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L’ANGELO DELLA
MONTAGNA
FAVOLA EDUCATIVA
TERESA AVERTA
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Edizione 2017
Grafica e illustrazione
Teresa Averta
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L’ANGELO DELLA MONTAGNA
1. ONCE UPON TIME
2. IL CASTELLO DI ST. PANCRAS
3. RICCHESIA LA SOVRANA DEL REGNO
4. IL THANKSGIVING (la festa del dono)
5. IL COFANETTO MAGICO
6. LE AVVENTURE DI SONIA
7. LA SAGGIA VECCHIETTA
8. SONIA SULLA MONTAGNA
9. LA LUCE DELLA COSCIENZA
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Londra, 1800
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ONCE UPON TIME...
Nel 1800, St Pancras era considerato
uno dei più importanti e incantevoli
villaggi dell’antica Londra.
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All’epoca si chiamava “hamlet”
questo piccolo centro popolato e
rumoroso, perché vi era una
stazione nella parte nord di Londra
che ospitava tanti turisti provenienti
da tutto il mondo, e collegava
l’Inghilterra alla Francia.
Al lato sud del Villaggio c’erano
delle maestose montagne e delle
verdi vallate ricche di vegetazione.
Qui l’ambiente era abbastanza
tranquillo e silenzioso; si udiva
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appena il canto degli uccelli e il
verso di qualche aquila reale che
spargeva l’eco tra le rocce prima di
alzarsi verso il suo sublime volo tra i
cieli londinesi.
I pochi abitanti che abitavano il sud
del villaggio erano dei contadini,
dediti alla coltivazione della terra
con l’aratro e all’allevamento dei
maiali nella foresta.
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Era Ottobre, periodo autunnale, e
regnava una dolce e calda atmosfera
dai colori vivaci e forti dell’autunno
incalzante.
Il castello di St Pancras era immerso
in una fantastica cornice, dove si
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alternavano albe e tramonti in un
cielo che brillava di mille colori e
timido si affacciava sul verde
sottostante delle foreste inglesi.
Si avvicinava il Giorno memorabile
del Thanksgiving Day... tutto il
paese era in fermento e l’intero
villaggio si preparava per la solenne
festa nazionale. Era un’usanza antica
e importante, ricordare il giorno del
Ringraziamento; anche il Castello
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reale di St.Pancras era in procinto di
avviare i preparativi.
Tutto procedeva regolarmente a
Palazzo ma, forse stava per accadere
qualcosa... in occasione della Festa
del dono.
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Ricchesia la sovrana del regno
Si racconta di una regina molto
austera, di nome Ricchesia, che
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regnava su un paese prosperoso e
aveva due figlie.
Abitava a sud del Villaggio di St.
Pancras, a Londra, in un bellissimo
castello con i suoi oltre 800 ettari di
meraviglioso parco all’inglese
circondato da prati erbosi, giardini
classici e da un lago magnifico.
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Il palazzo di Ricchesia era una delle
attrazioni più belle e ricche della
zona. Viveva con due figlie: una di
loro, Ester, aiutava la comunità nel
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modo più convenzionale, attraverso
l’applicazione della sua intelligenza
ed era rispettata e onorata; l’altra,
Sonia, lunatica e ribelle, era
considerata una romantica
sognatrice.
Nel villaggio c’erano operai e
contadini che lavoravano nelle vigne
e nella tenuta della regina. Essi per
aggraziarsi la simpatia della loro
regina erano soliti costruire
manufatti e utensili e offrirli in dono
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alla sovrana durante i festeggiamenti
annuali.
In quei giorni, in occasione dei
festeggiamenti tradizionali inglesi
del Thanksgiving, che si tenevano in
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tutto il paese, fu aperto l’ingresso del
castello alla popolazione.
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Fra i tanti cittadini intervenuti, due
attirarono l’attenzione della regina: il
primo era un maniscalco che abitava
nel villaggio del paese, che aveva
inventato un motorino di ferro.
Questo manufatto poteva essere
usato nel lavoro e nella vita come
veicolo in acqua, ma anche in terra e
in aria, per aiutare a velocizzare le
azioni quotidiane del popolo.
Il secondo era un falegname, che
abitava in un casolare nel bosco, e
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presentò alla sovrana un bauletto di
legno. All’apparenza il piccolo
forziere non faceva impressione: era
un semplice bauletto fatto a mano,
però sembrava avesse dei poteri
magici, che avrebbero realizzato i
sogni o i desideri di chi l’avrebbe
aperto.
La regina rimase impressionata dalla
dimostrazione tecnica del
maniscalco e lo onorò dandogli il
titolo di benefattore dell’umanità.
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Per quanto concerneva, invece, il
lavoro del falegname, la regina fu
d’accordo con i suoi ministri che
fosse solo un bel cofanetto
ornamentale, ma, senza alcun reale
valore.
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Le figlie presenti chiesero la parola
alla madre, l’ultima toccava a loro,
come da tradizione della “festa del
dono” e fecero la loro scelta: Sonia
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chiese alla madre di avere il
cofanetto di legno mentre Ester era
occupata nella manifattura del
motorino di ferro.
Così Sonia che amava tanto
viaggiare, portava il suo cofanetto
sempre con sé, visitò posti che non
aveva mai visto e imparò
innumerevoli cose.
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Un giorno Ester disse alla sorella:-
“Portare sempre in giro un
cofanetto di legno è un’occupazione
effimera... e va bene per un tipo
come te! Io, invece, uso
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quell’invenzione e lavoro per il bene
di tutti come del resto desidera il
mio cuore.”
Sonia pensò:- “vorrei sapere cosa è
un bene per tutti ma vorrei anche
sapere cosa desidera il mio cuore”.
Appena Sonia si chiuse nella sua
stanza, contenta della sua scelta, aprì
il bauletto di legno, e sulla superficie
trovò un biglietto scritto con un
messaggio: “Non aver paura di
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cercare la verità... sarà la tua
salvezza”. <<Maestro Safio>>
Sonia si chiese che cosa avrebbe mai
voluto significare quella frase e
perché mai fosse capitato a lei; era
un caso o un segno del destino?
“Devo capire di più” pensò Sonia
“vedrò cosa fare.”
La principessa, giustamente, si
ricordò che sua madre, la regina,
l’aveva promessa in sposa al vecchio
principe indiano Ramal, uomo ricco
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e benestante, che aveva ereditato le
terre e i palazzi di suo padre, morto
qualche anno prima. Quell’uomo era
talmente furbo e cattivo con la gente
che Sonia continuava a rimandare gli
appuntamenti che la madre tentava
di fissare per organizzare l’incontro
del suo fidanzamento. Finora Sonia
non si era mai opposta al volere della
madre, sin da quando era rimasta
vedova, per non darle dispiaceri.
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La principessa Sonia, da rispettosa
figlia, aveva intenzione di ragionare
con la regina, per trovare una
soluzione a questo increscioso
problema, ma sulla strada scoprì
tante cose nuove e interessanti che
non si affrettava, e in conseguenza di
ciò nacquero complicazioni.
Ricchesia venne a sapere delle
intenzioni di sua figlia (di non voler
sposare Ramal) e furiosa decise di
procedere senza indugi al
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matrimonio, all’insaputa della
principessa Sonia, la quale fu
costretta a fuggire, di notte, in
mezzo al bosco, dove perse il
cofanetto del falegname, cui teneva
tanto.
La ricerca del desiderio del suo
cuore sembrava, ora, senza speranza.
“Anche se ci mettessi tutta la mia
vita” -disse a se stessa- tornerò con i
soldati, con qualcuno che mi aiuti a
convincere mia madre che ho
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bisogno del suo appoggio per
raggiungere il desiderio del mio
cuore.”
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Così decise e partì...
Mai una donna bella e giovane era
meno equipaggiata per un viaggio
simile.
Una straniera a piedi, senza
provviste, dovendo affrontare il
freddo e il buio dei boschi, il caldo
impietoso e le notti di gelo
intramezzate da tempeste di sabbia,
si perse ben presto nel deserto.
Nel suo delirio cominciò a biasimare
tutti: sua madre, il principe indiano
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colpevole, il falegname, sua sorella e
se stessa... e persino “il bauletto di
legno”.
Si sentiva sola e sconfitta, a volte
triste e stanca, altre volte addirittura
credeva di avere una speciale
compagnia nelle sue difficoltà, per
poi capire di essere sempre sola.
Era come se la sua anima viaggiasse
sulle montagne russe. Sembrava a
Sonia di avere viaggiato per secoli.
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All’improvviso, dopo aver tentato e
fallito varie volte di proseguire, a
causa della stanchezza, della fame,
del sonno e della solitudine, vide
qualcosa proprio davanti a sé.
Sembrava un miraggio: il cofanetto
di legno era lì, a terra, in mezzo ai
sassi... e luccicava come se
contenesse qualcosa di prezioso.
Lei incredula e con gli occhi
sbalorditi si affrettò a raccoglierlo, lo
aprì... il biglietto non c’era più... ma,
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continuando a rovistare all’interno
trovò un anello molto elegante e
prezioso che emanava una luce così
potente che dovette distogliere lo
sguardo.
Per un attimo sentì un brivido nel
corpo e una sensazione di felicità che
non aveva mai provato prima.
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Sonia spinta dalla curiosità guardò
ancora dentro il cofanetto e si
accorse che all’interno c’era una
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piccola sacca di stoffa, che
conteneva un nuovo biglietto con un
messaggio diverso dalla prima
volta:- “Indossa quest’anello perché
è un dono prezioso ma non buttare
via il cofanetto che contiene il
dono”.
Sembrava un gioco di parole di un
profeta antico o di chissà quale
sublime poeta.
La principessa Sonia che amava
farsi, in un certo senso, trasportare
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dalla vita e dal fato, eseguì il
consiglio prezioso del messaggio ma
senza averne capito il senso, e senza
chiedersi cosa le sarebbe accaduto o
dove sarebbe andata a finire.
Immediatamente indossò l’anello,
sentì uno strano fremito nel cuore e
un torpore in tutto il corpo; divenne
ancora più bella di quella che era:
luminosa e candida che sembrava
“vestita di sole”.
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Alzò lo sguardo e come per incanto,
davanti a sé, apparve un grande e
fantastico giardino ricco di piante e
fiori, alberi e vegetazione: gli alberi
alti e maestosi erano pieni di frutti
deliziosi.
La principessa Sonia, inizialmente,
non diede importanza all’ambiente
circostante, e solo camminando si
accorse che stava attraversando un
giardino, che assomigliava al
paradiso terrestre.
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Si fermò. Raccolse qualche frutto e
con cautela lo assaggiò; era fresco e
gustoso e le tolse tutta la fame e la
sete, e anche tutte le paure. Così una
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volta sazia e contenta si sdraiò sotto
un albero a riposare.
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Quando Sonia si svegliò, si sentì
notevolmente meglio. Si può dire
che si sentiva un’altra persona... ma
qualcosa non andava. Che cosa le era
accaduto?
Allora, immediatamente, corse alla
fontana vicina, si specchiò nelle
acque e vi vide un’orribile visione:
era brutta e grassa, aveva i capelli
bianchi, la schiena curva, un naso
brutto e storto e grandi orecchie.
Guardò le sue mani e le vide piene di
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rughe. Si guardò intorno, guardò in
cielo, guardò in terra... non sapeva
cosa pensare...non credeva ai suoi
occhi!
Era un incubo!?
Provò a scuotersi... ma tutto il
pizzicarsi e il picchiarsi non ebbe
effetto. Le girava la testa, perse quasi
i sensi, era terrorizzata e aveva molta
paura.
Piangendo e singhiozzando si buttò
sul terreno:- “Che io viva o muoia
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non ha nessuna importanza -disse a
se stessa- questi frutti alla fine mi
hanno rovinato.”
Mentre le lacrime solcavano il suo
bel viso, pensò: “Nessuno mi
sposerà mai, tanto meno il principe
indiano!”
E singhiozzando aggiunse:-“Non
posso proprio immaginare quale
bestia non sarebbe terrorizzata alla
mia vista... che orrore.”
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“Lasciatemi almeno il desiderio del
mio cuoreee” sussurrò tra le
lacrime... e svenne.
Quando Sonia si svegliò di nuovo,
era buio; solo una luce le venne
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incontro attraverso il groviglio degli
alberi silenziosi, in quei boschi fitti e
tenebrosi, mentre il canto di uccelli
notturni dava un po’ di vita a quel
posto dimenticato dal mondo.
Cercava con tutte le sue forze di
vincere la disperazione, e si diresse
verso quella luce per cercare aiuto.
Da lontano, vide una sagoma di
donna; era una persona di statura
piccola e curva, e sembrava molto
anziana.
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Si avvicinò... chiedendole aiuto.
La vecchietta saggia, la guardò per
un attimo negli occhi, e senza batter
ciglio le disse:- “se vuoi veramente
che il desiderio del tuo cuore si
realizzi, devi solo pensare
fermamente, a questo, e assecondare
la sua volontà senza aspettarti
nulla”.
“Devi seguire sempre il tuo
cammino, la tua strada senza
fermarti ad ammirare i frutti, quelli
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ormai sono secchi, continua ...
semina ancora, arriveranno nuove
stagioni... e nuovi raccolti... segui il
tuo destino”.
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Sonia rimase incantata nell’udire
quelle parole da una sconosciuta.
Ma chi era quella saggia vecchietta,
piovuta dal cielo, che la
raccomandava sulle scelte da fare?
Non pensò alla risposta, ansiosa e
curiosa decise, solo, di ascoltare...
E proseguì nel suo cammino verso il
sentiero che aveva dinanzi.
Doveva arrivare in cima alla
montagna, dove avrebbe trovato il
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suo “cuore”... così le aveva detto la
saggia signora.
Dopo un viaggio faticoso e irto di
ostacoli, tra boschi e deserti, rumori
e silenzi, sentieri e valli, pensieri e
desideri, si trovò ai piedi della
grande montagna; ebbe un attimo di
esitazione... e di colpo, senza vedere
nulla, sentì nuovamente quella
gradevole vocina. Era la vocina della
vecchietta, di quella misteriosa e
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gentile signora che Sonia fu in grado
di ascoltare e riconoscere.
E le diceva sottovoce:- "non aver
paura, dobbiamo agire al meglio e
seguire il nostro destino... io tesso le
fila del fato, perché è così la volontà
del cielo... e da qui, si dipana il filo
della speranza che nessuno potrà
recidere o strappare se tu agisci per
la giustizia e il bene!”.
Il viso di Sonia s’illuminò come un
sole a mezzogiorno d’estate, e
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soddisfatta e sorridente accettò di
partire... la riflessione aveva ceduto
il passo all’azione.
Felice esclamò: “ora vado avanti e
non mi volterò più indietro.”
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Salì sulla montagna, e ancora la
vocina continuava a sussurrare:-
“non aver paura della fatica e della
salita, ti darò la forza e l’aiuto
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necessari... ma ti raccomando porta
con te il bauletto di legno, solo con
quello, potrai salire sulla torre della
Gioia”.
Quando finalmente giunse, stremata,
sulla cima della montagna, Sonia
rimase incantata. Uno spettacolo di
notevole bellezza si presentava ai
suoi occhi. Il mondo era ai suoi
piedi: terre, valli, fiumi, mari,
campagne e città erano piccole cose
davanti a lei.
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Sembrava essere la “Regina di quel
creato”
Amava quanto guardava... e sentiva
l’abbraccio di quello Sguardo
d’Amore.
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Nell’azzurro di quell’universo
misterioso e indecifrabile, si perdeva
la sua anima che veniva rapita dal
dio dell’amore... un dio senza limiti
e confini che, alla vista della sua
incomparabile bellezza, s’innamorò
della sua meravigliosa creatura:
Sonia.
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Il dio dell’amore s’inchinò ai suoi
piedi, le tolse delicatamente
l’anello... e le chiese se avesse
portato il bauletto con lei. Sonia le
rispose con una voce dolce e flebile:
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“Sì, mio signore, l’ho portato.”
“Ora ho capito... e sono felice
perché l’Amore è con me”.
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Il dio dell’amore nella sua veste
sfolgorante, accennò un sorriso e con
voce sommessa sussurrò:- “Ora non
sei più Sonia”...
E prendendola tra le sue braccia,
disse:-“Ora sei l’Angelo della
Montagna”.
L’angelo della montagna smise di
sognare e cominciò a volare nel cielo
infinito.
Teresa Averta
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Epilogo
Le note di un dolce canto celestiale
accompagnavano il suo cuore...
Le torce bruciavano lentamente
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La fiamma di un eterno amore,
Una musica gaia e gioiosa
I flauti suonavano alla sposa,
Sulla cima di quella divina montagna
Gli angeli annunciavano una nuova
presenza:
Speranza immortalata
E coscienza attraversata
Cielo perfetto
E terra bruciata
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Angelo ribelle
E donna ammaestrata
Amore ardente
E pace silente
Deserto di fuoco
E stella del mattino.
Luce e ombra
Del tempio santo,
Dimora dello spirito...
Eterno incanto.