Bacchin - A proposito di metafisici "classici", "neoclassici" e di "veteroparmenidei"

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«Giornale di metafisica», VI (1984),  pp. 411-430La "liquidazione" (sic!) - che come tale esimerebbe dal dovere di replica nel merito - delle obiezioni qui mosse (ma non solo qui) temo sia tale solo per Severino.Auspico anche qui, sinceramente, che mi si indichi possibilmente dove Severino avrebbe confutato tali critiche...Grazie, a presto.P.S.Per esempio, l'intera diatriba tra Severino e Bontadini intorno alla struttura dello "Apparire" (e del "Divenire" ivi attestato) a me pare sia risolta e tolta "radicitus" dalle osservazioni che Bacchin aveva rivolto puntualmente (anche in senso cronologico) ad entrambi, ma da entrambi - a quanto mi è dato sapere - inascoltato.Per i contendenti è fuori questione che ad apparire sia l'essere dell'ente; proprio perché condividono questo terreno comune si oppongono (nella tenzone, comunque, ritengo sia prevalso Severino) ma andrebbe considerata la fondatezza di tale presupposto sottratto a questione.Per Bacchin, detto rozzamente, ad apparire (a venire pensato) è il non-essere (in senso platonico) dell'ente ossia il suo essere-determinato per aliud, la sua negatività.Dal momento che pensare è negare, se ad essere pensato fosse l'essere questo (in quanto pensato) sarebbe nulla, e sarebbe disponibilità ad "essere" qualsiasi cosa purché pensata (= "sarebbe" poiché appare, anziché viceversa, come logos esige).Il pensato è riconosciuto nel suo non-essere, nella sua non-assolutezza, nel suo “esse in alio” e perciò nel suo “alterarsi”, porsi togliendosi (“togliersi” che, come atto, non è nulla, ma “è” esso stesso inoggettivabilmente).Non l’essere richiede il nulla (a cui si opporrebbe), ma il pensiero dell’essere richiede il nulla per pensarlo (tale negazione è autocreativa? visto che il suo oggetto - il nulla - è ed appare solo come “negato”, non “in sé”?). Ma oggettivare l’essere non è necessario, è impossibile.L'individuazione del tratto trascendentale dell'essere dell'essente nel «non-nulla» presuppone tale negazione, di cui il nulla è la ipostasi (che "apparirebbe", semanticamente, solo in tale negazione), non la fonda, dunque resta infondato pure quel trascendentale che dovrebbe rendere intelligibile nella sua essenza la totalità del positivo.Il nulla né nega né è negato, a rigore.Ne segue che il vero essere dell'ente è il pensiero "dell'ente": l'ente nella sua intelligibilità (che è essendo pensabile, ed è pensabile perché è), appunto nel suo essere o interezza o individualità mai determinabile (e non perché isolata, ma proprio perché non isolabile affatto e nemmeno distinguibile nella sua assoluta semplicità, indivisibilità, cioè esser-sé non sintetizzabile con non-esser-altro, dal momento che è la stessa negazione strutturante l'alterità delle determinazioni ad annullarsi).L'identità (essere, essenza), in altre parole, non è "fuori relazione" né come sottraentesi alla relazione quindi all'altro (il quale, così, sarebbe presupposto, posto immediatamente: ma da chi, da cosa?) né come negante il rapporto ad altro (negando il rapporto, si rapporterebbe negativamente ad esso, ricadendo in esso), bensì come ulteriore "nella" alterità, rivelando la astrattezza dell'alterità "costruita" sulla contraddittoria negazione della medesimezza (intero).Si presuppone, immediatamente, come necessaria tale impossibile negazione, ossia il “non”-essere dell'identico, il "non"-essere dell'intero (l'altro con cui l'identico starebbe in "sintesi originaria"): non-essere dell'intero è non essere interamente, quindi interamente non essere.Divisione dell'intero sarebbe divisione dell'indivisibile.E' la negazione che non riesce a costituirsi, non l'identità che si isola... Lo stesso togliersi del negativo non è immediato (l’immediatezza “fissa”, sostantivandolo positivamente, il negativo su cui poggia), esso è mediazione originaria, ed "è" come togliersi infinito, dettato dalla impossibilità che l’essere sia “dato”.

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  • Giovanni Romano Bacchin

    A PROPOSITO DI META FISICI "CLASSICI", "NEOCLASSICI"E DI "VETEROPARMENIDEI"

    Risposta ad un critico

    Intendo esaminare i punti nei quali C. Scilironi, esponendo e inparte criticando la posizione di E. Severino', si mostra seriamenteconvinto che le obiezioni mosse da E. Berti e da me a Severino ap-punto! sono non pi che vani tentativi di resistere alla "sottile maferrea logica severiniana"? e formula sulla scuola di M. Gentile,alla quale Berti ed io apparteniamo, un giudizio di fondamentaleinadeguatezza nei confronti dei "neoclassici" della scuola di G.Bontadini dalla quale Severino proviene.

    Scilironi cosi si esprime: "tra le varie strutturazioni dell' ontolo-gia la dimensione neoclassica costituisce la posizione pi rigorosa?",si che "la dissoluzione di essa operata da Severino riguarda anchetutte le altre riprese della metafisica'". Egli invero non dedica mol-to spazio alla nostra critica, n all'impostazione filosofica che lasostiene, ma soprattutto non articola i propri giudizi con quellacompiutezza di argomentazioni che essi esigerebbero, anche se si

    L C. Scilironi, Ontologia e storia nel pensiero d Emanuele Severino, Abano Terme1980, e "Coerenza sintattica e insignificanza semantica nel pensiero di Emanuele Se-verino", Verifiche 3 (1980), pp. 253-289.

    2. "Coerenza ... n, cit., pp. 263-265.3. Ontologia. .., cit., p. 52.4 ... Coerenza , cit., p. 278.5. "Coerenza ", cit., p. 278.

    Giornale di Metattstco - Nuova Serie - VI (1984), pp. 411-430.

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    deve riconoscere che ha saputo raccogliere - se non cogliere -letesi capitali del nostro discorso".

    L'importanza effettiva dei temi in questione, valutazioni e raf-fronti tra due scuole filosofiche e la recente pubblicazione del miolavoro Teoresi metafisica 7, in cui tratto la medesima tematica, miinducono ad una risposta anche breve, ma non brevissima, comequella che sto per dare, nella speranza che precisazioni e chiari-menti possano tornare utili e non solo a Scilironi.

    Berti ed io - ma non siamo i soli - siamo convinti che "tantol'oggettivazione dell'essere quanto l'apparire del nulla sono impen-sabili". Per noi, dunque, tutto il discorso severiniano nonch lasua matrice neoclassica cadono". Per Scilironi, invece, vero chel'essere inoggettivabile, ma ci non comporta che non sia pensa-bile e, cosi, per lui, la caduta non c'. Egli scrive:

    E' da dire che non vi sono dubbi in proposito perch se l'essere fosseoggettivabile, sarebbe con ci stesso ridotto all'ente. Ma il fatto chesia inoggettivabile non significa che l'essere non possa venire pensa-tolO.

    Osservo che l'inoggettivabilit dell'essere tutt'altro che ovvia: una impossibilit, la quale risulta e risulta da un processo, che il tentativo frustrato di oggettivare l'essere alla stregua dell'ente.Questo tentativo non un'illusione o lo anche ci che con essorisulta: esso funzionale alla dimostrazione che appunto l'esserenon oggettivabile. N basta dire che - oggettivato - sarebbe "unente", bisogna dire che - oggettivato l'essere - nessun ente sareb-be, perch l'essere verrebbe sottratto ad ogni altro da esso.

    Ora, lo stesso tentativo di oggettivare l'essere non appare come"tentativo" se non in quanto l' oggettivazione tentata si convertein contraddizione. La contraddizione qui - ovvero l'oggettivazio-ne dell' essere - consiste nel considerare, ossia pensare, l'essere al-la stregua dell' ente, come accade nella proposizione "l'essere ".In questa proposizione (alla quale, come si sa, Severino non pu ri-

    6. "Coerenza ...", cit., pp. 263-264.7. G.R. Bacchin, Teoresi me tafisic a , Edizioni Nuova Vita, Padova 1984.8... Coerenza .;." , cit., p. 264.9. "Coerenza...", ci., p. 263.10_ "Coerenza ... ", cit., p. 264.

  • Metaruici "classici", "neoclassici" e "oeteroparmenidei"

    nunciare senza far crollare tutto il proprio pensiero) l'essere viene"semantizzato" appunto come ente, poich, nonostante ogni vo-lont contraria, la parola "ente" significa ci che "".

    Allorch, per differenziare l'essere dall' ente od anche per direche esso inseparabile dall'ente, si ricorre ad espressioni come"presenza", "totalit semantica", "verit dell'essere" e cos via,non si fa che sostituire e riprodurre la parola "essere", mantenen-don e l' oggettivazione. Voglio dunque richiamare Scilironi a quella"coerenza sintattica" che egli tanto ammira, perch, una voltaconcesso - come egli si mostra pronto a fare - che l'essere inoggettivabile, egli ha gi accettato, lo voglia o no, la critica miae di Berti a Severino nonch a tutti coloro che parlano di "sernan-tizzazione dell' essere".

    Scilironi, invece, concede bens che l'essere non possa venire og-gettivato, ma non concede che non possa venire pensato. Gli do-mando: che cosa significa "pensato"? Significa "oggetto di pen-siero", ancora "oggetto"; ed anzi la sua argomentazione (oggetti-vare l'essere sarebbe ridurlo a ente) poggia proprio su questo: chel'ente, ossia ci-che-, appunto oggetto e certamente oggetto dipensiero, dunque un pensato.

    Nella proposizione "l'essere " - in cui dell'essere si dice ""-accade appunto che l'essere divenga un pensato e, se si pretende didire che esso la totalit dei pensati, si pensa questa "totalit", laquale diventa eo ipso un pensato, ossia uno dei pensati dei quali totalit. L'espressione "oggetto del pensare" (o, se si vuole, "pen-sato") sensata se e solo se il pensare non esso stesso "oggetto".Cosi, l'identit di essere e pensare - quella identit che Scilironiriscontra alla base del pensiero di Severino" - in quanto vengapensata non quella identit che si intende con tale espressione.Ma "come si pu escludere la pensabilit dell' essere senza pensarel'cssere?" - mi domanda Scilironi'" -. Rispondo subito. E rispon-do ripetendo ci che ho scritto in libri che Scilironi conosce.

    Con il semantema "essere" - ma non in virt di esso - indicoappunto l'impossibilit che l'essere sia un pensato. Per dire chel'essere non pu venire pensato, uso il semantema "essere", che

    11. "Coerenza ", cit., p. 256.12. "Coerenza ", cir., p. 264.

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    semantema imprescindibile, n ritengo che esso non abbia signifi-cato (come ritengono i neopositivisti ai quali Berti ed io veniamoda Scilironi incautamente assimilati'P], o che semantema sarebbe?Ma che un semantema sia imprescindibile non dice se non questo:esso imprescindibile come semanterna; ed appunto come se-mantema che lo tratto, ossia per il "significato" nel quale mi ri-ferisco a ci che . Ci che (o l'essente, l'ente) viene inteso nel-la semantizzazione, che poi lo stesso "parlare", se e solo se ilpensiero che la usa non si identifica con essa.

    Questo intendere usa del semantema "essere" per dire che la se-mantizzazione (ancora una volta, pi semplicemente e pi effica-cemente il "dire") concerne solo ci che pu incontraddittoria-mente venire sernantizzato. Ebbene, proprio perch semantizza-re riferire ad altro - come i "neoclassci" e Severino giustamen-te ripetono - diciamo che sernantizzare anche l'essere impossi-bile (e la parola "essere" dice questa impossibilit). I due semante-mi "essere" e "pensare" non possono venire incontraddittoriarnen-te riferiti ad altro da essi (l'altro, infatti, deve essere ed essere pen-sato), dunque non possono venire semantizzati se non per ci checon essi si indica e che non si identifica con essi o ci che si indi-ca non viene indicato affatto.

    Scilironi per scrive:

    il concetto di essere [ ...] quel concetto trascendentale che esprime latotalit semantica, la cui differenziazione data solo da ci che al dil dell'essere, ovvero dal nulla; che, proprio perch non , un concet-to idealel4

    Qui, anche lasciando correre le imprecisioni come "concetto del-l'essere" e le inutili sostituzioni linguistiche come "totalit sernan-tica", mi basta svolgere il suo discorso: se la differenziazione del"concetto di essere" data solo (e da che altro se no?) da ci che al di l dell'essere, ossia dal nulla, che sarebbe "concetto ideale",tutta la 'differenza del "concetto di essere" da ogni (altro) concet-to resta, comunque, "ideale" e nel senso che Scilironi d a questaparola, quello di non essere reale, di non essere semplicemente.

    13. "Coerenza...", cit., p. 264.14. Ibidem,

  • Metafisici "classici", "neoclassici" e "ueteroparmenidei" 415

    Che come dire che quella semantizzazione non "".E' vero che le espressioni "reale" e "ideale" appartengono al vo-

    cabolario di Scilironi, pi che a quello di Severino, ma anche ve-ro che non alterano la sostanza del discorso dei "neoclassici" e diSeverino. Che per semantizzare l'essere vi sia bisogno del "nulla" fuori contestazione. Che di questo bisogno si siano lucidamente ac-corti i "neoclassici" va a loro onore. Ma - qui il punto - Severi-no ne trae la conclusione che non si pu non pensare il nulla eBontadini che la semantizzazione dell' essere si compie "in funzio-ne del negativo" (ed la medesima conclusione), mentre noi - eci viene giudicato mancanza di rigore da Scilironi - ne traiamola conclusione che pensare l'essere in quel senso, ossia mediante ilnulla, contraddittorio.

    Quando poi Boccanegra dichiara di condividere il criterio "se-condo il quale l'essere si semantizza, cio' si notifica quoad nos, so-lo nella originaria opposizione al non essere"! s, con il quoad nos -al quale Scilironi non d alcun peso - si trova a condividere, inve-ce, il nostro criterio, poich quoad nos vuoi dire questo: non l'essere in se (le due espressioni scolastiche vanno insieme) che vie-ne cos semantizzato; e lo in se degli Scolastici non ha - come noto - il significato gnoseologico che avr nel pensiero moderno.

    Con ci l'obiezione che, usando le parole "essere", "ente","non essere", siamo gi in piena semantizzazione de li'essere - o-biezione che cavallo di battaglia di Severino'" - si mostra deltutto inconsistente. Queste parole, infatti, anche se fossero inso-stituibili, lo sarebbero per il loro "significare", il quale resta incon-traddittorio solo a condizione di non venire disgiunto dallo ""con cui si dice qualcosa. Ebbene, proprio questo "" indisgiungi-bile dalla domanda "che cosa ?", la quale domanda filosofica o,come noi diciamo, "problernaticit pura"; ed domanda irriduci-bile alla domanda "che cosa significa?" perch la investe e intera-mente: che cosa significare?

    Il luogo in cui affondano le loro indagini i "neoclassici" e nelquale concresce la "verit dell'essere" di Severino quello della ri-

    15. "Coerenza...", cit., p. 263.16. Si veda, in modo particolare, E. Severino, Essenza del nihilismo, Brescia 1972, p.

    147.

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    sposta a questa domanda: significare - o semantizzare - fonda-mentalmente opporsi di positivo e negativo. Non abbiamo mai pre-teso di opporci a questa risposta, mentre la manteniamo nel suoluogo originario, che appunto il significare, il dire. E, mantenen-dola nel suo luogo originario, dimostriamo che la domanda "checosa l'essere?" contraddittoria. E' contraddittoria perch co-me domanda ("che cosa ?") non pu disgiungere lo "" da sestessa e come domanda intorno allo "" lo disgiunge da se stessa,riducendolo a pensato su cui si domanda.

    Qui si snodano due importantissimi rilievi. Il primo concernel'impossibilit di asserire qualcosa dell' essere ("l'essere ", "l'es-sere la totalit semantica", "l'essere sintesi dell'essere e delledeterminazioni dell'essere" e cosi via) senza che questo asserirenon si ponga come risposta - lo si sappia o no, lo si voglia o no,lo si voglia o no sapere - ad una domanda sottesa, la quale do-manda in questo caso contraddittoria: "che cosa l'essere?".Proprio perch ogni asserto intorno all'essere presuppone l'asser-to "l'essere ", tale asserto viene considerato dai "neoclassici" eda Severino indiscutibile , mentre esso, come asserto, risposta aduna domanda e, come asserto "l'essere ", risposta ad una do-manda contraddittoria, questa: "l'essere o non ?".

    Che la risposta suoni "l'essere e non pu non essere", "l' es-sere ,negazione della negazione dell'essere" non la sottrae all'es-sere risposta e, dunque, a quella dmanda. E quella domanda(l'essere o non ?) appunto la struttura non vista dai "neoclas-sici", i quali non si accorgono che il "negativo", il "non" da lorovalorizzato appunto originariamente nell'alternativa che costi-tuisce il domandare ( o non ? cos o altrimenti da cos?). Perasserire, ossia per rispondere, "", " cosi" bisogna negare rispet-tivamente "non ", " altrimenti da cosi ", Allora il senso in cuil'affermazione negazione della sua negazione quello stesso incui si pone la domanda, anzi trascrizione assertoria della struttu-ra della domanda.

    Che se poi i "neoclassici" volessero considerare "soggettiva" eteoreticamente irrilevante la domanda - come hanno sempre mo-strato di fare - dovrebbero coerentemente considerare "soggetti-va" e teoreticamente irrilevante quella opposizione di positivo e dinegativo, ossia di "" e "non " - cosa che giustamente si rifiuta-

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    no di fare.Ci che allora si impone - ed parola cara a Severino - , dun-

    que, che non vi pu essere affermazione immediata del Logo (nel-le note forme "l'essere ", "l'essere appare", "l'essere si manife-sta") perch non vi pu essere "affermazione" immediata: l'im-mediatezza dell'affermazione , piuttosto, la pretesa affermazionedell'Imrnediatezza!", Qui "immediatezza" non ha, n pu avere,il significato ristretto che le d Severino, perch ogni eventuale"mediazione" o "negazione" sarebbe eo ipso immediata se venissepensata od oggettivata, sernantizzata nell'unica forma che di tutto,anche del tutto o intero dice: "".

    E mi basta che Severino dica "l'intero ", per sapere che quellonon l'intero, stante che lo "" comunque oggettivante nel sen-so proprio della parola, ossia "affermante" e affermante di controall'opposto in cui si trascrive la domanda " o non ?". E l'intero- di certo - anche per Severino non pu domandare di se stesso sesia O non sia. Dico anche per Severino, il quale parla di "autosigni-ficazione", che vuoi dire "venire significato da se stesso", espres-sione con cui si pu intendere che l'intero non pu venire signifi-cato da altro (e siamo d' accordo), ma con la conseguenza che nes-suna parola dice l'intero, ossia che il significare - e la struttura diquesto - non la struttura dell'intero, bensi dell'affermazionecon cui si dice l'impossibilit che l'intero non sia.

    Lo "" di ci-che- non pu venire separato da ci che . Al dil della pletorica esposizione della Struttura originaria (opera chestupisce anche per la giovane et del suo autore, ma che, nei pre-stiti di linguaggio pseudomatematico, porta tutte le tracce della in-genuit giovanile) e al di l dell' enfasi delle opere pi recenti, que-sto il centro - se non l'unica idea - che muove il suo pensiero.Ebbene, proprio questo - non altro - la scuola di M. Gentile favalere nei suoi confronti: che proprio questa separazione impos-sibile egli la subisce. La subisce perch essa gi avvenuta alle suespalle, affinch possa affermare - ossia negare la negazione di ciche afferma - "l'essere ", "l'intero ", che sono altrettante rispo-ste (meglio: varianti linguistiche di un'unica risposta) alla dornan-

    17. G.R. Bacchia, L'immediato e la sua negazione, Perugia 1967, e Teoresi metafisica,cit., p. 44.

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    da " o non ?", la quale domanda impossibile perch supponestrutturalmente che l'essere possa non essere.

    L'equivoco in cui si cade qui nel considerare - senza media-zione effettiva - l'impossibilit di dire "l'essere " come se fossenegazione dell'essere, ossia come "l'essere non "lS. E' equivocoche deriva dal non vedere che entrambi gli asserti (entrambi inse-parabili dalla domanda " o non ?") sono bens opposti tra loro,ma nessuno dei due pu opporsi alla domanda in cui si pongonoentrambi e senza della quale non sorgono. Cosi, obliando questadomanda, o procedendo senza tenerne conto, ben vero che di-chiarare impossibile "l'essere " equivale a far valere - almeno im-plicitamente - il suo opposto, ossia "l'essere non ", laddove - edecco il senso del nostro discorso - per quella domanda (obliabile,ma innegabilmente fungente) i due asserti opposti si equivalgonotra loro, nel senso che entrambi sono contraddittori.

    Considerati fuori della domanda, essi sono contraddittori l'unonei confronti dell'altro, ma considerati nella domanda (che la lo-ro stessa posizione) sono contraddittori ciascuno in se stesso. In al-tre parole, l'asserto "l'essere " bensi negazione dell' asserto op-posto "l'essere non " ed incontrovertibile, e qui siamo d'accor-do. Qui, per la significazione che appunto asserzione, possiamoanche accettare la formulazione pi sintetica - ma non pi chia-ra - che Severino ne d, ossia che l'essere negazione della nega-,zione dell' essere o che "cosa ogni non-niente" (che poi vuoi di-re: cosa o ente ogni non non-ente o non-cosa). Si tratta appuntodella stru ttura del significare o asserire. Qui, anzi, l'accordo con i"neoclassici" totale, con la conseguenza che riconosciamo la fra-gilit delle obiezioni loro mosse da altri metafisici a questo riguar-do. Ma ecco che cosa ci distanzia radicalmente dai "neoclassici" eda Severino: questa bensi struttura dell'asserire o significare, manon struttura originaria dell'asserire o-significare, n, tanto me-no, struttura originaria simpliciter.

    Non struttura originaria dell'asserire, perch quest'ultimo in-telligibile ("") solo a condizione di restare in separato dalla do-manda " o non ?", che il suo luogo originario: asserire , infat-ti, rispondere. Non pu essere struttura originaria simpliciter, per-

    18. G.R. Bacchin, Su l'autentico nel filosofare, Roma 1963.

  • Metafisici "classici", "neoclassici' e "ueteroparmenidei' 419

    ch la opposizione di "" e "non " - originariamente nelladomanda " o non ?" - non essa quello intelligibile che ladomanda stessa intende, perch l'asserto come tale, dunque ogniasserto, insorge intendendo di non esserlo, o non insorge affatto:esso, infatti, insorge rispondendo "" o "non ", ossia intendendodi escludere quell'opposizione e, quindi, di escludere che essa siaoriginaria.

    Scilironi, per, ripete: "l'essere non esclude, alcunch, ma soloil non essere, donde l'opposizione di positivo e negativo'''9. Os-servo: dopo avere detto che l'essere non esclude alcunch deltutto pleonastico che si aggiunga "esclude solo il non essere", chse, invece, si fa valere, come i "neoclassici" fanno, questo pleona-smo, allora non si tratta pi di pleonasmo, ma di non senso. E'un non senso perch, in quanto si tiene fermo che "esclude", sitiene fermo che esclude "qualcosa" e in quanto si tiene fermo chenon esclude "alcunch" si lascia cadere che escluda. Cos, l'essereche per i "neoclassici" si oppone al nulla di cui sarebbe esclusione,per noi il semantema con cui diciamo che l'esclusione non ori-ginaria e, in questo senso, l'essere non esclude nulla perch non esclusione affatto. Le espressioni che non possiamo non usare, "es-sere", "non essere", "non esclusione", "non si oppone" sono co-strutti con i quali, ma non in virt dei quali pensiamo e cos il pen-sare non vi si identifica o. con essi, non si intende pi.

    Scilironi scrive ad ulteriore chiarimento:

    La posizione di un significato sempre la posizione di un limite seman-tico, che la stessa significanza del significato considerato, tranne nelcaso in cui questo sia lo stesso intero semantico, ossia la totalit dell' es-sere. Ma anche per il semantema infmito la struttura di fondo non cam-bia: esso (l'essere) posto nella misura in cui significa la negazione delsuo al tra (il nulla) 20.

    Non capisco come riescano a stare insieme le due espressioni "tran-ne nel caso" e "la struttura di fondo non cambia" (la severiniana"struttura originaria"), ma anche senza capire questo sono in gra-do di capire che se la "struttura di fondo" non cambia, ossia quella stessa degli "enti", allora l'essere (o "totalit dell'essere")

    19. "Coerenza ", cit., pp. 2611-266.20. "Coerenza ", cit., pp. 262-263.

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    strutturalmente un ente.Proprio perch, cosi, esso strutturalmente "ente", dal quale lo

    "" inseparabile, Scilironi, anche pi scopertamente di Severino,destina l'essere a negare il suo opposto per essere e ad essere perpoterlo negare, o non esso che lo nega. E proprio perch, cosi,l'essere strutturalmente ente, gli sembra indiscutibile che esso,dovendo negare, neghi il nulla come suo "altro".

    Scilironi, per, non aveva cominciato con il dare per scontatoche l'essere non "ente", tanto da oppormi su questa base che es-so bensi inoggettivabile, ma pensabile? Come pu ora dire che,per l'essere e per l'ente la struttura di fondo la medesima? Quilo devo richiamare al suo autore, il quale, se dicesse che la struttu-ra la medesima per l'uno e per l'altro (dunque "altri" tra loro),con ci stesso riconoscerebbe una identit non originaria tra ente(ci che ) e essere (lo ""), minando, con ci, la base stessa dciproprio pensiero.

    Comunque, per Severino, "il 'non essere' appartiene allo stessosignificato 'essere' "11, come Scilironi puntualmente ricorda'P. Be-ne, proprio per questo - concludo - il significato "essere" (o, me-glio, l'essere nel semantema "essere") contraddittorio. E' con-traddittorio nel senso che la negazione, insopprimibile dal signifi-cato "essere", originariamente nella domanda " o non ?",la quale insorge perch " e non " impossibile, o non insorge af-fatt, ossia il suo stesso insorgere l'impossibilit di " e non ".Cosi, quell'asserto di Severino - come ogni asserto - rispostaalla domanda " o non ?", " cosi o altrimenti da cosi?", e, dun-que, intende che non possa insieme essere e non esserei ma ci cheesso asserisce , invece, che il "non " appartiene allo stesso "",si che esso - e proprio come asserto - si contraddice.

    In altre parole, quell'asserto di Severino insorge come assertoper rispondere alla domanda sottesa "che cosa l'essere?" (la qua-le, come ho detto, presuppone l'asserto "l'essere ", che, a suavolta, risposta alla domanda sottesa "l'essere o non ?"), manon risponde affatto: non risponde perch - lo veda o no Severi-

    21. "Coerenza .,;" , cit., p. 263. Scilironi cita Stnltlura originaria, Brescia 1958, p. 84.22. Sarebbe stato opportuno, per, che indugiasse sull'uso severiniano dci verbo "ap-

    partenere", uso che dice da solo il carattere "scolastico" dell'impianto deU'opera.

  • Metafisici "classici", "neoclassici" e "ueteropcrmenidei" 421

    no - trascrive in termini assertori la domanda, appunto quella incui sono posti in alternativa lo "" e il "non ". Con ci ho gidetto anche a proposito del preteso "apparire del nulla", ma non superfluo che mi soffermi a richiamare Scilironi ed altri a ci chesottende tale costrutto severiniano.

    Il "nulla", che per i "neoclassici" da solo non fa contraddizio-ne, espressione linguistica che economizza lo " e non ", appun-to la contraddizione, si che il semantema "nulla" (o niente, nonente) trascrive quello " e non " in cui il "non" si colloca a con-dizione che sia posto lo "" e, insieme, appunto contraddittoria-mente, nega lo "" senza di cui, per usare espressione severiniana,non "appare" e con cui non pu "apparire".

    La differenza - indiscutibile per i "neoclassici" - tra "pensareil nulla" e "non pensare" un equivoco. L'equivoco per appartie-ne all'intera impostazione in cui esso non viene riconosciuto per-ch ne costituisce parte integrante. E per dissipare l'equivoco - os-sia l'intera impostazione - pongo una domanda; questa: quando sidice "la contraddizione appare" si intende dire che essa appare co-me tale o no? Il senso della domanda questo: se la contraddizio-ne appare come tale, allora la parola "apparire" significa qui "rico-noscimento della contraddizione", che riconoscimento della suaimpensabilit, si che dire "contraddittorio" lo stesso che dire"impensabile".

    A questo punto, chi sostiene la pensabilit della contraddizionesi trova costretto a dire che essa non appare come tale (o - ed lostesso - che il suo apparire non tutt'uno con il suo riconosci-mento), ma allora come pu sapere che la contraddiz.ione chegli appare? Lo sa, ma non dalla semantizzazione, la quale arriva,per cosi dire, a cose fatte, ossia per dire o formulare l'incontrad-dittoriet del riconoscere la contraddizione ed in questo dire oformulare che essa pone la contraddizione e pone il suo toglimen-to, come visibile nella parola "in -contraddittorio". Per dire che impensabile un "porsi" che "togliersi" costruisce - e senzacontraddirsi - il semantema "incontraddittoriet".

    In altre parole, se si riconosce la contraddizione come tale, sene riconosce eo ipso l'impensabilit e se, invece, si divide - comefanno i "neoclassici" -lo "apparire della contraddizione" dal rico-noscimento che essa altra parola per dire "impensabile", si ritie-

  • 422 Giovanni Romano Bllcchin

    ne bensi di pensare la contraddizione (o che la contraddizione "ap-pare"), mentre ci che effettivamente pensabile ci che il se-mantema "contraddizione" indica e nel quale, per poterlo indica-re, non si pu risolvere.

    Cosi, lo "apparire della contraddizione" inseparabile dal sa-pere che "contraddizione" altra parola per dire "impensabile"e, quindi, pretendere di pensare la contraddizione tutt'uno conil pretendere di separare l'inseparabile, di separare, cio, il pen-siero dal pensiero.

    A proposito di "inseparabili", per, deve venire portata quiun'altra precisazione. V' una separazione dell'apparire dall'ap-parire che Severino vede. E' quella per la quale si ritiene di poterdire - e sulla base dell' apparire - "questo non pi", invece didire correttamente "questo non appare pi", ed illazione inde-bita. Per spiegare a Bontadini e ad altri che questa separazione impossibile, Severino ha faticato non poco e ancora continua afaticare. Per dimostrarne l'impossibilit, egli ha coniato la formula"qualcosa pu apparire solo se appare il suo apparire'P", che non formula chiara, n sintatticamente corretta, ma suscita l'entusia-smo di Scilironi. Non chiara, perch certamente non intende fa-re dell'apparire una cosa; non sintatticamente corretta, perchlo "appare" o ripete il significato di "apparire" di cui lo si dice olo contraddice; suscita l'entusiasmo di Scilironi, il quale ritieneche on essa Severino abbia confutato incontrovertibilmente i suoicritic'" .

    Non , per, la separazione dell'apparire dall'apparire confuta-ta da Severino che - a differenza di altri critici - ho mai conte-stato, ma un'altra, quella di cui sto parlando e che Severino nonvede. Essa pi radicale e, quindi, pi fatale: la separazione trail cosiddetto "apparire della contraddizione" e il riconoscimentoin atto che "contraddizione" parola che dice tutto e solo ci chedice la ,parola "impensabile". Ebbene, nello spazio fittt'zio che si venuto a creare con questa separazione si colloca la pretesa di pen-sare anche la contraddizione, anche il "nulla" e, quindi, si collocatu tta l' aporetica severiniana della Stru aura originaria.

    23. "Coerenza ", cit., p. 277.24. "Coerenza ", cit., p. 278.

  • M~lafisici "classici", "neoclassici" e "ueteroparmenidei" 423

    Che come dire: se Severino non riesce a dimostrare che talespazio - vitale per la sua "struttura originaria" - non fittizio,tutta la sua opera inconsistente. E, certo, per dimostrarlo nonpu far valere la semantizzazione, perch proprio essa in questione,

    , n pu obiettarmi, come mi ha obiettato'", che sono costrettoanch'io ad usare il sernantema "nulla", perch non ho bisogno dinon usarlo per sapere che "nulla" altra parola per dire "impensa-bile" .

    Ed ancora, per tale sua dimostrazione - ossia che quello spazionon fittizio - non pu far valere la sua pur corretta assunzionedello "apparire", perch questo - come Severino ben sa - effet-tivo apparire solo nel suo lasciar essere ci che e cos com' , siche l'apparire del "nulla" non pu dire "il nulla " pi di quantonon lo dica il suo apparire, il quale non pu non dire tutto e soloci che del "nulla" riconoscibile, ossia il suo essere semantemache economizza la "contraddizione", ovvero lo "impensabile". Que-sto - non altro - intendevo in quel passo di L'Immediato e la suanegazione con cui Scilironi si cimen ta (e mi costringe ad usare que-sta parola), ossia che "se il niente fosse veramente niente, il suo ap-parire consisterebbe nell'apparire del suo essere niente, del suonon essere"26.

    Ci che pi importa, per, - alla radice del discorso che stosvolgendo - questo: poich il semantema "contraddizione" nondice niente che non dica il semantema "impensabile", il riconosci-mento in atto che la contraddizione impensabile - riconoscimen-to inseparabile, come si visto, dal cosiddetto "apparire della con-traddizione" - inseparabile dal riconoscimento che "contraddi-zione" (o impensabile) un semantema.

    Con questo riconoscimento si impone una necessit: che lo ""con cui si dice "la contraddizione " resti indiviso, come ogni ""(e Severino qui non pu non trovarsi d'accordo), da ci di cui lo sidice. E nella espressione "la contraddizione ", lo "" non pu ve-nire diviso da "contraddizione" e, quindi, non pu venire divisodall'essere semantema della contraddizione (per esteso, infatti, l'e-

    25. Si veda ilPoscritto a "Ritornare a Parmenide", in Essenza de! nihilismo ; cit., p. 147.26. "Coerenza ...", cit., p. 265. li passo di L 'imm~diato e la sua n~gazion~, cit., a p.

    132.

  • 424 Giovanni Romano Bacchin

    spressione "la contraddizione " suona: "il semantema 'contraddi-zione' ").

    Se ora, come accade a Severino, si divide contra mentem "con-traddizione" dal suo essere semantema, ci si trova nella situazionedi dire bensi "la contraddizione ", ma di attribuire questo ""(indivisibile da "il semantema 'contraddizione' ") a contraddizio-ne simpliciter. Poich, come si detto, "contraddizione" - per ilriconoscimento in atto - altra parola per dire "impensabile", l'e-spressione equivalente "l'impensabile " si trova nella situazionedi attribuire lo "" che proprio del semantema allo impensabilesimpliciter. Per questo "" si dice - come dice Severino - che"contraddizione" (o nulla) pensabile, mentre ci che pensabi-le, per questo "" che suo, ancora e solo il semantema. E il se-mantema qui per esteso dice che "contraddizione" e "impensabi-le" sono lo stesso.

    Cos, con il semantema "nulla" non si pensa il nulla, non sipensa, cio, l'impensabile e pensare l'impensabile contraddirecio che si ritiene di pensare e, dunque, contraddirsi. Questo, per-tanto, il senso preciso con cui diciamo - ma non senza fiducianel! 'intelligenza del lettore - che pensare il nulla non pensare.

    Ed questo il senso in cui, nel mio lontano articolo Intero me-tafisico e problematicit pural7, scrivevo che il pensiero tiene pre-sente se stesso "nel suo limite". Nel contesto del mio discorso, "li-mite" ha il significato classico della determinatezza di ci che .Appunto perch lo "" di ci che non pu venire separato da ciche , non si pu dividere il pensiero da ci che il pensiero "" -o, impropriamente parlando, dal suo essere -. Ora, un pensiero,come quello di Severino, che pensa l'impensabile (la contraddizio-ne, il nulla) appunto diviso da se stesso, ossia da ci che esso "".

    Il "pensiero" di Severino diviso da se stesso. E' diviso da sestesso in quanto riconosce - almeno implicitamente - che la con-traddizione impensabile e, infatti, si articola come "toglimentodella contraddizione" e, insieme, pensa la contraddizione ed anzidimostra di doverla pensare per poterla togliere e, insieme, procedea togliere la contraddizione nella forma severiniana del "risolvi-mento dell'aporia".

    27. Rv. di filoso neo-scolastica 57 (1965), pp. 305-321.

  • Mttafisici "classici", "neoclassici" t "ueteroparmenidei" 425

    L'argomento con cui Severino ha creduto di potermi "liquida-re" ( la parola), ossia che quel "limite" appunto il nulla28, eraeccentrico rispetto al mio discorso quanto lo appunto il pensaredi cui parlano i "neoclassici" dal pensare per il quale la nostrascuola parla di "metafisica classica" e segna, anzi, l'effettiva di-stanza tra le due scuole. Che come dire che quello non un argo-mento, ma l'imposizione di uno statuto linguistico sul senso di undiscorso che si pretende di confutare.

    Il senso, infatti, in cui i "neoclassici" dicono che l'essere vienepensato quello stesso in cui dicono - esplicitamente con Severi-no - che si pensa anche il nulla e, dunque, essi non vedono la con-traddizione della "semantizzazione dell' essere". Il senso in cui noidiciamo che l'essere non pu venire pensato che, per pensarlo se-mantizzandolo, bisogna pensare anche il non essere, ma - ed eccoil punto decisivo - per pensare il non essere o la contraddizionebisogna separare l'inseparabile, ossia bisogna separare il pensierodal riconoscimento che "contraddizione" (o non essere) altra pa-rola 'per dire "impensabile", appunto separare il pensiero dal pen-siero.

    Ed ancora questo che sinteticamente indicavo con l'espressio-ne "residuo gnoseologistico", espressione che Scilironi - ma evi-dentemente non solo lui - considera del tutto impropria per con-notare la posizione di Severino'": Devo precisare intanto che nonho mai detto che Severino ed i "neoclassici" ritengono di essere"gnoseologisti" e, pertanto, non ha senso oppormi che intendonodi non esserlo o che ritengono di avere superato, con l'identitsemantizzata di pensiero ed essere, ogni alterit nel "rapporto"del pensiero con l'essere.

    Se per gnoseologismo, per, si intende correttamente e fonda-mentalmente ogni posizione per la quale "pensabile" non equivalea "intelligibile", per una posizione come quella che discuto in cuiviene considerato pensabile anche il non-intelligibile, appunto il"nulla", quell'espressione appropriata. Anzi, di pi, il modo in

    28. Essenza del nihilismo, cit., p. 147. La superficialit con la quale Severino, allora a-stro in ascesa, ha considerato le mie osservazioni mi ha dissuaso dal continuare adiscu tere con lui.

    29. "Coerenza ...", cit., pp. 264265. Ontologia ... , cito, p. 52.

  • 426 Giovanni Romano Bacchin

    cui Severino - insistentemente - sottolinea che Aristotele nel Deinterpretatione (21 a, 32-33) avrebbe eluso l'aporetica del nulla,trattata, invece, da Severino stesso nel capitolo IV della Strutturaoriginaria'? non pu ottenere qualificazione diversa.

    Se, infatti, Aristotele vi dice che "conoscere il niente" cono-scere che il niente non e Severino osserva - come osserva - che,appunto per conoscere che il niente non , bisogna conoscere "ilnien te" ed affrontarne l' aporetica", ci che Severino rimproveraad Aristotele ed a tutta la metafisica classica che Aristotele e tut-ta la metafisica classica non hanno separato - come lui fa - il pen-siero dal pensiero, ossia non hanno disgiunto "pensabile" da "in-telligibile" .

    Bisogna individuare, per, anche il punto in cui l'attenzione dei"neoclassici" al semantizzare - incluso lo iter di Severino che inquel semantizzare si fonda - si spiega nelle proprie ragioni, ed quello che pi volte affiorato nel presente discorso a propositodel semantema come tale. Si tratta di una preoccupazione. Lapreoccupazione questa: l'ambito del linguaggio - nella sua effet-tiva accezione - non pu venire considerato se non nella interezza- o integralit - della intenzionalit conoscitiva. Per questa inte-rezza non v', infatti, alternativa al "linguaggio". E qui si ristabli-sce il nostro accordo con i "neoclassici", nel senso che, per lorocome per noi, l'ambito del filosofare non pu essere quello del

    \preteso "ineffabile".

    Comune anche il convincimento che lo essere semantemi di"essere" e "pensare" non comporti un' alterazione di ci che i se-mantemi stessi indicano, perch non possibile istituire un con-fronto tra lo "essere" e il semantema "essere", tra il "pensare" e ilsemantema "pensare", senza riprodurre all'InfinitoIa semantizza-zione dell'uno e dell'altro. Sotto questo aspetto non si pu parla-re di "gnoseologismo" a proposito dei "neoclassici", cosi comenon si pu parlare di "gnoseologismo" per noi.

    Il semantema - o linguaggio - non tale, per, se non viene in-teso e, dunque, inseparabilmente riconosciuto come ci che il pen-sare non pu subire. Per indicare questo intendere o "riconosce-

    30. E. Severino, Destino della Necessit, Milano 1980, pp. 151-152, nota.31. E. Severino, Destino della Necessit, cit., p. 152, nota.

  • IM~tafisici "classici", "neoclassici", e "ueteroparmenidei'' 427

    re", il quale non pu risolversi in ci attraverso cui si intende, ncoincidere con l'asserzione (come tale sistematica e, in tal senso,"razionale"), M. Gentile usa - come si sa - la parola classica "in-telligenza'r'". Esso non pu venire disgiunto da ci che la sua scuo-la denomina, con lui, "problematicit pura".

    Siamo cos al punto in cui Scilironi - come ogni attento letto-re, inclusi gli autori sui quali egli scrive - pu misurare, per cosdire, con cognizione di causa, il livello di profondit, o grado di ap-profondimento, richiesto per non prendere abbagli. Non appena sidice "", si risponde ad una domanda e si intende dire "che " e"che cosa ". Con ci la domanda la richiesta di intelligibilit.La domanda " o non ?" richiesta di intelligibilit perch lo "e non " (concrescenti semanticamente in "essere" e "non essere") il non intelligibile che la domanda indica come ci che essa nonintende che "" e, pertanto, non intende che la opposizione di ""e "non " sia originaria.

    Con ci, la richiesta di intelligibilit suscitata dallo intelligibi-le stesso e non pu valere - essa - come una messa in questionedell'intelligibile come tale, cos come essa - sottesa ad ogni affer-mazione - mette in questione ogni asserzione in cui, come rispo-sta, si faccia valere non altro che l'opposto di ci che essa intende:appunto, che l'opposizione di "" e "non " (o di positivo e nega-tivo) sia originaria.

    Dire "che " e "che cosa ", volenti o nolenti, "definire". Ma- a differenza della descrizione che fenomenologica, o constala-tiva, o semantica - la definizione non tale se si fa valere in essa,immediatamente o mediatamenre, in qualsivoglia modo lo si fac-cia, con pi o meno di coerenza formale, qualcosa del plesso chesi intende di definire. Questa che, prima di essere una regola, condizione intrinseca del "definire", il senso profondo del "do-mandare tutto" che costituisce il concetto classico di filosofia.

    Il "domandare tutto", cos inteso, svolto nella sua portata teo-retica, impone proprio ci che viene - e proprio dai "neoclassici"- disatteso: che nessun dato (che dato d'esperienza), n, dun-que, l'esperienza come "totalit" di esperiti (o, come Severino di-ce, "totalit semantica", cos traducendo la bontadiniana "unit

    32. M. Gentile, Breve trattato aifilosofia, Padova 1974.

  • 428 Govanni Romano Bacchin

    dell' esperienza") pu venire fatto valere per definire l'esperienzacome tale, ossia di ci che ne assicura, senza circolo vizioso, l'in-telligibilit.

    Per indicare questo - non per "definire" l'esperienza - diciamoche essa si converte integralmente in "domanda del principio", diun principio che sussista indipendentemente da essa e senza di cuiessa non "". Poich "fisica" vuoi dire classicamente e fondamen-talmente esperienza, l'espressione pi indicata - non ostanti leambiguit che ne accompagnano uso e storia - ancora quella di"m eta fisica ".

    Se il pensiero di Severino dissolve una metafisica (e la cosa cor-re il rischio di costituire un episodio interno a quella "neoclassi-ca") non la metafisica che intendiamo che possa venire dissoltadal suo pensiero. Scilironi pu, dunque, capire perch non possoaccettare il suo verdetto che vede Severino trionfatore su tutti isuoi critici'", ma pu capire anche un' al tra cosa - ed pi impor-tante -, ossia che la opposizione di positivo e negativo, costitutivadel semantizzare, che i "neoclassici" considerano originaria, nonpu venire coerentemente mantenuta per l'esperienza come tale.Ed un eufemismo per dire che vi si infrange.

    Vi si infrange perch lo "altro dell'esperienza", coerentementerichiesto per semantizzarla, in quanto "altro" strutturalmente e-sperienza e cosi l'esperienza non mediata, ma presupposta e pre-supposte vi restano tutte le sue mediazioni interne, e in quanto"altro dall'esperienza" appunto ci di cui non v' esperienza.Che come dire, in termini di "problematicit pura", l'impossibi-lit di far valere nella definizione qualcosa di ci che si intende didefinire.

    Per quanto concerne Severino - poich il discorso qui verte di-rettamente su di lui - da precisare ancora questo: il ricorso seve-riniano all' apparire (quello che anche Scilironi ritiene originale ri-spetto .alla matrice "neoclassica") geneticamente e struttural-mente vincolato alla semantizzazione del divenire nei termini di"essere" e "non essere" e, quindi, ne segue le sorti.

    Con quel ricorso ali 'apparire - destinato, soprattutto come "ap-

    33. l quali avrebbero comunque "mancato il segno". Si veda Ontologa.. .. , cit., pp. 50-54.

  • 430 Giovanni Romano Bacchin

    te, ma anche strutturalmente. Se non si tiene ferma la semantizza-zione bontadiniana del divenire in termini di "" e "non " e,quindi, la necessit di togliere la contraddizione, che senso pu a-vere il ricorso allo "apparire del!' eterno"?

    E, pi radicalmente, come possibile tenere ferma la sernantiz-zazione bontadiniana del divenire senza dividere contra menteml'esperienza in esperienza di quel divenire in cui compare la "con-traddizione" e n eli' esperienza che riconosce la contraddizione eprogetta di toglierla? Proprio perch Severino strutturalmentevincolato alla semantizzazione bontadiniana, anche per il suo "ap-parire" essa si infrange. Per semantizzare lo apparire come tale,infatti, occorre lo altro dall'apparire. L'altro dall'apparire cometale deve essere altro come tale dall' apparire.

    L'altro dali 'apparire non lo scomparire, come ben sa Severino,ch lo scomparire appartiene alla struttura dell'apparire, non lo"sfondo intramontabile" di ci che appare, come il cielo d'agostoper l'astro filante, ch questo appunto struttura stessa dell'appa-rire, ma lo altro come tale dall'apparire, il quale dunque, non puapparire: di esso da dire - juxta Severino - non solo che l'appa-rire tace, ma anche che non pu non tacere per sempre.

    Scilironi si preoccupa anche di dimostrare che Severino appar-tiene ad una tradizione di pensiero'", ma chi non appartiene aduna tradizione di pensiero, anche senza saperlo? Ci, comunque,conforta il mio pi che ventennale convincimento (sono, infatti,uno dei primi lettori di Severino, come visibile dalla bibliografiasu di lui), ossia che Severino appartiene alla schiera degli epigoni.Grandi, come si meritano talune tradizioni, ma epigoni. Gli epigoninon aprono nuovi orizzonti, chiudono i vecchi e - ci che peg-gio - vi restano dentro.

    34. "Coerenza ...", cit., pp. 253-260.

  • i,j

    GIORNALE di METAFISICANuova Serie

    INDICE GENERALE DELL'ANNO VI (1984)

    Giovanni Romano BACCHIN A proposito di me-tafisici "classici", "neoclassici" e di "veteropar-menidei ", Risposta ad un critico. .

    Angelo CRESCINI La prospettiva epistemologicadi Francesco Barone _ .

    Romeo CRIPPA L'uomo tra immortalit e futura.Klaus DUSING Identitt und Widerspruch. Unter-

    suchungen ZUr Entwicklungsgeschichte der Dia-lektik Hegels _ .

    Enrico GARULLI II problema della dialettica e lafilosofia ermeneutica '.' _ ..

    Maria GIORDANO Per una critica del modello dirazionalit scientifica della pedagogia .

    Nunzio INCARDONA L'''ontodologie'' di ClaudeBruaire _ .

    Marco IV ALDO La struttura della filosofia fichtia-na. Analisi della Wissenschaftslehre 1804 .

    . Jean-Luc MARION Descartes et l'onto-thologie ..Pietro PALUMBO La storia della metafisica in Gil-

    son e in Heidegger .Luigi PAREYSON Dal personalismo esistenziale

    ali 'antologia della libert .Xabier PIKAZA Amor Ruibal y et pensamiento

    cristiano espaol del siglo XX .Daniele ROLANDO Faith and Repentance. Giusti-

    ficazione per fede e ragionevolezza della fede inLocke _ .

    Fascicolo

    1-21-2

    1-2

    1-2

    31-2

    1-2

    1-2

    1-2

    Pagine

    3 411-430

    223-23451-58

    3 315-358

    59-92

    201-222

    3 397-410

    359-3963-50

    165-200

    3 283-314

    93-140

    141-164

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