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BATTESIMO DEL SIGNORE 10.1.2016
1. SACRA PAGINA
Dal libro del profeta Isaia 40,1-5.9-11
1«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio. 2Parlate al cuore di
Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta la sua colpa è
scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi
peccati». 3Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella
steppa la strada per il nostro Dio. 4Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle
siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in
vallata. 5Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la
vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». 9Sali su un alto monte, tu che
annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie
a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: 10«Ecco il
vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il
dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. 11Come
un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli
agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri». Parola di Dio.
BENEDICI IL SIGNORE, ANIMA MIA. Salmo 103
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Sei rivestito di maestà e di splendore,
avvolto di luce come di un manto,
tu che distendi i cieli come una tenda.
Costruisci sulle acque le tue alte dimore,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento,
fai dei venti i tuoi messaggeri
e dei fulmini i tuoi ministri.
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.
Ecco il mare spazioso e vasto:
là rettili e pesci senza numero,
animali piccoli e grandi.
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Tutti da te aspettano
che tu dia loro cibo a tempo opportuno.
Tu lo provvedi, essi lo raccolgono;
apri la tua mano, si saziano di beni.
Nascondi il tuo volto: li assale il terrore;
togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito 2,11-14; 3, 4-7
Figlio mio, 11è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini 12e ci
insegna a rinnegare l‟empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo
con sobrietà, con giustizia e con pietà, 13nell‟attesa della beata speranza e della
manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. 14Egli
ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un
popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone. 4Ma quando
apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, 5egli ci
ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con
un‟acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, 6che Dio ha effuso su di noi in
abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, 7affinché, giustificati per
la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna. Parola di Dio.
Alleluia, alleluia. Lc 3,16
Viene colui che è più forte di me, disse Giovanni;
egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
Dal Vangelo secondo Luca 3,15-16.21-22
In quel tempo, 15poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si
domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti
dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non
sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e
fuoco». 21Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche
lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì 22e discese sopra di lui lo Spirito
Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei
il Figlio mio, l‟amato: in te ho posto il mio compiacimento». Parola del Signore.
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2. LECTIO
Con la festa del battesimo di Gesù la liturgia conclude il ciclo del
Natale e dell‟Epifania, ossia il periodo della manifestazione del nostro
Salvatore Gesù Cristo. Le letture di questa domenica, perciò, sono di
carattere epifanico.
Nel brano del Vangelo assistiamo alla manifestazione del Figlio di
Dio; la voce del Padre dichiara: “Tu sei il mio Figlio amato, in te mi sono
compiaciuto” (v. 22).
La 2a lettura è incentrata nell‟epifania della grazia di Dio (v. 11),
della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo (v. 13), della
bontà di Dio, Salvatore nostro e del suo amore per gli uomini (3,4). La 1a
lettura, poi, annuncia la manifestazione della salvezza di Dio a favore del
suo popolo esule nella Mesopotamia, concretizzata nel ritorno in
Palestina, così che tutti possano contemplare la gloria del Signore.
a/ LA RIVELAZIONE DEL FIGLIO AMATO
Il brano evangelico che descrive il battesimo di Gesù, si conclude
con l‟intervento del Padre che dal cielo proclama il profeta di Nazareth
come suo Figlio amato, nel quale egli si è compiaciuto (v. 22).
Queste espressioni costituiscono il vertice della teofania al
Giordano, allorché si aprì il cielo e ne discese lo Spirito Santo in forma
corporea sotto le sembianze di una colomba e si udì la voce di Dio (vv. 21-
22).
Analoghe espressioni dal cielo furono udite da Pietro, Giacomo e
Giovanni sul Tabor in occasione della trasfigurazione di Gesù (Lc 9,35 e
par.); qui, però, non fu visto lo Spirito Santo; invece fece la comparsa la
nube divina, dalla quale si udì la voce del Padre, il quale comandò di
ascoltare il suo Figlio. Per una “lectio” corretta è
indispensabile il confronto dei due passi paralleli, che riferiamo in sinossi
per favorirne l‟approfondimento:
Lc 3,22 9,34-35
Scese su di lui lo Spirito Santo Venne una nube e li coprì...
in forma corporea come una colomba
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e venne una voce dal cielo: e venne una voce dalla nube che diceva:
“Tu sei il mio Figlio amato, “Questi è il Figlio mio l’eletto;
in te mi sono compiaciuto”. ascoltatelo”.
Nelle due teofanie troviamo l‟identica proclamazione della
figliolanza divina di Gesù, anche se nella prima è adoperata la forma
diretta e nella seconda viene usata la terza persona singolare. Nella scena
del battesimo, però, il Cristo è presentato come il “Figlio amato”, oggetto
del compiacimento di Dio, mentre nella trasfigurazione è considerato come
“l‟eletto”, il Messia.
Le parole pronunciate dal Padre in queste due teofanie
riecheggiano alcune espressioni dei carmi del “servo del Signore”, dove
questo personaggio messianico è designato da Dio come il suo “eletto” nel
quale si è “compiaciuto” e sul quale “ha posto lo Spirito Santo” (Is 42,1; cf.
44,2). Non è improbabile, però, che nella scena del battesimo i Sinottici si
ispirino al dramma sacro rappresentato in Gn 22,2, dove Isacco, che il
padre Abramo deve immolare, è presentato come “il figlio”, “il figlio amato”.
Risulterebbe fruttuoso anche il confronto della descrizione del battesimo di
Gesù con l‟elaborazione targumica del sacrificio di Isacco, perché sono
reperibili forti parallelismi.
b/ TEOFANIA TRINITARIA
Un elemento teologico molto significativo nella descrizione
evangelica del battesimo di Gesù è la presenza simultanea di Dio, del
Figlio e dello Spirito Santo (v. 22). Questo aspetto trinitario documenta la
fede della chiesa primitiva. L‟esplicita formula trinitaria battesimale
riportata alla fine del primo Vangelo (Mt 28,19) - dove è adoperato il
semitismo “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” per
indicare le persone della SS. Trinità - trova una preparazione nella
teofania del battesimo di Gesù al Giordano.
Questa prospettiva trinitaria riveste grande importanza nella
teologia lucana, non solo negli Atti degli apostoli, ma anche nel terzo
Vangelo. In questi scritti, infatti, è sottolineata la divinità di Gesù, che è il
Figlio dell‟Altissimo, il Figlio di Dio (cf Lc 1,32.35; 4,41; 8,28; At 9,20), il
Signore (Kyrios) (cf Lc 2,11; At 1,21, 4,33), anzi è dato ampio risalto
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all‟azione dello Spirito Santo in rapporto al Messia (cf Lc 4,1.14.18; 10,21;
At 2,33), a sua madre (Lc 1,35) e a tutta la chiesa (cf Lc 11,13; At 2,4).
Evidentemente, anche per Luca il Padre è il principio e l‟artefice della
storia della salvezza.
Questa teologia trinitaria deve animare la spiritualità cristiana, la
quale non può essere di carattere “teistico”, ma deve svilupparsi in
rapporto con le persone della SS. Trinità. Del resto Gesù è il modello di
questa relazione profonda con il Padre e con lo Spirito Santo, in quanto
vive in continuo rapporto con Dio, espresso anche con la preghiera.
c/ LO SPIRITO SCENDE SOPRA GESÙ
Per il terzo evangelista, Gesù è ripieno di Spirito Santo. La scena
del battesimo al Giordano descrive la venuta di questa persona divina,
sotto forma corporea di colomba sopra Gesù (v. 22). Da questo momento
Cristo è posseduto, guidato e animato dallo Spirito Santo: egli, pieno di
Spirito Santo, “si allontanò dal Giordano” e da questa persona e forza
divina “fu condotto nel deserto” (Lc 4,1), con la potenza dello Spirito Santo
ritornò in Galilea (Lc 4,14); nella sinagoga di Nazareth dichiarò che “lo
Spirito del Signore era sopra di lui”, per cui era consacrato come il Messia
dei poveri e dei peccatori (Lc 4,18ss). Del resto il figlio di Maria è il frutto
dell‟intervento dello Spirito nella sua madre (Lc 1,35).
Anche se nella redazione lucana del battesimo è assente
l‟espressione giovannea secondo la quale lo Spirito rimase sopra Gesù
(Gv 1,32s), nel terzo Vangelo troviamo la rappresentazione concreta di
tale dimora dello Spirito in lui. Per Luca, infatti, il Cristo è davvero l‟uomo
dello Spirito, perché è animato e guidato solo e sempre da questa persona
divina. In tal modo Gesù è presentato come il perfetto “spirituale”, come il
modello di docilità allo Spirito.
d/ GESÙ IN PREGHIERA
Un altro elemento dottrinale contenuto nella descrizione del
battesimo è la presentazione di Gesù come uomo di preghiera. Solo il
terzo evangelista annota che la teofania, avvenuta in tale circostanza, si è
verificata mentre Gesù pregava (v. 21): gli altri Sinottici ignorano questo
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dettaglio che nella redazione lucana riveste grande importanza, perché
mostra che la preghiera autentica sfocia nella contemplazione e indica nel
profeta di Nazareth il modello dell‟orazione.
La teofania contemplata da Gesù durante il suo battesimo
costituisce l‟epilogo naturale e il vertice della sua preghiera. Nel dialogo
d‟amore con il Padre e lo Spirito Santo Cristo giunse a contemplare queste
persone divine. Quasi certamente la teofania del Giordano fu vista solo da
Gesù, perché il Padre si rivolse direttamente a lui e perciò adoperò la
seconda persona singolare: “Tu sei” (v. 22); gli altri due sinottici dicono
esplicitamente che Gesù vide i cieli aperti e lo Spirito scendere verso di lui
(Mc 1,10 e par.). Molto probabilmente gli astanti non videro e non udirono
nulla. Al contrario, nella teofania del Tabor la voce del Padre fu udita dai
discepoli. La preghiera profonda tende verso la contemplazione e spesso
sfocia in essa.
Il terzo evangelista, inoltre, vuole mostrarci il Cristo come modello
di preghiera per tutti i suoi discepoli. Molti tratti redazionali di Luca mettono
in risalto tale aspetto. Egli si compiace di sottolineare che i momenti più
importanti e significativi della vita di Gesù sono segnati dalla preghiera:
non solo l‟agonia (Lc 22,41s.44), ma anche la trasfigurazione (Lc 9,29), la
scelta dei Dodici (Lc 6,12ss), ecc.
Chi volesse approfondire tale aspetto della cristologia lucana, può
utilizzare il nostro articolo: Gesù modello e maestro di preghiera nel
Vangelo secondo Luca, apparso nella nostra rivista di spiritualità biblica
“Parola Spirito e Vita”, 3 (1981), pp. 122ss.
e/ LA MANIFESTAZIONE DEL SALVATORE
I due brani della lettera a Tito che formano la 2a lettura, presentano
la redenzione operata dal Cristo in prospettiva epifanica universale. Nel
passo finale della prima parte troviamo la sintesi dell‟azione del Salvatore
in chiave di dono: Gesù Cristo “ha dato se stesso per noi, per riscattarci da
ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle
opere buone” (v. 14). Questa grazia salvifica si è già manifestata ed è
rivolta a tutta l‟umanità: “È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di
salvezza per tutti gli uomini” (v. 11). Ma la pienezza della nostra
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redenzione è una realtà escatologica, futura, che avverrà al termine della
nostra storia: perciò noi viviamo “nell‟attesa della beata speranza e della
manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo”
(v. 13).
La seconda sezione della lettura ci riporta all‟origine della salvezza
operata dall‟amore di Cristo a favore di tutti gli uomini e concretizzata, per i
singoli credenti, nel lavacro del battesimo (1, 3,4ss). In Cristo Gesù
troviamo veramente la piena rivelazione della benignità e dell‟amore del
Signore: “Quando si sono manifestati la bontà di Dio, Salvatore nostro e il
suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia,
ma per la sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di
rinnovamento nello Spirito Santo” (vv. 4-5).
f/ OGNI “CARNE” VEDRÀ LA SALVEZZA DI DIO
La manifestazione della salvezza a tutta l‟umanità è tematicamente
rilevante anche nella 1a lettura. Certo, se fosse stata proposta la
traduzione dei LXX, tale prospettiva soteriologica sarebbe emersa più
chiaramente e inoltre ci saremmo trovati in perfetta sintonia con Luca, il
quale non si limita a citare solo un versetto dell‟oracolo isaiano (Is 40,3),
come fanno gli altri evangelisti (Mc 1,3 e par.), ma lo riporta estesamente
sino alla frase, a lui tanto cara, “e ogni “carne” vedrà la salvezza di Dio” (Is
40,5), che costituisce l‟inclusione tematica dei suoi scritti Lc 3,6 = At
28,28) e quindi indica l‟argomento di fondo e la prospettiva del suo
sistema teologico.
Il brano di Is 40,1ss costituisce l‟introduzione del Trito-Isaia agli
oracoli di consolazione del Deutero Isaia, per invitare Israele, da vari
decenni esule, a sperare nella salvezza perché il Signore sta per
intervenire, ponendo fine alla sua schiavitù e riconducendolo in patria. Per
accelerare tale ritorno, bisognava attraversare il deserto fra la
Mesopotamia e la Palestina, quindi era indispensabile preparare una
strada che facilitasse il viaggio.
Con questo intervento salvifico a favore del suo popolo, si rivelerà
la “gloria” del Dio santo e trascendente, manifestata concretamente in tale
atto della storia d‟Israele. Così ogni “carne”, cioè tutta l‟umanità nella sua
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fragilità e concretezza, contemplerà la salvezza di Dio (Is 40,5 secondo la
traduzione greca dei LXX).
3. MEDITATIO
Il battesimo di Gesù non è soltanto un episodio, un momento
isolato della sua vita; come ben ricordano i Padri, è piuttosto un «mistero»,
cioè un fatto ricco di significato spirituale che dobbiamo imparare ad
accogliere con fede. Il «mistero» qui in questione si lega profondamente
alla manifestazione della gloria di Dio nel Figlio fatto carne. Il battesimo di
Giovanni è quindi soltanto lo sfondo su cui leggere una realtà originale e
nuova: mescolandosi alla folla di peccatori che chiedono a Giovanni un
battesimo di penitenza, Gesù inaugura la sua missione di salvezza. Per
questo il suo battesimo non è solo una lezione di umiltà ma, proprio
nell‟abbassamento che comporta, è la via inventata dall‟amore di Dio per
tracciare il cammino della nostra salvezza: scendendo fino a noi così da
rendersi simile a uno di noi, Gesù è diventato la via che possiamo
percorrere per risalire a Dio. Seguire questa via è seguire Gesù, è
diventare suoi discepoli assimilando i suoi valori e la sua vita.
a/ LA CROCE, CUORE DELLA GLORIA DEL BATTESIMO
Concentriamo attorno al battesimo la contemplazione della gloria di
Dio e l‟inaugurazione della grazia cristiana: lì, infatti, troviamo operanti
quegli elementi che caratterizzano gli interventi salvifici di Dio e cioè
l‟acqua, la parola, lo Spirito. Questi elementi rendono il battesimo di Gesù
come il grande gesto con cui Dio interviene nel movimento di conversione
di un popolo peccatore per realizzare una salvezza che supera le attese
umane ed è rivolta a tutti gli uomini. Riconoscere questo è riconoscere che
il battesimo di Gesù non può essere staccato dalla sua vita e dal più
generale disegno di Dio: in esso opera già quell‟amore con cui Gesù,
«avendo amato i suoi, li amò fino alla fine». Nella sua più profonda
intenzione il battesimo di Gesù è orientato alla realizzazione della sua
missione e, quindi, alla nostra salvezza e al nostro battesimo. Orientato
alla croce, il battesimo di Gesù è orientato a quel momento in cui, dal
costato trafitto dalla lancia, sgorgano sangue e acqua, a quel momento in
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cui la chiesa nasce dal suo Sposo, addormentato nella morte, così come
Eva era nata dal sonno del primo Adamo.
Inizio del cammino di salvezza, il battesimo di Gesù è l‟inizio di
quella storia di amore con cui Dio si spinge verso l‟umanità, entra nelle
contraddizioni della condizione umana, dà mano ad una nuova creazione.
Nell‟acqua del Giordano comincia l‟umanità nuova, l‟umanità che scende
insieme a Gesù nell‟acqua per rinascere con lui dall‟acqua e dallo Spirito.
Questa umanità nuova è la chiesa: è il segreto ultimo della nostra vita
cristiana.
b/ LA DIGNITÀ FILIALE,
CONDIVISIONE DELLA VITA DI GESÙ
La vita della nuova umanità è la vita di Cristo in noi. Con Cristo,
figlio amato, anche noi diventiamo figli di Dio: la filialità ci appare una
misericordiosa e gratuita vicinanza di Gesù alla nostra vita per renderci
partecipi della sua missione. La comunione con Gesù diventa il
fondamento e il programma di una vita che deve ispirarsi al discorso della
montagna e deve badare a non lasciarsi sedurre dalle preoccupazioni del
mondo e dall‟inganno della ricchezza (Mc 4,19).
“Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che
mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo di quello che
indosserete [...]. Il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.
Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi
saranno date in aggiunta» (Mt 6,25-34).
Per questo la tradizione biblica e spirituale ha sempre connesso il
racconto del battesimo con quello delle tentazioni: la vita filiale non è la
prodigiosa manifestazione di una superiorità e di una vittoria, ma il
complesso e deciso misurarsi con la sorgente stessa di una storia di
menzogna e illusioni. Come Gesù, anche il cristiano può farlo perché
possiede lo Spirito dei tempi messianici. Ma se il cuore di questa dignità è
la comunione con Dio, la preghiera appare la radice e l‟espressione più
vera della sua nuova dignità: è la preghiera, infatti, a radicarci nel mistero
dello „Abbà‟.
“Non fidarti della tua azione, ma della grazia di Cristo [...]. Non è,
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questa, presunzione, ma fede. Proclamare ciò che hai ricevuto non è orgoglio,
ma devozione. Leva dunque gli occhi verso il Padre che ti ha generato mediante
il lavacro, verso il Padre che ti ha riscattato per opera del suo Figlio e dì:
Padre nostro” (Ambrogio, De sacramentis V, 19).
Questa preghiera ci mantiene nella confidenza gioiosa e nella
fiduciosa audacia che la Scrittura chiama “parresìa”; nasce allora quella
“familiaritas stupenda nimis”, quella grande pace e quella gradita
consolazione di cui parla l‟Imitazione di Cristo (II,1,7): non si tratta di
grazie eccezionali, ma del frutto naturale della vita battesimale.
c/ L’IMPEGNO FILIALE: SERVIRE DIO CON LA VITA
Accogliere Cristo e vivere una vita filiale è riconoscere di avere
nello Spirito il fondamento e il criterio di una nuova dignità: di questa
dignità il dono dello Spirito è non solo il segno, ma l‟inizio reale. Questa
novità è la nascita di Cristo in noi, è la presenza santificante di Cristo a noi.
“L’acqua del battesimo è come il seno verginale, e lo stesso Spirito,
che fecondò la vergine, feconda anche il fonte battesimale” (Leone, Sermo
24,3).
Questa nascita di Cristo in noi è il fondamento di una vita e di un
comportamento nuovo, quello attraverso cui Cristo modella la nostra
personalità sulla sua volontà, sulla sua preghiera, sulle sue virtù. Cristo
compie in noi ciò che da sempre compie. E Cristo, Figlio uno con il Padre,
ci è presentato dalle parole della teofania battesimale come il “servo”: per
questo il suo abbandono al Padre, il suo fare la volontà di Dio, il suo
coraggio per la verità, il suo instancabile spendersi per i fratelli appaiono i
gesti attraverso cui plasma la nostra vita. Presente in noi, Cristo guarisce
le nostre debolezze e ci insegna a servire Dio con tutta la nostra vita.
Aiutandoci a donare noi stessi, a vivere per Dio e per i fratelli, Gesù
sfascia il nostro vecchio “io” e fa emergere quella vita nuova che da lui
scaturisce, una vita ricca dei frutti dello Spirito. “Il frutto dello Spirito è
amore, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di
sé» (Gal 5,22). Questa è la legge dello Spirito che opera in noi.
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COLLATIO
La pista di approfondimento, di riflessione e di preghiera, è quella
che lega il battesimo di Gesù al nostro battesimo e quindi alla nostra vita.
Si tratta di sapere se proviamo ancora meraviglia e stupore per quanto Dio
ci svela sulla nostra vita, se sentiamo ancora il bisogno di ringraziarlo o se
tutto naufraga nell‟abitudine. Della nostra vita cristiana il battesimo è il
fondamento, ma, allo stesso tempo, ne prefigura la maturità. Se
ricordiamo il monito di 1Cor 10,1-6 non possiamo fare a meno di
considerare dinamicamente la nostra vita cristiana, la nostra vita di figli.
Da qui una serie di spunti per approfondire la vita filiale.
1/ Il primo riguarda la presenza dello Spirito in noi come maestro
interiore che ci insegna ad ascoltare la Parola, che mira non ad informarci,
ma a convertirci: è lo Spirito che ci rende capaci di accogliere la Parola e
che ci dà l‟intelligenza per capirla. È lo Spirito che ci “guida” (Gv 16,13),
che ci introduce nel cammino di verità che è Gesù.
2/ Il secondo riguarda la preghiera come introduzione ad una vita
filiale: la preghiera suscita un vissuto che si colloca all‟interno dei gesti di
Dio, costruisce una concreta esistenza credente. La preghiera si svela
così una ricerca/accoglienza degli atteggiamenti di Cristo e un impegno
capace di progettare la nostra vita. La preghiera libera la vitalità di Cristo
in noi.
3/ Il terzo riguarda l‟impegno per un servizio: la carità, infatti,
subordina a sé ogni altra esperienza della vita spirituale perché ne è il
vertice. Occorre per questo operare in modo da formare in noi una
mentalità conforme al Signore Gesù e in modo da crescere con la
concretezza dei gesti - nella disponibilità attenta e servizievole a Dio, alla
comunità e ai fratelli.
4. ORATIO
a/ “OGGI LE FONTI HANNO RICEVUTO
LA TUA BENEDIZIONE”
Mentre viene battezzato da Giovanni Battista nel Giordano, Gesù prega.
La voce del Padre si fa udire squarciando i cieli; lo Spirito Santo si mostra
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presente sotto forma di colomba.
È un momento di divina liturgia. Il fiume, tutte le acque, tutte le
creature partecipano a questo evento di salvezza. La chiesa canta:
Ti sei fatto sentire da noi sul fiume Giordano,
nella voce del tuono che veniva dal cielo,
per manifestare il Salvatore
e mostrare che tu sei il Padre delle luci.
Hai squarciato i cieli,
hai benedetto l’aria,
hai purificato le acque,
hai manifestato il Figlio unico,
per mezzo dello Spirito Santo
disceso sotto forma di colomba.
Oggi le fonti hanno ricevuto la tua benedizione,
hanno portato via la nostra maledizione,
hanno purificato i credenti
e dato a Dio per la vita eterna i figli dell’adozione. (Prefazio ambrosiano)
b/ “TI RINGRAZIO, PADRE”
Riconoscendo l‟assoluta gratuità di Dio nel manifestare il suo
amore per gli uomini per mezzo del Figlio unigenito e nella potenza dello
Spirito, respiriamo la stessa preghiera di Gesù invocando con piena
fiducia e con profonda gioia il nostro “Abbà”, Padre nostro!
E con l‟apostolo Paolo proclamiamo esultanti la nostra fede e
ringraziamo con gioia:Ti ringraziamo con gioia, Padre,
perché - rigenerandoci in Cristo tuo Figlio
mediante il battesimo dell’acqua e dello Spirito -
ci hai messo in grado di partecipare
alla sorte dei santi nella luce.
Sei tu, infatti, che ci hai liberati
dal potere delle tenebre
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e ci hai trasferiti nel regno del tuo Figlio diletto
per opera del quale abbiamo la redenzione,
la remissione dei peccati.
Egli è l’immagine del tuo volto invisibile,
è il capo del corpo, cioè della chiesa;
è il principio, il primogenito
di coloro che risuscitano dai morti (cf. Col 1,12-18).
c/ PORTIAMO IL SIGILLO DELLO SPIRITO
Ancora e ogni giorno noi abbiamo bisogno di essere risvegliati dal
sonno della morte; abbiamo bisogno di rompere con il peccato, di
smascherare le nostre segrete complicità con il potere delle tenebre.
Per questo vogliamo ogni giorno ricordare con gratitudine e con gioia
che siamo stati segnati con il sigillo dello Spirito Santo quando siamo nati
dal fonte battesimale, grembo fecondo della vergine-madre chiesa.
Dice l‟apostolo: “Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel
Signore” (Ef 5,8). Sentiamo perciò l‟urgenza della preghiera, per non
essere riassorbiti dal male tenebroso.
Ti preghiamo, Padre buono, sostienici con la tua grazia perché sappiamo
comportarci veramente quali figli della luce chiamati alla tua gloria:
- Padre, ascoltaci.
Nessuno ci inganni con vani ragionamenti; non prevalga su di noi la malizia del
nemico: - Padre, ascoltaci.
Donaci la forza di abbandonare le abitudini dell’uomo vecchio, per essere
continuamente rinnovati nello Spirito e rivestiti e compenetrati dai pensieri e
sentimenti del Cristo: - Padre, ascoltaci.
Rendici forti per affrontare le ardue battaglie della fede e resistere agli
assalti ricorrenti del maligno, che sempre ci vuole indurre a ritornare alle
opere infruttuose delle tenebre (cf. Ef cc. 4 e 5): - Padre, ascoltaci.
d/ SIGNORE GESÙ, INSEGNACI A PREGARE E A SERVIRE
A te, Signore Gesù, che ti sei umiliato nella carne, e ti sei fatto
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servo per amore; a te che hai voluto ricevere da Giovanni Battista il
battesimo di penitenza dato ai peccatori, volgiamo lo sguardo del nostro
cuore.
Insegnaci a pregare come tu pregavi il Padre
con totale adesione al suo volere;
insegnaci a servire con umiltà e amore
attingendo forza dalla tua parola viva
e dalla sorgente di grazia inesauribile
scaturita dalla ferita aperta del tuo cuore.
Anche i tuoi santi ci insegnino a pregare,
Signore, desiderandoti come fonte viva.
Come il cervo anela alle sorgenti delle acque
così l’anima mia anela a te, o Dio.
Ha sete del Dio vivo l’anima mia.
Quando verrò e vedrò il volto del mio Dio?
O fonte della vita, vena d’acqua viva,
quando dalla mia terra deserta,
senza strade, riarsa,
verrò alle acque della tua dolcezza
per contemplare la tua potenza e la tua gloria,
per estinguere la mia sete
alle acque della tua misericordia?
Ho sete! Di te ho sete, Signore sorgente della vita. (S. Agostino, Soliloqui)
5. OPERATIO
a/ LA PORTATA CRISTOLOGICA DEL BATTESIMO DI GESÙ
La prima cosa da non trascurare nell‟episodio del battesimo di
Gesù al Giordano è la sua portata cristologica, anche perché essa
reagisce sul suo significato ecclesiale. Una errata cristologia genererebbe
una falsa idea di chiesa, poiché è da Cristo che la chiesa prende
significato ed è solo alla luce di Gesù che la chiesa può comprendere se
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stessa.
Ora, se il bagno nel Giordano predicato e celebrato dal Battista era
per tutti gli altri giudei legato alla confessione dei peccati, niente di ciò è
detto a proposito di Gesù. Al contrario, si potrebbe dire che è Dio che
“confessa” Gesù come suo Figlio e lo colma in modo permanente del suo
Spirito.
Tutte le catechesi della comunità apostolica mirano a portare gli
ascoltatori al riconoscimento di Gesù di Nazareth come “il” Figlio di Dio,
l‟unico, l‟amato.
Ora, questa verità ha bisogno di essere ribadita, così che sia
convinzione condivisa e consapevole. Se Gesù, il figlio di Maria di
Nazareth, non fosse il Figlio di Dio, uguale a Dio, perché dovrebbe
interessare più di tanti altri figli? Quale salvezza potremmo aspettarci se si
trattasse di un bambino qualunque? Che speranza potremmo aspettare?
Di inviati di Dio, di Messia, il mondo è pieno; la storia ne conosce molti. A
tanti altri è stato dato, ieri e oggi, il titolo di “salvatore”. A differenza di tutti
gli altri inviati e salvatori, la missione di Gesù si fonda sull‟origine da Dio
per vera filiazione, che è soltanto sua: egli è, infatti, il “nostro grande Dio e
salvatore”. Perciò Paolo può scrivere e la chiesa annunciare che in lui “è
apparsa la grazia di Dio apportatrice di salvezza per tutti gli uomini” e che,
di conseguenza, si deve vivere, “nell‟attesa della beata speranza e della
manifestazione della sua gloria”. Proprio e solo per questo “ogni carne ha
la possibilità reale di “vedere” la salvezza di Dio”.
b/ LA PORTATA TRINITARIA DEL BATTESIMO DI GESÙ
Dio ha un Figlio. Dunque, Dio è Padre. Nel battesimo di Gesù è
rivelato il nome vero e completo dell‟unico Dio vivente: “Padre di nostro
Signore Gesù Cristo”.
Ecco chi è il Dio dei cristiani. Anche questa verità merita di essere
richiamata. I cristiani non credono semplicemente in Dio; credono nel Dio
di Gesù Cristo. Per i discepoli di Gesù, Dio non è la fredda infinità di un
essere senza limiti, l‟inerte necessità senza nome di un principio
incausato, ma è paternità, donazione, fecondità: è “agàpe”, carità, amore.
Dio è Padre: non è solo il creatore, che ha costruito l‟universo e
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l‟umanità e poi se ne disinteressa. È un Padre fedele, che ci insegue in
qualsiasi lontananza e in qualsiasi esilio, poiché non si dà pace finché non
ci vede ricondotti a casa con lui, anche se deve “colmare le valli e
abbassare i monti” per costruirci una strada che faciliti il ritorno, fino a
mandare il suo stesso Spirito perché una Vergine possa essere madre di
suo Figlio, fatto carne in lei. E con questo medesimo Spirito consacra
questo Figlio perché sia in tutto e per sempre l‟uomo dello Spirito e come
tale possa (egli il primo) chiamare Dio non ieraticamente “padre”, ma
“papà” (Abbà), e concedere ad ognuno che lo voglia, credendo in lui, di
potere anch‟egli rivolgersi a Dio con questo titolo di affettuosa familiarità:
“Papà”.
Il battesimo di Gesù smentisce in modo deciso l‟idea, a volte molto
diffusa, che Dio sia lontano, chiuso nella sua imperturbabilità e indifferente
a ciò che ci riguarda.
Davvero è educativamente decisivo, dal punto di vista cristiano,
capire e far capire che si è chiamati ad entrare in rapporti personali con le
singole persone della SS. Trinità e a sviluppare sempre di più tali rapporti.
Si potrà perfino arrivare a gustare la gioia di sentirsi in famiglia.
c/ LA PORTATA ECCLESIALE DEL BATTESIMO DI GESÙ
Scendendo nelle acque del Giordano a ricevere anche lui il
battesimo di penitenza di Giovanni, Gesù si fa solidale con i peccatori, lui
che peccato non ha. Proprio in questa situazione il cielo si apre e risuona
la voce del Padre che lo chiama “figlio prediletto” e proclama lui - e non
Giovanni - “Cristo”, cioè Messia, Figlio obbediente a un Dio che è Padre,
che in lui intende manifestare “la sua bontà e il suo amore per gli uomini”.
Gesù esce dall‟acqua come l‟inizio definitivo del popolo nuovo, la chiesa.
Gesù non è peccatore, ma non si rifiuta di solidarizzare con l‟umanità
peccatrice: egli, il Figlio fatto uomo, prende su di sé il peccato del mondo
per portarlo via al mondo. Per mezzo di lui l‟umanità invecchiata dal
peccato è fatta “passare” nell‟umanità figlia di Dio. La salvezza inizia
mediante la legge della solidarietà.
L‟essere “filiale” di Gesù non si esprime nell‟autonomia o nel
privilegio, ma nell‟obbedienza e nella solidarietà. Questa logica guiderà
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tutta la vita di Gesù, fino alla solidarietà del martirio in croce, il vero
battesimo di Gesù, “ardentemente desiderato” per amore del Padre e degli
uomini che il Padre ama. Un battesimo - la croce - che rivela che Dio è
Padre e solidarietà, e, nello stesso tempo, che l‟amore, nonostante appaia
crocifisso, cioè perennemente sconfitto, improduttivo, incapace di fare
storia, è in realtà vittorioso, come sarà manifestato dalla risurrezione.
Anche questa verità ha bisogno di essere continuamente ripetuta.
Ad essa non ci si abitua mai. La logica che guida la vita di Gesù, il Figlio di
Dio “battezzato” nello Spirito Santo, è quella della chiesa e dell‟esistenza
cristiana. La logica battesimale è la medesima.
Essere battezzati nel nome di Cristo, “in Spirito Santo e fuoco”,
vuol dire sperimentare la solidarietà del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo con la nostra storia, così che essa non sia più solidale con il
peccato che isola e divide, ma con l‟amore che unisce, in un mondo rifatto
umano dalla figliolanza e, quindi, dalla fratellanza. Si è battezzati per
essere generati dallo Spirito nel grembo della santa madre chiesa quali
figli di Dio che crescono per costruire un mondo di fratelli.
Battezzare significa far esistere dei figli, che, liberati da se stessi, si
aprono alla obbedienza al Padre e, per la grazia di Cristo e la potenza del
suo Spirito, si aprono alla solidarietà senza barriere.
Quando a Messa si celebra un battesimo, sapendo queste cose,
non ci sarebbe da commuoversi? E poi, prendere la grazia che ci fa capaci
di vivere da figli, alla maniera di Gesù, riuscire ad assumere il peso del
peccato del mondo con il metodo della solidarietà fraterna, per aiutare il
mondo a guarirne. I cristiani sono battezzati in favore della salvezza “di
ogni carne”.
Un impegno non secondario di pedagogia cristiana è certamente
quello di educarci con maggior attenzione a questa logica filiale e a questo
stile di solidarietà.
TU SEI IL FIGLIO MIO 3,15-16.21-22
15 Ora attendendo il popolo
e ragionando tutti nei cuori loro circa Giovanni
18
se per caso non fosse lui il Cristo,
16 rispose a tutti Giovanni dicendo:
lo con acqua vi battezzo;
ora giunge il più forte di me,
di cui non sono in grado
di sciogliere il laccio dei sandali:
lui vi battezzerà
in Spirito santo e fuoco!
21 Ora avvenne,
mentre era stato battezzato tutto il popolo
e Gesù battezzato era in preghiera:
fu aperto il cielo
22 e discese lo Spirito santo
con aspetto corporeo
come di colomba su di lui,
e una voce dal cielo venne:
Tu sei il Figlio mio,
l‟amato,
in te mi compiacqui!
1. Messaggio nel contesto
Giovanni è il prototipo dell‟uomo che Dio si è preparato per stare
davanti al suo volto, che è Gesù, e per aprirne agli altri la via di accesso. È
la persona pronta ad accogliere il Signore che viene. Sintesi vivente
dell‟AT, in lui vediamo la caratteristica fondamentale di tutta la storia
d‟Israele: l‟attesa. Frutto di una fede assoluta nella promessa, è la
condizione indispensabile per il compimento. Dio ha tanto tardato a
compiere la sua promessa, perché aspettava di essere «atteso» da
qualcuno. Se non è atteso, non può venire; e, se viene, è come se non
fosse venuto. Chi attende «tende a» ciò che ancora non c‟è. Giovanni è
tutto proteso verso il futuro di Dio e chiama gli uomini a rompere i loro
equilibri per volgersi ad esso. Egli è «eccentrico»: ha il suo centro fuori di
sé; il pondus del suo cuore sta nella promessa di Dio. Questo
sbilanciamento costituisce la caratteristica fondamentale dell‟uomo in
cerca del suo volto perduto: creato a immagine e somiglianza di Dio - sua
icona vivente troppo grande per bastare a se stesso, ma anche troppo
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piccolo per soddisfare il suo bisogno, - necessariamente l‟«homme
dépasse l‟homme» (Pascal). Per questo solo in Dio può trovare se stesso,
ed essere salvo.
Il primo annuncio di Giovanni è la salvezza universale (vv. 1-6). A
condizione però di volgersi a Dio (vv. 7-14). Diversamente si è perduti,
perché è giunto il momento decisivo. Il giorno del Signore, la venuta di
Cristo, introduce la storia nel suo senso ultimo (vv. 15-17). La
predicazione di Giovanni è chiamata «consolazione» e «vangelo» (v. 18) e
il suo destino sarà identico a quello di colui che egli precede (vv. 19-20). Il
centro della sua predicazione è Is 40, dove si consola il popolo che ormai
sta per essere liberato dalla schiavitù e lo si esorta a preparare la via del
ritorno dall‟esilio alla patria della libertà. La predicazione di Gesù invece
sarà Is 61 (cf. 4,18ss), dove si proclama giunto l‟«oggi», in cui questo
ritorno avviene. Giovanni e Gesù stanno tra loro come AT e NT, come
promessa e compimento, come legge (cf. 3,3-17) e grazia (cf. 4,22).
Attraverso Giovanni, Luca vuol condurre il cristiano ad accogliere il
Signore che viene. Si può dire che nella figura di Giovanni viene sbalzato
un abbozzo di «antropologia cristiana»: si descrive come si deve
comprendere l‟uomo in rapporto al Cristo, il quale viene per donargli la sua
vera identità di figlio di Dio.
I vv. 21-22 sono il centro del c. 3. Gesù si mischia tra la gente, in
fila con coloro che riconoscono la loro creaturalità e peccaminosità,
accettando il loro limite e la loro morte. L‟immersione nell‟acqua, quasi
liquida tomba prenatale (cf. Ger 20,17), è il ritorno all‟abisso che attende
ogni uomo. Sarà pure il termine, qui anticipato, di tutto il cammino terreno
di Dio in ricerca dell‟uomo perduto. È il gesto di amore di chi, non
conoscendo peccato, si è fatto per noi maledizione e peccato (2Cor 5,21).
Mentre Adamo affogò nella morte per essersi innalzato nella
disobbedienza, Gesù si annega nell‟obbedienza al Padre che l‟ha
mandato a cercare ciò che era perduto (19,10): per questo si abbassa
nella solidarietà con l‟uomo malato di morte, e trova Adamo nel luogo dove
si era nascosto. «C‟è un battesimo che devo ricevere; e come sono
angosciato finché non sia compiuto!» (12,50). Sul capo di Gesù, immerso
nell‟abisso, c‟è il peso di tutte le generazioni che l‟hanno preceduto e sono
20
morte per la lontananza dal Padre. Sono 76 generazioni, con lui 77! E per
lui, che sta sul fondo come ultimo anello della catena, tutte sono
finalmente agganciate al cielo. Nella sua obbedienza, Adamo
disobbediente che generò tutti nella disobbedienza, torna ad essere, con
tutti i suoi figli, «di Dio» (vv 23-38). Gesù è il nuovo Adamo, il giusto
obbediente, la creatura nuova che Dio aveva creato fin dal principio. In
Luca il battesimo, a differenza dagli altri sinottici, è descritto come già
avvenuto. Infatti si rivolge ai credenti che già sono stati battezzati in Cristo.
Richiama loro alla mente la scelta battesimale, perché non se ne
dimentichino e ne perdano i frutti. Il battesimo rappresenta la scelta di
fondo del Figlio che conosce il Padre: la solidarietà con tutti i fratelli
perduti, in una simpatia estrema che lo condurrà alla croce.
2. Lettura del testo
v. 15: «Ora attendendo il popolo, ecc.». Dopo l‟ascolto della predicazione
del Battista, si parla del popolo in attesa. Colmata ogni depressione e
spianata ogni esaltazione, eliminata ogni dimissione e pretesa, ogni
ingiustizia e violenza, il popolo crede e spera la sua salvezza. A chi non
spera e non crede, Dio non può donare ciò che ha promesso.
v. 16: «lui vi battezzerà in Spirito santo e fuoco». La promessa di Dio non
va decurtata. Sta sopra ogni attesa dell‟uomo. Questa deve
continuamente diventare più grande, per essere attesa «di Dio». La
funzione del Battista è quella di mantenerla sempre aperta, per non ridurre
il dono e la gloria di Dio a livello di una semplice speranza umana, sia pure
di solidarietà e di giustizia. Quanti falsi messianismi in tutti i tempi! Come è
difficile quella fede che tiene l‟uomo disponibile alla sorpresa del Dio
semper maior! Giovanni spiega che lui non innalza l‟uomo a Dio.
Semplicemente lo immerge nella sua verità, nell‟acqua del suo limite e
della sua morte, nella sua creaturalità, in attesa che venga «il più forte».
Costui lo immergerà nello «Spirito santo», nella vita stessa di Dio. Questa
e non altra è la salvezza dell‟uomo: partecipare alla vita di Dio, al fuoco
della sua luce.
«Non sono in grado di sciogliere il laccio dei suoi sandali»: ci dice
Giovanni di Gesù. I due non sono sullo stesso piano. Gesù dirà: «Io vi
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dico, tra i nati da donna non c‟è nessuno più grande di Giovanni; però il
più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui» (7,28). Si sottolinea la
differenza tra AT e NT, che è quella tra promessa e compimento.
v. 21: «mentre era stato battezzato tutto il popolo e Gesù battezzato era in
preghiera, ecc.». Si parla del battesimo, già avvenuto, del popolo e di
Gesù insieme. Luca non concentra l‟attenzione sul fatto, ma su ciò che
segue. Innanzitutto ricorda che Gesù pregava. É un tema che Luca
sviluppa lungo tutta la sua opera. L‟illuminazione, già donata nel battesimo
a ogni credente, si accende e si mantiene nella preghiera. Essa realizza il
rapporto nuovo che c‟è con Dio, rapporto di Figlio e Padre (10,21s;
11,1ss): è il luogo dell‟esperienza dello Spirito santo, vita e amore di Dio
(cf. At 1,14; 2,1; 4,31), dono infallibilmente connesso ad essa (11,13).
Pregare è tornare davanti a Dio. Adamo, perso perché nascosto a colui di
cui è immagine, viene finalmente restituito a se stesso, ritrova il proprio
volto e la propria origine. La preghiera è il respiro della vita di figlio di Dio
in cui il battesimo ci ha posto. Senza la preghiera la nostra figliolanza
divina, invece di crescere e svilupparsi fino alla sua misura piena, si
atrofizza e cade su se stessa.
«fu aperto il cielo». É il risultato della preghiera, sul quale è direttamente
richiamata l‟attenzione. Il cielo si era chiuso sulla terra per la
disobbedienza di Adamo che aveva chiuso il suo cuore a Dio. Come il suo
cuore si era aperto al male e all‟inimicizia, così il cielo si era aperto alle
acque del diluvio per sommergere ogni male e inimicizia (Gn 7,11). Il
grande desiderio del profeta era che Dio squarciasse il cielo, suo vestito e
suo velo (cf. Sal 104,1s) e mostrasse all‟uomo il suo volto benigno: «Se tu
squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63,19). Ora è esaudito questo
desiderio. Nell‟obbedienza di Gesù, il cielo si è aperto sulla terra. La sua
vita terrena, contenuta tra il battesimo e l‟ascensione, è la finestra di Dio
sul mondo. La testimonianza dei discepoli servirà a portare, mediante
l‟annuncio, tutti gli uomini a questa luce di Dio.
v. 22: «e discese lo Spirito santo, ecc.». Dal cielo scese l‟acqua che
inghiottì il mondo (Gn 7) e il fuoco che divorò Sodoma e Gomorra (Gn 19);
ma venne anche la legge, la manna e le quaglie, la Parola e il cibo di vita.
Ora quel Dio, la cui delizia è stare con i figli degli uomini (Pr 8,31) -
22
per questo scendeva a passeggiare nel giardino alla brezza del giorno (Gn
3,8)! - discende definitivamente tra noi nella persona dello Spirito santo, il
Dono di Dio. Spirito significa «vita», santo significa «di Dio». La vita stessa
di Dio è donata all‟uomo! É il soffio predetto da Ez 37, che anima e muove
le ossa aride, ricco di sapienza e d‟intelligenza, di consiglio e di fortezza,
di conoscenza e di timore del Signore (Is 11,2; cf. Sap 7,22ss). Non sai di
dove viene e dove va (Gv 3,8). Rimane invisibile, ma ne senti la voce e ne
riscontri gli effetti nei suoi frutti. Cambia radicalmente la nostra vita
egoista, triste, insofferente, malevola, cattiva, infedele, dura e schiava, in
capacità di amore, gioia, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e
libertà (Gal 5,22).
«con aspetto corporeo». Questo Spirito non è impalpabile. Scende su
Gesù in forma corporea. In lui infatti «abita corporalmente tutta la pienezza
della divinità» (Col 2,9). L‟espressione è riferibile al battesimo di ogni
credente: diviene abitazione dello Spirito santo, suo tempio e riverbero
visibile della gloria. Il battezzato è realmente incorporato a Cristo (1Cor
6,15; 12,12), diventa tempio di Dio e dello Spirito santo, sua dimora (cf.
1Cor 3,16; 6,19s; Ef 2,21s; 1Pt 2,5). Il corpo di Gesù è rivelazione piena di
Dio. Quel Dio che nessuno ha mai visto (Gv 1,18), lo vediamo, lo
tocchiamo, lo contempliamo nel Verbo di vita (1Gv 1,1ss) che ha detto: «Io
e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30); «chi ha visto me, ha visto il
Padre» (Gv 14,9): in lui realmente la vita di Dio si è resa visibile, ha preso
forma corporea. Ma ogni cristiano nel battesimo diventa «corporalmente»
teoforo, portatore di Dio, a somiglianza di Cristo. Infatti «noi tutti, a viso
scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo
trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo
l‟azione dello Spirito del Signore» (2Cor 3,18). La dignità del corpo umano
è in rapporto allo Spirito che l‟abita e l‟anima.
«come di colomba». La figura corporea di questo Spirito - oppure la sua
discesa? - è come quella di una «colomba». Questo aleggiare della
colomba sul neobattezzato, richiama quello dello Spirito di Dio sulle acque
del caos primordiale (Gn 1,2). È anche un‟allusione a Noè, il padre dei
salvati dall‟acqua, che attende con trepidazione il ritorno della colomba
che gli annunzia la fine del diluvio (Gn 8,8-14). È pure un richiamo, in tono
23
minore, all‟azione potente di Dio che, nell‟esodo, con ali di aquila, aveva
sollevato e portato il suo popolo in libertà oltre il Mar Rosso (Es 19,4).
Oltre che figura della nuova creazione, della salvezza universale e
dell‟esodo, la colomba è anche simbolo di Israele, sposa di Dio.
Ma la colomba, che di continuo tuba il suo amore in ogni stagione,
è immagine della fedeltà di Dio che da sempre canta il suo canto di amore
per l‟uomo, in at tesa di risposta. Ora scende sul nuovo Israele, sulla
sposa. E questa diviene la colomba che finalmente fa sentire allo sposo la
sua voce, compiacendo al suo desiderio (cf. Ct 2,14).
L‟allusione principale sembra quella a Noè, salvato dall‟acqua, e
alla promessa di salvezza universale che Dio fa a lui. È la salvezza
universale che si evidenzia soprattutto nel libro di Giona, il cui nome in
ebraico significa appunto «colomba».
«e una voce dal cielo venne». É la voce definitiva di Dio, di quel Dio che
non aveva volto, perché nessuno ne aveva ascoltato la voce.
«Tu sei il Figlio mio, l‟amato, ecc.». Questa voce di Dio esprime la Parola,
che è il suo Figlio obbediente. La Parola eterna di Dio risuona nel tempo:
su Gesù è sceso lo Spirito, in lui il Padre riconosce il Figlio. Gesù, il servo
obbediente, annegato nell‟obbedienza, si rivela il Figlio, il Messia
liberatore intronizzato secondo il Sal 2,7. È «l‟amato» figlio unico del suo
cuore, come Isacco votato al sacrificio dell‟obbedienza e per questo
principio del nuovo popolo (cf. Gn 22,2). É il servo di Is 42,1s, oggetto del
compiacimento di Dio. È il Messia cantato da Davide, sua figura: «Mi fece
uscire dalle grandi acque mi trasse al largo, mi liberò, perché oggetto della
sua benevolenza» (2Sam 22,17.20). In questa voce dall‟alto risuonano in
modo allusivo tutti i titoli di Gesù, che, proprio mentre, immerso ed emerso
dall‟abisso, sta in preghiera e riceve lo Spirito, dà corpo alla Parola del
Padre: è il Figlio unico, il Cristo salvatore, il servo obbediente che nel suo
sacrificio sarà principio del nuovo popolo.
Preghiera del testo
Chiedo come comprendere il battesimo di Gesù e il mio battesimo.
Punti su cui riflettere
24
- il battesimo
- la preghiera
Passi utili
Sal. 2; Is 42,1