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BAMBINI E GENITORI

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Antonio Tosi

PUOI CONTARESU DI NOI

Crescere un fi glio adolescente

ARMANDOEDITORE

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TOSI, Antonio Puoi contare su di noi. Crescere un fi glio adolescente ; pres. di Aldo Galeazzi Roma : Armando, © 2013 192 p. ; 20 cm. (Bambini e genitori)

ISBN: 978-88-6677-314-6

1. Adolescenti e genitori2. Psicologia e sviluppo3. Percorso educativo

CDD 150

© 2013 Armando Armando s.r.l.Viale Trastevere, 236 - 00153 RomaDirezione - Uffi cio Stampa 06/5894525Direzione editoriale e Redazione 06/5817245Amministrazione - Uffi cio Abbonamenti 06/5806420Fax 06/5818564Internet: http://www.armando.itE-Mail: [email protected] ; [email protected]

20-00-086

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Sommario

Presentazione di ALDO GALEAZZI 9

Introduzione 11Un libro concreto e propositivo 11Non è una malattia 12Sta crescendo 13Diventare un interlocutore credibile 15Una società complessa e disorientante 16I genitori sono ancora molto “dentro di lui” 17Adolescenze “saltate”, adolescenze “non completate” 18C’è una buona notizia 19Come leggere questo volume 21

Capitolo 1: “Non sono più una bambina!”Per crescere ha bisogno di un clima sereno 23

Il racconto 23Rifl essioni 34

1.1 La relazione prima di ogni altra cosa 341.2 Non spaventarti per i cambiamenti comportamentali 351.3 Diventi un sorvegliato speciale 361.4 Non riversare i tuoi problemi su tuo figlio 381.5 Come è stato il rapporto con i tuoi genitori? 39

Capitolo 2: “Voglio decidere da solo … però aiutami”Sta faticosamente costruendo una sua identità 41

Il racconto 41Rifl essioni 47

2.1 Non gli devi “tutto e subito” 472.2 Un genitore empatico e capace di affermarsi 48

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2.3 Puoi dire “no” rimanendo sereno 522.4 È impulsivo? Aiutalo a crescere 532.5 Dagli una mano a gestire la frustrazione 542.6 Dosa bene gratificazioni e frustrazioni 572.7 Ha bisogno di sentire “sue” le decisioni 592.8 Lascia che si guadagni le cose, imparerà a raggiungerle 60

Capitolo 3: “Non vi va mai bene niente di me!”Ha bisogno di sentirsi accolto, accettato,benvoluto, apprezzato 63

Il racconto 63Rifl essioni 72

3.1 Se non lo accetti “così com’è” si allontanerà 723.2 In quale clima affettivo hai vissuto? 733.3 Cosa “provi” verso tuo figlio? 75

Capitolo 4: “Ho bisogno di un genitore, non di un insegnante”Non è un alunno 77

Il racconto 77Rifl essioni 86

4.1 Non fare la maestrina 864.2 Come comunichi con lui? 874.3 Scegli di porti in modo empatico 89

Capitolo 5: “Voglio farmi le mie esperienze”Farsi un po’ da parte, rimanendo a disposizione 93

Il racconto 93Rifl essioni 98

5.1 Vai oltre le affermazioni colorite 985.2 Meglio un clima cordiale e allegro 995.3 Autorevole, non autoritario 102

Capitolo 6: “Mi hai fatto sentire importante!”Coinvolgimenti che producono complicità 107

Il racconto 107Rifl essioni 114

6.1 La forza della complicità 1146.2 Coinvolgimenti che creano relazione 1166.3 Non invadere il suo spazio, se ha bisogno ti cercherà lui 118

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Capitolo 7: “Che razza di dialogo è? Avete già deciso tutto voi!”Sapere dialogare 121

Il racconto 121Rifl essioni 126

7.1 Qual è il tuo modo di dialogare? 1267.2 Puoi dialogare in modo diverso. Un esempio concreto 1307.3 Come negoziare un vero accordo 1347.4 Evita i ricatti affettivi 137

Capitolo 8: “Più che amore sento fastidio”Non basta volergli bene, occorre che il bene gli arrivi 141

Il racconto 141Rifl essioni 149

8.1 Rimandi critici e svalutanti fanno molto male 1498.2 Apprezzalo, riconoscilo, gratificalo 1508.3 Rendi gradevole la comunicazione 152

Capitolo 9: “Non voglio diventare come te”Sarà una persona diversa 155

Il racconto 155Rifl essioni 162

9.1 È “altro” da te, crescerà come vorrà 1629.2 Lascialo libero 164

Capitolo 10: “Mi amate troppo, anzi no, non mi amate per niente!”È amore o controllo? 167

Il racconto 167Rifl essioni 176

10.1 Ti stai interessando o lo stai controllando? 17610.2 Che cosa si nasconde dietro il bisogno di controllare? 17710.3 Non costruire muri 180

Conclusioni 183Questo lo puoi fare 183Anche quando… 186

Bibliografi a 189

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Presentazione

Nell’introduzione al suo libro, Antonio Tosi ne illustra in modo magistrale tutti gli aspetti principali, allora mi chiedo: che cosa resta da aggiungere per una presentazione? Ecco cosa ho pensato. Posso parlare delle impressioni che, in modo empatico, quasi da neuroni a specchio, questa lettura mi ha suscitato in una retrospettiva perso-nale del mio vissuto di ex adolescente e poi di genitore per arrivare all’esperienza attuale con i nipoti.

La nostra visione del mondo, e di noi stessi nel mondo, è frutto di molteplici e intricati fattori che includono la crescita del nostro cer-vello sociale, come affermano oggi importanti neuroscienziati come Le Doux o Damasio. Ciò porta a considerare come tante, molteplici infl uenze abbiano vita nello stesso istante nella nostra mente. Inten-do dire che, contemporaneamente, mi viene da rivivere con diverse prospettive e variegate emozioni episodi della mia storia familiare e altri, vissuti con ruoli diversi, dal clinico, al professore e al ricercato-re nei riguardi di adolescenti in diffi coltà con le fi gure genitoriali.

A questo punto mi trovo in sintonia con Tosi quando afferma che l’adolescenza non va considerata soltanto nelle sue caratteristiche più contraddittorie e problematiche, ma come una possibilità di ri-vitalizzazione del rapporto genitori-fi gli. Il rinnovato contatto con il fi glio permette di riscoprire dimensioni da tempo trascurate, quali il valore dell’amicizia, il divertimento, il piacere di appartenere ad un gruppo e la fedeltà ad un ideale.

Il libro è scorrevole, ricco di esempi pratici, che esaltano il ruolo del dialogo e della comunicazione. Ci si può immedesimare in mol-ti spunti che sono espressione della vita reale, offrendo materiale di rifl essione e invitando il lettore a partire dalla storia personale: è realmente un problema di mio fi glio o è mio? In quale clima affetti-

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vo sono cresciuto? Quello che critico nei miei genitori in che modo ha infl uenzato il mio modo di essere madre/padre?

L’occasione del dialogo rappresenta un momento per riguardare ciò che la società e il gruppo dei pari propongono attraverso model-li e messaggi insidiosamente allettanti. Può sembrare scoraggiante il fatto che questo dialogo non dia frutti immediati, ma ne rimane sempre una traccia, che col tempo porta ad un recupero della fi gura dei genitori. Emerge, ad esempio, che il legame affettivo è molto più profondo di quanto era percepito in adolescenza e che quei valori, trasmessi con un dialogo aperto e sano, hanno lasciato effetti vera-mente profondi e signifi cativi.

Si può concludere con Tosi che l’adolescente può contare sui ge-nitori e mi sento di aggiungere che, se questo si è genuinamente verifi cato, si apre una nuova prospettiva positiva: anche i genitori quando saranno più anziani potranno contare sui fi gli.

Aldo Galeazzi

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Introduzione

Un libro concreto e propositivo

Questo volume si propone di essere di aiuto a chi si trova a gesti-re una relazione con un fi glio adolescente. Per i temi trattati la sua lettura può essere utile a tutti i genitori, a prescindere dall’età del proprio fi glio.

Vengono affrontati diversi temi psicologici centrali sulla relazio-ne con i fi gli. La materia è complessa ed anche per questo l’autore si impegna a rendere il volume gradevole, stimolante, di facile lettura utilizzando un linguaggio semplice e comprensibile. Ogni capitolo contiene un racconto ricco di dialoghi tra genitori e fi gli adolescenti ed è seguito da rifl essioni. Racconti e rifl essioni sviluppano un am-pio confronto tra differenti modalità nel porsi in relazione.

Può essere profi cuamente utilizzato anche da professionisti che si occupano di “genitorialità”: psicologi, psichiatri, consulenti, inse-gnanti, educatori, formatori, assistenti sociali. Può costituire un’utile traccia per la conduzione di gruppi di auto-mutuo aiuto che riguarda-no adolescenti e genitori in diffi coltà.

Il libro non è un “trattato teorico” psico-pedagogico sull’ado-lescenza. Non ha un taglio “cattedratico”, ma pratico. È scritto da uno psicologo clinico, psicoterapeuta che, per professione e da molti anni, aiuta quanti hanno seri disagi psicologici. Osservando la loro storia personale, emerge in modo chiaro come l’adolescenza abbia rappresentato per loro un momento delicato e fondamentale della crescita psicologica.

Si cerca di raggiungere il lettore non solo nella “dimensione cor-ticale”, stimolando rifl essioni e ragionamenti, ma anche, e soprattut-to, in quella affettiva ed emotiva attraverso racconti nei quali ci si può identifi care e rispecchiare.

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L’autore prende per mano il lettore e lo accompagna nel diffi ci-le percorso del gestire effi cacemente la complessa relazione con il fi glio adolescente. Mette a disposizione conoscenze ed esperienze professionali oltre a quella personale di genitore.

Nella lunga esperienza clinica, l’autore ha assistito alla disillusio-ne di molti genitori. Tanti, pur proponendosi “il bene” del fi glio, non sono riusciti, per ragioni diverse, a “farglielo arrivare”. Il fi glio, fi n da piccolo, è stato deprivato, o ha vissuto solo in parte ed in modo insoddisfacente l’esperienza affettiva più importante: sentirsi accol-to, accettato, benvoluto, stimato ed apprezzato.

Alcuni genitori hanno ignorato, o sottovalutato, le dimensioni più importanti nella relazione, quelle affettive, mentre altri hanno fat-to pasticci fornendo messaggi contraddittori. Altri ancora, di fronte alle inevitabili e fi siologiche manifestazioni di immaturità dell’ado-lescente, non hanno considerato come un atteggiamento positivo, empatico e di accettazione produca risultati migliori rispetto a inter-minabili, logoranti ed inconcludenti discussioni.

Non è una malattia

L’adolescenza non è una malattia che, con il tempo, guarisce. È una fase di crescita di cui non va sottovalutata l’importanza. Il modo di essere, di porsi, di relazionarsi del genitore incide signifi cativa-mente, insieme ad altri fattori, nella formazione della personalità del fi glio. Il genitore è chiamato ad accompagnarlo nella crescita ed è fondamentale che sia consapevole dei cambiamenti che avvengono in questo lungo e diffi coltoso periodo.

Non esiste “l’adolescente”, ma “tanti” adolescenti quanti sono i ragazzi, quante sono le generazioni, quante sono le società. Lo stes-so inizio e fi ne dell’adolescenza appaiono differenziati e sensibili a numerosi fattori: biologici, psicologici, sociali, culturali ed ambien-tali. A livello fi sico si verifi cano cambiamenti di grande portata e fanno sentire tutto il loro peso movimenti affettivi intensi e pulsioni sessuali dirompenti.

L’adolescenza non va né idealizza né demonizzata. Rappresenta un periodo certamente unico e particolare dell’esistenza. Momenti di slancio, di intense manifestazioni affettive, di profonde rifl essioni

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fi losofi co-esistenziali convivono con altri caratterizzati da disorien-tamento, insicurezza, preoccupazione.

Dal punto di vista psicologico, in estrema sintesi, il cambiamento centrale consiste in un processo di distacco dai genitori (“separazio-ne”), seguito da un lungo e laborioso percorso mirato alla costruzione di un “io” totalmente autonomo ed indipendente (“individuazione”). La fase di crescita e di transizione che traghetta il fi glio dal mondo infantile a quello adulto avviene, nella nostra società, attraverso una complessa rivisitazione critica ed una successiva laboriosa riformu-lazione personale di idee, modelli, valori, scelte, usi e costumi che il fi glio ha introiettato dai genitori fi n dalla prima infanzia.

I genitori gradualmente cessano per lui di costituire il riferimento più signifi cativo. Al loro posto subentra il gruppo, al cui interno può trovare modelli, valori ed impostazioni di vita che possono differire, anche notevolmente, da quelli precedentemente seguiti. Il gruppo, al quale aderisce e si conforma con grande trasporto e zelo, diventa un faro, un punto di orientamento alternativo al mondo genitoriale e famigliare, con cui misurarsi per poter completare la costruzione di una personalità “totalmente” autonoma ed indipendente.

Sta crescendo

Alcuni genitori, impauriti ed infastiditi dai primi cambiamenti, si pongono di fronte al fi glio con un atteggiamento nostalgico volto a ripristinare l’equilibrio perduto. Cercano in tutti i modi, con esiti solitamente fallimentari, di farlo tornare com’era prima: ubbidiente, inquadrato, dipendente. Dov’è fi nito quel bravo bambino educato, affettuoso, riconoscente, giudizioso, rispettoso delle regole, che fa-ceva tutto quello che gli veniva chiesto e che dava tante soddisfazio-ni? Occorre mettersi il cuore in pace: questo bambino non c’è più ed è giusto che sia così. Al suo posto ora c’è un ragazzotto con un fi sico poco aggraziato, che cammina in modo goffo, parla con una voce strana, ha il viso tormentato dai brufoli e trascorre ore davanti allo specchio. È un ragazzo sempre più centrato su di sé che comincia a protestare, contestare, mettere in discussione tutto con l’aria di chi vuole ribaltare il mondo intero.

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Bisogna cambiare l’ottica con la quale si valutano alcune ma-nifestazioni. Protesta, si ribella, contesta, si oppone, mette tutto in discussione? Tutto ciò non solo non è sbagliato ma costituisce un fatto decisamente positivo. Signifi ca che “sta facendo l’adolescente” ovvero sta crescendo, sta cercando, pur faticosamente e tra mille dubbi, incertezze, contraddizioni, una sua strada. È meglio che fac-cia l’adolescente ora, non più avanti!

Certo, per un genitore un fi glio adolescente può costituire uno “stress aggiuntivo”, un problema in più. Di fronte a tanti cambia-menti improvvisi, il genitore spesso è disorientato ed impreparato ad affrontarli. Davanti a comportamenti trasgressivi, ribelli, contestata-ri, polemici ed irriconoscenti, è diviso tra l’assumere atteggiamenti autoritari imponendo le proprie impostazioni e regole senza troppe discussioni e l’adottare una posizione remissiva ed accondiscenden-te per evitare logoranti discussioni e contrasti. Altre volte può essere tentato di “fare l’amico” cercando di guadagnare quote di complicità perdute, ma in questo modo rischia di diventare goffo, per non dire patetico, perdendo in ruolo e in prestigio.

Il genitore poco consapevole dei processi fi sici e psicologici che avvengono nel fi glio e delle proprie reazioni emotive può inquietarsi e turbarsi oltremodo. È possibile che, in presenza di determinati at-teggiamenti, reagisca in modo inadeguato e disfunzionale, diventan-do eccessivamente critico, svalutante, punitivo, stressando la propria vita e quella del fi glio. Tali reazioni possono avere effetti altamente nocivi sulla qualità della relazione, provocando una catena di rea-zioni e controreazioni che creano tensioni sia nel fi glio che nel ge-nitore.

Mai come in questa fase è fondamentale che il genitore consideri con grande attenzione le dimensioni affettive e relazionali pur in presenza di comportamenti di provocazione e contestazione.

È fondamentale che si impegni a proteggere il rapporto ricercan-do ciò che lo rinsalda, lo rivitalizza, lo fa crescere evitando di assu-mere atteggiamenti e comportamenti che possono incrinarlo. Può, così, comprendere, tollerare, non attribuire eccessiva importanza, lasciare a volte perdere gli atteggiamenti irritanti e sgradevoli del fi glio non aspettandosi e non pretendendo da lui una maturità che non può avere.

Di fronte a legittime preoccupazioni che certe scelte del fi glio

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possono creare, gli è possibile mantenere, soprattutto in relazione a comportamenti a rischio, una più elevata vigilanza. Questa deve es-sere caratterizzata da senso delle proporzioni e inserita in un conte-sto affettivo positivo di accettazione del fi glio in un’ottica dialogante e dialettica.

Diventare un interlocutore credibile

Considerando il bisogno del fi glio di “separarsi” dai genitori per “individuarsi” e costruirsi una personalità autonoma, è “indispensa-bile” caratterizzare la relazione con lui in modo differente da quan-do era bambino. Occorre farsi un po’ da parte, senza uscire dalla sua vita ma diventando un interlocutore presente, discreto, affetti-vamente caldo e mentalmente fl essibile. È fondamentale accettare il fi glio così come è, imparare a vivere senza drammaticità realtà talora fastidiose e frustranti. Occorre accettare come normali anche manifestazioni tipiche ed inevitabili dell’adolescente: contestazioni, provocazioni, stranezze di vario genere, contraddizioni, atteggia-menti all’insegna dell’immaturità, scelte inopportune e la mancanza di riconoscenza e di gratitudine.

Un genitore deve soprattutto resistere alla tentazione di “clonare” il fi glio a sua immagine e somiglianza ed essere disposto ad accettare che sia lui a stabilire come determinarsi e come crescere. Il genitore “responsabile” non è certo né quello che ingozza il fi glio di norme e di doveri, né quello che lo abbandona disinteressandosi di lui o delegando tutto all’altro genitore. Può invece proporsi come persona vera, autentica, capace di affermarsi e di farsi valere particolarmente in situazioni che diventano critiche.

Soprattutto è fondamentale che non perda mai di vista la relazio-ne e che la mantenga il più possibile viva, calda, credibile. Può im-pegnarsi a rispettare appieno il diritto del fi glio a ricercare una “sua” strada ed al tempo stesso ricordargli che l’inevitabile mancanza di esperienza non è una “colpa”, pur rimanendo una sorta di “handi-cap” che lo pone a rischio. Rispettosamente, ma con determinazione, può sottolineare al fi glio come il negare o sottovalutare l’inesperien-za possa avere conseguenze negative non solo per lui ma anche per tutti i componenti la famiglia.

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Una società complessa e disorientante

L’adolescente di oggi, anche se spesso non lo dà a vedere, è par-ticolarmente impaurito da un mondo così complesso, disorientante, pieno di modelli negativi, di ingiustizie, di contraddizioni e soprat-tutto altamente competitivo. Molte sue “pose” sono la reazione di chi avverte i profondi malesseri di questa società per molti versi poco sana dove i valori ed i modelli dominanti tagliano fuori, escludono, fanno sentire sbagliato chi “non arriva”, chi “non produce”, chi “non ha successo”, chi non è “competitivo”, chi “non primeggia”, insom-ma, chi non è “vincente”.

Mai come oggi l’adolescente ha un “essenziale bisogno” di sentire attorno a sé persone che lo prendano in considerazione, che si occu-pino e credano in lui, che lo accettino incondizionatamente per come è, che ne tollerino gli errori con comprensione e benevolenza senza massacrarlo o defi larsi abbandonandolo nella diffi cile crescita.

I ragazzi adolescenti hanno bisogno di sperimentare. Se prima credevano ciecamente a tutto ciò che “passava il convento”, ovvero a ciò che dicevano i genitori, ora hanno un fi siologico bisogno di toccare con mano, di verifi care di persona “come realmente stiano le cose”. Si tratta di un importante processo di crescita che avviene attraverso la rottura di equilibri preesistenti e la costituzione di equi-libri diversi.

Tale processo non è indolore e passa attraverso fasi psicologica-mente complesse.

L’adolescente ha bisogno di persone che non lo facciano “sentire sbagliato”, non lo “colpevolizzino” pur se ha commesso ingenuità ed errori che sono fi siologici ed inevitabili. Già viene colpevolizzato da una società sempre più assurdamente pretenziosa, per non dire spietata, con l’adolescente in diffi coltà. Solo i genitori hanno questo potere di farlo sentire bene nella sua pelle. È fondamentale che af-fermino in modo credibile e, soprattutto, “vivano in prima persona” modelli e valori, permettendogli di operare un reale confronto con altri differenti al di fuori della famiglia.

L’adolescente deve sentirsi libero di elaborare, esprimere ed esternare il proprio modo di essere e di porsi in sintonia ed in ac-cordo con le proprie caratteristiche personali e con il “tempo” che vive. Anche il genitore deve essere libero di esprimere i propri punti

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di vista e di entrare nel merito delle decisioni che lo riguardano e lo coinvolgono.

I genitori sono ancora molto “dentro di lui”

Anche se l’adolescente è proiettato a conformarsi e a chiedere sostegno, calore, conforto ed orientamento al gruppo, occorre consi-derare che i genitori sono ancora molto “dentro di lui”. È importante ricordarsi questo, soprattutto quando assume atteggiamenti di rifi uto ed ostilità verso i genitori. Se è aggressivo, sprezzante e provocato-rio signifi ca che, al di là delle apparenze, li sta “comunque” conside-rando e quindi anche cercando.

In realtà i genitori sono per l’adolescente dei “sorvegliati spe-ciali”. Proprio perché “sta studiando come sarà da grande” diventa un osservatore acuto e le sue valutazioni sui genitori e i famigliari possono essere sferzanti se non addirittura impietose. La sua intel-ligenza sta crescendo in modo rapido e con le capacità logiche di cui è progressivamente sempre più dotato può facilmente mettere in scacco i genitori confezionando ragionamenti teorici che non fanno una piega. Diviene un implacabile investigatore che indaga aspetti importanti del genitore, non più considerato come un Dio indiscuti-bile. Proprio perché i genitori sono stati “tutto” per lui, ora è diviso tra un forte bisogno di scalzarli dalla sua vita ed un altro, altrettanto marcato, di continuare ad avere in loro un riferimento importante non potendo contare su una propria esperienza. Spinto dal bisogno di costruirsi una “sua” idea delle cose, l’adolescente ha bisogno di porre in discussione un po’ tutto, anche realtà solitamente date per assodate. Non va disturbato in questo lungo e laborioso processo, necessario per impostare una sua autonoma personalità.

Occorre preoccuparsi, invece, quando i ragazzi non sono più reat-tivi con i genitori, quando non li cercano più, quando li tagliano fuori completamente impostando con loro una relazione fi nta ed ipocrita. In questo caso i ragazzi stanno elaborando al loro interno un’opera-zione di screditamento dei genitori che compromette una relazione vera ed autentica. Se sistematicamente si sentono non accolti, non accettati, svalutati, disprezzati, derisi, osteggiati, ingabbiati da im-postazioni doveristiche, cadono inesorabilmente in una posizione

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di tipo depressivo, caratterizzata da impotenza e rassegnazione: “I genitori non mi ascoltano, non mi considerano, non serve a nulla parlare, confrontarsi, cercare un contatto con loro: meglio lasciarli perdere”.

Questo volume sottolinea quanto sia fondamentale che il genitore ponga la massima attenzione alle dimensioni relazionali e si impegni a comunicare bene con suo fi glio. Più che stordirlo ed asfi ssiarlo con interminabili predicozzi dal sapore anacronistico e moralistico, può impegnarsi a cercare di creare all’interno della famiglia atmosfere e contesti relazionali positivi, il più possibile all’insegna del buon umore, dell’allegria, dell’umorismo, anche, e soprattutto, quando si è in presenza di problemi e diffi coltà. Ridere, scherzare, cercare i lati umoristici delle cose, trasmette quella complicità che costituisce un gradiente fondamentale per un ragazzo in crescita.

Ciò che succede nell’adolescenza ovviamente si pone in rapporto anche alle vicende educative dell’infanzia. Se la relazione “allora” è stata caratterizzata da attenzione, ascolto, calore affettivo, da stili educativi improntati all’accettazione, alla disponibilità, alla com-prensione, alla valorizzazione e soprattutto ad una sana gestione del-la frustrazione, l’adolescenza costituirà un periodo delicato e critico, ma solitamente non drammatico né pieno di sorprese. Se invece il rapporto è stato fortemente problematico e negativo, l’adolescenza si connoterà indubbiamente come un periodo a forte rischio. In que-sto caso la scelta più intelligente per il genitore in diffi coltà è quella di farsi aiutare da un esperto per riparare ai danni relazionali prodot-ti, cercando un indispensabile recupero relazionale.

Adolescenze “saltate”, adolescenze “non completate”

L’evidenza clinica rileva come le situazioni maggiormente cri-tiche siano quelle nelle quali l’adolescenza o non è mai avvenuta o non si è svolta in modo suffi cientemente armonioso, così da potere considerare “completata” la formazione di una personalità suffi cien-temente cresciuta e matura.

Alcuni, per motivi psicologici complessi, hanno “saltato” l’ado-lescenza. Hanno continuato ad essere bambini a quattordici, sedici, diciotto … quarantacinque anni. Quando nello studio dello psico-

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terapeuta descrivono la loro adolescenza, ne parlano come di un periodo “troppo” tranquillo, dove “non è successo niente”. Non è avvenuta in loro una rielaborazione e riformulazione critica per-sonale dei valori, modelli e credenze trasmessi dai genitori. Per la presenza di particolari condizioni psicologico-ambientali negative, i fi gli hanno accettato passivamente, senza la minima critica, quanto loro trasmesso nell’infanzia, per poi trovarsi in diffi coltà rispetto alla “costituzione di identità”. Di fronte alle diffi coltà ed avversità della vita, si ritrovano da adulti pieni insicurezze, di paure, di dubbi, di frustrazioni ed insoddisfazioni. Eccessivamente protetti, frustrati, o inibiti non hanno effettuato le esperienze importanti con la dovuta tranquillità e serenità, per le paure, le ansie ed i problemi dei geni-tori.

Per altri, l’adolescenza può essersi caratterizzata come un perio-do estremamente burrascoso, denso di confl itti laceranti, rivendica-zioni, ripicche, rivalse e costellato da atteggiamenti particolarmente e costantemente aggressivi e polemici verso i genitori. Non hanno potuto contare su interlocutori “sani”. Sono diventati adulti sofferen-ti e problematici e non hanno mai concluso la loro adolescenza. Si sentono e si comportano come eterni adolescenti immaturi, non cre-sciuti, non evoluti, con atteggiamenti caratterizzati il più delle volte da egocentrismo e narcisismo. Hanno sostanzialmente vissuto l’ado-lescenza in ambienti psicologicamente “malsani”. Non hanno potuto maturare esperienze affettive in cui ci fosse calore, autenticità, vita, dialogo vero, rispetto nei confronti di una persona in crescita. Hanno vissuto affettivamente “al freddo”, oppure sono stati ossessionati da regole, svalutati e colpevolizzati per ogni errore commesso, ricat-tati affettivamente, svuotati della loro libertà e creatività. Non han-no avuto l’opportunità di nutrirsi del “cibo essenziale” per crescere sani: sperimentare l’amore “non condizionato”, sentirsi accettati, benvoluti, apprezzati, riconosciuti, gratifi cati, valorizzati, coinvolti.

C’è una buona notizia

Se qualcosa non ha ben funzionato nel corso dell’infanzia, l’ado-lescenza può, fortunatamente, costituire per i genitori un’occasione di recupero da non perdere. Ora il genitore ha la possibilità di “co-

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minciare a fare” o “fare meglio” ciò che, per varie ragioni, ha igno-rato o trascurato. Può diventare un valido interlocutore presente, ma non ingombrante, coerente, ma non rigido, orientante, ma non impo-sitivo. Soprattutto ha l’opportunità di instaurare una relazione calda in grado di trasmettere calore, sostegno, e modelli positivi e credibi-li. Può proporsi come un compagno di viaggio discreto che fa sentire la sua presenza quando viene richiesta. Può diventare consapevole che un fi glio in crescita, soprattutto nella seconda fase dell’adole-scenza, non va abbandonato a sé, partendo dal presupposto che “tan-to ora non ha più bisogno di me”. Può altresì evitare di invaderne lo spazio personale, di inibirlo, coartarlo, ricattarlo, evitando di seguire logiche manipolative tese a plasmare il fi glio a propria immagine e somiglianza.

Rimanendo ancorato al presente, a ciò che “oggi” è realmente fattibile e rifi utando autocolpevolizzazioni inutili e dannose, il ge-nitore consapevole di errori, impostazioni, scelte educative che ora percepisce essere state inadeguate, insuffi cienti o negative può recu-perare molto terreno perduto. Può ricercare un confronto importante con altri genitori, magari frequentando gruppi di auto-mutuo-aiuto, oppure ricercare un aiuto psicologico personale o in coppia. Tutto ciò allo scopo di modifi care lo stile educativo e fare sentire la propria presenza in modo differente. Anche se è fuori dubbio l’importanza rivestita dalle vicende educative infantili rispetto alla costituzione dell’identità, occorre ribadire come l’adolescenza possa costituire un’occasione educativa fondamentale.

L’adolescente ha bisogno di “sentire” una persona che si rapporti con lui “non” come un bambino da educare, ma “nemmeno” come un adulto fatto e fi nito esigendo da lui una maturità che non può avere.

Talora i genitori si rapportano col fi glio adolescente muovendosi tra due estremi. Nel primo fanno lunghe prediche ed irritanti sermo-ni nell’intento di ripararlo e proteggerlo dai “pericoli del mondo” e dai presunti “danni dovuti all’inesperienza”. Lo ritengono incapace di cavarsela da solo e rischiano di ossessionarlo con estenuanti rac-comandazioni come se non fosse in grado di capire nulla della vita. Partono dall’ingenuo presupposto che, “continuando a ripetere”, lui farà ciò che gli si chiede, come quando era un bambino.

Nel secondo estremo adottano comportamenti ispirati alla conce-

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zione che “ormai è adulto e non ha più bisogno del genitore”. Lo ca-ricano di responsabilità pensando che sia già in grado di gestirle e lo colpevolizzano quando disattende le loro aspettative. Anche questa posizione, che spesso subentra nella seconda parte dell’adolescenza, non viene incontro al bisogno di mantenere un “continuum” tra ciò che è stato (un bambino che ha fatto quello che gli è stato chiesto di fare) e ciò che vuol diventare (una persona autonoma, completa-mente indipendente, in grado di defi nirsi, di decidere e prendersi la responsabilità delle proprie scelte).

Anche se ora si confronta con altre persone e si pone in modo critico verso i genitori, ha ancora la necessità, e non solo nei primi anni dell’adolescenza, di continuare a confrontarsi e ad interloquire con chi ha costituito il suo principale “riferimento base”. Ha bisogno di sentire che può ancora contare su di loro. I genitori possono essere lì, pronti a cogliere ogni occasione per aiutarlo a crescere ponendosi nei suoi confronti come “interlocutori affi dabili”, ovvero persone at-tente, rispettose, fl essibili e non dogmatiche. Possono proporsi come adulti “altamente affettivi”, “coerenti”, ma soprattutto “credibili”, “tolleranti” e “fl essibili”, capaci di favorire un vero confronto. In questo modo aiutano il fi glio a porsi in modo dialettico di fronte alla pluralità di idee, di modelli, di modi di essere con i quali si sta confrontando.

Come leggere questo volume

Questo è principalmente un volume di auto-aiuto, uno strumento che può essere utilizzato dal genitore per indagare, esplorare, rifl et-tere sul proprio modo di porsi con i fi gli, soprattutto se adolescenti.

È un libro che, nelle rifl essioni, è denso di concetti. Offre ma-teriale di sintesi in grado di fornire una visione allargata e a tutto campo delle complesse problematiche relazionali.

Va letto lentamente, a più riprese, ritornando più volte su alcu-ni punti, quelli che sembrano riguardare particolarmente il genito-re. Può essere utile sottolineare, anche grafi camente, gli aspetti che hanno maggiormente colpito l’attenzione. È su questi che conviene soffermarsi per una rielaborazione personale. Non propone ricette preconfezionate, ma offre numerosi input.

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Può essere utile che i genitori leggano il libro insieme. È sempre una buona scelta ritrovarsi insieme a rifl ettere sugli aspetti educativi riguardanti i fi gli. È opportuno dedicare del tempo a questi argomen-ti, scegliendo momenti favorevoli in cui i genitori siano ben disposti emotivamente. È pur vero che spesso si pone “il problema educati-vo” solo quando questo, per le ragioni più varie, si impone per la sua severità e gravità.

Manca una cultura dell’educazione. Molti luoghi comuni vedono il “bravo” genitore intento a programmare, con mille attività, l’inte-ro tempo non scolastico del fi glio, anche adolescente.

Poniamoci alcune domande. Cosa si nasconde dietro questo ipe-rattivismo? Chi aiuta veramente un fi glio a crescere, chi lo va a rim-pinzare di attività demandando ad altri un ruolo educativo o chi tra-scorre del tempo con lui è presente quando ne ha bisogno, lo ascolta, risponde ai suoi quesiti e si impegna a far fronte alle sue necessità? Siamo sicuri che quando l’adolescente respinge il genitore, ciò sia da imputare ad una caratteristica della crescita adolescenziale o non sia invece attribuibile al disagio che avverte nei confronti di certi atteggiamenti? Un genitore tutto di un pezzo, serio, serioso, osses-sionato da norme e doveri, svolge meglio il proprio compito rispetto a chi si impegna a costruire un clima dialogante, sereno, allegro e rilassato?

A queste e a tante altre domande cerca di rispondere il volume.Le teorie psicologiche a cui il volume si riferisce fanno capo alle

“evidence based”, ovvero sono basate su evidenze e riscontri scien-tifi ci.

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Capitolo 1“Non sono più una bambina!”

Per crescere ha bisogno di un clima sereno

Il racconto

Da qualche tempo le discussioni in casa di Stefania si fanno sem-pre più accese.

– Mamma, come te lo devo dire: non sono più una bambina, ho quindici anni!

– Che li abbia non ci sono dubbi, che li dimostri … potremmo discuterne.

– Perché non posso stare fuori fi no a mezzanotte? – Non se ne parla proprio. – È sabato, domani dormo un po’ di più. – Non è ancora il tempo. – Tutte le mie amiche tornano a quell’ora!– Sei ancora troppo giovane. Non lo senti che cosa succede in

giro di notte?– Perché? Quello che può succedere a mezzanotte, non può suc-

cedere alle dieci?– Mezzanotte è troppo tardi, torni al massimo alle dieci e mezza.– Però non mi hai spiegato perché non posso tornare a mezza-

notte?– C’è poco da spiegare, è troppo tardi, fuori ci sono tanti pericoli,

non hai esperienza. – Certo, “non hai esperienza” per te vuol dire che sono ancora

una bambina!– Più avanti magari, se dimostrerai di essere cresciuta, vedremo.

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E poi lo sai bene anche tu: fi nché non sento che sei rientrata in casa io non riesco a dormire.

– Ma mamma questo non è un mio problema!– Se torni tardi non mi fai dormire! – Ti sveglio? Faccio rumore?– Non è una questione di rumore, ma io non riesco a prendere

sonno.– Ma allora qual è il vero motivo per cui non mi lasci uscire, per-

ché sono troppo giovane oppure perché tu non riesci a dormire?Da un po’ di tempo la logica stringata della fi glia mette in diffi -

coltà Giovanna. Deve riconoscere che Stefania la mette in scacco con le sue domande piene di logica e coerenza.

– Tutti e due.Stefania non molla la presa.– Ma i miei amici tornano tutti dopo, andiamo con una macchina

sola, come faccio a tornare?– Veniamo noi a prenderti semmai.– Questo proprio no, piuttosto non esco.– Lo vedi, ti comporti come una bambina che fa i capricci. E poi

mi ricatti.– Sarei io quella che ricatta? Lasciamo stare che è meglio! Con

te non si può parlare. Spero che almeno papà mostri un po’ più di comprensione.

La tensione è da tempo elevata. Le discussioni diventano sempre più sferzanti.

– Quante ore sei stata davanti ai videogiochi oggi?– Un po’, perché?– Te lo dico io quanto tempo hai perso dietro quegli stupidi gio-

chi: due ore.– Se lo sai perché me lo chiedi? – osserva Stefania con tono sec-

cato.– Lo vedi, ti comporti come una bambina che passa tanto tempo

a giocare!– Avevo fi nito di studiare, mi sono rilassata. Cosa c’è di male?– E la tua camera com’è? – “Non perfettamente” ordinata, lo ammetto.– Diciamo pure caotica. Ti sembra la camera di una persona adul-

ta?

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– Ci vivo io lì dentro, decido io come sistemare la stanza!– Vuoi che ti trattiamo da adulta quando ti fa comodo: i soldi, il

rientro la sera.– Mamma quanto stressi! Trovi forse delle cose mie in sala?– Fino a che non vedrò comportamenti da persona adulta te le

puoi scordare certe libertà!Stefania, stanca delle “prediche” della mamma, se ne va. Se ne

torna in stanza e si chiude dentro.– Cosa vuol dire andarsene e chiudersi in camera? Ti sembra un

atteggiamento da persona cresciuta?Stefania non risponde. Pensa non serva a nulla. Con la mamma si

sente così: una bambina che deve essere educata, alla quale va detto cosa deve e cosa non deve fare.

Quanto al padre la partita è ancora aperta, però lo vede poco, è sempre via per lavoro.

Da qualche tempo Stefania si sta chiedendo se non è il caso di cominciare anche lei a raccontare bugie per raggirare l’ostacolo. Ha a disposizione una grande maestra, Rosaria, l’amica del cuore con la quale si confi da.

Anche lei ha una madre con cui non riesce a parlare, perciò si è specializzata nel raccontare bugie. Stefania ammira la sua capacità di non farsi beccare.

– Cosa dici ai tuoi quando torni tardi? – le chiede al telefono. – Dipende dalle situazioni. L’ultima volta ho telefonato ai miei

dicendo che c’erano problemi con la macchina e che sarei rientrata più tardi.

– L’hanno bevuta?– Come sempre.– E se ti cercano per dirti che verranno a prenderti, cosa gli dici?– Dopo la telefonata spengo subito il cellulare.– Ma non potrai raccontare tutte le volte che la macchina non

funziona!– Fantasia, Stefania, ci vuole fantasia! Una volta mi sono inven-

tata che siamo dovuti andare al pronto soccorso per un mio amico e sono riuscita a stare fuori tutta la notte.

– Ne hai di coraggio! Ma non hai paura quando poi rientri a casa?

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– Ci sono abituata. Anch’io vengo trattata da bambina e ho preso le mie “misure di sopravvivenza”.

– Sarebbe a dire?– Ogni tanto, purtroppo, devo fare di nascosto qualche “prelievo”

dal portafoglio di papy.– Non mi sembra una bella idea!– Cosa dovrei fare? Chiudermi in casa tutto il giorno? Andare in

giro senza soldi? Mi danno pochissimo. Cosa fai con quella cifra? E dire che i miei stanno bene in quanto a soldi.

– Però, dai, non è bello rubare …– Non sono una ladra, prendo cifre modeste. Mi costringono a

farlo, non c’è verso di discutere. Decidono loro di volta in volta cosa è giusto che mi comperi e cosa non lo è. Magari spendono una bar-cata di soldi per i vestiti perché vogliono che mi vesta bene. Non mi chiedono mai di cosa ho bisogno, pensano di saperlo.

– I miei rompono ma non mi fanno mancare niente. Anzi mi dan-no un fi sso la settimana per cui posso contare su una discreta cifra e spenderla come voglio io.

– Adesso capisci perché, anche se non mi diverto, devo fare dei prelievi di tanto in tanto. Decidono loro per me quello che mi serve: pazzesco. Cos’altro posso fare?

Stefania non ha la stessa situazione dell’amica, ma teme di arri-vare anche lei ad avere problemi analoghi se, soprattutto la mamma, non cambierà registro. Fortunatamente va meglio con suo padre. Però chi lo vede?

Stefania non può fare tardi, il coprifuoco inizia alle dieci e mezza. È però riuscita a strappare il permesso di stare fuori la sera saltando la cena. La mamma è ossessionata dal rientro notturno: l’importante è che sia a casa per le dieci e mezza di sera.

I suoi genitori ogni venerdì sul tardo pomeriggio vanno al super-mercato per la spesa settimanale. Il negozio è grande ed il venerdì è sempre pieno di gente.

– Certo che i ragazzini di oggi non sono più come quelli di una volta – osserva Giovanna.

– È logico, non è lo stesso mondo di una volta – ribadisce Sergio, il marito.

– Continua a difenderli questi ragazzi moderni! Ti sembra sia giu-

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sto baciarsi in quel modo davanti a tutti? Guarda quei due, avranno lei quindici anni e lui diciassette.

– Magari vanno a fare “fuori” le cose che non possono fare a casa …

A differenza della moglie, mentre saliva sulle scale mobili al su-permercato, il papà ha riconosciuto in quella ragazzina che si bacia-va con un ragazzo la fi glia. Non ha dubbi fosse lei. Ha preferito però non parlarne subito con Giovanna. Vuole farlo con calma a casa. Da un po’ di tempo è in disaccordo sui metodi educativi della moglie. Sta cercando l’occasione per discuterne con lei. Pensa di averne fi -nalmente trovata una.

– Forse dovremmo rivedere un po’ il nostro atteggiamento con Stefania. Non è più una bambina – afferma Sergio la sera approfi t-tando del fatto che Stefania è in camera sua.

– Ti dico che si comporta come una bambina. L’hai vista la sua camera?

– Sì certo, è la camera di un’adolescente!– E quindi dobbiamo lasciarle fare quello che vuole?– Non dico questo. Però bisogna avere una certa tolleranza con

gli adolescenti, se non vuoi perderli. A quella età tendono tutti ad essere disordinati.

– Tu ci sei molto poco a casa e non li senti i discorsi che fa!– È vero ci sono poco. Però non sono preoccupato più di tanto, mi

sembra abbastanza responsabile.– L’unica cosa che le interessa è uscire con gli amici, avere dei

soldi, tornare il più tardi possibile la sera. È tipico degli adolescen-ti.

– Sta cominciando a scoprire la vita, Giovanna! Io alla sua età non ero tanto diverso.

– Ma noi dobbiamo educarli questi fi gli!– Cosa intendi per educare?– Dare delle regole, insegnare loro quello che bisogna o non bi-

sogna fare.– La fai semplice! Non credere sia facile il mondo dei giovani

oggi. Anch’io penso che occorra dare delle regole, ma serve che ci sia un bel rapporto con loro.

– Certo anche il rapporto. Ma prima le regole, i doveri, le cose giuste. Lo senti cosa succede tutti i giorni?

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– A te le racconta le sue cose?– No, con me è molto chiusa.– Si è chiusa ora, vero?– Sì, è sempre stata una ragazzina estroversa ed aperta – ammette

Giovanna. – Non ti sei mai chiesta il perché?– Non lo so. È lei che è cambiata.– Puoi starne certa! È cresciuta. Siamo noi che non siamo cam-

biati nei suoi confronti e non ci siamo accorti che è cresciuta. Ti ricordi com’era una volta?

– Sì, ci raccontava tutto. – Non ti sei chiesta come mai è cambiata così tanto?– Non ho la minima idea. – Com’è il tuo rapporto con lei ultimamente?– Pessimo.– È questa la vera questione: il rapporto tra lei e noi.– Fai presto tu a dire! Prova ad averci a che fare tutti i giorni e

poi mi dirai …– Hai ragione, io sto poco tempo con lei, però con me va meglio,

mi cerca di più, qualcosa mi racconta.– A me non dice niente, solo proteste e contestazioni.– Avrà la testa da qualche altra parte.– Puoi starne certo.– Magari sta pensando ad un ragazzo.– Lei? Un ragazzo? Ma fi gurati! È una bambina ti dico, non ha

la responsabilità che dovrebbe avere. Un ragazzo? Ma cosa stai di-cendo?

– Sei proprio fi ssata sulle responsabilità! A quell’età cominciano a scoprire le cose importanti della vita, l’amicizia, l’affetto, il sesso.

– Queste sono cose che vengono dopo, quando anche la testa è cresciuta.

Fa fatica Sergio a parlare con la moglie, né sa come dirle che ha scoperto che la sua “bambina” si vede con un ragazzo. Esce quindi dalla sala per andare a chiamare Stefania. Vuole mandare un mes-saggio sia alla fi glia che alla moglie. Il primo è per Stefania.

– Certo che è proprio caruccio il tuo ragazzo!– Allora mi hai beccato, papy!

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– Mi ha fatto un certo effetto vederti con un ragazzo venerdì, ma ti dirò che sono stato anche molto contento. Mi sono reso conto che non sei più una bambina, sei cresciuta.

– Meno male che almeno tu l’hai capito, ti voglio bene, papy! – afferma correndogli incontro ed abbracciandolo proprio come “una bambina”.

Stefania è felice che il suo papy non sia schierato come la mam-ma. Diversamente sarebbe stato come trovarsi di fronte ad un muro insuperabile.

– Qualcun altro non si è ancora accorto che sono cresciuta … – riprende Stefania guardando in cagnesco la mamma.

– Ci vuole pazienza, Stefania – osserva Sergio.A Giovanna quello che voleva dire lo ha detto, invece, con uno

sguardo serio, rimproverante, ma al tempo stesso rassicurante come per dire: “Tranquilla, ora entro in gioco anch’io con nostra fi glia”.

Il ghiaccio fi nalmente si è rotto. Stefania è contenta. – Vedi Stefania, non è sempre facile prendere atto che un fi glio

cresce.– Qualcuno però fa più fatica di altri a prenderne atto – prosegue

Stefania guardando la mamma facendo il broncio.– Si preoccupa per te perché ti vuole bene, lo sai vero?– Sarà anche vero però mamma sta diventando sempre più asfi s-

siante …La mamma stranamente se ne sta in silenzio. Non è solita starsene

zitta, ribatte sempre colpo su colpo, ma è ancora sotto choc: non si aspettava proprio che la sua bambina potesse avere già un ragazzo.

Giovanni del resto, resosi conto dell’atteggiamento rigido e ne-gativo della moglie verso la fi glia, pensa possa essere utile fare un po’ di autocritica.

– Dovremmo ricordarci più spesso come eravamo noi alla tua età. Purtroppo dopo tanto tempo uno se lo dimentica – continua Sergio.

La mossa affettiva del papy ha avvicinato Stefania ai genitori. Ora si lascia andare un po’.

– Ho tante amiche che raccontano un sacco di bugie ai loro ge-nitori. Ti dirò che a volte sono tentata di fare come loro. Siete voi genitori che ci costringete a farlo.

– Non credere sia facile fare i genitori. Il mondo oggi è cambia-to tanto, ci sembra diventato più pericoloso, siamo preoccupati non

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poco – ribatte ancora Sergio, spezzando una lancia in favore della mamma quasi a giustifi care almeno in parte le sue apprensioni.

– È un vostro problema. Noi vogliamo vivere la nostra età.– Dobbiamo parlarci di più, anche a costo di discutere. Non è poi

il peggiore dei mali.La mamma continua a rimanere in silenzio. Si sta accorgendo che

la fi glia con il papà si apre. È con lei invece che ha il problema.– Meglio discutere che raccontare bugie, non ti pare? – prosegue

il padre.– Penso proprio di sì.– Mi sembra che hai scelto proprio un bel ragazzo! Cosa fa di

bello? – Studia anche lui, però non si droga, non beve, non frequenta

cattive compagnie – afferma fi ssando intensamente la madre che non reagisce – non so se mi spiego …

– Stefania, le madri a volte sono più apprensive, ma, parlando, i problemi si possono anche risolvere. È il non parlare che fa male.

– O il parlare in un certo modo …– Cosa dici se ogni tanto ci troviamo tutti e tre e vediamo di risol-

vere i problemi? – propone Sergio.– Una problema c’è già e ne vorrei parlare subito. Spero che tu

non la pensi come la mamma.– Di cosa si tratta?– Dell’orario di rientro del sabato.– Se ne può parlare. Lo sai vero che tua madre non chiude occhio

fi no a quando non sente che sei arrivata!– Non è una buona ragione perché io rientri quando vuole lei. È

un suo problema, non mio.– Hai ragione Stefania, non è un tuo problema.Stefania è raggiante. Non si sarebbe mai aspettata che il padre

capisse bene questa questione e le riconoscesse che il problema è della mamma.

Giovanna è ammirata dal fatto che il marito è riuscito ad aprire un canale di comunicazione con la fi glia, cosa che a lei non era riuscita. Ora vuole rientrare nei giochi anche lei.

– Non te l’ho mai detto, ma quello che mi fa paura sono le stragi del sabato sera. Lo senti anche tu il notiziario, vero? Lo sai qual è

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l’orario nel quale accadono la maggior parte degli incidenti mortali del sabato sera?

– Certo, ma non credere che io non sia preoccupata quando vado in giro in macchina con qualcuno – risponde con toni non più aggres-sivi – guardo sempre bene chi guida. Cerco di capire se ha bevuto, è alterato, troppo allegro, se è strano, se non c’è con la testa. L’ultima volta ho chiesto al cameriere della discoteca che è mio amico quanto aveva bevuto Luigi, quello che di solito guida.

– Se mi avessi raccontato queste cose io mi sarei tranquillizzata.– Non è facile parlare con te, mamma. Spero che riusciremo a

capirci di più …– Ma certo! – interviene il padre – basta che ogni tanto ci trovia-

mo tra di noi … – Senza fare i moralisti però! – precisa decisa Stefania.– Vogliamo solo proteggerti, Stefania – ribadisce la mamma.– E fi nite invece per rompere …– Vediamo allora di parlarci e di capirci.– Allora posso tornare a mezzanotte? – Ci tieni tanto? È importante per te?– Piuttosto non esco per tutta la settimana, ma il sabato ci tengo

ad uscire con il mio ragazzo. Ora lo sapete che ho un ragazzo.– Se ci dicevi che avevi il ragazzo …– Mamma! – esclama Stefania – sei tu che mi inibisci! Non lo hai

ancora capito?– Almeno adesso sappiamo che sei con una persona e non allo

sbando.– Ecco vedi, se non ci fosse un ragazzo mi vedresti allo sbando! – Faccio per dire! Diciamo che sono un po’ più tranquilla.– E magari riesci anche a chiudere occhio la sera? – osserva pun-

gente Stefania.Stefania ha toccato un punto dolente. La mamma preferisce non

entrare nella questione. Ora comincia a capire che non può buttarle addosso questo suo problema. È papà che va a togliere le castagne dal fuoco.

– Ma certo, è importante che tu ti diverta, però dobbiamo fare in modo che anche noi siamo tranquilli. Sei d’accordo che comunque alcuni rischi ci sono nello stare in giro fi no a tardi alla tua età?

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– Certo. Ma anche tu corri rischi se vai in giro alle due di notte di sabato …

– Hai proprio ragione! Li corriamo tutti i rischi sulle strade!Stefania è contenta e si rilassa, ha avuto ciò che cercava. È riusci-

ta fi nalmente a sentirsi ascoltata, considerata e soprattutto ha ottenu-to quei riconoscimenti che tanto cercava. Giovanna ora però vuole concludere.

– Cosa ci proponi Stefania, per fare in modo che noi possiamo stare tranquilli?

Ora è chiaro per Stefania quale sia il problema: la tranquillità dei suoi genitori. Ci pensa un attimo e poi parte con una proposta.

– Potrei mandarvi un messaggino verso le undici di sera del tipo “tutto tranquillo”. Per il resto vi ho già detto che vado in giro con gente a posto.

– Io ho un’altra proposta ancora. Se ti dovesse capitare che guida qualcuno che ha bevuto o non è a posto con la testa, cosa ne dici se tu lo costringi a fermarti al primo centro abitato e ci telefoni per farti venire a prendere?

– A me va bene – risponde Stefania.– Ci stiamo preoccupando per te, Stefania. Forse a volte io sono

troppo insistente, lo ammetto – precisa la madre che sta imparando dal marito l’importanza del fare dei riconoscimenti ai fi gli.

– Diciamo pure senza forse. Buona notte, mamy – conclude Ste-fania avvicinandosi alla mamma e porgendole un bacio sulla fronte come non accadeva da tempo – anch’io non voglio correre certi ri-schi, non solamente voi. Sono meno bambina di quanto pensiate. So proteggermi da sola!

Prima di spegnere la luce in camera da letto Sergio scambia qual-che battuta con la moglie.

– Abbiamo ripristinato i collegamenti con Stefania. Dobbiamo stare attenti, non è più “la nostra bambina”.

– Sì, è vero. Per fortuna con te ha parlato. Sei stato proprio bravo, Sergio! La situazione stava diventando critica.

– Guarda che non è diffi cile, si tratta di darle un po’ di fi ducia. Bisogna ascoltarla, riconoscerle delle cose, a volte ammettere di sbagliare e poi fare degli accordi insieme a lei. Hai visto come è cambiata poi?

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– Mi è piaciuto come hai parlato con lei. Per fortuna sei interve-nuto! Io mi innervosisco appena lei comincia a contestare tutto.

– Non hai mai trasgredito da adolescente? Sei passata di colpo dall’essere bambina ad una persona adulta, responsabile, coscien-ziosa?

– Sì, più o meno è andata così! Da bambina sono diventata subito una donna.

– Che tristezza!– La mia famiglia era severa.– Hai saltato dunque l’adolescenza! – Diciamo che non sono stata di certo una ragazza ribelle.– Possiamo forse lamentarci di nostra fi glia?– Bisogna proprio che ripensi a certi miei atteggiamenti. In effetti

sono un po’ troppo rigida con lei.– E soprattutto poco … affettiva – rincara la dose Sergio – Lo

vedi come cerca il rapporto con noi? Solo che non deve essere più il rapporto di prima. Sono cambiati l’età, gli interessi, le esigenze. Non lo vedi? Noi parliamo di regole, ordine, pericoli ma lei non ti segue. Hanno ben altro per la testa e dobbiamo tenerne conto.

– Lo vedo bene!– È in un’altra dimensione, e non sempre è facile capire quale sia.

Bisogna ascoltarli bene gli adolescenti, seguirli, cercare di capire il loro mondo.

Sergio si ferma un attimo. – Abbiamo rischiato che cominciasse anche lei a raccontarci delle

palle – precisa con una certa preoccupazione.– Non è certo una bella cosa. Per fortuna che ci sei tu …Insieme a questo riconoscimento Giovanna però ha anche un rim-

provero da fare al marito.– Io di sicuro ho sbagliato. Certo … però … che … tu …– Sì lo so, l’ho capito bene oggi. Devo essere più presente e non

lasciarti sola con un’adolescente. Stefania ha bisogno di due perso-ne. Tranquilla, da ora in poi ci sarò.

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Rifl essioni

1.1 La relazione prima di ogni altra cosa

Tirano un sospiro di sollievo i genitori di Stefania. Hanno “ripri-stinato i collegamenti” con lei. Ci ha pensato il papy, che è riuscito a creare le condizioni affi nché la fi glia ricominciasse a dialogare. La mamma, fortunatamente, si rende conto delle proprie diffi coltà e problemi e si ferma. Lascia fare al marito, che è stato abile nello sbloccare una situazione che stava cominciando a diventare diffi ci-le.

La fi glia, a seguito di continue osservazioni critiche e valutazioni negative da parte della madre sui suoi comportamenti e scelte, ha la percezione che con lei non sia possibile un dialogo vero e comincia a chiudersi.

La differenza sostanziale tra i genitori è il loro diverso modo di porsi in relazione con la fi glia. La madre commette alcuni seri errori educativi come quello di riversare su di lei un suo problema, quello del sonno.

Si pone in modo troppo normativo in quanto eccessivamente preoc-cupata di fare passare regole e doveri. Così trascura alcuni aspetti fondamentali riguardanti la relazione.

Diversa è la posizione del padre, che ha compreso come si sia venuta a creare la situazione di stallo nel rapporto e corre ai ripari utilizzando una strategia differente.

Invece di “pre-occuparsi” della fi glia, si “occupa” di lei. L’ascol-ta, considera le sue richieste e di fronte a queste cerca di negoziare un vero accordo che tenga presente le esigenze di tutti.

In questi dialoghi vengono segnalate questioni importanti. Hanno a che fare con la relazione: l’ascolto, la comunicazione eccessiva-mente critica, il fare riconoscimenti, l’interessamento per l’altro, la capacità di affrontare i problemi e di mediare buoni accordi in modo

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costruttivo. Sono argomenti che, insieme ad altri, verranno appro-fonditi lungo tutto questo volume.

Vivi anche tu con un adolescente? Avrai constatato di persona quanto la relazione sia fondamentale con lui. A volte si creano situa-zioni diffi cili, caratterizzati da un marcato blocco comunicativo: si fatica a comunicare o addirittura non ci si parla più.

Puoi essere tentato di assumere un atteggiamento autoritario o difensivo. Nulla di più sbagliato.

Tuo fi glio sta crescendo e le sue esigenze, i bisogni, gli interessi stanno rapidamente cambiando. Il tuo modo di porti è determinante ed avrà una rilevante infl uenza sulla sua crescita.

1.2 Non spaventarti per i cambiamenti comportamentali

L’adolescenza è un periodo di crescita particolarmente comples-so nel quale tuo fi glio sente un marcato bisogno di staccarsi da te per costituirsi una personalità autonoma ed indipendente. Non puoi opporti a ciò, è fi siologico che succeda.

Avrai l’impressione che sia diventato un gran rompiscatole. Ta-lora assumerà atteggiamenti che ti sarà diffi cile comprendere. Puoi accettare tutto ciò senza sconvolgerti.

In realtà un fi glio adolescente può farti rifl ettere e aiutarti a ri-scoprire alcune dimensioni che con il tempo puoi avere perso: il senso dell’amicizia, il divertimento, l’appartenenza ad un gruppo, la fedeltà ad un’idea, etc.

Riuscendo a considerarla da questo punto di vista, puoi accorgerti che l’avere un fi glio adolescente non è solo un rompicapo ma può rappresentare una situazione stimolante e di crescita anche per te genitore.

Tieni presente che anche agli specialisti del settore, psicologi che studiano l’età evolutiva, sfugge spesso la comprensione di mol-ti meccanismi psicologici che agiscono nell’adolescenza. Per quali ragioni? Una è legata al fatto che l’adolescenza ha forti legami con

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gli aspetti culturali, sociali ed ambientali, molto variabili e la cui infl uenza è di diffi cile lettura. L’adolescenza oggi è certamente dif-ferente da quella di ieri e nella nostra società occidentale si caratte-rizza in modo diverso che in altri sistemi sociali.

La relazione con un adolescente può essere, a livello emotivo, fortemente sollecitante e stressante.

Anche rispetto a ciò, puoi cercare di non sconvolgerti. D’altronde in diverse occasioni tu stesso puoi scoprire di diventare intollerante ed intransigente oltre misura, arrabbiandoti con tuo fi glio e mettendo in atto reazioni sproporzionate rispetto alla portata degli eventi.

Atteggiamenti di sfi da, di provocazione, di ingratitudine posso-no metterti in diffi coltà e scatenare in te paure profonde, preoccu-pazioni anche forti in grado di condizionare i tuoi atteggiamenti. Puoi accorgerti che anche in te emergono parti immature e poco evolute.

Insomma anche tu, come tutti, non puoi essere “completamente” maturo, né perfetto.

Spesso gli adolescenti sono abilissimi nello smascherare le im-maturità e le contraddizioni (degli altri!) e non è escluso che si di-vertano a sbatterli in faccia agli interessati in modo indecoroso ed inclemente. Questi sono segnali da cui puoi cogliere il rapido svi-luppo dell’intelligenza unitamente, ed è un bel guaio, alla carenza di esperienza.

1.3 Diventi un sorvegliato speciale

Dal momento che sta “studiando”e “facendo le prove” per come diventare da grande, tu sarai un sorvegliato speciale, oggetto della sua “implacabile” osservazione. Rimani, “comunque”, un modello da lui preso in considerazione: guarda quello che dici ma soprattut-to quello che fai.

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Se ti sente pronunciare un bel “sermone” sull’autocritica e poi non ne vede traccia in te, pensi di essere credibile ai suoi occhi? Se perdi credibilità, cosa riuscirai ad ottenere da lui?

Il tuo compito di genitore richiede quindi la capacità di rappre-sentare un modello suffi cientemente convincente, credibile ed af-fi dabile. Non è detto che seguirà i tuoi modelli, ma ha bisogno di confrontarne diversi.

Quando le cose con tuo fi glio non funzionano, fermati. Allontana-ti fi sicamente e mentalmente dalla situazione. Staccatene, guarda le cose come se le osservassi dall’esterno. Così diventerai più obiettivo ed in grado di capire che cosa stia succedendo. Poni primariamente la tua attenzione sulla relazione.

Prendi in considerazione qualsiasi cosa disturbi la relazione. Os-serva se le tue preoccupazioni sull’osservanza delle regole e dei do-veri non sono eccessive.

Continuando a criticarlo, a riprenderlo, ad insistere su certi aspetti, rischi di ossessionarlo e di bloccarlo.

È essenziale comprendere che cosa stia succedendo nel rapporto guardando a ciò che stai facendo. Alcuni atteggiamenti, l’essere ec-cessivamente critici, severi, giudicativi, punitivi e svalutativi, il non riconoscere e non gratifi care, danneggiano la relazione con il fi glio. Se non hai una buona relazione con lui, pensi forse di riuscire a “fare passare” contenuti educativi complessi e spinosi come le regole?

In assenza di una autentica consapevolezza circa l’importanza del modo di porti di fronte ad un fi glio in crescita, potresti non riu-scire a gestire gli innumerevoli problemi che si verrebbero a crea-re.

Cominciare a porre attenzione al come “tu” ti poni in relazione con tuo fi glio signifi ca essere sulla strada giusta.

Impegnarti ad osservare ciò che succede nella relazione tra te e lui ti pone nelle migliori condizioni per risolvere i problemi. Non è diffi cile, comincia a guardare con attenzione ciò che fai.

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Lo ascolti? Prendi in considerazione quello che ti dice? Di fronte ad una sua richiesta sei capace di mediare tra i suoi bisogni ed i tuoi? Sei capace di riconoscere (e soprattutto riconoscergli!) quan-do un problema è tuo? Sei abbastanza “cresciuto tu” da ammettere un errore che hai commesso e di scusarti? Com’è la tua comuni-cazione nei confronti di tuo fi glio, giudicante, svalutante, punitiva, arrogante oppure gratifi cante, accettante, piena di apprezzamenti?

1.4 Non riversare i tuoi problemi su tuo fi glio

Ha ragione Stefania quando fa notare alla mamma che, se non rie-sce a dormire fi no a che lei non è rientrata, non è un suo problema.

Nella relazione che stabilisci con tuo fi glio vedi di non riversare su di lui le tue problematiche personali. Ognuno di noi è portatore di problemi, è normale che sia così. L’importante è esserne consapevo-li e cercare di risolverli senza farli ricadere sugli altri.

La situazione citata nel racconto è abbastanza comune: “Torna presto, mi raccomando, sai che non chiudo occhio fi no a che non sento che sei tornato!”. Rifl etti con attenzione. Ti rendi conto di qua-le situazione stai creando? Stai effettuando un “ricatto affettivo” im-pedendogli di vivere le proprie esperienze tranquillamente. Induci in lui un confl itto: “Se torno presto non posso passare la serata con gli amici, mentre se torno tardi non faccio dormire mia madre: cosa faccio?”. Il ragazzo va in tilt ed il confl itto che vive, di rifl esso, lo estenderà anche a te. Oltretutto non è attrezzato psicologicamente come te nell’affrontare problemi e risolvere confl itti, rischiando di vivere male esperienze importanti per lui.

Anche a te capita di non addormentarti fi no al rientro di tuo fi glio? Ricordalo bene: è un tuo problema, non addebitarlo a lui. In questo caso tuo fi glio non c’entra, lascialo fuori. Dovrai risolvere tu “il tuo” problema di ansia, se vuoi puoi farti aiutare da uno specialista.

Se, anche inconsapevolmente, metti in atto ricatti affettivi, impe-disci a tuo fi glio di vivere le sue esperienze serenamente.

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Utilizzando queste e simili modalità comunicative, poni le pre-messe per probabili furiose discussioni che possono lacerare il vo-stro rapporto. Oltre a ciò rischi di innestare in tuo fi glio fastidiosi confl itti dai quali faticherà ad uscire. Non vuoi, vero, che tuo fi glio viva in modo confl ittuale sviluppando reazioni aggressive o addirit-tura nevrotiche?

È fondamentale comprendere e defi nire bene un problema quan-do è tuo e quando è di tuo fi glio.

Una confusione a questo livello porta a laceranti discussioni che logorano e mettono a repentaglio la relazione. Se la perdi, che cosa ti rimane?

1.5 Come è stato il rapporto con i tuoi genitori?

Non basta “pensare” di volere bene a tuo fi glio. Occorre che tu sia consapevole dei modelli che stai seguendo.

Come genitore tenderai ad applicare quelli che hai appreso nella tua educazione. Se i tuoi genitori hanno trascurato aspetti educativi importanti, rischi di ripetere con tuo fi glio gli stessi errori che loro hanno commesso con te.

Se, per esempio, tuo padre o tua madre erano ossessionati dal senso del dovere e dal far passare le regole, oppure volevano tirare su un fi glio perfetto, rifl etti bene. Non è detto che necessariamente ti comporterai come loro. Può essere che tu abbia imparato da loro “che cosa non fare”. In questo caso ti comporterai in modo diverso, magari opposto rispetto ai tuoi genitori. Può essere invece che tu stia seguendo i loro stessi modelli. Forse è meglio rivederli, non ti pare?

È fondamentale comprendere quanto sia importante instaurare, mantenere ed incrementare una relazione calda, affettuosa, rispet-tosa, partecipativa.

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Questo è il punto di partenza delle rifl essioni in questo volume. In realtà i riferimenti concettuali sono pochi e meno complicati di quanto possa sembrare. La complessità sta nella tua capacità di ri-condurre semplici riferimenti teorici educativi alla tua realtà. Questo servirà non solamente ad aiutare tuo fi glio adolescente a crescere, ma anche a te per vivere bene la tua genitorialità.

Anche tu hai bisogno di sentirti bene con te stesso, di sentirti un buon genitore, di vivere positivamente il tuo essere genitore anche quando tuo fi glio è un adolescente.

Occorre che tu accetti di porti in relazione con una persona che, per crescere, a volte, ha bisogno anche di sgomitare, protestare, spa-rarle grosse, essere contradditorio, impulsivo, escluderti, criticarti, contestarti. Non spaventarti e non sconvolgerti per questo. Sarebbe anormale il contrario. Devi rispettare le sue modalità, i suoi tempi, le sue caratteristiche.

Sta crescendo, sta cercando di costituirsi faticosamente un’iden-tità autonoma. Anche per lui non è facile staccarsi da te. In fondo, rimanere bambino è più “comodo” e meno faticoso che diventare adulto.

Questo volume offre numerosi stimoli alla rifl essione. Non aspet-tarti però ricette preconfezionate e miracolose. Potrai sentirti accom-pagnato e guidato non tanto per sapere cosa fare esattamente, ma più che altro per rifl ettere su questioni di grande importanza. Dovrai tradurre poi tu, nella tua vita, cosa fare, quali scelte operare per af-frontare le situazioni.