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. 1 BANANA SPLITS: BANANE, SUPERMARKET, E IL REPORT SULLE PRATICHE DI COMMERCIO SLEALI “Noi lavoriamo sempre più duramente, provando a produrre di più e meglio, preservando l’ambiente. Ma mentre le nostre piante e frutti crescono, mentre il profitto dei supermercati cresce, il prezzo che noi riceviamo non sembra crescere mai. Questo prezzo non può sostenere uno standard di vita decente.” Anton Bowman, piccolo produttore, Windward Islands, Caribbean. Introduzione Le banane sono un punto fermo come importante dell’economia delle nazioni in via di sviluppo oltre che il frutto più mangiato in Europa e Nord America. Per decenni, l'economia banananiera è stata l’esempio chiave di un commercio ingiusto e la concentrazione di potere nelle mani di poche multinazionali ha influenzato negativamente la vita di migliaia di lavoratori nella produzione di banane e dei piccoli agricoltori. Queste grandi aziende di frutta ora competono per essere i " fornitori preferiti " dei rivenditori, il che accresce il loro predominio di mercato, conferendogli il potere di controllare il valore della catena di produzione di banane in tutto il mondo . Make Fruit Fair Fin dal 2012, la campagna Make Fruit Fair ha aumentato la consapevolezza dei consumatori sulla necessità di regolamentare il potere d'acquisto dei supermercati a livello dell'Unione europea (UE) e, più in generale, di riformare la legislazione europea sulla concorrenza. Nel 2014 la Commissione Europea (CE) ha pubblicato una comunicazione sulle pratiche commerciali sleali (Unfair Trading Practices UTP) dei distributori nell'Unione Europea. Una relazione più dettagliata è previsto venga rilasciata nei primi mesi del 2016 per presentare il corso di azioni che l'UE dovrebbe assumere nei confronti di pratiche commerciali sleali UTP, compresa una valutazione delle azioni messe in atto dalle autorità garanti degli Stati membri sulla concorrenza e una valutazione indipendente dell’Iniziativa volontaria di fornitura alimentare (Voluntary Supply Chain Initiative - SIC). Questo briefing definisce i principali risultati della ricerca commissionata dalla campagna Make Fruit Fair, che hanno approfondito come operano le catene di valore europee relative al commercio delle banane, e come si sviluppano le pratiche di UTP tra acquirenti di frutta in Europa e i produttori di banane dei paesi esportatori, le loro conseguenze per agricoltori, lavoratori, e il rapporto con la pressione sui prezzi nei mercati europei.

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BANANA SPLITS: BANANE, SUPERMARKET, E IL REPORT SULLE PRATICHE DI COMMERCIO SLEALI

“Noi lavoriamo sempre più duramente, provando a produrre di più e meglio, preservando l’ambiente. Ma mentre le nostre piante e frutti crescono, mentre il profitto dei supermercati cresce, il prezzo che noi riceviamo non sembra crescere mai. Questo prezzo non può sostenere uno standard di vita decente.” – Anton Bowman, piccolo produttore, Windward Islands, Caribbean.

Introduzione Le banane sono un punto fermo come importante dell’economia delle nazioni in via di sviluppo oltre che il frutto più mangiato in Europa e Nord America. Per decenni, l'economia banananiera è stata l’esempio chiave di un commercio ingiusto e la concentrazione di potere nelle mani di poche multinazionali ha influenzato negativamente la vita di migliaia di lavoratori nella produzione di banane e dei piccoli agricoltori. Queste grandi aziende di frutta ora competono per essere i " fornitori preferiti " dei rivenditori, il che accresce il loro predominio di mercato, conferendogli il potere di controllare il valore della catena di produzione di banane in tutto il mondo . Make Fruit Fair Fin dal 2012, la campagna Make Fruit Fair ha aumentato la consapevolezza dei consumatori sulla necessità di regolamentare il potere d'acquisto dei supermercati a livello dell'Unione europea (UE) e, più in generale, di riformare la legislazione europea sulla concorrenza. Nel 2014 la Commissione Europea (CE) ha pubblicato una comunicazione sulle pratiche commerciali sleali (Unfair Trading Practices UTP) dei distributori nell'Unione Europea. Una relazione più dettagliata è previsto venga rilasciata nei primi mesi del 2016 per presentare il corso di azioni che l'UE dovrebbe assumere nei confronti di pratiche commerciali sleali UTP, compresa una valutazione delle azioni messe in atto dalle autorità garanti degli Stati membri sulla concorrenza e una valutazione indipendente dell’Iniziativa volontaria di fornitura alimentare (Voluntary Supply Chain Initiative - SIC). Questo briefing definisce i principali risultati della ricerca commissionata dalla campagna Make Fruit Fair, che hanno approfondito come operano le catene di valore europee relative al commercio delle banane, e come si sviluppano le pratiche di UTP tra acquirenti di frutta in Europa e i produttori di banane dei paesi esportatori, le loro conseguenze per agricoltori, lavoratori, e il rapporto con la pressione sui prezzi nei mercati europei.

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Indicazionizioni Sono necessarie delle misure per affrontare i problemi individuati dalla ricerca e delineati in questo briefing - vale a dire la pressione al ribasso sui prezzi causata dai rivenditori, e le pratiche commerciali sleali adottate nel commercio delle banane, che minacciano pesantemente l'esistenza dei piccoli produttori, e stanno erodendo le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori dell’industria delle banane. L’Unione Europea e i governi nazionali dell’Unione necessiterebbero di: Adottare una legislazione per garantire che tutti gli Stati Membri dell'UE mettano in atto un robusto, credibile, e ben coordinato meccanismo per interrompere l’impiego di transazioni e pratiche non eque (Unfair Trading Practices) all'interno delle catene di approvvigionamento alimentare che servono il mercato dell'UE. Il seguenti requisiti minimi dovrebbero essere raggiunti:

i meccanismi dovrebbero essere accessibili a tutte le imprese che partecipano alla catena di approvvigionamento alimentare dell'UE, indipendentemente dal fatto che si trovino in Europa o no;

operare in modo di proteggere l'anonimato e la riservatezza, specialmente dei fornitori che sono preoccupati del fatto poter perdere il lavoro se esplicitassero lo stato delle cose;

essere in grado di scoraggiare cattive pratiche, sia a livello degli Stati membri dell'Unione europea che tramite una selezione di diversi strumenti di applicazione (ad esempio dialogo informale, sanzione pecuniaria);

condividere le informazioni e coordinare l'applicazione sia attraverso una rete di coordinamento ed applicazione europea, che internazionale.

Utilizzare il potere di concorrenza dell'Unione Europea e delle Nazioni appartenenti per garantire filiere sostenibili e la neutralità nell’interpretazione e l'attuazione delle norme in materia di rapporti di forza, attraverso tutta la catena di approvvigionamento e distribuzione. Vale a dire:

Affrontando questioni strutturali, come l'accumulo di eccessivo potere d'acquisto e accrescendo la concentrazione di mercato nel settore della distribuzione al dettaglio, attraverso un nuovo approccio al controllo delle fusioni aziendali.

Affrontando problemi comportamentali come gli accordi anticoncorrenziali e abusivi comportamenti unilaterali nel settore del commercio al dettaglio, che hanno un impatto negativo sui piccoli fornitori e sui consumatori. Questo potrebbe anche essere ottenuto, ad esempio, adottando un regolamento di esenzione per categoria per il settore alimentare, che permetterebbe accordi tra le aziende agricole perseguendo l'obiettivo di migliorare le condizioni degli

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scambi e il sostentamento dei produttori, e / o sviluppando delle linee guida ufficiali CE sulla legislazione esistente come interpretazione normativa per rispondere a queste preoccupazioni .

Retroterra Produzione e distribuzione della banana. La produzione mondiale di banane è concentrata principalmente in Asia del Sud - Est, in Africa, America Latina e nei Caraibi. Solo il 15 al 20% della produzione mondiale di banane è commerciato a livello globale con i 5 principali paesi esportatori di banane (Ecuador, Colombia, Filippine, Costa Rica e Guatemala) che rappresentano oltre l'80% delle esportazioni mondiali di banane.

Share of banana world exports and imports

Source: BASIC based on Comtrade data (2014) Il mercato del consumo di banana in Europa Vendita al dettaglio di generi alimentari europei : una forte e crescente influenza dei grandi rivenditori al dettaglio, in particolare dei discount.

I moderni grossi distrubutori di generi alimentari rappresentano il 54% del totale delle vendite di prodotti alimentari nell'UE. Sulla base del valore, gli ipermercati e supermercati sono i due principali operatori, che rappresentano rispettivamente il 35 % e il 33% delle vendite di prodotti alimentari in Europa, mentre i discount sono il terzo outlet più popolare, con una quota di mercato del 17%.

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Modern grocery sales by retail outlet in the European Union

Source: BASIC, based on Planet Retail, European Grocery Retailing, May 2014

A livello paneuropeo, i dieci maggiori rivenditori rappresentano quasi il 50% delle vendite al dettaglio alimentare e sono tra i 30 più grandi rivenditori del mondo. Cinque di loro sono tedeschi (Schwarz , Aldi , Edeka , Metro e Rewe) , quattro sono francesi (Carrefour , Leclerc , Auchan e Intermarché ), ed uno è inglese (Tesco).

Share of modern grocery market by retailer in the European Union

Source: BASIC, based on Planet Retail, European Grocery Retailing, May 2014

Banane in Europa: uno dei frutti più consumati ed economici

L'Unione Europea è il principale importatore mondiale di banane di cui la maggioranza dei frutti importati provenienti dall'America Latina. L'industria dell’importazione era tradizionalmente dominata da imprese verticalmente integrate, che controllavano tutte le operazioni lungo la catena - la produzione, il trasporto, l'importazione e la maturazione. Negli anni ottanta, solo cinque società (Chiquita, Del Monte, Dole, Noboa e Fyffes) commerciavano l'80 % delle banane del mondo. Tuttavia, il considerevole spossessamento di queste aziende, dirette

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proprietarie di piantagioni e navi per l’importazione, ha ridotto il principale ostacolo all'ingresso per le imprese ad entrambe le estremità della catena di produzione della banana. Un processo che ora vede Chiquita, Dole, Del Monte e Fyffes controllare solo il 39% del commercio di banane in Europa.

Market share of banana importers in the European Union

Source: BASIC, based on European Commission, Chiquita Brands International/ Fyffes merger procedure (2014)

Sono ora i rivenditori che controllano sempre più le catene di valore delle banane, con le aziende di frutta integrate in competizione per essere i loro “fornitori preferiti” . In Germania e nel Regno Unito, i rivenditori stanno cominciando a rifornirsi direttamente.

Frutta fresca in generale, e le banane in particolare, sono categorie di prodotti molto importanti per i rivenditori europei, che fanno uso di questo prodotto per impostare un prezzo immagine dei loro negozi ed attrarre così il maggior numero di consumatori.

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A seguito della forte concorrenza tra i rivenditori, il prezzo medio al consumo di banane in Europa è inferiore del 25 % rispetto a quello delle mele, anche se quest'ultimo è il frutto locale più consumato nell'UE, mentre, le banane sono importate dall’America Latina e dall’Africa.

Il valore della catena di produzione della banana in EU Alcuni attori dominanti e il passaggio di potere dalle multinazionali della frutta alle catene dei distributori

Il diagramma seguente illustra la divisione delle quote di valore della banana lungo la catena dei principali paesi che forniscono l'Unione Europea, con i rivenditori che prendono circa il 41 % del valore.

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La pressione sul prezzo al consumo tradotto sui paesi produttori ed esportatori

I prezzi reali al consumo sono rimasti globalmente stabili a partire dal 2001 nella maggior parte dei paesi europei, ad eccezione del Regno Unito, dove invece si è dimezzato. Questo in netto contrasto con il prezzo d'importazione delle banane, che è sceso del 20% nello stesso periodo. Questo ha influenzato tutti i principali paesi fornitori di banane verso l'UE (Ecuador, Colombia , Costa Rica , Repubblica Dominicana e Camerun), mentre i distributori al dettaglio hanno aumentato la loro quota del valore di scambio nella maggior parte dei paesi.

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Evolution of CIF import prices in the EU by banana exporting country (2001-2014)

Source: BASIC based on data from Comtrade

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Impatto nei paesi produttori di banane Impatto economico: abbassamento ed ulteriore riduzione della percentuale di guadagno, non più sufficiente a coprire i costi di produzione

Mentre la quota di guadagno dei distributori al dettaglio di banane in Europa è aumentato, dal 2001 (tranne che nel Regno Unito) , i piccoli agricoltori e gli operai sono sempre più schiacciati tra la pressione sui prezzi per gli acquirenti e l'aumento della produzione e dei costi di vita.

In termini di costi di produzione, tra il 2001 e il 2015, i costi di trasporto sono aumentati del 233%, i costi dei fattori produttivi quali fertilizzanti e pesticidi in media del 195%, e i materiali di imballaggio in media del 150%.

Nel frattempo, gli aumenti del costo della vita sono evidenziati dall'evoluzione degli indici nazionali dei prezzi al consumo che sono calcolati sulla base dei costi di cibo, salute, istruzione, alloggio, trasporti e comunicazioni che sono aumentati del 92 % in Colombia, del 129 % in Ecuador, del 218% in Costa Rica e 278% in Repubblica Dominicana dal 2001.

Le principali questioni sociali e ambientali legate alla produzione di banane

L’incremento dei costi di produzione e del costo della vita generano e amplificano significativi impatti sociali ed ambientali nella maggior parte dei paesi produttori di banane, tra cui la negazione dei diritti fondamentali dell’uomo, discriminazione di genere (compresi i bassi livelli di occupazione femminile), generando un fallimento socio-economico dal punto di vista dei salari e dei lunghissimi orari di lavoro. Inoltre, i lavoratori sono spesso scarsamente protetti contro gli effetti della pesante applicazione di prodotti agrochimici tossici, arrivando a soffrire di gravi impatti sulla salute. L'intensificazione della produzione ed esportazione di banane su larga scala, spesso senza pratiche di produzione ecologiche, sta causando l'inquinamento del terreno, dei corsi d'acqua e delle falde acquifere, danneggiando le comunità locali e riducendo la biodiversità.

Pratiche commerciali sleali (UTPs): un fattore aggravante per i produttori di banane ed i lavoratori del settore La pressione al ribasso sui prezzi, insieme con l'aumento dei costi di produzione e di vita, sono ulteriormente aggravata dalle pratiche di commercio sleali (UTPs), che sono state definite dalla Commissione Europea (CE), come quelle pratiche “che grossolanamente si discostano dalla buona condotta commerciale, sono contrarie alla

“Riconosciamo che l’industria sta affrontando una grande crisi, ma non sono i lavoratori a dover pagare il prezzo di questa crisi in quanto solo governi e imprese possono risolverla. Non avendo nessuna divisione dei profitti, non dovremmo essere schiacciati dal peso dei tassi di cambio del mercato internazionale che affligge l’industria bananiera” – Leader sindacato Latino Americano

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buona fede e della correttezza e sono unilateralmente imposte da un partner commerciale su un altro”. Per questo report, sono stati intervistati più di 60 stakeholders del settore della produzione e commercio delle banane, per capire meglio come le pratiche di commercio sleali (UTPs) si innestano nel settore. UTPs e paura delle ritorsioni

Si deve, in primo luogo, notare che non è semplice raccogliere prove sulle UTPs nell’industria della banana, in quanto vige un clima di paura, con molti intervistati estremamente preoccupati delle reazioni negative degli acquirenti e la perdita potenziale di mercato se dovessero essere identificati. Non solo gli intervistati chiedono di mantenere l'anonimato, ma hanno anche chiesto di non divulgare il paese in cui sono.

UTPs e il potere del mercato nel settore delle banane

Le pratiche di UTPs nel settore delle banane sono radicate nello squilibrio del potere di negoziazione tra i rivenditori ed i loro fornitori, e questo squilibrio viene amplificato all'inizio della catena nei paesi produttori, principalmente sotto forma di clausole contrattuali unilaterali (chiamato anche ' leonina ') con i produttori e / o esportatori.

Questo può essere ulteriormente aggravato durante la bassa stagione commerciale delle banane, quando la domanda si riduce durante l'estate europea e la grande disponibilità di frutta locale, mentre allo stesso tempo, la produzione in America Latina tende ad essere maggiore. Cancellazioni di ordini all'ultimo minuto e richieste di qualità sempre maggiore cancella ogni possibilità di aumento di fatturato in questo periodo dell'anno.

Conseguenze per gli agricoltori e i lavoratori delle banane

Nel complesso, i piccoli coltivatori di banane (in particolare in Ecuador, Repubblica Dominicana, Perù e Colombia ) sono i più influenzati dalle pratiche di UTPs, in quanto non possono permettersi di rimanere in attività a causa della bassissima redditività. In mancanza di risorse sufficienti per investire nelle loro aziende, la loro produttività cala drammaticamente, si avvia così un processo di svalutazione della terra e si instaurano dei potenziati fenomeni di migrazione. Questo genera crescenti tensioni sociali per chi resta nelle regioni di produzione della banana, in quanto vi sono poche opportunità alternative di lavoro.

Ecuador, un paese di piccoli produttori. La produzione in Ecuador è relativamente di piccola scala rispetto agli altri paesi dell'America Latina, con il 90% dei produttori di banane che sono rappresentati da aziende agricole di piccole e medie dimensioni, con meno di 50 ettari, e che danno occupazione diretta a circa 190.000 persone. I piccoli produttori impiegano in media il doppio delle persone per ettaro rispetto alle grandi piantagioni industrializzate dello stesso paese. Tuttavia, l'attuale tendenza al ribasso dei prezzi espone i piccoli produttori ad una situazione di alta vulnerabilità, con il rischio di una significativa perdita di posti di lavoro, in particolare tra i giovani delle aree rurali, e conseguente aumento dei problemi sociali per il paese.

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Le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori del settore delle banane sono anch’essi sottoposti a grande pressione, con tariffe orarie che iniziano ad essere sostituite in diversi paesi, con la pratica del lavoro a cottimo; si instaurano pratiche di maggiore assunzione di lavoratori di limitati (e ripetuti) periodi di tempo attestati prevaalentemente sui tre mesi, in modo da ridurre il numero di lavoratori a tempo indeterminato; maggiore uso di subappaltatori e agenzie di lavoro temporane; e maggiore utilizzazione di lavoratori migranti in diversi paesi, per ottenere una forza lavoro più economica e potenzialmente più compiacente (spesso costituita da persone sprovviste dei documenti ufficiali necessari . Nella Repubblica Dominicana, per esempio, circa il 66 % dei lavoratori delle banane sono lavoratori migranti provenienti vicina Haiti.

Conseguenze per i consumatori:

Mentre i fornitori sono i primi a subire le conseguenze della situazione attuale nel settore del commercio delle banane, rischiano di insorgere anche delle conseguenze negative anche per i consumatori prima o poi. Se i rivenditori continuano a trattenere una quota così eccessiva del valore delle banane, ed i prezzi di acquisto sono costretti a livelli insostenibili, i fornitori dovranno lottare per sopravviver. I produttori più piccoli e vulnerabili potrebbero essere costretti a lasciare il settore, non essendo più in grado di sostenere le loro famiglie attraverso il commercio delle banane.

E come ultimo punto, il risultato potrebbe consistere in una catena di produzione delle banane molto concentrata, dai rivenditori scendendo fino ai produttori, generando impatti sociali e ambientali negativi nei paesi produttori, riducendo notevolmente le possibilità di scelta per i consumatori.

Cosa può fare l’Unione Europea?

Il Parlamento europeo ha sollevato diverse volte delle preoccupazioni circa le pratiche di UTPs, e già nel 2008, più del 50% dei deputati ha firmato una dichiarazione scritta per chiedere alla Commissione Europea di esaminare a regolamentare i supermercati, per fermare l'applicazione di pratiche commerciali sleali in catene di approvvigionamento alimentare. Il Libro Verde della Commissione Europea sulla pratica del commercio sleale, nel gennaio del 2013, ha raccolto i pareri delle parti interessate sulla presenza di UTPs nella catena di approvvigionamento alimentare e non all’interno della CE.1 Nella recente Communication Tackling unfair trading practices in the business-to-business food supply, la Commissione europea riconosce che le pratiche di UTPs, sono abbastanza comuni e possono avere effetti nocivi, in particolare sulle piccole e medie imprese, impegnate in catene di approvvigionamento alimentar . La Commissione ha inoltre dichiarato "che le pratiche di UTPs applicate all'interno dell'UE potrebbe

1 Green Paper on unfair trading practices in the business-to-business food and non-food supply chain in Europe

COM(2013) 37 , 31 January 2013

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avere effetti diretti o indiretti per i produttori e le imprese al di fuori dell'UE, includendo i paesi in via di sviluppo.”2 Alcuni Stati membri dell'Unione europea sono a buon punto nella creazione di meccanismi di rafforzamento in un’ottica di consapevolezza sul clima di paura creato in questo mercato, per fermare pratiche commerciali sleali (Francia, Ungheria, Irlanda e Regno Unito). Altri paesi (Austria, Cipro, Grecia, Lettonia, Malta e Polonia) hanno meccanismi di esecuzione che sono stati considerati insufficienti da parte delle imprese intervistate che si sentivano esposte. Il problema è che “gli strumenti legali esistenti che potrebbero essere utili per affrontare le pratiche di UTPs e gli effetti negativi, sono molto frammentati e non specificamente progettati per affrontare questo problema”.3 Nel frattempo, un certo numero di associazioni del settore hanno creato un'iniziativa di autoregolamentazione volontaria ( the Supply Chain Initiative). Anche essa ha aumentato la consapevolezza sul problema delle pratiche di UTPs, non garantisce la riservatezza sufficiente per i fornitori, né ha la possibilità di applicare sanzioni finanziarie di difficile applicazione, e quindi l'iniziativa non può essere considerata come un meccanismo di rafforzamento efficace. Entro la fine del 2015 la Commissione intende presentare al Consiglio e al Parlamento Europeo una valutazione dell'efficacia dei meccanismi di applicazione degli Stati membri e del sistema volontario guidato dall'industria. Parallelamente la politica di concorrenza dell’Unione Europea, ha fino ad ora ignorato la sostenibilità ed i criteri del commercio equo nella sia nelle questioni di concorrenza di mercato strutturali che comportamentali. Le attuali metodologie per valutare il benessere dei consumatori non tengono sufficientemente in conto degli interessi dei futuri consumatori. Questo stato di cose è comunque difficilmente compatibile con la nuova missione dettata al nuovo commissario UE per la concorrenza, Margrethe Vestager, “La politica della concorrenza [ ... ] deve contribuire ad una sterzata verso l'innovazione e far si che i mercati offrano evidenti vantaggi per i consumatori, le imprese e la società nel suo complesso".4 Ci sono già un certo numero di Stati membri dell'Unione Europea che si stanno muovendo a livello nazionale per colmare questa lacuna. Per esempio nel maggio 2014, il governo olandese ha emesso direttive politiche per l'autorità olandese sulle regole di concorrenza, per indirizzare l’applicazione di nuove norme verso iniziative di sostenibilità, spingendo per l'adozione di un concetto ampio di benessere dei consumatori (che non consideri solo il prezzo), e tenendo conto dei vantaggi per i consumatori attuali e futuri.5

2 Communication from the European Commission, Tackling unfair trading practices in the business-to-business food supply chain, COM(2014) 472, 15 July 2014. 3 Communication from the European Commission, 2014, op. cit. 4 Mission letter from Jean-Claude Juncker, President of the European Commission, to MargretheVestager, Competition

Commissioner, 1 November 2014 5See http://kluwercompetitionlawblog.com/2014/05/15/art-1013-and-sustainability-new-developments-in-the-netherlands/

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Ulteriori Informazioni Il report complete in inglese Banana value chains in Europe and the consequences of Unfair Trading Practices, which has just been released, può essere scaricato su www.makefruitfair.org Il report “Who´s got the power” (ottobre 2014) fornisce un background esauriente e può essere scaricato da www.fairtrade-advocacy.org/power Contatti Media Sergi Corbalán Executive Director Fair Trade Advocacy Office Village Partenaire - bureau 1 Rue Fernand Bernierstraat 15 1060 - Brussels - Belgium [email protected] Jacqui Mackay Banana Link 42-58 St George's Street Norwich Norfolk NR3 1AB United Kingdom [email protected] +44 (0)1603 765670 Segui www.makefruitfair.org www.facebook.com/makefruitfair1 twitter.com/MakeFruitFair Consorzio Make Fruit Fair BanaFair (Germany) Banana Link (UK) Ecumenical Academy Prague (Czech Republic) Fair Trade Advocacy Office (Belgium)

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FAWU (Cameroon) finep (Germany) Green Liberty (Latvia) GVC (Italy) IMVF (Portugal) KKG (Malta) Mai Bine (Romania) Oxfam Deutschland (Germany) Peuples Solidaires (France) Polish Green Network (Poland) SINTRAINAGRO (Colombia) Sudwind (Austria) TVE (Hungary) Urocal (Ecuador) WINFA (Windward Islands) Crediti Design by Carl Gamble Photos: Banana Link

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