Bene! 4 Diversi Modi Di Morire in Versi

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Carmelo Bene Quattro diversi modi di morire in versi Concerto per voce recitante e percussioni Musica di Gaetano Giani Luporini 1. A. Blok – Là dove echeggia nelle lunghe sale 2. V. Majakovskji – Bene! 3. S. Esenin – Ritorno al luogo natale 4. S. Esenin – La Rus’ sovietica 5. V. Majakovskji – La nuvola in calzoni 6. S. Esenin – L’uomo nero 7. V. Majakovskji – A S. Esenin 8. A. Blok – I dodici 9. V. Majakovskji – All’amato se stesso dedica queste righe l’autore 10. B. Pasternak – Le onde 11. V. Majakovskji – Di questo 12. B. Pasternak – Morte di un poeta 13. B. Pasternak – Oh, s’io avessi allora presagito 1

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Carmelo BeneQuattro diversi modi di morire in versiConcerto per voce recitante e percussioni

Musica di Gaetano Giani Luporini

1. A. Blok – Là dove echeggia nelle lunghe sale2. V. Majakovskji – Bene!3. S. Esenin – Ritorno al luogo natale4. S. Esenin – La Rus’ sovietica5. V. Majakovskji – La nuvola in calzoni6. S. Esenin – L’uomo nero7. V. Majakovskji – A S. Esenin8. A. Blok – I dodici9. V. Majakovskji – All’amato se stesso dedica queste righe

l’autore10. B. Pasternak – Le onde11. V. Majakovskji – Di questo12. B. Pasternak – Morte di un poeta13. B. Pasternak – Oh, s’io avessi allora presagito

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ALEKSANDR BLOKLà dove echeggia nelle lunghe sale

19 luglio 1910Là dove echeggia nelle lunghe saleil dolce volo delle pazze tròike,dove splendono i vini dei boccali,sta per nascere adesso un ballo tondo.Frusciando, tintinnando, biancheggiando,volteggiano tracciando lenti cerchi.E i violini, struggendosi e infiacchendo,si abbandonano ai furiosi archetti.Col braccio teso verso la caligine,una esce fuori dal cerchio:scelto l'amico destinato, lasciacadere un fiore per terra.Non raccattare quel fiore: v'è in essoil dolce oblio di tutti i giorni andati,e tutta la frenetica allegriadella tua futura rovina!...V'è tutto -il giuoco del fuoco e del fato,solo nell'ora amara delle offeseda una lontananza irrevocabilene traluce un angelo triste

.VLADIMIR MAJAKOVSKIJBene!1927[...]sopra i falò s'è fatto buio.Come sommergibiles'è inabissatal'esplosa Pietroburgo,e soloquando un'ala ardente di ventofa ondeggiare la fitta oscurità,di nuovo ci ricordiamodella tempestache fu senza treguadall'alto e d'intorno.Come un'acqua è la tenebrae così, senza fondo,appare l'abisso del cielo,mentre ancora sì scorgequi, sagoma dì cetaceo,l'ombra dell'Aurora.«Il fuoco delle mitragliatriciha spazzato a zerola piazza»,ì lungomari sono desertie soltanto i falòvampeggianonella densa oscurità.E qui,dove il calore scioglie la terra,sulle lingue di fuoco tendendo le palmedallo spavento o dal ghiacciosi riscalda un soldato.Il fuoco gli si posò sugli occhi,

sopra una ciocca di capelligli si adagiò...Così, stupito, lo riconobbie dissi:«Salute, Aleksandr Blok!È la festa dei futuristi.Il frac del vecchiumes'è scucito punto per punto!»E Blok mi guardò, ardevano i fuochi.«Bene!» rispose.E tutt'intorno affondavala Russia di Blok...Le sconosciute, le nebbie del nordandavano a piccocome rottamie latte di conserva.E subito il suo voltodivenne più sinistrodella morte invitata a nozze:«Dalla campagna...scrivono...m'hanno bruciato la biblioteca nella villa...».Immobile, fisso è lo sguardo di Bloke l'ombra di Bloksorgendo sopra un muretto,anch'essa pare che guardi:sembra che entrambiaspettinol'incedere di Cristosull'acqua.Ma Cristo a Bloknon ritenne opportuno apparire:Blok se ne stavacon molta tristezza negli occhi.E invece di Cristo,più vivi,col loro canto,apparvero degli uominiall'angolo della stradaIn piedi, in piedi, in piedi!Lavoratori, braccianti,stringete la falce e il martello,stringete il fucile nel ferro della mano!In alto la bandiera![... ]

SERGEJ ESENINRitorno al luogo natale1924Ho visitato i luoghi natali,quella campagnadove sono vissuto bambino,dove come una torre dei pompieridalla vedetta di betullasvetta il campanile senza croce.Quante cose sono mutate,nella loro misera, sparuta esistenza.Quante scopertemi seguivano alle calcagna.

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La casa paternanon ho potuto riconoscere:l'acero sì spiccante più non s'agitavasotto la finestra,e sul terrazzino più non sedeva la madre,a nutrire di polenta i pulcini.Vecchia, si vede, è diventata...Sì, vecchiaCon tristezza contemplo i dintorni:che luogo a me sconosciuto!Sola, come un tempo, biancheggia la montagna,v'è ancoral'alta grigia roccia.È qui il cimitero!Le croci imputridite,come cadaveri nella battaglia,sono rimaste con le braccia aperte.Per il sentiero, appoggiandosi al bastone,viene un vecchio che spazzadalle erbacce la polvere.«Viandante!Mostrami, caro,dove abita Esenina Tat'jana!»«Tat'jana... Uhm...Ecco, dietro quella izba.Ma tu chi sei?Suo parente?O, forse, il figlio perduto?»«Il figlio, sì.Ma tu, vecchio, che hai?Dimmi, perchéil tuo sguardo è così afflitto?»«Bene, nipote mio,è bello, che tuo nonnonon hai riconosciuto!...»«Ah, nonno, sei forse tu?»E s'effusero le tristi parolecon lacrime calde sui polverosi fiori.[...]«Tu forse avrai presto trent'anni...Ma io ormai novanta ne conto...M'attende la bara.Da un pezzo era ora di tornare! -Parla, ma corruga la fronte di continuo -«Sì!... Era tempo!...Sei comunista? » -«No! »-«Le tue sorelle, invece,si son fatte komsomolke.Che porcheria! da impiccarsi!Ieri han tolto le icone dal palchetto,e in chiesa il commissario ha levato la croce.Ora non c'è nemmenodove pregare Iddio.Vado ormai al bosco di nascosto,prego le tremule...Forse, può servire...Andiamo a casa:vedrai tutto tu stesso».

E andiamo, calpestando la proda d'erbacce.Sorrido ai campi arati, alle boscaglie,il nonno sbircia con tristezza il campanile.[...] «Salve, madre! Salve! » -E nuovamente porto agli occhi il fazzoletto.Qui piangere può anche la vaccaguardando questo povero angoletto.Sulla parete il calendario con Lenin.Qui è la vita delle mie sorelle,delle sorelle e non mia;e tuttavia son pronto a cadere in ginocchio,vedendovi, luoghi che amo.Son venuti i vicini...Una donna col bambino.Nessuno ormai mi riconosce.Alla Byron il nostro cagnettomi accoglie latrando al portone.Ah, cara contrada!Non sei più quella,no.Certo, anch'io non sono quello di prima.Quanto più sono tristi e senza speranzail nonno e la madre,tanto più gaio è il risodelle sorelle.Certo, per me nemmeno Lenin è un'icona,conosco il mondo...Amo la mia famiglia...E tuttavia con un inchinomi seggo sulla panca.«Su, parla, sorella! »Ed ecco che mi parla,come una Bibbia aprendo il panciuto «Capitale»,di Marx,di Engels...Libri che certo maimi son sognato leggere.e mi fa ridereche una vispa ragazzinami metta in tutto con le spalle al muro.[...]

SERGEJ ESENINLa Rus' sovietica1924L'uragano è passato. Pochi di noi son salvi.Mancano molti all'appello degli amici.San tornato al mio paese abbandonato,dal quale fui lontano otto anni.Ma chi chiamare? Con chi dividerela triste gioia d'essere ancora vivo?!...Qui perfino il mulino -uccello di travidall'unica ala -sta fermo con gli occhi serrati.Nessuno qui mi conosce, e m'ha dimenticatoda tempo chi mi ricordava.Dov'era un tempo la casa paterna

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giace ora la cenere e uno stratodi polvere stradale.E la vita ribolle.Intorno a me vanno e vengonovolti giovani e vecchi.Ma nessuno io posso salutare,negli occhi di nessuno trovo asilo.E nella testa mi sciamano i pensieri:Cos'è la patria?È mai possibile, soltanto sogni?Quasi per tutti qui sono un tetro pellegrinoDio sa di quale lontana contrada.E sono io!Cittadino d'un villaggio,che avrà fama soltanto perchéqui una volta una donna ha partoritou no scandaloso poeta russo.Ma la voce del pensiero parla al cuore:«Rinsavisci! Di che ti sei offeso?Risplende solo la nuova luced'un'altra generazione fra le capanne.Cominci ormai un poco a sfiorire,altri giovani cantano altre canzoni,e saranno, magari, più interessanti:ormai non soltanto il villaggioma tutta la terra è loro madre".Ahi patria! Come son diventato ridicolo,sulle guance incavate vola un secco rossore.Il linguaggio dei miei concittadinimi sembra tanto estraneo, che mi trovonel mio paese come un forestiero.[... ]Ecco com'è il paese! .Perché ho gridato in versi che son tutt'uno col popolo?Qui la mia poesia non è più necessaria,e forse io stesso non sono necessario.Ebbene!Perdona, rifugio natale.D'averti servito già mi basta..VLADIMIR MAJAKOVSKIJLa nuvola in calzoni (Tetrattico)1914-1915PrologoIl vostro pensiero,sognante sul cervello rammollito,come un lacchè rimpinguato su un unto sofà,stuzzicherò contro l'insanguinato brandellodel cuore:mordace e impudente, schernirò a sazietà.Non c'è nel mio animo un solo capello canuto,e nemmeno senile tenerezza!Intronando l'universo con la possanzadella mia voce,cammino -bello,ventiduenne.Teneri!

Voi coricate l'amore sui violini.Il rozzo sui timballi corica l'amore.Ma come me non potete sgolarvi,per essere labbra soltanto da capo a piedi!Venite a istruirvidal salotto, vestita di batista,decente funzionaria dell'angelica lega,voi che sfogliate le labbra tranquillamentecome una cuoca le pagine del libro di cucina.Se volete,sarò rabbioso a furia di carne,e, come il cielo mutando i toni,se volete,sarò tenero in modo inappuntabile,non uomo, ma nuvola in calzoni![... ]Volete stuzzicarmi?«Meno delle copeche d'un pitoccosono gli smeraldi delle vostre follie».Ricordate!.Perì Pompei.quando esasperarono il Vesuvio!Ehi!Signori!Dilettantidi sacrilegi,di delitti,di massacri,avete visto mai,ciò che è più terribile:il viso mioquandoiosono assolutamente tranquillo.E sentoche l'ioper me è poco.Qualcuno da me si sprigiona ostinato.Allò!Chi parla?Mamma?Mamma!Vostro figlio è magnificamente malato!Mamma!Ha l'incendio nel cuore.Dite alle sorelle Ljuda e Oliach'egli non sa più dove salvarsi.Ogni parola,persino ogni burlach'egli vomita dalla bocca scottantesi butta come nuda prostitutada una casa pubblica che arde.Gli uomini annusano:odor di bruciato!Raccozzano dei tipi strani.Rutilanti!Con gli elmi!A che scopo quegli stivaloni!Dite ai pompieri:

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sul cuore ardente ci si arrampica con le carezze.Farò da me.Rotolerò come botti gli occhi gonfi di lacrime.Lasciatemi appoggiare alle mie costole.Salterò! Salterò! Salterò! Salterò!Sono crollati.Non puoi saltare dal proprio cuore!

Glorificatemi!Non son pari ai grandi.Su tutto ciò che fu creatopongo il mio nihil.Non vogliomai leggere nulla.Libri?Ma che libri!Una volta pensavoche i libri si facessero così:arriva un poeta,lievemente disserra la bocca,e di colpo comincia a cantare il sempliciotto ispirato:di grazia!E invece risulta che i poeti,prima di effondersi nel canto,camminano, incalliti dal lungo girellare,e dolcemente diguazza nella melma del cuorela stupida tinca dell'immaginazione.

Mentre fanno bollire, strimpellando rime,una bordaccia di amori e usignoli, Ila via si contorce priva di lingua: Inon ha con che discorrere e gridare. i[. ..]E dietro ai poetile turbe di strada:studenti,prostitute,appaltatori.Signori! Fermatevi!Voi non siete accattoni,voi non osate chieder l'elemosina!Noi gagliardidal passo poderosonon abbiamo bisogno di ascoltare,ma piuttosto di svellere costoroche si sono appiccati come un'aggiunta gratuitaa ogni letto a due piazze!Si dovrebbero forse umilmente implorare:"Prestateci aiuto!»supplicarli in un inno,di un oratorio!Noi stessi siamo artefici nell'ardente innofrastuono della fabbrica e del laboratorio..Che m'importa di Faust

che in una ridda di razziscivola con Mefistofele sul pavimento del cielo!lo soche un chiodo nel mio stivaleè più raccapricciante della fantasia di Goethe!io,che ho la bocca d'oro più d'ogni altroe con ogni parolarigenero animae do un onomastico al corpo,vi dico:il minimo granello di polvere d'un vivovale più di quello che farò e che ho fatto!Ascoltate!Predica,dimenandosi e gemendo,l'odierno Zarathustra dalle labbra urlanti!Noidal viso come lenzuolo assonnato,dalle labbra pendenti come lampadario,noi,galeotti della città-lebbrosario,dove oro e fango hanno ulcerata la lebbra,noi siamo più puri dell'azzurro veneziano,lavato a un tempo dai mari e dai soli!Me ne infischiose negli Omeri e negli avidinon c'è gente come noi,butterata e coperta di fuliggine.lo so,che il sole si offuscherebbe a vederele sabbie aurifere delle nostre anime![...] .io,dileggiato dall'odierna generazionecome un lungo .aneddoto scabroso,vedo venire per le montagne del tempoqualcuno che nessuno vede.Là dove l'occhio degli uomini si arresta insufficiente,alla testa di orde affamatecon la corona di spine delle rivoluzioni,avanza l'anno sedici.Ed io presso di voi sono il suo precursore,io sono sempre là dove si soffre:su ogni goccia di fluido lacrimaleho posto in croce me stesso.Ormai non si può perdonare più nulla.lo ho incendiato le anime, dove si coltivava la tenerezzaQuesto è più difficile che prenderemigliaia di migliaia di Bastiglie!E allorché,proclamando con una sommossail suo avvento,uscirete incontro al Salvatore,iovi strapperò l'anima

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e, dopo averla calpestataperché sia grande,ve la darò insanguinata come un vessillo!

Ah, per quale ragione,di dovenella lucente allegriaquesto agitarsi di sordidi pugnacci!Vennee velò la testa con la disperazioneil pensiero dei manicomi.Ecome nel naufragio d'una dreadnoughtper gli spasmi soffocantisi lanciano nel bocca porto spalancato,così attraverso il suoocchio lacerato sino all'urlosi inerpicava, impazzito, Burljuk.Quasi insanguinando le palpebre corrose delle lacrime,ne strisciò fuori,si mise in piedi,si mossee con tenerezza inattesa in un uomo pinguemi prese e disse:Bene!»Bene, quando una gialla blusaprotegge l'anima da tanti sguardi!Bene,quando, scagliati fra i denti del patibolo,si grida:"Bevete cacao van Houten!».

E quest'attimobengalico,squillante .non cambierei con nulla,nemmeno con ...Ma dal fumo d'un sigarocome un bicchierino di liquoresi è allungato il viso alticcio di Severjanin.(,Lillà! Lillà! Gelato di lillà! Lillavuoi dire: voluttà..."Come osate chiamarvi poetae, mediocre, squittire come una quaglia?Oggibisognaa mo' di frangicapoconficcarsi nel cranio del mondo!Voi,turbati dal solo pensierodi ballare con eleganza,osservate in qual guisa me la spassoio,truffatore di cartee ruffiano di piazza!Da voiche siete fradici d'amore,da voiche nei secoli grondaste lacrimeio mi staccherò,

incastrando il solecome un monocolo nel mio occhio divaricato.Camuffatomi in modo incredibile,me ne andrò per la terraa destar godimento e ad infiammarmi,e innanzi a me condurrò alla catenaNapoleone come un botolo.La terra tutta, sdraiandosi come una donna,dimenerà le carni, vogliosa di darsi;le cose si animeranno, le labbra delle cosebiascicheranno:«zàza, zàza, zàza!".[... ]Perché garriscano bandiere nella febbre delle scariche,come in una festa ragguardevole,levate in cima, pali dei lampioni,le insanguinate carcasse dei mercanti.Bestemmiava,implorava,trinciava,si arrampicava dietro qualcunoper addentarne i fianchi.Sulla volta celeste, rosso come la marsigliese,sussultava, crepando, il tramonto.Ormai la follia.Non ci sarà più nulla.La notte verràa rodere

e a mangiare.Vedete? Come un Giudavende di nuovo il cieloper una manata di stelle spruzzate di tradimento.È venuta.Banchetta alla maniera di Mamaj,con il culone sulla città.Non riusciremo a sbrecciare con gli occhiquesta notte nera come Azèf![...] .4Maria! Maria! Maria!Lasciami entrare, Maria!Non posso restare in istrada!Non vuoi?Tu aspettiche con le guance infossate,assaggiato da tutti,insipido,io vengaa biascicar senza denti:"Sono oggimirabilmente onesto».Maria,vedi:ho già cominciato a incurvarmi.

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Nelle viegli uomini bucheranno il grasso nei loro gozzi aquattro piani,sporgeranno gli occhiettilisi da quarant'anni di logorio,per ammiccare l'un l'altro ghignandoche fra i miei denti-di nuovo! -è il panino raffermo della carezza di ieri.Zuppo ladruncolo stretto dalle pozzanghere,la pioggia, spruzzando singhiozzi sui marciapiedi,lecca il cadavere delle vie tartassate dai ciottoli,e sulle ciglia canute-sì!-sulle ciglia dei ghiaccioligocciano lacrime dagli occhi-sì!-dagli occhi abbassati delle grondaie.Succhiò tutti i pedoni il muso della pioggia,mentre nelle vetture luccicava una fila di pingui atleti:scoppiavano certuni,rimpinzati a crepapelle,e attraverso gli spacchi stillava la sugna,come un torbido fiume dalle vetture scolava,insieme con un pane maciullato,la masticatura di vecchie cotolette.Maria!Come ficcare una dolce parola nel loro orecchio coperto di grasso?L'uccellova mendicando con una canzone,canta,affamato e squillante,ma io sono un uomo, Maria,semplice,scatarrato dalla notte tisica nella sudicia mano della Presnja.Maria, vuoi un uomo simile?Lasciami entrare, Maria?Con lo spasmo delle dita stringerò la gola metallica del campanello!Maria!Diventano feroci i pascoli delle strade.Sul collo come una scalfittura le dita della calca.Apri!Fanno male!Vedi? Sono confitti nei miei occhigli spilli dei cappelli femminili!Mi ha lasciato entrare.Bambina!Non ti spaurirese sul mio collo taurinoseggono come un'umida montagna donne dal ventre sudato:

gli è che attraverso la vita io trascinomilioni di enormi casti amorie milioni di milioni di minuscoli sudici amorucci.Non ti spaurirese ancora una voltanell'intemperie del tradimentomi stringerò a migliaia di vezzose faccine."Adoratrici di Majakovskij!»:ma questa è davvero una dinastiadi regine salite al cuore d'un pazzo.Maria, più vicino!Con denudata impudenzaoppure con pavido tremoreconcedimi la florida vaghezza delle tue labbra:io e il mio cuore non siamo mai vissuti sino a maggio,e nella mia vita passatac'è solo il centesimo aprile.Maria!Il poeta canta sonetti a Tiana,mentre io,tutto di carne,uomo tutto,chiedo semplicemente il tuo corpo,come i cristiani chiedono:«Dacci oggiil nostro pane quotidiano».Maria, concediti!Maria!lo temo di scordare il nome tuocome un poeta teme di scordarequalcheparola nata fra i tormenti delle notti,uguale per grandezza a Dio.Il tuo corpoIo saprò custodire ed amarecome un soldato,stroncato dalla guerra,inutile,ormai di nessuno,custodisce la sua unica gamba.Maria,Non vuoi?Non vuoi?Ah!Ed allora di nuovo,afflitto e cupo,io prenderò il mio cuoree, irrorandolo di lacrime,lo porterò come un caneportanella sua cucciala zampa stritolata dal treno.Con il sangue del cuore allieterò la stradafiori di sangue si incolleranno alla polvere della mia giubba.Mille volte danzerà come Erodiadeil sole attorno alla terracranio del Battista.

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E quando avrà finito di danzareil mio numero di anni,d'un milione di gocce di sangue si coprirà la tracciache mena alla casa di mio padre.Uscirò fuorisudicio (per le notti trascorse nei fossati),mi metterò al suo fianco,mi chineròper dirgli in un orecchio:Ascoltate, signor Dio!Non vi dà noiainzuppare ogni giornonella composta di nuvole gli occhi ingrassati?Su via, vediamo insiemedi fare un carosellosull'albero della conoscenza del Bene e del Male!Onnipresente, tu sarai in ogni armadio, e a tavolaporremo vini taliche anche all'accigliato Pietro Apostoloverrà voglia di ballare un ki-ka-pù.E in paradiso di nuovo ospiteremo le Evucce:basta che tu dia un ordinee questa notte stessati porterò in gran frottada tutti i viali le ragazze più belle.Vuoi?Non vuoi?Scrolli la testa capelluta?Aggrondi le ciglia canute?Tu pensiche quello con le aliche ti sta dietrosappia cosa sia l'amore?guardavo negli occhi come un agnello di zucchero,ma non voglio più offrire alle giumentevasi plasmati nella farina di Sèvres.Onnipossente che hai inventato un paio di bracciae hai fatto sì che ciascunoavesse una sua testa,perché non hai inventato una manieradi baciare, baciare e ribaciaresenza tormenti?Pensavo che tu fossi un gran Dio onnipotente,e invece sei un insipiente, un minuscolo deuccio.Vedi, io mi curvo,di dietro il gambaletraggo il trincetto.Alati furfanti!Rannicchiatevi in paradiso!Rabbuffate le vostre piumette in uno sbigottito brivido!Te, impregnato d'incenso, io squarcerò

di qui sino all' Alaska!Lasciatemi! ..Non mi fermerete.Sia che mentiscao mi trovi nel giusto,non potrei essere più calmo.Guardate:hanno di nuovo decapitato le stelle,insanguinando il cielo come un mattatoio!Ehi, voi!Cielo!Toglietevi il cappello!Me ne vado![... ]

SERGEJ ESENINL’uomo nero – 1925

Amico mio, amico mio, sono molto e molto malato!Non so io stesso donde provenga questo male.Se sia il vento a fischiaresopra la vuota e deserta campagnaoppure se l'alcool sconvolga i cervellicome un boschetto a settembre.

La mia testa sventola le orecchiecome un uccello le ali.Non ho più la forza di reggermi in piedi.Un uomo nero,nero, nero,un uomo nero siede sul mio letto,un uomo nero non mi dà tregua tutta la notte.

Un uomo nerosegue col dito un libro abominevolee con voce nasalecome un monaco sopra un defuntomi legge la vitad'un certo ribaldo e ubriaconeincutendo nell'anima angoscia e sgomento.Un uomo nero, nero,nero!

"Ascolta, ascolta- egli borbotta -ci sono nel libropiani e pensieri bellissimi.Quest'uomo abitava nella contradadei più ripugnanti ciarlatani e scassinatori.

A dicembre in quella contradala neve è diabolicamente purae le bufere mettono in motoallegre conocchie.

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Era quell'uomo un avventuriero,ma della specie migliore,della specie più alta.

Egli era elegantee per di più poeta,benchè d'una forza non grande,ma spigliataed una certa donna di quarant'anni e passachiamava puttanellae insieme sua diletta.

La felicità, egli diceva,è destrezza di mente e di mani.Tutte le anime maldestreebbero sempre fama di infelici.Non fa nulla se i gestitortuosi e bugiardiarrecano molti tormenti.

Fra tempeste e burrasche,nel freddo della via quotidiananelle perdite gravie quando si è afflittimostrarsi semplici e sorridentiè l'arte suprema del mondo.

"Uomo nero!Tu non osi tanto!Tu non vivi al serviziodei palombari.Che m'importa della vita d'un poeta scandaloso.Leggi ad altri, ti prego,codesto racconto."

Amico mio, amico mio, sono molto e molto malato!Non so io stesso donde provenga questo male.Se sia il vento a fischiaresopra la vuota e deserta campagnaoppure se l'alcool sconvolga i cervellicome un boschetto a settembre.

Notte di gelo.Silenziosa è la quiete del crocicchio.Sto solo alla finestra,non aspetto nè ospiti nè amici.Tutta la pianura è ricopertadi morbida e friabile calcee gli alberi come cavalierisi sono raccolti nel nostro giardino.

In qualche luogo piangeun lugubre uccello notturno.Cavalieri di legnospargono scalpitio coi loro zoccoli.Ecco, di nuovo il Nerolevandosi il cilindro

e gettando il soprabito con negligenzaviene a sedersi sulla mia poltrona.

"Ascolta, ascolta!- egli rantola fissandomi in visoe si piega sempre più vicino -io non mai visto nessun furfantesoffrire di una insonniacosì stupida e vana.

Ah, supponiamo che mi sia sbagliato!Stanotte c'è la luna.Cosa occorre ancoraal mondo ubriaco di sonnolenza?Forse, con le grasse cosce"ella" verrà di nascostoe tu le leggerai la tua languida lirica sfiatata?

Ah, io amo i poeti!Razza divertente.In loro trovo sempreuna storia che al cuore è ben notacome a una studentessaun mostro dai lunghi capelliche le parla del cosmogrondando languore sessuale.

Non so non ricordoin un villaggioforse a Kalugao piuttosto a Riazànin una semplice famiglia contadinaviveva un ragazzodalla gialla chiomacon gli occhi azzurri...Ed ecco divenne adultoe per di più poetabenchè d'una forza non grande,ma spigliataed una certa donna di quarant'anni e passachiamava puttanellae insieme sua diletta.

"Uomo nero, sei un ospite pessimo!Questa fama da tempo ti circonda"Vado in collera, m'infurio,e il mio bastone voladiritto nel suo ceffo,alla radice del naso ...

-------------------------------------La luna è morta.Alla finestra illividisce l'alba.Ah tu, notte!Perchè tanto scompiglio?Io sto in cilindro,non c'è nessuno con mesono solo ...e lo specchio infranto ...

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14 novembre 1925

VLADIMIR MAJAKOVSKJIA SERGEJ ESENIN - 1926

Ve ne siete andatocome suol dirsi

all’altro mondo.Il vuoto ...

Volate,fendendo le stelle.

Senza un acconto,senza libagioni.

Sobrietà.No, Esenin,

questo non è dileggio. -in gola un groppo di pena,

non un ghigno.Vedo

che con la mano recisa, esitando,dondolate il sacco delle vostreossa.Smettetela, cessate !

Siete matto?Lasciarsi imbiancare

le guancedal gesso mortale ?

Proprio voiche sapevate sbizzarirvi,

come nessun altroa questo

mondo.Perché,

a che scopo ?L’incertezza ha

provocato scompiglio.I critici borbottano :

“Le cause sono queste e quelle,e in specie lo scarso affratellamentoper effettodella molta birra e del molto vino”Si dice

che se aveste sostituito la boheme

con la classela classe avrebbe influito su di voi

e non vi sareste più accapigliato.Già, come se la classe

spegnesse la setecon la spuma.

La classe

anche leinon scherza

col bere.Si dice

che, a mettervi accantoqualcuno di Na-Postù,

sareste diventato assai più bravonel contenuto :

voiavreste scritto

al giornocentinaia di versi

stucchevoli e lungagginosi

come Doronin.Ma, a parer mio,

se si fosse avveratauna tale incongruenza

vi sareste soppressoancor prima.

Meglio infatti moriredi vodka

che di tedio.A noi

non svelerannoi motivi della perdita

né il cappioné il temperino.

Forseci fosse stato

inchiostro all'”Angleterre”non avreste avuto ragione

di tagliarvi le vene.Gli epigoni si rallegrarono :

“Imitiamolo !”Poco mancò che un drappello di loro

non facesse di sé giustizia.Perché aumentare

il numero di suicidi ?Meglio

accrescere la produzione d’inchiostro !

Ora per semprela lingua

è chiusa fra i denti.È inopportuno

e penoso coltivare misteri..

Il popolo, creatore del linguaggio,

ha perdutoun roboante

sbornione apprendista.E c’è già chi porta

rottami di versi in suffragioda precedenti esequie,

quasi senza rifarli.Nel tumulo

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conficcano palidi ottuse rime, -

è così che bisogna onorare un poeta ?

Per voi non è stato finorafuso alcun monumento

- dov’é il bronzo squillante o

il granito a faccette ?-e già ai cancelli della memoria

poco per voltahanno ammucchiato

le ciarpe delle dedichee delle ricordanze.

...Bisogna strappare

la gioiaai giorni futuri.

In questa vita non è difficile morire.

Vivere è di gran lunga più difficile ?

ALEXANDER BLOKI Dodici - Gennaio 1918

Cupa sera.Neve bianca.La buferai viandanti abbatte e sfianca.La buferasulla terra intera!Turbina il ventoi bianchi fiocchie abbarbaglia gli occhi.Ghiaccio, ghiaccio:l'uomo sui ginocchicasca, poveraccio!Da un muro a un portone .una fune si stende.Sulla fune un telone:«Tutti i poteri alla Costituente!»Una vecchietta non sa che vuoi dire,né lo potrà mai capire.Perché tanti stracci?Perché quei grandi cartelli?Meglio farne fasce ché son nudi i nostri ragazzi,son scalzi i nostri monelli!La vecchia come una gallinarazzola nella neve profonda,«Oh benedetta Madonnina,i bolscevichi mi mandano alla tomba! ».Il vento è argento vivoed il gelo un folletto.Un borghese nel quadrivioficca il naso nel colletto.Capelli lunghi, mani in croce,

un tale dice a bassa voce:«La Russia muore!Rinnegàti! » Dev'esser certo un oratore,un letterato.Ed ecco sul nevaioun pop nel suo mantello.Non ti senti più gaio,rispondimi, fratello?Forse ricordi semprequando senza lavoroti splendeva sul ventreil crocifisso d'oro?Una signora impellicciataverso un'amica s'è voltata:«Ho tanto pianto, ho pianto tanto...»È sdrucciolata,e par. S'è tutta spampanata!Gesù,tirami su!L'allegro vento,freddo e sferzante,gioca contentocon il viandante,strappa i mantelli,porta cartellisopra la gente:«Tutti i poteri alla Costituente!...»Ma reca anche parole a brandelli:«...Anche noi s'è fatto adunanza......Proprio lassù in qualche stanza......Disputammo...deliberammo...Dieci per una, venti a nottataè la tariffa obbligata......Andiamo...»Buio profondo.Strada deserta.Un vagabondonella tempesta.Il vento fischia...«Oh vagabondo!vien qua...Abbracciamoci!»Pane!Chi va là?Via di qua!Cielo, cielo nero.L'odio, l'odio fierobolle in cuore...L'odio santo, l'odio nero...Sta' in guardia,compagno, sta' in guardia!

Il vento soffia a mulinello,marciano dodici in drappello.Le carabine sulle spalle:intorno fiamme rosse e gialle.I berrettacci son da ladri,sul dorso c'è l'asso di quadri!Olà, senza croce

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è la libertà!Tra-ta-tà!Fa freddo compagni, fa freddo!«Sai, Nane e Cate sono insieme... »«Lei "nelle calze i soldi tiene!»«Lui pure è ricco sfondato...»«Era dei nostri ed è soldato!»«O Nane, orsù, figlio di cani,pròvati: baciale le mani!»Senza croce, olàè la libertà!Nane e Cate insieme stanno;dimmi un po' che mal faranno...Tara-ta-là!Intorno fiamme rosse e gialle:le carabine sulle spalle...Tenete il passo rivoluzionario!Non sonnecchia, no, l'avversario!Su, compagno, non essere vile!Contro la Russia punta il fucile -contro la Santa Russia,contro la la sua putredine,contro la sua pinguedine!Senza croce, olà!

Oh partirono i ragazzia servir l'armata rossa -a servir l'armata rossacon la testa nella fossa!Amarezza amaraoh, vivere è bello!Carabina austriaca,sdruci nel mantello!Per la rabbia del borghesebruceremo ogni paeseed in fiamme andrà la terra:Dio proteggi questa guerra!

Neve, frusta, e squarciagola.Via con Cate Nane vola.Una lampada è confittanella slitta..,casca giù!...Mantellina militare,connotati da animale,Nane arriccia i baffi neri,se li arriccia,li stropiccia...Guarda Nane che torace!Senti un po' come è loquace!Bacia Cate sulla Bocca,ciarla con la sciocca...Getta Cate il capo indietroe i suoi denti sembran vetro...Cate, Cate mia,com'è tondo il tuo musino...

Sul tuo collo ancora, o Catec'è uno sfregio di coltello;sul tuo seno ancora, o Cate,c'è uno sgraffio fresco e bello!

Danza danza, orsù!Bei piedini hai tu!Bianchi pizzi tu portavi -vien qua con me!Gli ufficiali accompagnavi -peccherò con te!Oh peccare insiemeall'anima fa bene!Ti ricordi l'ufficiale?Dal coltello non scampò...Scellerata, quale malela memoria ti rubò?Ti ricordi? Perchénon dormi più con me?Ghette tortora indossavi,sgranocchiavi dolci rari:coi cadetti civettavi,ora vai coi militari...Su pecchiamo insieme:al cuore farà bene!

...La slitta corre al suo destino...Frusta e bestemmia il vetturino...«..Fermati! Andrea, diamogli dietro!Fermalo! corri! aiutaci, Pietro!,Tra-tararà-tatà-tatà...La neve schizza in qua e in là."Guarda: ci scappano. Che bile...Un altro colpo, punta il fucile!»Tra-tararà... ..Voglio insegnarti[...]a portar via le donne agli altri!...»..Vile, tu fuggi! ma domaniti riavrò nelle mie mani!»«..Ma dov'è Cate? È stramazzata!Guarda: ha la testa crivellata! ,..Or sei contenta? Perché taci?Là fra la neve resta e giaci!... »,Tenete il passo rivoluzionario,ché non sonnecchia l'avversario!

Vanno i dodici lontano,vanno via verso la guerraTiene il volto nella manol'omicida e guarda a terra.Col fucile ad armacollofa gran passi sulla via.

Stringe un cencio intorno al collo,sembra in preda alla follia..."O compagno, che cos'hai?Pietro dì: perché rallenti?Perché a capo basso vai?Di Catina ti rammenti?»"O fratelli, ascoltate,io l'amavo la ragazza!Quante notti ci ho passate,notti nere, notti pazze...Per il fuoco temerariodelle sue pupille gialle,per un neo solitarìo

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nel candore delle spallemi son perso... o sangue rosso...e salvarmi più non posso!»"Ora attacchi l'organetto!Ma sei proprio una comare?Ci vuoi forse il cuore in petto,o compagno, arrovestiare?Forza! March! col capo eretto!Tìenti su da militare!Credi sia questo il momentodì cullarti, amico bello?Per noialtri verrà un tempopiù difficile, fratello!»E gli incerti passi affrettaPietro allora nel nevaio,e la testa torna erettapiù di prima e l'occhio gaio,Olà,far baldoria non è crudeltà!Su, sbarrate finestre e porte:viene il saccheggio e la morte!Spalancate cantine e granai:oggi godremo, operai!

Amarezza amara,noia noiosamortale!E così il mio tempopasse -passerò...La mia nuca sempregrattè -gratterò...Semi io bel bellosgrane -sgranerò...E col mio coltellocolpi -colpirò...Fuggi, borghese, come un passerotto!il tuo sangue corrottoberrò alla gloria d'unabella ragazza bruna!...Placa, o Signore, l'anima tua schiava...Che tedio!

sulla torre del fiume regna calma,s'è chetato il fragore cittadino.Non si vedono in giro più gendarmi:fate orgia, ragazzi, senza vino!S'è fermato un borghese nel quadrivioe il naso dentro il bavero nasconde.Ai fianchi gli si struscia col suo grigiopelo rognoso un cane vagabondo.Come il cane famelico sta mutoil borghese, con aria di domanda.Sta il vecchio mondo come un can perdutodietro a lui, con la coda fra le gambe."

Oh folleggia l'uragano,l'ura-l'uragà!Non si vede più un cristianoa due passi in là!La neve gira a spiraleed a colonna risale.

Domineddio, che tempesta! »"Pietro! Perdi ora la testa? »Ti scampò dalla disdettamai l'icona benedetta?Mi diventi un incosciente: via, ragiona rettamente.La tua mano ancor macchiataè del sangue dell'amata!Tieni il passo rivoluzionario,ché non sonnecchia l'avversario! »Avanti, in alto i cuori!Urrà, lavoratori!

...Senza il nome benedettovanno vanno ad uno ad uno,Pronti alla vendetta,pietà per nessuno...E le canne son puntatecontro l'ombra del rivale...nelle strade abbandonatedove infuria il temporale...dalle nevi accumulatenon si cava lo stivale...Vibra il ventolo stendardo.Passo lento,passo tardo.Più violento,più gagliardoil nemico si ridesta...La tempestaalza la testa...Avanti, in alto i cuori!Urrà, lavoratori!

Vanno via con passo lento,sempre avanti... Chi va là?È il vessillo che sul ventofruscia e oscilla in qua e in làDietro ai cumuli in agguatoforse c'è chi sta aspettando...No, è il cane allampanato.che li segue zoppicando..."Passa via, vagabondo!Via rognoso, via, se no...come un cane, o vecchio mondo,passa via, t'abbatterò!»Mostra i denti come un lupo,con la coda ritta sta,cane povero e sparuto...«Rispondete: chi va là?»«Chi è che scuote la bandiera?»«O che buio maledetto!»«Chi è che va di gran carriera?chi si fa là parapetto?»«Su, compagno, alza le mani!Prender te per noi è un gioco.Tu cadrai nelle mie manivivo o morto! Attenti: fuoco!»Tratatà!... Ma è solo l’ecoche risponde secco e breve.

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La tormenta con un biecoriso danza fra la neve.Tratatà!Tratatà!...Così vanno nella sera,ed il cane è ormai laggiù, .ma davanti alla bandiera,camminando lievenel vortice di neve,di rose inghìrlandatoin un nembo imperlato,avanti marci tu,non veduto, o Gesù!

VLADIMIR MAJAKOVSKIJAll'amato se stesso dedica queste righe l'autore1916

Quattro! Pesanti come un colpo:a Cesare quel che è di Cesare. A Dio quel che è di Dio.Ma unocome medove potrà ficcarsi?Dove mi si è apprestata una tana?S'io fossipiccolocome il Grande Oceano,mi leverei sulla punta dei piedi delle onde,con l'alta marea carezzando la luna.Dove trovare un'amatauguale a me?Angusto sarebbe il cielo per contenerla!Oh, s'io fossi povero!Come un miliardario!Che cos'è il denaro per l'anima?Un ladro insaziabile si annida in essa.All'orda sfrenata dei miei desiderinon basta l'oro di tutte le Californie.S'io fossi balbuzientecome Danteo Petrarca!Accendere l'anima per una sola!Ordinarie coi versi di struggersi in cenere!E le parole .e il mio amoresarebbero un arco di trionfo:pomposamente,senza lasciar traccia, vi passerebbero sottole amanti di tutti i secoli.Oh, s'io fossi,silenziosocome il tuono,gemerei,stringendo con un brivido il decrepito èremo della terra.Se urlerò a squarciagolacon la mia voce immensa,

le comete torceranno le braccia fiammeggianti,gettandosi a capofitto dalla malinconia.Coi raggi degli occhi rosicchierei le nottise fossiappannatocome il sole!Che bisogno ho iodi abbeverare con il mio splendore il grembo dimagrato della terra!Passerò Itrascinando il mio enorme amore.In quale notte delirantemalaticciada quali Golia fui concepito così grande e così inutile?

BORIS PASTERNAKLe onde 1931

Tu mi stai -accanto, lontananza del socialismo. Dici d'esser vicina? Frammezzo alle angustie,in nome della vita, in cui ci siamo legati, trasportaci, ma solo tu. Tu mandi fumo tra una nebbia di teorie,terra fuori di ciarle e di calunnie, come una porta sul mondo e una porta sul mare,ed una porta sulla Georgia da Mleti.Tu sei il paese ove le donne di Putivlnon piangono prima del tempo come i cuculi, e con tutta la verità io le rendo felici, e ad essa non occorre distoglierne lo sguardo. Dove respirano l'una accanto all'altra,e i ganci della passione non scricchianoe non dànno un residuo di frazioni per sventura delle madri e dei bambini. Dove io non ricevo alcun resto in vita spicciola dall'esistenza, ma segno solo ciò che spendo e spendo tutto quello che conosco. Dove la voce, mandata a rincorrere una novità indistruttibile, con l'esultanza del mio bambinomi fa eco dall'avvenire. Qui sarà tutto: ciò che ho vissuto nei presagi e nella realtà, e coloro di cui non sono degno,e ciò per cui fra di essi ho nome. [...Tu sei qui ancora, e mi hanno dettoove sei adesso e ove sarai alle cinque. lo ti potrei trovare nel Kursaal, piuttosto che ciarlare invano.

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Tu ascolteresti ritornando giovane,grande, libera, audace, dell'uomo giunto al limite da una formica che è cresciuta troppo.

Vi sono nell'esperienza dei grandi poeti tali tratti di naturalezza.che non si può, dopo averi i conosciuti,non finire con una mutezza completa.Imparentati a tutto ciò che esiste, convincendosie frequentando il futuro nella vita d'ogni giorno,non si può non incorrere alla fine, come in un'eresia,in un'incredibile semplicità.Ma noi non saremo risparmiati,se non sapremo tenerla segreta.Più d'ogni cosa è necessaria agli uomini,ma essi intendono meglio ciò che è complesso.[…]

VLADIMIR MAJAKOVSKIJDi questo1922-1923

Petizione a...[... ]

L'arca approda.Qua i raggi!La banchina.Ehi!Gettate la gomena!E subitosento sulle spalleil peso del davanzale di pietra.Il soleha essiccato col caldo la notte del diluvio.Alla finestra,arroventato, accolgo il giorno.Solo un monte sul globo è il Kilimangiaro.Un punto sulla mappa dell' Africa il Kenia.Il globo dalla testa calva.io sopram'incurvo per il dolore.In quest'ammasso di penavorrebbeil mondo abbrancare i seni viventi dei monti.E dai poli,rovente e pietroso,faccia colare lava lungo tutte le dimore!Cosi vorrei singhiozzare io,orso comunista.D'antica nobiltàera mio padre,delicata ho la pelle delle mani.Forsecoi versi tracannerò i miei giornisenza aver visto nemmeno un tornio.

Ma col respiro,con la voce,col palpito,con tutte le cime dei capelli irti d'orrore,con i fori delle narici,con i chiodi degli occhi,col dente che stride nell'urlo ferino,col riccio della pelle,con le crespe rabbiose dei sopraccigli,con un trilione di pori,con tutti i pori,sino all'ultimo,in autunno,d'estate,in primavera,d'inverno,di giorno,nel sonno,io odioe rifiuto tutto questo,tutto.Tuttoche in noiha inculcato l'antica schiavitù,tuttoche, sciame di meschinità,s'è posatoe si posa sulla vita,persino nel nostro ordineimbandierato di rosso,Non vi darò la gioiadi vedermiplacato sotto un colpo.Né presto intonerete, dietro a me,il riposi in pace al mio talento:Mi avrannosoltantocon un colpo alle spalle.I d'Anthès non mireranno alla mia fronte.Quattro volte invecchierò,quattro volte sarà ancora giovane,prima di scendere nella tombaOvunque io muoia,morirò cantando.Ovunque io cada,lo so,sarò degno di giacerecon chi è caduto sotto la rossa bandiera.Ma, comunque vada,la morte è sempre morte.È spaventoso non amare,terribile non osare più.C'è per tutti un colpo,per tutti un coltello.Ma per me che cosa?E quando?Nell'infanzia forse,sul fondo,ritrovo i n tuttodieci giorni discreti..E quel che tocca agli altri?

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Per me già basterebbe!Ma no…Vedete,non l'ho avuto!Credere all'aldilà!Lieve il viaggio di prova.bastatendere la mano,e in un attimoil colpo ti traccianell'oltretomba il cammino sibilante. Ma che farese con tutta,se con tutta l'ampiezza del cuore,io ho credutoe credo in questa vita,in questomondo?

FedeProlungate l'attesa quanto più vi piace,io vedo chiaro,con chiarezza allucinante.Al puntoche basterebbe sciogliere la rimaper irromperesopra un versoin una vita meravigliosa.Mi dovrò forse chiedermi:è questa?è quella?Vedo,vedo tutto chiaramente. Anche i dettagli.Aria su aria,quasi pietra su pietra,inaccessibile alla polvere e alla putredine,rifulgentesi leva sui secoliil laboratorio delle resurrezioni umane.Eccolo,il placido chimico,dalla fronte spaziosa,che si acciglia dinanzi all'esperimento.Nel libroTutta la terraricerca un cognome.Ventesimo secolo.Chi risuscitare?«Majakovskij...meglio un tipo più brillante.Non era poi gran che bello, quel poeta».lo alloragrideròda questa pagina d'oggi:"Non sfogliare più oltre!Fammi risuscitare!»SperanzaIniettami sangue nel cuore,e in tutte le vene!Ficcami nel cranio idee!Non ho vissuto sino in fondo la mia vita terrena,

sulla terranon ho avuto tutto il mio amore.Ero colossale di statura.Ma perchéPer simili cose già basta una pulce:cigolare con la penna, rintanato in una stanza,ripiegato come un paio d'occhiali nell'astuccio.Quel che vorrete lo farò per niente:pulire,lavare,bighellonare,spazzare,star di guardia.Potrò farvi, se vorrete,anche il portiere.Ne avete portieri, da voi?lo ero allegro,ma a che serve l'allegria,se il nostro dolore è un pantano?Oggi,quando mostrano i denti,è solo per strideree addentareSe ne vedono tante!Fatica,dolore...Chiamatemi!Uno scherzo può sempre servire.Con sciarade di iperbolie d'allegorievi diletterò,burlando in versi.Ho amato...non conta rimestare nel passato.Soffri? Tanto peggio!Vivi e ti porti la tua pena.Amo anche gli animali.E voi ne avete?Prendetemi allora come guardiano!lo amo le bestie.Se vedo un botolo(ce n'è uno dal fornaiotutto spelacchiato),sono pronto a donargli il mio fegato.Non importa, cane,toh, mangia!

AmoreForse,forse un giorno,da un viottolo dello zoolei,lei che ama le bestie,entrerà nel parcosorridente,come nella foto sul tavolo.È tanto bella lei,certo rinascerà.Il vostro

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trentesimo secolosorvoleràlo sciame di inezie che dilaniano il cuoreCi ripaghiamo ormaidell'amore non vissutocon le stelle di notti senza fine.Risuscitami,non foss'altro perché da poetat'ho atteso,ripudiando le assurdità d'ogni giorno!Risuscitamianche solo per questo!Risuscitamivoglio vivere tutta la mia vita!Perché non ci sia più l'amore ancelladi matrimoni.di lasciviae d'un pezzo di pane.Maledicendo i letti,balzando su dal materasso,si espanda l'amore in tutto l'universo.Perché il giorno,che il dolore degrada,non sia mendicato per amor di Cristo.Perché tutta la terrasi rivoltial primo grido:«Compagno!».Per non essere più vittimedei covi delle case.Perché possanella famigliad'ora in poiessere padre almeno l'universo.essere madre almeno la terra.

BORIS PASTERNAKMorte d'un poeta1930

Non ci credevano, pensavano: fandonie,ma lo apprendevano da due, da tre, da tutti.Si mettevano a fianco nella rigadel suo tempo fermatosi di bottocase di mogli di impiegati e di mercanti.[... ].Era un giorno, un innocuo giorno, più innocuod'O1!a decina di precedenti giorni tuoi.Si affollavano, allineandosi nell'anticamera.come allineati dal tuo sparo...[...]Tu dormivi, spianato il letto sulla maldicenza,dormivi e, cessato ogni palpito eri placido,bello, ventiduenne,.come aveva predetto il tuo tetrattico.Tu dormivi, stringendo al cuscino la guancia,dormivi a piene gambe, a pieni malleoli,inserendoti ancora una volta di colpo

nella schiera delle leggende giovani.Tu ti inseristi in esse con più forza,perchè le avevi raggiunte con un balzo.Il tuo sparo fu simile a un Etnain un pianoro di vigliacchi e di vigliacche!

BORIS PASTERNAKOh, s'io avessi allora

presagito1932

Oh, s'io avessi allora presagito,quando mi avventuravo nel debutto,che le righe con il sangue uccidono,mi affluiranno alla gola e mi uccideranno.Mi sarei nettamente rifiutatodi scherzare con siffatto intrigo.Il principio fu cosi lontano,così timido il primo interesse.Ma la vecchiezza è una Romasenza burle e senza ciance,che non prove esige dall'attore,ma una completa autentica rovina.

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