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PRINCIPESSA PER UNA NOTTE

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Dr Cinderella's Midnight Fling

Harlequin Mills & Boon Medical Romance © 2012 Pamela Brooks

Traduzione di Katia Perosini

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Bianca

marzo 2013

Questo volume è stato stampato nel febbraio 2013 presso la Rotolito Lombarda - Milano

HARMONY SERIE BIANCA

ISSN 1122 - 5420 Periodico settimanale n. 1529 del 19/03/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 377 dello 09/02/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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«Allora, Cenerentola, pronta per il ballo?» chiese di-sinvolta Sara quando Jane le aprì la porta. «Ma sono appena rientrata dal turno in ospedale» rispose lei senza entusiasmo. «Ottimo tempismo! Il taxi sarà qui tra mezz'ora, quindi niente discussioni.» «E non ho niente da mettermi.» «Invece sì. Ecco. È un regalo di non compleanno da parte mia... L'ho visto l'altro giorno in città e ho pen-sato che il colore fosse perfetto per te.» Le sventolò davanti agli occhi il sacchetto di una boutique. «Ora va' a farti una doccia e a lavarti i capelli. Penserò io a farti la piega e a truccarti.» «Ma...» protestò ancora Jane, ma poi capì che era meglio lasciar perdere. Ormai sapeva bene che, una volta entrata in modalità comando, l'amica diventava irremovibile. «E non dirmi che hai di meglio da fare stasera per-ché non ci credo» continuò infatti Sara facendosi stra-da all'interno dell'appartamento con passo deciso. «E stirare e pulire il bagno non fanno testo. Quest'anno non hai partecipato a nessuno degli eventi natalizi or-ganizzati dall'ospedale e continui a spostare i turni per evitare di uscire con noi colleghi... È davvero ora che

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tu la smetta di lasciarti rovinare la vita da quel... ma-ledetto Shaun.» Jane non sapeva cosa rispondere. Era tutto vero. Sara l'abbracciò forte e addolcì il tono. «So che ti ha ferita profondamente, Janey, ma non puoi nascon-derti dietro al lavoro per il resto dei tuoi giorni. Ascol-ta, non ti sto dicendo di andare alla festa e buttarti tra le braccia del primo che incontri, ma semplicemente di provare a divertirti un po' per una volta.» Jane arricciò il naso. «C'è un piccolo problema: non ho il biglietto per il ballo.» Aveva preferito fare una donazione all'ospedale piuttosto che comprare il bi-glietto per un ballo di beneficenza a cui sapeva che non avrebbe mai partecipato. «Ce l'ho io. Te lo mandano Maddie e Theo, con tut-to il loro affetto... e si sono raccomandati di dirti che, se la cosa ti crea problemi, in cambio accettano volen-tieri una serata di baby sitting da loro.» Era in trappola! «Con il capo non si discute, vero?» considerò scon-solata. «Proprio così» le sorrise l'amica. «Ti restano venti-sette minuti. Coraggio, datti una mossa!» Quando arrivò il taxi, Jane stentava a riconoscersi. La coda di cavallo in cui di norma teneva raccolti i ca-pelli si era ora trasformata in una spirale di ciocche lu-centi e setose e il trucco, seppur leggero, era riuscito a enfatizzare i suoi occhi color nocciola e a farli risplen-dere. Il vestito poi era il più elegante che avesse mai in-dossato: realizzato in un tessuto frusciante, le regalava a ogni passo una piacevole sensazione di leggerezza. E, doveva ammetterlo, le donava molto.

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«Sei perfetta!» esclamò Sara con un cenno d'ap-provazione. «Ora possiamo andare.» «Che significa che non ce la fai?» domandò contra-riato Ed. «Sono bloccato nel Suffolk» rispose George con una nota di rincrescimento nella voce. Un brutto presentimento sfiorò fulmineo la mente di Ed provocandogli una fitta al cuore. «Papà sta bene, vero?» «Sì, per quanto ne so. Non sono alla villa.» Dunque, poteva esserci solo un altro motivo per spiegare le resistenze del fratello: aveva di meglio da fare. «C'è di mezzo una ragazza, vero?» sospirò. «Nient'affatto! La verità è che la mia auto ha avuto un piccolo diverbio con un albero.» «Cosa? Stai bene?» «Nessun ferito, tranne l'auto. Non preoccuparti, co-munque, le carrozzerie si risistemano facilmente.» «Sono un medico. Se mi dici di aver avuto un inci-dente d'auto, è naturale che mi preoccupi.» «Davvero, sto bene. Nemmeno un graffio. Tornerò a Londra verso la fine della settimana, mi dispiace so-lo di doverti dare buca stasera.» «L'importante è che tu non ti sia fatto niente. Com'è successo?» «Ho preso una curva a velocità un po' troppo alta. Ma ho imparato la lezione, quindi non cominciare a ri-filarmi una delle tue solite ramanzine. Avevo passato ore a lucidare quella benedetta carrozzeria lo scorso week end...» Ed ora capiva perfettamente perché la sua matrigna l'aveva più volte pregato di fare due chiacchiere con George. Non che sperasse che George desse ascolto al

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fratello, ma forse Ed sarebbe in un modo o nell'altro riuscito a instillare in lui un po' della compostezza e del buon senso che lo contraddistinguevano. «D'accordo, allora. Ci vediamo quando torni. Cerca di non romperti l'osso del collo, nel frattempo.» Ed ripose il ricevitore nella sua sede e si aggiustò il papillon con aria pensosa. Non era poi la fine del mondo dover andare a quel ballo da solo, no? Anzi, poteva essere una buona occa-sione per svagarsi un po' e conoscere qualche nuovo collega... e soprattutto raccogliere fondi per il London Victoria. Theo Petrakis, il primario del reparto di Ostetricia e Ginecologia, gli era piaciuto molto in occasione del loro primo incontro. E la foto delle tre bambine in bel-la vista sulla sua scrivania aveva contribuito a confer-mare la sua impressione: Theo era chiaramente un uo-mo che credeva nella famiglia. Proprio come lui. La sua decisione di tornare a Londra, infatti, era stata dettata non tanto dalla prospettiva di un avanza-mento di carriera, quanto dalla possibilità di avvici-narsi al fratello e alle sorelle. Soprattutto dopo la telefonata in cui Frances gli a-veva fatto presente che George aveva bisogno di qual-cuno che lo facesse ragionare prima che finisse per sfracellarsi al suolo durante uno dei suoi sport estremi. Dopo tutto, era quello il ruolo di Ed in famiglia. Figlio minore di Lord Somers, serio e giudizioso, rappresentava il punto di riferimento quando qualcosa non andava per il verso giusto. George, invece, figlio maggiore ed erede al titolo di barone, cambiava ragazza ogni settimana ed era sem-pre pronto a dar mostra di sé in qualche impresa peri-

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colosa, per la gioia dei tanti paparazzi che gli gironzo-lavano attorno. I famigliari temevano che prima o poi qualche suo azzardo potesse rivelarsi fatale, ma quella sera non c'era nulla che Ed potesse fare. Quando il fratello fosse rientrato a Londra, l'avreb-be portato fuori a cena e avrebbe cercato di convincer-lo a darsi una calmata, almeno quanto necessario per evitare che la famiglia venisse assalita dal panico ogni volta che non rispondeva al telefono. «Guarda, là c'è Jake... ed è da solo» esclamò Jane entrando nella grande sala da ballo al fianco di Sara. «E allora?» rispose lei con finto disinteresse. «Dai, siamo a una festa! È l'occasione ideale per fargli vedere che, oltre che brava, sei anche uno schianto.» L'amica si strinse nelle spalle. «Magari un'altra vol-ta. Non intendo abbandonarti la prima sera che esci da quando...» S'interruppe, ma Jane continuò per lei. «Da quando ho rotto con Shaun, lo so.» Il suo ex fidanzato. Che l'aveva tradita con la sua gemella, distruggendo ogni suo sogno. «Ma conosco un bel po' di gente qui, e so badare a me stessa.» Le sorrise. «E comunque, voglio trovare Maddie e Theo per ringraziarli del bi-glietto ora, quindi sentiti pure libera di andare da Ja-ke.» «Sicura?» «Sicurissima!» Jake e Sara erano fatti l'uno per l'altra, considerò Jane tra sé guardando l'amica allontanarsi, solo che lui non si era ancora accorto di quale meraviglia aveva davanti agli occhi. Sorridendo benevola, si voltò per andare alla ricerca del suo capo e di sua moglie.

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«Grazie mille per il biglietto» esclamò individuan-do Maddie Petrakis tra la folla. «È stato un piacere, Janey» rispose lei abbraccian-dola. «Sono felice che Sara sia riuscita a convincerti a venire.» «Però, verrò a fare baby sitting da voi in cambio. Due volte.» «Janey, sei splendida!» s'intromise Theo rivolgen-dole uno sguardo d'apprezzamento. «Se fossi stato sin-gle, ti avrei fatto una corte spietata stasera.» «Oh grazie» rispose Jane agitando una mano con noncuranza. Sapevano tutti che Theo aveva occhi solo per la moglie, ma quel complimento le fece comunque piacere. «Che belle scarpe» aggiunse Maddie. «E ti sei fatta fare i capelli. Stai benissimo.» «Sara ha insistito per farmi la piega.» «Ottimo gusto. Tienili sempre così, anche se signi-ficherà alzarti mezz'ora prima ogni mattina, perché ti donano proprio.» Jane sentì riscaldarsi il cuore. Maddie era una delle sue colleghe preferite, ed era stata la sua ancora di salvezza l'anno precedente quan-do tutto l'ospedale non parlava d'altro che della sua vi-cenda amorosa. Avendo vissuto un'esperienza simile con il primo marito, Maddie aveva capito perfettamente quali emo-zioni si agitavano nel cuore di Jane per il pubblico tra-dimento di Shaun. E si era unita a Sara nel sostenerla e nell'aiutarla a camminare a testa alta, ignorando i pettegolezzi. «Hai già comprato i biglietti della lotteria?» le do-mandò poi. «Ci sono in palio dei premi fantastici quest'anno.»

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«Non ancora, ma lo farò senz'altro. Se volete, posso anche occuparmi di venderli.» «Niente lavoro stasera, dottoressa Cooper. Dobbia-mo pensare solo a ballare e a divertirci.» «E a raccogliere fondi per l'ospedale.» «Anche quello, certo! Ora va' a comprare una ma-rea di biglietti della lotteria e poi lanciati sulla pista da ballo... È un ordine del primario, vero, tesoro?» «Naturalmente» convenne Theo con un sorriso. «Io intanto darò un'occhiata in giro per vedere se è arriva-to il nuovo medico. Ufficialmente non dovrebbe co-minciare prima della settimana prossima, ma Maddie è riuscita a rifilare anche a lui un paio di biglietti per il ballo.» «Ah, non ero di turno quando l'avete conosciuto. Com'è?» domandò Jane incuriosita. «Un ragazzo simpatico, non avrà difficoltà a inte-grarsi nel team. Vedrai, ti piacerà... tanto meglio, per-ché lavorerete insieme.» «Quindi, se non lo incontro stasera, lo conoscerò martedì mattina direttamente in ospedale?» «Proprio così, ma ora va' a divertirti.» Mentre si dirigeva verso il tavolo della lotteria, Jane sentì il cellulare emettere un doppio beep e, rapida, lo estrasse dalla borsetta: poteva trattarsi di Iris, la capo ostetrica, che le aveva promesso di informarla nel caso ci fossero state complicazioni con Ellen Baxter, una paziente in gravidanza a rischio. Il messaggio però era della sua gemella, l'unica per-sona con cui Jane non aveva alcuna voglia di parlare in quel momento. Soffocò un gemito. Si sentiva in armonia con se stessa quella sera e non

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voleva che Jenna le guastasse l'umore, come sempre capitava quando s'intrometteva nella sua vita. Anche il titolo del messaggio suonava poco lusin-ghiero, per non dire mortificante: GS. Acronimo per Genietta Scialbetta, soprannome che la sorella aveva coniato apposta quando a dieci anni Jane aveva vinto una borsa di studio offerta da una scuola privata loca-le. Naturalmente, l'odiato nomignolo non ci aveva messo molto a raggiungere la bocca di tutta la scuola, soprattutto quella delle ragazze più popolari, e Jane non aveva potuto far altro che ritirarsi tra i suoi amati libri nella speranza di trovare, almeno lì, un po' di quiete. In effetti, Jenna aveva ereditato i geni della madre: era alta, bella e manteneva la linea senza fatica... qua-lunque donna sarebbe apparsa insignificante in con-fronto alla sua naturale avvenenza. E non perdeva occasione per sottolineare che inve-ce Jane era più bassa, più grassa e più tozza, andando a ledere così l'autostima già messa a dura prova della sorella. Oppressa dai ricordi, Jane decise di non aprire il messaggio: ormai sapeva bene che Jenna la contattava solo quando aveva bisogno di qualcosa e, per quanto la riguardava, poteva tranquillamente aspettare fino al-l'indomani. Inavvertitamente, però, sfiorò il comando per visua-lizzare il testo del messaggio. E lesse. È venuta così. Avresti dovuto fare quell'intervista. Intervista?

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Quale intervista? Poi ricordò. Qualche mese prima, l'agente di Jenna aveva orga-nizzato un'intervista per la famosa rivista di gossip Celebrity Life sul tema dei gemelli eterozigoti, dove Jenna avrebbe rappresentato la bellezza fisica e Jane l'abilità intellettuale. Allora, però, Jane era nel pieno degli esami di spe-cializzazione di fine anno e non aveva tempo di fare l'intervista, tanto meno di passare una giornata intera a posare per le foto. Aveva quindi declinato la proposta, spiegando le proprie ragioni, ed era convinta che la questione si fosse chiusa senza ulteriori sviluppi. Evidentemente si era sbagliata! Serrò la mascella e cliccò sull'allegato. E subito se ne pentì. Lei non aveva mai posato per quella fotografia! Era come se fosse stata scattata al termine di una settimana intera di turni di notte. Indossava un paio di pantaloni logori e una vecchia T-shirt sotto una felpa a zip con il cappuccio che doveva aver visto tempi mi-gliori, e i capelli erano nascosti alla bell'e meglio sotto un brutto cappellaccio di lana. Nulla dell'articolo faceva cenno alla sua professione o alle sue qualità, era interamente incentrato su Jenna e sulle evidenti diversità tra i gemelli eterozigoti. Il lato peggiore della faccenda era che la rivista sa-rebbe uscita in tutte le edicole, compresa quella dell'o-spedale. Avrebbe fatto bene ad avvisare Theo... non sarebbe stato un bel biglietto da visita nemmeno per il reparto. Ma non certo quella sera!, considerò. Non capitava spesso che lui e Maddie avessero l'oc-

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casione di uscire da soli e sarebbe stato un peccato ro-vinare la loro serata. In fondo, non c'era niente che si potesse fare al mo-mento, tanto valeva aspettare l'indomani. Spense decisa il telefono, ma nella testa continuava a ronzarle la solita dolorosa domanda. Perché Jenna la odiava tanto? Jane aveva provato in tutti i modi a essere compren-siva con la gemella. Sapeva bene che le top model non avevano vita facile: sempre sotto i riflettori, sempre i-perattente a quello che facevano, dicevano, mangiava-no o bevevano e tuttavia sempre passibili di critiche e pettegolezzi. Senza parlare della concorrenza spietata rappresen-tata dalle modelle più giovani e ambiziose, che mette-vano la carriera delle più navigate in continuo perico-lo. Quello della moda, era un ambiente di solitudine e precarietà che aveva già esaurito la loro madre gettan-dola nel tunnel della depressione. Anche Jenna ne soffriva talvolta e lamentava spesso attacchi di emicrania o di quel che lei definiva nervo-sismo, mentre Jane aveva la costituzione di un toro e non si era mai buscata nulla di più serio di un raffred-dore. Ma aveva sempre cercato di stare vicina a entrambe e prendersi cura di loro. Mai una lamentela, mai una parola o un gesto che potesse indurle a pensare di es-serle di peso. Eppure, i suoi sforzi non furono mai apprezzati né da Jenna né da Sophia che, anzi, apparivano sempre più cariche di risentimento e disprezzo nei suoi con-fronti, lasciandola disorientata. Emise un sospiro.

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Insomma, si era lasciata convincere ad andare a quel ballo e non avrebbe permesso alla sua gemella di rovinarle la serata. Quindi, cambiò rotta e si diresse verso il bar dove bevve un calice di champagne tutto d'un fiato per poi ordinarne un altro. Con suo grande sollievo, le bollicine fecero subito effetto. Non le tolsero dalla testa la foto della rivista, ma attenuarono almeno in parte l'intensità del suo av-vilimento. Prese in mano il suo secondo calice di champagne con l'intenzione di andare a cercare qualche faccia co-nosciuta con cui ballare e scambiare quattro chiacchie-re, ma non fece in tempo a incamminarsi che qualcuno le urtò il braccio e le fece rovesciare l'intero contenuto del bicchiere addosso all'uomo accanto a lei, imbrat-tandogli completamente la manica immacolata dello smoking. «Oddio! Mi dispiace!» esclamò scandalizzata. «La prego di scusarmi.» «Non si preoccupi. È stato un incidente.» L'uomo e-strasse un fazzoletto dal taschino e prese a tamponarsi la manica. Ma ci voleva ben altro per eliminare quella mac-chia, Jane lo sapeva bene! «La prego di inviarmi la ricevuta della tintoria» dis-se quindi mettendosi a rovistare nella borsetta in cerca di una penna e un pezzo di carta per lasciare i propri riferimenti. Poi realizzò che non aveva con sé né l'uno né l'al-tro. Quella sera aveva una borsetta più minuta di quel-le che utilizzava di solito; ci stavano a malapena chia-vi di casa, portafoglio e telefono. «Non importa, davvero» la rassicurò lui. «Se pro-

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prio vuole farsi perdonare, mi conceda un ballo.» Jane sbatté le palpebre stupefatta. Cosa? Quel tizio somigliava in modo impressionante a James Bond: capelli scuri, penetranti occhi blu e un sorriso da mozzare il fiato. Un tipo che non passava certo inosservato. «Ballare? Con lei?» rispose poi scioccamente. Lui si strinse nelle spalle. «È quello che di solito si fa ai balli di beneficenza, no?» «Io...» Quello era un perfetto estraneo... e un perfet-to esempio di estraneo alto, moro e affascinante. «Be', se insiste. Io sono J...» «Niente nomi» la interruppe subito lui, sorridendo per mitigare la perentorietà della richiesta. «Preferisco pensare di ballare con un'attraente sconosciuta, come Cenerentola.» Attraente? Nemmeno la bravura di Sara con il trucco poteva averla trasformata in una donna attraente come sua madre o sua sorella. Jane sapeva di essere una persona del tutto ordinaria. Tuttavia, sorrise. «Be', se io sono Cenerentola, lei deve essere il Principe Azzurro.» «Sta forse cercando un Principe Azzurro?» «No, non ho bisogno di essere salvata da una matri-gna cattiva.» Non era del tutto vero, ma per il momen-to le bastava poter ballare con l'uomo più avvenente della festa. E liberarsi della frustrazione prodotta da quel dan-nato articolo. Eppure, si sentì aggiungere: «Sicuro? I suoi piedi potrebbero pentirsi di quest'invito, io non sono una gran ballerina».

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«Neanch'io. Proviamoci comunque.» «Se domattina avrà mal di piedi, però, non mi dica che non l'avevo avvisata.» L'uomo scoppiò a ridere. «Invece sono sicuro che i miei piedi staranno benissimo domani.» E così Jane scoprì che il Principe Azzurro sapeva ballare davvero bene. Muoversi al suo fianco sulla pi-sta da ballo era come fluttuare nel vuoto, senza sforzo. Lui la guidava e i suoi piedi lo seguivano leggiadri. Non aveva mai ballato così prima d'allora. Fu una vera e propria rivelazione. Quando la musica attaccò un motivo più lento, lui la trattenne tra le braccia e con naturalezza la strinse a sé, avvicinando la guancia alla sua. La sua pelle era morbida e liscia, senza traccia di barba, ed emanava un delicato profumo di colonia maschile. Jane chiuse gli occhi, concentrandosi sul momento che stava vivendo. Riusciva davvero a sentirsi come Cenerentola mentre danzava con il Principe Azzurro al ballo. E poi lo sentì muoversi impercettibilmente e avvici-nare le labbra all'angolo della sua bocca. Se avesse spostato il viso verso di lui, l'avrebbe baciata? La sola idea le fece accelerare il battito, ma non esi-tò: l'istinto le diceva che quell'affascinante sconosciu-to era un gentiluomo. Avvertì le sue braccia cingerla più stretta e le sue labbra sfiorarle la bocca. Dolci, tentatrici, accattivanti. Un brivido le attraversò fulmineo la schiena. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che qual-cuno l'aveva baciata... così Jane non poté esimersi dal rispondere a quel bacio, reclinando appena la testa all'indietro per permettere al suo cavaliere di avere mi-

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gliore accesso alla sua bocca. Teneva gli occhi chiusi, concentrata esclusivamente sul tocco leggero di quelle labbra. Sul modo in cui reagiva la sua pelle, sul modo in cui la induceva a rispondere. Baci lievi, dolci, eva-nescenti, come una danza impalpabile in grado di condurla verso lidi lontani. Quindi socchiuse le labbra e permise al bacio di far-si più profondo. O lo champagne le stava giocando un brutto tiro, oppure quel Principe Azzurro travestito da James Bond era davvero il più abile seduttore che a-vesse mai incontrato... Le sembrava che il mondo in-torno fosse svanito e che esistessero solo loro due, e la musica. Continuarono a baciarsi per tutta la durata della canzone. E forse anche oltre, perché d'un tratto Jane si accorse che il ritmo della musica era cambiato, mentre loro continuavano a ondeggiare stretti nelle braccia l'uno dell'altro come se il tempo si fosse fermato. Infine, si staccarono e si guardarono negli occhi, sconvolti. «Wow!» mormorò lui. «Era da tempo che una don-na non aveva un simile effetto su di me, Cenerentola.» «A chi lo dici!» In realtà, Jane non ricordava di aver mai provato una sensazione simile, con nessuno. Nemmeno con l'uomo che aveva in programma di sposare. Lui si sporse in avanti e le rubò un altro bacio. «Andiamocene da qui.» Andarsene da una festa in cui conosceva quasi tutti per recarsi in un posto non meglio specificato con un perfetto estraneo di cui non sapeva nemmeno il nome? Doveva essere ammattita! Oppure tanto afflitta da pensare che scappare con l'uomo più affascinante che avesse mai incontrato e

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che l'aveva baciata fino a farle dimenticare chi era e dove si trovava potesse lenire i suoi dolori. «Cos'hai in mente?» gli chiese. «Ho una stanza qui» spiegò lui. «Pensavo a un ser-vizio in camera con altro champagne, succo d'arancia appena spremuto e magari dei sandwich al formag-gio.» Se avesse detto caviale o astice, Jane avrebbe rifiu-tato. Ma la rassicurante familiarità di un sandwich al formaggio era una vera tentazione. «D'accordo, ma a una condizione. Niente nomi. Niente domande.» Lui spalancò gli occhi. «Una notte di sesso sfrenato e poi addio? È questo che mi stai proponendo?» «Sì.» L'indomani, Jane sarebbe tornata a essere Ge-nietta Scialbetta alle prese con le pulizie di casa, visto che era di riposo, ma quella sera... quell'uomo la face-va sentire bella e desiderabile e lei non aveva alcuna intenzione di liberarsi tanto presto di una sensazione del genere. «Una notte soltanto.» «Permettimi una domanda. Stai con qualcuno?» Domanda facile a cui rispondere e che Jane apprez-zò molto; anche a lei interessava saperlo. «No. E tu?» «No.» La prese per mano. «Allora andiamo.» Raggiunsero la reception dell'hotel. Mentre lui recuperava la chiave della camera dal concierge, Jane scrisse un messaggio a Sara. Leggero mal di testa, vado a letto presto. Goditi la serata. J xxx Non era poi così lontano dalla verità. Stava davvero per andare a letto presto... solo non da sola.

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E la scusa del mal di testa era ottima per evitare che Sara la chiamasse per sentire come stava e si preoc-cupasse sentendo il telefono squillare a vuoto. «Tutto bene?» domandò lui. «Benissimo» gli sorrise lei. «Stavo solo mandando un messaggio alla mia migliore amica, così non si preoccupa se non mi vede.» «Il che significa che ora sei tutta mia.»

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- Emergenza seduzione di A. Andrews

Benvenuti al Sydney Harbour Hospital. Qui ognuno nasconde un segreto. Mia è furiosa per la notte di fuoco passata con Luca, non perché sia stata deludente, anzi, ma perché il dottor Di Angelo ha la peggior reputazione di tutta Sydney.

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di K. Hardy

Summer: Finalmente ho trovato un posto dove sentirmi a casa ma devo stare attenta a non sconvolgere i precari equilibri della mia famiglia. Rick: Anch'io sono un padre single e capisco le ansie di Summer, ma lei nasconde un segreto e io devo scoprire di cosa si tratta.

- Principessa per una notte

Per una notte la seria dottoressa Cooper si trasforma in una Principessa alla ricerca del Principe Azzurro. Lo trova proprio allo scoccare della mezzanotte, e si arrende tra le sue braccia. Il giorno dopo scopre che l'affascinante uo-mo del mistero è il suo nuovo collega.

- Segreti in corsia di D. Drake

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- Il segreto del primario di F. Lowe

Benvenuti al Sydney Harbour Hospital. Qui ognuno nasconde un segreto. La specializzanda Hayley conosce ogni pettegolezzo su Tom, il Primario di Neurochirurgia, scomparso due anni fa senza lasciare traccia. Ora è tor-nato e il suo segreto è stato svelato.

- Agli ordini dell'infermiera di A. Fraser

Colleen, rinomata fisioterapista, non riesce dire no a Da-niel, un milionario arrogante che le chiede di occuparsi del suo bambino. Aver accettato quel lavoro le costerà molto caro, anche se la disperazione negli occhi del suo nuovo capo le suggerisce di aver fatto la scelta giusta.

di L. Clark

Leah: Quando ho scoperto che non avrei potuto dare a mio marito una famiglia, sono andata via, spezzando il suo cuore e il mio. Gabe: Ho solo sei settimane, e un vi-aggio in Messico, per convincere la donna della mia vita a darmi un'altra possibilità.

- Una dottoressa speciale

Edward non riesce a capire cosa ci faccia una donna come quella nell'Outback australiano. Honey è uno spirito libero, un medico che pratica l'agopuntura e la medicina alternativa. Troppo per lui. Ma presto il serio dottore ca-pirà di non poter più fare a meno di lei.

- Sei settimane per ricominciare di J. Matthews

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