Avvenire - Reportage dal Togo, di Paolo M. Alfieri, 27/12/2011

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 Avvenire 12/27/2011 Page : A07 Copyright © Avvenire December 27, 2011 9:54 am / Powered by TECNAVIA / H Copy Reduced to 48% from original to fit letter page I SEMI DEL FUTURO MARTEDÌ 27 DICEMBRE 2011 7 punto di riferimento L ’ospedale di Amadahome è stata inaugurata a febbraio. È gestita dalle suore di Notre Dame de la Trinité sostenute dal Gruppo Cariparma Crédit  Agr ico le. Off re vis ite, va cci naz ion i e test per l’H iv DALNOSTROINVIA TOA LOMÉ P  AOLOM. A LFIERI a un giorno di vita, il piccolo David, e ti fissa con gli occhi sgranati, anco- ra frastornato dalla sua venuta al mondo. Poi si attacca al seno di sua madre e, placido, si fa nutrire e cullare. Fosse nato appena otto mesi fa, David, non sa- rebbe lì dove lo stiamo osservando. Il centro sanitario di Amadahome, a una ventina di mi- nuti dal centro della capitale togolese Lomé, ha aperto i battenti solo a febbraio. Dire che se ne sentisse il bisogno, in una zona in cui è evidente la penuria di servizi sanitari di base, è poco. «Come facevano prima le donne in- cinte? Dovevano camminare per chilometri per raggiungere il centro più vicino, oppure, nella stragrande maggioranza dei casi, parto- rivano in casa con metodi inadeguati», sotto- lineano i responsabili del centro. Da febbraio sono 144 i bambini nati qui. Da- vid, ultimo arrivato, è il numero 145. Molte di più, nell’arco di questi primi mesi, sono state le visite pre-natali, le vaccinazioni per uomi- ni e donne, i test per l’Hiv, le ecografie, assi- curate da uno staff di dodici persone.  A gu idarlo, l’impegn o dell e suor e di Notre Da- me de la Trinité, congregazione di cui fanno parte 66 religiose, sostenute dal Gruppo Ca- riparma Crédit Agricole, che ha provveduto ai fondi per la costruzione e l’equipaggia- mento del dispensario ed è impegnato dal 2005 con progetti in campo educativo e sani- tario. Perché qui in Togo lo Stato fa quel che può (se può e, soprattutto, se vuole) ma spes- so il sostegno a una popolazione che per il 70% vive di agricoltura di sussistenza è affidato a religiosi, Ong internazionali, donatori privati e poco altro. Non ha petrolio, il Togo, non è sulle mappe delle grandi multinazionali. È una lunga stri- scia di terra incastonata nel Golfo di Guinea che si affida a caffè, cotone e cacao, prodotti ormai in balia dei mercati speculativi delle materie prime. Come in molte città africane, lungo le strade di Lomé è tutto un accatastar- si di banchetti con merce di ogni tipo. C’è chi vende piccoli oggetti di artigianato, stoffe va- riopinte, scarpe, semi o anche solo delle ara- chidi in bottiglie di vetro. Chi non ha a dispo- sizione un pezzo di terra da coltivare è a que- sto piccolo commercio che deve affidare la speranza del suo pasto quotidiano. Le barac- che fatiscenti ammassate l’una sull’altra, i te- gami con cui all’esterno si cucina o si fa bol- lire l’acqua, raccontano di una vita di estrema precarietà. Le carreggiate sono il regno di cen- tinaia di motorette smarmittate che fanno im- pazzire gli automobilisti e si fermano a far rifornimento da ragazzini che si improvvisa- no benzinai con qualche bottiglia di carbu- rante trafugato al mercato nero. «Lavoro, Libertà, Patria» è il motto inciso sul- lo stemma togolese. E se il lavoro è quel che è, anche la libertà non se la passa benissimo. «Sia il partito al governo che l’opposizione so- no immobili e la stampa, senza grandi mez- zi, non ha la possibilità di raccontare le cose come stanno – è l’opinione di un funzionario locale che chiede l’anonimato –. Il popolo vi- ve in una situazione di miseria estrema, ma o- ra sta nascendo una grande spinta verso il cambiamento». Per strada la presenza dei mi- litari e delle forze di sicurezza è abbastanza di- screta, se si pensa che per il Togo gli osserva-  H tori parlano di autoritarismo, pur dalle sem- bianze democratiche. Perché è vero che Fau- re Gnassingbé è stato formalmente eletto nel maggio 2005 con una valanga di voti. Ma sia quelle elezioni che il golpe militare con il qua- le aveva preso il potere tre mesi prima, alla morte del padre Gnassingbé Eyadéma – do- minus del Togo per 38 anni – sono tutt’altro che un modello di democrazia. Non manca- rono, all’epoca, manifestazioni popolari con- giore libertà. Cruciale è la lotta all’analfabeti- smo, grazie alla quale il Paese può prendere coscienza di sé. Per questo la Chiesa ha volu- to essere in prima linea in campo educativo».  A Lomé i p olitici loca li li vedi al la Messa della domenica mattina nella chiesa di San Fran- cesco. Alle 8, quando il coro già intona il can- to d’ingresso, arrivano gli ultimi alti dignitari dello Stato. Farsi vedere in chiesa, evidente- mente, serve. E forse non è un caso se il sa- cerdote durante l’omelia esorta a «rifuggire il culto della personalità e del denaro». La fun- zione, di per sé, è una vera e propria festa del- l’eucaristia. Non c’è passaggio chiave che non sia sottolineato dalla musica, garantita da u- na piccola banda di ottoni accompagna ta da tastiere e batteria. L’offertorio dura un quar- to d’ora: a turni uomini e donne, vestiti nei lo- ro abiti migliori, sono invitati davanti all’alta- re a depositare le offerte a seconda del giorno della settimana in cui sono nati. Quanto rac- colto andrà ai più poveri tra i poveri e così so- no pochissimi quelli che restano al loro posto. Sono sanità e istruzione, oltre alla stessa sus- sistenza, i settori in cui c’è più bisogno. «Lo Sta- to dovrebbe farsi carico almeno delle cure d’urgenza – sottolinea suor Stella Matutina d’Almeida, che dopo gli studi di Medicina in Italia ora lavora qui da chirurgo in un ospedale regionale –. In chirurgia abbiamo moltissimi casi di ernia perché per la maggior parte i no- stri pazienti sono contadini, nei bambini so- no molti i casi di perforazioni intestinali da tifo. E per quanto riguarda l’istruzione, è ve- ro che le scuole elementari sono gratuite ma molti genitori fanno fatica a comprare i libri o i quaderni». Una povertà immensa, dunque, ma a Natale i genitori fanno grandi sforzi per soddisfare almeno in questo giorno i desideri dei bam- bini. «Qui i regali possibili sono un vestito nuo- vo realizzato a mano, un paio di scarpe e un pasto sufficiente per nutrirsi – sottolinea an- cora monsignor Kpodzro –. Giocattoli i bam- bini non ne chiedono nemmeno, perché si guarda ai bisogni primari». In mezzo a tante necessità non si fatica a cre- dere che strutture come il centro sanitario di  Amadahom e diventino subito pu nti di riferi- mento per migliaia di persone. La zona, pe- raltro, è in piena espansione: «Tra due o tre anni il bacino d’utenza sarà molto maggiore – conferma suor Stella – per cui le necessità aumenteranno». Dà speranza, però, l’esi- stenza di un luogo sicuro al quale affidare la nascita del proprio figlio. Te lo conferma la lunga fila di donne che attendono, pazienti, per l’ecografia. Sono una ventina, in gran par- te molto giovani e dai bei lineamenti. Poche settimane ancora e per le mamme sarà tem- po di partorire. Nuovi David sono pronti a ve- nire al mondo per farsi cullare dal loro ab- braccio. ©RIPRODUZIONE RISERVATA tro la dinastia al potere, ma furono presto soffocate nel sangue. Meno tese le presiden- ziali rivinte da Faure nel 2010, ma tuttora l’i- stituto americano Freedom House cataloga il Togo come Paese solo «parzialmente libero». «Eppure la situazione dal punto di vista poli- tico e della libertà dei media sta migliorando – è l’opinione di monsignor Philippe Kpodz- ro, arcivescovo emerito di Lomé –. Il totalita- rismo di un tempo sta lasciando spazio a mag- Prima le donne mettevano al mondo i figli in condizioni precarie o facevano chilometri a piedi per trovare aiuto. Il Paese è estremamente povero, afflitto da una democrazia di facciata La Chiesa è in prima linea accanto alla popolazione. E la Messa è una vera festa Un mercato vicino ad Atakpame. Il T ogo vive per il 70% di agricolt ura di sussiste nza (foto P.M.Al.) LA NAZIONE Tra gli ultimi nella lista Onu: aspettativa di vita di 57 anni Il T ogo, colonia francese fino al 1960, occupa il 162esimo posto nell’Indice di sviluppo umano stilato dalle Nazioni Unite. Affacciato sul Golfo di Guinea, nell’Ovest del continente africano, conta poco più di 6 milioni di abitanti (i cattolici sono circa il 30%). L’aspettativa di vita è di appena 57 anni, anche a causa di un tasso di mortalità infantile che sfiora il 10%. Le risorse allocate dal governo sono marginali sia nel settore della sanità che nell’educazione: ben il 40% della popolazione è analfabeta. Sette togolesi su dieci vivono di agricoltura, spesso limitata alla sussistenza, tanto che la malnutrizione è intorno al 30%. Le prospettive economiche del Paese restano scarse, anche a causa del declino della produzione di cotone e per i ridotti investimenti nel settore dei fosfati, principale risorsa mineraria del Paese. (P.M.Al.) ©RIPRODUZIONE RISERVATA DAL NOSTROINVIATO  AD A TAKPAME (TOGO) l regalo più bello per un giovane è dargli la possibi- lità di studiare». Suor Ch- ristine Marie Franck, ma- dre superiora della con- gregazione Notre Dame de la Trinité, non ha dubbi su quanto cruciale sia per i ragazzi affacciarsi alla vita con una formazione ade- guata. Qui ad Atakpame, nel cuore di un Paese in cui buona parte dei bam- bini si ferma alla licenza e- lementare obbligatoria, c’è un istituto che da 50 anni offre concrete spe- ranze di sviluppo. È il complesso Notre Dame de  Afrique, frequent ato da 580 giovani divisi in classi che vanno dalla prima e- I « lementare all’ultimo anno delle superiori. Per arrivarci abbiamo per- corso oltre due ore di stra- da da Lomé, immergen- doci in una realtà rurale che ha mantenuto sem- bianze da epoca precolo- niale. I villaggi attraversa- ti sono piccoli agglomera- ti di capanne o di costru- zioni malandate tirate su con mattoni cotti al sole e il tetto di paglia. Ogni tan- to un torrente dove donne e bambini seminudi riem- piono d’acqua grossi reci- pienti che poi trasportano in bilico sulla testa. È l’A- frica nera, l’Africa vera. Con le sue strade acciden- tate che bucano la vegeta- zione e quell’asfalto che spesso si apre in grosse vo- ragini, tanto che non è ra- ro vedere ai margini della carreggiata carcasse di au- to e camion rovesciati e la- sciate ad arrugginire. Notre Dame de Afrique è un faro di opportunità af- facciato su una realtà di povertà estrema. I giovani che lo frequentano vengo- no dall’intero circondario e non mancano studenti originari dei Paesi vicini. Per 55 ragazze c’è anche la possibilità di un alloggio.  Al matt ino le lezioni ini- ziano alle 7, con il sole già alto che punta verso i 30 gradi. I ragazzi indossano orgogliosi le loro uniformi, camicia bianca e gonna o pantaloni beige. Ci tengo- no a presentare il frutto del loro impegno e allora con gli insegnanti li se- guiamo a cimentarsi in u- na sorta di saggio. C’è il la- boratorio di scienze, dove uno di loro si mette al la- voro al microscopio men- tre un altro si destreggia con acidi e soluzioni. C’è l’aula di informatica, con una ventina di pc, e non manca un campo sporti- vo per il calcio e il basket, tutte strutture realizzate grazie al Gruppo Caripar- ma. Le attività didattiche sono coordinate dalla direttrice suor Fidelia Dotsey, esem- pio di infaticabile impe- gno e passione. «Studiano tanto, più che nelle scuo- le di città e i loro buoni ri- sultati ci danno gioia», sot- tolinea. Sono svegli, questi ragazzi, e lo vedi dalle ri- sposte che danno, dagli in- terventi in classe, dal fat- to di avere ben presente che ciò di cui possono u- sufruire è un miraggio per la maggioranza dei loro coetanei. Ma cosa voglio- no, quali sono i loro desi- deri, cosa chiederebbero, se potessero, ai loro go- vernanti? «Infrastrutture, investimenti sulla forma- zione per avere spazi e strumenti adeguati, colle- gamenti a Internet per ap- profondire e confrontarsi con altri Paesi», sono le ri- sposte più ricorrenti. Qua- si tutti, poi, vorrebbero frequentare l’università u- na volta terminato il col- legio, ma è un privilegio che molti non potranno permettersi. Sono curiosi del mondo, futura classe dirigente di un Paese che ha bisogno della loro preparazione. «Non è un caso se addirit- tura quattro componenti dell’attuale governo pro- vengono dalla nostra scuola», sottolinea suor Fi- delia. «Siamo impegnati qui perché il Togo è tra i Paesi di maggiore emer- genza e tramite l’Associa- zione Mondo Nuovo ave- vamo la certezza che i fon- di sarebbero andati a buon fine – spiega Franco Duc, direttore della co- municazione del Gruppo Cariparma – Dal 2005 so- steniamo 160 bambini e ragazzi e a distanza di qualche anno possiamo vedere i frutti di questi sforzi».  Alla sera il vociare delle studentesse che alloggia- no qui si fa spazio nel mez- zo della folta vegetazione che circonda l’istituto. Al- cune ripassano una lezio- ne per il giorno dopo, altre cantano in cerchio. Dopo aver trascorso il Na- tale a casa, con le loro fa- miglie, torneranno per un anno scolastico da finire. In quel tratto della vita in cui dubbi e aspettative, in- certezze e speranze dan- zano insieme prima del- l’età adulta. Paolo M. Alfieri ©RIPRODUZIONE RISERVATA L’istituto Notre Dame de Afrique, con aule di informatica e scienze, accoglie 580 studenti «Il nostro sogno? Iscriverci all’università» Quella scuola modello fra villaggi di capanne l’incontro T ogo, il centro sanitar io che fa nascere la speranza  A s si s t e n z a e u n p ar t o si c u r o p er l e mam m e e i b a m b i ni Le future mamme in attesa dell’ecografia nell’ospedale di Amadahome. Il centro si trova a venti chilometri da Lomè Sopra, David, l’ultimo bambino nato nel centro di Amadahome (foto P.M.Al.)

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Avvenire 27/12/2011Un Paese estremamente povero, afflitto da una democrazia di facciata.Il centro sanitario di Amadahome garantisce assistenza e un parto sicuro per le mamme e i bambini. Mentre l’istituto Notre Dame de Afrique di Atakpame, con aule di informatica e scienze, accoglie 580 studenti: «Il nostro sogno? Iscriverci all’università»

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I SEMI

DEL FUTURO

MARTEDÌ27 DICEMBRE 2011 7

punto di riferimentoL’ospedale di Amadahome è stata inaugurataa febbraio. È gestita dalle suore di Notre Dame dela Trinité sostenute dal Gruppo Cariparma Crédit Agricole. Offre visite, vaccinazioni e test per l’Hiv 

DALNOSTROINVIATOA  LOMÉP AOLO M. A LFIERI

a un giorno di vita, il piccolo David,e ti fissa con gli occhi sgranati, anco-ra frastornato dalla sua venuta al

mondo. Poi si attacca al seno di sua madre e,placido, si fa nutrire e cullare.Fosse nato appena otto mesi fa, David, non sa-rebbe lì dove lo stiamo osservando. Il centro

sanitario di Amadahome, a una ventina di mi-nuti dal centro della capitale togolese Lomé,ha aperto i battenti solo a febbraio. Dire chese ne sentisse il bisogno, in una zona in cui èevidente la penuria di servizi sanitari di base,è poco. «Come facevano prima le donne in-cinte? Dovevano camminare per chilometriper raggiungere il centro più vicino, oppure,nella stragrande maggioranza dei casi, parto-rivano in casa con metodi inadeguati», sotto-lineano i responsabili del centro.Da febbraio sono 144 i bambini nati qui. Da-vid, ultimo arrivato, è il numero 145. Molte dipiù, nell’arco di questi primi mesi, sono statele visite pre-natali, le vaccinazioni per uomi-ni e donne, i test per l’Hiv, le ecografie, assi-curate da uno staff di dodici persone. A guidarlo, l’impegno delle suore di Notre Da-me de la Trinité, congregazione di cui fannoparte 66 religiose, sostenute dal Gruppo Ca-riparma Crédit Agricole, che ha provvedutoai fondi per la costruzione e l’equipaggia-mento del dispensario ed è impegnato dal2005 con progetti in campo educativo e sani-tario. Perché qui in Togo lo Stato fa quel chepuò (se può e, soprattutto, se vuole) ma spes-so il sostegno a una popolazione che per il70% vive di agricoltura di sussistenza è affidatoa religiosi, Ong internazionali, donatori privatie poco altro.Non ha petrolio, il Togo, non è sulle mappedelle grandi multinazionali. È una lunga stri-scia di terra incastonata nel Golfo di Guineache si affida a caffè, cotone e cacao, prodottiormai in balia dei mercati speculativi dellematerie prime. Come in molte città africane,lungo le strade di Lomé è tutto un accatastar-si di banchetti con merce di ogni tipo. C’è chivende piccoli oggetti di artigianato, stoffe va-riopinte, scarpe, semi o anche solo delle ara-chidi in bottiglie di vetro. Chi non ha a dispo-sizione un pezzo di terra da coltivare è a que-sto piccolo commercio che deve affidare lasperanza del suo pasto quotidiano. Le barac-che fatiscenti ammassate l’una sull’altra, i te-gami con cui all’esterno si cucina o si fa bol-lire l’acqua, raccontano di una vita di estremaprecarietà. Le carreggiate sono il regno di cen-tinaia di motorette smarmittate che fanno im-pazzire gli automobilisti e si fermano a farrifornimento da ragazzini che si improvvisa-no benzinai con qualche bottiglia di carbu-rante trafugato al mercato nero.«Lavoro, Libertà, Patria» è il motto inciso sul-lo stemma togolese. E se il lavoro è quel cheè, anche la libertà non se la passa benissimo.«Sia il partito al governo che l’opposizione so-no immobili e la stampa, senza grandi mez-zi, non ha la possibilità di raccontare le cosecome stanno – è l’opinione di un funzionariolocale che chiede l’anonimato –. Il popolo vi-ve in una situazione di miseria estrema, ma o-ra sta nascendo una grande spinta verso ilcambiamento». Per strada la presenza dei mi-litari e delle forze di sicurezza è abbastanza di-screta, se si pensa che per il Togo gli osserva-

 

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tori parlano di autoritarismo, pur dalle sem-bianze democratiche. Perché è vero che Fau-re Gnassingbé è stato formalmente eletto nelmaggio 2005 con una valanga di voti. Ma siaquelle elezioni che il golpe militare con il qua-le aveva preso il potere tre mesi prima, allamorte del padre Gnassingbé Eyadéma – do-minus del Togo per 38 anni – sono tutt’altroche un modello di democrazia. Non manca-rono, all’epoca, manifestazioni popolari con-

giore libertà. Cruciale è la lotta all’analfabeti-smo, grazie alla quale il Paese può prenderecoscienza di sé. Per questo la Chiesa ha volu-to essere in prima linea in campo educativo». A Lomé i politici locali li vedi alla Messa delladomenica mattina nella chiesa di San Fran-cesco. Alle 8, quando il coro già intona il can-to d’ingresso, arrivano gli ultimi alti dignitaridello Stato. Farsi vedere in chiesa, evidente-mente, serve. E forse non è un caso se il sa-cerdote durante l’omelia esorta a «rifuggire ilculto della personalità e del denaro». La fun-zione, di per sé, è una vera e propria festa del-l’eucaristia. Non c’è passaggio chiave che nonsia sottolineato dalla musica, garantita da u-na piccola banda di ottoni accompagnata datastiere e batteria. L’offertorio dura un quar-to d’ora: a turni uomini e donne, vestiti nei lo-ro abiti migliori, sono invitati davanti all’alta-re a depositare le offerte a seconda del giornodella settimana in cui sono nati. Quanto rac-colto andrà ai più poveri tra i poveri e così so-no pochissimi quelli che restano al loro posto.Sono sanità e istruzione, oltre alla stessa sus-sistenza, i settori in cui c’è più bisogno. «Lo Sta-to dovrebbe farsi carico almeno delle cured’urgenza – sottolinea suor Stella Matutinad’Almeida, che dopo gli studi di Medicina inItalia ora lavora qui da chirurgo in un ospedaleregionale –. In chirurgia abbiamo moltissimicasi di ernia perché per la maggior parte i no-stri pazienti sono contadini, nei bambini so-no molti i casi di perforazioni intestinali datifo. E per quanto riguarda l’istruzione, è ve-ro che le scuole elementari sono gratuite mamolti genitori fanno fatica a comprare i librio i quaderni».Una povertà immensa, dunque, ma a Natalei genitori fanno grandi sforzi per soddisfarealmeno in questo giorno i desideri dei bam-bini. «Qui i regali possibili sono un vestito nuo-vo realizzato a mano, un paio di scarpe e unpasto sufficiente per nutrirsi – sottolinea an-cora monsignor Kpodzro –. Giocattoli i bam-bini non ne chiedono nemmeno, perché siguarda ai bisogni primari».In mezzo a tante necessità non si fatica a cre-dere che strutture come il centro sanitario di Amadahome diventino subito punti di riferi-mento per migliaia di persone. La zona, pe-raltro, è in piena espansione: «Tra due o treanni il bacino d’utenza sarà molto maggiore– conferma suor Stella – per cui le necessitàaumenteranno». Dà speranza, però, l’esi-stenza di un luogo sicuro al quale affidare lanascita del proprio figlio. Te lo conferma lalunga fila di donne che attendono, pazienti,per l’ecografia. Sono una ventina, in gran par-te molto giovani e dai bei lineamenti. Pochesettimane ancora e per le mamme sarà tem-po di partorire. Nuovi David sono pronti a ve-nire al mondo per farsi cullare dal loro ab-braccio.

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tro la dinastia al potere, ma furono prestosoffocate nel sangue. Meno tese le presiden-ziali rivinte da Faure nel 2010, ma tuttora l’i-stituto americano Freedom House cataloga ilTogo come Paese solo «parzialmente libero».«Eppure la situazione dal punto di vista poli-tico e della libertà dei media sta migliorando– è l’opinione di monsignor Philippe Kpodz-ro, arcivescovo emerito di Lomé –. Il totalita-rismo di un tempo sta lasciando spazio a mag-

Prima le donne mettevano al mondoi figli in condizioni precarie o facevanochilometri a piedi per trovare aiuto. IlPaese è estremamente povero, afflittoda una democrazia di facciataLa Chiesa è in prima linea accanto allapopolazione. E la Messa è una vera festa

Un mercato vicino ad Atakpame. Il Togo vive per il 70% di agricolt ura di sussiste nza (foto P.M.Al.)

LA NAZIONE

Tra gli ultimi nella lista Onu:aspettativa di vita di 57 anniIl Togo, colonia francese fino al1960, occupa il 162esimo postonell’Indice di sviluppo umano stilatodalle Nazioni Unite. Affacciato sulGolfo di Guinea, nell’Ovest delcontinente africano, conta poco piùdi 6 milioni di abitanti (i cattolicisono circa il 30%). L’aspettativa divita è di appena 57 anni, anche acausa di un tasso di mortalitàinfantile che sfiora il 10%. Le risorseallocate dal governo sono marginalisia nel settore della sanità chenell’educazione: ben il 40% dellapopolazione è analfabeta. Settetogolesi su dieci vivono diagricoltura, spesso limitata allasussistenza, tanto che lamalnutrizione è intorno al 30%. Leprospettive economiche del Paeserestano scarse, anche a causa deldeclino della produzione di cotonee per i ridotti investimenti nelsettore dei fosfati, principale risorsamineraria del Paese. (P.M.Al.)

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DAL NOSTROINVIATO AD A TAKPAME (TOGO)

l regalo più belloper un giovane èdargli la possibi-

lità di studiare». Suor Ch-ristine Marie Franck, ma-dre superiora della con-gregazione Notre Dame dela Trinité, non ha dubbi suquanto cruciale sia per iragazzi affacciarsi alla vitacon una formazione ade-guata. Qui ad Atakpame,nel cuore di un Paese incui buona parte dei bam-bini si ferma alla licenza e-lementare obbligatoria,c’è un istituto che da 50anni offre concrete spe-ranze di sviluppo. È ilcomplesso Notre Dame de

  Afrique, frequentato da580 giovani divisi in classiche vanno dalla prima e-

 

I« lementare all’ultimo annodelle superiori.Per arrivarci abbiamo per-corso oltre due ore di stra-da da Lomé, immergen-doci in una realtà ruraleche ha mantenuto sem-bianze da epoca precolo-niale. I villaggi attraversa-ti sono piccoli agglomera-ti di capanne o di costru-zioni malandate tirate sucon mattoni cotti al sole eil tetto di paglia. Ogni tan-to un torrente dove donnee bambini seminudi riem-piono d’acqua grossi reci-pienti che poi trasportanoin bilico sulla testa. È l’A-frica nera, l’Africa vera.Con le sue strade acciden-

tate che bucano la vegeta-zione e quell’asfalto chespesso si apre in grosse vo-ragini, tanto che non è ra-ro vedere ai margini dellacarreggiata carcasse di au-to e camion rovesciati e la-sciate ad arrugginire.Notre Dame de Afrique èun faro di opportunità af-facciato su una realtà dipovertà estrema. I giovaniche lo frequentano vengo-no dall’intero circondarioe non mancano studentioriginari dei Paesi vicini.Per 55 ragazze c’è anche lapossibilità di un alloggio.

 Al mattino le lezioni ini-ziano alle 7, con il sole giàalto che punta verso i 30

gradi. I ragazzi indossanoorgogliosi le loro uniformi,camicia bianca e gonna opantaloni beige. Ci tengo-no a presentare il fruttodel loro impegno e alloracon gli insegnanti li se-guiamo a cimentarsi in u-na sorta di saggio. C’è il la-boratorio di scienze, doveuno di loro si mette al la-voro al microscopio men-tre un altro si destreggiacon acidi e soluzioni. C’èl’aula di informatica, conuna ventina di pc, e nonmanca un campo sporti-vo per il calcio e il basket,tutte strutture realizzategrazie al Gruppo Caripar-ma.

Le attività didattiche sonocoordinate dalla direttricesuor Fidelia Dotsey, esem-pio di infaticabile impe-gno e passione. «Studianotanto, più che nelle scuo-le di città e i loro buoni ri-sultati ci danno gioia», sot-tolinea. Sono svegli, questiragazzi, e lo vedi dalle ri-

sposte che danno, dagli in-terventi in classe, dal fat-to di avere ben presenteche ciò di cui possono u-sufruire è un miraggio perla maggioranza dei lorocoetanei. Ma cosa voglio-no, quali sono i loro desi-deri, cosa chiederebbero,se potessero, ai loro go-vernanti? «Infrastrutture,investimenti sulla forma-zione per avere spazi estrumenti adeguati, colle-gamenti a Internet per ap-profondire e confrontarsicon altri Paesi», sono le ri-sposte più ricorrenti. Qua-si tutti, poi, vorrebberofrequentare l’università u-na volta terminato il col-

legio, ma è un privilegioche molti non potrannopermettersi.Sono curiosi del mondo,futura classe dirigente diun Paese che ha bisognodella loro preparazione.«Non è un caso se addirit-tura quattro componentidell’attuale governo pro-vengono dalla nostrascuola», sottolinea suor Fi-delia. «Siamo impegnatiqui perché il Togo è tra iPaesi di maggiore emer-genza e tramite l’Associa-zione Mondo Nuovo ave-vamo la certezza che i fon-di sarebbero andati abuon fine – spiega FrancoDuc, direttore della co-

municazione del GruppoCariparma – Dal 2005 so-steniamo 160 bambini eragazzi e a distanza diqualche anno possiamovedere i frutti di questisforzi».

 Alla sera il vociare dellestudentesse che alloggia-no qui si fa spazio nel mez-zo della folta vegetazioneche circonda l’istituto. Al-cune ripassano una lezio-ne per il giorno dopo, altrecantano in cerchio.Dopo aver trascorso il Na-tale a casa, con le loro fa-miglie, torneranno per unanno scolastico da finire.In quel tratto della vita incui dubbi e aspettative, in-certezze e speranze dan-zano insieme prima del-l’età adulta.

Paolo M. Alfieri© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’istituto Notre Damede Afrique, con auledi informatica e scienze,accoglie 580 studenti«Il nostro sogno?Iscriverci all’università»

Quella scuola modello fra villaggi di capannel’incontro

Togo, il centro sanitarioche fa nascere la speranza

 Assistenza e un parto sicuro per le mamme e i bambini

Le future mamme in attesa dell’ecografianell’ospedale di Amadahome. Il centrosi trova a venti chilometri da LomèSopra, David, l’ultimo bambino nato nelcentro di Amadahome (foto P.M.Al.)

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