corrispondente, sia sul piano teorico che pratico (in particolare du-rante il laboratorio di fotografia)Conoscenza degli strumenti teorici e pratici basilari del fotografareAcquisizione delle linee guida per sceneggiare un fotoromanzo (sud-divisione e organizzazione del lavoro e dei ruoli)

CompetenzeAcquisizione di basi teorico-pratiche per poter autonomamente creare e costruire con una fotocamera digitale e un programma di montaggio, un fotoromanzo (dall’ideazione alla sceneggiatura alla realizzazione pratica)Utilizzo più consapevole della fotocamera digitaleCapacità di analisi di fotografie e audiovisiviLavorare e organizzarsi in gruppo per obiettivi

CONTENUTI E METODOLOGIE DELLE LEZIONI

Lezione 1

Soprannominata “Lezione Zero”, perché introduttiva alla successiva fase pratica

Inquadratura

Gli allievi, attraverso semplici e coinvolgenti attività laboratoriali, che spaziano dal disegno, passando per l’osservazione di materiale audiovisvo, fino alla realizzazione di giochi legati al pre-cinema (flip-book, taumatropî, etc), apprenderanno che: l’atto dell’inquadrare comporta la decisione di comprendere o escludere (campo/fuoricampo) ciò che si decide di rappre-sentare attraverso il mezzo scelto (disegno, fotocamera digitale, etc.); esi-ste un particolare modo di esprimersi nel campo della comunicazione per immagini, il quale non può esimersi dalla conoscenza della fondamentale distinzione tra Campi e Piani.

Montaggio

136 Fotoromanzo

Il complesso concetto di “montaggio” sarà presentato agli studenti at-traverso una serie di laboratori legati all’analisi di un particolare mezzo espressivo come il fumetto. È stato scelto proprio il mondo dei Comics, ol-tre che per la familiarità che i giovani hanno con esso (La Pimpa, Topolino, o Spiderman per citarne alcuni), anche per la somiglianza con il formato del Fotoromanzo. Inoltre si cercherà, attraverso simpatici spezzoni di film, di far comprendere come il montaggio possa manipolare il tempo e lo spazio di una narrazione (Flashback, Flashforward, Montaggio accelerato, etc).

Lezione 2

“Realizziamo un Fotoromanzo”: Sceneggiatura e Cast

Con gli studenti si lavorerà ad un soggetto di loro invenzione e lo si tra-muterà in sceneggiatura completa di dialoghi, successivamente sarà scelto e definito il cast di attori e comparse.

Lezione 3

“Realizziamo un Fotoromanzo”: Trattamento e Foto/1

Dopo aver suddiviso in due parti le scene costituenti la sceneggiatura, gli studenti si predisporranno in gruppi e lavoreranno, scena per scena, al loro trattamento:

traduzione in immagine delle situazioni descritte nella sceneggiatura (campi e piani)costruzione dialoghi

Lezione 4

Trattamento e Foto/2. Si procederà come nella Lezione 3.

Lezione 5

Montaggio e impaginazione del fotoromanzo.

Tommaso Ferronato | Fotografa una storia d’acqua 137

GUIDA ALLO SVOLGIMENTO DEL LABORATORIO

Premessa

La “Lezione Zero” del nostro laboratorio prepara gli studenti a lavorare con il linguaggio delle immagini. Prima di procedere dal punto di vista di-dattico ad una distinzione tra scuola primaria e secondaria di primo grado, è necessario definire una base comune a livello di contenuti e di approc-cio.

“Inquadratura” e “Montaggio” sono due delle figure chiave per la di-dattica degli audiovisivi, lo studio delle quali è fondamentale per poter la-vorare in questo ambito. Come vedremo in seguito, non si tratta semplice-mente di dare nozioni base su quale sia la differenza tra un primo piano e una figura intera o su che cosa sia un flashback o un flashforward, piuttosto di fare in modo che gli allievi recepiscano, fin da subito e nel migliore dei modi i fondamenti della comunicazione per immagini e audiovisiva. Per ottenere fin da subito buoni risultati bisogna che teoria e prassi operativa siano sempre strettamente collegate. Per questo si può procedere sul piano educativo con tre tipologie di approccio:

data la definizione provo a sperimentare sulla base di quella defini-zioneparto dalla sperimentazione, dal “fare” e ricavo la definizione dalle mie azioni e dai miei eventuali errori (learning by doing)ancora, posso creare una commistione tra i due sistemi di apprendi-mento

Tali approcci li devo costantemente modulare in base alla tipologia di classe che ho e in parallelo, in base alle differenze cognitive tra alunno e alunno. Non solo: ribaltando la questione, se diversifico, come appena detto, il modo di insegnare, posso aiutarmi a comprendere la classe e nello specifico i punti di forza o da migliorare dei miei studenti.1 Proseguendo con la descrizione del laboratorio avrete modo di comprendere come “mo-dulazione” e “flessibilità” siano indispensabili per operare all’interno della didattica dei linguaggi mediali e multimediali.

1 Si pensi all’utilità di procedere con questa prassi operativa soprattutto ad inizio anno sco-lastico e/o con una classe totalmente nuova, quando gli alunni si conoscono soltanto sulla carta. Potrebbe essere un approccio diverso e complementare alle prove d’ingresso.

138 Fotoromanzo

L’obiettivo del nostro laboratorio è quello di realizzare un Fotoroman-zo. In campo si hanno più elementi: come si costruiscono le immagini af-finché siano efficaci e comunicative, in che ordine si disporranno le stesse in modo che una dopo l’altra costituiscano un racconto ordinato e leggibile da tutti. Inoltre: come si passa dalle parole alle immagini? Per meglio dire, come una storia scritta può diventare una sceneggiatura al fine di realizzare un fumetto fotografico? A questi quesiti cercherò di rispondere attraverso la descrizione di esperienze maturate negli anni in qualità di formatore e in particolare riferendomi al progetto dell’A.Sc. 2012-13.

Lezione 1

1.1.a Scuola Primaria “L’inquadratura, campo/fuoricampo - campi e piani”

Abbiamo due grandi concetti da trasferire agli studenti: il concetto di inquadratura e la distinzione fra campo e fuoricampo. L’atto dell’inqua-drare impone una scelta da parte di chi fotografa, riprende o… disegna. Si mostra e si fa vedere qualcosa (in campo), ma al contempo si decide di non mostrare qualcos’altro, di escluderlo dal nostro piano visivo (fuori-campo). Per meglio far comprendere queste cose, l’esperienza del disegno è un approccio molto facile e diretto. Quante volte vi sarete sentiti dire: «Maestra posso fare un disegno? ho finito tutto!». Ebbene, per parlare di inquadratura, nei miei laboratori uso proprio il disegno come primo approccio. Spiego ai bambini che alla fine del nostro percorso diventeran-no fotografi provetti e saranno in grado di creare un fumetto fotografico. Non vi dico l’entusiasmo in classe nell’elencare questo tipo di esperienze! Prima però è importante conoscere e capire come si comunica, come si scrive con le immagini. Dico loro: «Trasformatevi per un momento in una macchina fotografica e con gli occhi scattate una foto di una parte della vostra classe. Provate ad elencare quante cose vedete e quanti particolari!» Successivamente consegno loro un foglio A4 che dovranno piegare in due metà, facendo combaciare nella piegatura i due estremi più corti del foglio stesso. Nella prima metà dovrà essere disegnata la porzione di classe scelta dagli allievi: «Attenzione, però! Non è un disegno libero, ma una fotografia con gli occhi. Pensate a quando si scatta una foto, le cose non scompaiono, ma tutto quello che c’è davanti all’obiettivo viene catturato dalla macchina,

Tommaso Ferronato | Fotografa una storia d’acqua 139

proprio tutto. Quindi disegnate come dei…fotografi! Oppure come dei pittori che ritraggono dal vero una modella, un paesaggio, una composi-zione o… una parte della classe. Al lavoro!». È importante sottolineare la natura non libera del disegno. Gli alunni sono liberi nella scelta della porzione di classe da disegnare, ma non possono tralasciare i particolari, bisogna spingerli ad osservare accuratamente, a trasformare il rettangolo superiore del foglio all’interno del quale devono disegnare in uno schermo di una macchina digitale. La consegna è sia molto permissiva, perché con-sente di fotografare/disegnare la parte della classe che si preferisce, ma allo stesso tempo anche molto restrittiva perché implica una scelta: decido di disegnare una porzione dell’aula e automaticamente escludo tutto il resto. Ecco dunque emergere il concetto di capo e fuoricampo.

A livello di tempistica è consigliabile lavorare con due ore ravvicina-te. Non è necessario far loro completare il disegno colorato in tutto e per tutto. Successivamente sospendete le attività e consegnate a ogni alunno un foglio bianco A4, fatelo arrotolare in modo che ne esca una specie di cannocchiale. Dite agli allievi di guardare nella stessa direzione nella quale hanno guardato per fare il disegno sin qui realizzato. «Vedete più o meno cose di prima?» La risposta è scontata. «Adesso con il cannocchiale sce-gliete/inquadrate un particolare che preferite. Successivamente cerchiatelo con la matita in maniera leggerissima sul disegno che avete fatto.» «Fatto tutti? Bene! Ora, disegnare il particolare individuato nel rettangolo vuoto sotto al disegno». «Attenzione a non disegnarlo piccolo piccolo, ma sfrut-tate tutto lo spazio a disposizione… Esatto, fate un ingrandimento!»

Verificate che tutti abbiano compreso la consegna, molto spesso capita che gli allievi disegnino un tondino e al suo interno l’ogget-to scelto, oppure che non comprendano fino in fondo di aver fatto un’ulteriore scelta e quindi di aver selezionato un particolare tra i tanti del loro disegno. Come si palesa questo errore? Semplice, se hanno selezionato dal rettangolo superiore il tipico bicchiere porta matite rosso che la maestra tiene sopra la cattedra e nel rettangolo sottostante, pur avendolo disegnato correttamente bello grande, lo colorano di blu, non si tratta soltanto di distrazione, bensì di un erro-re di comprensione: gli allievi hanno colorato diversamente uno stes-so oggetto che non può essere contemporaneamente blu e rosso.

140 Fotoromanzo

Fig. 1 e 2. Fasi dell’uso del “cannocchiale”.

Tommaso Ferronato | Fotografa una storia d’acqua 141

Fig. 3. Fasi dell’uso del “cannocchiale”.

Il passaggio successivo sarà la scelta di alcuni disegni, fra i più chiari e rappresentativi, per poi raccontare una storia partendo dal particolare e/o dal generale. È proprio l’aspetto fondamentale di questo lavoro: mostrare che una storia per immagini e parole non è altro che un flusso ordinato di parole e immagini appunto. In base a come decido di raccontare userò im-magini diverse e parole diverse. Ad esempio se guardiamo la vignetta della Pimpa possiamo raccontare una storia partendo dal telefono che squilla e poi mostrare dove quel telefono squilla, oppure posso partire dal generale e poi focalizzare la mia attenzione sul telefono. Ecco che il lavoro è appena cominciato: quante storie si posso ricavare dai disegni dei bambini? Infini-te! Posso farne scrivere una per casa con l’aggiunta di disegni che la com-pletino, oppure posso lavorare soltanto sul disegno e il suo aspetto pretta-mente linguistico. I laboratori di questo tipo devono avere, perché siano performanti e veramente utili, una ricaduta in classe durante la normale routine didattica. Non devono essere considerate esperienze estemporanee e slegate dal curricolo. Addirittura posso propormi di svolgere anche intere parti del programma attraverso esperienze laboratoriali simili.

142 Fotoromanzo

Veniamo ora la concetto di “Campi e Piani”.

«Tutte le immagini di una storia a fumetti, di un bel libro illustrato sono immagini di diverso tipo e servono, come avete visto e sentito poco fa, per raccontare una storia nel migliore dei modi. Ogni immagine ci dice qual-cosa, ci comunica informazioni e ci dà emozioni. Eccovi alcuni esempi!» Gli esempi in questione riguardano la scala dei Campi e dei Piani, potete reperirli facilmente in internet o in qualsiasi testo di alfabetizzazione all’au-diovisivo, solitamente sono dei fermo immagine tratti da film o da cartoni animati. La distinzione più che una questione terminologica servirà a spie-gare all’alunno come ogni campo e piano possa comunicare diverse infor-mazioni ed emozioni. L’immagine costruita in un certo modo mi trasmette qualcosa, un’altra congegnata in modo diverso mi darà altre informazioni e altre emozioni. L’approccio con i ragazzi dovrà essere necessariamente dialogico e legato all’osservazione. Cosa vediamo in questa immagine? Ci sono personaggi? Sono più importanti il paesaggio o i personaggi? Cosa vediamo del personaggio? Ecc.

La distinzione che dobbiamo fare emergere è quella tra campi e piani: nei primi il paesaggio ha un ruolo importante alla pari dei personaggi o addirittura è il paesaggio il soggetto principe della nostra immagine. Nella scala dei piani, invece, saranno i nostri personaggi, le loro caratteristiche fi-siche e le loro emozioni a contare rispetto all’ambiente nel quale si muovo-no. Dopo aver spiegato e fatto emergere questi concetti sarà fondamentale concentrarsi sull’importanza del conoscere e saper distinguere un primo piano da una figura intera.

«Queste cose mi servono per poter raccontare bene una storia attra-verso le fotografie. Proprio come faremo noi con il fotoromanzo! Allora attenti che facciamo una verifica. Proviamo a dividere in foto questa frase: un podista di maratone, con il pettorale 23, sta correndo; siamo agli ultimi metri della gara e il traguardo è vicino. Il suo volto è una maschera di fatica mentre taglia il traguardo, è stanchissimo: piange e ride allo stesso tempo. Che gara!»

La prima parte della storia potrebbe essere divisa in due foto: una figu-ra intera che mostra il protagonista della nostra storia dalla testa ai piedi e un piano medio per visualizzare bene viso e numero di pettorale. Per il suo avvicinamento al traguardo un bel campo medio, mentre si potrebbe pensare ad un piano americano per il taglio del traguardo e subito dopo un primo piano per mostrare le emozioni del protagonista della nostra storia.

Tommaso Ferronato | Fotografa una storia d’acqua 143

Questa è soltanto una delle strade possibili, ma le varianti sono più o meno infinite: uno spunto laboratoriale è quello di parlare con gli allievi stessi e costruire verbalmente una storia di questo tipo. Risulterà quindi una prima verifica in itinere e si avrà immediatamente il polso della situazione. In un altro momento il tutto può essere approfondito con uno storyboard carta-ceo nel quale gli studenti disegnano la situazione narrativa usando campi e piani “corretti” (un foglio per campo e/o piano). L’importante è che gli allievi comprendano che un primo piano veicola soprattutto i sentimenti di un personaggio, anche la figura intera lo fa, ma in maniera diversa, meno incisiva.

«Eccoci giunti, finalmente, all’uso della macchina fotografica digitale! Calma, è uno strumento delicato e va maneggiato con cura e soprattutto senza fretta. Voglio proprio vedere se siete già dei bravi fotografi; adesso a coppie di due venite qui e uno fa il modello e l’altro il fotografo, poi vi scambierete i ruoli. Attenti però, quando sarete fotografi vi dirò io che tipo di fotografia dovrete scattare: un primo piano, un dettaglio, un piano americano, ecc… Prima mi dite come volete fotografare e poi vi do la fo-tocamera.»

È meglio sia l’insegnante a suddividere a coppie gli allievi anche per una questione di ordine in classe, dal momento che solitamente sono so-vraeccitati all’idea di fotografare ed essere fotografati. Una volta scattate le foto basterà scaricare le stesse sul computer collegato a un proiettore o alla LIM in modo da poter rivedere insieme il lavoro svolto. Scorriamole velocemente, che tutti abbiano modo di vedersi e ridere di eventuali facce o pose buffe. In un secondo momento sarà necessario studiare ogni imma-gine e capire che tipo di piano è stato realizzato e se la foto è corretta e ben bilanciata. Tale attività è molto importante ed è altrettanto importante che l’errore, qualora ci fosse, sia fatto emergere come problematica da risolvere con l’apporto di tutti. Si può sbagliare e si può rimediare con l’aiuto dei compagni, del formatore e dell’insegnante.

La tempistica per la realizzazione di queste attività è stata indicata in due ore circa. Starà a voi dilatare o stringere i tempi, modulando di volta in volta gli spunti laboratoriali in base alle difficoltà che emer-gono in classe durante lo svolgimento delle lezioni. Tali esperienze possono essere utilizzate per colmare lacune e favorire studenti con difficoltà di apprendimento e/o comportamentali.

144 Fotoromanzo

1.1.b Secondaria di I grado“L’inquadratura, campo/fuoricampo - campi e piani”

Il concetto di inquadratura con gli studenti delle scuole secondarie di primo grado può essere esplicitato e descritto attraverso un percorso creato ad hoc fatto di spezzoni di materiale audiovisivo, di immagini fotografiche e di attività laboratoriali mirate. L’obiettivo è quello di fornire gli allievi degli strumenti necessari per comprendere il linguaggio delle immagini ed esprimersi attraverso di esse.

Cos’è il “quadro”? Porzione di mondo racchiusa in quattro lati, il no-stro schermo. Schermo come mondo finito: Campo e Fuoricampo.

“Inquadrare”: mettere in quadro, appunto. Significa operare una scelta: comprendere o escludere; soggettivare uno sguardo e una visione; scegliere quale porzione di mondo rappresentare (inquadrare) e come rappresentar-la, quale escludere momentaneamente o meno (fuoricampo), al fine di isti-tuire una scala gerarchica secondo cui non solo raccogliere, ma organizzare i materiali espressivi di una narrazione per immagini.

Questo concetto possiamo esemplificarlo con la visione dell’incipit di Effetto Notte di François Truffaut (1979). Lo spezzone ci mostra il brulica-re di una cittadina e, in un’unica inquadratura mobile, seguiamo il passeg-giare di due personaggi: una volta arrivati uno di fronte all’altro, uno dei due schiaffeggia l’altro. A quel punto c’è uno stacco e si vede un uomo (il regista Truffaut) urlare «Stop!» Dalle inquadrature successive veniamo a sapere che in realtà ci troviamo in un set cinematografico e lo schiaffo tra i due personaggi non è nient’altro che una parte di un film nel film. Questo è soltanto un esempio, ma possono essere utilizzati molti spezzoni simili, disponibili anche online.

La differenza tra il mondo reale e il cinema è data dalla bidimensionalità dovuta alla monocularità della macchina da presa e della macchina foto-grafica. Come possiamo, dunque, “combattere” questa sorta di attitudine oggettivante del mezzo meccanico e degli strumenti di ripresa? Come pos-siamo, “sconfiggendo” la macchina, imporre la nostra visione e il nostro sguardo?

Possiamo agire su determinate capacità selettive di questi mezzi: separare oggettivamente e non soggettivamente, in maniera netta e meditata ciò che è o non è nel campo visivo (campo/fuoricampo) attraverso l’uso della Prospettiva Scientifica e le sue regole, rendere più nitidi o più confusi i diversi piani che individuano e strutturano il costruirsi in profondità della scena reale; dare, dunque, ad una su-

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perficie bidimensionale, tridimensionalità e volumetria. In rete tro-vate i cosiddetti giochi prospettici e vi potrete sbizzarrire a ingannare e svelare gli inganni prospettici con i vostri studenti.con l’ausilio della duplice funzione dell’elemento luministico (Luce), conferire tridimensionalità al soggetto e forza drammaturgica ed espressiva. Un esperimento può essere quello di oscurare l’aula e con una torcia illuminare il volto di un allievo-cavia da angolazioni diverse.

Per spiegare Campi e Piani, sempre in rete potete trovare immagini re-lative alla scala dei campi e dei piani (solitamente fermo immagine tratti da film e/o cartoni animati famosi). Studiatene le caratteristiche con gli allievi e successivamente provate a replicarli con una fotocamera digitale. Rivede-te successivamente i risultati e cercate di individuare eventuali errori nella messa in quadro rispetto alla definizione corretta tratta da un qualsiasi ma-nuale di didattica degli audiovisivi.

1.2.a Scuola Primaria“Il Montaggio”

Il Montaggio ovvero, guardando al nostro fotoromanzo, il mettere in or-dine una serie di immagini e parole in modo che abbiano un significato nar-rativo, è un concetto di non facile spiegazione. Più che altro gli studenti lo possiedono come un prerequisito “inconscio”: fin dalla scuola dell’infanzia si lavora alla sua costruzione con pre-lettura e pre-scrittura, ma quello che è difficile è renderli consapevoli delle potenzialità espressive del montaggio

Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6

146 Fotoromanzo

stesso. Attraverso di esso posso manipolare spazio e tempo a mio piacimen-to: pensate al flashback, al flashforward o all’ellissi… Certo, sono discorsi difficili da fare ad un “bambino delle elementari”, ma credetemi: con tutta la tv che vedono e gli esempi che ogni giorno hanno di fiction, film e car-toni animati queste cose per loro sono all’ordine del giorno; non sono co-scienti di averle viste, ma le codificano con estrema facilità. Non possiamo aspettarci, con tutte le eccezioni del caso, che un alunno medio conosca e costruisca un testo narrativo utilizzando strategie particolari come quella del flashforward, ma un flashback certamente è nelle sue corde.

Affinché il concetto di montaggio sia accessibile a tutti ho pensato al mondo dei fumetti, alla Pimpa o a Topolino per fare alcuni esempi, e ho pensato di lavorare con i ragazzi in questo modo: prendete una storia a fumetti (la Pimpa va benissimo per la brevità e la semplicità delle situazioni narrative); togliete le parole dal fumetto e fotocopiatelo, ritagliate vignet-ta per vignetta e date la storia spezzettata, ma completa, agli allievi divisi in gruppi (massimo 4 o 5 persone). Lasciate loro il tempo di riordinare la sequenza senza scrivere nulla nei fumetti, poi girate per i gruppi con i bambini al seguito e fate raccontare a ciascun gruppo la storia, motivando di volta in volta le scelte nella ricomposizione della stessa. In un secondo momento fateli lavorare ai dialoghi. Potete lavorare anche sul discorso di-retto e indiretto mostrando le differenze tra l’uno e l’altro.

Altro spunto potrebbe essere quello di mostrare degli spezzoni di film o delle pubblicità nelle quali il tempo e lo spazio siano manipolati, ad esempio mi viene in mente un non nuovissimo spot tv della Calzedonia nel quale si vede la vita di una donna dalla nascita all’età adulta, tutto com-presso in trenta secondi. Fate riflettere i bambini proprio su questo aspet-to: non importano le definizioni, l’importante è che capiscano che tempi e spazi possono essere manipolati in poche immagini. Poi per riportare il tutto alla realizzazione del fotoromanzo, possiamo tornare al fumetto e far vedere come le famose didascalie “dieci anni dopo”, “Tanto tempo fa a Topolinia…”, movimentino il racconto e lo dilatino spazialmente e temporalmente.

Lavoro di gruppo / “strategia dell’errore” / tecnologia

Nel laboratorio di Montaggio il lavoro di gruppo inizia a diventare fon-damentale. I membri delle piccole compagini si aiutano e devono confron-tarsi per ricostruire la storia a fumetti, devono darsi dei ruoli (chi racconta,

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chi scrive, chi fa il coordinatore e relatore etc). Consiglio di affidare i ruoli proprio nella fase preliminare del lavoro, in un secondo momento le dina-miche relazionali emergeranno sicuramente e si dovrà intervenire in modo tale che gli eventuali conflitti o le non collaborazioni vengano risolte auto-nomamente dagli allievi stessi. Lo spirito collaborativo e di unità è fonda-mentale anche nella seconda fase del progetto tanto da diventare essenziale per la riuscita del laboratorio stesso. Anche in questa esperienza abbiamo il concetto di “errore utile” che viene rielaborato dalla comunità classe (l’er-rore, anche in questo caso, diventa un’occasione per un confronto costrut-tivo tra alunno e insegnante e tra alunno e alunno, una vera e propria fonte di accrescimento cognitivo).

Come avrete notato, la tecnologia necessaria per realizzare questa prima parte è alla portata di tutti, sia sul piano delle competenze che della conoscenza del mezzo meccanico (macchina fotografica digi-tale, computer o lim per riversare le foto). Nel caso di difficoltà in questo secondo aspetto fatevi aiutare da insegnanti più “esperti”, o meglio ancora dagli allievi stessi. Lasciate che le loro capacità e cono-scenze esterne alla scuola entrino dalla porta principale della classe. In questo modo si azzererà l’asimmetria tra docente e discente.

1.2.b Secondaria di I grado“Il Montaggio”

Le riprese del film sono terminate. Il regista, gli attori e gli altri mem-bri della troupe si salutano per l’ultima volta, forse con una piccola festa improvvisata da qualcuno. L’atmosfera è quella in cui si con-fondono la tristezza degli addii e la soddisfazione per il lavoro ulti-mato. Ma per qualcuno, in realtà, tutto deve ancora incominciare: chilometri di pellicola sono stati impressionati, sviluppati e sistema-ti dentro numerose bobine. E aspettano. Ancora qualche giorno e qualcuno vi metterà mano. Riordinerà, sceglierà fra le diverse riprese della stessa inquadratura quella più efficace, unirà gli spezzoni scelti fra loro, ricostruirà scena dopo scena la storia del film così come era stata concepita in fase di sceneggiatura o modificata nel corso delle riprese. Talvolta, in questa lunga fase di lavoro, qualcosa di nuovo ed imprevisto potrà accadere. Inquadrature, o addirittura intere scene, potranno essere eliminate, modificate o collocate in un momento del

148 Fotoromanzo

racconto diverso da quello in cui erano state originariamente previ-ste. Questa fase di importanza capitale della lavorazione di un film è quella che cade sotto il nome di montaggio.2

Questa la definizione più classica di montaggio legata al mondo del ci-nema, ma per ricollegarci al nostro obiettivo, la realizzazione di un fotoro-manzo, sarà utile creare un percorso mirato volto a creare un parallelo tra cinema, fumetti e narrativa letteraria. Fondamentale, dunque, lavorare su più piani in modo da essere fortemente multidisciplinari e far intendere agli allievi che la comunicazione audiovisiva si ricollega fortemente alla nar-rativa, alla scrittura e ai tanto “amati” libri. Capire questo linguaggio signi-fica anche capire, appunto, il linguaggio della scrittura, invitando gli alunni ad approcciarsi a tale disciplina da un’altra angolazione. La selezione degli spezzoni può essere affidata a qualche docente più esperto in materia, op-pure al formatore se il progetto necessita la sua presenza. L’importante è avere ben chiaro che il programma scolastico può essere potenziato e trat-tato anche e soprattutto attraverso un approccio didattico di questo tipo.

Qui sotto trovate alcuni esempi e spunti laboratoriali per dare un’idea più completa del percorso che si può costruire, al fine di lavorare al meglio al concetto di montaggio. Prima di tutto bisogna individuare le strategie narrative sulle quali è più utile approfondire il nostro percorso in chiave di costruzione del fotoromanzo:

Flashback: in molti film troviamo episodi in flashback, per un insegnante

sarà facile individuarne esempi letterari. Nel mondo dei fumetti: le dida-scalie “10 anni prima”, “qualche ora prima”, etc. L’importante è capire come spazio e tempo possano essere manipolati attraverso il montaggio. Un esempio cinematografico è dato dal racconto di Gandalf del suo scon-tro con il Balrog in Il signore degli anelli – Le due torri (Peter Jackson, Nuova Zelanda, 2002).

Flashforward. Questa tecnica è forse molto più cinematografica: partire dal finale del film per poi raccontare come si è arrivati a tale situazione è una strategia narrativa particolare, ma ci sono esempi letterari in tal propo-sito. Oppure, ancora, il classico sogno premonitore che anticiperà alcuni eventi della storia, o le profezie di qualche maga o stregone.

2 G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio racconto analisi, UTET, Torino, 1995.

Tommaso Ferronato | Fotografa una storia d’acqua 149

Montaggio parallelo convergente. È il classico “contemporaneamente” letterario: la storia di due personaggi che svolgono le loro vite ognuno per proprio conto e poi si incontrano. Altro esempio può essere inseguitore e inseguito che poi sfocia in un duello (Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen oppure Minority Report di Spielberg).

Montaggio rallentato: prevede che durante la narrazione audiovisiva si dilati il tempo della narrazione stessa, creando un senso di sospensione. Consiste in una giustapposizione di campi e piani tale da articolare nel rac-conto audiovisivo una pausa, un momento di stasi che serve ad arricchirlo e completarlo. Il tempo viene dunque rallentato, dilatato, manipolato e so-speso. In narrativa gli scrittori, quando si arriva al momento topico della storia, molte volte “congelano” l’azione e ci tengono sulle spine, sospen-dono momentaneamente il flusso del racconto, descrivendoci nei minimi particolari lo spazio o le sensazioni dei personaggi. In campo audiovisivo è proprio il montaggio rallentato a tradurre in immagine e suono questa stasi narrativa (molti gli esempi nei film di Sergio Leone).

Montaggio accelerato: agisce in maniera contraria rispetto al montaggio rallentato. Questa strategia narrativa consente in poche inquadrature di mutare il “Dove” di una storia e il “Quando” in tutte le loro sfaccettature. Un esempio molto calzante è ravvisabile in The snatch - lo strappo, di Guy Ritchie, nel quale, un personaggio dopo una telefonata tra New York e Londra raggiunge, in sei inquadrature montate in un velocissimo susseguir-si (2 secondi), l’ufficio del suo interlocutore. Si vedano le frequentemente usate ellissi.

Lezione 2

Ha inizio la creazione del Fotoromanzo: sceneggiatura, cast, foglio di lavo-ro.

Premessa

Andiamo “a fare”, a costruire il nostro fotoromanzo. Dal soggetto e sceneggiatura, passando per le foto, la recitazione e infine al montaggio con un software dedicato. Metto in pratica, con un obiettivo definito, quello fin qui appreso. In questa fase la differenziazione tra primaria e secondaria

150 Fotoromanzo

sarà sempre meno distinguibile. Questo perché l’approccio didattico non farà più leva sulle capacità di apprendimento legate al grado di scolarizza-zione degli allievi, ma all’effettiva voglia di mettersi in gioco degli alunni stessi, del loro insegnante e del formatore. La classe diventa una comunità ermeneutica dove lo scambio di informazioni non avviene più dall’alto (do-cente), verso il basso (studente), bensì si è tutti alla pari, ognuno con un proprio ruolo e dei compiti pratici ben definiti. Si sfrutteranno conoscenze e competenze anche extrascolastiche tali da arricchire il curricolo di tutti, docenti compresi. Pertanto procederò con la distinzione Primarie e Secon-darie di I grado soltanto dove si renderà strettamente necessario.

Ci siamo! Dobbiamo scrivere la storia che diventerà un racconto ordi-nato di immagini e fumetti, il nostro fotoromanzo.

Fondamentale è la creazione di un piccolo soggetto, un’idea che si svi-luppi e dalla quale i nostri allievi possano costruire una storia completa. Bisogna prima di tutto individuare un tema sul quale congegnare il nostro impianto narrativo. Per meglio comprendere il modus operandi facciamo riferimento all’Acqua, tema del Progetto regionale “Beviamoci pure que-sta!”. Una volta chiarito l’obiettivo, conviene lavorare con gli studenti e far emergere assieme a loro, in classe, alcune idee in riferimento all’acqua. Meglio partire da un brainstorming generale ed evidenziare comportamenti e declinazioni che sembrano essere vicine al sentire e al vivere dei ragazzi stessi rispetto a tale argomento. Una volta fatto questo lavoro, bisognerà procedere in modo che, suddividendosi i principali temi emersi, gli allievi producano dei piccoli soggetti, delle idee narrative sulle quali poi poter lavorare. Non è detto che una escluda l’altra e anzi, molto spesso capita che si possano unire più idee insieme.

Una precisazione è doverosa: nello scegliere i soggetti e nell’elaborarne uno comune è fondamentale capire che la pagina scritta deve diventare “magicamente” fotografia… Quindi, luoghi, spazi, costumi e quant’altro li devo poter avere a mia disposizione, o altrimenti che siano facilmente repe-ribili e/o assemblabili. Non potrò ambientare mai una storia in mare aperto o nel deserto, se non ci sono; tuttavia usare, qualora ci fosse, l’angolo dove si gioca con la sabbia e trasformarlo in un piccolo deserto… Quindi dei paletti di questo tipo meglio che li metta prima di approfondire e lavorare sul soggetto e la sceneggiatura. Posso però per esempio sfruttare una gita in un impianto di imbottigliamento per fare una parte del mio fotoromanzo, oppure un’uscita in qualche parco naturale può diventare il mio set ideale! Ancora, unire al mio fotoromanzo fotografico dei disegni realizzati dai ra-gazzi e sopperire a mancanze di costumi, luoghi o personaggi.

Tommaso Ferronato | Fotografa una storia d’acqua 151

Alla fantasia non c’è limite. Per esempio in una scuola primaria di Maro-stica abbiamo realizzato l’interno di una provetta vista al microscopio con drappi e altri materiali di recupero stando comodamente in classe (fig. 9). Il buon esito del laboratorio sta, come dicevo, nella volontà di mettersi in gioco, nelle idee e soprattutto nell’organizzazione.

L’elaborazione del soggetto unico deve essere più condivisa possibile con gli allievi, ma allo stesso tempo guidata e mediata dall’insegnante stesso che deve tenere conto di alcuni aspetti:

Realizzabilità pratica (vedi sopra)Centralità del tema: il messaggio è importante, cosa voglio dire con il mio fotoromanzo?Facilità di organizzazione: anche se la storia è complicata, devo avere ben chiare le idee su come organizzare i set e le tempistiche a dispo-sizione, oltre a come costruire i personaggi

Una volta assemblata una storia completa devo fare in modo che i per-sonaggi che la popolano siano in numero tale da dare un ruolo a tutti i com-ponenti della classe. Questo perché la nostra pagina scritta deve prendere

Fig. 7. Inserimento di disegni nel flusso narrativo del Fotoromanzo fotografico.

152 Fotoromanzo

vita e i caratteri presenti nella storia devono essere impersonati da tutti i componenti della classe. Attenti: sarà impossibile avere 20 protagonisti su 20 alunni! Una soluzione comune, però, è quella di creare una storia co-struita su dei gruppi che si contrappongono: gruppi di personaggi negativi che poi diventano positivi per il confronto/scontro con altri gruppi di per-sonaggi positivi. In questo modo posso avere: protagonista/i (massimo due per connotare al meglio una storia) e amici del protagonista, antagonista/i e amici dell’antagonista. Qualche personaggio particolare, come un profes-sore, un collaboratore o altro in base alla storia (sempre interpretato dagli studenti).

Come assegnare i ruoli, tenendo sempre conto che il risultato finale è importantissimo?

per consonanza: il “bulletto” o il gruppo dei bulletti di classe pos-sono fare i personaggi negativi nel fotoromanzo, ma nella storia do-vranno cambiare e riconoscere i propri errori… Potrebbe essere un modo per educare e correggere certi comportamenti che in classe creano problemi tra alunno e alunno per contrasto: alunni che solitamente sono timidi farli emergere come protagonisti

Scuola Primaria: sull’assegnazione dei ruoli i bambini delle primarie hanno tantissimo entusiasmo e molto spesso capita che tutti vogliano fare i protagonisti o il personaggio della storia più accattivante. Come dicevo, sta nella bravura dell’insegnante muoversi su una doppia corsia: congegnare bene la storia e distribuire i ruoli in modo che tutti ne escano gratificati.

Scuola Secondaria di I grado: con i ragazzi più grandi abbiamo il pro-blema contrario, ovvero molto spesso, vista la particolare età, si possono avere timidezza e paure maggiori rispetto alla sfrontatezza e all’entusiasmo delle primarie. Altre volte i ruoli si scelgono da soli, o meglio, i ragazzi indicano tra di loro chi potrebbe essere il protagonista, il cattivo o altro. Questo fattore è da tenere in forte considerazione perché fa sì che si possa avere conferma o smentita di alcuni cliché interni alla classe stessa. Starà all’esperienza dell’insegnante distribuire i ruoli per consonanza o per con-trasto affinché tutti siano contenti o in qualche modo sia loro utile agire e performare la storia attraverso la lente di un personaggio.

Tommaso Ferronato | Fotografa una storia d’acqua 153

Dal soggetto alla sceneggiatura

Definito il cast “senza spargimenti di sangue” ci si può dedicare alla trasformazione del soggetto in una vera e propria sceneggiatura. Eccovi un esempio realizzato in una scuola primaria:

SCENEGGIATURA

SCENA 1 (INT. NOTTE)

SITUAZIONE INIZIALE:DISPOSIZIONE BANCHIENTRATA COLLABORATRICEENTRATA SCIENZIATO (vestiti e oggetti)REAZIONI ALUNNIPRESENTAZIONE SCIENZIATO

Era una piovosa giornata di ottobre, eravamo a scuola intenti a svolgere la nostra lezione di scienze sull’acqua, quando all’improvviso bussò alla porta della nostra aula la collaboratrice Cristina la quale ci avvisava che uno strano personaggio chiedeva di essere accompagnato da noi.La meraviglia che ci colse fu indescrivibile, rimanemmo letteralmente a bocca aperta nel vedere apparire sulla porta della nostra aula uno scienziato! Capimmo subito di chi si trattava perché dalle tasche del grembiule bianco che indossava spuntavano contenitori e provette di vari forme e dimensioni e dalla sua borsa fuoriusciva una lente d’ingrandimento e un termometro. E poi quei suoi lunghi capelli bianchi e quegli occhiali dalla montatura spessa e nera che nascondevano in parte i suoi occhi corrispondevano esattamente alla nostra idea di scienziato.Che bello sarebbe stato se i pensieri che affollavano la nostra mente in quegli istanti avessero potuto essere comunicati da tutti noi!(…)

Noterete subito che nella sceneggiatura viene indicato il numero di sce-na e il dove tale scena è ambientata. Prima cosa da fare, dunque, per tra-

154 Fotoromanzo

sformare un soggetto in una sceneggiatura o comunque in un testo a noi utile per la realizzazione del fotoromanzo, è la divisione in scene. Ad ogni cambio di luogo corrisponde una scena e la devo numerare. Questo mi ser-virà per avere sempre sotto controllo il numero di scene e la loro divisione tra interni ed esterni nel momento in cui dovrò organizzare le sessioni di posa fotografica. Inoltre ho aggiunto un elenco puntato che mi riepiloga brevemente gli accadimenti della scena stessa. Non stiamo facendo cinema e non c’è nemmeno la pretesa di stendere un testo che possa definirsi una vera e propria “sceneggiatura tecnica”. Diciamo che stiamo cercando di comporre un testo ordinato e funzionale ai nostri obiettivi. La divisione in scene, cioè analizzare il testo e capire quando ho un cambio di scena, si può fare benissimo sia con gli alunni delle primarie che con le secondarie di primo grado. Per quanto riguarda i dialoghi posso lavorare ad appro-fondirli o farli scrivere agli allievi stessi. Per tale attività consiglio per le primarie di definire già nel soggetto le battute, mentre per le secondarie non sarebbe male farli lavorare in gruppi in modo che siano pienamente partecipi e che possano sviluppare autonomamente competenze anche in questo settore (nulla vieta che anche le primarie possano lavorare sui dialo-ghi con la medesima modalità o un’altra più adatta alla classe stessa). Per-tanto l’insegnante diventerà una sorta di supervisore, cercherà di appianare discontinuità tra un dialogo e l’altro e dovrà fare in modo che non si perda mai la continuità tra una scena e l’altra.

Se in classe vi è la presenza di un formatore esterno, insegnante e for-matore devono collaborare sin da prima dell’inizio del laboratorio. Proprio nella fase di scrittura del soggetto lo scambio sarà guidato, sia per facilitare il docente alle prime armi in questo tipo di progettualità, che per avere una visione più ampia e mirata del progetto stesso. Una cosa simpatica potrebbe essere quella di introdurre la figura del formatore prima di farlo effettivamente conoscere ai ragazzi, attraverso un contatto mail.

Mail to Maestra e classe from Formatore: «Ciao a tutti! Sono Tom-maso, mi conoscerete presto perché faremo un bel laboratorio assieme. Realizzeremo un fotoromanzo, la vostra insegnante vi spiegherà per bene di cosa si tratta. Attenti però, prima mi serve una storia scritta da voi sulla quale lavorare per costruire il nostro racconto a fumetti! Man-datemi via mail un soggetto sul tema dato e io vi darò dei suggerimenti su come trasformarlo in una sceneggiatura. A presto!».

Tommaso Ferronato | Fotografa una storia d’acqua 155

Da questo punto in poi si può instaurare un contatto via posta elettroni-ca e monitorare passo dopo passo la costruzione della sceneggiatura.

Foglio di lavoro

Una volta completata e limata la nostra sceneggiatura bisogna proce-dere con la strutturazione di un foglio di lavoro. Di cosa si tratta? Presto detto: è la lista completa di luoghi, oggetti e costumi dei quali avrò bisogno per realizzare praticamente il fotoromanzo.

Luoghi: sono i “dove” della nostra storia. A questi dovrò trovare una collocazione negli spazi che ho a disposizione: ad esempio un labo-ratorio di uno scienziato potrà essere ricreato nell’aula di scienze, oppure allestito un angolo all’interno della classe portando oggetti e quant’altro necessario per connotare tale ambiente. Oggetti e Costumi: come sono vestiti i miei personaggi? Di che og-getti ho bisogno per connotarli? Di che oggetti necessito per rendere gli ambienti a disposizione più simili a quelli della mia storia? Tutto questo lo devo inserire in un inventario completo e più dettagliato possibile.

È fondamentale che questa lista sia creata con gli allievi e che siano loro in prima persona a fare ordine e programmarsi. Decidere dettagliatamente chi porta che cosa, responsabilizzare gli alunni e far loro capire che even-tuali dimenticanze possono compromettere il lavoro di tutti. All’interno del laboratorio questo è uno degli aspetti educativi di maggior importanza. La valenza educativa del conferire responsabilità è un valore assoluto e indiscutibile. In questo senso è importante non colpevolizzare l’errore, la dimenticanza, e lasciare che gli allievi li risolvano come classe. Della serie: «Manca il telefono fisso come soprammobile? Non importa usiamo il cel-lulare della prof o della maestra, oppure mettiamo un porta penne!». Ini-zialmente gli studenti si scontreranno e incolperanno il responsabile, sarà poi decisivo il ruolo del docente/formatore che dovrà spingerli a risolvere la questione con senso pratico e senza perdite di tempo.

156 Fotoromanzo

Lezioni 3 e 4

Le sessioni fotografiche

In questi incontri si scatteranno le fotografie che comporranno il nostro fotoromanzo. L’aspetto organizzativo è di fondamentale importanza. Sce-neggiatura e Foglio di lavoro alla mano, la prima divisione da attuare sarà tra “Interni” ed “Esterni”. Fatta una lista dovrò fare in modo che i miei spostamenti tra un set e l’altro siano più comodi possibile. Così, tempo atmosferico permettendo, cercherò di girare tutti gli esterni in due ore e tutti gli interni nelle altre due. In ogni caso l’organizzazione dovrà essere fatta esclusivamente in base alla comodità. L’ordine della narrazione viene, in questo modo, stravolto anche perché posso avere più scene ambientate in classe, ma in tempi diversi. Cosa mi converrà fare in questo caso? Sem-plice, fotografare tutte le scene all’interno dello stesso luogo. In classe ho le scene 1, 5, 8 e 9? Bene, fotograferò quelle scene una dopo l’altra. Non mi converrà mai “girare” la scena 1 e poi, se la 2 è ambientata in cortile, uscire per girarla e magari subito dopo tornare dentro perché la scena 3 si svolge in atrio. Farò prima le scene 1, 5, 8 e 9, successivamente la scena 3 ambientata in atrio e poi la scena 2 in cortile insieme alle scene in esterno, per esempio. Questo aspetto è fondamentale venga compreso chiaramente da tutti: ho un nuovo ordine basato sull’economia (di tempo, spostamento, costumi ecc), ma devo stare molto attento che tutti seguano questo nuovo corso e che soprattutto eventuali salti temporali vengano compresi e con-notati con oggetti e costumi ogni volta diversi (continuity).

Altra operazione importante è quella di rivedere le foto al termine della seduta per controllarle e verificare la loro buona o cattiva resa. In questo modo posso correggere eventuali errori e rifare parti della mia storia man-canti o risultate poco espressive.

Proprio sull’espressività è importante che gli allievi si concentrino al meglio e così chi non è momentaneamente coinvolto, quindi non è on sta-ge, deve starsene tranquillo e in silenzio. Questo perché confusione, am-miccamenti, risate o altro possono deconcentrare la troupe e intimidire chi si mette in gioco davanti alla macchina fotografica. Non è facile, per-ché la tentazione di ridere vedendo un proprio compagno che deve fare un’espressione particolare è molto grande; inizialmente bisognerà avere un po’ di pazienza, ma allo stesso tempo essere rigidi nel rispetto del lavoro altrui. Un metodo per ovviare a questi comportamenti negativi è quello di

Tommaso Ferronato | Fotografa una storia d’acqua 157

responsabilizzare i ragazzi momentaneamente non coinvolti nella recitazio-ne, dando loro dei ruoli di supervisione, di aiuto regista oppure di “con-trollori” di costumi e oggetti: «Controllate se è tutto a posto! Il costume è ok? Il libro deve stare per terra o sul banco a questo punto della storia?».

Le fotografie possono essere scattate dal formatore, dall’insegnante o a turno dai ragazzi stessi. Attenzione, però, in quest’ultimo caso la super-visione del docente/formatore è fondamentale in quanto dovrà verificare il corretto utilizzo del mezzo meccanico e che il risultato sia in linea con quanto previsto in sceneggiatura.

Lezione 5

Recupero foto, revisione totale delle foto e montaggio di una scena

La quinta lezione è la cosiddetta “lezione jolly”, può essere usata per:

Recuperare eventuali ritardi accumulati nelle lezioni 3 e 4. Quindi proseguire con sedute fotografiche e visione delle foto per controlla-re e correggere eventuali errori o dimenticanze.Visione di tutte le fotografie scattate e riordino dei materiali. Basterà creare con il computer delle cartelle numerandole come le scene cor-rispondenti alla nostra sceneggiatura. Il passo successivo sarà quello di inserire le foto di ciascuna scena nella cartella.Montaggio utilizzando software dedicati: Comic Life è intuitivo e facile da usare, è gratuito nella versione base che può essere scari-cato da internet. L’aiuto di un docente più esperto in questo settore e/o di un formatore può risolvere eventuali difficoltà di partenza. Si consiglia di montare una scena alla volta. All’interno dell’ultima lezione del nostro percorso si riusciranno al massimo a montare una o due scene, dipende dalla loro lunghezza. Il resto del lavoro può esser svolto autonomamente dal docente/formatore o con i ragazzi, ma in quest’ultimo caso i tempi saranno più lunghi. Vista la natura “intima” dell’operazione di montaggio, risulterebbe molto difficile lavorare a gruppi con gli allievi. Potrebbe essere interessante chie-dere ad un numero ristretto di alunni di occuparsene e di fare di volta in volta delle lezioni nelle quali fanno il punto della situazione e mostrano alla classe il progredire del lavoro di montaggio.

158 Fotoromanzo

Fig. 8. Pagina del Fotoromanzo realizzato con la scuola primaria di Marostica.

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Servizi telegiornalistici

160 Servizi telegiornalistici

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 161

Notizie “di classe”: un TG per le scuole primariedi Federico Tosato

SCHEDA DIDATTICA

INTRODUZIONE: LE RAGIONI DI UNA SCELTA

L’analisi del testo è una disciplina ormai svolta in ogni Istituto del nostro Paese, sin dalla scuola primaria. Tra i molti testi che gli alunni immediata-mente imparano a riconoscere, classificare e appunto analizzare, vi è l’articolo giornalistico, il quale, come ogni altro scritto, presenta delle peculiarità, delle determinate norme di composizione e di struttura e delle specifiche strategie comunicative. Legato a doppio filo a questo genere di testo vi è poi quello sì informativo, però concepito per la fruizione televisiva, costituito dai medesimi elementi ma con l’integrazione di supporti di tipo audio e visivo, chiaramente trascurati – se non per quanto concerne l’impaginazione, curata per attrarre e mantenere l’attenzione del lettore – dalla carta stampata.

Per quanto riguarda l’informazione audiovisiva è naturale pensare in primis al format più diffuso e invasivo: il telegiornale. Il laboratorio che il seguente capitolo illustrerà riguarda appunto questo genere informativo/divulgativo, ma da un punto di vista se non inedito, perlomeno inusuale: quello dei più giovani, di chi frequenta la scuola primaria.

I cinque incontri previsti saranno suddivisi in una prima e in una secon-da fase:

la prima si rivelerà soprattutto teorica, poiché con gli alunni toc-cheremo alcuni punti essenziali della comunicazione e dell’infor-

162 Servizi telegiornalistici

mazione tout court, per poi incentrare l’attenzione su quella speci-ficatamente televisivala seconda risulterà più dinamica e pratica, giacché graviterà attor-no alla preparazione vera e propria – dall’idea al girato, montaggio escluso – dei servizi di un TG

Attraverso l’analisi della struttura compositiva di un telegiornale, gli al-lievi ne comprenderanno gli aspetti e arriveranno a produrre un loro TG, completo in ogni elemento giornalistico e audiovisivo.

A CHI È RIVOLTO

Gruppo classe del IV e V anno delle scuole primarie

FINALITÀ

In quella che abbiamo identificato come la prima fase:Sviluppare le capacità di analisi del testo giornalistico, per poi in-nestarle in un canale comunicativo di tipo orale e visivoRiconoscere le differenti strutture componenti i testi informativi

Per quanto concerne la seconda fase:Conoscere, per poi utilizzarli, alcuni strumenti fondamentali per la realizzazione di un prodotto di tipo audiovisivo, atto alla veicola-zione di informazioniConoscere alcuni elementi specifici dell’audiovisivo, quali Inqua-dratura e Montaggio (se pur quest’ultimo sarà affrontato in manie-ra esclusivamente teorica), fondamentali per integrare l’informa-zione precedentemente acquisita

STRUMENTI

Edizioni di quotidianiAltre pubblicazioni differenti dal quotidianoComputer portatileVideocameraFotocamera

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 163

MicrofonoLavagna Interattiva Multimediale (LIM)Rete Internet

TEMPI

10 ore / 5 incontri

PRECONOSCENZE/PREREQUISITI

Per svolgere in maniera più agevole il modulo e per la comprensione di quanto esposto dal formatore nel corso soprattutto della prima fase, non è basilare ma comunque auspicabile che lo studente già sia a conoscenza di alcuni elementi, che poi verranno ripresi in aula:

Differenza tra testo espositivo e testo informativoStruttura della prima pagina di un quotidianoModalità di ricerca di dati on line

OBIETTIVI

ConoscenzeI più rilevanti elementi del linguaggio giornalistico La struttura di un’intervista e i criteri per redigerla La modalità teorica del montaggio video di un programma televisi-vo composto da servizi giornalistici

CompetenzeScrivere correttamente un intervento atto a lanciare un servizioScrivere correttamente un breve testo informativoStrutturare una sintetica intervistaConfrontare dati provenienti da più fontiCostruire la “scaletta” di un telegiornale e del singolo servizio au-diovisivoModulare l’intonazione vocale al fine di utilizzarla per un servizio pubblicoImparare a lavorare in équipe

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CONTENUTI E METODOLOGIE DELLE LEZIONI

Definiremo “prima fase” il periodo teorico del laboratorio, nel corso del quale il formatore non chiederà ancora alla classe di strutturare e realizzare concretamente il TG, ma cercherà di fornire gli strumenti che nella seconda fase si riveleranno opportuni a confezionarlo, con una cognizione di causa maggiore rispetto a quella che all’avvio del presente modulo generalmente appartiene ai destinatari ideali. Nella prima fase il formatore dovrà perciò prestare particolare attenzione nel fornire alla classe coinvolta alcuni stru-menti basilari per poi manipolare il materiale necessario alla realizzazione del telegiornale. Per farlo, verificherà insieme all’insegnante di riferimento se gli alunni nel corso dell’anno scolastico in corso o di quelli precedenti abbiano o meno già incontrato, anche soltanto parzialmente, alcune delle nozioni sulle quali andrà a improntare il lavoro; generalmente negli ultimi anni della scuola primaria lo studio delle differenti tipologie testuali è parte integrante del programma, così come lo è l’analisi della prima pagina dei quotidiani. Per iniziare, il formatore verificherà che i membri della classe presentino le medesime conoscenze di base, prima di allargare il raggio d’azione teorico-pratica agli elementi che invece si riveleranno sempre più attinenti all’excursus laboratoriale. In alcuni casi sarà più utile partire da una data definizione per poi permettere agli studenti di applicarla in senso pratico, mentre in altri (che risulteranno essere la maggioranza) potrà esse-re più proficuo operare in maniera opposta, ovvero offrendo alla classe la possibilità di lavorare e nel contempo di riflettere su quanto si sta eseguen-do, sino ad ottenere le opportune definizioni.

La seconda parte, più operativa rispetto la precedente, vedrà gli stu-denti operare come dei veri e propri giornalisti: ricercheranno i dati più opportuni per strutturare una notizia e quindi eseguiranno le riprese dei servizi durante i quali le stesse saranno divulgate. Suddivisi i compiti, ad ogni allievo sarà assegnato il suo, davanti o dietro la videocamera non ha importanza, poiché formatore e insegnante dovranno far comprendere alla classe che nonostante le funzioni di ognuno siano differenti, non esiste nel lavoro di squadra una gerarchizzazione che elevi alcuni ruoli o ne mortifi-chi altri. Il singolo, fino al termine del modulo, risulterà parimenti funzio-nale all’esito da raggiungere.

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 165

Lezione 1

I giovanissimi e l’informazioneTerminologia giornalisticaLa notizia e le “cinque W”L’intervista

Lezione 2

Il telegiornale e il giornalismo televisivoInquadratura e Montaggio

Lezione 3

Le notizie e il nostro TGGli intervistatiGli esterni e lo studio televisivo“Presenza scenica” ed elementi scenografici

Lezione 4

Le riprese in esternaGiornalisti “di classe”

Lezione 5

Dall’aula allo studio televisivoLe riprese degli interniTeoria di Montaggio

166 Servizi telegiornalistici

GUIDA ALLO SVOLGIMENTO DEL LABORATORIO

Lezione 1

Tempo previsto: 15’1.1.

Per iniziare a interagire con la classe (nel caso specifico una V), al for-matore occorre conoscere dai presenti quali sono gli strumenti attraverso i quali cercano informazioni. Oltre alle biblioteche e alla stampa cartacea, oggi è sempre più frequente anche per giovani di nove o dieci anni, se seguiti da un adulto, compiere ricerche nel WEB, “navigando” nella scon-finata rete di Internet, esperienza questa che ci tornerà utile quando riflet-teremo sulle fonti e sulla verifica delle nostre notizie.

Gli alunni si raccontano spiegando al formatore se già reperiscono noti-zie e, in caso positivo, con quali strumenti e quali sono le tipologie di infor-mazioni di loro maggiore interesse. Generalmente risulta essere la televisio-ne il medium attraverso il quale i ragazzi si informano, mentre le notizie più lette risultano quelle di ambito sportivo (per la fazione maschile), apprese seguendo spesso trasmissioni ad hoc, mentre appaiono solitamente inferiori le conoscenze acquisite per mezzo dei telegiornali, ai quali i più giovani assistono “passivamente”, soltanto perché sono i famigliari a seguirli.

Tempo previsto: 25’1.2.

Come anticipato, in linea di massima alunni degli ultimi due anni della scuola primaria conoscono già la struttura della prima pagina del quotidia-no. Anche con l’aiuto di alcune immagini (visualizzate grazie alla LIM, o cartacee, fotocopiate e distribuite tra i banchi), verifichiamo quindi i con-cetti basilari:

Articolo di apertura, di fondo o editorialeTaglio alto, medio, bassoSpallaCivetteManchetteTitoloOcchiello

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 167

CatenaccioDidascaliaVignetta

Figura 1. Prima pagina di un quotidiano, con indicati gli elementi essenziali che la costituiscono.

168 Servizi telegiornalistici

E altri non legati esclusivamente alla prima pagina, ma più in generale all’ambito giornalistico:

TestataCronaca (nera, rosa, bianca, giudiziaria)LeadRecensioneRubricaQuotidiano, Settimanale, Mensile

Per iniziare a tastare il terreno in modo concreto, il formatore chiede agli studenti chi tra loro sa fornire alcune delle definizioni richieste. Articolo, titolo, occhiello, catenaccio, didascalia, vignetta, quotidiano, settimanale e mensile sono generalmente i termini che riscontrano la maggior diffusione tra quelli sottoposti alla loro attenzione (anche se in taluni casi è possibile incontrare classi più ferrate di altre), a riprova del fatto che questo genere di materiale e il lessico annesso sono per individui tanto giovani ambiti solo in parte esplorati.

Tempo previsto: 40’1.3.

Rinfrescate le conoscenze pregresse della classe, il formatore passa a definire l’ambito di maggior pertinenza attorno al quale poi strutturerà il lavoro, ovvero:

Che cos’è una notizia Di quali elementi si compone

Il primo dei due punti già di per sé ci porterebbe lontano, ad indagare aspetti poco consoni a studenti di nove o dieci anni, per i quali invece sarà sufficiente sintetizzare e presentare in maniera piana la definizione di no-tizia, senza banalizzarla. Il formatore presenta perciò al suo uditorio una notizia come il racconto di un fatto di interesse collettivo. Esemplificare il concetto è fondamentale: riportare su di un giornale o in un telegiornale che ad esempio la signora del terzo piano ha acquistato un gatto per farle compagnia, non è una notizia degna di nota, perché non interessa la comu-nità; scrivere che la città di Vicenza è invece ostaggio dei gatti, tanto che la popolazione non riesce più a viverci, lo è. O ancora: informare del fatto che

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 169

la signora di poco fa ha da qualche giorno smesso di consumare la frutta a causa di una forma allergica non è una notizia, mentre scrivere che nella metà delle regioni italiane la frutta ha raggiunto costi tali da portare al crol-lo del mercato ortofrutticolo, lo è, eccome. È un dato che alla collettività, alla cosiddetta “gente”, interessa e perciò è sensato riportarlo.

Per quanto riguarda il secondo punto, gli studenti devono considerare alcuni aspetti:

L’avvenimento dal quale io giornalista devo strutturare la notizia, è di qualche interesse per la comunità?Quali sono le fonti che mi permettono di acquisire dei dati per ricavarne la notizia?Se alcuni dati tra loro non concordano, come posso capire quali sono più corretti di altri, per utilizzare i primi e depennare i secondi?Nel caso di un servizio giornalistico televisivo, quali immagini è opportuno scegliere per integrarle alla notizia fornita?Quali domande deve soddisfare il mio articolo o servizio, per risul-tare completo?

Ai punti I, II, III e IV la classe risponderà nel corso della seconda fase del nostro laboratorio, mentre per quanto concerne il V, occorre scomodare la regola delle “cinque W”: un articolo giornalistico per risultare completo e informativo deve sinteticamente rispondere appunto ad un quintetto di domande.

Who (chi): chi è il protagonista di quanto accaduto?Where (dove): in quale luogo si è verificato il fatto che l’ha coin-volto?When (quando): quando, in quale momento si è verificato?What (che cosa): sinteticamente, che cos’è accaduto?Why (perché): quali elementi hanno determinato ciò di cui sto trat-tando?

Specie durante attività che dovrebbero ormai essere parte integran-te dell’ordinaria programmazione scolastica e che invece ancora troppo spesso sono esperienze laboratoriali extracurricolari, delle eccezioni nel corso dell’anno, i momenti esemplificativi non sono mai superflui. Ecco perché dopo quest’ultima cognizione espressa alla classe, il formatore di-

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stribuirà fotocopiati e leggerà alcuni articoli di giornale o di una qualche pubblicazione differente. Al termine, gli alunni saranno tenuti ad indicare verbalmente se quanto ascoltato è un articolo di cronaca o altro (ad esem-pio il pezzo di una qualche rubrica) e se sì, di quale genere, oltre a com-prendere se quel dato contenuto è più confacente alla fruibilità obbligato-riamente immediata del quotidiano o se è più adatto ad un’altra categoria di pubblicazione. Oltre a questo dovranno individuare ed evidenziare le differenti “W”.

In linea di massima un testo giornalistico già dal titolo suggerisce molto del suo contenuto. Eccone alcuni esempi tratti da un mensile locale.

Nel primo è evidente fin da subito che il pezzo riguarda la cronaca ap-punto locale.

Figura 2. Articolo di cronaca locale tratto da Corriere Vicentino, anno X, novem-bre 2009, n. 11, p. 90.

Alla classe occorre che il formatore sottolinei quanto titolo, catenaccio e lead, o cappello, siano sintetici ed espliciti, giacché nel giornalismo è fonda-mentale la sintesi, però abbinata alla completezza informativa.

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 171

Gli studenti possono quindi verificare una seconda forma, agli antipodi rispetto a quella appena analizzata: è l’articolo culturale, scritto con intenti diversi rispetto al pezzo di cronaca. Anche in questo esempio ciò risulta palese sin dal titolo e dal lead.

Figura 3. Articolo culturale tratto da Cabaret Voltaire, rubrica contenuta in Corrie-re Vicentino, anno X, settembre 2009, n. 9, p. 150.

Tempo previsto: 40’1.4.

L’intervista.Esiste poi un terzo “genere giornalistico”, per così dire composto in

tandem tra il giornalista e chi da questo è coinvolto: è l’intervista, non una semplice chiacchierata tra due o più soggetti, ma appunto una vera e pro-pria pratica giornalistica. Poiché stiamo strutturando il nostro laboratorio a partire dalle conoscenze di allievi frequentanti gli ultimi due anni della scuola primaria, poco si confà alla loro preparazione manipolare in manie-

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ra del tutto autonoma del materiale di tipo informativo, mentre potrebbe risultare più opportuno accompagnarli nell’uso di strumenti che si servono anche di soggetti terzi. Ovvero: è probabile che l’esito di un pezzo gior-nalistico non risulti del tutto sufficiente dal punto di vista informativo ed esplicativo, se sviluppato da allievi tanto giovani da non possedere – se pur preparati e recettivi – gli strumenti intellettuali necessari, i quali si acqui-siscono essenzialmente con la maturità, lo studio, la riflessione e la pratica professionale. Questo è il fondamentale motivo per il quale per il modulo svolto con la classe Vª di Peschiera del Garda, abbiamo optato per realiz-zare un TG composto esclusivamente da interviste, nonostante la stessa non fosse ovviamente l’unica soluzione praticabile. Attenzione però che quanto premesso non significa che l’intervista sia più facilmente gestibile rispetto ad altro (lo verificheremo con la classe tra poco), ma perlome-no permette al giornalista di “giocare di sponda”, traendo le informazioni necessarie al lettore, all’ascoltatore o al telespettatore direttamente dal-le dichiarazioni rilasciate dall’intervistato (oltre che preparandosi con lo studio dell’argomento trattato) e non compiendo invece ricerche in loco e ponendo domande a testimoni o a soggetti terzi informati; al contempo il giornalista cercherà, nei limiti del possibile, di condurre le risposte en-tro il solco di un percorso precedentemente ipotizzato, salvo ovviamente essere il destinatario di insperate dichiarazioni tanto rilevanti e inedite da rendere inevitabile intraprendere nuovi percorsi non ancora battuti, al fine di sviscerare informazioni ancor più di peso rispetto a quanto appunto pre-ventivamente considerato in fase preparatoria. È questa una sfaccettatura del mestiere del giornalista complessa da comprendere, specie per studenti di una scuola elementare; ecco perché chiediamo di nuovo un sostegno esemplificativo per mezzo di un esempio. Un giornalista italiano, Maurizio Costanzo, conduce un programma televisivo nel corso del quale dibatte con gli ospiti presenti. Durante una puntata in onda nel marzo del ’90, in studio, tra gli altri, c’è il giudice Francesco Di Maggio, il quale nel corso della conversazione rilascia alcune dichiarazioni inedite e particolarmente considerevoli. Costanzo capisce immediatamente che quel momento meri-ta tutto il tempo a disposizione del programma e quindi, per proseguire la discussione col giudice, congeda gli altri ospiti presenti. Questo esempio rende l’idea del concetto precedentemente espresso: un giornalista prepa-ra una scaletta di massima con le domande da porre all’intervistato, ma se nel corso della conversazione si giungesse a sviluppare un punto par-ticolarmente rilevante, tralasciare quanto preparato precedentemente per proseguire lungo quella direttrice potrebbe essere la scelta più opportuna.

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 173

Ora, il nostro laboratorio non prevede certo che gli alunni possano gestire un’intervista in tale maniera, però ha l’immodestia di pensare di poter far loro comprendere anche queste possibilità.

Innanzitutto occorre verificare se ogni componente della classe è a co-noscenza di che cosa sia appunto un’intervista. Si va generalmente sul sicu-ro, perché nonostante non ne leggano o per lo meno non lo facciano con una qualche assiduità, ne conoscono la struttura, che alterna domanda e risposta.

Di seguito, gli elementi sui quali lavorare al riguardo:

“Soggetti”: riguardo alla tematica da sviscerare, ci chiederemo qua-le soggetto potrà risultare più utile al nostro lavoro in relazione alle sue competenze, ovvero, dovremo individuare chi ne sa a sufficien-za di quel determinato ambito, da riuscire a soddisfare la curiosità nostra e soprattutto quella di chi attraverso il nostro lavoro cerche-rà delle informazioni“Documentazione”: il giornalista è tenuto a documentarsi riguardo all’intervistato, dovrà sapere perché si rivolge a lui in relazione alla tematica da sviluppare“Risposte”: è necessario chiedersi che cosa l’intervistato potrà ri-spondere alle nostre domande; intuire, anche a grandi linee, dove ci porteranno le sue dichiarazioni potrà servirci a congegnare in maniera più logica ogni aspetto dell’incontro“Rilassamento”: una volta incontrato o contattato l’intervistato, prima di iniziare a porgli le domande occorrerà chiacchierarci un po’ insieme, per permettergli di rilassarsi e così agevolare la sua disponibilità a “sbottonarsi” nel corso dell’intervista“Particolari”: durante l’incontro è importante porre attenzione agli atteggiamenti fisici e all’inflessione dell’interlocutore, poiché qual-che suo mutamento in tal senso potrebbe denotare che quanto sta affermando è per egli stesso un elemento particolarmente sensibile e ciò, per noi giornalisti, potrebbe rivelarsi un interessante risvolto sul quale proseguire l’intervista“Ripetizione”: se l’intervistato elude la domanda postagli, il gior-nalista cercherà di ripetergliela e sarà più complicato per l’altro svicolare nuovamente. Potrebbe allora trincerarsi dietro ad un no comment che però risulterebbe più eloquente di una risposta arti-colata“Precisione”: la domanda posta non deve concedere all’intervi-

174 Servizi telegiornalistici

stato la possibilità di spostare l’attenzione su altri argomenti non richiesti dal giornalista, ma nel contempo non deve essere neppure tanto “blindata” da permettere al nostro interlocutore di risponde-re semplicemente con un “sì” o con un “no”“Durata”: mai porre domande eccessivamente lunghe, poiché al centro dell’attenzione del lettore, dell’ascoltatore o del telespetta-tore è l’intervistato, non il giornalista. Per quanto riguarda l’audio-visivo ciò concerne i tempi nei quali la domanda è posta, mentre per il cartaceo è buona norma, nei limiti del possibile, che il nume-ro di righe occupato per la domanda sia inferiore a quello concesso alla risposta

La preparazione delle interviste nei prossimi incontri del laboratorio seguirà i punti succitati, eccetto quelli denominati “rilassamento”, “parti-colari” e “ripetizione”, poiché questi sono aspetti che allievi tanto giovani difficilmente riuscirebbero a gestire nel corso del lavoro.

Figura 4. Intervista tratta da Corriere Vicentino, anno IX, ottobre 2008, n. 10, p. 158.

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 175

Abbiamo scelto di inserire nel capitolo il frammento di un’intervista realizzata nel 2008 perché riteniamo che già le prime righe siano esempli-ficative di quanto affermato poco fa, in primis il concetto di preparazione che il giornalista dovrà affrontare in previsione dell’incontro, giacché per esprimersi al meglio in qualunque ambito, lo studio e appunto la prepara-zione sono fondamentali. Così come lo è la capacità di spiegarlo in maniera comprensibile a dei giovanissimi studenti che dovranno compiere ancora un ragguardevole percorso scolastico prima di immergersi in una realtà professionale di anno in anno più complessa e sfaccettata. Esordire con quel «Da bambino le sue tre maggiori passioni erano i fumetti, il cinema e la musica leggera», dimostra al nostro interlocutore – a prescindere dalla rilevanza o dall’irrilevanza socioculturale della questione – che ci affasci-na talmente tanto confrontarci con lui, conoscerlo meglio e cogliere ogni possibile sfumatura delle sue dichiarazioni, da averne studiato il pregres-so umano e specialistico. È insomma un sintomo di interessamento e di coinvolgimento, oltre che di preparazione e professionalità. Se l’intervista fosse iniziata chiedendo all’altro quali fossero le sue passioni da ragazzino, è evidente che pur ottenendo presumibilmente le stesse informazioni, non avremmo prodotto la medesima impressione e, conseguentemente, non lo avremmo messo nello stato d’animo migliore per lasciarsi andare e “abbas-sare la guardia” nel corso delle sue dichiarazioni.

Lezione 2

2.1. Tempo previsto: 30’

L’apertura del secondo incontro è dedicata a possibili domande della classe in relazione a quanto svolto la volta precedente.

Iniziamo poi a rivolgere l’attenzione degli studenti sempre più addentro al nostro piano di lavoro. Occorre riflettere sulla struttura di un canonico telegiornale, tra servizi, interviste e lanci da parte dei giornalisti in studio, per imbastire un simile complesso di elementi.

Il formatore chiede perciò alla classe di elencare questi elementi, otte-nendo un elenco approssimativamente di questo genere:

SiglaLancio di un servizio da parte dei giornalisti in studio

176 Servizi telegiornalistici

Servizio o intervista in esterna o comunque in un luogo altro rispet-to allo studio televisivoRitorno in studio e lancio del servizio successivo

Se dopo questa prima analisi il formatore trasmette in classe i primi e gli ultimi minuti di un qualunque telegiornale, l’elenco che gli alunni sapranno fornire sarà più completo e articolato:

SiglaSaluto agli spettatori da parte dei giornalisti in studioLancio di un servizioServizio o intervista in esterna o comunque in un luogo altro rispet-to allo studio televisivoRientro in studioEventuale ringraziamento dei giornalisti al collega autore di quanto appena vistoLancio del servizio successivoSaluti conclusivisigla di chiusura

È ormai tempo di spiegare alla classe che quanto appena evidenziato sarà il compito da svolgere insieme.

Il formatore propone per la seconda volta il video, chiedendo però ora agli alunni di porre particolare attenzione ad ogni elemento presente nello studio e alla composizione audio e video dei servizi o delle interviste. Que-sto perché nella seconda fase gli studenti dovranno da una parte riprodurre scenograficamente uno studio televisivo – in aula, nei limiti della fattibi-lità – e dall’altra pensare ai servizi con le inquadrature più opportune, le riprese più adatte a mostrare ogni elemento rilevante ed eventualmente le fotografie atte ad informare anche dal punto di vista visivo lo spettatore.

2.2. Tempo previsto: 20’

Il giornalismo televisivo.Piuttosto che sulle differenze tra il giornalismo cartaceo e quello tele-

visivo – ambito più opportunamente da sondare con studenti delle scuole secondarie –, ci soffermeremo sulle componenti presenti nel secondo e as-senti nel primo:

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 177

La presenza di uno studioIl lancio dei serviziLe riprese che mostrano i giornalisti, gli ambienti e gli altri elemen-ti inerenti allo sviluppo della notizia trattata

Come da accordi con la Regione del Veneto, per l’Anno Scolastico 2012-2013 il tema sul quale coinvolgere gli Istituti veneti ruotava attorno all’“elemento acqua”, inteso come bene comune da preservare. Poiché tra le altre, a partecipare è stata appunto la classe V C della scuola primaria “Dante Alighieri” dell’Istituto Comprensivo “Felice Chiarle” di Peschiera del Garda, era ovvio sin dal primo momento – tanto per gli studenti, quan-to per l’insegnante di riferimento e per il formatore – che non sarebbe stato possibile prescindere dalla splendida e suggestiva presenza del lago e che quindi il TG si sarebbe naturalmente sviluppato a partire da quello.

D’ora in avanti i vari aspetti del presente modulo saranno sviscerati le-gandoli proprio a quanto svolto con la suddetta classe, al fine di rendere esplicativa ogni fase.

È tempo di brainstorming: chiarito agli alunni il fine del laboratorio e coadiuvato dall’insegnante, il formatore chiede loro quali argomenti potre-mo sviluppare nel corso di un telegiornale con gli elementi a nostra disposi-zione: il lago di Garda e la sua costa veronese, il fiume Mincio che percorre la cittadina, gli sport acquatici, il turismo, le imbarcazioni. Saranno suffi-cienti venti minuti per disporre di un discreto numero di spunti dai quali poi iniziare a lavorare.

2.3. Tempo previsto: 25’

L’ambito visivo.Annotate le idee della classe relative ai contenuti del TG, le accanto-

niamo momentaneamente per passare ad altri aspetti, non giornalistici, ma prettamente audiovisivi. È impensabile realizzare delle riprese prescinden-do da un concetto basilare: quello di Inquadratura. Per l’operatore alla macchina da presa o alla videocamera (ma lo stesso dicasi per il fotografo che impugna il suo strumento) inquadrare significa scegliere gli elementi da far rientrare nel campo visivo della macchina – il Quadro – e quelli che non dovranno rientrarci. A tal proposito non possiamo ignorare determi-nati concetti, a partire dai quali nella seconda fase stabiliremo le nostre riprese:

178 Servizi telegiornalistici

Campi e PianiCampo e FuoricampoMontaggio

Attraverso fotografie, fotogrammi o contributi video, il formatore illu-stra le distinzioni tra i vari Campi e Piani, partendo dal Campo Lunghis-simo (CLL) sino a giungere al Particolare (PART), spiegando agli alunni che sceglierne uno piuttosto che un altro dipende da ciò che le immagini intendono raccontare allo spettatore, specie una volta montate nella più appropriata sequenza. Al solito, poche e stringate esemplificazioni saranno utili per dissipare eventuali dubbi: se la nostra intenzione è di mostrare l’esultanza di un atleta, ad esempio di un maratoneta nel momento dell’ar-rivo al traguardo, sarà opportuno riprenderlo o fotografarlo utilizzando un Piano Americano (PA) per includere nel Quadro (la porzione di realtà visibile compresa entro i quattro lati della macchina da presa o della fo-tocamera prima e dello schermo poi) tanto le braccia alzate in segno di vittoria, quanto la vita e il bacino nel momento della rottura del nastro al raggiungimento del traguardo, senza però osservare la situazione da un punto di vista tanto lontano da non permetterci di leggere anche l’esultanza e la gioiosa fatica nel suo volto. Se dovessi invece palesare la tensione di uno studente nel corso di un’interrogazione, potrei inquadrarne a schermo intero le mani dai movimenti nervosi, per mezzo quindi di un Particolare (mentre parlerò di Dettaglio (DETT) per riferirmi ad un elemento altret-tanto circoscritto, ma non del corpo umano) che esclude dal Campo ogni altro elemento. Viceversa, intendendo rendere visivamente la desolazione e l’isolamento di un naufrago disperso su di una zattera al largo, potrei gra-dualmente allontanarmi da lui con la mia macchina da presa e allargare di conseguenza il campo visivo sino a non rendere più distinguibile il protago-nista, immerso com’è in un Campo Lunghissimo (CLL), ingombro soltanto di quell’oceano che inghiotte ogni cosa. A questo punto sarà possibile per la classe ipotizzare quali saranno i Campi e i Piani più opportuni da usare nel corso delle riprese del telegiornale, tra quelli costituenti la cosiddetta Scala dei Piani:

Campo Lunghissimo (CLL)Campo Lungo (CL)Campo Medio (CM)Figura Intera (FI)Piano Americano (PA)Mezzo Primo Piano (MPP)

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 179

Primo Piano (PP)Primissimo Piano (PPP)Particolare (PART)Dettaglio (DETT) 1

Per quanto concerne i concetti di Campo e Fuoricampo è sufficiente spiegare agli alunni che ogni elemento rientrante nel Quadro lo si definisce in Campo, mentre ciò che ne è escluso rientra nel Fuoricampo. Chi nel mo-mento delle riprese inquadrerà i soggetti coinvolti e lo spazio circostante dovrà operare delle scelte: decidere chi e che cosa far rientrare nel campo visivo e chi e che cosa escludere da questo; è superfluo sottolineare il fatto che ogni scelta che gli studenti prediligeranno al riguardo dovrà dagli stessi essere motivata al formatore, all’insegnante, ma soprattutto ai propri com-pagni. Chi si troverà a far coincidere lo sguardo del mezzo meccanico col proprio, avrà quindi l’opportunità di compiere delle scelte, soggettivando uno sguardo altrimenti oggettivo; avrà l’onore e l’onere di inserire nel ser-vizio giornalistico il suo punto di vista, in qualche modo di imporlo agli spettatori; quel che al formatore però preme, è che ogni scelta fatta dagli studenti sia da questi ponderata.

2.4. Tempo previsto: 30’

Il Montaggio.Successivamente alle riprese e agli scatti fotografici occorrerà dedicarsi

al Montaggio, disciplina tanto affascinante e stimolante quanto complessa e brulicante di implicazioni tali che a trattarle in senso compiuto rischierem-mo di allontanarci da quel che qui è il nostro orizzonte d’indagine; oltre-tutto, a tale ambito tanto sarebbe il tempo da dedicare sia in fase teorica e progettuale che nella frazione pratica del nostro laboratorio, da richiedere un investimento temporale di gran lunga maggiore rispetto alla decina di ore previste da trascorrere insieme alla classe. Se poi consideriamo che tale modulo è concepito per studenti del IV e del V anno della scuola primaria,

1 Tralasciamo in questo contesto ulteriori specifiche relative ad ogni singolo Campo e Piano, giacché il capitolo in oggetto ha la volontà di trattare un differente argomento, ma rimandia-mo il lettore che desiderasse approfondire tale aspetto ad un qualsivoglia manuale di analisi del testo filmico, ad esempio RONDOLINO, G. – TOMASI, D., Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino, qualunque anno di edizione.

180 Servizi telegiornalistici

sarà sufficiente rendere loro evidente il concetto che sta alla base di questa disciplina e svelarne alcune caratteristiche a partire dalle riprese che effet-tueremo dal quarto incontro.

Se pur in maniera inconscia, chiunque guardi dei film, dei cartoni ani-mati o degli spot commerciali si serve del Montaggio, perché culturalmente è portato a ordinare, fotogramma dopo fotogramma, video e audio sino a forgiare mentalmente una sequenza logica, ovvero che abbia un senso. Il formatore espone il concetto agli allievi nella maniera più piana possibile; muove i primi passi relativi al Montaggio spiegando loro che non effettue-ranno le riprese nell’ordine nel quale poi saranno presentate allo spettatore proprio grazie a tale operazione, ma che seguiranno piuttosto un ordine più ragionato sia dal punto di vista della tempistica, sia da quello econo-mico. Per essere più espliciti, il telegiornale, una volta montato, risulterà composto da:

Una sigla e dei titoli (1)Saluti dallo studio e il lancio del primo servizio (2)Primo servizio (3)Rientro in studio, gli eventuali ringraziamenti al giornalista che ha appena concluso quel pezzo e il lancio del secondo (4)Secondo servizio (5),Rientro in studio, ringraziamenti e lancio del terzo servizio (6)Il pezzo (7)Giornalisti in studio, ringraziamenti e lancio della quarta esterna (8)Esterna e la linea ancora allo studio (9)Dallo studio la linea al quinto servizio (10)Pezzo numero cinque (11)Nuovamente in studio per il lancio dell’ultima esterna (12)Ultima esterna (13)Rientro in studio, i ringraziamenti e i saluti ai telespettatori (14)Sigla e titoli di coda (15)

in una sequenza che permetterà allo spettatore di seguire, comprenden-dolo, un TG che presenterà uno sviluppo logico e consequenziale: (1), (2), (3), (4), (5), (6), (7), (8), (9), (10), (11), (12), (13), (14), (15). Gli allievi capiranno però nell’ultimo incontro del modulo che l’effettivo ordine cro-nologico delle riprese sarà il seguente: (7), (9), (13), (11), (3), (5), (2), (4), (6), (8), (10), (12), (14), (1), (15).

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 181

2.5. Tempo previsto: 15’

In conclusione del secondo incontro, alla classe è assegnato un compito: quello di reperire per il successivo appuntamento dati sensibili attinenti alla tematica che il TG svilupperà. Nel caso specifico, alla classe Vª C di Pe-schiera del Garda è stato chiesto di reperire dati aggiornati inerenti le con-dizioni del lago per quanto concerne la costa veronese; in aula, nel corso della settimana, gli allievi li hanno quindi incrociati tra loro per evidenziar-ne le corrispondenze o eventuali discrepanze, indici in questo secondo caso di numeri poco attendibili. Proprio per limitare il più possibile il rischio di guardare a questi, agli studenti è stato pure chiesto di porre attenzione alle fonti da cui attingerli; è questa un’accortezza utile per iniziare ad insegnare loro ad osservare il mondo in generale – e quello che costituisce la cosid-detta rete Internet nello specifico – già con uno sguardo non certo maturo, ma neppure del tutto infantile e disincantato. Raccogliere informazioni, notizie, dichiarazioni o dati numerici da siti ufficiali gestiti da Enti o da Associazioni nazionali o semplicemente locali ma comunque riconosciute, sì; da altre pagine web, gestite magari privatamente o da sedicenti collettivi di appassionati, no.

Lezione 3

Premessa.Con l’avvio del terzo incontro gli studenti entrano in quella che abbia-

mo definito la seconda fase laboratoriale, più pratica e operativa rispetto la precedente e nella quale ogni elemento costituente l’“insieme classe” ha la possibilità di lavorare attivamente, davanti o dietro la videocamera, ma comunque in prima persona. I vari ruoli che da questo momento si vanno via via a delineare, a definire e ad assegnare, sono in effetti molti, diffe-renti l’uno dall’altro ma tutti fondamentali perché l’esito del TG in classe sia soddisfacente. Onori e oneri: coinvolgere gli studenti in un ampio e piuttosto complesso progetto collettivo sortisce l’effetto di investirli di una comprensibile gratificazione e al contempo della gravosità di un impegno che riusciranno a portare a termine soltanto se vi si applicheranno collet-tivamente in un solido “gioco di squadra”, ognuno per quel che gli com-pete. Responsabilizzazione è la parola sulla quale occorrerà che formatore e insegnante puntino: in questa seconda fase gli alunni “ci metteranno del loro” come non avrebbero mai potuto fare precedentemente, giacché ora

182 Servizi telegiornalistici

muta in un certo senso il piano gerarchico, non essendo più soggetti alla “lezione” in senso unidirezionale, ma, all’opposto, si avrà un flusso e uno scambio di conoscenze molto più dinamico. La classe dovrà, entro limiti che stabiliranno di momento in momento appunto formatore e insegnante, dimostrare di aver introiettato a dovere le conoscenze teoriche degli incon-tri precedenti, per applicarle al lavoro fattivo che eseguirà nei tre appun-tamenti rimanenti. Scivolando intenzionalmente nel lastricato mondo delle banalità, potremmo asserire che il motto “Tutti per uno, uno per tutti”, sarà d’ora in poi la regola aurea per i giovanissimi studenti, che ben com-prenderanno la responsabilità della situazione: l’impegno e i buoni esiti del singolo porteranno giovamento al gruppo, mentre, se l’impegno non sarà sufficiente, si correrà il rischio di giungere ad un esito contrario.

3.1. Tempo previsto: 30’

Il seguente appuntamento si apre verificando quanto nei giorni prece-denti gli studenti hanno trovato insieme alla propria insegnante a scuola – e con un adulto a casa – e i dati relativi alla tematica che il nostro lavoro multimediale svilupperà, fungeranno da “puntelli” per capire in quale dire-zione muoverci. Un giornalista, lo ricordiamo, ha il dovere deontologico e morale di verificare l’attendibilità del materiale del quale dispone. Quindi: accade “X”, io giornalista su “X” raccolgo informazioni attraverso le diffe-renti fonti “Y”, “K” e “Z” e scrivo un pezzo che informi i lettori, gli ascol-tatori o i telespettatori appunto sull’accadimento “X”. Il nostro laboratorio prende però le mosse da un punto di vista differente: una classe di giorna-listi deve infatti realizzare delle interviste su alcune notizie per informare i telespettatori, ma queste notizie non ci sono, meglio, non le posso ricavare da fatti che accadono in questo momento. Ecco perché occorre che gli studenti imparino a destreggiarsi con quanto possono ricavare dalla carta stampata e dalla rete; usufruire di dati certi relativi ad un preciso ambito permette di “crearla” la notizia. Attenzione però a non equivocare: quel “crearla” non è sinonimo di “inventarla”, perché il giornalista non inventa le notizie. “Crearla” significa piuttosto sapersi destreggiare tanto abilmente tra numeri e dati da riuscire ad intuire la notizia “in potenza”, in un certo senso, la notizia dormiente. Ovvero, occorre chiedersi se quei dati ci di-cono qualcosa del territorio, se mi aiutano a comprenderne le condizioni, se posso attraverso di essi divulgare informazioni di qualche interesse per la collettività. Se a queste riflessioni il giornalista risponde positivamente,

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 183

ha la notizia. Capita spesso – specie ai giovani collaboratori – di sentirsi riprendere dal direttore della testata per la quale scrivono: «Hai difficoltà a reperire una notizia che possa interessare i lettori? Stasera fatti un giro in un locale del centro e chiacchiera un po’ con chi incontri. Te ne uscirai con informazioni sufficienti a scriverne tre di notizie». Lo stesso dicasi per la classe impegnata con il presente modulo: dopo aver incrociato i dati raccol-ti, occorre chiedersi quali notizie è possibile ricavarne, se è possibile.

È perciò nuovamente tempo di brainstorming: gli alunni formulano sug-gerimenti, propongono consigli, presentano idee, a partire da quelle rac-colte nel corso del secondo incontro, allora però soltanto abbozzate rispet-to a quanto non stiano facendo ora. Riordinati i loro spunti appuntandoli alla lavagna, nella maniera più democratica possibile studenti e formatore giungono per mezzo di una graduale scrematura a gestire un numero di idee sufficienti per concretizzarle in altrettante interviste con le quali con-fezionare un TG in classe.

Un elemento che studenti del IV e del V anno della primaria ancora poco considerano – e per il quale è fondamentale l’affiancamento di formatore e insegnante – è quello della fattibilità. È d’obbligo infatti non lasciarsi an-dare a surreali voli pindarici e tenere invece sempre bene a mente le nostre possibilità fattuali, tanto per le scenografie, quanto per gli spostamenti e le riprese. Un esempio: se intendessimo inserire nel telegiornale la notizia del ritrovamento di un galeone sul fondo del lago, la nostra attrezzatura ci per-metterebbe di mostrarlo soltanto attraverso le immagini realizzate da terzi e per altri fini, svincolati dal nostro laboratorio; potremmo eventualmente usufruire delle riprese eseguite da dei sub professionisti per inserirle nel corso della nostra intervista all’esperto di galeoni, ma certo non potremmo calarci noi stessi per raggiungere l’imbarcazione e riprenderla.

Una volta stabilite quali informazioni si desiderano sviluppare e divul-gare per mezzo delle interviste, si individueranno i possibili intervistati e i set più appropriati.

3.2. Tempo previsto: 30’

Le interviste.Considerate le peculiarità degli alunni, gli stessi sono portati dal for-

matore a riflettere da una parte su quali potrebbero essere le domande più opportune da porre ai loro referenti e dall’altra, su quali riscontrerebbero il maggior interesse da parte dei telespettatori. Distribuiti in piccoli gruppi

184 Servizi telegiornalistici

di cinque o sei e assegnato ad ogni insieme uno dei soggetti prescelti da incontrare in esterna, gli studenti, tenendo in considerazione quanto visto precedentemente, lavorano alla formulazione di poche domande, ma che possano condurre a risposte di qualche utilità per lo spettatore. Essendo questo uno dei momenti più complessi dell’intero modulo, soprattutto per una classe tanto giovane, il formatore e l’insegnante contribuiscono enormemente al lavoro, muovendosi in aula per consigliare, correggere, suggerire, in parte individualmente e in parte collettivamente, in base alle valutazioni. L’essenziale è che le domande, anche se a volte banali o non particolarmente originali, siano frutto del pensiero e del lavoro degli stu-denti.

Gli intervistati.I soggetti che la classe sceglierà per le interviste dovranno essere:

Preferibilmente dei professionisti o in ogni caso degli esperti nel settore d’interesse per la relativa intervistaDisponibili a dedicare parte del loro tempo per le riprese in un determinato giorno stabilito insiemeReperibili nelle vicinanze della scuola, per poterli raggiungere e rientrare entro i tempi stabiliti per il laboratorio e dal regolamento scolasticoIn grado di parlare la stessa lingua degli alunni

Anche quelle appena elencate potrebbero sembrare precauzioni super-flue, ma lo ribadiamo, quando le idee per il lavoro audiovisivo le propon-gono studenti tanto giovani come quelli ai quali è rivolto il modulo in esa-me, la fattibilità può configurarsi un’astrazione.

3.3. Tempo previsto: 25’

Il set.Così come per gli intervistati, anche per i set occorrerà che la classe scel-

ga i più opportuni, seguendo alcune direttive del formatore:

Dovranno trovarsi nelle vicinanze, per poterli raggiungere a piedi oppure con un mezzo della scuola, permettendo perciò alla classe di rientrare entro i tempi stabiliti

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 185

Potranno essere le sedi “lavorative” degli intervistati di turno o meno, comunque dei luoghi legati agli argomenti sviluppati nel corso delle conversazioniIn alternativa potranno essere delle aule o altre locations scolasti-che, se riprodurranno a dovere un ambiente differente e inerente all’argomento svisceratoSarà opportuno stabilire un set da “piano B”, nel caso che quello scelto per l’intervista non sia più raggiungibile o in ogni caso im-praticabile per un qualche motivo (avversità atmosferica, imprevi-sta impossibilità di trasporto ecc…)Dovrà presentare spazi, luci e acustica tali da non precludere il risultato qualitativo dell’audiovisivo

Stabiliti gli argomenti delle interviste, individuati i possibili intervistati e prescelti i set nei quali filmare gli incontri, sarà compito del formatore o dell’insegnante contattare i soggetti per chiedere loro la disponibilità ad es-sere coinvolti nel lavoro della classe. Qui sarà fondamentale la conoscenza che della zona presumibilmente avrà appunto l’insegnante di riferimen-to, perché anche il formatore potrà all’occorrenza telefonare o visitare le sedi più opportune dopo una scrupolosa ricerca, ma se a richiedere un contributo fattivo per il laboratorio è un soggetto che gli interpellati già conoscono o che comunque gode di una qualche considerazione sociale (e frequentemente per chi svolge la professione dell’insegnamento è così o perlomeno dovrebbe esserlo), è più probabile assicurarsi con meno diffi-coltà tale collaborazione.

3.4. Tempo previsto: 20’

Lo studio televisivo.Una volta individuate le questioni da porre, i soggetti ai quali rivolger-

le e i set nelle quali ambientarle, la classe pensa allo studio: riprendendo mentalmente la scenografia di un qualunque telegiornale e aiutandosi con quello visto nel video nel corso dell’incontro precedente, stila un elenco riportante gli elementi scenici che consentiranno di mutare l’aula scolastica appunto in uno studio, dal quale una coppia di giornalisti lancerà i servizi o le interviste in esterna.

Saranno perciò sufficienti:

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Il nome del TG scritto con dei gessi colorati alla lavagna, o ripor-tato sulla LIM, o ancora composto da lettere ritagliate e attaccate alla parete, oppure nuovamente alla lavagnaLa cattedra sgombrata dal registro, dai quaderni, dall’agenda, dal portapenne e da ogni altro elemento riconducibile all’ambito sco-lastico e occupata da pochi fogli che aiuteranno i giornalisti nel lancio dei servizi, da un mappamondo, da un pc portatile e da un telefonoUna carta geografica da affiancare al nome del telegiornale e alle spalle dei giornalisti, a simulare una sorta di maxischermo, elemen-to sempre più presente nei TG delle reti televisive nazionali

3.5. Tempo previsto: 15’

Il vestiario.Quello del giornalista è un mestiere che lo relaziona quotidianamente

con un alto numero di individui; se poi esercita la professione sfruttando il mezzo audiovisivo attualmente più invasivo del pianeta, è naturale intuire che l’approccio necessiti anche di una presenza adeguata. È per questo motivo che la credibilità di chi ci propina informazioni è, almeno parzial-mente, influenzata anche dal suo aspetto. Quando il formatore chiede agli studenti come si raffigurano i giornalisti che si troveranno davanti alla mac-china da presa, generalmente la stragrande maggioranza di essi risponde che li immagina in camicia, giacca, cravatta. Questo perlomeno per quanto riguarda i professionisti in studio, perché per gli inviati tale attenzione non sembra invece fondamentale. Anzi, spesso l’abbigliamento più informale, casual, del cronista che si muove in esterna può infondere nel telespettatore la percezione di una dinamicità fisica e intellettuale che lo pone a priori in uno stato di positivo pregiudizio nei riguardi del suo operato. Perciò per i soggetti in studio opteremo per camicia, giacca e cravatta nel caso si tratti di un uomo e per una camicia dalle linee rigorose e senza ornamenti nel caso di una donna; per gli inviati tali accorgimenti non saranno necessari – anche se non preclusi –. Fondamentale sarà che gli studenti in questione non indossino un abbigliamento prettamente sportivo, del tutto fuori con-testo e che evitino pure la divisa o il grembiule scolastico.

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Nella premessa a questa seconda fase laboratoriale ho trattato di re-sponsabilità dei singoli, in un complesso “gioco di squadra” che ha, tra le altre, la funzione di responsabilizzare il “nucleo classe”, poiché nel nostro quinto e ultimo incontro dovremo effettuare le riprese all’interno dello stu-dio, ma ciò non sarà possibile se non disporremo del materiale scenico e dei costumi adatti. Ad ogni alunno è ora infatti assegnato un compito: chi dispone di una giacca la offrirà al giornalista, chi possiede un telefono a toni non funzionante o che la famiglia può prestare, lo porterà per arredare la scrivania e così sino a che ogni elemento sarà reperito. Attenzione: in questa fase del modulo l’entusiasmo degli studenti subisce un incremento ragguardevole, ma ciò non garantisce che aumenti proporzionalmente an-che la certezza dell’impegno effettivo dei singoli; ecco perché se ad oggi per esempio mancano un paio di settimane al momento delle riprese in studio (tra questo e quell’incontro ci sarà il quarto), è comunque consigliabile chiedere alla classe di portare a scuola quanto di propria competenza sin da subito. Le dimenticanze sono all’ordine del giorno, perciò se gli studenti lasceranno in aula il prima possibile il materiale che l’insegnante custodirà, garantiranno la sicurezza delle riprese nei tempi stabiliti. Un ulteriore scru-polo, anch’esso per nulla superfluo: deciso chi dovrà consegnare che cosa e compilato il relativo elenco, il formatore o l’insegnante lo verificheranno oralmente, rivolgendosi a ogni studente. Attività come queste sembrano inutili, ma specie con un alto numero di allievi intenti a riflettere e a discu-tere sul da farsi, non è raro scoprire che per un qualche fraintendimento in due sono certi di portare ad esempio la giacca (quando effettivamente ne servirà una soltanto), mentre nessuno ha inteso di dover trovare nel pro-prio guardaroba una cravatta.

Lezione 4

4.1. Tempo previsto: 20’

Dal punto di vista della tempistica, il quarto è l’incontro più complicato da gestire, perché nel paio d’ore previste gli studenti col formatore e l’inse-gnante provano a memorizzare le domande da porre o comunque impara-no a leggerle con una certa naturalezza, raggiungono le locations stabilite, effettuano le riprese delle interviste e quindi rientrano.

188 Servizi telegiornalistici

Prima di uscire si stabilisce inoltre chi affiancherà il formatore nel corso delle riprese. È possibile lavorare in tal senso insieme a strettissimi gruppi di studenti, al massimo tre, perché un numero maggiore diventerebbe in-gestibile nel momento della scelta, da parte degli alunni stessi, dei Campi o dei Piani più adeguati a suggerire anche visivamente ciò di cui stiamo trattando e ad integrare parole e immagini al fine di aggiungere ulteriori informazioni a beneficio dello spettatore.

4.2. Tempo previsto: 80’

Raggiunto ed esaminato concretamente il sito, il formatore chiede ai ragazzi che cosa mostrare nel Campo e che cosa trascurare, che cosa la-sciare nel Fuoricampo prima, per farlo eventualmente rientrare poi. Ri-flettendo perciò su quanto sviscerato nel corso del secondo incontro, a turno gli studenti in loco si esprimono riguardo ai Campi e ai Piani da preferire nel corso delle riprese, giustificando ogni scelta. Lì è importante confrontare collettivamente i differenti punti di vista, perché nel corso di esperienze laboratoriali come quella in analisi, anche l’errore, se compreso e corretto grazie all’apporto del gruppo, è un momento importante ai fini dell’apprendimento; il continuo raffronto, l’opposizione di vedute, anche lo scontro dei personali punti di vista, se pur affrontati in maniera spesso ludica e superficiale, in conseguenza dell’età degli studenti, sono momenti rilevanti quanto la trasmissione di competenze. Solamente grazie a questa continua collazione tra soggetti e all’inesauribile flusso di sperimentazioni tanto teoriche quanto pratiche, possiamo augurarci che anche l’esperienza che stiamo sviluppando contribuisca sensibilmente alla progressione co-gnitiva di giovanissimi studenti che hanno mosso i primi passi in questo percorso vantando una serie di preconoscenze che, allo scadere del tempo a nostra disposizione, risulteranno parte minoritaria rispetto alla totalità di quelle acquisite.

Torniamo però alla fase operativa in senso stretto. Nei set scelti per le riprese in esterna, la classe ha compreso che entro il Quadro devono mo-strarsi:

L’intervistato e l’intervistatoreAlcuni elementi d’ambiente che da una parte permettano immedia-tamente ai telespettatori di identificare non certo il luogo specifico,

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ma il contesto nel quale ci si sta muovendo e dall’altra integrino le informazioni recepite nel corso del dialogo

Oltre a porre attenzione a questi elementi, il collegamento può o deve presentare anche altre immagini:

Riprese video dell’ambiente escluso inizialmente dal Quadro (ciò che era nel Fuoricampo entra nel Campo e viceversa) per poter godere di una “mappatura” visiva più ampia, se non propriamente completa, che grazie al Montaggio renderà il tutto organicoAlcune inquadrature più strette, dettagli che specifichino l’ubica-zione dei soggetti in maniera adesso sì puntuale e inequivocabile

4.3. Tempo previsto: 20’

I giornalisti.Anche per la scelta dei giornalisti è fondamentale l’apporto dell’inse-

gnante, perché conosce gli alunni molto più approfonditamente rispetto al formatore. In linea di massima la scelta ricadrà sugli studenti un po’ più spigliati ed estroversi, meno intimiditi all’idea di porre delle domande a degli estranei e soprattutto di farlo di fronte ad una videocamera. Ma ab-biamo esordito con quel “in linea di massima” poiché di classe in classe le dinamiche interne ad ogni realtà possono variare e pure di molto. È infatti necessario che il formatore e l’insegnante guardino oltre a quelle che sono le peculiarità o le lacune degli alunni, giacché potrebbe darsi (e la casistica al riguardo ci sostiene) che a risultare la migliore sia a volte un’opzione apparentemente azzardata; il provare e riprovare a esporre oralmente e con sufficiente chiarezza dei contenuti guardando in viso chi non si conosce e per giunta con un mezzo meccanico pronto a catturare e a riproporre ogni nostra incertezza, può essere per alcuni individui, specie se giovani, “terapeutico” (concedetemi il termine, inappropriato ma credo efficace), per dimostrare agli altri, ma in primis a se stessi, che pur non palesando-le costantemente, chiunque di noi alimenta delle potenzialità le quali, se correttamente veicolate, possono portare a degli ottimi risultati. Al con-trario, esperienze di questo genere mettono a volte a nudo la vera essenza di chi maschera la propria fragilità emotiva, che a sorpresa si concretizza nell’impossibilità o perlomeno nell’estrema difficoltà di parlare fissando l’obiettivo.

190 Servizi telegiornalistici

Lezione 5

5.1. Tempo previsto: 20’

L’ultimo incontro è suddiviso in due fasi: una prima parte di riprese e una seconda prettamente riflessiva, relativa ad un aspetto che purtroppo per motivi tempistici e di complessità teorica e tecnica, studenti degli ultimi due anni della scuola primaria non possono affrontare in maniera diretta.

È il momento delle riprese che vedono protagonisti i giornalisti in studio ed eventualmente la realizzazione di altri servizi, entro però il perimetro del plesso scolastico. Verificata la presenza dei vari oggetti scenici elencati in precedenza, la classe si distribuisce differenti compiti da realizzare piutto-sto celermente: mentre alcuni scrivono il nome del TG alla lavagna (nome scelto democraticamente poco prima per alzata di mano tra le molteplici proposte giunte dagli studenti stessi) o ritagliandolo da un cartoncino co-lorato o ancora riportandolo sulla LIM, altri si dedicano all’allestimento scenico della cattedra, che assumerà le sembianze della scrivania di uno studio televisivo. Infine si coprono eventuali fotografie, calendari, cartello-ni o quadri appesi alle spalle dei giornalisti con una sufficientemente ampia carta geografica.

5.2. Tempo previsto: 60’

Per quanto riguarda le riprese, si procede come durante l’incontro pre-cedente: di volta in volta un terzetto di alunni spiega al formatore dove posizionare la videocamera, che cosa far rientrare nel Quadro e che cosa escluderne. Ci si muove nel medesimo modo anche nel caso la classe decida di realizzare dei servizi in esterna, entro i confini dell’Istituto.

Allestito lo studio, suddivisi gli allievi nuovamente in gruppi stabiliti dall’insegnante per rendere ogni insieme omogeneo e col formatore a fun-gere da supervisore, saranno stesi i testi:

Dei giornalisti in studioDegli eventuali corrispondenti impegnati nelle interviste in esterna (nel cortile della scuola, in un’aula di informatica, in un corrido-io ecc…) e gestite soltanto dalla classe, senza il coinvolgimento di terzi

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Le riprese dello studio si rivelano occasione doppiamente utile per la comprensione degli elementi che stiamo indagando incontro dopo in-contro: da un lato proseguiamo con l’approccio teorico e pratico relativo all’Inquadratura e appunto alle riprese, dall’altro esplicitiamo il concetto di Montaggio nella maniera più concreta. È infatti questa l’opportunità di rendere palese agli studenti quanto indicato nel corso del secondo incontro relativamente all’ordine da seguire nell’effettuare le riprese. Per esplicitare la questione, accostiamo il nostro modus operandi a quello cinematografico, con un esempio: se un film inizia e si conclude all’interno di una stazione ferroviaria, la troupe non girerà l’inizio là dentro per poi spostarsi, realizzare ogni altra sequenza e infine tornare in quella stazione per filmare l’epilogo, ovvero, non girerà ogni singola scena in ordine cronologico; se gli operatori alle macchine da presa filmano l’apertura in quel set (che potrebbe tra l’al-tro non essere la prima scena compiuta), sarà realizzato là, immediatamente dopo, anche l’epilogo e solo più tardi ci si dedicherà ad ogni altra sequenza. Questo per più di un motivo: sia per ragioni finanziarie (il noleggio dell’at-trezzatura necessaria alla produzione ha costi elevati e girare due scene in tempi differenti nella stessa location comporta una lungaggine dei tempi e conseguentemente un incremento dell’esborso economico), sia, appunto, tempistiche (occorre del tempo a raggiungere un certo set, a montare gli armamentari necessari, a smontarli e a raggiungere il successivo e se giorni o settimane più tardi occorresse tornare in un ambiente già sfruttato, quelle operazioni tecniche dovrebbero essere ripetute). Perciò, se anche in questo caso applicassimo una numerazione per annotare l’ordine delle riprese, il numero più alto, quello dell’ultima scena del film (escludendo nella nostra semplificata ipotesi i titoli di coda), nell’ordine effettivo comparirebbe al secondo posto. Spetterà poi al montatore tener da parte quell’ultima scena in stazione girata immediatamente dopo la prima e montarla in moviola solo dopo la penultima, creando una sequenza logica a partire dalla mani-polazione di un’infinità di scene realizzate nella realtà cronologica alcune prima, altre dopo, senza tener conto di qualsivoglia nesso temporale con la narrazione filmica. È evidente che questa è la norma nelle produzioni cine-matografiche, ma non certo l’approccio esclusivo alle riprese, perché per esigenze, concezioni, stili, teorie, metodologie differenti e variabili, ogni autore è un caso a sé.

192 Servizi telegiornalistici

5.3. Tempo previsto: 20’

Per chiudere sarà opportuno spiegare agli studenti perché abbiamo in-gombrato la quarta lezione con le interviste in esterna, mentre soltanto nel-la quinta siamo giunti a realizzare i lanci dallo studio. Non avremmo potuto invertire l’ordine delle riprese, così da farlo coincidere con quello del Mon-taggio? In effetti la possibilità di procedere secondo questa ipotesi c’era, ma poiché in una produzione audiovisiva – così come in ogni altro mestiere – gli imprevisti sono all’ordine del giorno e giova considerarli, scegliendo di procedere come abbiamo fatto, ci siamo premuniti di un “tappeto elasti-co”. Mi spiego: se la nostra scaletta indica che martedì intervisteremo “X”, “Y” e “Z”, questo è quanto ci auguriamo di riuscire a realizzare e perciò il lunedì potremmo filmare i lanci dallo studio che introducono appunto le domande che i cronisti rivolgeranno il giorno dopo ai tre. Potrebbe però capitare che proprio martedì una delle interviste salti per un qualunque motivo; a quel punto, delle due l’una: o non la inseriremo nel nostro TG in classe, oppure al volo sostituiremo la figura mancante con un’altra, nel caso la si riesca a reperire quasi in tempo reale. Ma anche riuscendoci, dovremmo nuovamente girare pure il lancio relativo al soggetto mancante, poiché appunto in quello già realizzato potremmo aver nominato l’intervi-stato (ora cambiato, perciò solo un’improbabile omonimia potrebbe soc-correrci), o accennato al contenuto dell’intervista (anche questo mutato in rapporto alla preparazione del nuovo soggetto al quale porre le domande). Per le stesse ipotesi urgerebbe girare una seconda volta il ritorno in studio dopo quel servizio. Evidentemente questo surplus di lavoro comporterebbe per il nostro laboratorio, calcolato su di un numero di ore razionato, una notevolissima perdita di tempo, giacché per realizzare un lancio differente dal precedente ora inutilizzabile dovremmo allestire per la seconda volta lo studio, vestire i giornalisti e confidare nel fatto che le condizioni atmosfe-riche siano le medesime del giorno prima, ovvero di quando son stati girati gli altri lanci, altrimenti la differente luce filtrante dalle finestre dell’aula potrebbe suggerire una discrepanza temporale che narrativamente non ri-usciremmo a giustificare.

5.4. Tempo previsto: 20’

Concluse le riprese disponiamo di una rilevante quantità di materiale che occorre ora riordinare nella sequenza più logica – una volta seleziona-to, tagliato e manipolato – al fine di confezionare il nostro TG.

Federico Tosato | Notizie “di classe”: un TG per le scuole primarie 193

Nonostante il Montaggio, come anticipato, non sia disciplina rientrante fattivamente negli appuntamenti laboratoriali in esame, ritengo opportu-no illustrarne sinteticamente in aula le diverse fasi (schematizzandole alla lavagna in più punti), le quali impegneranno il formatore in completa au-tonomia. Potrebbe rivelarsi utile accompagnare alcuni momenti di questa ultima frazione del modulo mostrando alla classe l’utilizzo in senso con-creto di un qualunque programma di montaggio, anche semplicemente unendo tra loro un paio di sequenze della durata di pochi secondi, che il formatore sceglierà tra quelle contenute nel proprio pc. Particolarmente quando si lavora con dei giovanissimi allievi, il cosiddetto “toccare con mano”, l’esemplificazione esplicita, può rivelarsi infatti più utile rispetto a molte spiegazioni squisitamente teoriche:

Riversiamo all’interno di differenti cartelle i files audiovisivi relativi alle varie componenti: disporremo perciò di un insieme chiamato ad esempio “Riprese in studio”, di un altro denominato “Riprese in esterna”, di un terzo definito “Immagini di ambiente”Ognuna di queste “macroaree” sarà al proprio interno suddivisa in sezioni più specifiche: dentro la cartella “Riprese in esterna” ne collocheremo altre indicanti ad esempio “Intervista esterna a Tizio”, “Intervista esterna a Caio” e “Intervista esterna a Sempro-nio”; dentro a quella “Immagini di ambiente” una conterrà i “Vi-deo”, l’altra le “Fotografie”Esaminati i video, depenneremo quelli che non contribuiranno al lavoro: perché di qualità insufficiente, oppure perché contenenti errori, o ancora perché ininfluenti nell’economia complessiva del TG, o, infine, perché troppo simili ad altriCon le immagini statiche seguiremo il medesimo procedimento e al termine avremo quindi a disposizione, suddiviso ordinatamente, il materiale complessivo per “comporre” il telegiornaleMontati i files (ovvero inseriti nella sequenza prestabilita nella time-line del nostro programma di montaggio), elimineremo da ognuno quei tempi morti a inizio e a fine registrazione, per ottenere un prodotto temporalmente incalzanteConcluso il montaggio video, ci accerteremo che sia in sincrono con quello audio, perché nella frenetica pratica del “taglia e cuci” potrebbe capitare, erroneamente, di non rispettare appunto la coincidenza della due tracce

194 Servizi telegiornalistici

Verificato che anche quest’ultimo aspetto sia conforme al risultato che desideriamo ottenere, non rimangono che i titoli dei servizi da lanciare e i titoli di coda. Per questi due elementi sfrutteremo uno dei sempre più frequenti software di grafica animata che molti programmi di montaggio ormai presentano e ai quali è sufficiente aggiungere fotografie o video ad hoc, oppure realizzeremo una “sigla” senza attingere appunto a queste pos-sibilità. Una volta composta, scriveremo i titoli dei servizi o delle inter-viste nel medesimo ordine seguito nel montaggio e li faremo comparire in sovrimpressione. Mentre al termine del TG ci limiteremo a riportare, ancora in sovrimpressione, le informazioni relative alla classe coinvolta nel progetto, all’insegnante referente, al formatore e ai vari ruoli ricoperti nel corso del modulo.

Rudi Zugno | TG in classe: Giornalisti si diventa... 195

SCHEDA DIDATTICA

INTRODUZIONE: LE RAGIONI DI UNA SCELTA

Fra le tipologie testuali presenti nel curriculum scolastico, accanto alle analisi di testo letterario e al testo argomentativo, c’è anche l’articolo di gior-nale. Come e forse più di quello della carta stampata, anche quello televisivo è un “articolo” che ha le sue regole di composizione e le sue strategie comuni-cative. Come è costruito un Telegiornale? Quali elementi lo differenziano e quali sono simili alle redazioni giornalistiche tradizionali? Come si compone un servizio per il telegiornale? E se è un giornale web o un radiogiornale?

Il testo scritto si trasforma per passaggi successivi in testo letto e mostrato: una tipologia testuale si arricchisce mostrando le proprie regole di composi-zione ed entrando nel vivo delle attività scolastiche. Una classe, un gruppo, l’intera scuola si racconta in un TG scritto, diretto ed interpretato dagli stu-denti.

A CHI È RIVOLTO

Gruppo classe della scuola secondaria di I o II grado

FINALITÀ

Sviluppare le capacità di analisi del testo giornalistico (scritto, ora-le, audiovisivo)

TG in classe: Giornalisti si diventa…di Rudi Zugno

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Riconoscere strutture diverse di testo informativoImparare a utilizzare i mezzi di comunicazione di massa per veico-lare informazione e culturaRealizzare servizi giornalistici da inserire in un breve TG fatto in-teramente dagli studenti

STRUMENTI

Sala attrezzata con postazione multimediale (proiettore collegato a lettore dvd o a computer e impianto audio)Sala informatica con postazioni in numero congruo al gruppo clas-se (1 computer ogni 3-4 allievi); connessione internetVideocameraMateriale di cancelleria

TEMPI

10 ore / 5 incontri

PRECONOSCENZE/PREREQUISITI

I prerequisiti richiesti per accedere agli argomenti e alle tematiche trat-tate durante il corso sono da ritenersi inserite nel curriculum esplicito degli studenti:

La regola delle 5WStruttura dell’articolo di cronaca - newsStruttura prima pagina quotidianoElementi di storia del giornalismo

(I concetti base relativi a tecnica e storia del giornalismo verranno co-munque ripresi durante le lezioni)

L’allievo dev’essere in grado di:Scrivere correttamente un breve testo espositivo Utilizzare software di scritturaCercare informazioni e utilizzare banche date online

Rudi Zugno | TG in classe: Giornalisti si diventa... 197

OBIETTIVI

ConoscenzeElementi del linguaggio giornalistico radiotelevisivoTipologie dei servizi giornalistici per la televisione e la radioElementi di teoria e tecnica delle comunicazioni di massa

CompetenzeCreare un semplice testo di cronaca o di approfondimento per la radio e la TVSaper creare scaletta e “sceneggiatura” del servizio audio/videoFamiliarizzare con la propria voce (timbro e intonazione) e il suo utilizzo pubblicoSviluppare un servizio in audio e video con l’ausilio di software dedicati Sviluppare capacità al lavoro di gruppo

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

Bergala, A., L’ipotesi cinema. Piccolo trattato di educazione al cinema nella scuola e non solo, Edizioni Cineteca di Bologna, Bologna, 2008.

Gozzini, G., Storia del giornalismo, Bruno Mondadori Editori, Milano, 2000.

Murialdi, P., Storia del giornalismo italiano, Il Mulino, Bologna, 2006.Piva, M., Il coccodrillo luminoso e altre storie. Teoria e pratica dell’audiovisi-

vo a scuola, Cinemazero, Pordenone, 2009.Rondolino, G. – Tomasi, D., Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi,

UTET, Torino, 19951.Stella, R., L’immagine della notizia. Nuovi stili giornalistici nella società

dell’informazione, Franco Angeli, Milano, 2004.

198 Servizi telegiornalistici

CONTENUTI E METODOLOGIE DELLE LEZIONI

Il modulo vuole ricreare in ambiente scolastico la struttura base di una redazione giornalistica, con gruppi di lavoro dedicati a notizie di genere diverso, per la creazione di servizi in audio e video.

Schematizzando, si procederà nel modo seguente:

Lezione 1

Dalla carta stampata alla radio al TG:Dal giornalismo “tradizionale” su carta stampata a quello radiote-levisivo a quello web: breve storiaDall’articolo di cronaca al testo giornalistico per la radio e la TV (il web): lavorare soprattutto sulle DIFFERENZE (così da recuperare le conoscenze pregresse)La struttura di un TG (I): visione di alcuni titoli/sommari di TG (da web caricare differenti testate di TG possibilmente di una stes-sa fascia oraria) e analizzare la presentazione audio/video delle no-tizie e la sequenza delle differenti notizie (cronaca, interni, esteri, spettacoli, politica, sport, finanza, ecc.)La struttura di un TG (II): lo studio e l’anchorman, analizzare ed evidenziare le differenze tra vari TG e spiegare come si crea il “lan-cio” (presentazione in studio) di un servizioLa struttura di un TG (III): i diversi servizi (intervista, servizio con corrispondente, servizio con immagini in diretta/repertorio, servi-zio con tabelle ecc.)

Lezione 2

Riprendere velocemente la lezione precedente, chiedere se ci sono domande o perplessitàVocabolario: spiegazione di alcuni termini utilizzati in ambito gior-nalistico radiotelevisivoEsercizio: far ascoltare un servizio con il solo supporto audio e poi anche con le immagini. Chiedere quali elementi informativi siano stati aggiunti dalle immagini (schede, diagrammi ecc.) e quali no,

Rudi Zugno | TG in classe: Giornalisti si diventa... 199

cioè in che misura le immagini siano “un di più” rispetto al sono-ro (esse infatti agiscono più su un piano emotivo che conoscitivo-informativo)Le agenzie di stampa: chi sono e a cosa servono (ripresa di preco-noscenze)Esempi di dispacci d’agenzia (Ansa, Reuter ecc.)

Prima della conclusione della lezione: divisione in sottogruppi di 3-4 persone (all’insegnante il compito di assicurarsi che ogni sottogruppo sia diversificato nelle abilità e vi sia almeno un allievo con buone capacità di scrittura); ciascun sottogruppo dovrà redigere un proprio servizio audio/video. Ogni allievo si occuperà di un elemento precipuo, tutti collabore-ranno alla scaletta del testo, il gruppo definirà i ruoli, verrà scelto (condi-viso con l’insegnante) un allievo per la stesura, prenderanno tutti parte alla correzione del testo e alla “sceneggiatura” audio-video. Spiegare cos’è la “sceneggiatura”: la scelta delle immagini da affiancare ai vari passaggi del testo.

Ogni gruppo si dividerà i seguenti compiti: ricerca fonti iconiche e scrit-te; stesura del testo; riprese; elaborazione audio-video. La lista dei servizi giornalistici che si vogliono sviluppare potrà essere liberamente condivisa con gli allievi oppure creata a partire da una lista da cui scegliere. Coadiu-vati dal formatore e dall’insegnante (che consiglieranno i gruppi, aiuteran-no quelli in difficoltà o quelli dispersivi) si produrranno le diverse stesure e correzioni del testo, che costituirà poi il parlato, e la relativa “sceneggia-tura”.

Lezione 3 e 4

Scelta e acquisizione delle immagini tramite videocamera (prima di effettuare le riprese il formatore dovrà spiegare alcuni concetti chiave di ripresa e montaggio tipici del linguaggio giornalistico te-levisivo)Realizzazione, grazie a telecamera e microfono, delle eventuali in-terviste da inserire nei serviziA turno, registrazione dell’audio del servizio ponendo massima at-tenzione a timbro, intonazione e chiarezza

200 Servizi telegiornalistici

Creazione della scaletta del TG Scrittura dei “lanci” relativi ai servizi che saranno letti in studio da uno o due presentatoriCreata la location ( lo “studio” del TG) si registrano in successione, grazie ad una telecamera posta su cavalletto, tutti i “lanci”

Lezione 5

Montaggio audio/video dei servizi:• inserire immagini e riprese in relazione con il testo del parlato• inserire le eventuali interviste• completare il servizio con l’aggiunta di titoli

Montaggio finale del TG inserendo: “lanci”servizi secondo scalettabreve sigla di apertura e chiusura

Queste fasi prevedono un massiccio uso di software per il video editing: generalmente il formatore compie alcune operazioni con gli studenti per far conoscere e provare il software e mostrare i “trucchi” del mestiere, ma poi l’ottimizzazione del prodotto la demanda a sé. Ciò non toglie che in molti casi si trovano studenti che già conoscono e sanno usare i principali software per il video editing, trovandosi in grado di gestire e insegnare agli altri a gestire queste fasi finali (impariamo a sfruttare a scuola anche loro il curriculum “implicito”, non preoccupiamoci solo di verificare l’acquisizio-ne di quello “esplicito”!).

Rudi Zugno | TG in classe: Giornalisti si diventa... 201

GUIDA ALLO SVOLGIMENTO DEL LABORATORIO

Premessa

Per tanti adolescenti telegiornale significa solo: trasmissione noiosa che va in onda durante l’ora di cena. In pochi la seguono e in pochissimi si appassionano alle notizie o alla figura del giornalista. Per questo motivo quando entro in una nuova classe e spiego agli alunni che io sono lì per realizzare assieme a loro un TG in classe mi diverto a guardare le espressio-ni dubbiose dei ragazzi… I primi minuti di ogni laboratorio li spendo per raccontare agli alunni che lavorare nella redazione di un telegiornale non è poi così male, i ritmi frenetici, la possibilità di conoscere le notizie pri-ma degli altri, vedere cose nuove. E senza svelare troppo su come saranno sviluppate le lezioni cerco di incuriosire la classe. Già incuriosire! Perché la curiosità è una delle caratteristiche principali che deve avere un buon giornalista; e poi la curiosità “è contagiosa” ed è lo stimolo per mettere in moto qualsiasi interesse, passione, progetto... La curiosità è la prima molla di auto ed etero educazione.

Il laboratorio TG in classe permette di sviluppare numerose capacità degli alunni ed è un modulo formativo estremamente interdisciplinare ma allo stesso tempo è un’attività complessa che richiede massima attenzione e collaborazione da parte di alunni ed insegnanti.

Nelle prossime pagine cercherò di spiegare come si svolge un labora-torio di questo tipo quando si lavora con ragazzi di una scuola secondaria di primo o di secondo grado. L’approccio nei due casi è abbastanza simile, generalmente i ragazzi delle medie già conoscono la struttura di un articolo di giornale perché lo hanno studiato durante le ore di Italiano e quindi si tratta di rispolverare concetti acquisiti e introdurre altre informazioni per poter svolgere al meglio la parte pratica che il modulo richiede. Voglio raccontare e mettere a confronto il laboratorio svolto in una terza media con quello portato avanti sempre con una classe terza, ma questa volta di un Liceo Scientifico. Oltre alla chiara differenza di età tra gli studenti, le due classi differivano anche per un altro particolare che strada facendo è risultato determinante per la struttura e lo stile del TG. La classe liceale aveva come insegnante di riferimento, che si rapportava con il sottoscritto, la professoressa di Lettere e Latino, mentre nella scuola media ho lavorato in collaborazione con l’insegnante di Matematica e Scienze.

Ma andiamo con ordine.

202 Servizi telegiornalistici

Lezione 1

Il primo incontro è sempre “teorico”. Le due ore iniziali, anche se agli occhi degli allievi appaiono le più noiose, servono per gettare le basi del lavoro. Innanzitutto cerco di farmi raccontare dagli stessi studenti cosa già sanno di giornalismo, se conoscono la struttura di un giornale e, di conse-guenza, la sua componente fondamentale e cioè l’articolo. So che poche righe fa ho scritto che dovrebbero avere ben chiare queste nozioni, ma, chiamatela diffidenza, oppure abitudine a non dare niente per scontato, io all’inizio del laboratorio riprendo comunque quei concetti che si trovano in tutti i testi dedicati al giornalismo. E quindi immancabile diventa parlare della cosiddetta “regola delle 5 W”, sorta di “comandamenti” che il bravo giornalista deve seguire per scrivere un articolo o un servizio televisivo. Essa fa riferimento alle iniziali delle cinque parole inglesi che indicano il tipo di informazione che occorre dare per essere chiari: bisogna dire che cosa (what) è avvenuto; chi (who) ne è stato protagonista; quando (when) e dove (where) è successo; perché (why) è accaduto. Ricordo che sia con i ragazzi di scuola media, sia con la classe del liceo il ripasso di questa “regola” è stato estremamente veloce, tutti avevano ben chiaro l’elenco di “W”. In pochi sapevano invece spiegare come mai in un articolo di giorna-le è fondamentale inserire tutte le informazioni più importanti nelle prime venti righe. Per chi ancora non lo sa lo ripeto: la consuetudine da parte dei redattori dei quotidiani di tagliare gli articoli per ragioni di composizione delle pagine fa sì che questi vengano scritti in modo che le prime venti righe ne contengano tutto il succo, così che anche se essi vengono tagliati non si perdono le informazioni principali (un esercizio estremo di sintesi). È una cosa da tenere presente mentre si sfoglia un giornale, sia quando si ha fretta di selezionare gli articoli che ci interessano, sia quando vogliamo rendere più veloce la lettura.

Stessa cosa vale per il concetto di “piramide rovesciata”: è buona norma mettere all’inizio di un articolo o di un servizio le informazioni più impor-tanti e poi procedere in ordine di interesse decrescente lasciando alla fine del testo gli aspetti meno rilevanti.

Importante è far capire che, nonostante articolo scritto e servizio TV siano diversi per vari aspetti, alcune costanti accomunano i due modi di fare informazione. Le “5 W” si devono rispettare anche in televisione e ancora più utile per chi lavora con i ritmi televisivi è concentrare tutto nelle prime quattro o cinque frasi del servizio. Un “pezzo” da telegiornale, in-terviste escluse, dura circa novanta secondi, e questo per mantenere gli alti

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ritmi del mezzo televisivo e non annoiare lo spettatore che di solito guarda il TG a tavola o in compagnia. Un discorso troppo lungo avrebbe come effetto la perdita di ascolto. Questi sono concetti all’apparenza semplici ma non così immediati se poi si devono mettere in pratica. Ma di questo parleremo tra qualche riga.

Per semplificare la comprensione degli argomenti trattati è consigliabile mostrare agli studenti vari esempi di articolo tratti da testate giornalistiche (facile reperirle e metterle a disposizione dai siti on line dei quotidiani, proiettandole in classe). Le pagine scelte possono appartenere a quotidiani locali o nazionali, l’importante è analizzare tali articoli assieme ai ragazzi e far riconoscere a loro le “immancabili 5 W”. Questa operazione serve come esercizio di comprensione del testo e allo stesso tempo aiuta a pren-dere confidenza con il linguaggio giornalistico. Durante il primo incontro, inoltre, un piccolo spazio viene dato alla visione di alcuni titoli presi dal-la carta stampata. La titolazione in un TG è totalmente diversa rispetto a quella di un quotidiano. Gli articoli di giornale solitamente seguono questa struttura:

OcchielloTITOLOSommario

Un servizio per il TG è introdotto in maniera diversa. Quando tratto l’argomento con gli studenti mi accorgo che spesso l’idea di “titolo scritto” rimane forte nel loro immaginario. Più di qualche studente, alla domanda «come possiamo dare un titolo ai servizi?», mi ha proposto di scrivere una frase alla lavagna e riprenderla con la telecamera o, se la classe è munita di LIM, far apparire la scritta sullo schermo. Da queste risposte, comunque fantasiose, si comprende che molti ragazzi, pur essendo cresciuti in simbio-si con la televisione non hanno ancora sviluppato una mentalità “audiovisi-va”. Titolo=scritta è qualcosa che va bene in letteratura ma non sempre per un prodotto video. Si può dire che il titolo di un servizio da telegiornale è... il presentatore in carne ed ossa. Ossia, più precisamente, la presentazione che il giornalista in studio usa per lanciare il contributo. Infatti in gergo da redazione la frase di presentazione di un servizio si chiama “lancio” e in esso è inglobato ciò che per un quotidiano sarebbero stati titolo, occhiello e sommario. Ricordo che, finita la mia spiegazione su cosa si intende ap-punto per “lancio”, un ragazzo di terza media alza la mano e, dubbioso, chiede: ma se il “lancio” sostituisce il titolo dell’articolo-servizio, le scrit-

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te che appaiono dopo la sigla del TG cosa sono? È presto detto. Quelle schermate ormai sempre più utilizzate servono soprattutto per attirare lo spettatore (ricordiamo che per chi fa televisione un TG è comunque una trasmissione soggetta al giudizio dell’Auditel), diventano in un certo senso l’equivalente dei cartelloni (gli “strilloni”) appesi fuori dalle edicole dove a lettere cubitali sono stampati i maggiori titoli del giorno.

Prima di concludere la prima lezione non resta che soffermarsi su come vengono organizzati i contenuti di un giornale e quelli di un TG.

Un quotidiano generalmente si divide così:

La prima pagina, che è la facciata del quotidiano e ne dà l’imma-gine, riporta, esposti come in una vetrina, i fatti più importanti e interessanti della giornataLa seconda pagina, che in molti quotidiani è considerata una pa-gina di rilievo, dove si collocano servizi e articoli per i quali manca lo spazio in prima: per esempio un commento, la cronaca politica interna o quella sindacale, ecc.La terza pagina (che ormai, da quando i giornali sono diventati molto corposi, non occupa più effettivamente la pagina n. 3, un tempo nota come “Elzevìro”) contiene informazioni culturali, arti-coli di scrittori, ecc. È insomma il “salotto buono” del giornaleLa cronaca interna, ovvero tutte le notizie che non riguardano la cronaca in senso stretto cittadina: l’economia, la finanza, gli spetta-coli e lo sport (a ciascuno dei quali è dedicato un settore a parte).La cronaca estera: informazioni sulla politica e le vicende dei paesi stranieriL’economia e la finanzaLa corrispondenza con i lettori: tutti i quotidiani pubblicano rubri-che di corrispondenza con i lettori. In alcuni casi è un personaggio di spicco (o il direttore del giornale) che risponde ai lettoriLa cronaca cittadina: settore molto importante per un quotidiano perché molto letto e perché i lettori possono verificare direttamen-te il modo in cui sono riportate le notizie di fatti a lui vicini e in parte notiGli spettacoliLo sportLa pubblicità: è una fonte importante per il sostentamento dei quotidiani: se non ci fosse, il quotidiano costerebbe trenta volte tanto. Bisogna saper riconoscere quella occulta

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L’organizzazione di un telegiornale non è molto diversa da quella tipi-ca della carta stampata. Senza ripetere una lista sterile di categorie in cui inserire i vari servizi, agli studenti basta sapere che quando si monta un TG si parte di solito con la cronaca, per finire con spettacoli e sport. Nel mezzo ci possono stare anche servizi curiosi che raccontano realtà poco conosciute oppure, se si vuole “giocare” un po’ con gli audiovisivi, una “finta” diretta con l’inviato di turno in collegamento da qualche luogo im-probabile e d’impatto. Organizzare la “diretta” piace molto agli studenti e a tal proposito voglio raccontare un simpatico aneddoto. Con gli allievi di terza liceo dovevamo realizzare un TG avente come tema “Il Territorio”. La loro scuola disponeva di un bellissimo Planetario, strumentazione assai rara da trovare in un Istituto Superiore e da qui l’idea di valorizzare que-sto gioiellino che “avvicinava” gli studenti alle stelle. Il modo migliore per parlarne era mostrare il planetario dal suo interno, magari con un esperto che ne spiegasse il funzionamento. E quindi cosa poteva esserci di meglio di una “finta” diretta? Scelta la studentessa-giornalista che avrebbe dovuto parlare di fronte alla telecamera ed introdurre gli ospiti abbiamo prepa-rato la location per le riprese. Cavalletto, telecamera e microfono erano posizionati, bastava dare il via alla registrazione e 3, 2, 1: «Eccoci in diretta dal Planetario, con noi il Vicepreside della scuola, professore di Scienze… ecc.». Ma si sa, il “bello della diretta” è sempre in agguato. Tra papere, errori, «rifacciamola che è meglio», registrare le poche domande che la nostra impavida giornalista doveva rivolgere al professore si è trasformato in una sorta di impresa. E sul più bello, quando tutto sembrava filare liscio, il Vicepreside, ormai entrato a tutti gli effetti nella parte del noto esperto da intervistare, ha fermato tutti dicendo: «Stavolta ho sbagliato io, è meglio se riprendiamo dall’inizio…» con immancabile risata della troupe formata da studenti e professori. Questo è uno degli episodi che ricordo con maggiore piacere, sia per le smorfie dell’inviata speciale ogni qual volta incappava in un errore ma soprattutto perché seppur divertendoci alla fine quel TG in classe è poi risultato davvero un bel prodotto che, modestia a parte, non aveva nulla da invidiare al TG1…

Ma facciamo un passo indietro, la prima lezione serve anche per suddi-videre la classe in gruppi di quattro o cinque studenti in modo che a partire dal secondo incontro ogni gruppo lavori ad un servizio del TG, come una vera e propria “redazione”. Gli argomenti da affrontare generalmente ven-gono scelti in accordo con gli insegnanti di riferimento in modo da poter effettuare collegamenti anche con i programmi di insegnamento di alcune discipline scolastiche, oppure si lavora su progetti che prevedono l’appro-

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fondimento di una tematica ben precisa. Ad esempio, gli allievi di terza me-dia dovevano sviluppare un intero TG sul tema dell’acqua e la loro scelta è stata quella di analizzare tale elemento dal un punto di vista scientifico.

Lezione 2

Il momento di trasformare degli studenti in veri e propri giornalisti ar-riva, quindi, a partire dalla seconda lezione. Una volta assegnati gli argo-menti da trattare è utile mostrare ancora qualche servizio, preso da TG andati in onda di recente. Grazie ad internet ora è molto semplice trovare esempi da proporre alla classe. Infatti, la maggior parte delle reti televisive, siano esse nazionali o locali, caricano quotidianamente i propri telegiornali sul web. Il compito degli studenti a partire dal secondo incontro è quello di pensare a cosa scrivere nel servizio, trovare le informazioni, riflettere su quali immagini andranno ad accompagnare il testo ed eventualmente pren-dere accordi per effettuare delle interviste. Durante questa fase è normale dover ripetere alcuni concetti espressi nella prima lezione come ad esem-pio la “regola delle 5 W” o quella delle “prime venti righe”. Gli studenti, infatti, siano essi di Liceo o Scuola Media, sono abituati ai temi in classe e ciò li porta un po’ fuori pista rispetto al modo di scrivere di un giornalista televisivo. È utile ricordare loro che un testo giornalistico per la televisione deve informare ma non può essere prolisso e quindi si fonda su frasi brevi e snelle ma non per questo banali. Mostrando ancora esempi di servizi è importante chiedere agli alunni di analizzarne lo stile di scrittura. I ragazzi di solito capiscono che c’è qualcosa di diverso, una sonorità e un ritmo non convenzionali. Il segreto è presto svelato: un tele-giornalista fa uso massiccio di linguaggio figurato e di un lessico spesso ripetitivo, insomma, una sorta di neo-lingua. Per dire ad esempio: «Il comune intende punire chi posteggia l’auto al di fuori degli spazi adibiti a parcheggio» un giorna-lista, ormai pratico, scrive semplicemente: «Il comune dichiara guerra al parcheggio selvaggio». “Dichiara guerra!” Se chiudete gli occhi non sem-bra anche a voi di vedere il Sindaco con la clava che sfonda il parabrezza di chi ha posteggiato in seconda fila? L’effetto dev’essere proprio questo. Bisogna colpire chi ascolta il nostro TG, perché, nonostante il servizio sia composto anche da immagini, spesso lo spettatore si distrae (anzi, sono proprio le immagini a creare distrazione rispetto al parlato e viceversa... strano – vero? – eppure su questo aspetto ci sarebbe tanto da dire e da scrivere!), lo spettatore si distrae e quindi non possiamo pensare di affidare

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tutto il senso del nostro pezzo giornalistico al video. Questo è uno degli aspetti che risulta più difficile da mettere in pratica da parte degli studenti. Generalmente se la cavano meglio i ragazzi del liceo, ma anche per loro non sempre sono “rose e fiori”. Non ho usato a caso un modo di dire per descrivere la difficoltà degli studenti. Anche i ragazzi per creare il loro servizio dovranno fare un uso massiccio di metafore e formule retoriche (“nella morsa del gelo”, “raffica di scioperi”, “tragedia sfiorata”, etc.) o di termini ormai tipici del linguaggio giornalistico (“attimino”, “dea benda-ta”, “pugno di ferro”…).

Dopo aver spiegato come va scritto un servizio, o almeno averne elenca-to le caratteristiche principali viste fino a questo punto, chiedo agli studenti di stendere un testo giornalistico che dovrà poi essere letto per entrare a far parte del nostro telegiornale. Non troppe pagine. Ricordiamoci che un servizio dura da novanta a centoventi secondi. In genere basta scrivere una facciata anche scarsa. Lascio agli alunni circa mezz’ora per completare la prima stesura del servizio. Perché “prima stesura”? Perché al primo tenta-tivo finora nessuno ha mai centrato l’obbiettivo… Restano ancora troppi retaggi del tema scolastico (ed è anche in questo senso che il laboratorio è utile, per far entrare dalla porta principale una delle tipologie di comuni-cazione scritta previste nei programmi ma poco frequentata dagli studenti, quella appunto dell’articolo di giornale). Per un buon servizio, “colorato” e accattivante servono almeno due o tre stesure. Se poi sono previste delle interviste bisogna anche pensare dove potrebbe essere più opportuno in-serirle. Anzi, può risultare ancora più utile effettuare prima le interviste e poi, in base alle risposte degli intervistati, scrivere il servizio. In questo caso si lavora un po’ al contrario.

Ma prima di continuare soffermiamoci un momento proprio sull’inter-vista. Un bravo tele-giornalista non fa mille domande, ma fa le domande giuste. E a tal proposito devo “bacchettare” alcuni insegnanti; non so per-ché ma ogni volta che mi sono ritrovato a chiedere alla classe di preparare, in accordo con i professori, delle domande da proporre all’intervistato di turno su un argomento specifico mi sono sempre ritrovato con decine di quesiti. Di fronte alla sfilza di punti di domanda ho sempre chiesto il perché di un simile interrogatorio e la risposta dei ragazzi è stata il più delle volte univoca: «Il Prof ci ha detto che dovevamo scrivere tante domande, tutte quelle che ci venivano in mente…». Beh, cari insegnanti, provate un po’ ad andare con telecamera e microfono da un qualche esperto a fargli tutte le domande che vi vengono in mente. Al quarto quesito inizierà a rispondervi seccato e se, anche per sua gentilezza, riuscirete a portare a casa tutte le

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risposte vi troverete con un discorso lunghissimo estremamente difficile da tagliare per estrapolarne le poche battute più significative. Per questo, quando chiedo di preparare un’intervista sprono gli allievi a trovare tre o quattro domande davvero ficcanti, che aiutino veramente a conoscere a fondo una realtà. Dobbiamo essere noi a condurre l’intervista, lo studente-giornalista deve scegliere di cosa parlare e da che prospettiva inquadrare un problema o una situazione. L’intervista serve per avere spiegazioni più precise o per raccogliere dichiarazioni. Gli studenti di terza media per il loro servizio sui fiumi e laghi sotterranei hanno intervistato un Geologo. La spiegazione scientifica dell’esperto è stata chiara ed esaustiva e, visto il tema ambientale, hanno chiesto all’intervistato di spiegare i danni causati dallo sfruttamento selvaggio delle falde. Risultato: un servizio ricco di nuo-ve informazioni del tutto attendibili. Questo spunto ci è utile per trattare il tema delle fonti e dell’imparzialità che dovrebbe avere chi fa informazione. Citare le fonti è sempre importante ma spesso i ragazzi la vedono come una cosa inutile. Giustissimo dire che lo smog nelle nostre città è in aumento ma da dove arrivano questi dati? Se lo afferma un Istituto di Ricerca è bene nominarlo nel servizio. Anche gli intervistati vanno citati e, una volta arrivati alla fase del montaggio audio video, è consuetudine inserire in so-vraimpressione il nome e la qualifica di chi sta parlando al microfono. Uno degli errori che più comunemente riscontro quando leggo le prime stesure di servizi creati da studenti, siano essi di scuola media o di liceo, è la man-canza di obiettività. Non sempre è facile spiegare ai giovani che chi lavora nell’informazione non deve esporre le proprie opinioni ma raccontare i fatti citando le fonti se si espongono dei dati. Nella realtà è ormai consuetudine che giornalisti illustri oltre a raccontare la notizia ne facciano anche il com-mento ma lavorando con ragazzi neofiti di giornalismo io preferisco che nei loro pezzi ci sia massima imparzialità. Insomma mi piace farli lavorare seguendo alla lettera la corretta deontologia della professione giornalistica (oltre ad aiutarli ad imparare a costruire un “dossier” di riferimento, altro problema legato alle tipologie di temi scolastici).

Lezione 3 e 4

Dopo aver scritto i servizi inizia la fase che più piace agli studenti, quella dedicata alle riprese video e alle interviste, diciamo la parte più “audiovi-siva”. Generalmente per portare a termine il capitolo più tecnico del labo-ratorio occorrono due lezioni. Vediamo velocemente come realizzare delle

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riprese video funzionali al nostro lavoro. Le immagini andranno, come si dice in gergo, a “coprire” l’audio di ogni servizio quindi sarà fondamentale far combaciare l’argomento trattato con le varie sequenze filmate appo-sitamente per l’occasione o recuperate da altre fonti. Alcuni studenti del Liceo, ad esempio, avevano preparato un servizio sulla salute dell’aria nella loro città. Trattandosi di inquinamento atmosferico è bastato passeggiare impugnando la telecamera e filmare tra le vie cittadine auto ferme al sema-foro, camini fumanti e tubi di scappamento. Non esiste una tecnica precisa per fare le riprese e, di solito, consiglio di non perdersi in esercizi di stile ma piuttosto di puntare alla semplicità, immagini chiare che descrivano già al primo colpo d’occhio la realtà di cui si sta parlando. Alcuni consigli tecnici voglio comunque fornirli a voi che state leggendo queste pagine: innanzitutto all’interno del servizio montato ci dovrà essere una certa me-scolanza di immagini fisse e movimenti di macchina. Le immagini fisse non dovrebbero durare più di tre o quattro secondi, altrimenti tendono ad an-noiare. Vediamo invece quali sono i movimenti più utilizzati:

Zoom avantiZoom indietroPanoramica da destra a sinistraPanoramica da sinistra a destraPanoramica dal basso verso l’altoPanoramica dall’alto verso il basso

Non serve avere una telecamera professionale, per realizzare un buon TG in classe, basta anche una telecamerina compatta munita di microfono. Le indicazioni su come si fanno le riprese io le tengo per la terza lezione quando si cominciano davvero ad usare gli strumenti tecnologici. Mi sono infatti accorto che parlarne durante le lezioni teoriche non porta a grossi risultati. Tutto un altro effetto si ha se gli allievi imparano ad usare la tele-camera quando ormai i tempi stringono e bisogna assolutamente “portare a casa” delle immagini utili alla realizzazione del TG. In questo modo si sen-tono più responsabilizzati e tendono ad impegnarsi di più e, nella pratica, a comprendere meglio anche le considerazioni più teoriche.

Fatte le riprese non resta che registrare l’audio dei servizi. Questa ope-razione è abbastanza semplice. Ogni gruppo sceglie un lettore e poi, senza munirsi di grosse attrezzature, basta riprendere con la telecamera l’alunno mentre legge il servizio. Nella successiva fase di montaggio audio-video,

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verrà tenuta solo la traccia audio migliore a cui saranno sovrapposte le im-magini girate dai ragazzi. Per ottenere un risultato ottimale, prima di passa-re alla fase di lettura è consigliabile effettuare, assieme agli studenti, alcuni semplici esercizi di dizione e intonazione. In base ai tempi a disposizione, possono impegnarsi in questa attività solo coloro che dovranno leggere i servizi e presentare il TG, oppure si può coinvolgere l’intera classe. Di eser-cizi per la dizione ne esistono a centinaia e la loro difficoltà varia in base al livello di perfezione che si intende raggiungere. Io generalmente propongo soltanto alcune esercitazioni estremamente basilari. L’importante è che gli allievi si abituino a leggere a voce alta; così facendo si prende consapevo-lezza della pronuncia delle vocali e delle consonanti e di conseguenza, ci si accorge di eventuali errori di dizione. Inoltre, leggere a voce alta aiuta a vincere la timidezza e a sentirsi più sicuri di sé. Si può iniziare con la lettura di semplici favole per bambini, ponendo massima attenzione a virgole e punti fermi, per poi arrivare a leggere testi giornalistici presi da quotidiani o siti internet. Anche gli scioglilingua risultano utilissimi: quest’ultimi sono esercizi di articolazione per eccellenza che hanno la prerogativa di scioglie-re, appunto, i muscoli della lingua, per una migliore dizione, senza incep-parsi. L’obiettivo, alquanto divertente, è impararli a memoria e ripeterli il più velocemente possibile, in maniera perfetta. L’ideale sarebbe registrare e ascoltare l’audio delle varie esercitazioni. In questo modo lo stesso lettore si rende conto all’istante della qualità della sua dizione e confrontando la prima registrazione con quelle successive si possono notare i vari miglio-ramenti.

Se ancora non sono stati designati, arrivati a questo punto, bisogna trovare i presentatori del nostro TG e preparare lo studio. Generalmente l’aula scolastica si presta bene per fare da location. La cattedra funge da bancone dietro al quale si accomoderanno gli anchormen, o presentatori che dir si voglia, mentre sulla lavagna o LIM retrostante si potrà proiettare o disegnare il logo del TG. Per ottenere un risultato migliore consiglio di scegliere due presentatori, un ragazzo e una ragazza. In questo modo si daranno coraggio a vicenda superando assieme il timore dell’obbiettivo. È un dato di fatto, parlare davanti ad una telecamera non è mai facile. La cosa che più mi piace dell’incontro durante il quale si registrano i lanci dei TG è osservare la preparazione dei due presentatori, il più impacciato di solito è l’ometto, alle prese, probabilmente per la prima volta in vita sua con una cravatta… I lanci vanno preparati da chi siede dietro al banco-ne in collaborazione con tutti i gruppi che hanno realizzato i servizi. Non occorre svelare troppo nel lancio, generalmente sono sufficienti un paio

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di frasi che sintetizzano il contenuto del servizio in modo da incuriosire i telespettatori.

Lezione 5

Registrati i lanci possiamo montare il TG. Generalmente questa opera-zione occupa l’ultima lezione, o almeno durante il quinto incontro si inizia a vedere come funziona il montaggio video. Per approfondire, sia dal pun-to di vista teorico sia tecnico-pratico, il montaggio audio-video, servirebbe un intero laboratorio. Fortunatamente per quanto concerne un TG in clas-se non servono grosse competenze ma bisogna almeno avere un minimo di pratica nell’uso di software di video-editing. Ne esistono diverse versioni, professionali e non. La scelta dipende dalla dotazione tecnica di cui si di-spone. Come per le riprese video vale comunque la norma: niente effetti ar-tistici. L’obiettivo da perseguire è un montaggio abbastanza lineare e pulito dove ad inquadrature fisse si alternano movimenti di macchina in modo da non annoiare chi guarda il TG. Non serve dare un senso alla successione di immagini, un prodotto tele-giornalistico non è un film nel quale le sequen-ze che appaiono sullo schermo raccontano una storia. Basta semplicemente accompagnare le parole del servizio con le immagini raccolte dai ragazzi attraverso l’occhio della telecamera, facendo combaciare il più possibile il testo con ciò che appare nelle varie inquadrature. Anche le interviste de-vono inevitabilmente passare sotto la forbice del montatore e a proposito di ciò è sempre utile mostrare alla classe almeno un esempio estratto da un qualsiasi telegiornale realizzato da professionisti. Gli studenti non sempre notano come è stata montata un’intervista, magari si concentrano di più sull’abbigliamento di chi appare in video o su ciò che dice… Quello che serve far emergere è invece l’estrema sintesi che anima le interviste: in un TG non si ascoltano mai lunghi discorsi ricchi di preamboli o divagazioni ma piuttosto battute brevi e dichiarazioni concise. E qui entra in gioco la bravura di giornalista e montatore che devono estrapolare i trenta secondi fondamentali di un intero discorso.

Lavoro simile si fa con i cosiddetti “Servizi-inchiesta”: quando si vuole tastare il polso della gente su un argomento specifico si intervistano più persone ponendo loro sempre gli stessi due o tre quesiti. Una volta arrivati alla fase del montaggio si fa iniziare il servizio con la registrazione della domanda rivolta ad una persona e la sua relativa risposta e poi si mettono in successione altre dichiarazioni raccolte tra gli intervistati senza mostrare

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ogni volta il giornalista che pone la domanda. In questo modo si hanno tante risposte a confronto su un tema unico. L’inchiesta è estremamente facile da realizzare, non necessita di testi scritti, basta soltanto trovare le poche domande giuste da proporre. Il lavoro maggiore si fa al montaggio, quando bisogna scegliere e tagliare tra le tante risposte le dichiarazioni più significative senza però privarle di senso. Gli allievi di terza media, doven-do affrontare il tema Acqua Bene Comune, hanno realizzato un’inchiesta tra i loro coetanei per capire se gli adolescenti sprecano inutilmente la risorsa idrica o se sono attenti al problema. Tra le domande preparate dalla classe mi viene in mente questa: «Quando ti lavi i denti chiudi il rubinetto o lo lasci aperto?» Un quesito secco, ben pensato, che ha rivelato le abitudini non sempre ecosostenibili di alcuni alunni della scuola…

Ultimo passo: realizzare, scegliendo immagini e musica, una sigla di apertura. Un telegiornale non può dirsi tale senza una sigla che lo identifi-chi. Pensate a quella del TG1 talmente familiare che chiunque la riconosce-rebbe ascoltandone soltanto le prime note.

A questo punto il nostro TG in classe è completo, il che significa che il laboratorio è giunto alla fine.

Prima di concludere voglio però soffermarmi su un aspetto preceden-temente solo accennato. Il TG in classe, vista l’importanza che assume la scrittura all’interno del laboratorio, è un modulo didattico che, a mio avviso, si presta maggiormente per essere portato avanti da insegnanti di Lettere. I servizi tele-giornalistici prima di diventare elementi audiovisivi sono pur sempre degli scritti. Se si sceglie però di sfruttare questo tipo di laboratorio per approfondire anche materie scientifiche attenzione a non relegare in secondo piano la fase di creazione dei testi. Così facendo il mo-dulo didattico viene svuotato di gran parte del suo senso.

Per esperienza posso quindi affermare che risulta ideale progettare questo laboratorio attraverso una stretta collaborazione tra insegnanti di diverse discipline in modo da impegnare gli studenti su più fronti con la possibilità di trattare argomenti quanto mai vari. L’approfondire parti di programmi scolastici in questo modo porta a risultati davvero sorprendenti che in più occasioni hanno stupito anche chi vi scrive…

______________________________________________________________________Stampato nel mese di ottobre 2013

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