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KIT QUARESIMA 2018 Il Kit per il tempo di Quaresima quest’anno è pensato come un cammino di approfondimento della Celebrazione Eucaristica attraverso il punto di vista degli atteggiamenti di fede che i fedeli possono vivere durante la celebrazione. Non vogliamo puntare ai riti o alle formule che vengono proclamate, ma al significato intrinseco dei diversi momenti eucaristici pensandoci immersi in una relazione profonda con il Padre. Ciascuna delle cinque domeniche che ci separeranno dalla Santa Pasqua proporrà per i ragazzi: - il Vangelo di quella domenica; - una testimonianza volta a scoprire un atteggiamento di vita che è possibile vivere nella fede durante l’Eucarestia; - alcune domande per approfondire l’atteggiamento e per collocarlo nel momento della Celebrazione Eucaristica;

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KIT QUARESIMA 2018

Il Kit per il tempo di Quaresima quest’anno è pensato come un cammino di approfondimento della Celebrazione Eucaristica attraverso il punto di vista degli atteggiamenti di fede che i fedeli possono vivere durante la celebrazione. Non vogliamo puntare ai riti o alle formule che vengono proclamate, ma al significato intrinseco dei diversi momenti eucaristici pensandoci immersi in una relazione profonda con il Padre.

Ciascuna delle cinque domeniche che ci separeranno dalla Santa Pasqua proporrà per i ragazzi:

· il Vangelo di quella domenica;

· una testimonianza volta a scoprire un atteggiamento di vita che è possibile vivere nella fede durante l’Eucarestia;

· alcune domande per approfondire l’atteggiamento e per collocarlo nel momento della Celebrazione Eucaristica;

· una immagine che li aiuti a fissare nella memoria quanto detto;

· una preghiera per concludere il momento di catechesi/riflessione.

Domenica 18 Febbraio - PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA

RITI DI INTRODUZIONE

VIVIAMO I RITI DI INTRODUZIONE DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA COME DUE PERSONE CHE DESIDERANO INCONTRARSI, PROPRIO NEL MOMENTO IN CUI L’ATTESA ARRIVA A COMPIMENTO E LASCIA SPAZIO ALLA GIOIA DELLO STARE INSIEME.

Dal Vangelo secondo Marco (1,12-15)

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

TESTIMONIANZA di Lucia Pistoni e Luca Moratti

Come nasce un incontro?

L’incontro tra di noi giovani sposi è stato inaspettato, non preparato. Nessuno di noi due avrebbe mai immaginato quello che sarebbe successo dopo: un matrimonio, un pranzo e una famiglia. Anche se questo può essere dovuto al caso, la realtà non è così. Noi ci siamo dati il tempo di incontrarci e questo ha portato certi frutti. Non c’è stato un incontro in particolare che ha fatto scoccare la scintilla. La cosa che ha fatto la differenza era una sola: eravamo disposti ad incontrarci e ad accogliere.

La Quaresima può essere un tempo propizio per fermarsi e preparare la mente e il corpo a questo incontro autentico, reale, significativo con Gesù. Tuttavia, per assaporarlo a pieno, dobbiamo essere aperti all’incontro e a lasciarci cambiare da esso, altrimenti perderemmo un’occasione e l’opportunità di scoprire qualcosa di nuovo, di meraviglioso per noi, per diventare un cristiano migliore.

DOMANDE

La vita è fatta di tanti incontri, ma sono pochi quelli che lasciano veramente il Segno. Ma quali sono quegli incontri per cui vale la pena fermarsi un pochino di più? Li so riconoscere?

Come vivo gli incontri di tutti i giorni?

Sono pronto a farmi coinvolgere pienamente in questi incontri e a lasciare che, in un certo senso, mi cambino?

IMMAGINE

Questo per noi rappresenta l’incontro: un incontro aperto ad accogliere, ad accogliere la persona che è con noi, ma è aperta e pronta ad accogliere e custodire qualcosa di più grande. Questo però presuppone una fiducia e una messa in gioco reciproca (non a caso le mani che sostengono la lanterna sono due)

PREGHIERA DEL MAGNIFICAT

L'anima mia magnifica il Signore * 

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l'umiltà della sua serva. *

D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente *

e Santo è il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia *

si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio, *

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni, *

ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati, *

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo, *

ricordandosi della sua misericordia,

come aveva promesso ai nostri padri, *

ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.

Gloria al Padre e al Figlio *

e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e sempre

nei secoli dei secoli. Amen. 

Domenica 25 Febbraio - SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA [RITIRO]

LITURGIA DELLA PAROLA

VIVIAMO LA LITURGIA DELLA PAROLA DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA COME IL DIALOGO DI DUE PERSONE CHE DESIDERANO PARLARSI CERTE DEL SIGNIFICATO PROFONDO DELLE PAROLE CHE ARRIVERANNO AD ASCOLTARE.

Durante il ritiro i ragazzi avranno l’opportunità di leggere la Bibbia, con la modalità della scrutatio, e riflettere su ciò che la Parola dice a loro. Ci sarà successivamente un momento di confronto (in gruppi) tra ragazzi ed educatori.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 9,2-10)

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Domenica 4 Marzo - TERZA DOMENICA DI QUARESIMA

OFFERTORIO

VIVIAMO LA PRESENTAZIONE DEI DONI DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA COME IL MOMENTO IN CUI UNA PERSONA SI TROVA A PREPARERE UN REGALO PER UN AMICO CARISSIMO, AMATO. QUEL REGALO È PARTE DI NOI; È QUALCOSA DI NOSTRO OFFERTO PER…

Dal Vangelo secondo Giovanni (2,13-25)

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c'è in ogni uomo.

TESTIMONIANZA di Silvia Gallesi

Ciao a tutti!

Mi chiamo Silvia, ho 28 anni e vivo a Rivalta da quando sono nata. Le mie passioni sono la chitarra e le materie scientifiche, soprattutto quelle legate alla medicina (erano quelle in cui andavo meglio e prendevo voti alti). Vi racconto la mia passione più “vecchia”, insomma, quella che ho scoperto per prima: la chitarra. Tutto è iniziato il primo giorno di catechismo, un sabato pomeriggio dell’ottobre 1996. Avevo 6 anni e non ero entrata in chiesa molte altre volte prima di allora. Tuttavia ricordo benissimo la sensazione che provavo stando in chiesa: era come se lì dentro ci fosse qualcuno che mi conosceva da molto tempo. C’era qualcuno che mi guardava, ma non capivo chi. Ma torniamo alla chitarra… Era sabato pomeriggio e dopo la lezione di catechismo, tutta la mia classe fu accompagnata in chiesa per le prove dei canti della messa domenicale. Dopo qualche istante di confusione e chiacchiericcio, sentii che qualcuno stava cantando una canzone che non conoscevo, eppure quella canzone mi piacque immediatamente. Mi misi ad ascoltare: vidi un’animatrice al centro della chiesa che cantava con un microfono e mi accorsi che c’era un altro suono che accompagnava la voce. Iniziai a cercare con lo sguardo per capire da dove veniva quel suono e presto trovai un animatore seduto su una panca laterale a sinistra che suonava la chitarra. Ricordo che il canto era Grande è il Signore. Era il canto più bello che avessi mai sentito! Immediatamente decisi che anch’io, un giorno, avrei suonato la chitarra su quella panchina. Intanto mi misi a frequentare assiduamente il catechismo e la Santa Messa alla domenica, quella delle ore 10:30, perché era quella la messa animata con le chitarre. Imparai tutti (o quasi tutti) i canti del libretto. Mi piaceva cantare le canzoni famose del momento; in quegli anni erano famosi i Backstreet Boys, le Spice Girls, i Luna Pop, gli Aqua, ma era molto più bello cantare le canzoni che parlavano di Dio, di Gesù, di Maria, perché più cantavo e più li conoscevo, più li conoscevo e più mi sentivo più vicina a loro. Cosa buffa è che nessuno conosce più quei gruppi famosi e le loro canzoni. I canti fatti in chiesa, invece, si cantano ancora! “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” Mt 24,35.

Dopo qualche anno venne organizzato un corso di chitarra in oratorio la domenica pomeriggio. Non potevo perdere quell’occasione e insistetti talmente tanto da convincere i miei genitori ad iscrivermi al corso di chitarra. E così a gennaio 2000, due settimane dopo aver compiuto 10 anni, iniziai il corso di chitarra. Non avevo una chitarra tutta mia, usavo una chitarra vecchia di una mia animatrice. Non era bella come le altre chitarre che c’erano, ma a me andava benissimo. Non potete immaginare com’ero contenta di strimpellare!

Una sera di febbraio sempre di quell’anno, vidi mio padre entrare in casa con un fodero sulle spalle e capii subito che dentro c’era una chitarra. Fu una gioia immensa: finalmente avevo una chitarra tutta mia! Ogni giorno mi esercitavo: riscaldamento con La canzone del sole e poi esercizi con Il gatto e la volpe. Poco importava se la chitarra era più alta di me e, quando la usavo, o schiacciavo le corde sul manico o suonavo le corde in corrispondenza della cassa, perché non riuscivo ad arrivare a tutte e due le parti contemporaneamente.

L’estate dell’anno successivo andai al mio primo campo estivo e, ovviamente, portai con me la mia chitarra. In quell’occasione suonai per la prima volta alla Santa Messa della domenica. Fu un’emozione unica, non perché ero al centro dell’attenzione, ma perché sentivo di fare qualcosa di buono, di bello, di gratuito, e non mi pesava farlo. Da lì è iniziata la mia “carriera” di chitarrista in chiesa e ancora adesso, dopo 18 anni, suono alla messa della domenica, o a quella del sabato, dipende dal turno di lavoro. E sapete perché continuo? Perché mi piace offrire il mio canto e la mia chitarra al Signore, così come mi piace aiutare l’assemblea a capire il Vangelo attraverso i canti.

Nel corso degli anni ho scoperto che mi piace aiutare le persone anche in un altro modo, e qui entra in gioco l’altra passione che ho: le materie scientifiche e la medicina. Non sto a raccontarvi tutta la mia carriera scolastica, vi basti sapere che ho frequentato l’università e nel 2012 sono diventata infermiera. Da allora ho sempre lavorato, prima in una casa di riposo e poi in ospedale. Ogni giorno, prima di andare al lavoro, chiedo al Signore di aiutarmi, affinché io possa svolgere al meglio il mio lavoro. In particolare gli chiedo di non farmi sentire la stanchezza, di non farmi perdere la pazienza, di non farmi agire con superficialità. A Lui chiedo di essere “umana” in tutti i sensi. Ogni giorno prima di andare al lavoro dico al Signore: “Ti offro i miei occhi, perché tu possa vedere la sofferenza dei miei pazienti e aiutarmi a farli stare meglio. E guarda anche la fatica che faccio: vieni in mio aiuto quando i miei occhi si chiuderanno per la stanchezza e avrò esaurito le forze. Ti offro le mie mani: fa che io porti ai miei pazienti una carezza da parte Tua; fa che non si sentano abbandonati, soli, senza nessuno, ma, al contrario, fa che sentano il Tuo amore infinito. Aiutami, Signore: non permettere che le mie mani causino dolore, danno, sofferenza, malattia e nemmeno morte ai miei pazienti. Ti offro anche i miei piedi e le mie gambe, perché Tu possa raggiungere ogni malato. E quando mi faranno male i piedi e le gambe saranno gonfie e stanche a furia di camminare per la corsia, ti chiedo di darmi la forza di continuare a rispondere ai campanelli. Ti offro le miei orecchie e la mia voce, perché Tu possa sentire le richieste dei miei pazienti e dare loro un messaggio di speranza. Aiutami a capire ciò di cui ha realmente bisogno ogni singolo paziente e fammi dimenticare i commenti poco piacevoli che ricevo e, soprattutto, non permettere che io risponda male o manchi di rispetto a chi mi sta di fronte e mi provoca. Fammi agire in modo giusto ed equo con ogni paziente. Sia fatta la Tua volontà”. Purtroppo capita che, per rabbia, per dolore, o per maleducazione, un paziente o un parente si rivolga a me o ai miei colleghi dicendo che siamo degli incapaci, fannulloni, menefreghisti, ma non è vero. Se tutti vedessero la passione che ci mettiamo nel nostro lavoro… A volte finisco il turno e mi rifugio nello spogliatoio a piangere o per le parole cattive che un paziente mi ha rivolto, o perché un paziente è morto e noi non siamo riusciti a salvarlo. E così offro anche il mio dolore al Signore, perché lo trasformi in gioia. A volte fila tutto liscio, il turno è tranquillo e arrivo nello spogliatoio sorridente, benedicendo e lodando il Signore e ringraziandolo perché è andato tutto bene.

Don Valerio Antonioli in un’omelia ha detto: “Chi s’offre, soffre. E chi soffre, s’offre”. Ed è proprio vero. Al Signore ho offerto tutto quello che avevo: la chitarra e le materie in cui prendevo i voti migliori a scuola. Lui ha fatto il resto. A Lui offro anche il dolore che provo al lavoro, così come la gioia di vedere un malato che guarisce. E lo ringrazio con il canto e la chitarra, perché Lui non abbandona e non lascia nessuno solo.

Un abbraccio forte.

Silvia

DOMANDE

E voi? Cosa offrite al Signore? Cosa sapete fare bene e vi riempie di gioia?

Cosa vorreste fare dicendo: “Signore, lo faccio per Te, perché mi rende felice farlo per Te”?

Oppure “Signore, ti ringrazio perché questa cosa la posso fare e mi viene bene e io la dedico a Te”?

IMMAGINE

PREGHIERA D’ABBANDONO

Charles de Foucauld

Padre mio,

io mi abbandono a te, fa di me ciò che ti piace.

Qualunque cosa tu faccia di me, Ti ringrazio.

Sono pronto a tutto, accetto tutto.

La tua volontà si compia in me, in tutte le tue creature.

Non desidero altro, mio Dio.

Affido l'anima mia alle tue mani Te la dono mio Dio,

con tutto l'amore del mio cuore perché ti amo,

ed è un bisogno del mio amore di donarmi

di pormi nelle tue mani senza riserve con infinita fiducia

perché Tu sei mio Padre.

Domenica 11 Marzo - QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA

LITURGIA EUCARISTICA

VIVIAMO LA PREGHIERA EUCARISTICA CON LA MENTE RIVOLTA ALLA META.

POTREBBE VOLER DIRE QUESTO: OGNI VOLTA CHE CI TROVIAMO AD AGIRE PER… OGNI VOLTA CHE CI FERMIAMO E CI CHIEDIAMO: MA PER CHI LO STO FACENDO? FACCIAMO ANIMAZIONE PER CHI? STUDIO PER CHI? MI IMPEGNO PER CHI? MI SACRIFICO PER CHI? NEL MIO AGIRE HO DAVANTI A ME LA GIOIA DELLA VITA ETERNA CHE IL SIGNORE HA PREPARATO PER I SUOI FIGLI?

Dal Vangelo secondo Giovanni (3,14-21)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

TESTIMONIANZA di Irene Gandolfi

Ciao a tutti carissimi acierrini,

sono Irene Gandolfi, ho quasi quasi 24 anni (li compio lunedì ) e da un anno sono vice responsabile dell’ACR di Mantova. Oggi mi è stato dato un compito un po’ difficile: devo provare a raccontarvi cosa è la Liturgia Eucaristica e come la vivo io durante le Sante Messe.

La liturgia eucaristica è quella parte della Messa in cui il pane e il vino offerti vengono consacrati e diventano il Corpo e il Sangue di Gesù.

Proviamo a capire un pochino meglio tutta questa parte della messa, che a volte sembra un pochino noiosa, partendo da questa frase del Vangelo di questa domenica:

“Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.”

Ci sono due verbi che attirano la mia attenzione: il “dare” e l’“amare”.

Spesso, quando noi diamo qualcosa (un regalo, un abbraccio, del tempo…) lo facciamo, o meglio lo dovremmo fare, senza pensare a cosa ci tornerà indietro, al nostro guadagno. Ecco in questo modo Dio Padre ha dato-donato il suo unico figlio per noi. Questo dono lo riviviamo tutte le volte che partecipiamo alla Messa. Ma oltre al sacrificio di Gesù, noi viviamo nella Messa anche la sua risurrezione e siamo chiamati ad essere testimoni e partecipi di questa risurrezione accogliendo il dono della vita eterna, del Regno dei Cieli. Quindi possiamo dire che Dio ci ha fatto ben due doni: suo figlio e il suo regno. Tutto ciò perché ci ama! Ecco il secondo verbo.

Sapete, questi due verbi, dare e amare, per Dio non possono essere che in coppia.

Bene, tutto ciò però è quello che ci viene ricordato nella Messa… E poi? Poi tocca a noi! La nostra meta è il Regno dei Cieli, e per poter raggiungere questa meta anche noi siamo chiamati a dare qualche cosa agli altri e a Dio, amando. Spesso non ce ne accorgiamo, ma bastano piccole cose: donare del tempo ad un amico o amica, ad esempio giocando insieme o ascoltandosi, dare aiuto alla mamma e al papà, andando a trovare i nonni, donando i vestiti che non si usano più a chi non ne ha. A Dio invece possiamo dare il nostro “grazie” per le cose che ci ha donato e per le persone che ha messo al nostro fianco.

Vi racconto un piccolo evento successo qualche settimana fa. Ero a Reggio Emilia (vivo là durante la settimana) e la mamma di una mia cara amica era stata operata d’urgenza ad un occhio. Nulla di grave, però lei non era riuscita ad organizzarsi e l’intervento ha creato parecchi disagi alla famiglia di questa mia amica. Beh, il fatto è che non c’era nessuno che aveva la possibilità di guidare la loro macchina per portare a casa l’intera famiglia (Anna la mia amica, Marina la sua mamma, Aurora e Cristian), così senza pensarci due volte mi sono offerta di andarli a prendere in ospedale, portare a casa Marina, Cristian e Aurora, andare con Anna a fare la spesa in macchina per prendere le cose più pesanti e ingombranti e poi portarle a casa loro. Io l’ho fatto in amicizia, e vi dirò di più, ero anche molto entusiasta nel poterli aiutare. Però non tutti hanno pensato come me. Mi hanno detto “ma tu cosa c’entri in tutta questa storia?” o “perché non avete chiamato qualcun altro?”. Ecco ragazzi, sentendo queste frasi mi sono sentita un po’ spaesata, non riuscivo a capire perché un gesto di aiuto e sostegno poteva essere visto dagli altri non come un esempio, ma come uno sbaglio. Ciò mi è dispiaciuto tanto perché ho sentito molto forte il pensiero individualista della gente, ma sapete cosa vi dico?... Proprio per il fatto che tale gesto era per me semplice e spontaneo, mi ha fatto capire che questa mia disponibilità fa parte del mio carattere e la gioia provata era segno della gratuità e dell’Amore che da Dio mi arrivano e che in quel momento sentivo di dare a mia volta.

Beh, tornando a parlare della Liturgia Eucaristica, vi volevo dire un’ultima cosa. C’è una preghiera che dice il sacerdote che secondo me è molto molto bella: “Per Cristo, con Cristo ed in Cristo, a te Dio Padre Onnipotente nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.” Provate a ripeterla anche voi!

(insieme: “Per Cristo, con Cristo ed in Cristo, a te Dio Padre Onnipotente nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.”)

Se ci pensate bene diciamo a Dio che gli diamo gloria, esultiamo per Lui!

Forse un po’ banalmente mi viene in mente una metafora sportiva: quando un calciatore fa goal o un pallavolista fa punto tutta la squadra salta addosso a quello che ha fatto punto, per abbracciarlo e fargli i complimenti, e così anche la tifoseria si alza in piedi e inizia ad urlare di gioia.

Ecco, con questa preghiera i cristiani esultano con e per Dio. Provate a pensarci la prossima volta che andate a Messa e sentite queste parole: sii un “tifoso” di Dio!

Con affetto

Irene

DOMANDE

- Quando dono, lo faccio aspettandomi qualcosa indietro o posso donare il mio affetto, il mio tempo, le mie cose in modo gratuito e per amore?

- Quando faccio del bene ho presente nella mia testa che l’obiettivo finale è quello di accogliere il dono della vita eterna che Dio ci ha dato?

IMMAGINE

PREGHIERA SEMPLICE

San Francesco

Signore, fa' di me uno strumento della tua pace:

Dove c'è odio io porti l'amore.

Dove c'è offesa io porti il perdono.

Dove c'è discordia io porti l'unione.

Dove c'è errore io porti la verità.

Dove c'è dubbio io porti la fede.

Dove c'è disperazione io porti la speranza.

Dove ci sono le tenebre io porti la tua luce.

Dove c'è tristezza io porti la gioia.

O Divino Maestro, che io non cerchi tanto

di essere consolato quanto di consolare,

di essere compreso quanto di comprendere,

di essere amato quanto di amare.

Infatti: dando si riceve.

Dimenticandosi si trova comprensione.

Perdonando si è perdonati.

Morendo si risuscita alla vita eterna.

Domenica 18 Marzo - QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

RITI DI COMUNIONE

VIVIAMO I RITI DI COMUNIONE DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA COME IL MOMENTO IN CUI UNA PERSONA SI METTE A SERVIZIO PER I FRATELLI, SOPRATTUTTO CERCANDO DI CAPIRE IL SIGNIFICATO PROFONDO DI QUESTO ATTO DI SERVIZIO: CI SI METTE A DISPOSIZIONE NON PERCHE’ SI HA DEL TEMPO LIBERO, O SOLO QUANDO SI HA DEL TEMPO LIBERO, MA UNA VITA È AL SERVIZIO QUANDO A PARTIRE DALL’AMORE CHE RICEVIAMO DALL’EUCARESTIA NASCE NEL NOSTRO CUORE IL DESIDERO DI PARTECIPARE IL FRATELLO DELLO STESSO AMORE CHE ANIMA LA NOSTRA VITA.

Dal Vangelo secondo Giovanni (12,20-33)

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».

Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».

Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».

La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

TESTIMONIANZA di Davide Vareschi

Ciao ragazzi!

Eccoci giunti all’ultima domenica di questo nostro percorso di preparazione alla Pasqua. Avrete scoperto tante cose nuove, o forse anche soltanto una che vi ha colpito particolarmente, riguardo a come si può mettere in pratica attraverso un atteggiamento ciò che viviamo durante la Santa Messa. A me ora il compito di raccontarvi l’ultima parte, quella in cui alla fine tutto “viene portato a compimento”. Sapete che cosa si mangia quando si fa la Comunione, vero? È il corpo di Cristo (ve lo ricorda anche il prete quando, dopo esservi messi in fila, tocca a voi riceverlo) che in quel preciso istante si sta offrendo per voi. È un momento davvero importante, direi fondamentale, non solo all’interno della celebrazione della Santa Messa… anzi! È un momento che definirei “decisivo” per ciò che accadrà DOPO la messa! Quel piccolo pezzetto di pane che mangiamo ci dovrebbe aprire il cuore su tutto ciò che facciamo nella nostra vita e su come lo facciamo. Provo a spiegarmi meglio raccontandovi un po’ come vivo io questo momento…

Dopo aver risposto “Amen” e aver messo in bocca l’ostia, quando rientro tra i banchi, mi inginocchio sempre. È per me una forma molto intima e sincera per dimostrare riconoscenza e gratitudine a Gesù che in quel momento si è offerto per me. Quello che accade pochi istanti dopo però è qualcosa di incredibile. Lì ha inizio il momento più forte di tutta la settimana per la mia anima. In un primo momento mi passa davanti tutto quello che è successo durante la settimana appena trascorsa… tutto… quello che ho vissuto in famiglia, al lavoro, con gli amici, ecc… e lo ripercorro in modo molto particolare, in un modo che non riuscirei mai a ripercorrere in un altro momento qualunque. Sento che Gesù in quel momento mi aiuta a riviverlo come intende Lui, cioè pensando prima a tutte le persone che ho incontrato anziché a me stesso. Ecco che nasce in me spontaneamente il desiderio di ringraziare, se sento che una relazione ha generato del bene, di chiedere perdono, se un mio atteggiamento ha recato danno a qualcun altro, o a chiedere un aiuto, se si è venuta a creare una situazione difficile con qualcuno. Dopo questo momento inizia la mia nuova settimana perché lì sento rinnovarsi in me la “carica” per ripartire al meglio in tutti questi ambiti della mia vita in cui mi metto in relazione con altre persone.

Abbiamo detto che in quel momento Gesù si sacrifica di nuovo per noi, per darci nuova energia per ripartire al meglio nella nostra vita. A me accade esattamente questo! È come se arrivassi con la batteria del telefono al 5% e, mangiando il Suo corpo, mi collegassi ad un power bank che pian piano si scarica per far tornare la mia batteria al 100%. È esattamente quello che c’è scritto nel Vangelo di questa domenica quando leggiamo “se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. È la più grande forma di testimonianza che Gesù vuole passarci ogni domenica.

Allora, in quel momento, riesco a ricordarmi qual è l’atteggiamento giusto per tornare a vivere la mia vita, cioè quello del servizio per gli altri. Sembrerà un po’ strano, ma se non viviamo le azioni della nostra vita come un “servizio verso gli altri” il rischio è quello di iniziare a fare tutto per noi stessi… e senza accorgercene ci ritroveremmo nei guai in men che non si dica! È difficile pensarci in un momento qualunque durante la settimana, ed è quasi impossibile tornare indietro quando la frittata è fatta. Ecco perché Gesù ci propone questo momento durante la messa. Per offrirci, offrendo addirittura la sua vita, la possibilità di migliorare il nostro atteggiamento verso le tante persone che incontreremo, come se ci dovessimo mettere al loro servizio… come se anche noi dovessimo in qualche modo morire per loro. Non è facile! Richiede un po’ di sforzo e un pizzico di sacrificio, non ve lo nascondo. Ma quando avrete provato, fidatevi, non c’è nulla di più bello e gratificante di aver reso felice un’altra persona con una vostra buona azione, con il vostro servizio. Tornerete a vivere ancora meglio questo importante momento della messa, con maggiore consapevolezza e attenzione, che vi porterà a rimettervi al servizio di altre persone in altri modi e in altri contesti, sempre più diversi e creativi… e la vostra vita diventerà una radiosa testimonianza per chi vi sta accanto durante tutta la settimana!

Non abbiate paura di “scaricarvi” per gli altri. Potrete diventare anche voi dei piccoli power bank per le persone che incontrate, continuando a donare loro energia durante la settimana e tornando a vostra volta a ricaricarvi dall’unica fonte di corrente inesauribile!

Davide

DOMANDE

· Avevate mai riflettuto sul significato di questo momento della Santa Messa? Provate a riflettere su come avete sempre vissuto il momento immediatamente successivo alla Comunione e a come potreste viverlo ora.

· Gesù si offre per noi, allora anche noi possiamo offrirci per gli altri con un atteggiamento di servizio. Condividete questo pensiero? Se sì, qual è la cosa che vi colpisce di più? Se no, quali sono i dubbi e le perplessità che vi frenano?

· Vi è mai capitato di esservi “scaricati” per qualcun altro? Oppure, vi è mai capitato di non riuscire a spendere un po’ della vostra “batteria” per aiutare qualcuno? Cosa avete provato in ciascuna di queste opposte situazioni?

IMMAGINE

Vi lascio infine questa immagine per aiutarvi a fissare nella memoria l’atteggiamento che vi ho raccontato. Questo è il mio power bank. Come saprete benissimo il cavetto che serve per il trasferimento della corrente elettrica ha due estremità diverse che si invertono i ruoli in base a se sto caricando il power bank quando è collegato al pc (scaricando dunque la sua batteria), oppure se sto scaricando il power bank quando è collegato al telefono per ricaricare quest’ultimo. Visto che ho un telefono la cui batteria ormai sta cedendo, mi trovo costretto a dover ricorrere spesso all’utilizzo di questo strumento e l’operazione di inversione delle due estremità del cavetto è piuttosto frequente…

Vi auguro quindi di poter essere come il mio power bank. Che possiate cioè “essere utili scaricandovi” spesso per tutti i telefoni che trovate in giro e che, di conseguenza, possiate altrettanto spesso invertire le estremità del vostro cavetto per poter tornare a ricaricarvi, lasciando che sia un generatore di corrente più grande a scaricarsi per voi.

MANDAMI QUALCUNO DA AMARE

Santa Madre Teresa di Calcutta

Mandami qualcuno da amare

Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo;

quando ho sete, mandami qualcuno che ha bisogno di una bevanda;

quando ho freddo, mandami qualcuno da scaldare;

quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare;

quando la mia croce diventa pesante, fammi condividere la croce di un altro;

quando sono povero, guidami da qualcuno nel bisogno;

quando non ho tempo, dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento;

quando sono umiliato, fa' che io abbia qualcuno da lodare;

quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare;

quando ho bisogno della comprensione degli altri, dammi qualcuno che ha bisogno della mia; quando ho bisogno che ci si occupi di me, mandami qualcuno di cui occuparmi;

quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un'altra persona.