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HEARTBEATS Newsleer della Fondazione Bambini Cardiopaci nel Mondo Gennaio 2017 F O N D A Z I O N E B A M B I N I C A R D I O P A T I C I N E L M O N D O Cari Amici, cari Sostenitori, sono felice di inviarvi una nuova edizio- ne della nostra newsleer. È il segnale di un impegno che prosegue, con la passione di sempre, ed è un po’ anche l’occasione per trasmeere a tu voi e ai vostri cari gli auguri per un 2017 feli- ce e sereno, da parte di tua la nostra comunità, a Lugano e a Bissau. La Fondazione esiste grazie al lavoro vo- lontario di medici e operatori sanitari, ma grazie anche al vostro sostegno, sempre generoso e sempre indispensabile. SALUTO DEL PRESIDENTE Max Spiess Presidente Il racconto della realtà guineana, delle sue difficoltà, è anche tesmonianza di tan traguardi raggiun, di tan bambini e ragazzi cui è stato restuito un futuro. Julio e Murida, gli ulmi che abbiamo avuto e di cui diamo conto nelle pagine che seguono, ci hanno lasciato la con- sueta gioia di saperli guari e felici. Per tu noi, il migliore viaco per l’anno nuovo e un ulteriore smolo a con- nuare con i nostri proge, per fare di più e meglio.

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HEARTBEATS

Newsletter della Fondazione Bambini Cardiopatici nel Mondo

Gennaio 2017

FON

DAZIONEBAM

BINI CARDIOPATIC

INELMONDO

Cari Amici, cari Sostenitori,sono felice di inviarvi una nuova edizio-ne della nostra newsletter. È il segnale di un impegno che prosegue, con la passione di sempre, ed è un po’ anche l’occasione per trasmettere a tutti voi e ai vostri cari gli auguri per un 2017 feli-ce e sereno, da parte di tutta la nostra comunità, a Lugano e a Bissau.La Fondazione esiste grazie al lavoro vo-lontario di medici e operatori sanitari, ma grazie anche al vostro sostegno, sempre generoso e sempre indispensabile.

SALUTO DEL PRESIDENTE

Max SpiessPresidente

Il racconto della realtà guineana, delle sue difficoltà, è anche testimonianza di tanti traguardi raggiunti, di tanti bambini e ragazzi cui è stato restituito un futuro.Julio e Murida, gli ultimi che abbiamo avuto e di cui diamo conto nelle pagine che seguono, ci hanno lasciato la con-sueta gioia di saperli guariti e felici. Per tutti noi, il migliore viatico per l’anno nuovo e un ulteriore stimolo a conti-nuare con i nostri progetti, per fare di più e meglio.

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Lo scorso 7 dicembre sono stati operati con successo al Cardiocentro due gio-vani pazienti della Guinea Bissau. Murida Modé, una ragazza di 13 anni, ha subito un intervento percutaneo di dilatazione della valvola mitralica, men-tre Julio Ducanda, quattordicenne, è stato sottoposto a intervento per la so-stituzione di due valvole cardiache con protesi meccaniche. Murida è rientrata in Guinea l’11 dicem-bre, mentre Julio – il cui intervento, più complesso, ha reso necessaria una per-manenza più lunga – sta trascorrendo a Lugano una breve convalescenza e tor-nerà in Guinea il 21 gennaio.

Sono entrambi sta-ti accompagnati da José Sila Rodrigues, un infermiere di Bissau, che è ri-entrato con Muri-da l’11 dicembre. Insieme con loro, una presenza fa-

miliare al Cardiocentro, il Dr. Augusto Bidonga, cardiologo della Guinea Bis-sau e indispensabile figura di riferimen-to per la Fondazione Bambini Cardiopa-tici nel Mondo. Il Dr. Augusto opera co-me elemento di raccordo tra la Fonda-zione e la realtà guineense; è una sorta di factotum: è il primo contatto delle famiglie con bimbi affetti da patologie cardiache, effettua le prime diagnosi e seleziona i casi più urgenti, segue i pic-coli pazienti prima dell’intervento, li ac-compagna nelle strutture europee per essere operati e finalmente li riporta a casa.Lo incontriamo alla cena natalizia del Cardiocentro, graditissimo ospite, sor-ridente e cordiale come sempre. È feli-ce per Julio e Murida, che si accinge a riportare a casa. Gli chiediamo di fare il punto della situazione ed è ben lieto di assecondarci.

Dr. Bidonga, i due ragazzi stanno be-ne, ed è la cosa più importante. Come va a Bissau?Andiamo avanti e siamo ottimisti, pur nelle difficoltà. Come sempre, abbiamo tanti bambini in lista d’attesa per esse-re operati all’estero e il Portogallo – che resta il nostro riferimento, per ragioni storiche, culturali e linguistiche – non riesce far fronte a questa situazione. Per questo l’aiuto della Fondazione Bambini Cardiopatici nel Mondo, in-sieme a quella di altri paesi europei, è estremamente preziosa. La nostra col-laborazione è iniziata nel 2007 ed è ben affiatata. Siamo molto soddisfatti del

percorso che abbiamo fatto insieme e siamo tutti convinti dell’importanza di continuare su questa strada.

Quanti bambini seguite?Ci sono le nuove diagnosi e le liste d’at-tesa, e poi ci sono i bambini già operati e da seguire. Questi ultimi sono più di 150, e una quarantina tra loro hanno una valvola meccanica, per cui devono essere sottoposti a un controllo della coagulazione ogni 15 giorni. In un pae-se come la Guinea, dove le infrastruttu-re e il sistema dei trasporti non è certo quello europeo, la periodicità dei con-trolli non è semplice. Per fortuna, an-che grazie alla Fondazione, possiamo contare sulla casa-famiglia.

Funziona bene la casa-famiglia?La casa-famiglia funziona benissimo da 2 anni. Prima di recarsi in Europa per l’intervento, tutti i bambini vi trascorro-no due settimane, spesso con i loro ge-nitori. Un periodo di tempo indispensa-bile per completare i controlli, gli esami, per preparare i pazienti e anche per la burocrazia. La casa-famiglia è poi altret-tanto fondamentale, e forse di più, nella fase post-operatoria, perché trattenia-mo e sorvegliamo i piccoli convalescenti finché non siamo sicuri che possono tor-nare a casa e alla loro vita di sempre.

OPERATI E GUARITI. JULIO E MURIDA TORNANO A CASA

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UN IMPEGNO CHE RIPAGA ENORMEMENTE

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Direttore, come è venuto a conoscen-za di questa realtà?Sono entrato in contatto con questa realtà verso la fine degli anni Novanta del secolo scorso, quando il profes-sor Frigiola, primario di cardiochirur-gia pediatrica presso Policlinico San Donato Milanese, aveva contattato il Prof. Moccetti e aveva chiesto, a nome dell’Associazione Bambini Cardiopatici della quale è tuttora presidente, se vi fosse la possibilità di unire le forze per questa nobile causa. Non ci siamo cer-to tirati indietro e abbiamo costituito la Fondazione. All’inizio siamo stati un po’ trainati dal lavoro magnifico che stava facendo il Prof. Frigiola: lui arrivava con i proget-ti e ci coinvolgeva. Un esempio di questa collaborazione è stato il progetto Siria 2000, che noi abbiamo finanziato co-me Fondazione, senza però partecipare direttamente. Oggi quell’ospedale è una fantastica realtà, che funziona malgra-do la guerra e la situazione drammatica di quel paese. È stato un progetto bellissimo perché l’idea era costruire un ospedale e farne un punto di riferimento per la cardio-chirurgia pediatrica non solo della Siria ma anche dei paesi vicini, una struttura che fosse un po’ anche il simbolo di una convivenza pacifica tra diverse etnie, in uno Stato nel quale il quadro politico era ancora stabile. Poi è successo quello che sappiamo tutti, però l’ospedale c’è e funziona bene. Un progetto per certi aspetti simile (anche in questo caso il nostro è stato essenzialmente un contribuito finanziario) è stato quello che ha portato alla costruzione di un ospedale in Camerun, che oggi viene gestito molto bene da un ordine religioso. La svolta, vale a dire l’inizio del nostro coinvolgimento più di-retto in Guinea Bissau, è arrivata grazie all’incontro con Patri-zia Cameroni, fondatrice dell’associazione Samorì, che aveva già avuto esperienza in Guinea Bissau. Si era occupata di un bambino che aveva perso un piede e insieme a Terres Des Hommes l’aveva portato a Ginevra, dove era stato operato e aveva ricevuto la protesi; poi l’aveva riportato in Guinea. Si era in seguito trovata tra le braccia una bambina di nome Augusta, che per noi ha rappresentato l’inizio del coinvol-gimento in Guinea, e che oggi è un’adolescente in perfetta salute. Allora era invece una bimba cardiopatica affetta da Tetralogia di Fallot, e per questo Patrizia Cameroni, anche dietro suggerimento dei suoi contatti a Ginevra, si erarivol-

ta al nostro Giovanni Pedrazzini, che propose di attivare la Fondazione Bambini Cardiopatici nel Mondo. Augusta era troppo piccola per potere essere operata al Cardiocentro (la soglia per una struttura non pediatrica sono i 30 kg di peso), così coinvolgemmo il Prof. Frigiola e l’Associazione italiana.Augusta arrivò a Lugano, stette da noi alcuni giorni per le vi-site e la preparazione all’intervento, poi venne operata a Mi-lano, e dopo qualche settimana tornò a Lugano per la conva-lescenza prima del definitivo ritorno a casa. In tutto questo tempo Patrizia Cameroni le ha fatto da mamma.Come dicevo, per noi fu l’inizio di una nuova fase. Se erava-mo riusciti con una bambina allora forse poteva essere fatto anche per altri: ci siamo dati come obiettivo di operare dieci bambini all’anno, collaborando con gli amici di Milano e Ve-rona. Per contenere le spese e sfruttare al massimo le poten-zialità facciamo arrivare tutti i bambini insieme: un gruppo si ferma in Italia ed un gruppo viene da noi e poi dopo l’interven-to tornano a casa, insieme oppure separatamente. Col tempo abbiamo anche imparato a organizzarci per ottimizzare trasfe-rimenti, viaggi, assistenza…

Quali sono stati i passi successivi?Con l’esperienza si cerca di migliorare e si capisce dove è più importante concentrare l’impegno. Abbiamo presto capito che serve a poco far arrivare i bambini, operarli e curarli, se poi tornati in Guinea nessuno si prende cura di loro e del-le loro cure necessarie. Così abbiamo iniziato a costruire sul posto un presidio medico gestito dai nostri medici africani di riferimento, Fernando, Augusto e gli altri. Oggi questa strut-tura, che chiamiamo casa-famiglia, è una realtà preziosissi-

Fabio Rezzonico, direttore del Cardiocentro Ticino, è impegnato da anni con la Fondazione Bambini Cardiopatici nel Mondo, che ha contribuito a creare. Ci racconta la sua esperienza

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ma, indispensabile alla nostra attività e credo più in generale anche alla rete sanitaria della Guinea.

Un impegno che cresce, dunque. Sì, però sono dell’idea che un progetto del genere non deb-ba diventare troppo grande per non rischiare di cadere poi in logiche di favoritismi e corruzione, rischi tutt’altro che lontani in una realtà come quella. Noi garantiamo ai nostri sostenitori che ogni singolo centesimo ricevuto viene speso per i bambini ed è veramente così. Siamo tutti volontari e se ad esempio io decido di andare in Guinea Bissau il volo lo pago di tasca mia. Ecco, crescere troppo significa anche rinunciare a questa di-mensione di puro volontariato. Se l’impegno cresce oltre un certo limite, per fare un esempio, occorre assumere una se-gretaria, che deve essere pagata; si entra cioè in una logica di-versa, non dico sbagliata, ma che non è quella che da sempre ha guidato la nostra Fondazione e le nostre azioni. Il lavoro della Fondazione va avanti grazie anche a un gruppo di medici che ha veramente voglia di fare, di operare; ognu-no svolge con energia il proprio compito ed in maniera total-mente volontaria.Anche le famiglie che ospitano i bambini non ricevono nien-te, anzi, pagano. Quello delle famiglie ospitanti è un altro tassello estremamente importante. È una cosa eccezionale, un impegno davvero gravoso da tanti punti di vista.Mi ricordo per esempio un bambino che aveva ricevuto un’educazione maschilista e quindi non accettava ordini dal-le donne: non è stato facile gestirlo. Ospitare uno di questi bambini, con tutto il bene e la buona volontà che ci si met-te, può portare un po’ di scompiglio, e in più c’è sempre il ri-schio che questo bambino stia male e che si debba affronta-re un’emergenza. Se non ci fossero le famiglie ospitanti non potremmo fare tutto questo lavoro, ed è altrettanto fonda-mentale la generosità dei nostri sostenitori.

Chiaro, non è sempre facile far passare il nostro messaggio alla popolazione, anche perché le richieste di sostegno da parte di associazioni umanitarie sono tante. La nostra Fon-dazione funziona grazie all’esperienza diretta e al passaparo-la, da conoscente a conoscente, e via via si consolida in ma-niera molto meno estesa, ma sicuramente molto coesa.

Vuole raccontarci qualche aneddoto?Io penso che ogni viaggio sia una nuova avventura, diversa da quelle che l’hanno preceduta. Portare qui un bambino è relativamente facile: acquisti un biglietto aereo e riempi un po’ di moduli. Però ogni volta è un bambino differente: grande, piccolo, con problemi di salute unici e specifici, ogni volta che si decide di portare in Europa dei bambini da cura-re, inizia automaticamente una nuova avventura. Nel bene e nel male ogni volta ci sono nuovi aneddoti particolari che ti segnano: di Augusta, ad esempio, ricordo ogni volta in cui ar-rivava al Cardiocentro. Non parlava ancora ma la sentivamo urlare in corridoio, mi chiamava a gran voce. Ancora quasi non camminava, arrivava qui, veniva in braccio, si faceva fare quattro coccole e poi si andava a fare il giro. Era coccolata da tutti, quindi quando arrivava il suo “giro” durava anche un’o-ra e mezza perché andava a trovare tutto il personale. Sono cose che ti lasciano il segno. Barnabè, un altro dei bambini che abbiamo avuto, lo abbia-mo portato qui che era un cucciolo, non camminava anco-ra. Ha fatto i primi passi all’aeroporto di Malpensa, mentre aspettavamo il volo che lo riportava a casa. Ricordo che era un volo serale perché avevamo fatto in modo di arrivare a destinazione la sera per poter mettere poi il bambino a dor-mire e non affaticarlo troppo, visto che non era ancora com-pletamente ristabilito. Ricordo anche, per inciso, che Patrizia Cameroni ha tenuto Barnabè in braccio per tutto il viaggio, perché lui non voleva mollarla: quante persone lo farebbe-ro? Io ne conosco solo una: Patrizia. Comunque, aspettava-mo di essere imbarcati e Barnabè ha iniziato a camminare senza aiuti: quando ce ne siamo accorti lo abbiamo inco-raggiato facendolo camminare verso di noi. È stato davvero commovente. Era arrivato che era uno scricciolo che ancora non camminava e si sarebbe presentato dai suoi genitori do-po 4 o 5 mesi lontano da casa in grado di muoversi autono-mamente. Mi colpisce sempre, per finire, anche la grande dimostrazio-ne d’amore che offrono questi genitori, e il loro coraggio. Af-fidano il loro figlio malato alle cure di persone sconosciute e se ne separano per mesi. Quando poi il bambino torna a casa guarito, tra noi e i suoi genitori si crea un rapporto spe-ciale, resta un legame, un filo invisibile, anche se poi magari non si hanno più contatti diretti.

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Victor Madrigal Diez, delegato dell’As-sociazione AIDA in Guinea Bissau, ci ag-giorna sulla situazione socio-politica del paese e sulle attività di cura e preven-zione offerte dalle associazioni che ogni giorno si prodigano in aiuto della popo-lazione.

La situazione politica del paese non è favorevole. Nell’ultimo anno sono ca-duti due governi e il nuovo Ministro della Sanità in poche settimane ha so-stituito la maggior parte dei dirigenti del Ministero, creando non poche diffi-coltà.Tuttavia, la vita quotidiana prosegue in condizioni di relativa normalità, sebbe-ne il lavoro – che si svolge prevalente-mente nell’Ospedale Nazionale Simao Mendes – si sia complicato per quanto riguarda l’acquisto di medicine e per le difficoltà a prendere decisioni da parte dei responsabili dell’ospedale. In concreto possiamo però affermare che il nostro lavoro continua di buon ritmo. Il numero di persone che neces-sita del nostro appoggio continua cre-scere, e anche con poco denaro si può fare moltissimo. Il nostro team è ben collaudato, gli assistenti sociali cono-scono bene il loro lavoro, il personale sanitario dell’ospedale accetta e ap-prezza la nostra presenza e ogni giorno centinaia di familiari di pazienti ricove-rati si recano al nostro ufficio nell’ospe-

dale nazionale per ottenere medicine, aiuto, supporto psicologico e in genera-le un appoggio per risolvere i loro pro-blemi sanitari. Lavoriamo molto con la Brigada Médica Cubana, collaboriamo con Medici Sen-za Frontiere e manteniamo un contat-to quotidiano con le Direttrici dei cen-tri sanitari di tutta la regione e con gli ospedali missionari vicini alla capitale. All’inizio del 2016 si è purtroppo con-cluso il progetto di miglioramento dell’assistenza sanitaria presso il Servi-zio di pediatria dell’ospedale nazionale, un progetto che stavamo realizzando con l’aiuto dell’UNICEF. È un peccato perché il progetto ha aiutato moltissi-mi bambini e UNICEF ha mostrato il suo desiderio di continuare con il progetto: purtroppo però non è stato possibile raccogliere i fondi necessari. In ogni caso, e grazie anche al prezioso aiuto della Fondazione Bambini Car-diopatici nel Mondo, continuiamo a distribuire medicine ai bambini le cui famiglie non possono permettersi di pagare le cure mediche, continuiamo a finanziare interventi chirurgici e analisi a pazienti che altrimenti non potrebbe-ro permetterselo, e continuiamo a for-nire il reparto pediatrico con materiale medico-chirurgico e medicine essen-ziali per il pronto soccorso pediatrico. Prosegue anche l’assistenza completa ai bambini ricoverati nell’Unità di Recu-

pero Nutrizionale, dove ci occupiamo di bambini severamente denutriti, e prosegue l’attività della nostra piccola scuola nel reparti di pediatria dell’o-spedale, frequentata ogni giorno dai bambini ricoverati che sono in grado di assistere alle lezioni. La farmacia che abbiamo aperto l’anno scorso nel reparto di pediatria continua a funzionare a gran ritmo. Ogni mese si distribuiscono medicine per coprire più di 3000 ricette mediche, sempre of-frendo prezzi molto inferiori al mercato locale (le farmacie sono private). Segnaliamo inoltre che lo scorso me-se di maggio il Ministro della Sanità ha firmato una circolare che trasferisce ad AIDA la responsabilità di distribuire il trattamento anti paludismo a tutti i pa-zienti affetti da malaria accuditi presso l’ospedale nazionale, nel pronto soc-corso, negli ambulatori e persino per i casi più gravi ricoverati.Quasi tutti i giorni l’assistente sociale che si occupa di aiutare i pazienti della pediatria realizza una attività educativa sul tema della prevenzione di malattie infantili, dell’importanza dell’allatta-mento, della prevenzione di incidenti domestici (soprattutto ustioni), della prevenzione della malaria, sull’impor-tanza di includere le proteine nella die-ta dei bambini, e via discorrendo. Per quanto riguarda i dati quantitativi, i dati disponibili sono quelli del primo

CRONACHE DA BISSAU

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L’AFRICA NEL CUOREErika è un medico infettivologo e ha contribuito dal 2001 al-la creazione del progetto per la lotta contro l’AIDS in Guinea Bissau. Enrica, tecnico di laboratorio, si è occupata a lungo della manutenzione e della gestione del laboratorio a Bissau. Dopo un’assenza di qualche anno, sono tornate nel Paese africano e ci hanno mandato le loro impressioni, che volen-tieri pubblichiamo.

Enrica. Poesia dall’Africa”Non importa quanto brutta possa essere la realtà che ti cir-conda, prenditi a cuore ciò che vedi, inspira e restituisci tutto in versi, poeticamente”. Sono queste le parole, lette in un li-bro appena terminato, che più mi tornano in mente mentre trascorro questo breve periodo in terra di Guinea, dopo tre anni di assenza. Strano come il tempo e l’esperienza di vita possano cambiare le nostre convinzioni. Qualcuno potrebbe pensare che ho preso un colpo di calore o che qualcosa mi ha fatto male per parlare di Africa e poesia. L’Africa per me è sempre stato il paese dei forti contrasti, nei colori e negli odori; è sinonimo di muscoli che si tendo-no sotto lo sforzo, di schiene perennemente piegate, di pie-di che la calpestano in lungo e in largo. L’Africa è terra che colora e impregna di sé cose, animali e persone. La poesia richiama alla mente qualcosa di delicato, di etereo; la poesia è cielo. Ma se la poesia è la capacità di raccontare la realtà rivestendola della bellezza che le è propria e che spesso non riusciamo a cogliere, allora l’Africa diventa maestra.Metto piede per la prima volta nella casa-famiglia pensata per preparare e accogliere i bambini cardiopatici che vengo-no operati in Italia, Svizzera, Spagna e Portogallo. Di alcuni di

loro conosco i volti, di altri Oscar mi racconta le storie. Storie di una vita dura che nulla ha regalato. Penso a cosa possono aver provato questi bambini nell’allontanarsi dalle loro case senza papà e mamma per essere proiettati in una terra che li ha accolti e ha permesso loro di avere un futuro migliore ma che era completamente lontana dal loro mondo. Penso a co-me si possano sentire ritornando nelle loro case dopo aver sperimentato che esistono modi di vivere diversi da quelli a cui erano abituati e dopo aver creato forti legami affettivi con le famiglie che li hanno ospitati. Fortunatamente, quello che si respira nella casa famiglia non è la pesantezza dei miei pensieri!È bello essere accolti dal suono dei canti e delle danze del-le ragazze più grandi che riempiono la casa durante i lavori domestici, dalla voce cristallina dei più piccoli, compagni di gioco inseparabili, che si cercano e si rincorrono in cortile. È bello il loro volersi bene, il loro cercarsi, l’aiutarsi l’un l’altro, la loro capacità di trasformare in sorriso le lacrime di nostal-gia che si vedono apparire sul viso di chi è appena rientrato. È bello l’occhio vigile di Maria e di Alexina che si rendono su-bito conto se qualcuno dei ragazzi ha qualche problema. È bella la piccola e tenace Justina che lotta ogni giorno con la sua inabilità.Questa è la loro capacità di cantare in versi la vita. E allora dico grazie a questa gente, a questa terra; grazie per-ché mi permette di vedere le cose in modo diverso da co-me ero abituata a vederle; grazie perché mi fa imparare che c’è spazio per una vita bella nonostante le difficoltà; grazie perché mi fa riscoprire la poesia della quotidianità anche se i miei piedi fanno fatica a staccarsi dalla terra.

semestre 2016, un periodo nel quale abbiamo fornito me-dicine a 360 bambini di famiglie bisognose, ricoverati nella pediatria; 1750 bambini hanno avuto accesso a medicine di urgenza che abbiamo reso disponibili nel pronto soccorso pediatrico. Abbiamo inoltre supportato il centro Materno Infantile di Céu e Terras, fornendo assistenza medicinale a 290 donne e bambini in difficoltà. In questo centro si realizzano attività educative per la promozione della salute infantile alle quali in questo semestre hanno assistito più di 4500 madri. Un bilancio che giudichiamo molto positivo grazie al prezioso aiuto ricevuto dal Cardiocentro Ticino di Lugano, dalle Fon-dazioni Kibinti Onlus e Samorì, dalla Fondazione Infancia Soli-daria, dagli ospedali Sao Joao e Santa Cruz di Lisbona e ovvia-mente dalla Fondazione bambini cardiopatici nel mondo.

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Erika. Il ritorno a casaTutto comincia con una telefonata nel mese di maggio, ed ec-coci qui. Appena scese dall’aereo veniamo investite dai ricor-do dei sensi, soprattutto suoni e odori visto che si atterra alle 3 di notte! Ciò nonostante anche gli occhi notano qualcosa di diverso: lucine blu corrono ai lati della pista di atterraggio e l’automezzo dei pompieri è pronto a intervenire con i lam-peggianti accesi. La meraviglia si confonde sorridendo con la memoria: come facevamo a toccare terra anni fa? quando si atterrava a vista stando ben attenti a non avere mucche sulla pista e la mancanza della torre di controllo costringeva l’aereo a sorvolare Bissau fino a che la tempesta non fosse finita? Manco da Bissau da circa 8 anni ma tutto, soprattutto il volto sorridente di Ussumane che è venuto a prenderci all’aero-porto, dà la sensazione di essere tornata a casa. Quante cose sono cambiate! Il progetto iniziale per la lot-ta all’AIDS, che ci ha impegnato nei primi 10 anni di vita dell’associazione, sta continuando ora sotto il controllo del governo. La clinica e il laboratorio analisi si sono ingranditi per dare appoggio e cure al crescente numero di pazienti che qui si sono rivolti nel corso del tempo. Sono state ap-portate notevoli migliorie soprattutto in campo di diagno-si e cura. È emozionante e appagante vedere quanti passi

avanti sono stati fatti, è bello sapere di avere partecipato a costruire un lavoro per alcuni e un futuro per altri. Ho ri-visto alcune delle prime donne che hanno accettato di far parte del progetto, e, se non fosse per il loro sorriso eter-no, non le avrei riconosciute tanto il loro corpo abbia ora le fattezze di un corpo sano. È una gioia sapere che i loro figli sono ora vivi e sani. Regala felicità scorgere la gratitudine non dovuta ma sincera nei loro volti. Ma questo è il passato, o per lo meno una parte del presen-te. Ora gli sforzi sono concentrati nel progetto bambini car-diopatici. Le cause maggiori di cardiopatia infantile in Bissau sono le cardiopatie congenite (difetti genetici ereditari o indotti da patologie infettive contratte dalla madre in gravidanza) e le cardiopatie acquisite per infezioni nell’infanzia. Tra i bambini che arrivano al nostro centro di pediatria, le cardiopatie rappresentano la maggior causa di richiesta di aiuto, seguite dalle infezioni respiratorie. Il dato è ovviamen-te viziato dal fatto che la clinica è, in Bissau, il centro di ri-ferimento per le patologie cardiache del bambino, essendo dotata di pediatri che grazie ai cardiologi dei centri di Lugano e Verona hanno ricevuto una formazione specifica.

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Aiutare un bambino significa dare speranza ad una famiglia intera

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