Baldassare Agnelli cavaliere del lavoro - Alluminio …...10 11 risieda nell’avere, o nel fare, ma...

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L’ECO DI BERGAMO 9 SABATO 2 GIUGNO 2018 Economia [email protected] www.ecodibergamo.it/economia/section/ Le nuove prospettive sulla proprietà intellettuale Lunedì all’ex Borsa merci (ore 14.30), seminario sulla «Proprietà intellettuale: prospettive future su tracciabilità, contraffazione, e-commerce». Baldassare Agnelli è cavaliere del lavoro «Grazie alla squadra» MAURIZIO FERRARI La notizia arriva a me- tà mattinata, senza alcun preav- viso: Baldassare Agnelli è da ieri uno dei 25 nuovi cavalieri del la- voro nominati dal Presidente della Repubblica Sergio Matta- rella. A Lallio, i dipendenti fan- no capannello attorno all’«insi- gnito», mentre cominciano a fioccare telefonate ed sms di amici e conoscenti. Lui, Baldas- sare, 70 anni, grande «uomo macchina» dell’azienda, sorri- de, scambia qualche battuta scherzosa rigorosamente in dia- letto bergamasco con i collabo- ratori, ma mantiene la consueta sobrietà, anche se si vede che è visibilmente soddisfatto. «L’uo- mo immagine è sempre stato mio fratello Paolo, lui è un otti- mo comunicatore - spiega -: a me piace stare dietro le quinte». Dietro alle quinte, ma onni- presente: «Ogni mattina faccio il giro delle nostre fabbriche, tra Bergamo e Lallio e credo di co- noscere bene ogni nostro singo- lo dipendente: raccolgo le loro confidenze, e se ci sono esigenze e bisogni cerco di mettermi a di- La nomina. È tra i 25 nuovi insigniti dal Capo dello Stato Con il fratello Paolo è a capo dell’impero delle pentole «La dedica? A mio padre. In azienda ci aiutiamo tutti» sposizione. Forse è anche per questo che siamo tra le aziende meno sindacalizzate: se nasco- no problemi cerchiamo di risol- verli. Tutti insieme». Baldassare parla davvero del- la sua azienda (che poi è un pool di società, senza però una vera holding: lui però è presidente della più antica, oltre che a.d. del Gruppo Alluminio Agnelli) co- me di «una famiglia allargata, ormai di quasi 500 dipendenti: così la volle mio nonno, il fonda- tore di cui porto il nome, quan- do nel 1907, con una ventina di fedelissimi, creò la prima attivi- tà in via Fantoni. Con l’avvento del primo conflitto mondiale e quasi tutto il rame ritirato per scopo bellico, fu tra i primi in Italia ad intuire le qualità dell’al- luminio. Tra le prime commes- se ci furono i tubi saldati in allu- minio usati per le camere d’aria della Pirelli o una serie di pro- dotti per lo sport e tempo libero come la famosa borraccia, fatta da noi, che Bartali passò a Coppi o viceversa (il mistero resta) du- rante un famoso Giro d’Ita- lia.Ma la duttilità e la leggerezza dell’alluminio erano soprattut- to l’ideale per dar vita a una rivo- luzione in cucina». Così le pen- tole Agnelli cominciarono la lo- ro irresistibile ascesa che oggi, a distanza di 111 anni, ha una pro- duzione annuale di un milione di pezzi, il 75% destinato al mer- cato italiano, coprendo l’80% del mercato professionale na- zionale. «Per noi, e non a caso non vorrei parlare al singolare - spie- ga Baldassare Agnelli -, questo è un riconoscimento che ci onora e che si rifà a un percorso fami- liare, dal momento che proprio mio nonno Baldassare fu nomi- nato a sua volta cavaliere del la- voro. Ma se devo fare una dedica particolare, penso a mio padre Angelo, scomparso nel 1966, che mi ha insegnato innanzitut- to l’umiltà e il rispetto di tutti. Soprattutto seppe darci fiducia quando nel 1961 io e mio fratello entrammo in azienda. Ci inco- raggiò sempre, anche nel mo- mento degli errori, favorendo un passaggio generazionale non scontato, come dimostrano tan- te realtà bergamasche». E poi il gioco di squadra: «È il segreto della ditta, ci aiutiamo tutti - spiega Baldassare Agnelli -: qui si vince e si perde insieme, nessuno escluso». Pochi hobby, la passione per l’Atalanta («ai tempi del presidente Ruggeri eravamo nel Cda, ma anche oggi siamo azionisti»), l’amore per la buona tavola («in autunno apriamo un ristorante tutto no- stro all’interno della sede di Lal- lio, merito di mio figlio Angelo: è la nuova sfida») e quel legame indissolubile con il fratello Pao- lo: «Se abbiamo mai litigato? Una volta, a Santa Lucia di 60 anni fa, lui ruppe il fucile giocat- tolo che avevo appena ricevuto in dono. Ma l’ho perdonato». ©RIPRODUZIONE RISERVATA Baldassare Agnelli è stato nominato cavaliere del lavoro: qui nel museo aziendale della società Cronologia Bergamaschi da sei anni sempre in lista Ormai è diventata una costante: quando viene diramata la lista dei nuovi cavalieri del lavoro, spunta sempre fuori almeno un imprenditore bergamasco. Negli ultimi sei anni è infatti diventata una regola. Andando infatti a ritroso, prima dell’investitura di quest’anno a Baldassare Agnelli, nel 2017 questo onore era tocca- to a Laura Colnaghi Calissoni, presidente del gruppo Carvico, mentre l’anno prima l’onore era toccato a Pierino Persico, presi- dente e fondatore dell’omonima azienda di Nembro. Grande era stata l’emozione nel 2015, quan- do divenne cavaliere il compian- to Silvio Albini, tra i numero uno della moda mondiale. L’anno precedente, 2014, investitura ad un’altra donna, Daniela Guadalu- pi, leader della Vin Service; mentre nel 2013 la nomina aveva premiato il presidente della Sit di Brembilla Mario Scaglia. Anche nel primo decennio del 2000 fu comunque quasi «filotto» con nove onorificenze. l’opzione di over allotment, con un flottante al momento dell’ammissione del 18,34% (19,19% in caso di integrale esercizio dell’opzione Green- shoe) e una capitalizzazione pari a circa 25 milioni di euro. Banca Finnat ha agito come Nominated Adviser e Global una crescita immediata a 2,83 euro e poi con un trend in con- tinua salita. Alla fine risulte- ranno scambiate 99.500 azio- ni. In fase di collocamento la società aveva raccolto 4,9 mi- lioni di euro di cui 0,2 milioni di euro legati all’esercizio del- L’azione tocca i 3 euro Debutto col botto ieri per Grifal in Borsa. Quotata sul listino Aim Italia, la società di imballaggi «green» di Cologno al Serio ha infatti approfittato della scia favorevole (legata anche al contesto politico che si è finalmente sbloccato, con la nascita del nuovo governo) per avanzare in maniera mas- siccia, chiudendo la sessione d’esordio con un +15,38% a 3 euro esatti. In una giornata comunque positiva per tutta Piazza Affari (che ha poi chiuso a +1,49% a 22.109 punti, riportandosi so- pra i livelli di inizio anno), qua- si subito dopo il suono della campanella iniziale, attivata dal presidente della società Fa- bio Gritti, il titolo ha comincia- to a salire rispetto alla quota- zione di 2.60 di partenza, con Il leader Grifal Fabio Gritti suona la campanella delle contrattazioni Coordinator dell’operazione. «Questo gradimento al- l’esordio ci gratifica molto - siega il presidente Grifal Fabio Gritti -: crediamo che la Borsa sarà decisiva per sostenere lo sviluppo di un’impresa tecno- logica italiana con 50 anni di storia ma con un alto potenzia- le di crescita, quale la nostra. Abbiamo sempre detto che l’ammissione alla quotazione riveste un’importanza fonda- mentale per il nostro percorso di crescita nazionale ed inter- nazionale». «Stiamo firmando i primi contratti con scatolifici italiani. E con uno dei nostri principali clienti, una multi- nazionale, per un impianto in Romania», aggiunge Giulia Gritti, responsabile marketing dell’azienda. «La quotazione di Grifal - spiega Barbara Lunghi, re- sponsabile dei mercati primari di Borsa Italiana -testimonia come una Pmi ambiziosa che si distingue per gli investimenti in tecnologia e innovazione possa raccogliere capitali su Aim Italia per accelerare il percorso di crescita». ©RIPRODUZIONE RISERVATA Grifal, un esordio col botto in Piazza Affari: +15, 38% Premiati da Rocca. Si è svolta in TenarisDalmine, alla presenza del presidente Paolo Rocca (al centro della foto), l’annuale premiazione dei dipendenti che hanno maturato 20, 30, 35 e 40 anni di servizio. Un evento questo, avviato da Dalmine alla fine degli Anni Quaranta ed «esportato» anche nelle altre sedi Tenaris, che celebra il senso di appartenenza e il valore della continuità aziendale, profondamente radicato in tutti gli stabilimenti di Tenaris nel mondo. Quest’anno, alla presenza dei loro familiari, sono stati premiati 88 dipendenti: 58 per i 20 anni di anzianità aziendale, 20 per i 30 anni, 9 per i 35 anni e 1 per i 40 anni. Rocca li ha ringraziati, per il contributo di professionalità, passione e competenza nel proprio lavoro. I fedelissimi Tenaris V1HnzEq8l0msu+2LHYWcxfeS9P45a72/AT0YLHeGROM=

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L’ECO DI BERGAMO 9SABATO 2 GIUGNO 2018

[email protected]/economia/section/

Le nuove prospettivesulla proprietà intellettualeLunedì all’ex Borsa merci (ore 14.30), seminario sulla «Proprietà intellettuale: prospettive futuresu tracciabilità, contraffazione, e-commerce».

Baldassare Agnelliè cavaliere del lavoro«Grazie alla squadra»

MAURIZIO FERRARI

La notizia arriva a me-tà mattinata, senza alcun preav-viso: Baldassare Agnelli è da ieriuno dei 25 nuovi cavalieri del la-voro nominati dal Presidente della Repubblica Sergio Matta-rella. A Lallio, i dipendenti fan-no capannello attorno all’«insi-gnito», mentre cominciano a fioccare telefonate ed sms di amici e conoscenti. Lui, Baldas-sare, 70 anni, grande «uomo macchina» dell’azienda, sorri-de, scambia qualche battuta scherzosa rigorosamente in dia-letto bergamasco con i collabo-ratori, ma mantiene la consuetasobrietà, anche se si vede che è visibilmente soddisfatto. «L’uo-mo immagine è sempre stato mio fratello Paolo, lui è un otti-mo comunicatore - spiega -: a me piace stare dietro le quinte».

Dietro alle quinte, ma onni-presente: «Ogni mattina faccio il giro delle nostre fabbriche, traBergamo e Lallio e credo di co-noscere bene ogni nostro singo-lo dipendente: raccolgo le loro confidenze, e se ci sono esigenzee bisogni cerco di mettermi a di-

La nomina. È tra i 25 nuovi insigniti dal Capo dello Stato Con il fratello Paolo è a capo dell’impero delle pentole«La dedica? A mio padre. In azienda ci aiutiamo tutti»

sposizione. Forse è anche per questo che siamo tra le aziende meno sindacalizzate: se nasco-no problemi cerchiamo di risol-verli. Tutti insieme».

Baldassare parla davvero del-la sua azienda (che poi è un pooldi società, senza però una vera holding: lui però è presidente della più antica, oltre che a.d. delGruppo Alluminio Agnelli) co-me di «una famiglia allargata, ormai di quasi 500 dipendenti: così la volle mio nonno, il fonda-tore di cui porto il nome, quan-do nel 1907, con una ventina di fedelissimi, creò la prima attivi-tà in via Fantoni. Con l’avvento del primo conflitto mondiale e quasi tutto il rame ritirato per scopo bellico, fu tra i primi in Italia ad intuire le qualità dell’al-luminio. Tra le prime commes-se ci furono i tubi saldati in allu-minio usati per le camere d’aria della Pirelli o una serie di pro-dotti per lo sport e tempo liberocome la famosa borraccia, fatta da noi, che Bartali passò a Coppio viceversa (il mistero resta) du-rante un famoso Giro d’Ita-lia.Ma la duttilità e la leggerezza

dell’alluminio erano soprattut-to l’ideale per dar vita a una rivo-luzione in cucina». Così le pen-tole Agnelli cominciarono la lo-ro irresistibile ascesa che oggi, adistanza di 111 anni, ha una pro-duzione annuale di un milione di pezzi, il 75% destinato al mer-cato italiano, coprendo l’80% del mercato professionale na-zionale.

«Per noi, e non a caso nonvorrei parlare al singolare - spie-ga Baldassare Agnelli -, questo èun riconoscimento che ci onorae che si rifà a un percorso fami-liare, dal momento che proprio mio nonno Baldassare fu nomi-nato a sua volta cavaliere del la-voro. Ma se devo fare una dedicaparticolare, penso a mio padre Angelo, scomparso nel 1966, che mi ha insegnato innanzitut-to l’umiltà e il rispetto di tutti. Soprattutto seppe darci fiducia quando nel 1961 io e mio fratelloentrammo in azienda. Ci inco-raggiò sempre, anche nel mo-mento degli errori, favorendo un passaggio generazionale nonscontato, come dimostrano tan-te realtà bergamasche».

E poi il gioco di squadra: «È ilsegreto della ditta, ci aiutiamo tutti - spiega Baldassare Agnelli -: qui si vince e si perde insieme,nessuno escluso». Pochi hobby, la passione per l’Atalanta («ai tempi del presidente Ruggeri eravamo nel Cda, ma anche oggisiamo azionisti»), l’amore per labuona tavola («in autunno apriamo un ristorante tutto no-stro all’interno della sede di Lal-lio, merito di mio figlio Angelo: èla nuova sfida») e quel legame indissolubile con il fratello Pao-lo: «Se abbiamo mai litigato? Una volta, a Santa Lucia di 60 anni fa, lui ruppe il fucile giocat-tolo che avevo appena ricevuto in dono. Ma l’ho perdonato».

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Baldassare Agnelli è stato nominato cavaliere del lavoro: qui nel museo aziendale della società

Cronologia

Bergamaschida sei annisempre in lista

Ormai è diventata una costante:

quando viene diramata la lista

dei nuovi cavalieri del lavoro,

spunta sempre fuori almeno un

imprenditore bergamasco. Negli

ultimi sei anni è infatti diventata

una regola. Andando infatti a

ritroso, prima dell’investitura di

quest’anno a Baldassare Agnelli,

nel 2017 questo onore era tocca-

to a Laura Colnaghi Calissoni,

presidente del gruppo Carvico,

mentre l’anno prima l’onore era

toccato a Pierino Persico, presi-

dente e fondatore dell’omonima

azienda di Nembro. Grande era

stata l’emozione nel 2015, quan-

do divenne cavaliere il compian-

to Silvio Albini, tra i numero uno

della moda mondiale. L’anno

precedente, 2014, investitura ad

un’altra donna, Daniela Guadalu-

pi, leader della Vin Service;

mentre nel 2013 la nomina aveva

premiato il presidente della Sit di

Brembilla Mario Scaglia. Anche

nel primo decennio del 2000 fu

comunque quasi «filotto» con

nove onorificenze.

l’opzione di over allotment,con un flottante al momentodell’ammissione del 18,34%(19,19% in caso di integraleesercizio dell’opzione Green-shoe) e una capitalizzazionepari a circa 25 milioni di euro.

Banca Finnat ha agito comeNominated Adviser e Global

una crescita immediata a 2,83euro e poi con un trend in con-tinua salita. Alla fine risulte-ranno scambiate 99.500 azio-ni.

In fase di collocamento lasocietà aveva raccolto 4,9 mi-lioni di euro di cui 0,2 milionidi euro legati all’esercizio del-

L’azione tocca i 3 euro

Debutto col botto ieriper Grifal in Borsa. Quotata sullistino Aim Italia, la società diimballaggi «green» di Colognoal Serio ha infatti approfittatodella scia favorevole (legataanche al contesto politico chesi è finalmente sbloccato, conla nascita del nuovo governo)per avanzare in maniera mas-siccia, chiudendo la sessioned’esordio con un +15,38% a 3euro esatti.

In una giornata comunquepositiva per tutta Piazza Affari(che ha poi chiuso a +1,49% a22.109 punti, riportandosi so-pra i livelli di inizio anno), qua-si subito dopo il suono dellacampanella iniziale, attivatadal presidente della società Fa-bio Gritti, il titolo ha comincia-to a salire rispetto alla quota-zione di 2.60 di partenza, con

Il leader Grifal Fabio Gritti suona la campanella delle contrattazioni

Coordinator dell’operazione. «Questo gradimento al-

l’esordio ci gratifica molto -siega il presidente Grifal FabioGritti -: crediamo che la Borsasarà decisiva per sostenere losviluppo di un’impresa tecno-logica italiana con 50 anni distoria ma con un alto potenzia-le di crescita, quale la nostra.Abbiamo sempre detto chel’ammissione alla quotazioneriveste un’importanza fonda-mentale per il nostro percorsodi crescita nazionale ed inter-nazionale». «Stiamo firmandoi primi contratti con scatolificiitaliani. E con uno dei nostriprincipali clienti, una multi-nazionale, per un impianto inRomania», aggiunge GiuliaGritti, responsabile marketingdell’azienda.

«La quotazione di Grifal -spiega Barbara Lunghi, re-sponsabile dei mercati primaridi Borsa Italiana -testimoniacome una Pmi ambiziosa che sidistingue per gli investimentiin tecnologia e innovazionepossa raccogliere capitali suAim Italia per accelerare ilpercorso di crescita».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Grifal, un esordio col bottoin Piazza Affari: +15, 38%

Premiati da Rocca. Si è svolta in TenarisDalmine, allapresenza del presidente Paolo Rocca (al centro della foto),l’annuale premiazione dei dipendenti che hanno maturato 20,30, 35 e 40 anni di servizio. Un evento questo, avviato daDalmine alla fine degli Anni Quaranta ed «esportato» anchenelle altre sedi Tenaris, che celebra il senso di appartenenzae il valore della continuità aziendale, profondamente radicatoin tutti gli stabilimenti di Tenaris nel mondo. Quest’anno, allapresenza dei loro familiari, sono stati premiati 88 dipendenti:58 per i 20 anni di anzianità aziendale, 20 per i 30 anni, 9 peri 35 anni e 1 per i 40 anni. Rocca li ha ringraziati, per il contributodi professionalità, passione e competenza nel proprio lavoro.

I fedelissimi Tenaris

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cover story

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Foto

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«Ho due sogni: il primo - irrealizzabile - è lavorare senza chiedere finanziamenti. Il secondo è più fattibile: vorrei che ogni famiglia italiana possedesse una pentola in alluminio di 5 mm di spessore, per cucinare un buon risotto»

«V uoi essere un grande? Comincia con l’essere piccolo. Costruisci prima le fondamenta dell’umiltà», scriveva Sant’Agostino.Parole cui è inevitabile pensare, mentre Baldassare Agnelli

decide di aprire il libro della vita e ripercorrere i suoi 70 anni, scanditi dal bagliore dell’alluminio e dall’amore di mamma Maria, dalle domeniche a messa e poi al cimitero con papà Angelo, per recitare una preghiera di fronte alla tomba di nonno Baldassare: colui che diede il via a quello che oggi è un impero fatto di 500 dipendenti e una costellazione di aziende che fondono, estrudono, modellano l’oro grigio degli Agnelli di Bergamo.

IL RE DELL’ALLUMINIO È CAVALIERE DEL LAVORO

BALDASSAREAGNELLI

NOME: Baldassare AgnelliNATO: a Bergamo, il 25/09/1947CARICA: Presidente Baldassare Agnelli Spa (pentole); presidente Fasa (pentole); presidente Alugreen (fonderia alluminio). Amministratore delegato Trafilerie alluminio Alexia (estrusi); AD Agnelli metalli (commercio semilavorati); AD Aluproject (lavorazione alluminio). Consigliere Suntrading (energia); consigliere Confimi (associazione); consigliere Panathlon international (associazione)RICONOSCIMENTI: 2005, Premio città di Bergamo; nel 2006 Roberto Formigoni lo insignisce del premio «Lombardia per il lavoro»; 2008, Cavaliere della Repubblica Italiana; 2014, «Domenico Chiesa award» di Panathlon International; 2015, «Imprenditore dell’anno» per “Italia a tavola”; 2016, Benemerenza Civica della città di Bergamo; 2017, attestato di benemerenza dell’Ordine di Malta.

IDENTIKIT

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risieda nell’avere, o nel fare, ma nel donare. Ed è proprio allora, quando decidi di trasformarti in luce per gli altri, che il cerchio si chiude: e tutto l’amore ritorna. «Sì, è vero: Santa Lucia continua a farci visita anche qui, a Lallio. Porta una scatola di cioccolatini alle dipendenti. È bello, per un attimo, vedere nei loro occhi quel guizzo di gioia che si assapora durante l’infanzia», confida con un filo di imbarazzo. Il 2 giugno Baldassare - per la famiglia Ciccio, per gli amici Balda - è stato nominato Cavaliere del Lavoro. «Ma il premio non l’hanno dato solo a me: è per mio fratello Paolo, mia moglie Marilena, mio figlio Angelo, i miei nipoti, gli operai e i

Una storia che inizia in un cortile di via Fantoni: mamma passa le giornate a sfornare manicaretti ineguagliabili, la cui fama tuttora riecheggia nei pranzi di Natale, mentre papà, giù in officina, inventa, forgia, brevetta. Appena raggiunta la maggiore età, proprio in fondo a quella stessa via incontra la sua Marilena: quella che ancora oggi, dopo mezzo secolo insieme, lo chiama «Amore». «Eppure, la prima cosa che pensò quando ci presentarono, fu che fossi antipaticissimo», borbotta divertito.

In via Fantoni - come, del resto, in qualsiasi altro vicolo o frazione delle Bergamasca - il giorno più bello era il 13 dicembre. «Nel buio assoluto ci tiravano fuori dal letto le urla dei bambini del vicinato: “L’è riada!”, gridavano. Erano anni in cui non c’era niente e bastava ricevere un giocattolo o qualche mandarino per toccare il cielo con un dito. Esiste un frangente più magico del mattino di Santa Lucia?».Si narra che il segreto della felicità non

collaboratori, i fornitori, persino quelli che ci fanno arrabbiare. È tutto merito loro».L’immensità dei grandi risiede nella loro capacità di continuare a ritenersi piccoli: Sant’Agostino ci aveva preso in pieno.

«Chiedi a mio zio di riassumerti la sua giornata-tipo: lui, altrimenti, non te ne parlerà mai. Perché considera normale ciò che, invece, è speciale. È il nostro baricentro. È Atlante. Dalla sua scrivania segue tutte le aziende del gruppo», mi aveva suggerito un nipote.

«Non faccio nulla di speciale - si schernisce il neo Cavaliere -. Alle 7.15 mi concedo caffè e giornale dal benzinaio di Lallio; alle 7.30 inizio il giro del reparto, scambiando quattro chiacchiere con i ragazzi. Se sono reduci da una malattia, mi informo sulle loro condizioni di salute; il lunedì è inevitabile la battuta sull’Atalanta; le donne, poi, sono contente quando noto che sfoggiano un rossetto nuovo. Alle 8.30 salgo in ufficio e partono le telefonate: soprattutto con le banche. Sono fortunato perché qui, alle “Pentole”, mi affiancano una serie di persone che sgravano notevolmente la mia mole di lavoro. Come Angelo, mio figlio, responsabile del marketing e della produzione, che grazie al suo intuito è passata da essere semi-automatica a robotizzata. Livio, il direttore commerciale: aziendalista e, ormai, un amico. Infine Elisa, che passa il tempo a risolvermi le grane. Mi fermo, ma l’elenco sarebbe veramente lungo. Un paio di pomeriggi a settimana vado a Verdellino, in Aluproject: la nostra azienda che opera nel campo del design. Il martedì è il giorno più faticoso, perché devo farmi tre ore di macchina per andare a Gordona - in provincia di Sondrio - dove ha sede Alexia, la nostra trafileria: anche lì posso contare su ottimi collaboratori, a partire dal fidato Vincenzo, responsabile finanziario. Tendenzialmente alle 19 torno a casa, da Marilena: dopo cena fumiamo insieme un toscanello, mentre chiacchieriamo. È il momento che preferisco».

State insieme da cinquantun anni.«Tra alti e bassi, perché è inutile raccontarci frottole: i periodi difficili

«Il momento più bello della giornata è la sera: quando torno a casa dalla mia Marilena e ci fumiamo un toscanello. Dopo 51 anni insieme sono più innamorato di quando eravamo ragazzini: ci unisce la gioia di aver condiviso le nostre esistenze, nella buona e nella cattiva sorte»

«Mio figlio Angelo è responsabile del marketing

e della produzione, che grazie al suo intuito è passata

da essere semi-automatica a robotizzata. Ammiro

il modo in cui sa comunicare: è

a suo agio persino quando va in TV»

Marilena Donazelli in Agnelli

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sono fisiologici. Ho scoperto che la parte migliore è adesso: sono più innamorato di quando eravamo due fidanzatini. Ci unisce la gioia di aver condiviso tutta la nostra esistenza: nella buona e nella cattiva sorte. È sempre stata al mio fianco, perdonandomi, aprendomi il suo cuore, compensando i miei difetti con la sua esuberanza: io sono un permaloso - tipico di noi Agnelli - lei, invece, non sa tenere il muso. Ci presentò sua cugina: era mia amica da quando avevo 5 anni».

Chi è stata la prima persona a cui ha telefonato per raccontare che era stato nominato Cavaliere?«Mia moglie. Era felicissima e per nulla sorpresa: se lo sentiva da quando, un mese prima, mi aveva contattato Luigi Roth - presidente del gruppo lombardo della federazione nazionale dei Cavalieri del Lavoro - per comunicarmi che ero nella rosa dei 40 finalisti. Dovevano, però, ridurli a 25. La notizia si è diffusa in un nanosecondo: ero circondato da tutti i dipendenti. Avevo di fronte Angelo, che mi fissava con uno sguardo traboccante di orgoglio. Credo fosse più felice di me».

Come ha reagito il suo nipotino, Alessandro?«Non ha dato molto peso alla cosa: del resto è un bambino di otto anni. Sarebbe stato più galvanizzato se gli avessi rivelato come avevo segnato un gol».

Ha pianto?«Ero commosso, ma ho fatto di tutto per trattenermi, nonostante il tripudio di baci e abbracci. Il pianto liberatorio è arrivato a distanza di 24 ore, quando Malacrida - ex direttore di stabilimento in Alexia - mi ha chiamato in lacrime, perché mi aveva visto al telegiornale».

Dove custodirà la preziosa croce greca che il Presidente della Repubblica appunterà sul suo petto il prossimo ottobre?«Non lo so. Quel che mi è chiaro è che vorrei collegarla al mio papà: senza di lui, non esisterebbe nulla».

Che tipo era suo padre, Angelo?«Un uomo che amava stare nell’ombra - come me - e lavorare, a capo chino.

La domenica mattina ci portava al cimitero, poi a messa. Una volta al mese ci accompagnava dal barbiere, nei pressi dei propilei. Poi, di colpo, arrivava la settimana di Ferragosto e diventata un’altra persona: andavamo a Riccione, tutti e cinque, e giocavamo in spiaggia. Uscivamo a mangiare la pizza, il gelato, l’anguria: quanto ce lo godevamo, il nostro papà! Ho preso molto da lui: ogni sabato, ad esempio, mi porto a casa le prefatture, per controllarle la domenica; se scovo qualche errore, il lunedì lo segnalo, ma senza puntare il dito: siamo una squadra e credo più nella carota, che nel bastone. Paolo, invece, somiglia a nostro nonno, Baldassare: un uomo brillante e un po’ vanitoso. Andava in vacanza a Montecatini per bere quelle acque che, ai tempi, si ritenevano prodigiose. Fu uno dei primi bergamaschi a possedere un’automobile».

Cosa vorrebbe dire a suo padre e a suo nonno, capostipiti della dinastia?«A mio nonno chiederei di raccontarmi com’era l’azienda ai suoi tempi: ho il grande rimpianto di non aver passato qualche giorno con lui, in stabilimento, poiché mancò quando avevo dieci anni. A papà implorerei di spiegarmi come finì con la “secondite”».

Secondite?!«Sì, mio padre era una specie di genio: ogni due per tre brevettava qualcosa di nuovo. Si mise in società con l’ingegner Secondi per quella che - dal poco che trapelò - si sarebbe rivelata l’invenzione del secolo: delle mattonelle realizzate utilizzando la crusca del riso, resistente al fuoco. Nel magazzino di via Fantoni avevamo montagne di secondite: uno spasso per me, Paolo e i ragazzi della via, che ci tuffavamo dentro e l’avevamo eletta a gioco preferito. Ricordo che andò persino a Parigi. Eppure, non se ne fece nulla. Comunque, la prima cosa che farei, sarebbe ringraziarli: e anche la mia mamma».

Cosa domandarebbe a sua madre?«Passavo a salutarla tutti i giorni. Nell’ultimo periodo era costretta a stare a letto: allora mi buttavo nel lettone, per starle vicino. Lo stesso avvenne la sera prima che spirasse. Mi guardò e mi disse: “Mi raccomando, ti

affido i tuoi fratelli, abbi cura di loro”. Ecco, se potessi parlarle un secondo, le chiederei solo questo: “Mamma, ci sono riuscito a prendermi cura di Liuccia e Paolo?”».

L’insegnamento che spera di trasmettere a suo nipote?«L’importanza del sacrificio: è appagante raggiungere un risultato, se per ottenerlo hai fatto delle rinunce. Ma ormai il mondo è cambiato: sono lontani i tempi in cui Santa Lucia arrivava una volta l’anno».

Cosa ammira di suo figlio?«È un grande comunicatore: sa stare in mezzo alla gente, è gioviale, sorridente. È a suo agio persino quando va in televisione! Non gli è stata risparmiata la gavetta: a 14 anni trascorreva le estati qui a Lallio: mica dietro alla scrivania, ma fuori dal tunnel di decapaggio. Con lui ho replicato ciò che mio padre ha attuato con noi: gli ho permesso di sbagliare. Ed è grazie a questi sbagli che, oggi, eccelle nel lavoro».

Cosa ama e cosa detesta di suo fratello Paolo?«Papà lo definiva uno “stimageta”: e sì, a volte mi infastidisce con i suoi vezzi. Ma ha un pregio che non trovo in nessun altro: se sei in crisi e ti sfoghi con lui, stai pur certo che uscirai rigenerato da quella chiacchierata. È un ottimista: vede sempre il bicchiere mezzo pieno e contagia con il suo entusiasmo. Siamo il giorno e la notte: eppure non abbiamo mai litigato. Oddio, un bisticcio ci sarebbe: mi ruppe il fucile a pallini che mi aveva appena portato Santa Lucia. Io avevo 10 anni, lui 6: sto ancora aspettando che me ne regali uno nuovo».

La maggiore soddisfazione professionale?«Impossibile individuarne soltanto una: eravamo piccoli e, anno dopo anno, siamo cresciuti. Ogni minuscola conquista è stata importantissima».

La delusione più cocente?«Parecchie. La più indelebile riguarda mio padre: aveva la cornetta attaccata all’orecchio ed era visibilmente scosso; una banca gli aveva appena tolto un finanziamento. Una bella botta, considerato che quel denaro gli serviva per liquidare il fratello.

Insieme al figlio Angelo

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Da allora ho un sogno, che so essere irrealizzabile: fare questo mestiere senza chiedere soldi alle banche».

Un desiderio più fattibile?«Vorrei che ogni famiglia italiana possedesse una bella pentola in alluminio di 5 mm di spessore, per farci dentro il risotto».

Cosa farebbe a sostegno delle imprese, se avesse un bacchetta magica?«Né più né meno di ciò che mio fratello ha trasformato nel suo cavallo di battaglia: facilità di accesso al credito, nonché riduzione dei costi legati all’energia e al lavoro».

Il frangente professionalmente più duro?«Gli anni Settanta: nel mondo dei casalinghi era iniziata una vera e propria campagna denigratoria da parte dei produttori di acciaio nei confronti dell’alluminio. Sostenevano che fosse tossico e dovesse essere messo fuori legge: allora chiamai i nostri concorrenti e proposi loro di allearci; l’unità fa la forza. Ci è toccato aspettare fino al 2007 perché uscisse un decreto legge che decretava la non pericolosità dell’alluminio».

Quando andrà in pensione?«Scherzando, dico sempre che lavorerò fino a 85 anni: quando avrò finito di ripagare i mutui».

Nella carrellata dei grandi amori, non abbiamo citato l’Olimpia.«Da noi lavorava un signore, Ettore Bernasconi, che era il factotum della squadra. Ci chiese 100mila lire per far fronte al costo delle magliette: fu così che mi appassionai a quella realtà.

Del resto è legata all’oratorio di Borgo Palazzo, che frequentavo da piccolo e dove ho ricevuto tutti i sacramenti. I bambini del quartiere sanno che, con sudore e fatica, possono ambire di arrivare alla prima squadra».

Il calcio?«Tifo Atalanta, ma preferisco seguire le partite da casa: insieme a mia moglie, Pino e Maria Rosa, una coppia di amici. E una bottiglia di prosecco».

Ci raccontava che, un paio di pomeriggi a settimana, tradisce la Baldassare Agnelli per fiondarsi in Aluproject. Come nasce la passione per il design?«Sfogliando le riviste di Marilena, mi soffermavo di continuo sulle pubblicità legate al design: capì che era arrivato il momento di sfruttare le molteplici doti dell’alluminio, allargando i nostri orizzonti. L’avventura imprenditoriale iniziò in maniera tutt’altro che rosea, a causa della gestione dei soci. Non appena rilevate tutte le quote, però, le cose presero un’altra piega: merito anche di Nicola, l’ingegnere cui è affidata la gestione. Oggi collaboriamo con i più grandi: Minotti, Cassina, Flos, De Padova, Mdf. Mi riempie di orgoglio quando - in visita al Salone del Mobile - vedo sedie, tavoli, e mille altri oggetti creati da noi. I passanti li ammirano e io mi emoziono, riflettendo sul fatto che è alluminio interamente proveniente dalla nostra filiera».

Commovente come veder nascere una pentola?«No. Non c’è gara: anche se ho 70 anni, ogni volta che assisto alla creazione di una pentola mi emoziono come se vedessi nascere un figlio».

Rossella Martinelli

CavaliereCongratulazioni

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I NUOVI CAVALIERIDEL LAVORO

Sono 25 i nuovi Cavalieri del Lavoro nominati dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Oltre al “nostro” Baldassare Agnelli, nell’elenco figurano l’AD di Enel Francesco Starace, l’industriale Alberto Vacchi (presidente di Ima), Fabio Storchi (Comer Industries), Alberto Barberis Canonico (Lanificio Vitale Barberis Canonico), Vincenzo Caffarelli (Euronics), Massimo Carrara (Cartiere Carrara), Carla Casini (Alma), Luciano Cillario (Eurostampa), Barbara Cittadini (presidente della Casa di Cura Candela), Giuseppe Costa (Costa Edutainment), Giancarlo Dallera (Cromodora Wheels), Ennio De Rigo (De Rigo Visio), Gino Del Bon (Bruni Glass), Giovanni Fileni (gruppo Fileni), Mario Filippi Coccetta (presidente di Fabiana Filippi), Andrea Illy (Illycaffè), Carlo Francesco Mario Ilotte (2A), Giovanni Licitra (Lbg Sicilia), Alessandro Morra (So.Farma.Morra), Marco Palmieri (Piquadro, The Bridge), Francesco Passadore (Banca Passadore), Pierantonio Riello (Riello Elettronica), Remo Ruffini (Moncler), Gloria Maria Rosaria Tenuta (Gias). Istituita nel 1901, l’onorificenza viene conferita ogni anno in occasione della Festa della Repubblica a imprenditori italiani che si siano distinti nei cinque settori dell’agricoltura, dell’industria, del commercio, dell’artigianato e dell’attività creditizia e assicurativa.I requisiti necessari per essere insigniti del titolo sono l’aver operato in quell’ambito in via continuativa, per almeno vent’anni, con autonoma responsabilità, e l’aver contribuito in modo rilevante - attraverso l’attività d’impresa - alla crescita economica, allo sviluppo sociale e all’innovazione.

«Come Aluproject collaboriamo con i grandi del design. Ogni volta che visito il Salone del mobile mi emoziono nel pensare che la tal sedia è realizzata con alluminio interamente proveniente dalla nostra filiera. Nulla, però, a confronto di ciò che provo ogni volta che assisto alla creazione di una pentola: è come se vedessi nascere un figlio»

Mio marito - con la sensibilità e la pacatezza che lo contraddistinguono - è da sempre il mio baricentro. Stiamo insieme da una vita: 46 anni di matrimonio, più cinque di fidanzamento. Non smetterò mai di ringraziare Dio per avermi benedetta, mettendo sul mio cammino un uomo così speciale,

Marilena Donazelli in Agnelli

Quando penso a mio papà ritrovo quel senso di protezione di capirsi, senza parlarsi. Bastano gli occhi, lo sguardo, il sorriso di un uomo che ha dentro tanto, anche se il tempo e la vita lo hanno temprato quasi a non voler far trasparire il fuoco che ha dentro di sé. Ti parla con il cuore, non ha bisogno di parole, discorsi o raccontare una favola: basta il suo pensare, come una sorta di telepatia che ti prende e ti fa capire. Capire, perché non ha mai imposto nulla: ha sempre e solo accompagnato, sempre vigile, ma da lontano. Vorrei un giorno essere come lui, anche se so che questo mi sarà impossibile: di Pelé, di Maradona, di fuoriclasse ne nascono davvero pochi e lui rientra senza alcun dubbio in questa categoria di persone.

Angelo Agnelli

Il mio nonno è un campione: è sempre pronto a giocare con me, anche quando è molto stanco. Gli voglio davvero tanto bene

Alessandro Agnelli

Congratulazioni al mio amato fratello, che ha meritato appieno questa onorificenza! Si rallegrerebbero con te la nostra cara mamma Maria, per la tua costante umiltà

e anche mio marito Pierenrico, per l’operosità che hai sviluppato sin da ragazzo, applicando i suoi insegnamenti.

Liuccia Agnelli in Favettini

Come si fa a parlare di mio fratello? È come parlare di me stesso: abbiamo percorso tutta la vita fianco a fianco, dividendo gioie e dolori. Persino nello sport: abbiamo giocato a calcio insieme, lui ala destra scattante e io terzino marcatore; poi, con il passare del tempo, è arretrato, iniziando a fare coppia con me. Solo una volta ho fatto a pugni con qualcuno ed è stato per lui: lo atterrarono in area, con un calcio in pancia! Il cavalierato del lavoro ha fatto più piacere a me che a lui: se lo avessero assegnato a me, sarebbe stata un’ingiustizia. Da sempre è lui il perno dell’azienda: non lasciatevi impressionare dal suo low profile, perché io propongo, ma è lui a decidere. È un attento conoscitore di bilanci, di budget, di finanza, e del nostro lavoro; dice di non aver studiato, ma è ragioniere e da 50 anni frequenta la grande Università della fabbrica, degli uffici, del mercato. È lì che ha studiato Economia aziendale, Economia finanziaria, Economia bancaria, Marketing, Metallurgia, Sociologia e Welfare aziendale (con i nostri operai, al fianco dei quali è cresciuto da quando era bambino). Occhio: dietro a quel basso profilo, c’è un genio! Certo che sono “stimageta” e vanitoso: del resto, chi può vantare un fratello come il mio?

Paolo Agnelli

Appena ho saputo della nomina a Cavaliere del Lavoro del Sig. Agnelli sono corso nel suo ufficio per fargli i

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complimenti: era visibilmente commosso e sbigottito di essere lui insieme ad altri nomi altisonanti dell’ industria italiana, ma le dimensioni non contano, conta la passione. Lui che era già Cavaliere ma in pochi lo sapevano, perché a lui non importa e non è mai importato apparire; persona di poche parole, ma di grande concretezza e pragmatismo razionale, sostenuto dall’amore per il suo lavoro e per le sue aziende. Aziende fatte di persone di cui conosce vita, morte e miracoli: ha sempre tempo per i suoi dipendenti, per ascoltarli e confrontarsi con loro. Loro che considerano l’azienda come una famiglia. Forse uno degli ultimi veri capitani d’industria. In questi anni passati al suo fianco, avrei tantissimi aneddoti da raccontare di azioni fatte a sostegno delle sue aziende e dei suoi dipendenti, ma lui è un po’ come Gino Bartali… le medaglie si addicono più alla sua anima, che alla giacca. A lui piace semplicemente essere un vero Signore: per noi tutti, “Il Balda”.

Danilo Amigoni

È difficile sintetizzare in poche parole tutto ciò che potrei dire di Ciccio. La grande umanità, il senso della famiglia, l’onestà, la generosità, la pazienza nell’ascoltare gli altri, sono alcune delle doti che, in questi anni, mi hanno fatto sempre più apprezzare non solo il datore di lavoro, ma anche l’uomo e l’amico.

Vincenzo Balbinot

Il nostro Ciccio ha fatto anche questo: ha conquistato la medaglia che danno ai grandi. Ha meritato tutto per quello che ha saputo creare sulle orme del nonno, poi del papà; con il fratello Paolo e il figlio Angelo è riuscito a creare l’Università delle Pentole. Un uomo, un lavoratore instancabile e paziente (quando non lo fanno arrabbiare) molto determinato e con una bontà d’animo che ha pochi eguali. Bravo, buono e bello: come le sue pentole! Grazie, Baldassare; grazie, Ciccio, per averti conosciuto.

Pino Bonfanti

Lavoro da sempre per il gruppo. Tanto tempo fa - quando ero un’impiegata dell’Agnelli Metalli - andavo in ufficio con i mezzi: scendevo alla fermata del pullman e mi facevo tutto il provinciale a piedi. Un giorno il signor Agnelli mi vide, accostò e mi diede un passaggio: capitò spesso negli anni a seguire. Non gliel’ho mai detto, ma quel gesto era per me un dono davvero speciale. Così come lo vorrei ringraziare per tutti i momenti condivisi: anche quelli per me difficili, in cui con i suoi silenzi e i suoi sguardi riusciva a farmi sentire la sua vicinanza.

Marina Bresciani

Parlando del Balda non posso distinguere il datore di lavoro dall’uomo che, in ogni occasione, da oltre 15 anni, mi ha dimostrato amicizia e la volontà di condividere uno straordinario percorso professionale. Da Balda ho imparato l’educazione intellettuale e morale. Mi ha trasmesso la sua capacità d’amore verso il lavoro e la costanza degli sforzi con la quale porta avanti la sua azienda. Mi ha insegnato a volere e agire con responsabilità, prestando attenzione all’essenziale, al nocciolo della questione, dando coscienza delle molte e continue difficoltà. Mi ha persuaso anche della

convenienza dello sforzo continuato per raggiungere un obiettivo. Balda è una persona straordinariamente umile, a cui voglio bene come ad un padre, con cui scambio affetti e pensieri.

Maurizio Di Dio

In questo momento tutti si congratulano con lui perché è stato nominato Cavaliere del Lavoro. Ma le mie congratulazioni, oltre a questa nomina, sono soprattutto per quello che ha costruito in questi anni e per quello che ogni giorno costruisce, permettendomi di esserne parte.

Gianluca Gibellini

Umiltà, semplicità, forte dedizione al lavoro fanno di te una persona speciale. Grazie, Baldassare, per l’esempio che ci doni.

Silvana Mossali e tutte le maestranze di Alucolor

Conosco Balda da molti anni e anche in tempi non sospetti (adesso che lavoro in azienda potrebbe essere scontato parlarne bene) ho sempre avuto rispetto e ammirazione per la sua persona. La nomina ricevuta rende il giusto merito e la giusta gratifica a lui, che ha fatto del lavoro, della famiglia, dell’altruismo, della disponibilità incondizionata, una vera regola di vita: complimenti vivissimi, Cavaliere! Non posso certo dimenticare un esempio di quanto sopra descritto, ricevuto personalmente in un momento di cambiamento della mia vita lavorativa. Grazie anche per questo Balda: tu ricorderai a cosa mi riferisco.

Livio Piffari

Come dimenticarsi di quella mattina? Appena si è diffusa la notizia mi sono inginocchiata ai suoi piedi, porgendogli un fiore e intonando l’Inno di Mameli. Perché non è soltanto il nostro orgoglio: è un vanto per tutto il Paese! Mi ha guardato e, con affetto, mi ha detto «A là, bamba!» e mi ha abbracciata. Il signor Agnelli è un essere speciale: tutte le sante volte che passa davanti alla foto della sua mamma - appesa lungo le scale che portano dalla Saps al Museo della Pentola - le dà una carezza.

Gemma Tommasoni

In questi anni ho avuto la possibilità di conoscerlo come uomo e come responsabile: una persona sempre disponibile a supportarci con esperienza e con la pacatezza che lo contraddistingue. Una dote spicca sulle altre: la capacità di focalizzare subito il problema, sapendo dipanare i dubbi ad esso collegati, con poche e semplici parole.

Nicola Vecchi

Il Cavaliere del Lavoro Baldassare Agnelli è per me non solo un esempio professionale, ma anche - soprattutto - un modello di vita. Persona molto riservata e di poche chiacchiere, ha sempre una buona parola per tutti. Estremamente disponibile e generoso, non nega mai un aiuto a chi ne ha bisogno. Sono orgoglioso e onorato di lavorare per una delle sue aziende.

Luigi Zanchi

Via Campagnola, 48/50 - Bergamo - Tel. 035 4212211Corso Carlo Alberto, 114 - Lecco - Tel. 0341 27881Via Brescia, 78 - Grumello del Monte (BG) - Tel. 035 830914Via Industriale, 97/1 - Berbenno di Valtellina (SO) - Tel. 0342 492151www.lariobergauto.bmw.it

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VENERDÌ 15 GIUGNO 2 018

B e r g a m o Po s t 5BERGAMO

BALDASSARE AGNELLI L’esempio del padre, l’editoria (e i soldi spesi), l’Atalanta e la pallavolo. Storia di un imprenditore di successo

Umile e tenace, cioè un cavaliere (del Lavoro)«Pensavo che queste onorificenze le dessero solo ai giganti, invece...». Il merito è anche di mia moglie, che è stata paziente»«Un cliente mi ha detto: “I cinesi potranno anche copiarle le padelle, ma nessuno può copiarle la facci a”. L’affidabilità è tutto»

di Ettore Ongis e Andrea Rossetti

È sorpreso della nomina aCavaliere del Lavoro?«Non ci avrei mai creduto.

Pensavo che per entrare in queigiri bisognasse essere dei gi-ganti, avere delle conoscenze.Però mi sono ricreduto. Sonovenuti qua, hanno intervistato idipendenti, hanno controllato ibilanci, i fatturati. Ho capitoche è una cosa che premia dav-vero il merito più che i fatturati.Hanno guardato alla persona equesta è la cosa che mi rendepiù felice. Anche se non sono ioche ho ottenuto questo tito-l o…».

E chi allora?« Be’, tutto quello che sta die-

tro di me. Da mia moglie a miofratello Paolo, passando pertutti i collaboratori e i dipen-denti. Io mi prendo gli onori,ma voglio condividerli con lo-ro » .

Intanto questa onorificen-za l’ha costretta a uscireda l l’o mb ra.«Diciamo che mio fratello è

la luce, io l’ombra. Paolo è unpolitico nato, è bravissimo. Saparlare in pubblico, sa muo-versi, ha dato vita a Confimi, èun combattivo. Io sono più in-trovers o».

Infatti qualcuno la descrivec o m e u n g r a n d e “ u o-mo-mac china”. Si ritrova inquesta definizione?«Non molto. Tutte le cose

che ho fatto le ho ragionate.Anche e soprattutto insieme aPaolo. Ci vediamo poco, mabasta una telefonata, un mes-saggino per decidere insieme».

Tra voi Agnelli, Paolo è piùnoto. Però è lei ad aver ri-cevuto l’onorificenza. Co-me ha reagito suo fratello?«Era davvero felicissimo. Ha

detto cose bellissime».Cio è?«Che sono state premiate la

mia umiltà e la mia tenacia».Co s’è per lei l’u m i l tà ?«È saper stare al proprio po-

sto, essere consapevoli dellapropria dimensione. Significaascoltare, sempre. Mia madreMaria mi diceva che bisognaparlare poco e ascoltare tan-to » .

Lei incarna alla perfezionequesto credo.«Io a ogni riunione ascolto,

poi alla fine dico la mia. E mifanno proprio incazzare, mipassi il termine, quelli che perfarsi belli vogliono dire a tutti icosti la banalità, la stupidag-gine che fa perdere solo tem-p o».

Insomma, non è uomo diconveg ni.«No, per niente. Però sono

uno che va volentieri ai con-vegni, semplicemente preferi-sco stare tra il pubblico piut-tosto che sul palco. Anche per-ché a me piacciono tantissimole persone che ne sanno più dime. Mi conquistano, con il lorosapere. Io ho studiato poco. So-no ragioniere, ma dopo scuolagià andavo a lavorare. Ho im-parato più a muovere le maniche la cultura».

Oggi direbbero che è un uo-mo del fare.«Diciamo così».E infatti entrò giovanissimoin azienda.«Mio padre permise a me e

mio fratello di prendere delledecisioni. Non ci metteva mai ilbastone fra le ruote, ci lasciavafare. Il suo motto era: “Bràe, ’st iat è n c c ”. Ci ha lasciato anchesbag l ia re » .

Lei ha fatto lo stesso consuo figlio?«Quando Angelo è entrato in

azienda, ho deciso di farlo an-dare con le proprie gambe. Malui ci ha portati dal semiau-tomatismo alla robotizzazio-

ne».È di suo figlio anche l’i d eadi aprire un ristorante?«Sì, è di Angelo. Avevamo

bisogno di nuovi spazi per laAgnelli Metalli e proprio lì afianco si era liberato un ma-gazzino. Lo abbiamo preso, maè molto grande. Allora dietrolasciamo gli spazi per il ca-pannone, mentre davanti por-tiamo lo showroom che adessoè qua ma è un po’ nascosto e alpiano superiore tentiamo que-sta sfida del ristorante».

Ha dedicato l’onorific enzaricevuta a suo padre. Per-ché a lui e non a suo nonnoche ha fondato l’azien da?«Mio nonno è morto nel ’57.

Avevo dieci anni e mi definiva ilbastone della sua vecchiaia. Siappoggiava a me e mi diceva:“Portami a vedere la stazione”.Mio padre invece è colui che miha insegnato cos’è il mondo,come si lavora, cos’è il rispettodelle persone».

Che tipo era?«Uno che non si vedeva mai

in giro. La domenica andava alcimitero, una volta al mese dalparrucchiere e poi solo lavoro.Per descriverglielo meglio leracconto un aneddoto. Ero unragazzotto e c’era un piccolocliente, un commerciante diTorre Boldone, che immanca-bilmente, tutti i lunedì, arrivavaa cinque a mezzogiorno. Ar-rivava e ti teneva lì mezz’o ra.Una volta mi sono arrabbiato esono stato maleducato con lui.Mio padre allora mi prese daparte e mi disse: “Così non va.Tu devi trattare lui allo stessomodo in cui tratti i grandi clien-ti. Perché tutti e due ti danno da

ma ng ia re”. Ecco, lui aveva quelrispetto lì, per tutti».

Quindi il cliente ha semprerag ione?«Non ha sempre ragione, pe-

rò spesso bisogna mordersi lalingua, dargli il contentino e poifare comunque come meglio sicrede» (ride, nd r ).

Ma è vero che lei conoscetutti i suoi dipendenti?« Be’, tutti no. Ma quelli che

sono qui alla Baldassare Agnellisì » .

E quanti sono?«Una settantina».Che rapporto ha con loro?«Ogni mattina li passo a sa-

lutare. Un abbraccio, due pa-role sull’At a-lanta, un com-plimento. Cer-co di mantene-re un buon cli-ma, e intantoguardo se i la-vori procedonocome previsto.Loro sanno chequando hannobisogno posso-no venire a par-larmi tranquillamente».

E quando succede, lei chefa ?«Li ascolto. E poi, quando

posso, li aiuto».Più che un imprenditore, èun padre.«In un certo senso sì. Sono

contento anche quando ven-gono a chiedermi magari unanticipo per una spesa impre-vista o un aiuto».

E dice sempre di sì?«Ma sì. Sono cifre che a me

non cambiano la vita, perchésono fortunato, ma che per loro

vogliono dire tanto».Il suo rapporto con i soldi siè visto anche in un altrocampo: l’editoria. Ce neavete messi nel Giornale diB ergamo, eh?«Madonna, quanti!» (ride,

nd r ).Ne è valsa la pena?« Qu e l l’esperienza ci ha aper-

to un mondo che non ci è pia-ciuto. Perché voi giornalisti,scusi se glielo dico, siete unabrutta specie. In dieci anni daeditore ho visto robe che nonavevo mai visto in decenni daimprenditore. Se devo sceglierese salvare i giornalisti o gli ope-rai, non ho dubbi: tutta la vita i

secondi. Peròmi rimangonobei ricordi ebelle amicizie.Ci siamo anchediver titi».

P e r c h é l oavete fatto?« Perché te-

niamo a Berga-mo e volevamoprovare a offrireun ’infor mazio-

ne diversa. Quando ci propo-sero questa sfida, pensammoche sarebbe stato bello pro-varci. Non ci siamo riusciti, maci abbiamo provato».

Quanto vi è costata questaavv entura?«Facendo due conti, direi no-

ve milioni di euro in dieci anni.Però, quando ce lo facevanonotare, rispondevamo sempre:c’è chi li butta in una barca, noipreferiamo avere un giornale»(ride, nd r ).

Il titolo di Cavaliere del La-voro ripaga, in parte, questi

sforzi? Si è commossoquando lo ha saputo?«Ero molto felice. La cosa che

mi ha fatto venire giù due la-crimuccie, piuttosto, è quandomi ha telefonato un mio vec-chio direttore per farmi i com-plimenti. E piangeva. Quandosenti una persona con cui haicondiviso tante battaglie e unpezzo di vita che piange di gioiaper te, be’, è una cosa che titocca. Quello sì che mi ha com-moss o».

E sua moglie cosa le ha det-to ?«Che è orgogliosa di me. In

parte ha visto riconosciuta an-che la sua pazienza…».

È stato spesso assente?«Uscivo alle 7 di casa e fino

alle 20, 20.30 almeno stavo quain azienda. Il sabato poi la-voravo fino alle 12».

Tutta la vita così?«No, da ragazzo lavoravo an-

che il sabato pomeriggio e, avolte, la domenica mattina».

Avete festeggiato almeno?«Diciamo di sì. Per i set-

tant ’anni mi hanno regalatouna crociera. Con mia moglieabbiamo deciso di partire a ini-zio giugno di quest’anno. Com-binazione, siamo partiti uno odue giorni dopo aver ricevuto lanotizia. Ce la siamo goduta,mia moglie se lo meritava».

Sua moglie è il segreto dellasua serenità?«Sì, assolutamente».Qual è, invece, il segreto delsuccesso dell’azien da?«Non credo ci sia un segreto.

Siamo stati appassionati, umilie tenaci, questo sì. Mio padrediceva sempre che mangiandole briciole dei giganti si vive

«È il nostro orgoglio». A dirlo èuna dipendente della Baldassare(sì, con una sola erre) Agnelli dopoaver salutato il suo datore di la-voro, appena rientrato da una mi-ni crociera e neo Cavaliere delLavoro. La signora è soltanto unadei circa cinquecento dipendentidelle aziende del Gruppo Agnelli.Si va dalla AluGreen, fonderia che

raccoglie i rottami per creare bil-lette o pannetti di alluminio, allaAlexia, la trafileria, fino alla Alu-Project, che progetta e realizzaoggetti di design in alluminio. Ununiverso dell’alluminio nato nel1907 dalla Pentole Agnelli, l’azien -da fondata da nonno Baldassare eproduttrice di pentole professio-nali. Mica roba da poco, in Italia:

«Da noi la cucina è storia, cultura:la padella che va bene a Milanonon va bene a Napoli o a Bologna.Le caratteristiche delle nostre pro-duzioni sono figlie di tradizionilocali, non le ha inventate nes-suno». Il Gruppo Agnelli fatturacirca 150 milioni di euro l’anno, dicui il quindici per cento circada l l’e stero.

L’operaia lo abbraccia e dice: «Lui è il nostro orgoglio»

Le nostre pentolenon sono le più

belle al mondo. Masono fatte con il

cuore, quindi sonobellissime

benissimo. È inutile mettersi afare a gara con loro quando nonsi hanno le stesse forze».

Però ci sarà un elementoche vale più di un altro.«Se devo scegliere un valore,

scelgo l’affidabilità. I nostriclienti sanno che di noi si pos-sono fidare. Poi si lamentanocomunque, ma è giusto così».

Di cosa si lamentano?«Principalmente dei prezzi.

Mi è sempre piaciuto andare atrovare i nostri clienti, ma da unp o’ avevo smesso perché ognivolta mi chiedevano qualco-sina in più. Adesso, da un an-netto, ho ripreso».

Co s’è cambiato?«Un nostro piccolo cliente

del Sud, l’anno scorso, mi hadetto una cosa che mi ha fattoriflettere. Si parlava del fattoche ormai i cinesi copiano tut-to. E lui mi fa: “Potranno anchecopiarle le padelle, ma nessunopotrà mai copiare la sua faccia”.Da allora ho ricominciato a gi-rare, per far vedere la mia fac-cia. Solo che vado con un rap-presentante, così di affari par-lano con lui» (ride, nd r ).

Le vostre pentole sono lepiù belle al mondo?«Non lo so. Non credo. Ma

sono fatte con il cuore, quindisono bellissime».

Qual è la sua pentola pre-ferita? Quella d’o ro ?(Ride, nd r ) «No, quella piace

a mio fratello. Ma per me restauna pentola di rame rivestitad’oro. Vuole mettere con quellain acciaio extra puro?».

Certo che lei e suo fratellosiete agli antipodi. Avetemai litigato?«Mai. Anzi, sì, una sola volta.

Eravamo bambini e Santa Luciami aveva portato il fucile apiombini. Tempo zero, e Paolome lo ruppe. Poi siamo sempreandati d’a c c o rd o » .

Siete anche due uomini disport. Siete ancora azionistid e l l’Ata la nta ?«Sì, ma contiamo poco. En-

trammo per aiutare Ruggeri.Che era un testardo, ma ancheun grande amico. Con Percassiil rapporto è più freddo».

Va ancora all’Ata la nta ?«No, soffro troppo. Anche se

a volte mi manca un po’ lost a d i o » .

Leggenda narra che la bor-raccia che Coppi passò aBartali nello storico Tour deFrance del 1952 fosse fir-mata Agnelli. È vero?«Sì, è vero. Qui in azienda

abbiamo ancora il portaborrac-ce, purtroppo la borraccia noinve ce».

Poi c’è l’Olimpia Pallavolo.Cosa c’entrate con la pal-lav olo?«La nostra famiglia è di Bor-

go Palazzo e lì c’è l’O limpiaOratorio, che è sempre stata lamia seconda casa. In aziendalavorava un certo Ettore Ber-nasconi, che seguiva la squadradi calcio dell’Olimpia e ci chie-se un aiuto. Così decidemmo disponsorizzarla. Da cosa nascecosa e alla fine la squadra èdiventata l’Olimpia Agnelli: an-cora oggi supportiamo cinque-cento ragazzi. Intanto però cre-sceva molto bene anche la pal-lavolo maschile. E non era giu-sto che i ragazzi che pratica-vano il calcio avessero tutto equelli della pallavolo niente,così decidemmo di costituireuna società sportiva. Oggi i rap-porti si sono invertiti: la pal-lavolo va alla grande e siamoarrivati in Serie A2».

L’impressione è che, piùdello sport in sé, a lei piac-cia far crescere i giovani.«A me piace l’oratorio, mi

piace poter essere parte di unarealtà che trasmette valori saniai ragazzi».

Foto di Sebastiano Rossi

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