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Agli studenti l’eredità dei sopravvissuti. Viaggio della memoria 2017 Fa freddo arrivati a Cracovia. La Polonia ci accoglie silenziosa con i suoi campi e le strade innevati. Il suo nome è strettamente legato alla storia degli ebrei: questi l’avevano chiamata Polin -letteralmente “là dove troverai pace” - da quando nell’XI sec. i re polacchi li avevano accolti in un periodo di persecuzione. È da Piazza degli Eroi del Ghetto che inizia il nostro viaggio della memoria insieme al MIUR. Questa era la piazza dove venivano raccolti a migliaia gli ebrei prima di essere condotti sui treni, a pochi passi da qui. Questo è il cuore del Ghetto, costruito tra il fiume e un costone roccioso; un altro muro venne eretto, a simboleggiare una divisione tra presunte differenze di razza. Marcello Pezzetti, storico della Shoah, ci racconta la storia della piazza Piazza degli Eroi del Ghetto, Cracovia

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Agli studenti l’eredità dei sopravvissuti. Viaggio della memoria 2017

Fa freddo arrivati a Cracovia. La Polonia ci accoglie silenziosa con i suoi campi e le strade innevati. Il suo nome è strettamente legato alla storia degli ebrei: questi l’avevano chiamata Polin -letteralmente “là dove troverai pace” - da quando nell’XI sec. i re polacchi li avevano accolti in un periodo di persecuzione.

È da Piazza degli Eroi del Ghetto che inizia il nostro viaggio della memoria insieme al MIUR. Questa era la piazza dove venivano raccolti a migliaia gli ebrei prima di

essere condotti sui treni, a pochi passi da qui. Questo è il cuore del Ghetto, costruito tra il fiume e un costone roccioso; un altro muro venne eretto, a simboleggiare una divisione tra presunte differenze di

razza.

Oggi su questa piazza ci sono tante sedie, a ricordare quei bambini che durante la “reinstallazione” (così veniva chiamato dai nazisti il trasferimento degli ebrei dal centro città al ghetto) portarono con sé delle sedie - su suggerimento della maestra- sperando di poter continuare a fare lezione, nonostante quello che li avrebbe aspettati, nonostante tutto.

Continuiamo la nostra visita camminando per le vie di quello che una volta fu il ghetto ebraico; rimangono ancora le parti del muro che venne eretto per tracciare il confine fisico tra ariani ed ebrei. In un angolo, la scuola di quartiere, ancora aperta dal periodo della guerra. E la neo-ministra Fedeli parla commossa delle vite spezzate dei bambini che la frequentavano: “Chissà chi sarebbero Parte del muro che divideva il ghetto

dal resto della città

Marcello Pezzetti, storico della Shoah, ci racconta la storia della piazza

Piazza degli Eroi del Ghetto, Cracovia

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diventati, chissà cosa avrebbero potuto donare all’umanità…” [link del video https://drive.google.com/file/d/0B2FCpAzR3t_SVkF0WjdjWjdBaUE/view?usp=sharing ] . E lancia un invito a noi studenti: che ognuno possa fare tesoro di questi luoghi, diventando in prima persona testimone di memoria e impegno nelle nostre scuole, ogni giorno.

Proseguiamo dirigendoci verso la sinagoga, dove si svolge una cerimonia istituzionale per la firma di un accordo di collaborazione tra MIUR e UCEI, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. La presidentessa UCEI ribadisce l’importanza di “passare dalla narrazione all’azione, capaci di riconoscerci e accoglierci nella diversità”. Intervengono anche alcuni consiglieri del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura), con noi in questo viaggio in vista dell’ottantesimo anniversario della promulgazione delle Leggi razziali in Italia. La loro presenza è preziosa: è sigillo visibile tra passato e presente, tra storia europea e legge italiana. Più volte in questo viaggio viene ricordato l’articolo 3 della nostra Costituzione, e capiamo così che la promozione della “pari dignità sociale” nel nostro Paese deve passare necessariamente anche per la memoria.

La sera ascoltiamo la testimonianza delle sorelle Andra e Tati Bucci. Intervistate da Marcello Pezzetti, storico della Shoah, ci raccontano dell’arresto, delle urla della madre e della resistenza della nonna, che si inginocchia implorando di essere sacrificata al posto delle nipoti. Ma non c’è niente da fare. Anche loro, come tantissimi altri ebrei, salirono su un treno merci diretto chissà dove (ancora non lo sapevano, dove li avrebbe condotti). Il viaggio sembrò infinito, e insieme a quello, infinita la paura del futuro. Le porte del treno finalmente si aprirono, arrivarono al campo.

La mattina del giorno dopo arriviamo anche noi al campo. La neve, il freddo, le baracche ormai vuote…tutto quello che vediamo ci parla con la lingua del silenzio. Auschwitz oggi è un grande cimitero, un tempo era la più grande fabbrica della morte che l’uomo avesse mai costruito nella

storia. Chi vi entra, ne esce cambiato. Ogni persona che osserva ciò che rimane di tutto quel sistema infernale riflette su se stessa, chiedendosi cosa di buono ci sia nella sua vita, e come si impegni per migliorare. Insomma, è camminando in mezzo a quel luogo di morte che ognuno si interroga sulla propria vita. “L’importanza del viaggio della memoria”, precisa spesso la Ministra Fedeli, “sta nel fatto che, tornando, possiamo e dobbiamo trasformare quanto vissuto in quest’esperienza in impegno e testimonianza quotidiana”.

Articolo 3Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del

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Insieme a noi c’era anche una piccola rappresentanza della minoranza sinti presente in Italia. I sinti, volgarmente noti come “zingari”, furono anch’essi vittime del genocidio (che loro chiamano Porrajmos, “Olocausto”). Alcuni sopravvissuti ebrei raccontarono delle urla delle donne sinti contro i nazisti che volevano separare le loro famiglie. Salivano sui tetti delle baracche, si tenevano stretti. Anche loro, abituati a vivere la vita tra canti e chitarre nelle strade, passarono via per un camino. Dopo la testimonianza del loro portavoce, il rabbino che ci accompagna suona lo shofar, strumento che nella tradizione ebraica simboleggia

l’invito al risveglio per le anime.

Le sorelle Bucci continuano qui la loro testimonianza. Arrivate, la madre le tiene ancora strette a sé, anche nel momento della divisione in gruppi: loro da un lato, la nonna e la zia dall’altro. “Era così”, dicono, “la salvezza di una persona dipendeva dal gesto di una mano verso destra o sinistra”. Andra e Tati si sono salvate perché scambiate per gemelle; di solito i gemelli venivano utilizzati per fare esperimenti. Per questo motivo, a loro veniva riservato un trattamento speciale; stavano infatti in una baracca con altri bambini (tra cui il cugino), in letti

singoli, sorvegliati da una donna che si prendeva cura di loro. “Per noi era normale uscire fuori, giocare a lanciarci palle di neve in mezzo a cumuli di cadaveri” – continuano – “un giorno, la donna che si prendeva cura di noi nella baracca ci disse che i soldati ci avrebbero chiesto se volessimo tornare con la nostra mamma, e ci avvertì che quella era una trappola: avremmo dovuto dire di no. Quando la fatidica domanda arrivò, noi negammo, ma nostro cugino non ce la fece. Lo portarono via e non lo vedemmo più. Rimase

bambino per sempre, da quel giorno”.

Diversamente da quanto deciso da alcuni dei sopravvissuti, le due “bambine” hanno tenuto il numero scritto sulla loro pelle. “Ormai fa parte della nostra storia, e la storia di ognuno non si può cancellare”.

Ancora una volta, le Bucci chiedono agli studenti tutti di raccogliere l’eredità dei loro racconti, perché quando non rimarrà più nessun testimone diretto qualcuno possa continuare a tramandare le loro storie, tenendo viva la memoria.

Anche la visita al campo di Birkenau ci trasmette emozioni fortissime. Nato come caserma, è stato utilizzato come campo di concentramento dai nazisti, ed oggi è diventato un museo. All’interno dei blocchi, sono esposti cumuli di tutto ciò di ebreo che i nazisti non hanno fatto in tempo a distruggere. Cumuli di occhiali, valigie, capelli, stoviglie… Ci si rende conto solo in parte del numero impressionante di uomini e donne che lì persero la vita. Eh sì, perché a questi numeri enormi non ti abitui mai.

Torniamo a casa con un groviglio di emozioni indescrivibile. Ordinarle tutte è complesso; perciò si inizia raccontando ciò che abbiamo visto.

Andra e Tati Bucci, in mezzo Marcello Pezzetti

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Emanuela Gitto