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REGIONE CAMPANIA ASSESSORATO ALLA SANITA’
PIANO NAZIONALE DELLA PREVENZIONE 2007-2009 PIANIFICAZIONE REGIONALE
INTERVENTI PER LA PREVENZIONE DELL’ OBESITA’ INFANTILE IN CAMPANIA
2007-2009
AZIONE 7 ”Presa in carico”
Identificazione della rete per la presa in carico del sovrappeso e dell’obesità nel bambino e nell’adolescente (PdF, PdC, P UOMI, P.SIAN, Pediatrie Ospedaliere, AORN, AUP) Definizione del percorso clinico/assistenziale per la presa in carico dei bambini e degli adolescenti obesi ai vari livelli. Definizione del modello organizzativo/ gestionale per la presa in carico dei bambini e degli adolescenti obesi
Responsabile: dott.ssa Maria Rosaria Licenziati (Pediatra/ Endocrinologo AORN A. Cardarelli UOC Pediatria UOS Auxo-Endocrinologia dell’ Eta’ Evolutiva)
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LINEE GUIDA PRESA IN CARICO ( Azione 7) PREMESSA
Nell’ultimo decennio il numero di bambini obesi è molto aumentato passando in Italia da una
percentuale del 20 % per il soprappeso e 4 % per l’obesità nel 2000 a quella del 23,6% e 12,3% rispettivamente nel 2008, con punte particolarmente gravi in Campania (49% complessivamente)
tanto che l’obesità è diventata il disturbo nutrizionale più frequente in età pediatrica. I motivi per
intervenire su quella che si configura come una vera e propria emergenza sanitaria sono molteplici.
Al di là degli ovvi svantaggi derivanti dal sovrappeso che pregiudica il benessere globale di vita
dell’individuo, negli ultimi anni sono aumentate le nostre conoscenze sui gravi rischi per la salute
connessi all’obesità infantile. Un primo elemento riguarda la predittività dell’obesità infantile
sull’obesità nell’individuo adulto. La probabilità che un bambino obeso divenga un adulto obeso è
nell’ordine del 50-80% e l’obesità nell’adulto, come è a tutti noto, si associa ad una serie di gravi
complicanze su cui non ci soffermiamo. L’altro aspetto riguarda il dato proveniente da studi più
recenti che hanno messo in evidenza come complicanze metaboliche, cardiovascolari, respiratorie,
ortopediche, e psicosociali compaiano già durante l’infanzia e l’adolescenza e che la gravità di
queste complicanze è tanto maggiore quanto più precoce è l’esordio della condizione di obesità.
Per l’obesità è possibile identificare tre livelli di prevenzione. Un livello di livello di prevenzione
universale rivolto alla totalità della popolazione al fine di ridurre l’incidenza dell’obesità. Un
livello di prevenzione selettiva rivolta ai gruppi a rischio, che oggi possiamo ben identificare e
riconoscere. In particolare, essa si rivolge ai figli di genitori obesi, a bambini nati di basso peso per
i quali aumentano le probabilità di essere affetti da sindrome metabolica, a quelli macrosomici, a
quelli che tendono ad incrementare prima dei 5-6 anni l’indice di massa corporeo, La prevenzione
selettiva si colloca là dove emerge già un problema ed è finalizzata a ridurre la prevalenza, cioè
evitare che i bambini in sovrappeso diventino obesi e quelli già obesi sviluppino le complicanze. Un
livello, infine, di prevenzione indicata che rivolge e sviluppa il suo intervento a favore di persone
già malate (obesi con BMI >95 °C e obesi complicati), ed è finalizzato a ridurre le complicanze e
coincide in larga misura con il trattamento. Quest’ultima incide sui fattori di rischio prodromici
della mortalità di origine cardiovascolare e quindi è finalizzata alla prevenzione della mortalità
evitabile, un problema di sanità pubblica rilevante di cui l’obesità rappresenta di per sé uno dei
“polmoni” da cui trae spesso origine.
Per la complessità delle cause, per la variabilità del grado di severità e soprattutto per le
implicazioni che comporta sulla salute, gli interventi preventivi per l’obesità vanno ad incidere sulle
modalità organizzative dei servizi sanitari che devono configurarsi come servizi di rete, secondo i
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principi della integrazione, della multidisciplinarietà e della interazione tra i diversi livelli di
intervento.
Fatte queste premesse è possibile individuare un modello per la presa in carico che si articola in tre
differenti livelli di intervento assistenziale.
L’intervento assistenziale di I livello compete al pediatra di famiglia e si rivolge a tutti i bambini
per quanto riguarda il monitoraggio antropometrico della crescita e la promozione di stili di vita
salutari e al bambino in sovrappeso senza fattori di rischio familiare o personale per il quale il
pediatra potrà attivare un percorso diagnostico/assistenziale. Il PdF può inviare al pediatra del
centro di II livello il bambino in sovrappeso con fattori di rischio familiare e personale e il bambino
obeso che non presenta complicanze; Il PdF potrà inviare al pediatra del centro di III livello il
bambino obeso con sospetto di obesità secondaria ( genetica, sindromica, endocrina), il bambino
con obesità grave (>97 percentile) o con complicanze cliniche ( pressione arteriosa alta, presenza di
segni di insulino resistenza, rapporto circonferenza vita/altezza patologico, presenza di problemi
ortopedici, respiratori, gastrointestinali, psicologici, di oligo-amenorrea,), L’intervento
assistenziale di II livello compete ai centri che operano sul territorio nell’ambito della pediatria di
Comunità, delle UOMI, e dei Presidi ospedalieri e si rivolge ai soggetti in sovrappeso con fattori di
rischio familiare e personale e ai soggetti obesi senza complicanze.
L’intervento assistenziale di III livello compete ai centri che operano nell’ambito di AORN ad
alta specializzazione e delle Aziende universitarie e si rivolge ai soggetti gravemente obesi, agli
obesi con complicanze e agli obesi resistenti al percorso terapeutico,cioè che non riescono a
dimagrire e ai pazienti affetti da obesità secondaria.
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1. L’INTERVENTO ASSISTENZIALE DI I LIVELLO
Il Pediatra di Famiglia
Quali sono i compiti del Pediatra di Famiglia?
• Previene l’insorgenza di eccesso ponderale
• Individua chi sta ingrassando
• Individua le famiglie a rischio metabolico
• Diagnostica e tratta il bambino in sovrappeso senza fattori di rischio: interviene con consigli
sullo stile di vita e alimentare
• Segue in follow-up i pazienti identificati
• Invia al II e III livello i pazienti individuati
Quali sono i compiti del pediatra di famiglia nella prevenzione dell’eccesso ponderale?
• Identifica i soggetti a rischio di obesità
• Interviene sui fattori di rischio precoci per lo sviluppo di obesità
I fattori di rischio precoci per lo sviluppo dell’obesità in età pediatrica più evidenti in letteratura
sono il BMI dei genitori, il peso alla nascita, l’accelerazione della crescita nei primi anni di vita,
l’epoca dell’adiposity rebound, l’alimentazione e lo stile motorio adottati in epoca precoce.
1.1 Identificazione dei soggetti a rischio di obesita’ L’anamnesi e la valutazione della curva di crescita staturo/ponderale sono gli strumenti che
consentono di identificare i bambini maggiormente a rischio per lo sviluppo di obesità prima
che tale patologia si instauri:
• Anamnesi familiare:
Si raccomanda di registrare il BMI dei genitori ( obesità: BMI > 30).
• Anamnesi personale
Valutare il peso alla nascita alto o basso (neonato LGA e SGA)
• Monitoraggio della curva di crescita staturo/ponderale
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Il controllo della crescita di un bambino rappresenta uno dei principali compiti del pediatra.
Dall’epoca dello svezzamento in poi il pediatra deve tenere presente che la crescita del bambino va
incontro ad una costante decelerazione. Al termine del primo anno di vita, si verifica una ulteriore e
progressiva decelerazione della velocità di crescita e cambia il rapporto fra crescita ponderale e
staturale a favore di quest’ultima. Il bambino perde l’aspetto tondeggiante dei primi mesi di vita.
L’accelerazione della crescita nelle prime fasi della vita postnatale, invece, costituisce un altro
importante fattore di rischio per lo sviluppo di obesità nelle epoche successive.
Infatti, in un recente studio pubblicato sul Brit Med J risultavano significativamente associati alla
presenza di obesità all’età di 7 anni lo z score del peso all’età di 8 e 18 mesi, l’incremento della
velocità di crescita nei primi 12 mesi di vita, il catch-up-growth nei primi 2 anni di vita e un
precoce adiposity rebound.
Un aspetto recentemente studiato, collegato allo sviluppo di obesità infantile, è l’epoca dell’
adiposity rebound. In età pediatrica, dalla nascita dopo l’età di un anno, i valori di BMI
diminuiscono per poi stabilizzarsi e riprendere ad aumentare mediamente solo dopo l’età di 5-6
anni. L’età alla quale si raggiunge il valore minimo prima dell’aumento fisiologico del BMI si
chiama adiposity rebound e mediamente corrisponde all’età di 5-6 anni.
Un incremento dei valori di BMI prima dei 5 anni (adiposity rebound precoce) viene riconosciuto
come un indicatore precoce di rischio di sviluppo di obesità.
Va pertanto monitorata la curva di crescita mediante il rilevamento periodico del rapporto
peso/lunghezza dalla nascita fino ai due anni al fine di cogliere l’incremento del tasso di crescita e,
in età successiva, va monitorato il BMI.
Particolare attenzione va posta inoltre al periodo dell’adolescenza: l’ultimo periodo “critico” per lo
sviluppo di obesità. I principali fattori predittivi di obesità in età adolescenziale sono il declino
dell’attività fisica, lo stile di vita particolarmente sedentario e un apporto calorico eccessivo se
correlato alla spesa energetica, l’assunzione di lipidi notevolmente più elevata rispetto alle
raccomandazioni internazionali.
L’adolescenza si accompagna a rimarchevoli modificazioni dell’aspetto fisico, secondarie
soprattutto ad una accelerazione della crescita staturo-ponderale ( spurt puberale) che si manifesta
in modo diverso nei due sessi .
Ne deriva che durante l’adolescenza si manifestano le maggiori esigenze nutrizionali, sia dal punto
di vista quantitativo (per l’accrescimento staturo-ponderale) che qualitativo ( per le necessità di
apporto di nutrienti specifici) .
Parallelamente alle modificazioni fisiche, secondarie alla comparsa della maturazione puberale. si
associano cambiamenti comportamentali e psico-sociali. Nel periodo adolescenziale la vita di
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relazione si fa più ricca ed autonoma e tale situazione influisce anche sulle scelte alimentari, che
tendono più ad uniformarsi con quelle ella maggioranza dei coetanei che non quelle proprie
dell’ambiente familiare che, molto spesso finiscono con il risultare le meno gradite.
Pertanto grande attenzione va posta ai possibili eccessivi aumenti di peso, che possono essere
secondari al notevole aumento dell’appetito ma anche dei gusti mirati particolarmente verso cibi
dolci o ad elevata densità calorica come quelli consumabili nei fast-food che sono troppo ricchi in
grassi animali,in zuccheri semplici e sodio e poveri in amido, fibre, vitamine e minerali.
• Monitoraggio dell’alimentazione e dell’attività fisica:
Si consiglia di rilevare periodicamente le abitudini alimentari del bambino e di verificare quante
ore quest’ultimo trascorre guardando la tv e/o computer, play station e quante ore al giorno o alla
settimana dedica ad attività fisica e sport. La rilevazione delle abitudini alimentari e motorie
presenta alcune difficoltà: spesso, specie nei soggetti obesi, vi è una sottostima dell’introito calorico
in quanto non viene riferita con precisione l’assunzione totale di cibi e bevande. Nonostante ciò è
sicuramente utile allo scopo di conoscere il numero dei pasti, la ripartizione calorica media
nell’ambito dei pasti della giornata e la frequenza di assunzione settimanale dei principali alimenti.
L’anamnesi nutrizionale rappresenta uno strumento educativo che consente al paziente ed ai
familiari di fissare l’attenzione sulle proprie abitudini. Analoghe difficoltà esistono per la
valutazione dell’attività motoria: molto importante è il rilievo da dare alle ore di sedentarietà,
soprattutto nei bambini più piccoli.
1.2 Intervento sui fattori di rischio precoci per lo sviluppo di obesità
Molti studi supportano l’idea che un eccessivo apporto proteico nei primi due anni di vita determini
una anticipazione dell’adiposity rebound. Rolland-Cachera, ed altri successivamente, hanno
evidenziato una correlazione positiva tra apporto di proteine all’età di 2 anni e più precoce AR.
Un’indagine nutrizionale longitudinale condotta su bambini italiani ha dimostrato che i bambini
che all’età di 5 anni risultavano in sovrappeso, durante il 1° anno di vita avevano assunto con la
dieta una quantità di proteine significativamente più elevata di quelli non in sovrappeso. L’intake
medio di proteine a 12 mesi risultava pari a 4,5 gr. per chilo di peso a fronte di un apporto
raccomandato di 1,87 gr. per chilo.
• Promozione dell’allattamento al seno (esclusivo fino al 6° mese, meglio protratto fino al 12°
mese di vita)
• Controllare l’epoca e le pratiche di svezzamento (introduzione di alimenti complementari
non prima del sesto mese)
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• Incoraggiare un’alimentazione sana
Fornire appropriate linee guida sui cibi in funzione dell’età, modalità di preparazione e porzioni.
Favorire il consumo di frutta e verdura ( fino a 5 volte al dì).
Consigliare l’alimentazione con cibi semplici rispetto agli snack già pronti.
Limitare i succhi di frutta e le bevande dolci:
L’assunzione di succhi di frutta deve essere limitata con i seguenti suggerimenti:
o Non introdotti prima dei 6 mesi di vita
o Non utillizzati per la suzione prima dell’addormentamento
• Riduzione della sedentarietà :
• Limitare le ore di televisione a 1 – 2 ore al giorno
• Rimuovere la televisione dalla camera da letto
• Scoraggiare la visione della TV ai bambini al di sotto dei 2 anni
• Promuovere attività di socializzazione quali cantare, leggere insieme o giochi creativi con il
gruppo dei pari
• Incoraggiare l’attività fisica
• Incoraggiare i bambini e gli adolescenti a svolgere almeno 1-2 ore al giorno di attività fisica sia
programmata che spontanea
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Tabella 1 – La prevenzione dell’obesità: fattori di rischio e compiti del pediatra di famiglia
FATTORI DI RISCHIO PER
OBESITA’
RISCHIO DI OBESITA’ A 7 ANNI
STRATEGIE DI INTERVENTO
BMI dei genitori Il rischio raddoppia se 2 genitori sono obesi
Normalizzare il BMI dei genitori
Peso alla nascita
Basso peso (malnutrizione materna, fumo di sigaretta, insufficienza placentare) Peso elevato (diabete gestazionale o iperalimentazione materna)
Controllare l’alimentazione della gestante. Astensione dal fumo di sigaretta. Controlli glicemici nella gestante diabetica
Elevato Z score del peso tra gli 8 e i 18 mesi
Incremento della velocità di crescita nei primi 12 mesi Catch-up growth prima dei 2 anni
Incremento del tasso di crescita
Precoce adiposity rebound (incremento annuale dei valori di BMI prima dei 5 anni)
Monitoraggio della crescita Prevenzione nutrizionale: Promozione allattamento al seno • esclusivo fino al 6° mese,
meglio protratto fino al 12° mese di vita
Epoca e pratiche di svezzamento • introduzione di alimenti
complementari non prima del sesto mese
• appropriatezza degli apporti nutrizionali ( LARN )
Ore di televisione/ videogiochi e computer
Rischio maggiore se più di 8 ore a settimana
Scoraggiare la visione della TV ai bambini al di sotto dei 2 anni Limitare le ore di televisione a 1 o massimo 2 ore al giorno; Limitare l’uso di videogiochi e computer nelle età successive.
Durata del sonno Rischio maggiore se < a 10 ore al giorno Valutare e consigliare una buona igiene del sonno
Alimentazione Rischio maggiore se alimentazione spazzatura
Monitorare l’alimentazione nei fast food, episodi di piluccamento pomeridiano e notturno ecc.
FATTORI PROTETTIVI
PER LO SVILUPPO DI
OBESITA’
RISCHIO DI OBESITA’
STATEGIE DI INTERVENTO
Durata dell’allattamento al seno
Rischio minore se allattamento al seno esclusivo per almeno sei mesi. L’effetto protettivo rimane se si continua ad allattare al seno anche dopo lo svezzamento
Allattamento al seno prolungato, fino ad un anno
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1.3 L’intervento del pediatra di famiglia sui bambini con eccesso ponderale
Quali sono i compiti del pediatra di famiglia di fronte ai soggetti con eccesso ponderale?
1.3.1 Il pediatra di famiglia può attivare un percorso diagnostico-assistenziale con i seguenti
compiti:
• quantificare l’entità del problema (sovrappeso o obesità) tramite il calcolo del BMI (in
rapporto ai percentili) e valutare l’anamnesi familiare
• valutare il rischio anamnestico personale del bambino (peso alla nascita per età gestazionale,
tipo di alimentazione nel primo anno di vita, pregresso andamento del BMI, ecc.)
• valutare la situazione clinica attuale (sviluppo psico-motorio, circonferenza vita e/o rapporto
circonferenza vita/altezza, pressione arteriosa, sintomi o segni di patologia correlata, ecc.)
• proporre un intervento terapeutico, sulla base del grado di motivazione del bambino e della
famiglia, volto alla correzione delle possibili cause nutrizionali dell’eccessivo incremento
ponderale, alla riduzione della sedentarietà ed alla promozione di uno stile di vita adeguato
per l’intero nucleo familiare.
1.3.2 Il pediatra di famiglia può proporre l’invio al pediatra del centro di secondo e terzo
livello in caso di:
• sospetto diagnostico di obesità secondaria (endocrina, genetica)
• sovrappeso con fattori di rischio personale (peso alla nascita alto o basso, accelerato tasso di
crescita nei primi anni di vita e progressivo cambiamento di percentile del rapporto
peso/altezza o del BMI, rapporto circonferenza vita/altezza >0,5) o familiare (presenza in
parenti di I e II grado di: malattie cardio-vascolari in età <55 anni, obesità, diabete mellito di
tipo 2, dislipidemia, ipertensione arteriosa)
• presenza di obesità (obesità essenziale con BMI >95° percentile) e/o rischio clinico elevato
(complicanze già in atto)
• sovrappeso o obeso con elevata complessità nella gestione per la presenza di dinamiche
psicologiche patologiche
• refrattarietà protratta al percorso diagnostico-assistenziale proposto (bassa compliance,
insuccesso terapeutico ).
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2. L’INTERVENTO ASSISTENZIALE DI II LIVELLO
Territorio, Presidi Ospedalieri
Quali sono i compiti del pediatra del territorio e dei presidi ospedalieri di fronte ai soggetti
sovrappeso/ obesi ?
• Riceve il paziente in sovrappeso con fattori di rischio anamnestici, (familiare e personale)
• Riceve il paziente obeso ( BMI >95°percentile) che non presenta complicanze
• Definisce la diagnosi
• Attiva un percorso assistenziale centrato sulla dieta e sulla modifica dello stile di vita
• Segue i pazienti in follow-up
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3. L’INTERVENTO ASSISTENZIALE DI III LIVELLO
Aziende Ospedaliere di Rilievo Nazionale (AORN), Aziende Universitarie Policlinico
(AUP)
Quali sono i compiti del pediatra dell’ AORN e dell’ Università di fronte ai soggetti
sovrappeso/ obesi ?
• Riceve obeso grave ( >97° percentile)
• Riceve il paziente obeso con complicanze
• Riceve il paziente obeso resistente all’intervento
• Riceve il paziente obeso con sospetto di obesità secondaria (genetica, sindromica ed endocrina)
• Definisce la diagnosi e la diagnosi differenziale e valuta le complicanze
• Tratta in ricovero e mette in atto un trattamento complesso nei casi indicati
• Esegue follow-up selezionati
L’intervento assistenziale di III livello spetta al pediatra della AORN ad alta specializzazione e
delle AUP e consiste nella presa in carico del bambino obeso per la conferma diagnostica e la cura
dell’obesità e delle sue complicanze. Un corretto approccio all’obesità grave e complicata deve
essere multidisciplinare ed investire diverse professionalità coordinate dal pediatra che è
responsabile della gestione clinico-organizzativa del paziente, coordina e seleziona il percorso
diagnostico-terapeutico. A tale livello la gestione del paziente obeso richiede la presenza di un team
multiprofessionale (figura1) per la definizione delle complicanze metaboliche, cardiovascolari,
respiratorie, gastroenterologiche, ortopediche, psicologiche. Le strutture di terzo livello hanno il
compito di istituire uno percorso assistenziale sulla base di protocolli diagnostico-terapeutici
formalizzati e svolgono funzioni di coordinamento clinico-organizzativo per rendere ottimale
l’assistenza ed il management della malattia complicata.
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TEAM MULTIDISCIPLINAREE
Pediatra
Psicologo
Infermiere
Dietista
Laboratorio
Gastroenterologo
Chirurgo bariatrico
Ortopedico
Otorino Pneumologo
Cardiologo
Figura 1
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3.1 Il setting assistenziale ( Figura 2)
Il setting rappresenta l’insieme delle regole e delle condizioni all’interno delle quali viene effettuata
la prestazione.
Prenotazione: il paziente deve accedere facilmente alle strutture specialistiche attraverso un
sistema efficiente di prenotazione e senza eccessivi tempi di attesa
Accettazione: il personale preposto all’accettazione all’interno della struttura provvede ad
organizzare tempi e modalità di svolgimento delle visite.
Attesa: è opportuno predisporre un ambiente accogliente curando anche gli spazi di attesa che
devono essere
o Spaziosi, perché non solo i piccoli pazienti ma anche i loro familiari sono sovente
obesi.
o Stimolanti intorno alla tematica dell’alimentazione per avviare un primo processo
informativo e creare un clima di interesse collettivo sull’argomento. Si possono
sistemare cavalletti informativi realizzati con linguaggio semplice e con molte
immagini che illustrano le principali problematiche legate all’obesità, la piramide
alimentare, la piramide dell’esercizio fisico. È altresì evidente che nei locali della
visita e possibilmente in quelli contigui non vi siano stimoli negativi come dispenser
di merendine o pubblicità di alimenti non indicati.
Visita: dal momento che l’equipe per la presa in carico del bambino obeso è multidisciplinare, è
opportuno predisporre più ambienti che il bambino e i suoi familiari potranno associare ai
diversi momenti dell’intervento. Gli ambienti destinati alla visita possono essere suddivisi in più
locali comunicanti fra loro o meno. Un modello ipotetico di ambiente dovrebbe essere costituito
da tre locali contigui il che presenta per il paziente i seguenti vantaggi:
o Si possono eseguire tre visite contemporaneamente riducendo i tempi di attesa
o Si facilità lo scambio di informazioni tra le figure professionali presenti
o Si assicura al paziente il sostegno di più figure professionali
I tre locali potrebbero essere disposti funzionalmente nel seguente modo:
o In un primo ambiente il paziente incontra la dietista; questa compila la scheda
ambulatoriale nella parte che riguarda i dati demografici, antropometrici e svolge il
colloquio alimentare.
o In un secondo ambiente il paziente incontra il pediatra specialista che si occupa della
anamnesi (familiare e personale), della visita e pone il sospetto diagnostico; in base
al quale seleziona il percorso clinico e assistenziale a cui sarà sottoposto il paziente e
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lo illustra al bambino e ai genitori (Accertamenti da praticare ambulatorialmente, in
DH o in ricovero, prime informazioni sul percorso terapeutico).
o In un terzo ambiente il paziente e la sua famiglia incontrano lo psicologo che
attraverso un colloquio esplora la presenza di problematiche personali relazionali
connesse all’obesità .
Follow-up e presa in carico. Dopo questi primi contatti è opportuno che un operatore, dopo
essersi consultato con gli altri operatori, faccia il punto con il paziente e la sua famiglia per
effettuare una breve sintesi (momento di restituzione) di quanto emerso e dia indicazioni chiare
sui successivi step del percorso. Verranno date indicazioni sugli accertamenti da effettuare,
alcuni consigli dietetici e motori, alcuni strumenti di autovalutazione delle implicazioni
psicologiche connesse alla problematica alimentare. È auspicabile che sia il pediatra a
completare l’incontro consegnando la dimissione ambulatoriale che contiene la diagnosi e il
successivo appuntamento (Ricovero prolungato, DH o nuova Visita ambulatoriale).
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Figura 2 – Setting assistenziale
Cavalletti informativi
Colloquio alimentare Pesi e Misure Accettazione
Visita medica, sospetto diagnostico, accertamenti
Colloquio psicologico Consegna consigli dietetici e motori Nuovo appuntamento CUP
Protocollo
800…………..
Ricovero DH
Follow-up
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4. L’INQUADRAMENTO CLINICO
4.1 Obiettivi
Definire la presenza e l’entità dell’eccesso ponderale
Diagnosi differenziale con le forme secondarie
Individuare i fattori di rischio
Identificare le complicanze correlate.
4.2 Strumenti
• Anamnesi (familiare, fisiologica, patologica)
• Abitudini di vita
• Ambiente familiare e contesto sociale
• Visita
• Indagini di laboratorio e strumentali
4.2.1 Anamnesi
Anamnesi familiare
Verificare la presenza in parenti di I e II grado di:
• obesità
• diabete mellito di tipo 2
• dislipidemie
• ipertensione
• eventi cardio-vascolari in età <55 anni
in quanto rappresentano i fattori di rischio per patologia cardiovascolare futura
Anamnesi fisiologica
• Peso neonatale basso o elevato (SGA, LGA)
• Tipo di alimentazione nel I° anno di vita (tipo di allattamento, epoca e pratiche di
divezzamento)
Il peso alla nascita e l’incremento di peso postnatale soni fattori di rischio per obesità persistente e
sindrome metabolica. Tra i dati anamnestici è rilevante conoscere se il bambino è stato uno SGA,
dato che i neonati nati piccoli per l’età gestazionale, per la peculiare situazione ormonale stabilitasi
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durante la vita intrauterina, più facilmente possono andare incontro alla sindrome metabolica con
aumento della pressione arteriosa e della colesterolemia quando si verifica un recupero eccessivo di
peso e si stabilisce una situazione di sovrappeso .
Anamnesi patologica
Epoca di comparsa del sovrappeso e suo andamento ( curva staturale, ponderale e del BMI).
Caratteristiche del ciclo mestruale nelle femmine (oligo-amenorrea)
Disturbi del comportamento alimentare (DCA): Inquadramento diagnostico secondo il DSM IVr
(Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali versione IV riveduta). Processo di
valutazione psicodiagnostica mediante colloquio psicologico ed eventuale somministrazione di
reattivi psicodiagnostici quali EDI-2, Check List EDI-2. Nel caso di diagnosi di DCA, invio al
centro psichiatrico locale.
4.2.2 Abitudini di vita
• Attività motoria (attività fisica spontanea, programmata, abitudini sedentarie)
• Abitudini alimentari (prima colazione, numero di pasti, fuoripasto, consumo settimanale dei
principali alimenti)
Conoscere le abitudini di vita del bambino e della famiglia permette di individuare errori, credenze
resistenze che se monitorate possono permettere un programma terapeutico personalizzato.
4.2.3 Ambiente familiare e contesto sociale
Influenza dell’imprinting genitoriale e sociale sulle abitudini alimentari e motorie del bambino che
comprendono:
o L’utilizzo del cibo come ricompensa e consolazione nella dinamica genitore-figlio
o Enfasi data all’alimentazione nella cultura familiare
o Approccio patologico al cibo nell’ambito di problematiche relazioni familiari
caratterizzate da invischiamento, iperprotettività, rigidità, incapacità di risoluzione
dei conflitti, adultizzazione precoce, vissuti depressivi, dipendenza
o Errate credenze, pregiudizi e significati sull’alimentazione presenti nel nucleo
familiare dipendenti dal contesto socio-culturale
o Ruolo svolto dalle persone che si occupano dell’alimentazione del bambino oltre i
genitori (nonni, badanti, ecc)
Formattati: Elenchi puntati enumerati
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o Influenze delle relazioni extrafamiliari del bambino (scuola, amicizie, relazioni nel
quartiere) che agiscono sul comportamento alimentare e motorio del bambino
4.2.4 Visita
• Definire la presenza e l’entità dell’eccesso ponderale mediante il rilevamento del peso e
dell’altezza e calcolo del Body Mass Index (BMI = Kg/m2)
o Fino a 24 mesi:
rapporto peso/lunghezza: Tabelle di riferimento: CDC 2000 (www.cdc.gov); valore di cut-
off: 85° centile, sovrappeso; 95° centile , obesità;
o Dopo i 24 mesi:
BMI: Tabelle di riferimento: Tabelle italiane Cacciari 2006 valore di cut-off per il
sovrappeso 85°percentile, per l’obesità 95° percentile.
Sul piano clinico, dovendo poi seguire il bambino nel tempo, è possibile calcolare la
deviazione percentuale del peso corretta per la statura attraverso tabelle del peso e della
statura CDC 2000. Il calcolo dell’eccesso ponderale EP (%) = (peso reale - peso ideale/peso
ideale) x 100 permette di classificare un bambino come soprappeso (eccesso ponderale
compreso tra il 10-20% ) o obeso (eccesso ponderale superiore al 20% rispetto al suo peso
ideale ) o superobeso (l'eccesso ponderale è superiore al 50% del suo peso ideale). Inoltre il
valore dell’eccesso ponderale esprime una percentuale ben comprensibile ai ragazzi e ai loro
genitori e permette un confronto, nello stesso soggetto, nel tempo.
Sul piano epidemiologico nei bambini dopo i 24 mesi è indicato l’uso del BMI riferito ai parametri
di Cole
Plicometria
Altre metodiche antropometriche sono impiegate nella valutazione del bambino con
eccesso di peso in particolare la plicometria risulta essere utile nella valutazione della
massa grassa.
Plica tricipitale: Tabelle di riferimento Barlow e Dietz ; valore di cut off tra 85° e 95°
percentile sono suggestive di sovrappeso; valore di cut off > 95° percentile sono
indicativi di obesità.
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• Diagnosi differenziale con le forme secondarie
La visita del bambino sovrappeso o obeso è finalizzata ad orientare la diagnosi verso il tipo di
obesità:
obesità essenziale
obesità associata a sindromi genetiche
obesità secondaria a malattie endocrine
L’obesità è una componente di alcune rare sindromi genetiche che presentano alcune peculiari
caratteristiche fenotipiche. Le principali condizioni sindromiche che sono associate allo sviluppo
precoce di obesità comprendono la sindrome di Prader-Willi, la sindrome di Bardet-Biedl, la
sindrome di Beckwith-Wiedemann, la sindrome di Alstrom , la sindrome di Cohen.
I principali disordini endocrini causa di obesità sono il deficit di ormone della crescita o di ormone
tiroideo e l’eccesso di cortisolo. Queste tre condizioni sono caratterizzate sia dalla riduzione della
spesa energetica che dal rallentamento della crescita. Lo pseudoipoparatiroidismo è una rara causa
di obesità in età pediatrica.
Le condizioni cliniche che devono far sospettare obesità non essenziale sono:
o Ritardo mentale
o Ritardo puberale
o Rallentamento della velocità di crescita o bassa statura in relazione al potenziale genetico
o Ritardo della maturazione scheletrica
L’associazione di obesità, bassa statura e ritardo mentale ci orienta verso un problema di tipo
genetico.
L’associazione di obesità, rallentamento della velocità crescita e bassa statura ci orienta verso un
problema endocrino
L’associazione tra statura normale o alta, età ossea normale o accelerata ci orienta verso
un’obesità essenziale
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• Identificazione clinica delle complicanze correlate ( Tabella 2)
Le principali patologie associate all’obesità sono l’insulino-resistenza e l’ iperinsulinemia, il diabete
tipo 2; alterato profilo lipidico, ipertensione arteriosa, steatosi epatica, calcolosi della colecisti.
Problemi ortopedici. Problemi psicologici.
L’obesità viscerale ovvero la deposizione di grasso nell’area addominale, soprattutto in sede peri-
viscerale, è fattore di rischio importante per lo sviluppo di alterazioni metaboliche. La misura della
circonferenza della vita è correlata al grasso intra-addominale. Pertanto la misura della
circonferenza vita è un ottimo strumento per avere una stima del grado di deposizione lipidica in
area addominale anche nel bambino e nell’adolescente. All’aumentare della circonferenza
addominale aumenta la probabilità di avere fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione arteriosa,
elevati livelli di glicemia a digiuno, colesterolo totale e di trigliceridi, ridotti livelli di colesterolo
HDL).
Per stimare l’obesità viscerale nel bambino si usa la misura della circonferenza della vita e il valore
espresso in centimetri si riporta sul percentile di riferimento Circonferenza minima della vita:
Tabelle di riferimento: McCarthy, et al : valore di cut-off > 90° percentile .
In alternativa all’uso dei percentili della circonferenza vita, si può utilizzare più semplicemente il
rapporto tra circonferenza della vita e altezza, entrambe espresse in centimetri, il cui limite di
normalità è 0,5. Il vantaggio di questo indice è che può essere utilizzato indifferentemente nei
maschi e nelle femmine, di qualsiasi età ed etnia. E’ un indice innovativo perchè veloce da calcolare
e molto sensibile per individuare il rischio metabolico. Ad esempio, come dimostrato da uno studio
multicentrico della Società Italiana di Diabetologia ed Endocrinologia Pediatrica (SIEDP), tra i
bambini definiti sovrappeso ma non ancora obesi, quelli con un rapporto vita/altezza maggiore di
0.5 hanno un rischio 3 volte superiore di avere fattori di rischio cardiovascolare rispetto a quelli con
un rapporto minore o uguale a 0.5.
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Tabella 2 - Identificazione clinica delle complicanze correlate
o Misurare la pressione arteriosa (ipertensione arteriosa) o Misurare la circonferenza della vita (correla con alterato profilo lipidico e iperinsulinemia) o
rapporto tra circonferenza della vita e altezza o Epatomegalia (statosi epatica) o Acanthosis nigricans (aree di cute iperpigmentate al collo e grandi pieghe, segno di insulino
resistenza) o Valgismo del ginocchio, piattismo del piede o Dolori articolari al ginocchio o all’anca; limitazioni funzionali arti inferiori (coxa vara o
epifisiolisi testa del femore) o Russamento, narcolessia, apnee notturne o Dolori addominali ipocondrio destro (colelitiasi) o Oligomenorrea o amenorrea, presenza di irsutismo e altri segni di iperattività androgenica (
sindrome dell’ovaio policistico)
A chi ?
• Soggetti con obesità essenziale (BMI > 95° percentile)
• Soggetti sovrappeso con familiarità per fattori di rischio cardiovascolare (presenza in parenti
di I° e II° grado di ipertensione arteriosa , diabete, dislipidemia, accidenti cardiovascolari
con esordio ad una età <55 anni) o con anamnesi personale a rischio per obesità e sindrome
metabolica (SGA o LGA).
Quali? (Tabella 3)
• Glicemia a digiuno
v.n. < 100 mg/dl o 5,6 mmol/l;
iperglicemia a digiuno : 100-125 mg/dl o 5,6-6,9 mmol/l;
diabete: ≥ 126 mg/dl o 7 mmol/l
Curva da carico orale di glucosio
Se glicemia a digiuno > 100mg/dl viene confermata da una seconda valutazione è indicata la
curva da carico orale di glucosio. Criteri per diagnosi di intolleranza al glucosio (IGT): glicemia
>140 o 7.8 mmol/l e <200 mg/dl o 11.1 mmol/l dopo 2h da carico orale di glucosio .
4.2.5 Indagini di laboratorio e strumentali
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Criteri per diagnosi di diabete: glicemia >200 mg/dl (11.1 mmol/l) dopo 2 ore di carico di
glucosio.
• insulinemia a digiuno (valori compatibili con resistenza insulinica >15mcU/ml e/o rapporto
glicemia (mg/dl) /insulina (mcU/ml) <7)
• profilo lipidico:
o trigliceridi (v.n.< 100 mg/dl)
o colesterolemia totale (v.n. < 180 mg/dl)
o colesterolemia HDL (v.n. > 40 mg/dl)
o colesterolemia LDL (v.n. < 130 mg/dl)
o transaminasi ALT (v.n. <40 UI/L)
Nei pazienti sovrappeso, nei quali si evidenzi ipertensione, va eseguito un approfondimento
diagnostico
visita cardiologica – Holter pressorio – ECG – Ecocardiografia
esami mirati ad escludere forme di ipertensione secondaria.
valutazione della sindrome metabolica eventualmente associata
Valutazione del rischio di patologie endocrino-metaboliche associate
Criteri della sindrome metabolica
La diagnosi di sindrome metabolica è ben nota nell’adulto e si associa ad un aumentato rischio di
patologia cardiovascolare . Per l’età pediatrica non c’è ancora un criterio condiviso. Attualmente si
parla di sindrome metabolica in presenza di 3 o più dei seguenti parametri :
BMI > 95° percentile
Trigliceridi > 95° percentile
HDL colesterolo < 5° percentile
PA sistolica o diastolica > 95° percentile
Ridotta tolleranza glucidica
Valutazione del rischio di patologie gastroenterologiche associate
• Steatosi o steato-epatite
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Il rischio di steatosi va sempre preso in considerazione nel bambino obeso in bambini con ALT
superiore a 40 Ul/l confermata è suggerito un approfondimento diagnostico mediante:
gamma-GT
ecografia epatica
diagnosi differenziale di epatite
Valutazione delle patologie respiratorie associate
Nel bambino sovrappeso o obeso vanno pertanto accuratamente indagati i seguenti elementi
anamnestici:
• russamento notturno
• apnee ostruttive durante il sonno
• risvegli e incubi notturni
• narcolessia
• crisi di broncospasmo
In presenza di tali sintomi sarà opportuno sottoporre il paziente a
• valutazione ORL
• test di funzionalità respiratoria
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Tabella 3
Indagini 1° livello Indagini di 2° livello Indagini di 3° livello Glicemia a digiuno Curva da carico orale di
glucosio (0-120 minuti).
Insulinemia a digiuno Trigliceridemia Colesterolemia totale Colesterolemia HDL Colesterolemia LDL Transaminasi gamma-GT
ecografia epatica
diagnosi differenziale di epatite
Pressione arteriosa Visita cardiologica
Holter pressorio
ECG
Ecocardiografia
Escludere forme secondarie di
ipertensione
Elementi anamnestici Apnee notturne, narcolessia
Valutazione ORL
EAB arterioso Spirometria Test sforzo cardiopolmonare Polisomnografia
Oligomenorrea Amenorrea
Dosaggi ormonali Ecografia pelvica
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5. IL PERCORSO TERAPEUTICO
5.1 Obiettivi del trattamento
Obiettivi a breve termine
o stabilizzazione del peso
Obiettivi a medio termine
o riduzione del peso
o prevenire e ridurre le complicanze
Obiettivi a lungo termine (almeno 1 anno)
o non recupero del peso
o stabilizzazione di uno stile di vita salutare
5.2 Quando intervenire
o Bambini e adolescenti con sovrappeso devono stabilizzare il peso mediante l’incremento
dell’attività fisica e modifiche dell’alimentazione attraverso un programma che dovrà
inevitabilmente coinvolgere l’intero nucleo familiare Le prescrizioni sono incentrate a
ristabilire un equilibrio fra introito calorico e spesa energetica Occorre dare suggerimenti per
incrementare l’attività fisica e fornire consigli per la modifica delle abitudini alimentari e
l’acquisizione di una sana ed equilibrata alimentazione. Il confine tra consiglio e
prescrizione è labile e le famiglie interpretano spesso in modo personale quanto detto
dall’operatore. Per questo è preferibile consegnare tali indicazioni in forma cartacea in modo
da ridurre il peso delle interpretazioni soggettive del paziente. (Allegato 1-Consigli).
o Bambini e adolescenti con obesità > 95° percentile o con sovrappeso in presenza di
complicanze devono essere sottoposti ad un trattamento più intensivo (dieta e programma di
attività fisica). Per l’età pediatrica le diete tengono conto del fabbisogno calorico per il peso
ideale e del dispendio energetico.
5.3 Come intervenire
Negli ultimi anni, numerosi studi hanno osservato che una perdita di peso corporeo con conseguente
normalizzazione del rapporto peso/altezza in relazione all’età del bambino o dell’adolescente è in
grado di determinare dei significativi benefici e di ridurre la maggior parte delle complicazioni
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associate all’obesità. I significativi benefici ottenuti da una perdita di peso corporeo, associati al
fatto che il decremento ponderale è fortemente ostacolato da complessi meccanismi biologici e
psicologici, hanno posto come obiettivo della cura dell’obesità una perdita di peso corporeo che
possa essere mantenuta nel tempo.
Finora non abbiamo ancora a disposizione dei trattamenti che abbiano dimostrato un’efficacia
terapeutica a lungo termine dell’obesità ma, in generale, la dieta presenta i maggiori effetti a lungo
termine solo se associata ad attività fisica e ad una modifica degli schemi cognitivo-
comportamentali associati all’alimentazione .
Il percorso terapeutico pertanto dovrà prendere in esame anche gli aspetti affettivi, cognitivi e
relazionali connessi all’alimentazione e le problematiche comportamentali correlate.
Questa dimensione è quella solitamente meno considerata nell’intervento medico standard ma la sua
importanza è evidente. Proviamo ad elencare brevemente i motivi.
Gli individui adottano un certo stile alimentare in virtù di molteplici fattori (sociali, economici,
psicologici) ma la modifica di un determinato stile alimentare può avvenire solo in seguito a due
fattori: a) ad una trasformazione sociale ed economica dell’offerta alimentare; b) ad una modifica
del comportamento alimentare individuale. L’intervento al primo livello riguarda le politiche
alimentari, ad esempio il controllo sulle mense, la eliminazione dal commercio di cibo spazzatura,
ma ciò non compete direttamente al pediatra che può dare solo delle indicazioni in merito. È
possibile invece intervenire più specificamente al secondo, quello della modifica del
comportamento individuale, finalizzato cioè ad una regolazione personale del soggetto nei confronti
dell’alimentazione.
In che modo i messaggi “educativi” del pediatra possono essere efficaci, dal momento che uno dei
principali limiti rilevati in tutti i programmi di intervento per la riduzione dell’obesità è proprio la
scarsa compliance dei pazienti ai programmi dietetici?
Allo stato attuale è possibile individuare alcune indicazioni cruciali.
1) responsabilizzare e coscientizzare la famiglia sui rischi connessi all’obesità
2) non colpevolizzare la famiglia e il bambino per evitare “frustrazioni” e “fughe difensive dal
trattamento
3) potenziare l’efficacia regolativa del comportamento alimentare sottolineando i successi
terapeutici anche piccoli
4) considerare le “ricadute” e le “crisi” come momenti inevitabili del percorso terapeutico
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5) evidenziare gli aspetti positivi legati ad una condotta di vita salutare aiutando il paziente e la
famiglia ad una corretta analisi del rapporto costi-benefici
6) sostenere il nucleo familiare nella gestione delle dinamiche relazionali connesse
all’alimentazione. Esempi ne sono fenomeni quali quelli del bambino che vuole più cibo
come richiesta di attenzione, della madre che offre quantità smodate di cibo per tenere
“legati” a sé i diversi componenti del nucleo familiare, ecc. Occorre tenere presente che il
cambiamento delle abitudini alimentari va ad incidere profondamente sugli equilibri
all’interno della famiglia, sulle sue tradizioni, sui ruoli radicati ormai nel tempo (la
madre/nonna che cucina; il figlio che apprezza il cibo e riconosce pertanto un valore alla
madre). La madre (in genere lei) deve ridefinire la propria immagine da quello di “angelo
del focolare” a colei che ha cura della salute del figlio stimolandolo a condurre uno stile di
vita salutare.
7) Intervenire psicoterapeuticamente in presenza di conclamati disturbi del comportamento
alimentare (DCA) quali il binge eating disorder.
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