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NOICOMIT BANCA COMMERCIALE ITALIANA SEDE DI ROMA, VIA DEL CORSO 226 Un appuntamento fra memorie, attualità e futuro del mondo Comit Periodico trimestrale dell’Anpecomit - numero 2 - luglio 2008 NO ALLE MANI LIBERE SULLE AZIENDE INVOCATE DA MICHELI E ICHINO A CURA DI A. MASIA FILATELIA: IL PENNY BLACK” - DI F. MAZZOTTA G. COZZI - PUNTURE DI SPILLO - Oh, COMIT CIAO! OVVERO AD ALGHERO ANCHIO CEROAnpecomit sul Web Anpecomit sul web

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NOICOMIT

BANCA COMMERCIALE ITALIANASEDE DI ROMA, VIA DEL CORSO 226

Un appuntamento fra memorie, attualità e futuro del mondo ComitPeriodico trimestrale dell’Anpecomit - numero 2 - luglio 2008

NO ALLE MANI LIBERE SULLE

AZIENDE INVOCATE DA

MICHELI E ICHINO

A CURA DI A. MASIA

FILATELIA: IL “PENNY BLACK” -DI F. MAZZOTTA

G. COZZI - PUNTURE DI SPILLO -Oh, COMIT CIAO! OVVERO

AD ALGHERO ANCH’IO C’ERO…

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Gli organi direttivi ANPECOMIT

Consiglio DirettivoAntonio Maria Masia - PresidenteFrancesco Basilico - Vice PresidenteCatello Califano - TesoriereGianfranco Mascini - SegretarioGiuliano Boer - ConsigliereGioacchino Costantino - ConsigliereFulvio Fabrici - ConsigliereAlfredo Izeta - ConsigliereSergio Marini - ConsigliereMaria Pia Monarca - ConsigliereGianni Virdis - Consigliere

Collegio dei ProbiviriPasqualino Menchise - PresidenteGiuseppe FolesaniFrancesco Greco

Collegio dei RevisoriMauro Luparelli - PresidenteErmanno SantilliFilippo Vasta

L’ANPECOMIT (da una storia dioltre 100 anni!)

Denominazione socialeAssociazione Nazionale fra Pensionatied Esodati della Banca CommercialeItaliana - A.N.P.E.C.

Sede sociale: Roma Via CesareBalbo 35

Telefono / Telefax: 064820307

E-mail: [email protected]

Sito web: www.noicomit.altervista.org

Codice fiscale: 97321550580

Aderente alla “FAP CREDITO - Federazione Nazio-nale Sindacale delle Associazioni deiPensionati del Credito”

L’Anpecomit è nata a Roma il 20 novembre 2003 su iniziativa di soci fondatori Salvatore Bono,Catello Califano, Roberto Ciccolini, Mario Saverio Cozzoli, Salvatore Diana, Fulvio Fabrici,Francesco Greco, Massimo Grotti, Mauro Luparelli, Giovanni Maniscalco, Antonio Maria Masia,Pasqualino Menchise, Roberto Migliaccio, Maria Pia Monarca, Raffaele Montemarano, RobertoPeracchi, Francesco Perrini, Pasquale Piccirillo, Giancarlo Renzetti, Gavino Ruggiu, GraziellaTonon, Fernando Umena.

Motivo fondante dell’associazione è tenere vivo e valorizzare il patrimonio di memorie, storia ecultura della Banca Commerciale Italiana, fare riferimento ed unità di indirizzo nella tutela dei di-ritti e degli interessi dei soci, e comunque di tutti i soggetti del mondo Comit interessati, a pre-scindere dai gradi, appartenenze politiche, di movimento e sindacali.

NON VOGLIAMO un sistema bancario che abbia il solo fine del profitto e che ne ignori la fun-zione sociale!NON VOGLIAMO una banca che trascuri i valori della relazione, della formazione, della solida-rietà e della cultura!NON VOGLIAMO una gestione del risparmio avida di commissioni, priva di controlli e con conti-nui incrementi delle spese bancarie!

VOGLIAMO difendere i diritti acquisiti a cominciare dal nostro Fondo Pensione!VOGLIAMO un'adeguata ed efficiente assistenza da parte delle Cassa Sanitaria!VOGLIAMO rispetto, considerazione e risorse a favore di chi ha dedicato una vita all'in-terno della Comit

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No alle mani libere sulle aziende invocate da Micheli e Ichino

A proposito delle seguenti due cir-costanze- Intervista a Francesco Micheli, 62anni, Direttore generale di Intesa-Sanpaolo, del Sole 24OrePlus del17-5-2008 - Conferenza dibattito a Roma 29-5-2008 sul tema “il Riformismo e lenuove frontiere del lavoro, organiz-zato dal PD/Communitas 2002, conil Sen. Pietro Ichino, l’On.le PierPaolo Barretta, e il Sen. TizianoTreu

alcune valutazioni, partendo dalledichiarazioni di Micheli, alle quali re-plicherò inviando al Sole24Plusquesta nota, .sperando ( anche senutro qualche dubbio) nella pubbli-cazione:

- è del tutto inaccettabile, per i lavo-ratori, e lo dovrebbe essere per iSindacati che presumono di rap-presentarli, e così pure per iMedia e per le Istituzioni, ilpunto di vista di Micheli. Cioèche il Fondo Esuberi, pur soste-nuto, solo finanziariamente,dalle Banche (perchè le rica-dute sociali, familiari, redditualietc..sono invece a carico dei lavo-ratori e della collettività) serve"anche per accelerare il turn-over".Come si può accettare che aziendebancarie floride e ricche di stockoption parzialmente defiscalizzate aimanagers e super dividendi agliazionisti riciclino in quantità indu-striale (termine che troviamoanche in qualche sentenza giudizia-ria sul tema) mano d'opera da 50anni in su, per assumere un pugnodi ragazzi spesso in forma precariao in apprendistato? E nel contempopolitici, giornali ed illustri opinionistici dicono che occorre allungare lavita lavorativa. Dove? Nelle pan-chine dei giardinetti pubblici?

- le volontarietà a lasciare il serviziodi cui si fa vanto il Dr. Micheli, (non-ché il suo A.D. Dr. Passera, fra l’al-tro in occasione dell’Assembleaazionisti IntesaSanpaolo del 2007per rispondere ad una mia osserva-zione) e il sistema bancario in gene-rale, contrasta nettamente eclamorosamente con quanto sin quiavvenuto. Oltre un migliaio di licen-

ziamenti diretti, e migliaia di uscitesolo apparentemente volontarie,meglio sarebbe dire “spintanee” :effetto diretto del clima preventivo epreoccupato indotto su chi, avendocerti requisiti, era opportuno “farsidimettere”, al fine di evitare solu-zioni peggiori. Prendiamo l'ultimocaso, a seguito della fusione IntesaSanPaolo. Si era detto e propa-gandato, in sede di annuncio inpompa magna della fusione qualegrande evento di visione e politicamanageriale, che tutto si sarebbesvolto in assoluta libertà di deci-sione del personale interessato. In-vece non è stato così, visto che, inmancanza di un dato numero di vo-lontari “predestinati”, si è messo in

moto il meccanismo di ricorso alfondo esuberi, che prevede l’obbli-gatorietà prima esclusa , qualestrumento di pressione per esigeree arrotondare il budget dei "volon-tari" ( si fa per dire) al macero. Enell'articolo lo stesso Micheli conti-nua ad ipotizzare il ricorso all'bbli-gatorietà: “sulle regole non tratto”,manda a dire senza contradditorio.

- inaccettabile infine che si vogliainfrangere il principio di solidarietàintergenerazionale fra attivi e pen-sionati a proposito della Cassa Sa-nitaria, facendo così ricadere sullacategoria debole e più esposta al ri-corso del servizio sanitario gli inevi-tabili disavanzi. Si domandaretoricamente il Dr. Micheli: "comesi può chiedere agli attivi di utiliz-zare i loro versamenti per ripianareeventuali disavanzi dei pensionati?"Provi il Dr. Micheli a porsi in senso

civico ed etico, la seguente do-manda : come chiedere oggi ai pen-sionati (gli attivi che ieri hannoversato i loro contributi anche per ipensionati della loro giovinezza la-vorativa) di rinunciare alla solida-rietà degli attivi di oggi (i pensionatidi domani)? Si consulti per la rispo-sta con il Suo Presidente, Prof.Giovanni Bazoli che nei suoi excur-sus conferenziali richiama spesso(sarà sincero?) l’etica e la solida-rietà cattolica. O con il cardinaleTettamanzi, che invece di questo fàun credo.

A questo punto penso proprio chetanto manager si meriti l'ABI, ecosì da quell'alto pulpito potrà me-glio far valere le " sue non negozia-bili regole" su tutto il sistemabancario.

Il prof Ichino, neo nominato sena-tore nella lista PD, ha sostenutocon decisione il concetto che il la-voratore singolo o in gruppo, uti-lizzando al meglio l’intelligenzasingola o collettiva debba fare lascelta giusta per un imprenditore

giusto. La scelta = forza è il suonuovo verbo. La scelta da partedel mondo del lavoro se fattabene sull’imprenditore buono si-gnifica escludere quello “cattivo”.E per supportare questa tesi citagli errori sindacali a proposito delcaso attuale Alitalia e del vecchiocaso Alfa Romeo di Arese,quando, secondo lui, la scarsa in-telligenza del “lavoro” escluse ilpossibile intervento della Nissan,per far posto alla FIAT. E così AirFrance è scappata e la Nissan inInghilterra paga i suoi il doppio chenon la FIAT in Italia. Ho fatto pre-sente all’illustre Professore che lasua visione è assolutamente teo-rica, seppure suggestiva: unsogno, un’enunciazione fine a sestessa. Come si possono infattimettere sullo stesso piano di forza,di potere decisionale e di gover-nance il soggetto debolissimo delLavoro, oberato da problemi di sa-lario, di precariato, di scarse tuteleanche sul piano della sicurezza enon solo, e l’Impresa?E quindi come è possibile questascelta = forza che lui evoca?

Luglio 2008 3 NoicomitAnpecomit sul Web

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E per passare dai sogni alla realtàgli ho ricordato, come Presidentedell’Anpecomit e della FAP, chele migliaia di bancari costretti fuoridal lavoro, a tutto vantaggio degliutili e dei premi di cui sopra (Mi-cheli), non sono allegri e gioiosilavoratori finalmente felici ed appa-gati per aver scelto il giusto im-prenditore. Tutt’altro!

Conclusione: - per Ichino. Proporre suggestioniva bene, Professore, ma qualche sua autorevole parolina di critica alsistema confindustriale, aziendale,

bancario etccc…MAI?. Non è fa-cile glielo riconosco per chi persua legittima stimata e capaceprofessione difende, in tutte le sedigiudiziare previste, la controparteforte, non certo i lavoratori.- per Micheli. La regola del50enne a riposo forzato per lui nonvale perché ritiene di essere il de-positario, dopo la folgorazionesarda del 94 sulla via degli ESU-BERI, della verità e dell’esigenzadi farla applicare senza trattative?O non pensa invece che ancheper lui siagiunta l’ora di lasciarespazio a nuove leve?

Sperando che i nuovi si ponganodelle riflessioni sulle tesi, ora impe-ranti purtroppo, delle “mani libere”alle aziende su tutto e su tutti, chesi traducono in pratiche gestionaliciniche e visioni solamente mer-cantili e lontane un mondo da unmondo solidale e meno diseguale.Riflessioni che inducano a gestionipiù vicine alla relazione, alla for-mazione, alla condivisione e alconcetto sociale del profitto (caro aRaffaele Mattioli).

Antonio Maria Masia Roma 27-5-2008

ATTIVITA’ DI SOSTEGNO ALLA SOLUZIONE DELLE PROBLEMATICHE DI CATEGORIA

Recupero (4% e 12,50%) delle maggiori imposte applicate dal Fondo Pensioni sulle somme capitalizzate a fa-vore dei titolari della pensione del Fondo PensioniComit, rispetto a quelle previste dalla legge tributaria:

sono pertanto esclusi i casi relativi agli ex dipendenti che hanno incassato gli zainetti, gli esodati e ogni altra contro-versia con la Banca ( contestazione del TFR, mancato riconoscimento di altri diritti, ecc. ). Si è per ora deciso di ini-ziare con una o due pratiche “pilota” per capire come è meglio muoversi, almeno sino alla conclusione della faseamministrativa, prima di coinvolgere molte più persone. A tempo debito torneremo in argomento con le istruzioni det-tagliate che ciascun ricorrente dovrà seguire per iniziare la pratica di rimborso; si prega di evitare telefonate o invio die-mail che al momento non troverebbero risposte definitive. Per ora è indispensabile richiedere al Fondo la dichiara-zione dei contributi versati e di tenere a disposizione eventuali altri documenti afferenti il pregresso rapporto di lavoro(statini di stipendio, Ecocert, estratto c/ INPS o altro).

Recupero interessi per ritardato accredito zainetti a favore dei colleghi andati in esodo:

dopo un primo tentativo di resistenza, il Fondo ha liquidato un importo medio di poco meno di 1.000 Euro a oltre400 soci che hanno inoltrato le relative richieste.

Liquidazione plusvalenze a favore dei pensionati del Fondo ante 98, ai 98/99, agli attivi:

finalmente a distanza di ben 20 mesi dalla erogazione del saldo della parte ritenuta ordinaria della ex pensione delFondo, e dopo nostre ripetute richieste (compresa la petizione di fine 2007, a firme di circa 200 nostri soci pensionati,al Presidente del Tribunale di Milano ed alla Covip) i Liquidatori del Fondo, informando le Fonti Istitutive, hanno de-ciso di procedere alla distribuzione, a titolo di ACCONTO, di una parte della quota residua ritenuta straordinaria (plu-svalenze) ricavata dalla cessione del patrimonio del Fondo. Nei giorni scorsi è giunta a tutti una lettera del Fondo pensioni che preannunciava l’accredito, in conto plusvalenze:- del 35% di quanto specificato (“orientativamente”) nella precedente lettera datata 4 settembre 2006, ai pensionatiante 1998.- di quasi l’intero (siamo nell’ordine del 90%) ai pensionati 98-99. Gli accrediti sono stati effettuati il 26 maggio con valuta 23/5.Nella sottostante tabella abbiamo cercato di fare un raffronto tra quanto percepito in linea “capitale liquidato” ( fatto100) e “acconto plusvalenze” ( mediamente pari all’80%) :

Pensionati ante 1998

Cap. Liquidato 100Plusvalenze 80

Plusv. Erogate 35% di 80 28

Tot. 128

Ragazzi 98 - 99

Cap. Liquidato 74,30 (100- 25,70)Plusvalenze 59,44 (80% di 74,30)

Plusv. Erogate 53,50 il 90% di 59,44

Tot. 127,8

Noicomit 4 Luglio 2008Anpecomit sul Web

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I due diversi conteggi portano comunque allo stesso risultato: in realtà il Fondo ha inteso allineare le due categoriedi pensionati. In altre parole se in questo momento dessimo come vinto il ricorso in cassazione dai ragazzi 98-99, o fosse applicatol’art.27 dello Statuto, tutti i pensionati si troverebbero ad aver avuto lo stesso trattamento.Abbiamo anche saputo, da esponente del Fondo, che sarebbero bastati 80 milioni di € (cifra vicina a quella da noistimata) per sanare la situazione di tutti i circa 1300 pensionati 98-99. Orbene, se teniamo conto dei 55 milioni (bloc-cati a favore Beni Stabili) poi interamente svincolata e dei 20 milioni di interessi maturati nel 2006 (altri 20 nel 2007),importi non compresi nel monte plusvalenze, si sarebbe potuto effettuare la sanatoria senza intaccare il “monte” so-pravvenienze. No comment!

Ritardato pagamento della liquidazione della parte ordinaria della pensione: Ragazzi del 98/99:

a seguito di nostro intervento per il tramite dell’avv. Mazzucchi, tutti coloro che hanno avuto ritardo per motivazionediverse rispetto alle date di erogazione del secondo acconto (giugno 2006) e terzo acconto (ottobre 2006), hanno ri-cevuto, in data 23/5/2008 valuta 19/5, l’accredito degli interessi di ritardato pagamento, che i Liquidatori avevano an-nunciato entro il 31.3.2008. La cifra comprende anche gli interessi sugli interessi per l’ulteriore ritardo. Precisiamo cheil calcolo è stato eseguito sul capitale residuo lordo e che gli interessi, pare, siano stati assoggettati a ritenuta d’ac-conto, il nostro legale ha subito provveduto a chiedere delucidazioni su tale detrazione fiscale.

Causa “Ragazzi 98/99”:

la Corte d’Appello di Milano il 18/3 ha riformato quella di 1° grado (Giudice Di Leo) a noi favorevole. Questo il puntoespresso dai nostri Legali che condividiamo: si tratta di decisione invero sorprendente per la sua pochezza e per laintrinseca contraddittorietà: dal dato di fatto iniziale della inesistenza di un qualsiasi accordo delle fonti istitutive an-tecedenti il gennaio 2008 si arriva alla conclusione che, viceversa … un tale accordo, magari verbale (sic!) in realtàsarebbe desumibile dalla successione degli eventi; con la conseguenza che non sarebbero maturati i famosi “dirittiquesiti”. Un ricorso per cassazione, dunque, potrebbe anche avere successo....Sono già state impartite le necessarie istruzioni. Abbiamo avuto 144 adesioni sui 145 partecipanti alla causa. La no-tifica, che a detta dell’avv. Ichino, doveva essere “imminente”, non è ancora avvenuta, comunque ricordiamo che i ter-mini di legge per presentare il ricorso sono di 60 gg., saremo sicuramente pronti.

Ricostituzione pensione:

riguarda i colleghi, che a suo tempo hanno subito i controlli fiscali per i contributi foresteria e trasferimento. Gli stessidovrebbero aver ricevuto, a suo tempo, da Banca Intesa un prospetto intitolato “sistemazione pratica contributo dif-ferenza canone di locazione e/o indennità di trasferta”. Potete comunque telefonare a Banca Intesa Uff. Normativo eContenzioso del Lavoro n. 0287937272 (7579) (7479) sigg. Stefani o Fascia, per verificare l’esistenza di eventuali ver-samenti ed in caso ottenere copia del prospetto. Tale documento è da allegare al mod. “Ricostituzione della Pensione”da richiedere (anche via internet) all’INPS, compilare e poi presentare all’Ente stesso.

Plusvalenze zainetti:

causa in corso da parte dei colleghi entrati in fondo esodo nel 2003/2004, colleghi che hanno avuto anticipazioni perla 1° casa o per problemi di saluti, colleghi ceduti ad altri Istituti. La causa a nome di 588 nominativi e patrocinata dagliavvocati Pileggi, Civitelli e Fasano è stata depositata ed aspettiamo la fissazione della 1° udienza.

Ultima nota:

finalmente hanno distribuito un acconto sulle plusvalenze che sono venutealla luce anche grazie e per merito della nostra determinata e trasparenteazione di contrasto allo scioglimento ingiustificato ed illegittimo di un Fondo. Che dato per spacciato valeva “oro”.

Francesco Basilico (ha collaborato Mario Auterio)

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L’intervento di Antonio Maria Masia all’Assemblea Annuale dell’Associazione Pensionati delBanco di Napoli

Care amiche e cari amici dell’Associazione Pensionati del Banco di Napoli un caro saluto a tutti. E grazie di cuore ai Responsabili della Vostra prestigiosa Associazione per essere qui in occasione della Vostra As-semblea annuale. Questo incontro mi dà l’opportunità e l’onore di poter dire alcune cose che ritengo importanti e utili in nome dell’As-sociazionismo in genere ed in particolare a sostegno delle nostre Associazioni e di quella Federale . Sono Presidente dell’AnpeComit, nata e per riannodare i rapporti di amicizia e conoscenza fra i colleghi ex Comit ,ed anche per difenderci da una crescente aggressione di Banca Intesa e del sistema in genere. Esperienza che ci ac-comuna. Siamo l’equivalente della Vostra Unione Pensionati Banco di Napoli, seppure non ancora al Vostro livellodi organizzazione e di efficienza: basta leggere il Vostra giornale Senatus per apprezzare l’importanza del compito diservizio che Vi siete assegnato. Alto servizio a favore di migliaia di colleghi che i Vostri rappresentanti fanno tutti igiorni e con assoluto spirito di volontarietà. Compito che, come dico spesso ai miei colleghi, va riconosciuto e soste-nuto con partecipazione, perché essenziale al fine di perseguire non solo l’obiettivo emotivo di sentirsi parte di uncategoria e di un gruppo che professionalmente deriva dalla stessa azienda, ma anche per poter difendere efficace-mente interessi e diritti acquisiti in anni di lavoro. Difesa e baluardo, particolarmente importati nell’epoca di non atti-vità della nostra vita, quella più esposta ai disagi di rappresentanza, di salute e di capacità individuale di reazione. Vedete amici, l’importanza di stare uniti in una società che ha sempre più una visione sociale cinica e mercantile delpresente e del futuro è assolutamente indispensabile e determinante. Oggi tutto funziona e si muove in nome del PRO-FITTO. Dei superpremi defiscalizzati ai manager, dei maggiori dividendi da distribuire agli azionisti. E tutto ciò con ilcamuffamento del bene comune, della solidarietà intergenerazionale e del motto che più si produce e più c’è benes-sere per tutti. NON e così!. Così ci fanno passare per i “fessi” richiamati dal vostro Mario De Bonis quando ieri ci harecitato, da par suo, le poesie del grande Eduardo.Il cosiddetto libero mercato crea ingiustizie e disuguaglianze inaccettabili . E fra le tante vittime del sistema ci siamo noi PENSIONATI , che ISOLATI saremmo ancor più vittime della disugua-glianza e socialmente abusati, perché appunto deboli e individualmente non reattivi. Finito il nostro periodo attivo diventiamo immediatamente PASSIVI. Non più funzionali alle Istituzioni (tranne che peril voto) , ai Sindacati che appena fuori dal mondo del lavoro ci scaricano, e ovviamente alle aziende di provenienzae riferimento. Ed allora oggi più che mai le nostre Associazioni direttamente devono rispondere alle grandi concentrazioni di poteredel sistema bancario in particolare. Ma la risposta deve essere anche indiretta e più organizzata e compatta at-traverso la FEDERAZIONE delle Associazioni che in questo momento io rappresento come Presidente, con il sup-porto prezioso del Vostro Carlo Della Ragione nel ruolo di Vicario e del Vice Presidente Sergio Fisco (Banco diSicilia) quì presente.E voglio dunque richiamare in questa sede i grandi temi che la FAP ha scelto nell’ambito della progettazione dellasua attività e che ho elencato nella mia lettera ai Presidenti delle Associazioni all’inizio del mio mandato e che trovateanche sul Vostro giornale Senatus, all’interno di uno spazio “Mondo Fap” che ogni Associazione dedica all’attività co-mune. Il tema della pensione in generale la cui capacità di tenuta del potere d’acquisto va difesa e rafforzata da continueaggressioni, come l’ultima relativa al blocco della perequazione per le pensioni otto volte superiori al minimo sociale.Le pensioni integrative tutte rimesse in discussione da appetiti immobiliari e aziendali. Le Casse Sanitarie e i sistemidi assistenza sanitaria ai pensionati con il pervicace ed insano tentativo di infrangere il sacrosanto principio di soli-darietà intergenerazionale fra attivi e pensionati. Ed infine tutte le complicate tematiche , di carattere fiscale, burocraticoe giuridico derivante dalle grandi e confuse operazioni di concentrazione del sistema (ESODI), che hanno visto e ve-dono migliaia di lavoratori ancor giovani spinti fuori dal mondo del lavoro. Mentre media e politici si riempiono labocca dello “specchietto” incentrato sul cosiddetto necessario allungamento dell’attività lavorativa. A queste tematiche stiamo lavorando con grande determinazione, pur nella ristrettezza di mezzi e di tempo, per ten-tare di dare a problemi comuni soluzioni ed alternative comuni. Il tutto nell’ambito di una consapevolezza culturale e civile da difendere e diffondere: il Pensionato è una risorsa nonun problema. Grazie per la vostra accoglienza ed attenzione.

(Antonio Maria Masia - Napoli 6.5.2008)

Noicomit 6 Luglio 2008Anpecomit sul Web

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Durante e dopo la guerra la BCI continua la sua crescitaestera rimanendo fedele alla propria innata vocazione in-ternazionale. Nel ‘18 crea la BCI Francia a Parigi, poi simuove su Vienna , Praga, Ungheria, Istanbul, fonda laBCI Bulgara destinata a diventare uno dei più grandi Isti-tuti di quel paese. Controlla insieme a Paribas la SUDA-MERIS, nel ‘20 ecco la Banca Ungaro- Italiana diBudapest, la BCI per l’Egitto e la Grecia negli anni ‘21 e

‘28. Nel ‘25 normalizza i suoi rapporti finanziari con gliUSA dopo che nel ‘24 aveva creato la BCI Trust Co. diNew York, nel ‘26 Boston e Filadelfia, nel ‘26/’27 Polo-nia.Nel ‘33 nonostante l’autarchia che riduce gli scambi dimerci e capitali controlla 11 affiliate estere ed ha parteci-pazioni di peso in altre Istituzioni bancarie straniere.All’interno, superata la crisi degli anni ‘20/’21 l’economiariprende un altro lungo percorso di crescita sino alla ri-

valutazione della lira del ‘26.Nel contesto la Comit, sotto Toeplitz, si distingue specienell’assistenza e supporto allo sviluppo di aziende im-portanti quali la Terni, la Sip, la Breda, Montecatini, Or-lando, Mira Lanza, Snia Viscosa, Dalmine, FranchiGregoriano, Marzotto, Crespi, Chatillon.Nel ‘26 Mussolini, abbagliato da sogni di autarchica glo-ria introduce la famosa “quota novanta” di rivalutazionedella lira fissando appunto in 90 (ex 150) lire il cambioper sterlina, lo stesso cambio esistente al tempo dellamarcia su Roma.La realizzazione della “quota novanta”, che voleva es-sere il preludio alla stabilizzazione della lira e alla rein

troduzione della convertibilità in oro della moneta, com-porta però un forte fenomeno di deflazione che incideovviamente e ne-gativamente sulladomanda di inve-stimento e sull’oc-cupazione. Leimprese hanno dif-ficoltà a rispettaregli obblighi assunticon le banche perfinanziare gli inve-stimenti espansividel periodo prece-dente e sono co-strette a cedere inmolti casi le pro-prie azioni allebanche stesse agaranzia delleesposizioni.La BCI a questopunto, quale grande banca finanziatrice, si trova ad es-sere fra le più esposte agli effetti negativi della con-giuntura.Sul finire del ‘29 si apre una grave crisi a livello mon-diale. Da noi, a maggior ragione, la crescita rallenta vi-stosamente e la borsa subisce un primo durocontraccolpo dal crack di Wall Street. Le imprese, chesi stavano appena riprendendo dagli effetti della poli-tica deflattiva del ‘26/’27, vedono contrarsi di nuovo af-fari e redditività.Si affidano ancoraed inevitabilmentealle banche, chenon possono esi-mersi di fronte alleulteriori richieste diaziende delle quali,come abbiamovisto, dispongonoormai dei pacchettiazionari di con-trollo, rischiando diconseguenza ilco invo lg imen tonell’eventuale falli-mento di queste.Si gonfia così ilportafoglio aziona-rio della BCI. A fronte, una non corrispondente crescita dei depositied una ereditata sottocapitalizzazione che la costrin-gono, per non precipitare nell’insolvenza , al ricorso alcredito ed alle anticipazioni dell’Istituto d’emissione edall’indebitamento a breve sull’estero.

LA BANCA COMMERCIALE ITALIANA

A CURA DI ANTONIO MARIA MASIA (SECONDA PUNTATA)

Giuseppe Toeplitz

Banca Commerciale Italianae Rumena - Bucarest

Sede di Costantinopoli

Banca Commerciale Italiana eBulgara - Sofia

Luglio 2008 7 NoicomitAnpecomit sul Web

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La seconda metà del 30 vede l’aggravarsi della crisibancaria negli USA che accelera la fuga dei capitaliamericani dall’Europa. A ruota numerose le banche eu-ropee, austriache (Creditanstalt di Vienna) tedesche editaliane, compreso il Credito Italiano ed il Banco di Romain difficoltà irreversibili.La Comit riduce gli stipendi dei dipendenti tra il 12% e il15%. Ma non serve a niente l’orgoglio di Toeplitz che dal 1925 si avvale della collaborazione preziosa edilluminata del trentenne RAFFAELE MATTIOLI di Vasto,già Segretario della Camera di Commercio di Mi-

lano, a farcela da solo.Siamo alla gravissimacrisi del ‘31/’33 del mo-dello operativo di bancamista della quale la BCIè l’esempio maggiore.In questo periodo attra-verso diverse e dramma-tiche fasi negoziate conla Banca d’Italia e con ilGoverno, per mezzo delsuo ministro Alberto Be-neduce, da Toeplitz e so-prattutto da Mattioli, laBanca è costretta a ce-dere prima i pacchetti di

controllo delle aziende nel suo portafoglio in cambio diliquidità e poi il suo stesso capitale. Nasce così, impostoda Beneduce, l’Istituto per la Ricostruzione IndustrialeI.R.I. che diventa l’azionista di maggioranza non solodella Comit ma anche del Credito Italiano e del Banco diRoma. I tre Istituti assumono la denominazione di ban-che d’interesse nazionale.L’IRI si assume la responsabilità per il finanziamento alungo termine delle grandi imprese nel nuovo contestodi specializzazione che verrà codificato nella legge ban-caria del 36 che impone precisi ruoli e paletti agli inter-mediari bancari.Fine della seconda puntata (continua)

TEMPOMa che cos’è il tempo?

Intanto è quello che ti manca sempre, soprattutto perfare le cose meno gradite. Diciamocelo: quando non vo-gliamo fare qualche cosa è facile giustificarsi con un bel:”Mi spiace, ma non ho tempo!”Poi c’è il tempo da cani. Perché da cani e non da gatti,forse che i gatti non si bagnano ed i cani sì?Ecco, ci sono: è un tempo da cani perché chi ha uncane, e non ha un giardino, deve per forza uscire perfargli fare i suoi bisognini, con il bello o il brutto tempo.Tempo meteorologico: gli inglesi sono maestri nell’utiliz-zarlo nei discorsi. Avvantaggiati dal clima variabile dellaloro isola, è fonte di innumerevoli spunti di conversa-zione, tanto da indurli ad avere due differenti parole peril tempo orario (time) e quello climatico (weather). Lorosì che fanno piovere cani e gatti.

C’è poi il tempo delle mele. Se parliamo del frutto nonha significato, in quanto c’è tutto l’anno. Se inveceparliamo del film, allora ci emozioniamo ricordando iprimi amoretti, i batticuori, la mano nella mano, lestucchevoli poesie che scrivevamo e …gli urlacci deigenitori se tornavi a casa con cinque, dico cinque mi-nuti di ritardo!. Questo “tempo” non ha senso per i ra-gazzini di oggi che godono di una libertà di azione edi orari a noi sconosciuta.Passiamo al buon tempo antico. No, è meglio lasciar perdere perché se incomincioanch’io a blaterare ”Ai miei tempi….” vuol proprio direche sono vecchia. Alt! non di deve dire vecchia, è unaparola tabù, bisogna assolutamente dire anziana,pena sguardi di odio dei tuoi amici di pari genera-zone.Vogliamo parlare del tempo di Einstein? Lui sì cheera un genio; riusciva a farsi comprendere anche danoi studenti con quell’ intuitivo paragone spazio-tempo: il treno viaggia con i passeggeri a bordo e lepersone a terra che lo vedono transitare: bellissimaesemplificazione di due tempi diversi!Solo che, già allora, non avevo ben capito il percorsodel treno e quindi in quali stazioni dovessi andare pervederlo passare. Però bello eh!Se invece vogliamo mostrarci acculturati, possiamolanciarci in una dissertazione sui tempi verbalifilosofando su passato, presente, futuro e, eventual-mente, condizionale. Il congiuntivo non lo prendereiin considerazione dato che ormai lo si trova solo piùin autori tipo Pico della Mirandola, Dante o Manzoni(quello che nei ritagli di tempo andava a sciacquare ipanni in Arno, anche se a vederne il ritratto mi parevapersona poco adatta a tali lavori); da fonti ben infor-mate ho saputo che verrà trasmesso in TV un formatdal titolo “Il congiuntivo, questo sconosciuto”.Il tempo musicale fa bella mostra di sé prima dellenote sul pentagramma: gavotta, polka, valzer, lento,adagio, veloce, ad libitum… Ogni indicazione, ogni frazione (3/4 – 7/8 ecc.) indi-cano un ritmo, una cadenza che compie il miracolo ditrarre la magia della musica da solo sette piccolenote. Per concludere rivolgo un doveroso pensiero atutti gli amati-odiati orologi che con il loro tic-tachanno scandito a lungo il tempo delle nostre ore lieteo tristi. Un poco mi manca quel ticchettio, tanto simileal battito del nostro cuore, ma infernale nel silenziodella notte. Ora è sostituito dalle silenziose pile, e le lancette deisecondi e dei minuti dai numeri e dobbiamo anchefare attenzione se siano AM o PM (ma non è più fa-cile con le 24 ore?). Una cosa però resiste, fedele neisecoli: il segnale orario dall’Istituto Galileo Ferraris diTorino che regola tutti gli italici tempi (caro vecchiouccellino della Rai!) e che mi ha detto or ora “è tempodi chiudere e dire ciao”. Mi ha anche suggerito il miomotto per il futuro:“Non vogliamo fermare il tempo, solo bloccarne gli ef-fetti collaterali”.Perciò, dato che tempus fugit, do tempo al tempo…sino alla prossima. Piera Favetto

Noicomit 8 Luglio 2008Anpecomit sul Web

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Egli era il rappresentante della IBM presso la Comit e,come tale, inserito pienamente nei problemi da affron-tare e risolvere. Dotato di viva intelligenza, di risorsetecniche d'avanguardia, di forte spirito d'iniziativa e difantasia creativa, costituì, d'intesa con i responsabili'tradizionali', un primo gruppo di programmatori sele-zionati fra il personale della Banca. Lo fece istruire evia via rinforzare con altri elementi fino a trasformarloin un manipolo preparatissimo, affiatato e determinatoverso il conseguimento degli obiettivi. Uno dei quali,prima ancora degli altri, consistette nella costruzionedei programmi “in famiglia”, cioè in casa, senza subirela schiavitù delle forniture esterne.Di pari passo fu costituito e adeguatamente addestratoun gruppo di 'amministrativi' che, in un primo tempo,avrebbe avuto il compito di collaudare le nuove proce-dure via via che venivano 'pronte' e poi di assi-stere in loco le filiali nella delicata fase di preparazionee di passaggio al nuovo.I lavori occuparono un arco di tempo che si protrassefino al 1969.Si attrezzò in maniera adeguata il Centro contabile diParma perchè sopperisse alle nuove esigenze senzacontraccolpi. Si tennero strettissimi rapporti con gli altriServizi affinchè le nuove procedure rispettassero glistandard di lavoro abituali e, anzi, fornissero maggiorie più selezionate quantità di dati, anche dal lato quali-tativo. Si intensificò al massimo il rapporto con il ge-store delle linee telefoniche perchè si sapeva che,specialmente al sud dell'Italia la rete era fortementecarente. Idem con il gestore della rete elettrica; anzi sistudiarono, applicandoli poi, sistemi di back-up localiper fronteggiare mancanze di energia elettrica.Insomma, fu studiato ogni minimo particolareaffinchè l'inevitabile trauma dell'abbandono delle cartee il parallelo utilizzo del mezzo elettronico (terminale)fosse di entità sopportabile. E così fu.Le modalità prece-denti, per chi nonlo sa, prevede-vano che le filialiinviassero al Cen-tro contabile diParma, alla fine diogni santo giorno,la cosiddettabanda perforataottenuta dalle vec-chie macchineAudit durante leregistrazioni. IlCentro doveva at-tendere che questirotolini arrivasseroda tutte le filiali. Aquesto punto li ri-componeva e av-viava la relativa

lavorazione di controllo. Ultimata, inviava il resocontoalle filiali, le quali soltanto ora avrebbero saputo se isaldi dei conti movimentati erano giusti o no. Come sivede, una procedura lenta, farraginosa e non priva dirischi, visto che le filiali “viaggiavano”, fra un controlloe l'altro da parte del Centro Parma, nel dubbio che ilsaldo di qualche conto non fosse regolare.Con le nuove procedure in tempo reale nulla di ciò po-teva più accadere perchè le filiali avevano l'immediatoriscontro di ogni singola impostazione; non solo, ma inqualsiasi istante potevano venire a conoscenza dellasituazione generale e, alla sera, chiedere il bilanciodella giornata senza più l'assillo dei tempi passati. Unpoderoso volume di istruzioni era già in possesso dellefiliali.Arrivò dunque il giorno fatale, il giorno in cui le primeagenzie (quattro del centro di Milano) dovettero ab-bandonare le vecchie modalità e applicare le nuove procedure. Era il 1° luglio 1969. La tensione era altis-sima, ma ognuno di noi, conscio dell'eccellente lavorodi preparazione e collaudo, era sufficientemente tran-quillo. Il vertice si teneva in contatto continuo. Final-mente le Agenzie, presente il nostro personaled'assistenza, dettero il via.Tutto filò liscio fino a sera quando, pigiando un sem-plice pulsante, si tirarono le somme della giornata etutto 'quadrò'. Superata questa prova cruciale, si pro-cedette allargando i collegamenti in senso geografico,ossia a tutte le filiali (con pacchetti specifici anche perle numerose filiali della rete estera: Londra, New York,Tokio, ecc.) e in senso applicativo (prima i conti cor-renti, poi il portafoglio, le operazioni dell'estero-merci,dei titoli, dei P.O.S., delle transazioni a livello europeoe così via fino ad abbracciare l'intera attività dell'Isti-tuto).Tutto costò fatiche e sacrifici di tantissime persone,alle quali si deve riconoscenza (come si fa a ricordarletutte per nome, anche quelle che ci hanno lasciato?) e

larga dovizia dimezzi.Poi, come si sa,venne la privatiz-zazione della no-stra Banca (malfatta, perchè senzapaletti contro l'al-trui voracità), il vor-ticosoavvicendamento aivertici, la falsa ag-gregazione conCariplo (Intesa-B.C.I.) e infine ladefinitiva scom-parsa dalla scena.Ma i ricordi vannotutelati.Lorenzo Milanesi

LA MEMORABILE AVVENTURAIL PASSAGGIO DALLE MODALITÀ CARTACEE A QUELLE ELETTRONICHE DEI RAPPORTI GESTITI DALLA GLORIOSA

BANCA COMMERCIALE ITALIANA (SECONDA E ULTIMA PUNTATA)

Il Centro Contabile di ParmaVeduta di Villa Ombrosa, ristrutturatadall’architetto Gigiotti Zanini nel 1941

Luglio 2008 9 NoicomitAnpecomit sul Web

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Alghero aprile 2008. Assemblea Generale dell’ANPECOMIT (Aspetto turistico)

Radice, essenza, anima e cuoredel Mare Nostrum, la Sardegna èstata fonte o affluente di varie cul-ture mediterranee. Ichnusa (daiχνος=orma) l’avevano chiamata iGreci perché a Dio, quando creò laTerra, avanzò un po’ di materialecosì lo buttò a mare imprimendoglisopra l’orma del suo piede! Ad Al-ghero (il nome forse deriva o dallagrande quantità di alghe, forse me-glio dire resti di “posidonia” deposi-tate dalle mareggiate su tutto illitorale, o viene collegato ad Algeridall’etimo “al Giazirah”, l’isola) ab-biamo trascorsoquattro giorni me-ravigliosi e simpa-ticamente incompagnia di tantiamici. Perché taleè stato questosoggiorno ad Al-ghero, nonun’arida e mono-tona riunione disoci, ma un piace-vole incontro fraamici che magarinon si vedevanoda tempo, o frapersone che forsenon si conosce-vano ma chehanno fatto subitoamicizia. L’HotelCarlos V raffinato ed elegante èstata la nostra casa per quattrogiorni in belle e comode camere,terrazzo vista sul mare con in fondoil Promontorio di Capo Caccia.Nel primo pomeriggio passeggiatanel centro storico di AlgheroLa tradizione da sempre ha attri-buito ad Alghero il titolo vezzeggia-tivo di “Barceloneta” come simbolodella sua catalanità, in quanto ca-ratterizzata da un profondo legamecon Barcellona. Dopo l’influenzapolitica edeconomicain parte diPisa ma so-prattutto diGenova nelXIII sec., nel1353 Al-ghero passòinfatti sotto ilgoverno

della Confederazione catalano-ara-gonese, e fu epoca d’oro per lacittà. Fra gli algheresi si diffuse lalingua catalana, una lingua parlataancora oggi in Alghero, che perònon è il catalano-spagnolo, è sem-plicemente la lingua degli alghe-resi. Sulle targhe delle vieorgogliosa doppia intestazione inalgherese e in italiano.Per gli spagnoli Alghero fu moltoimportante come località strategica.Perfino l’imperatore del Sacro Ro-mano Impero Carlo V di Spagnafece tappa ad Alghero nel 1541

ospitato nell’antico Palazzo DeFerrera in stile gotico da dove, af-facciato alla finestra, esclamò allafolla osannante: “Estode todos ca-balleros!”.Benchè già protetta da coste fra-stagliate inavvicinabili, sul finire delXVI sec., dagli spagnoli venne raf-forzato il sistema difensivo dellacittà con un possente complessodi Muraglie, torri e possenti bastionicome i Bastioni di Cristoforo Co-lombo (la muralla). Lungo la

strada, belli, nelle scarpate verso ilmare, i tappeti di fiorellini rosa-fuc-sia chiamati “buongiornini” perchési aprono al mattino e si chiudonola sera. Nella Plaça del Bisbe(Piazza del Vescovo) un interes-sante antico Teatro.

24 aprile - Da Alghero a Capo Cac-cia lungo la “Costiera di Corallo”detta così perchè una volta c’erauna barriera corallina, oggi invece icoralli si trovano in profondità proi-bitive, come le aragoste. Ed eccola Baia di Porto Conte con i suoi

piccoli porti naturali ele belle scogliere.Nella campagna ve-ramente incontami-nata (ci troviamo ineffetti nel Parco Na-turale di PortoConte istituito a sal-vaguardia dell’ecosi-stema) molto diffusala Palma Nana concui si intrecciano ce-stini (in altre zoneusano l’asfodelo). Ametà strada ci fer-miamo per visitare ilVillaggio nuragicodi Palmavera edifi-cato probabilmente indiverse fasi dal 1600al 900 a.C. (età del

bronzo). Il nuraghe propriamentedetto ( radice nur=cumulo cavo) cir-condato da capanne, era come un“forte” tutto di pietra e compren-deva, inglobate in un massiccio ba-stione ellittico, due Torri e unagrande Capanna delle Riunioni oSala del Consiglio. Le tombe eranochiamate “domus de ianas” con unsignificato bivalente di “casa difate” o “casa di streghe”. Sia neinuraghi che nelle tombe sono statirecuperati vari oggetti: bronzetti la-

vorati, utensili,gioielli, e “navi-celle” (lanternea olio). Pur-troppo non ab-biamo nessunatestimonianza discrittura nura-gica ma certa-mente, secondovarie testimo-

Barceloneta, qui bella que sés Barceloneta, che bella che seiSegua en fatxa del Cap de la caça, seduta di fronte a Capo Caccia,si no fossi perduda la raça se non se ne fosse perduta la razza una sirena hi fora de més. una sirena ci sarebbe in più.Barceloneta, qui bella que sés. Barceloneta, che bella che sei!

R. Carardi: « Rimes alguereses »

Noicomit 10 Luglio 2008Anpecomit sul Web

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nianze, i nuragici commerciavanocon i Fenici e anche con gli Etru-schi. Nel 500 a.C. la civiltà nura-gica misteriosamente scomparve. Visto da lontano puòsembrare un gigantecoricato o forse me-glio, un faraone di-steso il Promonto-rio di Capo Caccia,ma adesso incombevicino a noi con lesue falesie altequasi 300 metri.Laggiù il mare e laGrotta di Nettunoin cui un tempo vi-veva la foca monacaormaiestinta. Ipiù corag-giosi ini-ziano ladiscesa perl’Escaladel Cabirol(”cabirol”capriolo) (siarrampicasulla rocciacon più di654 gradi-ni!) e final-mente sientra in unospettacolare mondo fatto di spec-chi d’acqua color smeraldo o zaf-firo, e di colonne di stalattiti estalagmiti (formazione nel meso-zoico-cretaceo circa 75 milioni dianni fa) così nella Sala dell’Or-gano o nella Sala della Cupola,spazi ampi come Cattedrali illumi-nate da fasci di luce che attraver-sano fori e spaccature sullavolta.E pensare che per formarsiun solo centimetro di stalattite cison voluti 100 anni e più del dop-pio per un centimetro di stalag-mite. L’impatto con quella serenabellezza è di grande emozione.Quel silenzioso, paziente, lento la-voro di millenni fa pensare allanullità dell’uomo di fronte alla sag-gezza delle forze della natura chehanno spesso motivazioni difficil-mente sondabili da menti umane. Pomeriggio a Stintino situatosulla stretta penisola isthintinu,termine sassarese: budello, inte-stino) che dalla Piana della Nurrasi protende verso l’Isola Asinara.

Sosta dovuta alla famosa Spiag-gia La Pelosa tipica per la sabbiafinissima e bianchissima che donaal mare bassi fondali trasparenti

tipo isole tropicali, ma caratteriz-zata anche qua e là dalla pre-senza di scisti cristalliniaffioranti fra la sabbia comelamine sottili e allineate, for-mazioni rocciose dovute avari processi di metamorfi-smo (basse temperature ealte pressioni).

25 Aprile – Bosa - Adagiatain una verde conca sul fiumeTemo, Bosa è un esempiopressoché unico, per la Sar-degna, di città edificata ac-canto a un fiume nel quale sispecchiano le Antiche Con-cerie, Sas Conzas, vecchiecostruzioni decorate con tra-chite rossa. Anche la sabbiadella spiaggia di Bosa è ro-sata

26 aprile - Castelsardo –Sosta prima a Sedini per ve-dere la famosa Rocciadell’Elefante, un masso di

trachite traforato a forma pressap-poco di elefante con una cortaproboscide (forse la domus janasdi un re nuragico).Quindi a Valle-

doria alle foci delfiume Coghinas in untratto di costa fra Ca-stelsardo e la punta diIsola Rossa ricco discogliere rossastre eromantiche insenaturesabbiose. Qui è il Ri-fugio estivo deiMasia che con affet-tuosa ospitalità hannoinvitato tutti a prendereun caffè nella loro gra-ziosa villa adagiata inmezzo alla frescura diuna ombrosa pineta. ACastelsardo, anticoborgo cinto da vecchiemura, abbiamo pas-

seggiato per le caratteristiche estrette vie che si arrampicano inerte scoscese o per ripide scale.Poi alla svelta ritorno ad Alghero.Alle h 18 Convegno per i sociANPEC e quindi Cena di Galaricca di sapori locali come le Sea-das dolci ripieni di formaggio emiele. Ottimi i Dolci sardi gentil-mente offerti dalla sorella di Anto-nio (Pabassinos, Tiriccas,Casalinas, ecc.) La serata è stataallietata da un tastierista e unacantante. Mariella Di Pasquale

TEMPUS“Tempus nuraghes de pedras antigasbinchidos dae tempus e dirrutose arvures e rundinas e fruttosdisizos cuntierras e fadigasbanzighende sunt tres velas in maresa sorte sa morte ei sa vidauna tanca ‘e istellas fioridade pitzinnos chi cherene giocareboghes de poesia sa zente mannaiscustaimis in notte de istiuluntanu brincaiat unu riuammajados in s’oru ‘ e sa giannadies de amarguras e isperasunu sonniu una ninna-nannae su entu chi muidat sa cannain milli e chentumiza caminerastempus lizu in prestidu leaducontivizadu cheres cun amorein ora ‘e gosu in ora ‘ e doloreproite andas che fiore torradua chie cun amore t’hat donadu…”Antonio Masia

Luglio 2008 11 NoicomitAnpecomit sul Web

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A proposito di vera solidarietà…. in questo mondo di ladri

Mi permetto fare una brevissimaintroduzione a questa nota diGianfranco da me fortemente vo-luta per il nostro periodico e chelui avrebbe evitato per un suo in-nato senso di sobrietà e riserva-tezza. La preziosa, sensibile ealtamente meritoria attività soli-dale di cui il nostro Segretario siè fatto carico è stata a suo tempoinclusa nell’ambito di un filone so-ciale che l’Anpecomit intendeva eintende promuovere fra i soci, ini-zialmente, della sezione di Roma.La riproponiamo nella speranzache lo spunto venga favorevol-mente raccolto , e non solo in am-bito romano; nella speranza che lacattiva attuale e diffusa declina-zione del verbo percepire: io per-cepisco che tu sei diverso, tupercepisci che io sono diverso, luipercepisce che tu ed io siamo di-versi ….sparisca per sempre dallenostre menti e dai nostri cuori.(Antonio Masia) ___

Nello sconquasso provocato dal-l’esodo biblico di seimila personepromosso da Passera e dai sinda-cati mi ritrovai anche io “volonta-riamente” a casa.Mentre la mia amata banca pren-deva, a tutto vapore, la rotta versolidi di stock option, utili e commis-sioni mi dissi che, forse, nellanuova situazione di totale libertà,era giusto dedicarmi ad un nuovobudget, quello dell’aiuto ad altri“over 60” che avevano bisogno diassistenza.Bussai così alla Caritas Dioce-sana Romana e, dopo uno stageoperativo di qualche mese, fui in-viato come “volontario” a lavorarenel Centro Alzheimer “Casa Ven-tura”, gestito dal Comune diRoma, nella zona Monte MarioNord.Ho passato tante mattinate con“amici” malati ed alle prese congrandi problemi ma ho potuto av-viare con ciascuno di loro (circa

venti) un rapporto diretto fatto disimpatia, di dialogo e di vicinanza.Con qualcuno il rapporto è stato molto fitto ed è stata per meun’esperienza unica, partecipareall’aprirsi di tanti mondi che, siapure con grande fatica, facevanoriaffiorare qualche “flash” di vitagiovanile legato ora a prigionie inGermania, ora ad emigrazioni, oraa fanciullezza passata.Anche nelle situazioni più difficilic’è sempre stata comunque la cer-tezza di fare sbocciare tanti sorrisie di regalare un po’ di serenità.Purtroppo la popolazione in Italia,con la scarsità di nuove nascite, èdestinata ad invecchiare in ma-niera impressionante (in pochianni più del 30 % sarà oltre i 60anni) e, probabilmente, ci si dovràaiutare tra pari età per cercare divivere nella maniera migliore pos-sibile questo lungo tratto della no-stra vita.Gianfranco Mascini

Roberto CardoneSul molo - 2004Olio su telacm. 70x120

Dal sito www.noicomit.altervistaorg (Galleria di Personaggi Comit)Roberto Cardone è nato a Udine nel 1938 sotto il segno dell'Acquario.Il mare ha sempre avuto grande importanza nella storia della sua fa-miglia. L'amore per il disegno e la pittura si manifesta sin dall'adole-scenza con la frequentazione dello studio di un vecchio pittore. Glistudi e poi gli impegni professionali limitano fortemente questa pas-sione che coltiva solo per il suo personale diletto. Schivo e riservatoper natura non ha mai amato mostrare i suoi " lavori "; il suo mondopoetico si esprime in spazi di grande respiro, compiuti ed universali,cieli densi di nuvolaglie levantine, acque che ne riflettono il morbidotrascolorare, isole di laguna dai percorsi dolci e sinuosiOggi Roberto Cardone, pensionato Comit e socio Anpecomit, vive aPagnacco, nei pressi di Udine, ove può coltivare la sua passione perlapittura e per la poesia.Alfredo Izeta

Noicomit 12 Luglio 2008

Verso Maremma(una poesia di Roberto Ringressi)

Lunga e dritta correva la strada che bianca di polvere nell'afa estiva conduceva lentamente al mare nell'assordante frinir delle cicale

Un uomo in bicicletta sdicentratapigiava sui pedali e arrancava la moglie incinta in canna e unica dote una valigia lisalegata dietro la sella rattoppata era mio padre

Quanta amarezza nel venire viadai verdi monti della Romagna avitaverso Maremma a cercar fortunaquante speranze di migliore vitai sogni di mia madre perduti nella lunacominciò così la mia avventura

Roberto Ringressi è presente nella Gal-leria dei Personaggi Comit. Profondoconoscitore di arte africana (la sua col-lezione di maschere è fra le più impor-tanti in Italia) scrive poesie velate diprofonda malinconia Sente molto quelloche scrive e la sua scrittura è sempresincera.

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DIECI GIORNI SUL VESPUCCI

Il “Vespucci” è maschio, mi dicono, perché, pur essendouna nave, è più precisamente un motoveliero, cioè unagrossa barca a vela il cui comandante non si fida moltodell’energia eolica e, a suo tempo, pretese anche unmotore. Non si sa mai. Il nome è quello di un navigatoreitaliano che si attirò molte antipatie quando sostenneche Colombo aveva preso un’abbaglio grosso come unacasa, avendo scambiato l’America per l’India ed avevainsistito nella sua versione anche quando non aveva tro-vato traccia di marajah, bramini e tagliatori di teste. Gliabitanti che vide erano tutti pariah e le mucche le mette-vano sui barbecue, non sugli altari. Non c’eranonemmeno strade disseminate di boasse ed Amerigo,quando baciò la terra come aveva fatto a suo tempoCristoforo, si accorse subito che non aveva sapore dicurry ma soltanto di ketchup.Quando mio nonno materno era giovane i ragazzi si di-videvano rigidamente in vespucci e lambrettucci e luifaceva parte di questi ultimi, anche perché, fin d’allora,era di sinistra e preferiva un mezzo più spartano, piùrobusto, meno lussuoso e meno costoso.La mia avventura di marinaio apprendista sulla navescuola è stata esaltante, nonostante alcuni punti nega-tivi che andrò gradualmente e con parsimonia ad illu-strare unitamente a quelli, di gran lunga più numerosi,che io ritengo positivi.Il primo giorno, nel porto di La Spezia, dove ero statodepositato la sera prima da uno scettico nonno, di primamattina dovetti scalare la fiancata destra della nave perraggiungere la murata, scavalcarla ed irrigidirmi subitosull’attenti di fronte allo sguardo non proprio benevolo diun nostromo che aveva notato il mio impaccio nelloscavalcamento, ma che subito si addolcì apprezzandol’impeccabilità del mio irrigidimento, da me provato eriprovato al “Morosini” ben sapendo che quello era ilpunto debole dei nostromi di tutto il mondo.Con un cenno della mano il nostromo m’indicò il mio al-loggiamento, rappresentato da una bell’amaca di cordaun po’ sdruscita, senza bagno e piacevolmente ondeg-giante a seconda dello stato del mare. Non osai chie-dere al sottufficiale dove si poteva provvedere allebisogna corporali ma aguzzai lo sguardo intorno e vidicon piacere che esisteva la possibilità di scarico diretta-mente sulle onde. Bastava sporgersi dalla murata e nu-merose corde erano a disposizione per tenersi inequilibrio. Ogni cinque amache la Marina aveva piaz-zato, con una spesa non indifferente, una specie di spu-tacchiera Richard Ginori che serviva per chi soffriva dimal di mare.Verso mezzogiorno arrivò il rancio marinaro, giusta-mente calibrato sul budget del Ministero della Marina,ma verso sera, prima di cena, fu possibile integrarlo conqualche pesciolino catturato dagli esperti del Morosininelle saporite acque del porto. Poi il comandante ordinòdi levare le ancore, di spiegare tutte le vele, di accen-dere (non si sa mai) anche il motore e via, mentre sulmolo una folla plaudente di ragazze accompagnate daalcune suore gridava Hurrà! fra le lacrime di alcune diloro e di un paio di suore.Tramonto sul mare, verso la Corsica, fra voli di gabbiani

in attesa degli avanzi di qualche pesciolino, comandisecchi e sproporzionati di qualche ufficiale o sottufficialebauscia, la preghierina di rigore a Santa Barbara e adun altro santo che non ricordo, poi a nanna.L’amaca di corda non era male, La schiena restavamolto arcuata ed era difficile trovare una posizioneappropriata per il braccio che stava sotto. I piedi eranomolto in alto, ma il nostromo ci spiegò che ciò favorivala circolazione. Prima di coricarci (si fa per dire), ave-vamo, tutti e quattrocento, lasciato una lunga scia dallemurate per i pesci più golosi.Riuscii a dormire abbastanza. La giornata era stata fati-cosa ed eccitante e mi addormentai come un sasso inbilico su un burrone. Sul più bello, mentre era appenainiziato un sogno nel quale incontravo, nei pressi delCentro Commerciale dell’Olgiata, una ragazza mia com-pagna di scuola che mi fermava con un sorrisoaccattivante e sinuoso che io mi sforzavo di non ricam-biare per non attirare gli strali sarcastici del nonno giàcitato prima, mi svegliai di soprassalto e sentii un urlorauco e terribile. Era il nostromo che ci dava la svegliacon atteggiamento che io giudicai in modo negativo. .Dopo la frugale colazione, rappresentata da una bellatazza di caffè lungo zuccherato a volontà (del no-stromo), due grossi biscotti di marca Purina e quattroprugne secche (per combattere la stitichezza), il coman-dante ci riunì sul ponte per spiegarci il funzionamentodella nave ed i nostri compiti di fiancheggiamento del-l’equipaggio, una rappresentanza del quale era pre-sente e ce n’accorgemmo subito per un paio dipernacchie provenienti dal loro settore e che il coman-dante ignorò con eleganza.Il comandante ci fece subito capire chiaramente che ilcompito di educare al mare un branco di mocciosi figli dipapà non gli andava e che in ogni caso avrebbe fatto ditutto per trasformarci in lupi di mare, rotti a tutte lefatiche e disagi. Il compito non gli era gradito anche per-ché lo considerava una punizione. Ma diamine! Gli altricomandavano navi veloci, armate di tutto punto, tecno-logicamente avanzate, con equipaggi esperti e lui avevauna carretta, vecchia di un secolo, doveva portarla ingiro di porto in porto a farla fotografare e per giunta do-veva farla manovrare da ragazzetti vogliosi di gloria chegiocavano ai pirati.Decisi di scacciare questi cattivi pensieri e dedicarmi in-vece alla meravigliosa avventura che mi attendeva. Misarei rifatto, per il cibo, in Valle Aurina, da nonna Teresae poi, last but not least, con il sushi della mamma.Durante il tour della nave, accompagnato con i mieicompagni dal nostromo, scoprii che l’albero di trinchettoera tutto pieno di nomi, sigle e date intagliati nel legnocon i temperini. Fra questi vidi distintamente tre U maiu-scole ed una data risalente a più di trent’anni fa e mivennero le lacrime agli occhi. Chissà quanto aveva sof-ferto anche lui, l’autore di quella sigla.Il nostromo ci spiegò sommariamente come funzionavala navigazione a vela, per ottenere lo scopo precipuo difar avanzare la nave e non farla arretrare verso il portodi partenza. Capii che occorreva il vento, magari anchesolo un venticello e che il nostro non bastava. Per tal

Luglio 2008 13 NoicomitAnpecomit sul Web

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motivo erano stati installati due grossi ventilatori azionatia pedale per le emergenze che potevano verificarsi,come ad esempio l’impossibilità di mettere in funzione ilmotore ausiliario per mancanza di nafta che il Ministeroc’inviava con il contagocce.Nei giorni successivi, giorno per giorno, imparai tutti isegreti delle vele e dei relativi alberi, quello di maestra,il trinchetto, quello di mezzana, l’albero Bonaventura, lecoffe, le sartie, e poi le vele, grandi, piccole, il fiocco, ilcontrofiocco ed imparai anche che le semplici corde diquesto mondo sono chiamate cime, con malcelatocompiacimento. Imparai che non si deve dire “vado sullanave”, ma “salgo a bordo”. Il davanti è la prora, il di die-tro la poppa e non capisco che cosa c’entrino le tettonedi Barbara Chiappini.Nafta permettendo, fu acceso più volte anche il motore

(ma ce n’era anche uno di ricambio, già appartenentead una vecchia corriera che faceva servizio, negli annitrenta, fra La Spezia e Pontremoli). Sole, mare, sudore,schiena un po’ arcuata a causa dell’amaca, niente ra-gazze, turni di guardia per prevenire eventuali arrem-baggi di ragazze assatanate, pulizia accurata deigabinetti degli ufficiali e lavaggi del ponte con MastroLindo, ma, nonostante questi ultimi servizi, sentivo chestavo per diventare un vero uomo (non lo ero e non losono ancora, però, lo riconosco, ma lo sto diventandorapidamente). Il mio sogno è di diventare finalmente au-stero, duro, burbero, bello, elegante, ammirato, amatocome mio padre, a parte le idee che preferirei, tuttosommato, più aderenti a quelle di mio nonno materno.

GIACOMO MORANDI

CHE SIGNIFICA DETASSARE GLI STRAORDINARI ? NIENTE PER NOI !In questi giorni si parla di detassare gli straordinari; pare quasi che questa iniziativa, a detta degli “esperti”, abbiaimplicanze positive per far girare l’economia delle varie aziende, oltre a riconoscere qualche euro in più al lavora-tore dipendente. Iniziativa sindacabile al pari di quella secondo cui, abolendo l’ICI, si farebbe girare di più l’economia(sentita a Ballarò da Cicchitto). Fresca fresca poi la notizia secondo cui l’attuale Ministro delle finanze starebbe ab-bozzando l’idea di tassare un po’ di più gli stipendi alti. Permettetemi un paio di riflessioni, terra terra, stante il fattoche pur non essendo un economista, dovrei essere senz’altro uomo di esperienza finanziaria se non altro per i moltianni trascorsi anche in posti chiave della Comit. E, per posti “chiave”, intendo dire non solo “esecutivi”. Che effettoavrebbe per noi pensionati la detassazione degli straordinari che non facciamo ? Sortirebbe solo l’effetto…acquafresca in quanto il reddito da pensione, il nostro, è fermo come quel tipo di…prosecco che non si muove, e quindi,non fermentando, non manda in orbita il tappo all’apertura della bottiglia. Scusate l’esempio un po’ “sui generis”,se vuoi riconducibile ad un …lavoretto di imbottigliamento che ho appena terminato e che mi ha suggerito subitodetto esempio. Va da se che, per noi pensionati, da un simile provvedimento, non solo non otterremmo nessun be-neficio, ma continueremo a subire il fenomeno perverso del calo del potere di acquisto delle nostre pensioni che,per quanto riguarda lo scrivente, andato in pensione nel 1993, ora si attesta oltre il 50 %, ripeto cinquanta percento. Come dire, citando anche questa volta un altro esempio “sui generis” , che se nel 1993, attualizzando il po-tere di acquisto di allora, potevo comperare un paio di scarpe, oggi invece ne potrei comperare solo una…postoche le scarpe si potessero vendere, singolarmente, ad una ad una. Detto questo, c’è da chiedersi che senso avrebbe una detassazione degli straordinari (che fanno parte del lavoro“fluttuante”: il lavoratore – va detto subito - oltre ad avere incentivi, premi di rendimento ecc. ecc., può farli e nonfarli gli straordinari, mentre per il pensionato è “NO” di tutto questo,) rispetto alla detassazione delle pensioni chefanno parte invece del lavoro “fermo”, come dall’esempio più o meno pertinente di poco fa ? Le aziende possonoinfatti trarre linfa anche e soprattutto con i redditi messi in circolazione da parte dei pensionati, mentre la detassa-zione degli straordinari, quanto ad effetti, costituisce una goccia d’acqua in mezzo all’oceano. O no ?Inoltre detassare le pensioni, significherebbe ristabilire un doveroso e necessario equilibrio di natura sociale,ormai gravemente compromesso, compensando, in qualche modo, quella macroscopica perdita di valore diacquisto delle nostre pensioni che, per noi più anziani, ora è allarmante.Questo è il primo problema.Passando alla seconda proposta di questo governo, ventilata in TV ieri sera, che sarebbe quella di tassare dipiù le entrate significative, c’è da presumere – in aggiunta al fatto delle pensioni più modeste - che vengatoccata anche quella dei pensionati che ricevono pensioni buone. Vi pare questa cosa buona e giusta, come re-

cita il Vangelo, considerando che queste nostre pensionisono state ottenute sulla base del tipo di lavoro che ab-biamo svolto, a livelli di un certo prestigio e responsabi-lità ? Mi pare che anche questo cozzi contro ogni formadi giustizia sociale. O no ?

Diciamocela infine tutta e per intero: oggi, le nostre pen-sioni di funzionari di banca di una volta, non solo non siscostano più di tanto da quelle degli impiegati che ven-gono assunti ora, ma anche di quelli di tanti altri conte-sti professionali. Bella soddisfazione, ma soprattuttoche….miseria ! Nella sua vera accezione.

ARNALDO DE PORTI

Noicomit 14 Luglio 2008Anpecomit sul Web

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TURISMO E NATURA – LE GOLE DEL VERDON (FRANCIA - ALTA PROVENZA)

In Francia le chiamano “GrandCanyon du Verdon”: non è pro-prio il Grand Canyon (troppo verdequello francese) ma è sicuramentequalcosa di simile anche se didimensioni più modeste. Si trova acirca 200 Km da Ventimiglia: perraggiungere la zona dovete per-correre l’autostrada, uscire a Can-nes e dirigervi verso Digne.Incontre-rete primaGrasse (lapatria deiprofumi edelle es-senze: perle signoreè unasosta ob-bligata inquanto po-tranno ac-quistare iprodotti du-rante la vi-sita ad unadelle nu-meroseaziendedella citta-dina) e poiCastellane,piccoloborgo medievale dal quale inizia lastrada per la nostra meta.Le verdi acque del Verdon scor-rono in una valle tortuosa, pro-fonda anche 700 metri,attraversando un’alta landa disabi-tata tra Castellane e Moustiers-Ste-Marie; il fiume alimenta poi ilLac de Sainte Croix (bacino artifi-ciale) dopo aver attraversatocirca 21 chilometri di spetta-colari gole sul fondo dellequali si possono vedere de-cine di minuscoli puntini chesi rivelano essere canoe esub in muta di neoprene.Nella zona non mancanopunti di fornitura di materialeper sport estremi, quali il raf-ting, il canyoning, gli sport diroccia in genere, il ciclismodi montagna e così via.

L’itinerario

Riva destraPartendo da Castellane, borgomedievale che vale la pena di visi-tare, si segue il corso del Verdonper arrivare al Point Sublime, ilprimo balcone di roccia che per-mette di ammirare uno splendidopanorama sulla profonda gola sot-

tostante. Si prosegue sino ad in-contrare l’imbocco della Route deCretes (subito prima di La Paludsur-Verdon) che costeggia il Ver-don: prendetela in quanto offre al-meno una decina di stupendibelvedere. Rientrati nella stradaprincipale si prosegue in una na-tura incontaminata nonostante

l’alta affluenza turistica sino a Moustiers-Ste-Marie (550 abitanti ma moltissimi alberghi): qui è op-portuna una sosta (meglio ancorase avete tempo per pernottare) pervisitare questo borgo medievale,serrato in una profonda gola rac-chiusa tra due picchi uniti da unalunga catena al centro della qualeè stata posta una stella in seguito

alle Cro-ciate(quellaoriginaleè cadutaa terranell’Otto-cento e sitrova nelpiccolomuseodel aese:in alto èstatapostauna copiapiùgrande),

Riva sini-straDa Mou-stiers-Ste-Marie

si prosegue sino ad incontrare ilLac de Sainte Croix, un bacinoartificiale dalle acque azzurre ali-mentato: il Verdon sbocca nel lagopassando attraverso due alti spe-roni rocciosi che segnano in pra-tica la fine del Canyon. Nellevicinanze è d’obbligo una sosta adAiguines, con il suo castello sei-

centesco caratterizzato daquattro torri circolari ricoperteda tegole in ceramica poli-croma; Proseguendo incon-trerete altri punti panoramici(da non perdere l’Etrit desCavaliers e il Balcon de laMescia).Ora potete tornaresoddisfatti alle vostre case:secondo me ricorderete persempre questo bagno nellanatura, insieme ai paesi chelo circondano.Alfredo Izeta - maggio 2008

Il VerdonIl Verdon è un fiume della Francia che scorre nei di-partimenti delle Alpi dell'Alta Provenza e del Var.Nasce nei pressi del colle d'Allos nelle Alpi Marit-time e si getta nella Durance nei pressi di Vinon-sur-Verdon dopo aver percorso circa 175 chilometri.La colorazione verde del fiume è dovuta al fluoro ea micro-alghe che contiene: è probabile che il suonome derivi da questa particolarità, formatasi dalnome latino viridium (luogo verdeggiante). Tuttavia illago di Sainte-Croix presenta una colorazione tur-chese dovuta al fondo argilloso.

Luglio 2008 15 NoicomitAnpecomit sul Web

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LE STATUE-STELE DELLA LUNIGIANA

La Lunigiana è una zona del no-stro Paese non molto conosciuta,a volte confusa con la Garfa-gnana, di incerta collocazione geo-grafica tra la Liguria , la Toscana el'Emilia.Questa Terra prende il nome daLuni, importante porto e centrocommerciale in epoca romana e siidentifica sostanzialmente con lavalle del fiume Magra che nasce alPasso della Cisa, estremo lembonord della Toscana al confine conl'Emilia, scende toccando Pontre-moli, Aulla e Sarzana e raggiungeil mare a Bocca di Magra (in pros-simità vi sono i resti di un anfitea-tro romano ed un piccolo museo)tra La Spezia e Carrara, segnandocosì anche il confine tra Liguria eToscana.Volendo caratterizzare in sintesi laLunigiana possiamo dire che, puressendo la maggior parte del suoterritorio in provincia di Massa Car-rara e quindi in Toscana, purregistrando numerosi influssi liguried anche emiliani, evidenzia, nellaparlata, nella cucina, nella cultura,nel modo di costruire le case ed iborghi, alcune caratteristiche pro-prie, autoctone, che la distinguonoe la differenziano da quelle delletre Regioni.Un aspetto di questa "originalità"sono anche le statue-stele dellaLunigiana che costituiscono unodei gruppi più importanti in Europadi questi monumenti antropomorfiin pietra che sono presenti, a par-tire dalla seconda metà del quartomillennio a.C, in alcune zone bendelimitate del nostro continente edanche dell' Asia e dell' Africa. Oggisono note in Europa circa seicentostatue-stele, in Italia ve ne sono uncentinaio, metà delle quali rinve-nute in Lunigiana.Si tratta di massi tagliati e model-lati dall'uomo, di dimensioni di-verse ma di norma non superiori aidue metri di altezza, 50/60 centi-metri di larghezza e 30 di spes-sore, sui quali sono stati incisi itratti della figura umana, sia uomoche donna. Viene data particolareenfasi alla faccia, alle braccia ed aiseni, ma in alcuni si rilevano inte-ressanti rappresentazioni di cin-

ture, armi (asce, pugnali e frecce)e monili.Raramente vengono raffigurati gliarti inferiori del corpo, anzi, a voltela parte bassa del monolite non èlevigata ed è rozzamente appun-tita facendo pensare che la statuavenisseconficcatanel ter-reno, tesiavvalorataanche dauna colo-razionelegger-mente di-versa dellapietra.I luoghi diritrova-mentodelle sta-tue-stele in Lunigiana sono i piùsvariati anche perché, con il pas-sare dei secoli, molte sono statespostate dai siti originari. Alcunesono state ritrovate vicino a san-tuari cristiani, altre in prossimità disorgenti o di fiumi e l'acqua sem-bra aver avuto, anche per analogiacon ritrova-menti inaltre zone,un qualchetipo di rela-zione con ilculto o i ritiche verosi-milmentecoinvolge-vano questimonu-menti. Inalcuni casila statua oparte diessa è stataritrovata inserita addirittura nelmuro di una casa o di una pieve.Ma qual' era la vera funzione, il si-gnificato di questi oggetti miste-riosi, cosa rappresentavano per gliabitanti di queste piccole regioniautoctone come la Lunigiana,sparse a macchia di leopardo perl'Europa e non solo? Tra questi po-poli, a volte così lontani, c'era unqualche collegamento, un qualche

contatto?Le interpretazioni date dagli ar-cheologi e dagli storici sono molte-plici, diverse e talvolta discordanti.Alcuni studiosi fanno notare, innetto contrasto con altri, l'assenzadi ossa umane in prossimità dellestatue ritrovate, assenza che fa-rebbe escludere la relazione conuna tomba o un cimitero; per con-tro gli stessi evidenziano la cospi-cua presenza di materiale inceramica che farebbe piuttostopensare a vasi votivi offerti ad unidolo, ad una divinità protettiva.Alcuni altri hanno visto in questimonumenti delle opere d'arte finea se stesse come potrebbero es-sere le varie manifestazioni d'arterupestre, altri ancora hanno attri-buito loro delle finalità pratichecome quella di cippi di confine ter-ritoriale e così via.Difficilmente gli esperti arriverannoa dare un'interpretazione univocasul significato e su cosa hannorappresentato questi antichissimimonumenti. Dovremmo pertanto li-mitarci a prendere atto dell'unicacosa evidente ed inoppugnabileanche se un po' misteriosa: chealcuni uomini di cinquemila annifa, appartenenti a civiltà diverse edislocati in zone distanti anche mi-gliaia di chilometri, hanno sentito ilbisogno di incidere la loro figura suuna pietra con modalità, tecnichee caratteristiche abbastanza simili.Bisogna peraltro ammettere che leenigmatiche espressioni che que-ste figure promanano, ancora oggici turbano e non possono non su-scitare in noi stimoli e curiosità.

GINO LUCIANI

La più importante raccolta di sta-tue-stele della Lunigiana si trovaal: Museo Castello del Piagnaro54027 Pontremoli (MS)Aperto al pubblico tutti i giornitranne il lunediOrario invernale: 9/12 - 14/17Orario estivo : 9/12 - 16/19Tel. 0187- 831439Per u n viaggio in Lunigiana sipossono consultare i siti:www.terredi lunigiana.comwww.lunigiana.com

Noicomit 16 Luglio 2008Anpecomit sul Web

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FILATELIA: IL “PENNY BLACK”

Il Penny Black, emesso nel 1840 dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, è l’emblema del collezionismo di tutti i tempi: È stato il primo francobollo postale ufficiale ad essere utilizzato in tutto il mondo. La nascita del francobolloha origini del tutto casuali in quanto prima di allora spedire le lettere costava caro, non vi era un importo fisso edesso variava in base a molti fattori, tra i quali la distanza e il peso della lettera. E, cosa più importante, il pagamentodella tassa era a carico del destinatario che, spesso, si rifiutava di ritirare la lettera. Si narra che sir Rowland Hill,uomo di indubbie qualità pratiche e dotato di eccellenti capacità di analisi, durante un viaggio in Irlanda fu testimonedi una scena che lo indusse ad attenta riflessione. Durante la sosta della corriera venne consegnata una lettera aduna ragazza che, dopo averla soppesata attentamente, la riconsegnò al portalettere dicendo di non avere lo scellinoper il pagamento del “porto”. Sir Rowland Hill si offrì di pagare la tassa e consegnò la lettera alla giovane, ma consua somma sorpresa scoprì che la ragazza si era accordata con il fidanzato che viveva a Londra: questi apponevadei segni convenzionali sulle buste ed alla destinataria bastava dare un’occhiata alla busta per sapere esattamentele notizie in essa contenuta. Realtà o leggenda non lo sapremo mai, ma resta il fatto che sir Hill si interessò al pro-blema e nel 1837 fece pubblicare a sue spese il libretto “Post Office Reform: its Importance and Practicability”con cui rese noto al Parlamento inglese il suo pensiero riformatore basato su un servizio postale prepagato, basatosulla riscossione della tariffa all’atto della spedizione e non del ricevimento.Introdusse anche il concetto di tariffe basse ed uniformi per favorire l’aumento del traffico postale. Il progetto si scon-trò con l’ostilità preconcetta del Post Office, che non accettò l’intrusione di un estraneo quale era considerato Ro-wland Hill. Tuttavia, questi, grazie all’intervento di dodici uomini d’affari londinesi mercanti e banchieri (sempreloro…) che organizzarono una raccolta di firme a favore del progetto, la proposta arrivò alla Camera ed il 26 dicem-bre del 1839 il Parlamento britannico approvò la riforma che rese necessaria la realizzazione dei francobolli. A Hill fuassegnata una carica provvisoria al Tesoro in qualità di supervisore ed egli suggerì che i francobolli dovessero es-sere dei pezzi di carta di dimensioni sufficienti ad accogliere una stampa e dotati sul retro di una soluzione glutinosaidonea all’incollaggio degli stessi, come prova dell’avvenuto pagamento della tariffa postale. Il francobollo sarebbestato annullato mediante un timbro indelebile per evitare che venisse riutilizzato. Nel frattempo era stato bandito unconcorso per trovare il disegno più adatto ad essere riprodotto sul francobollo. Giunsero 2600 proposte delle qualinessuna ebbe il favore del riformatore: Hill decise, quindi, di adottare il profilo della Regina Vittoria. L’effigie venneincisa da Charles e Frederick Heath su un bozzetto tratto da una medaglia coniata anni prima da William Wyon. Perla realizzazione fu prescelta la Perkins, Bacon e Petch che stampava banconote e non era certo solita stampare fogli contenenti pezzi di carta piccoli in grandi quantitativi, ma se la cavò piuttosto bene! Fu scelto il colore nero per-chè era l’unico, che a differenza degli altri colori, non mutava di tonalità.Il 6 maggio 1840 nacque così il primo francobollo, il famosissimo “Penny Black”, ma in realtà furono due i valoriemessi contemporaneamente: c’era anche il 2 pence azzurro, che non raggiunse mai la fama del “Penny Black”.L’anno successivo il colore del valore da 1 penny fu cambiato da nero in rosso per rendere maggiormente visibilel’inchiostro nero del timbro postale.

Il successo del francobollo fu clamoroso e Rowland Hill fu fatto baronetto e nominato direttore generale delle Postedel Regno Unito. Il Penny Black non costituisce un esemplare raro, ne furono infatti stampati 66 milioni di pezzi ma,in quanto prima emissione adesiva, è tenuto in grande considerazione dai filatelici. Molti acquistarono il francobollonon solo per farne uso postale, ma anche per conservarlo come “figurina” o piccola stampa decorativa. Il PennyBlack è sempre disponibile sul mercato filatelico ma, vista la continua domanda da parte dei collezionisti e l’impor-tanza dell’esemplare, ha costi relativamente elevati che vanno dai 400/ 500 euro circa per l’esemplare usato a ben1000/1500 euro per uno nuovo. I prezzi variano, ovviamente, in base alla “qualità”, “freschezza”, “centratura” ecc.del francobollo. E……attenzione….ai falsi…………….Otto anni dopo, nel 1848, su invenzione dell’ingegnere Henry Archer che ideò la perforazione meccanica del franco-bollo, fu emesso il “penny rosa” il primo francobollo con margini dentellati, completando così la genesi del franco-bollo dentellato così come è noto oggi.Le matrici da cui furono stampati i primi penny black, sono conservate alla British Library di Londra, mentre il “boz-zetto originale” che riproduce il profilo altero e reso aulico della Regina Vittoria e in chiusura la scritta con grafia unpo’ tremebonda “Proposal to Penny Post Proof”, la data 1 giugno 1839 e la firma Rowland Hill, è di proprietàdell’archivio storico della torinese Bolaffi, leader in Italia della filatelia. Alberto Bolaffi in un’ intervista rilasciata al Cor-riere della Sera il 17 settembre 1992 a Fiorella Minervino ebbe a dichiarare “mi sento come un privato che avesse incasa sua la Primavera del Botticelli”.Fernando Mazzotta

Luglio 2008 17 NoicomitAnpecomit sul Web

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Diversamente da tanti che, liberidagli obblighi della vita attiva, tro-vano finalmente il tempo di dedi-carsi a qualche hobby, sono statomodellista negli anni lavorativi,ritagliandomi spazi serotini, spessomolto risicati.L’inizio è stato curiosità e anche uncerto qual puntiglio (“mò, vuoi ve-dere che non son capace….?) per-ché mi era capitata fra le mani unapubblicazione di modellismo navalestatico antico….pubblicazione che,come scoprii diversi anni dopo, es-sendo di una, allora, molto notaazienda specializzata, insegnaval’esatto contrario di quel che deveessere e fare un buon modellista.Ora, senza raggiungere le vette diperfezionismo paranoico di taluni, cisono comunque diverse maniere diesser modellista.Di solito si comincia con una scatoladi montaggio e qui va subito fattauna precisazione: le scatole di mon-taggio di modelli in legno hannopoco a che vedere con quelle dimodelli in plastica. Queste ultimecontengono una serie di pezzi giàsagomati da assemblare. Questonon vuol dire che non si possanoraggiungere eccellenti risultati, anzi,con buone tecniche di rifinitura delmodello si realizzano piccoli capola-vori. Per contro, una scatola di mon-taggio di un modello in legnocontiene, in prevalenza, materialegrezzo, i listelli che serviranno performare il fasciame della nave, lachiglia e le ordinate (non sempregià tagliate) e, ovviamente, minute-ria varia, cordami, tele. Tutto deveesser opportunamente lavorato: i li-stelli andranno curvati per seguire lalinea dello scafo e, cosa che neineofiti provoca ulteriori ambasce,“rastremati” . Già, perché, im-maginando uno scafo tagliatoa fette come un salame,avremo che le fette, proce-dendo dal centroscafo versopoppa e verso prua, diven-tano sempre più piccole. Inun lavoro di fasciatura delloscafo ben fatto, se lungo ilperimetro della “fetta” mag-giore, quella centrale, civanno, diciamo, 20 listelli, perpoter avere sulle fette più pic-cole gli stessi 20 listelli, evi-dentemente dovranno essere

di minor larghezza. In soldoni, di so-lito il listello è lungo da 0.60 a 1 mte largo 5 mm, misura quest’ultimache, progressivamente, dovrà es-sere ridotta via via che si va versoprua o poppa. Questo è solo un pic-colo “assaggio” degli aspetti da con-siderare, davvero numerosi ma chein questa sede non è il caso di ap-profondire. A parte gli aspetti stretta-mente costruttivi, ci sono poi unamiriade di trabocchetti che, ignorati,sviliscono un buon lavoro agli occhidi esperti: il timone, o meglio laruota del timone, se la vedete suuna caravella di Cristoforo Colomboè come vedere una delle auto deiprimi ‘900 con l'alettone poste-riore....Io suggerisco di documentarsi afondo sul soggetto da riprodurre,per evitare anacronismi o erratimontaggi dell’apparente intricatocomplesso delle “manovre”, cioèquel cordame che viaggia da un al-bero all’altro, da un pennone alponte e così via. Oltretutto, alla fine,si resta ammirati e sorpresi nel con-statare che su una nave tutto eraessenziale e funzionale ad un benpreciso compito. Naturalmente, do-cumentarsi sul soggetto significaanche gettar l’occhio sulla vita del-l’epoca, su usi e particolarità. Allafine si avrà la soddisfazione, in unacol completamento del modello, diconoscere una realtà davvero sor-prendente. Le condizioni di vita deimarinai erano durissime tant’è veroche, fra le possibili attività del-l’uomo, difficilmente uno sano dimente avrebbe scelto quella vita …un po’ meglio gli ufficiali (almenocome alloggiamenti e vitto). Sullenavi da guerra, comunque, si usavail riguardo di dipingere di rosso gli

affusti dei cannoni e gli ambientidelle batterie conseguendo il du-plice risultato di non impressionaregli addetti ai pezzi e di risparmiaresuccessive riverniciature per coprirele tracce inevitabili nei combatti-menti…. Col passare del tempo tivien voglia di uscire dalla logicadella scatola di montaggio e, al-meno a me è successo, vuoi farequalcosa di diverso. MI spiego: sul mercato, gira gira, sitrovano sempre gli stessi modelli,per lo più di navi inglesi, francesi,spagnole… qualche raffinato si puòspingere a reperirne olandesi…ita-liane pochissime, a prescinderedalla Vespucci che, per quanto bel-lissima, è pur sempre un ibrido (inferro) e comunque non appartieneall’epoca d’oro della vela, cioè il700-800.Nel periodo che sono stato a Napoliebbi l’opportunità di conoscere unmodellista che mi sviluppò – par-tendo dalle foto che feci a un mo-dello in museo – i disegni dellaPartenope, fregata del 1834 dell’Ar-mata di Mare (questo era il nomedella Marina Militare delle Due Sici-lie). Questo è stato il mio ultimo la-voro e mi sono sfiziato a sfruttaretutte le conoscenze che avevo ac-quisito nel corso di svariati anni:anche se dentro ci posso sbirciarepochissimo, però so che le batteriecoperte sono fatte tutte con cannoniinteri sui loro affusti (e non le mez-zecanne che sporgono dai portellialla “tanto è quello che si vede”), soche le ruota del timone agisce effet-tivamente sul gioco di corde (non èil termine corretto, è per farmi inten-dere da tutti, ma tecnicamente sichiama agghiaccio”) che muovonola barra del timone, so che la ca-

rena è stata rivestita di unbuon migliaio di piastrine dirame (le proporzioni, per-bacco, non potevo conten-tarmi di quelle in vendita…troppo fuori scala) rame che,infine, con una mistura infer-nale di ammoniaca, sale,aceto, ho reso di un bel verde-rame…Sì, lo confesso, il modellista,alla fine un po’ paranoico lo di-venta…..Maurizio D’Angelo

Le memorie di un modellista… stanco

Noicomit 18 Luglio 2008Anpecomit sul Web

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Oh, COMIT CIAO! Ovvero ad Alghero anch’io c’ero…

PUNTURE DI SPILLO - A CURA DI GIORGIO COZZI

E’ sempre utile quando si va in un posto cercare spuntisui costumi, sulla lingua e sui modi dire, perché sonoaspetti che aiutano capire l’ambiente e la gente e poiperché ti fanno sembrare uno che… la sa lunga. Eb-bene, rovistando tra le carte, mi sono imbattuto nelmotto “FORZA PARIS!” (Avanti insieme!), famoso gridodi battaglia della gloriosa brigata “Sassari”, che mi èparso - anche Masia sarà d’accordo – veramente per-fetto per noi della brigata ANPEC,sbarcati ad Alghero con tanto entusia-smo, tanta voglia di batterci, di stare edi lottare insieme. Ad accoglierci al-l’aeroporto il vessillo dei Quattro Moriche, quasi riluttante al vento e pieno disussiego, bisbigliava: “Non so se mispiego” (brrrr…)

Antonio sperava di vedere tutte le sueLegioni, invece il gruppo non era fol-tissimo, ma poteva contare sui fidi pre-toriani: Romani (Ciancia, Greco,Mascini, Tripepi and partners), Toscani(Fabrici,Angeleri and …), Cispadani(V.P. Basilico, Auterio, and…) accom-pagnati dalle gentili spose (qui laquota rosa sfiorava il 50%). Molto gra-dite le presenze di Bruno Bacchiddu(ormai sardo-meneghino) e del neo-sindaco Ricchiuti con fascia tricolore;infine, dalla Nuova Terra, ecco spun-tare il Chicco (Della Grisa) con simpa-tica consorte.

Pochi insomma, ma belli, e così la va-canza l’abbiamo goduta di più.

Non dimentichiamo però che l’appun-tamento era serio, istituzionale: per sa-bato, ultimo giorno, era previstal’assemblea annuale dei soci ANPEC.A ingrossare la platea dei partecipantisi sono aggiunti altri amici sardi (Pep-puccio Fiore, Budroni, Virdis and…).

Come sempre, il Presidente Masia era (molto) in palla.Dopo quasi due ore, parlando fitto come la macchiamediterranea, aveva appena esaurito… le premesse.Nessun argomento è sfuggito alla sua relazione tor-renziale (meno male che non l’aveva preparata). Macome fa? Tutto in apnea. Maria Pia intanto provvedevaal suo rifornimento idrico, mentre gli astanti non nutri-vano più speranze, nemmeno in un intervallo pubblici-tario. Solo Otello Pozzi avrebbe potuto reggere ilconfronto dialettico con pari autonomia respiratoria,

ma si è saggiamente trattenuto. Anche all’intervento“fiscale” dell’amico Vanin è toccato solo un piccolorateo del 4% (e nessuna possibilità di ottenere il 12,5).Poi si sono svolti altri interventi, diciamo normali,senza particolari casi di dissenso nè di dissenteria.

Ma la vera attrattiva del Convegno, inutile negarlo, eraquella di visitare luoghi meravigliosi, di godere il mare,

i fiori, i profumi, la bellezza infinitadi questa terra, secondo il pro-gramma scandito a tappe forzatedalla dolce Isabel, guida unghe-rese dal fascino slavo, agile e si-nuosa come un delfino, ma ormaidiventata… sardina (brrrr…).Tutto è filato a meraviglia, però aCAPO CACCIA ecco la scala perscendere alla famosa Grotta, fattadi ben 654 gradini (contati), cosìnon voleva andarci … Nettuno. Poil’esempio di alcuni intrepidi e diquasi tutte le signore, ha trascinatoanche i più timorosi e pure alcunipezzi da novanta (chili!). La risa-lita, cronometrata per i primi (an-cora le donne!) in 86 minuti, ha poifatti registrare paurosi distacchi,tra cui quello del tacco di unascarpa.

Durante il viaggio a BOSA, invece,Antonio, microfono alla mano, ciha fatto il ripasso di storia sarda,partendo dalla civiltà nuragica: aquanto pare gli uomini nuragicinon andavano molto d’accordo, sitiravano…le pietre a mucchi, cosìhanno lasciato i nuraghi in grandequantità. Essi non erano solo pa-stori, ma anche navigatori e com-mercianti che facevano moltiscambi con egizi e fenici (inven-tando così gli Scambi commerciali

e lo Sviluppo, un lascito che poi ibancari sardi in carriera si sono ritrovati nel loro “dhl”).

Invece ai feroci cartaginesi che mettevano a “filu eferru” l’isola, Sardus, Amsicora e i guerrieri Sardana,non gli hanno lasciato prendere piede (da cui il nomeICHNUSA).

Tutte cose molto interessanti, senonchè, per arrivareai giorni nostri, ad Antonio sarebbero occorsi altri tre-cento chilometri, invece quando toccava ai Doria e a

Luglio 2008 19 NoicomitAnpecomit sul Web

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Brancaleone (quello della famosa Armata?), eccoci ar-rivati a Bosa e… addio storia.

E che dire poi di STINTINO dalla spiaggia incantevole,ammirata in tutta la sua nudità, senza i segni delle “in-vasioni barbariche” estive, con migliaia di vacanzieristipati col giornale e il telefonino. La visione magicadella “Pelosa”, senza veli e senza peli, ha scatenato levarie “digitali” presenti e la rovente telecamera dell’im-mancabile Gaetano.

E come dimenticare il “coffee-party” offerto a sorpresadal Presidente a VALLEDORIA, buen retiro presiden-ziale e centro operativo Anpec, strettamente sorve-gliato dalle guardie forestali, anche loro accorse agustare due dei sessanta espressi, preparati all’istantedall’ineffabile Toia..

Infine ecco la serata di gala che ha galvanizzato tuttiquanti. Bella compagnia, belle signore, tutte “moderatamente eleganti” (come previsto dal programma). A

un certo punto, il coro misto dei “Cantores”, (tutti dielevata statura, tranne il trainante “basso” Fanni), sfi-dando il divieto del sindaco di Alghero di cantare “Ohbella ciao”, si sono lanciati nell’esecuzione di “OH,COMIT CIAO!”, pezzo poetico e nostalgico, molto ap-plaudito con richieste di bis, che i cantores bis-trattatihanno esaudito. Uno spettacolo… dimenticabile!

Poi, sull’onda di lenti travolgenti, tutti a ballare comesemoventi. Forse il Presidente, impegnato in sambe elambade, avrebbe gradito anche il suono delle “lau-neddas” e il tradizionale “ballu tundu” delle sagre po-polari. E’ molto attaccato alla sua terra e, inoltre, losappiamo, è anche ispiratissimo e apprezzato poetadialettale. Da una sua raccolta mi sono trascritto que-sti versi: “Sa vida est un eternu girutundu!/ E cun saroda ch’est sempre girende/ bisos e rughes andende etorrende!”. Penso che la traduzione sia superflua, co-munque: “La vita è un eterno girotondo/E con la ruotache è in eterno movimento/I sogni e le croci vanno evengono”. (G.C.)

Parliamo di politica?

E’ poco più che una bambina. E’ una campionessa sportiva.A domanda risponde esponendo il suo pensiero Non vuole che la sua attesa delle Olimpiadi sia turbata.Non vuole che “la politica” le tolga questa opportunità.La Politica?Evidentemente è preoccupata per le manifestazioni pro Tibet. Teme che si scelga di “punire” la Cina sabotando inqualche modo i Giochi.Certo lo vediamo: è molto giovane. Non sa ancora che nulla di drastico sarà messo in campo. E questa è politica.Ma lei è molto giovane .Politica ha per lei un significato molto più vago, e deteriore. Ore e ore di allenamenti, la scuola (che scuola?). Avrà le giornate piene. Poco tempo per telegiornali e giornali. Sen-tirà molto parlare, e parlerà, di strategie di gara, di allenamenti , di giusta alimentazione, di abbigliamento supertecno-logico, di medaglie e podii e di nessuna altra pratica finalizzata, si spera.…..Poco tempo per pensare ad altro. Perchéa poco altro si pensa intorno a lei.La stanno costruendo e programmando per vincere, ha già vinto molto, vuole vincere ancora.Sono questi i confini del suo mondo.Qualche spazio per lo svago, la famiglia, gli amici. Poi fine.Il resto sta “fuori”.Il resto è “politica”Forse ha risposto così perché colta di sorpresa. Se avesse avuto il tempo per pensare…Almeno lo spero.Politica è una parola. Dentro ci puoi mettere tutto.Dalla “polis” in su. Dalla “polis” in giù.Polis è la nostra casa, polis può essere il nostro ombelico. O le nostre tasche. O la nostra città: O il mondo intero.Dipende da chi sei. Dipende da te. E molto da chi ti sta intorno.E allora potremmo cominciare col chiederci che politica di educazione o di cittadinanza è prendere una giovane vita,un corpo dotato,una intelligenza vivace e aperta a tutti gli stimoli e imporle degli orizzonti così delineati E così chiusi.Grossa responsabilità.Coppe e medaglie possono convivere con altre idee, altre speranze. E a volte lo fanno. Dipende da chi sei. Dipendemolto da chi ti sta intorno.Ma non intendo nemmeno affacciarmi sul pianeta giovani. La scuola, la famiglia, la parrocchia, il centro sociale, gliamici. le discoteche con tutto quello che convogliano. I loro fragili miti.Ogni giorno la sua storia, ogni giorno fiumi di parole. Io non ho ricette.. Ma loro sono la polis di domani.Una enorme responsabilità “politica” dell’oggi.Una delle tante, a volte ignorata, comunque sottovalutata, o malintesa.Sono quasi sempre “gli altri” a doversene occupare.Noi soccorriamo, tamponiamo.Un pessimo modo di far politica in realtà. Edda Cucè

Noicomit 20 Luglio 2008Anpecomit sul Web

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Si era ai primi di dicembre, s’approssimavaSant’Ambrogio, e fuori erano solo caligine ebrume del nord. Nuvole compatte che non pro-mettevano niente di buono, appena intravistedallo squarcio del finestrone che affacciava su uncortile interno. Ero da poco arrivato nella metro-poli operosa e stavo già maturando un fastidiososentimento in sottofondo: era proprio questa Mi-lano, altro che Amalfi, e mi sarebbe toccato,chissà per quanto ancora, di abbronzarmi sol-tanto al sole artificialedel neon. Mentre aspet-tavo di sottopormi alleprove di dattilo, provai arifugiarmi nei sentimentipositivi: sono su unabarca, respiro il profumodel legno, pesco a trainamollemente rilassato ec’è una bella guaglionain bikini sul cuscino diprua. Ma il vocione rocodel Galimba* mi riportòbruscamente alla realtà,in quella immensa ca-merata. Bisognava am-mettere che l’unica cosain legno che si trovavanei paraggi erano le scri-vanie di noce scuro, enon sapevano di mare.Dal centro di un tavolo iltiranno fece ribaltare,con una magia da presti-giatore, una specie dibasculla dalla quale si materializzò per incantouna mostruosa Olivetti. Inquietante sentirsi dire,dopo appena qualche giorno di lavoro, fammi ve-dere quello che sai fare. Percossi i tasti con frenesia, per dimostrare cheero almeno veloce. Ma sbagliai troppo spesso:ognuna di quelle ics, di quelle stridenti ribattiture,mi sembrò una sommessa ribellione, un intervallodi luce di quella parte di me che inseguiva la ten-tennante traccia del sogno. Mi insultò subito, il Galimba, per quelle cromati-che invenzioni. Una lettera contabile non è uncruciverba, mi disse. E poi, a muso duro: non tipagheranno per fare solo finta di martellare sullatastiera. Eccolo, pensai, se adesso dovessedarmi pure del "brutt terun", corrugherò le soprac-ciglia in un tale moto di disgusto, da scuoterlo finnelle recondite, ingorde profondità. Sorprendente-mente, girò invece i tacchi: la sua asciutta lezioneper quella mattinata era bastata. Nonostante mi

sentissi ancora addosso il suo sguardo asimme-trico, la verità era che non mi filava nemmeno distriscio. Addirittura più mortificante: ero probabil-mente per lui un caso di ordinaria amministra-zione. Mi misi allora a testa bassa sulla Olivetti, leguance rosse, mandando mentalmente un acci-denti al capo ad ogni foglietto compilato. Comeper miracolo, la vaschetta delle lettere in uscita siriempì; mi sentivo però frantumato, senza spes-sore alcuno. Con passo incerto, mi diressi alla

sua postazione per con-segnare i moduli: nelvalutare il compitino,assunse le fattezze diun monarca.Dopo una sbirciata obli-qua, disse abbassandola voce: dai che vabene, la dattilografianon è il tuo forte, sei co-munque un bravo fioeu.Fa minga il Vincenzocome ti chiami e potraimigliorare, conclusel’orco con quei dentineri che prendevanoinaspettata vita dall'az-zurro fumo della siga-retta. Prima o poi, saraianche tu dei nostri enon andrai più via (chivolta el cü a Milan, voltael cü al pan). Un sintetico epitaffio,un’altra magia. Guarda

te, conosceva persino il mio nome e, per ore,aveva fatto finta di niente. Mi sentii appena eufo-rico, come dopo aver superato un esame all’Uni-versità. Era ormai stabilito: da quella volta,appartenevo finalmente alla medesima famigliadel Galimba.

Vincenzino Barone

*) Gli amici milanesi meno giovani non possonocerto aver dimenticato che le prove di dattilogra-fia e sulla divisumma, alla fine degli anni ses-santa, erano tra le più temute per i neo-assunti,tenuto conto anche di una certa ruvidezza del-l’esaminatore Giuseppe Galimberti, peraltro ot-timo nostro Funzionario. Attorno alla metà degli anni settanta il Galimba,com’era scherzosamente chiamato, andò in pen-sione, credo col grado di Procuratore.

Luglio 2008 21 Noicomit

L e m a g i e d e l l ’ o r c o

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Noicomit 22 Luglio 2008

Un ampio stralcio dell’intervento di Alessandro Buffardi all’Assemblea di Intesa Sanpaolo

Signori Azionisti, Signori Consi-glieri, Signori Presidenti Anche quest’anno mi soffermeròsulla percentuale di eticità che haaccompagnato, professor Bazoli, iSuoi comportamenti nel persegui-mento dei risultati aziendali. ComeElla sa, la Chiesa come istituzionesovrana che guarda allo Statocome altra istituzione sovrana an-novera – tra varie pietre miliari –questa: il vincolo dei fedeli all’obbe-dienza all’istituzione ecclesiastica,non solo nella loro professione difede, ma anche nel loro essere cit-tadini, operatori sociali o agenti po-litici; la pretesa che alla morale dellaChiesa si conformi l’etica pubblica.E’ la cosiddetta “via confessionale”.Il mio intervento, quindi, non potràessere da Lei bacchettato come‘fuori tema dell’ordine del giorno’;potrà eventualmente tacciarmi dilesa maestà per essermi attardatoa verificare la cifra etica dei com-portamenti Suoi e dei Suoi collabo-ratori.

Primo argomento: il Fondo Pen-sione della (ex) Banca Commer-ciale Italiana.Nato nel 1905, primo esempio diprevidenza complementare, dopoessere stato rimesso in carreggiatadalla Comit anche grazie al sacrifi-cio economico di tutti i dipendenti epensionati iscritti, sotto la gestionedi Banca Intesa veniva inopinata-mente messo in liquidazione nel di-cembre 2004, senza l’accordo diuna comunque scandalosamentesilente COVIP, a causa di una si-tuazione dichiarata strumental-mente deficitaria. Non vengonosostanzialmente più erogate le pen-sioni dirette e di reversibilità a ca.10.500 famiglie. Nell’aprile 2006Beni Stabili si aggiudica l’intero pa-trimonio immobiliare per 1106 mlndi euro, consentendo al Fondo direalizzare una plusvalenza di circa530 milioni di euro sul valore del pa-trimonio immobiliare, a dimostra-zione che il presupposto dellasituazione “irreversibilmente defici-taria” era ed è infondato. La Covipcontinua a lasciar fare, le cause incorso e quelle che verranno ci di-ranno come stanno le cose.Questi, succintamente, i fatti. Dopo

aver in modo ingiustificato, arro-gante ed illegittimo pilotato la liqui-dazione del Fondo, dopo aver in-troitato il doppio del paventato,dopo aver sottratto a oltre 10.000famiglie di pensionati la pensioneintegrativa – che non è la stessacosa che dare in contropartita uncapitale -, dopo aver bloccato il ri-cavato della vendita per tentare diripartirlo secondo criteri iniqui ed in-giusti, Professor Bazoli, sulla basedi quale etica cristiana si è compor-tato e si comporta!? Sull’etica dellacarità o sull’etica della verità? Sul-l’etica che vede nell’individuo unapersona, o su quella che lo consi-dera un numero? A Lei ha fatto piùcomodo optare per quell’etica chela Chiesa conciliare ha rifiutato. (1)

Secondo argomento: la sceltadei consulenti-consiglieri.

.................Omissis............ Nella settimana lavorativa ci si com-porta così, la domenica (o durantele ferie) si indossa la casacca opu-sdeina (cfr. recensione su LaStampa del 13/4/08 del libro di Gio-vanni Minoli “Opus Dei”).E’ questa l’etica della carità, dellaverità o è un’etica ‘ad personam’?Torniamo ai consulenti-consiglieri.Lo studio, l’analisi, l’approntamentodi quanto necessario all’esecuzionedelle due più nefaste azioni poste inessere da Banca Intesa (i licenzia-menti del 2004 e la cancellazionedel Fondo pensioni Comit) sonostate affidati dal Professore al piùnoto ed influente giuslavorista oggiconosciuto.Più che dalle sue pubblicazioni di-vulgative, negli ultimi tempi siamostati anestetizzati da numerosi in-terventi giornalistici e frequenti com-parsate televisive; queste ultimehanno spesso preferito indugiarepiù sugli aspetti umani della sua si-curezza personale che sull’analisidelle tesi del giurista (peraltro tra-volto dal gusto della provocazionedel polemista, tipico di chi ha allespalle un tragitto ideologico stupe-facente).In una recente intervista a LaStampa (6/3/08), alla richiesta dicome vorrebbe che un nuovo go-verno (e perché non lui stesso..?) ri-

formasse il diritto del lavoro, così harisposto:“Dopo sei mesi di lavoro, l’art. 18 siapplica solo ai licenziamenti per motivi disciplinari o di discrimina-zione o di rappresaglia. Il controllodel giudice si deve limitare a que-sto. Se il motivo è economico o or-ganizzativo, la protezione dellavoratore è costituita da un inden-nizzo e da una assicurazione.Quindi è il costo del licenziamentoa costituire il filtro della scelta im-prenditoriale.” Allucinante non è solo lo stravolgi-mento dei principi giuridici (non èpiù un giudice ‘terzo’ che decide,ma una delle parti in base alcosto!!...suo), ma soprattutto il fattoche con i conseguenti licenziamentidel 2003/2005 è, in concreto, comese, quanto teorizzato, fosse giàlegge della Repubblica; da un latola materia grigia, ‘il teorico’, dall’al-tro gli esecutori sul campo: per for-tuna c’è ancora qualche Corted’Appello (oltre che molti Tribunali)che ha l’onestà intellettuale di ricor-dargli che il diritto (e la Giustizia) ri-posa ancora sulla certezza dellenorme in essere, anzichè arrendersialle elucubrazioni mentali dell’intel-lettuale di turno.Il problema è che alcuni notisti poli-tici avevano ipotizzato, in un even-tuale governo di centro-sinistra, ilnostro A.D. ministro dell’economiaed il nostro giuslavorista vicemini-stro del lavoro; un bel tritacarne nelquale i dipendenti a suo tempo li-cenziati, avrebbero trovato mai ungiudice disposto a fare Giustizia?! E allora, Professor Bazoli, la sceltadei Suoi uomini, il teorico e gli ese-cutori, di quelli che volentieri fannoil lavoro sporco, è guidata dall’eticadella carità, da quella della verità onon piuttosto dall’etica aziendale?In tal caso si metta rapidamente incerca di un confessore compia-cente che Le consenta, candido perl’ennesima volta, di cominciare dacapo. Per me, laico, se è questa l’eticache guida i Vostri comportamenti,l’espressione del mio voto è: con-trario; il sentimento che lo accom-pagna è: il disprezzo.Alessandro BuffardiTorino, aprile 2008

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Luglio 2008 23 Noicomit

CITTÀ E PAESIPuò capitare che, viaggiando per l'Italia meno battuta dal turismo di massa, vi imbattiate in gioielli preziosi, che ri-conciliano gli occhi e il cuore con l'idea della bellezza e del sentimento che s'aveva un tempo e che oggi è respinta aimargini dalle lordure e dalla perversità d'una realtà che si stenta sempre più a tollerare.A Forlì, che nei giorni di festa primaverili ed estivi è pressochè deserta dalla massa cittadina che si riversa al mare, evede le strade un po' affocate percorse con compiacimento da neri su biciclette neppur tanto male in arnese, apre isuoi ambienti da poco restaurati da un gruppo di valenti architetti stranieri ed italiani un complesso architettonico diassoluto pregio, e cioè quello di San Domenico, adibito a centro museale ed espositivo.Sale e celle, refettori e gallerie denunciano inequivocabilmente l'origine conventuale dell'insieme, che affianca lagrande chiesa ancora in fase di recupero strutturale e funzionale.In attesa di ospitare la ricca quadreria e statuaria della pinacotesa cittadina, gli spazi in cui era sistemata l'antica bi-blioteca dei domenicani ha ospitato (sino al 22 giugno) una delle più belle, intelligenti, ben strutturate mostre che visiano state in Italia da qualche anno a questa parte, non per niente curata da quella sensibile e attenta personalitàche risponde al nome dell'ex responsabile del polo museale toscano ed ex ministro per i beni culturali Antonio Pao-lucci. Si tratta della esposizione più completa ed esaustiva delle opere di Guido Cagnacci, pittore che giustamente laguida ed il catalogo definiscono "protagonista del Seicento, tra Caravaggio e Guido Reni".Pittore pressochè autodi-datta, sodale per qualche tratto del Guercino, autore di grana un po' grossa e opaca nei primi lavori, assorbe con iltempo e la frequentazione, pur breve, della temperie romana, una luminosità, una raffinatezza di velatura e una sen-sibilità emotiva ed emozionante di grande rilievo, che lo portano da ultimo ad elevati risultati nell'ambiente veneziano,prima, e in quello della Vienna imperiale, poi.Certamente, dai primi palesi omaggi a pittori coevi (basta osservare il richiamo di postura e sinuosità al San Seba-stiano di Ludovico Carracci) agli ultimi ansiti delle Cleopatre morenti, erotiche e abbaglianti, dai riferimenti al Ratto d'Eu-ropa di Guido Reni all'autonomo, svettante turgore dei trionfanti capezzoli dei seni delle sue donne e alla sottileperversione delle bocche, con il labbro inferiore più breve per la piega all'ingiù di quello superiore, indice indiscutibiledi sensualità e perduto misticismo, certamente - dicevamo- i passi compiuti dal Cagnacci sono lunghissimi. Tant'èche alla fine, in mezzo al tripudio di quadri piccoli "da stanza" e quadri grandi di destinazione religiosa, egli trova per-sino la libertà e la disinvoltura di uno sberleffo autobiografico, raffigurando la sua modella nell'atto di dividere con una ciabatta due "cagnacci" che ringhiano per accaparrarsi lapreda di un'oca.Se condite il tutto con l'osservazione di un corredo di opere -esposte- del Caravaggio e dei suoi seguaci (tra molti, Lan-franco, Serodine, Honthorst, Gentileschi e Vouet), capirete perchè la mostra di cui parliamo possa ritenersi a buon mo-tivo una delle più importanti e belle tra quelle, certamente più strombazzate e grondanti di opere minori , che di recentesi sono tenute, tanto per dire, a Roma o a Milano, a Brescia o a Mantova.Ma commetterei un grave errore se, con l'occasione, tacessi dell'altro gioiello che si ritrova tra le ben coltivate cam-pagne romagnole non lontano da Cesena, su di un colle a circa 180 metri d'altitudine.Longiano è un paese che nel 1992 ha ottenuto il titolo di "villaggio ideale" e nel 2005 la bandiera arancione del Tou-ring Club Italiano, massimo riconoscimento alla qualità della vita e dell'accoglienza di città italiane con meno di 15.000anime. L'abitato, lindo e ordinato, ospita tra l'altro un minuscolo teatro, il Teatro Petrella, del 1870, restaurato nel 1986,e l'affascinante Oratorio di San Giuseppe, gioiello barocco che contiene un elegante, ricercato Museo d'arte sacra,abbracciato all'interno, nell'aula principale, da muri ornati da stucchi straordinari di panneggi ampi e ondeggianti, sor-retti da deliziosi angioletti che si guardano l'un l'altro compiaciuti.Domina poi gli edifici in basso del paese la mole del Castello Malatestiano, nel cui complesso è stabilmente sistematala Fondazione Balestra, con una ampia raccolta di quadri, ma soprattutto di bellissime incisioni di artisti del '900 ita-liano (Rosai, Maccari, Sironi, Morandi, Vespignani e altri) e stranieri (Goya, Chagall, Matisse). La visita al Castello, ealla collezione dono della moglie di Tino Balestra al Comune natio del marito deceduto, consente di scoprire, per chinon l'avesse conosciuto, un uomo di bella personalità che è stato anche poeta di grande spessore umano e grandegrazia espressiva.Se ne possono ritrovare tratti salienti nelle due raccolte "Quiproquo" e "Se hai una montagna di nevetienila all'ombra", da cui traggo, a conclusione, questi struggenti versi:"Con una ciliegia nel becco"l'estate sembra più allegra"volano merli e cornacchie"attorno al vecchio ciliegio"e nel calore di giugno"tesse reti un ragnetto "minuscolo e già tanto esperto"della lotta per sopravvivere".Quante cose si imparano e che atmosfere si respirano anche in città appartate come Forlì e in solitari paesini comeLongiano! (G.F.)

PARLIAMO D’ARTE

A CURA DI GIORGIO FERRETTI

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S O M M A R I O

2 Informazioni sull’Anpecomit

3 No alle mani libere sulle aziende invocate da Micheli e Ichino (A. Masia)

4 Attività di sostegno alla soluzione delle problema-tiche di categoria (F. Basilico - M. Auterio)

6 Mondo FAP - L’intervento di A. Masia all’Assemblea Annuale dell’Associazione Pensionati delBanco di Napoli

7 La Banca Commerciale Italiana - la storia - seconda puntata A. Masia)

8 TEMPO - ma che cos’è il tempo (P. Favetto)

9 La memorabile avventura (L. Milanesi)

10 Alghero aprile 2008. Assemblea Generale dell’ANPECOMIT; aspetto turistico (M. Di Pasquale)

12 A proposito di vera solidarietà…. in questo mondo di ladri (G. Mascini)

13 Dieci giorni sul Vespucci (G. Morandi)

14 Che significa detassare gli straordinari? Nienteper noi! (A. De Porti)

15 Turismo e natura - le gole del Verdon - Francia/Alta provenza (A. Izeta)

16 Le statue-stele della Lunigiana (G. Luciani)

17 Filatelia - il “penny black” (F. Mazzotta)

18 Le memorie di un modellista....... stanco (M. D’Angelo)

19 Punture di spillo - Oh, COMIT CIAO! Ovvero ad Alghero anch’io c’ero… (G. Cozzi)

20 Parliamo di Politica? (E. Cucè)

21 Le magie dell’orco (V. Barone)

22 Un ampio stralcio dell’intervento di Alessandro Buffardi all’Assemblea di Intesa Sanpaolo

23 Parliamo d’arte - Città e paesi (G. Ferretti)

24 Inserzionisti, nuovi soci, necrologi, sommario

N.B.: articoli, lettere, pubblicazioni e varieimpegnano tutta e soltanto la responsabilità

degli autori

A QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATO

Mario Auterio, Enzo Barone, Francesco Basilico,Giuliano Boer, Alessandro Buffardi, Giorgio Cozzi,Edda Cucè, Maurizio D’Angelo, Arnaldo De Porti,Mariella Di Pasquale, Piera Favetto, Giorgio Fer-retti, Alfredo Izeta, Gino Luciani, Gianfranco Mascini,Antonio Maria Masia, Fernando Mazzotta, LorenzoMilanesi, Giacomo Morandi, Riccardo Tedeschi. Liringraziamo e contiamo di ottenere nuovi contributiper il prossimo numero, che uscirà il prossimo mesedi Ottobre. Nel giornale troverete anche due poesie(di Antonio Masia a pag 11 e di Roberto Ringressi apag. 12) ed un breve inserto dedicato ad un quotatopittore, Roberto Cardone ( a pag. 12 vi presentiamo

un suo quadro di epoca recente).

RINGRAZIAMO E SALUTIAMO I NUOVI SOCI

Albertini Giuseppe, Azzarita Mauro, Baroni Costan-tino Bruno, Bellini Maurizio, Bergamo Giuseppe, Ber-tellini Vittorio, Bonora Bruno, Calantoni Giuseppe,Cappa Valter, Danelli Piergiorgio, De Vita Oreste, DiBitonto Antonio, Di Lieto Francesco, Federici Fabri-zio, Frisoni Stanislao, Frova Marco, GiovanniniMarco, Gramaglia Giantino, La Rocca Espedito, Mar-cotrigiano Silvia, Maulini Umberto, Menini Giancarlo,Michienzi Roberto, Montanaro Antonio, Nobile Do-menico Eugenio, Palumbo Bruno, Paola GiulianaMarina, Pasotto Virgilio Roberto, Perez Angelo, Pe-truzzi Mario , Piras Anna Lisa, Pucci Claudio, Puc-cini Eugenio, Ravanelli Giampaolo, Rega Paride,Rossetti Massimo, Rovai Giulio, Rovati Giancarlo,Rubiolo Adelio, Saitta Renzo, Salvati Pasquale, San-tacroce Lucia, Savi Antonio, Schiavo Mario, ScottoMassimo, Stabellini Valter, Tagliabue Emanuela, Ta-gliacollo Enrica, Uglietti Giancarlo, Zaccardi Paolo,

Zappacosta Paola

Ricordiamo con affetto e rimpianto

Martignoni Carlo, Daddi Anselmo, Cecchi Italo,Cammilli Carlo, Mattioli Sergio, Russo Sebastiano

Rinnoviamo alle famiglie il nostro più vivo cordoglio!

NOICOMIT - Un appuntamento fra memorie, attualità e futuro del mondo ComitPeriodico trimestrale di informazione, arte, cultura, attualità, turismo dell’”Associazione fra Pensionati edEsodati della Banca Commerciale Italiana ANPECOMIT” - Via Cesare Balbo 35 - 00184 Roma -tel/fax 06-4820307 - mail [email protected] / [email protected] - sito http//www.noicomit.altervista.org -codice fiscale 97321550580 - aderente alla “FAP CREDITO - Federazione Nazionale Sindacale delleAssociazioni dei Pensionati del Credito”

Direttore Responsabile Neria De Giovanni - Responsabile layout e impaginazione Alfredo Izeta - Comi-tato di Redazione Franco Basilico, Giorgio Cozzi, Antonio Maria Masia - Autorizzazione Tribunale di Roman. 18 del 21 gennaio 2008 - Stampa Nova Arti Grafiche srl - Via Cavalcanti, 9 - 50058 Signa (FI) - Tel. 0558734952 - Fax 055 875713

Noicomit 24 Luglio 2008Anpecomit sul Web

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