Basilica SS. Annunziata...

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Basilica SS. Annunziata Ispica Storia ed Arte per conoscere la nostra Basilica Una perla negli Iblei

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Basilica SS. Annunziata

Ispica

Storia ed Arte

per conoscere la nostra Basilica

Una perla negli Iblei

CHIESA DELLA SS. ANNUNZIATA

DELL'ANTICO PAESE

Prima del terremoto del 1693 la Chiesa della SS.

Annunziata sorgeva entro le mura del fortilizio dei

marchesi Statella (oggi Parco Forza). Nell'estremità

orientale del pianoro, gli scavi fatti nel 1972 hanno

portato alla luce le fondamenta di questa interessante

Chiesa. L'analisi delle strutture è difficile dato il

sovrapporsi dei diversi strati, ampliamenti e

ricostruzioni.

Pare anzitutto che si debba escludere l'ipotesi della

preesistenza del tempio greco dedicato ad Apollo

Libistino, non solo per la mancanza di resti, ma

soprattutto perché è certo che il luogo in origine (età

araba o normanna) era adibito a raccolta delle acque,

come prova la grande cisterna con le quattro canalette di

scolo intagliate nella roccia.

La prima fase di vita probabilmente risale ai tempi dei

Caruso (seconda metà del 1400) e si limitava alla parte

nord, che è divisa in tre ambienti e misura m. 10,80x5.

Era questa, pare, la cappella gentilizia, chiamata nei

documenti d'archivio, di S. Pietro comunicante col

Palazzo per mezzo di una postierla. Sotto gli Statella

(dalla metà del 1500) la costruzione fu ampliata e prese il

nome di Chiesa dell'Annunziata. La forma era

probabilmente a croce latina con l'abside a levante; le

misure sono di m. 20,50x13. La Chiesa era delle migliori

delle 40 esistenti nel paese, non cedendo nè alla Madrice,

nè a quelle di Val di Noto.

All'altare c'era la grande pala lignea

dell'An-nunciazione; a destra la statua del SS. Cristo con

la Croce in ilice, fatta nel 1623 da un artista notine se e

distrutta nel terremoto; a sinistra il Risuscitato coi due

soldati di guardia portati nella nuova Chiesa. Seguivano

altre sei cappelle, tre per lato: una con la Cassa delle

Reliquie, una dedicata alla Madonna dell'ìtria e una a S.

Andrea Avellino. Gli altari erano rivestiti di marmo e

quattro paliotti furono recuperati

alla fine del 1800 e portati nella nuova Chiesa.

Sono stati riportati alla luce 26 loculi sepolcrali

scavati nel pavimento e alcune grandi fosse comuni.

Sono state rinvenute due lapidi: una, della seconda metà

del 1600, copriva la tomba del nobile D. Vincenzo Ganga

e familiari, uri altra quella di una nobildonna spagnola

(Foto n° 1).

Resti antica Chiesa sita nel Parco Forza (Foto n. 1)

LA STORIA

Dopo il terremoto che distrusse l'antico tempio, fu

provvisoriamente costruita una baracca di legno per

l'Annunziata, che, dopo l'erezione della nuova Chiesa, fu

trasformata nella Chiesa di San Francesco di Paola,

benedetta nel 1730; esisteva ancora nel 1791 ma poi

andò distrutta.

La pietra di fondazione della nuova Chiesa, come

dice l'iscrizione del cippo originario, fu posta il 21

ottobre 1703, dieci anni dopo il terremoto. Il giorno 11

aprile 1704 s'incominciò poi l'elevazione della fabbrica,

"da certi Mastri Siracusani". La consa-crazione fu fatta

il 23 marzo 1720.

L'iniziativa e il primo contributo fu certo del Principe

Francesco V Statella (1654-1710), protettore della

Chiesa, al quale si deve in gran parte la ricostruzione del

paese e delle altre chiese. Secondo una tradizione orale,

la nobile famiglia Modica-Boj, per grazia ricevuta, fece

costruire a proprie spese le mura esterne della Chiesa

fino alValtezza di 3 metri. Si narra, infatti, che in un

giorno di festa il figlioletto, vestito con un mantello

rosso, si trovava lungo la strada "Carceri" quando

improvvisamente un torello alla vista del manto rosso,

incornò il bambino e cominciò a girare per le strade

della città, fermandosi solamente davanti alla

costruzione della Basilica. Il bambino rimase illeso, e i

genitori fecero costruire a proprie spese la parete sud

della Chiesa, e come ricordo tra le muratura fecero

incastrare la testa di un torello appositamente scolpita su

una pietra di calcare tenero. Da due atti del 1713, risulta

inoltre che il barone Bufardeci donò

all'Arci-confraternita un quadro dell Annunziata (forse

perduto) e tutto il suo grande patrimonio. Generosissime

furono anche le offerte dei Confrati e dei fedeli, come

testimonia il Vicario del tempo Sac. F. Franzò.

Per il terremoto del 4-6 gennaio 1727, si divaricò

l'arcata maggiore che venne "informata", perché fosse

demolita e quindi rifatta, evitando il crollo "del restante

della nuova fabbrica". Nel 1779, su invito della

Confraternita, il notinese Paolo Labisi, regio architetto,

dottissimo nella sua arte e autore della chiesa e Casa dei

Crociferi e del palazzo Villadorata di Noto, presenta i

disegni conservati in archivio, delle decorazioni in

ornatissimo stile rococò: "riforma dello stucco" nei

pilastri e pareti della navata centrale; nuovi stucchi nel

cappellone e nelle cappelle delle navate laterali;

cancellata inferro battuto nell'altare maggiore; nuovi

stalli in legno lavorato, con sedia del celebrante e disco

del coro; tutta la sacrestia, con porta di ingresso, portico

inferiore, stucchi alle pareti, magnifico "cassereccio e

lavatoio" in legno. Purtroppo, verosimilmente per gli alti

costi, non fu realizzato nulla.

Alle ore 11,15 del 23 marzo 1869, martedì santo,

cadde il prospetto della Chiesa, non a causa di un

terremoto, ma per fatiscenza o per imprudenti lavori di

restauro. Lo stesso anno il "murifabbro" Orazio Amore

presentò il progetto di una nuova facciata, e un altro

venne in seguito fatto nel 1874, dall'ingegnere avolese

Salvatore Rizza, il quale, vent'anni dopo, con poche

varianti, lo realizzò nella nuova facciata della chiesa di

S. Giovanni a Modica Alta. Ma la costruzione fu affidata

al capomastro scalpellino Carlo Di Gregorio (Modica

1836-Ispica 1899). I lavori durarono circa otto anni e fu

anche costruito il campanile, a ponente, dietro la chiesa.

Nel 1881 il falegname E. Avola costruiva il grande

portone in noce massiccia. Nel 1886 Gaspare Rimmaudo

rifaceva le cupolette laterali, secondo la tecnica allora in

uso, con gesso e scaglie di calcare. Nel 1889 fu fatto

Porgano a canne e nel 1894 i fratelli Rimmaudo

mettevano in opera il pavimento in marmo. Nel 1952 è

stato rifatto l'altare maggiore su progetto, modificato,

dell'architetto A. Cerruto.

L'ESTERNO

La costruzione settecentesca, a croce latina,

comprendeva cinque arcate, era lunga 53 m. ca. e larga

27. E' probabile che il disegno sia stato dello stesso

architetto "siracusano " Rosario Gagliardi, il "sommo

degli artisti ricostruttori di Noto", a cui si attribuisce

anche S. Maria Maggiore. Interessante era la facciata, di

cui abbiamo un disegno ricavato da un grafico originale,

andato perduto (Riproduzione N° 2). Lo schema a due

piani, con lesene corinzie e due campanili raccordati da

volute, che si riscontra in altre chiese dell'isola, risente

l'influsso dei grandi architetti romani del periodo

barocco. Specifica però, dell'ambiente e tradizione

scultorea locale, era la ricca e festosa varietà degli

elementi decorativi, che rendevano la Basilica la più

rifinita ed elegante della città.

Antico prospetto della Basilica (Riproduzione n. 2)

Dopo il crollo del 1869, il Di Gregorio progettò e

realizzò la nuova facciata, basandosi sui testi classici del

Palladio e del Vignola e su altri manuali del 1800,

dimostrando grande

genialità inventiva e

notevole abilità, nei

lavori di scultura e

perfino nella

decora-zione a stucco

del-l'interno (particolari

del nuovo prospetto

nelle foto n° 3 - 4); ma

bisogna tener conto del

contributo degli altri

"mastri" locali. Per

ragioni economiche

non

Prospetto della Basilica: particolare (Foto n.3) venne ricostruita

la

prima arcata, e la lunghezza della navata si ridusse agli

attuali m. 47 ca.

La facciata è imponente e di notevole effetto

scenografico. Ha tre ordini e misura m. 29,20 di

larghezza e 30 di altezza. L'inferiore ha otto colonne

binate a corpo libero, in stile ionico, anteposte, sopra un

possente basamento in calcare duro levigato, ad

altrettante lesene. Elegante il portale centrale e i due

laterali con gli archi a sesto scemo o roton-do. Il secondo

ordine, in stile corinzio,

ha un bel finestrone con

co-lonnine e due grandi,

eleganti volute di

rac-cordo. Nel terzo

ordi-ne composito,

deco-rato con grandi

rose finemente scolpite,

le colonne non sono in

linea con le sotto-stanti;

ma il Di Gre-gorio

dovette sempli-ficare il

progetto,

conforme ai canoni Prospetto della Basilica: particolare (foto n.4)

classici, per difficoltà economiche. Nella parte superiore

della facciata che sovrasta il tetto della Basilica, lasciò

aperta la grande finestra centrale, per ottenere un

bell'effetto dinamico di luce che penetra e di trasparenza

dì cielo azzurro, e nello stesso tempo, per lasciar passare

il vento dominante di ponente ed evitare possibili crolli.

Nel 1960 vi è stato collocata una statua in calcaree

dell'Annunciazione, opera dello scalpellino ispicese

Giuseppe Nobile.

IL CAMPANILE

Demolito il precedente campanile del Di Gregorio,

per la sua posizione inadatta alla propagazione del

suono, nel primo decennio del secolo, fu iniziata la

costruzione dell'attuale torre, su progetto delVing.

Vincenzo Tornasi, dal capomastro Gaspare Capasso. I

lavori si fermarono però alla possente base quadrata.

Furono ripresi nel 1925-26 dal capomastro Lorefice

Salvatore, che innalzò la costruzione fino alle campane.

La parte superiore con la cupola è stata eretta nel

1954 dai "mastri" Nigro, Di Gregorio, Di Giacomo,

Ferraro e Giuseppe Fava, che saldò la grande croce di

metri quattro e di 400 chilogrammi, sulla punta del

campanile alta ben 42 metri.

Nello stesso anno venne costruito il cosiddetto

"salone", nel lato sinistro della facciata. La campana più

antica è del 1811; le altre sono del 1953.

IL LOGGIATO

Il loggiato esterno, recentemente restaurato, risale ai

primi del 1800, e fino ali fine del secolo serviva per la

fiera franca di Pasqua, istituita il 14-08-1802. Le logge

costarono 300 onze, anticipate dal Barone Modica.

L'INTERNO

Ha un'impianto planimetrico basilicale, a tre navate,

divise da robusti pilastri decorati da lesine scanalate

con capitelli corinzi (Disegni n° 5 e 6)

Basilica SS. Annunziata: sezione (Disegno n. 5)

Basilica SS. Annunziata: pavimentazione (Disegno n. 6)

La Navata Centrale, che comprende quattro arcate

di m. 3,80 ca. al posto delle cinque originarie, ha la

volta a botte, alta m. 17 ca.; all'ncrocio col transetto,

si innalza, su un tamburo ottagonale, la maestosa e

armoniosa cupola, del diametro di m. 8 e per 8,70 di

altezza, sostenuta da quattro solidi pilastri, del

perìmetro di m. 18 ca. L'insieme delle spinte si scarica,

attraverso gli archi delle navatelle, alte m. 9,40, sui

profondi rinfianchi laterali, nei cui interspazi sono

ricavati gli altari, illuminati dalle finestre delle lunette,

con un sapiente gioco di luci ed ombre (Foto n°7 e 8).

Navata centrale (Foto n. 8)

Nella Navata laterale di destra vi sono gli altari del

SS. Cristo con la Croce, di San Giovanni Bosco, il

quadro delle Anime purganti, del SS. Crocifisso.

Nella Navata laterale di sinistra vi sono gli altari del

SS. Cristo Risorto, di San Vito, di San Vincenzo Ferreri,

ed il quadro del Battesimo di Gesù.

GLI STUCCHI

Il pregio artistico della Basilica costituito dai 13

grandi pannelli di stucco, in basso ed alto rilievo, che

decorano la navata centrale, il transetto e il cappellone.

Sono databili alla metà del 1700 e sono certamente

l'opera più vasta e significativa del palermitano

Giuseppe Gianforma. Formatosi alla scuola di Giacomo

Serpotta, lo stuccatore più importante del 700 siciliano,

lavorò anche a S. Maria Maggiore e nel Convento di S.

Francesco a Noto. Sopra il portone d'ingresso, c'è lo

stemma del Vescovo di Noto Giovanni Blandini, una

grande aquila a due teste, fatto dal Di Gregorio. Nella

volta, crollato il quadro della prima arcata, nel 1869, c'è

ora quello di Giuditta che uccide Oloferne (Foto n° 9);

segue Gedeone col vello (Foto n° 10); Gioele che pianta

il chiodo nella testa del tiranno Sisara (Foto n° 11);

Abramo che adora il Signore in figura di tre uomini

(Foto n° 12). Nel transetto, a sinistra c'è Davide che

taglia la testa a Golia (Foto n° 13), a destra Abramo che

sacrifica Isacco (Foto n° 14). Nei pennacchi della cupola

ci sono i quattro evangelisti coi loro simboli: Matteo

(angelo - Foto n° 16), Luca (toro - Foto n° 17), Marco

(leone - Foto n° 18), Giovanni (aquila - Foto n° 19) (

Cupola vedi foto n° 20). Nella volta della cappella

centrale c'è Isaia, il profeta della Vergine Madre di Dio

(Foto n° 15); nel lato sinistro, in altorilievo, c'è

l'adorazione dei pastori (Foto n° 21); in quello destro,

l'adorazione dei Magi (Foto n° 22).

QUADRI AD OLIO

Nell'altare maggiore domina il grande quadro

dell'Annunziata, che, anche se non firmato, per la

bellezza delle figure, la luce e i colori caratteristici,

è attribuito al D'Anna (Foto n° 23 e 24), e con quello

di S. Maria del 1768, è quasi il testamento spirituale

del grande artista. La gamma cromatica utilizzata

varia: dal rosso porpora della veste di Maria al blu

del mantello, dal bianco dorato al rosa pallido e agli

azzurrini delle vesti dell'angelo, all'intensa luce aorata

del cielo intorno alla colomba dello Spirito Santo. E'

stato restaurato negli anni sessanta da Beppe Assenza.

Altare maggiore (Foto n. 23)

Nella cappella di destra è custodito un quadro di

Maria Regina, datato 1607, e uno di S. Anna, Maria

Bambina e in alto il Padre Eterno, forse della prima metà

del 1700, che porta in basso lo stemmi baronale della

Famiglia Vaccaro, con toro e stella; fino al 1954

decorava il terzo altare della navata destra, dove ora c'è

S. Giovanni Bosco, lo scudo in stucco andò distrutto.

Evidentemente quadro ed altare erano dono di questa

nobile famiglia. Sopra la porta della sacrestia c'è un'altra

grande tela settecentesca, di fine fattura, non firmata, che

rappresenta l'Adorazione dei Magi (Foto n° 25).

Adorazione dei Magi (Foto n. 25)

La Sacrestia arricchita di pregevoli stucchi

probabilmente su disegno dell'arch. netino Paolo Labisi,

è stata recentemente restaurata.

All'interno c'è un quadro di S. Andrea Avellino, dal viso

carico di pathos e con profonde note chiaroscurali, dei

primi del 1600 (Foto n° 26). Opera d'arte certamente

pregevole la grande tavola dell'Annunciazione, del

1550, in cui evidente l'influsso manieristico del tempo,

attribuibile al pittore Francesco Cardillo, morto a

Messina nel 1607. Questa pala lignea proviene

dall'altare maggiore della Chiesa della SS. Annunziata

dell'antica Hispicaefundus (Foto n° 27).

Il grande ritratto con ricca cornice di stucchi, sopra

la porta del coro, di Francesco VI Statella e Gaetani, ha

le insegne di Cavaliere di S. Gennaro e la Croce dei

Cavalieri di Malta. L'altro, identico a quello di S. Maria,

ARGENTERIA

Nella parete sinistra della cappella del SS. mo

Sacramento, in fondo alla navata destra, è custodita la

Cassa delle Reliquie, l'opera più importante

dell'oreficeria ispicese, in argento e bronzo dorato datata

1739; eleganti le semicolonne tortili e il coperchio con

quattro medaglioni e fregi floreali. Secondo una

tradizione degna di fede, negli anni della prima guerra

mondiale, assieme ad altri oggetti preziosi, fu asportata

la statuetta in oro massiccio, rappresentante il Redentore

sopra il globo terrestre, che sovrasta la Cassa; al suo

posto fu messo un piccolo vaso di legno dorato

sormontato dalla croce che forma l'attuale fastigio.

S. Andrea Avellino (Foto n. 26)

Purtroppo nel 1986 un furto sacrilego ha sottratto 6 delle

16 statuine di santi che costituivano, con la statuetta

d'oro, il pregio maggiore dell'opera. La comunità

ecclesiale sta realizzando il restauro della Cassa.

La Basilica possiede anche un grande ostensorio

d'argento, con base sorretta dalle mani di due robusti

angeli e ornata da tre figure di virtù e tre quadri biblici

lavorati a sbalzo. Sul fusto è scolpito il sacrificio di

Abramo e angeli. Sopra si possono innestare due sfere

con pietre preziose e raggiera, una per il SS. mo

Sacramento, con intreccio di spighe, uva e serafini,

l'altra, contenente la reliquia della S. Spina, riccamente

ornata da una corona interna di spine ed una esterna di

foglie e fiori smaltati.

ALTARE DEL SS. CRISTO CON LA CROCE

Nell'altare destro del transetto, decorato riccamente

dagli stucchi del Gianforma, è custodita la sacra

immagine del SS. Cristo con la Croce (Foto n° 28 e 29).

Essendo stata distrutta l'antica statua in legno di ilice,

durante il terremoto del 1693, il 19-03-1729 fu portato

da Avola a Spaccaforno il Simulacro del SS. Cristo, fatto

dal sig. Francesco Guarino di Noto, in cartapesta e

stucco. E' stato restaurato nel 1985 da Valente Assenza.

Si noti il paliotto in marmi colorati, con al centro il velo

della Veronica, simile a quello dell'altare destro, del

Cristo Risorto, dove invece è raffigurato l'agnello

pasquale, risalenti all'antica Chiesa distrutta dal

terremoto del 1693. La solenne processione che si svolge

il Venerdì Santo, al posto di quella antica della S. Spina,

risale al 1861.

Volto SS. Cristo con la Croce (Foto n. 28)

ALTARE DEL SS. CRISTO RISORTO

Nell'altare sinistro del transetto, decorato dagli

stucchi del Gianforma, è custodita la statua del SS.

Cristo Risorto con le statue dei soldati romani,

quest'ultimi provenienti dall'antica Chiesa distrutta

dal terremoto del 1693 (Foto n° 30). Esiste pure una

statua del Cristo Risorto proveniente dall'antica Chiesa

sita nel Fortilitium datata 1500 circa, che bisogna di

restauro e che non appena possibile verrà risistemata,

una volta restaurata, nell'altare accanto alle statue

antiche dei soldati romani.

Altare SS. Cristo Risorto (Foto n. 30)

TRADIZIONI RELIGIOSE

Riti secolari sulla Passione

morte e Resurrezione

La Settimana Santa ad Ispica è ricchissima di

avvenimenti religiosi - storico -folcloristico.

Inizia con la solenne Via Crucis e cor la processione

della reliquia della S. Spina l'ultino Venerdì di

Quaresima che culmina con la deposizione e la sepoltura

del Cristo morto nel Sepolcro scenografica-mente

allestito all'interno della Basilica; continua con le

funzioni della Domenica delle Palme con la messa in

Coena Domini del Giovedì Santo; i momenti più

importanti per la nostra Basilica sono i riti del Venerdì

Santo, con la funzione dell'Adorazione della Croce e con

la solenne processione del SS. Cristo con la Croce,

preceduto dalla cavalleria di soldati romani e da tutte le

insegne delle Chiese locali. Nell' occasione di tale

processione molti forestieri e tanti nostri emigrati

tornano ad Ispica per rivivere questi particolarissimi

momenti. In occasione del 3° centenario del terremoto

del 1693 ed in occasione degli anni santi, la statua del

cristo con la Croce viene portata nel sito dell'antica

Chiesa SS. Annunziata nel Parco archeologico

denominato "Parco Forza".

Il Sabato Santo, durante la veglia pasquale, in

occasione della Resurrezione del Cristo, avviene la

rappresentazione scenografica della Resurrezione del

Cristo dal Sepolcro allestito nell'altare maggiore.

Con la Domenica di Pasqua si concludono i

festeggiamenti della Settimana Santa ad Ispica. Il

momento più atteso è l'incontro ("a cursa") di

mezzogiorno tra il SS. Cristo Risorto e la Madonna nel

corso Garibaldi tra una marea incredibile di persone.

I festeggiamenti si concludono con la processione serale

e gli spettacolari fuochi pirotecnici.