Autunno 2011 - Le montagne divertenti · Autunno 2011 Gelida notte in vetta alla Motta di Scais...

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©Le montagne divertenti - 1/49 AUTUNNO 2011 Gelida notte in vetta alla Motta di Scais nelle Alpi Orobie. Per realizzare questa immagine ho utilizzato iso 800, f 8.0 e una esposizione di 9 minuti, in cui per 90 secondi è stata accesa la luce all’interno della tenda (23 novembre 2011, foto Beno).

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Autunno 2011

Gelida notte in vetta alla Motta di Scais nelle Alpi Orobie. Per realizzare questa immagine ho utilizzato iso 800, f 8.0 e una esposizione di 9 minuti, in cui per 90 secondi è stata accesa la luce all’interno della tenda (23 novembre 2011, foto Beno).

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Maloja

WergensteinZillis

MedelsSplügen

Sufers

Innerferrera

Ausserferrera

Parsonz

Curtegns

Cresta

Isola Madesimo

Montespluga

Fraciscio

Pianazzo

Campodolcino

Prosto

Mese

Gordona

PrataCamportaccio

Villadi Chiavenna

CastasegnaSoglio

Bondo

S. CassianoS. Pietro

SamòlacoEra

Somaggia

Novate Mezzola

Verceia

S. Martino

ArdennoBùglio

BerbennoPostalesio

Castione

Vicosoprano

Casaccia

Juf

Bivio

Mulegns

Cunter

Sur

DubinoTraona

Mantello Mello

Còlico

DervioTremenico

PremanaBellàno

Taceno

Lierna

Bellagio

Introbio

Pasturo BarzioValtorta

Ornica

Cassiglio

Cùsio

Mezzoldo

Piazzatorre Branzi

Carona

Olmoal Brembo

Geròla

Pescegallo

Bema Albaredo

Talamona

SirtaColorina

Tartano

Caspano

Bagnidel Màsino

Delébio Rògolo CòsioRegolédo

MontemezzoDosso d. Liro Gera

LarioLivo

Dongo

Andeer

Foppolo

Roncorbello

Caiolo Albosaggia

Torre di S. Maria

Chiesain Valmalenco

PrimoloLanzada

Caspoggio

Chiareggio

Sils

Silvaplana

Samedan

Zuoz

Piz QuattervalsPiz Kesch

3418

Albulapass2312

3057

4050

3323

3136

Piz Nair

Pizzo Bernina

Pizzo Scalino

Monte Cadelle 2483

Pizzo dei Tre Signori 2554

Passo San Marco1985

Monte Legnone2610

Lago di Como

Lago di Novate

Pizzo Campaggio2502

Passo dell'Aprica

Palone del Torsolazzo2670

Monte Re di Castello2889

Adamello3554

Punta di Pietra Rossa3212

Corno dei Tre Signori3359

Punta S. Matteo3678Passo del Gavia

2621

Monte Tonale2694

Passo del Tonale1883

Monte Cevedale3769

Monte Confinale3370

Gran Zebrù3851

Ortles3905

Cima la Casina3180

Monte Fumo3409Pizzo Rodes

2829

Pizzo del Diavolo di Tenda

2829

Pizzo Redorta3039

Pizzo Coca3050

Monte Torena2911

Monte Gleno2883

Monte Sellero2743

Passo del Vivione1828

Vetta di Ron

Piz Palù3906

Sasso Nero2917

Cima Piazzi3439

Cima Saoseo3263

BORMIO

TIRANO

CHIAVENNA

SONDRIO

Monte Masuccio2816

Piz d'Err

Piz Piatta

Pizzo d'Emet

Pizzo Stella

Pizzo Ligoncio

Monte Disgrazia

Corni Bruciati

Cima di CastelloPizzo Badile

3308

Cima del Desegnigo

Piz Grisch

3378

1864

Passo dello Spluga

Pizzo Tambò3279

Pizzo Galleggione3107

Pizzo Martello2459

Pizzo Quadro3013

Passo del Maloja1815

Julierpass

Passo del Muretto2562

3392

3210

3183

3032

3678

3114

3378

2845

3062

2115

3159

1816

Passo del Foscagno

Forcola di Livigno

2315

2323Passo del Bernina

Piz Languard3268 2291

Livigno

Trepalle

Arnoga

Eita

Malghera

La Rösa

S. Carlo

Poschiavo

Le Prese

Brusio

Bianzone

SernioLovero

Tovo

Mazzo

Grosio

Sondalo

sanatoriLe Prese

Fumero

Cepina

Oga

Premadio

Valdidentro

IsolacciaBagni di Bormio

S. Antonio

S. Maria

MüstairMontechiaro

Stelvio

Solda

S. CaterinaValdisotto

franadi Val Pola

Grosotto

TresendaAprica

Arigna Carona

Paisco

Loveno

Schilpario

Valbondione

Gandellino

Gromo Colere

VilminoreVilla

Làveno

Capo di Ponte

Berzo

SavioreValle

CortenoCortenedolo

Monno

Edolo

Incudine

Vezza d'Oglio

Vione

Pontedi Legno

Pezzo

Sonico

MalonnoGarda

Bergün

Pontresina

Prasomaso

TresivioPonte in Valt.

ChiuroTeglio

T. Lante

rna

T. Roasco

T. Mallero

T. Caldenno

T. Livrio

T. Venina

T. Codera

T. Masino

T. Fontana

Mera

Mera

Lago

di Le

i

Reno

Julia

Inn

Lago del Gallo

Laghi di Cancano

Lago di

Poschiavo

Adda

Adda

Localizzazione di luoghi e it inerari

17

3 Valmalenco da Arquino al pizzo Scalino

13 Alta Valle Cime di Plator (m 2910)

17 Cech Cima del Desenigo (m 2845)

21 Cech Prati Nestrelli

25 Valmalenco Spigolo SO della Sassa d’Entova (m 3329)

28 Orobie Torrione Mezzaluna per la crepa N

34 Alta Valle Cime di Redasco (m 3139)

38 Valmalenco Le Tre Mogge

44 Alta Valle via “Tracce di Sangue” al monte Foscagno.

MORBEGNO

© Beno 2010 - riproduzione vietata

38 25

28

34

44

21

17

13

3

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Cresta monte foppa - pizzo sCalino

La lunghissima cresta che va dal monte Foppa al pizzo Scalino è qui vista da Primolo. Il tratto più difficile della traversata, fatta in queste condizioni di innevamento, è stato tra il monte Cavaglia e il monte Acquanegra (28 ottobre 2011).

Monte Foppa (2463)

Monte Palino(2686)

Monte Cavaglia(2728)

Munt di C

up (2770)

Monte Acquanegra

(2806)

Pizzo Scalino(3323)

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Vi racconterò brevemente del percorrimento della cresta che da Arquino raggiunge il pizzo Scalino, un cresta ben visibile da tutti i paesi della Valmalenco, ma decisamente poco percorsa, pure nella sua variante breve, quella che parte da Caspoggio e tocca come prima vetta il monte Palino.

La gita da Arquino è davvero una super ravanata, una cresta lunghissima che inizia dopo un avvicinamento lunghissimo e richiede un lunghissimo tragitto per tornare a casa una volta giunti in vetta al pizzo Scalino. Non ho trovato compagnia, ma sono stato felice di percorrerla da solo come Fausto aveva fatto nel 2008, raccontandomi che in alcuni passaggi aveva dovuto usare i 7 metri di corda per stendere i panni che aveva portato con sé.

Certamente la presenza di neve ha complicato molto le cose, costringendomi a arrampicare su gradi che non avrei mai pensato di incontrare. Non avrei mai detto, inoltre, che lo sviluppo fosse così faticoso. Indicherò le tempistiche per l’alpinista medio (400 metri di dislivello l’ora qualora non vi siano difficoltà tecniche) e non i miei tempi di quel giorno perché tra pisolini e tratti fatti correndo, gli intertempi risultano completamente falsati.

Ed eccomi, il 18 ottobre alle 5 e qualcosa del mattino, con tre ore di sonno e la strada illuminata dalla luna piena che salgo da Arquino.

Ascoltando un po’ di musica per avre compagnia e non continuarmi a voltare spaventato dai frequenti rumori di rami spezzati dalle belve selvatiche (cervi sputafuoco e scoiattoli mangiabambini credo), passo Mialli, Portola - dove con piacere vedo che i terreni adiacenti alla

BeLLezza

Fatica

PericoLosità

Partenza: Arquino (m 470)

ItInerarIo automobIlIstIco: Montagna - Arquino (imbocco strada per la val di Togno)

ItInerarIo sIntetIco: Arquino (m 475) - Mialli (m 800) - Portola - Cao (m 1160) - Prato - Castelasc - monte Foppa (m 2463) - bocchetta di Dagua - monte Palino (m 2686) - bocchetta di Cavaglia - monte Cavaglia (m 2775) - munt di Cup (m 2748) - bocchetta di Acquanegra - monte Acquanegra (m 2806) - passo degli Ometti - pizzo Scalino (m 3323) - alpe Painale - alpe Carbonera - Arquino.

temPo PrevIsto: 20 ore.

attrezzatura rIchIesta: (con neve) piccozza,

ramponi, corda (50 m), imbrago, fettucce, cordini, qualche protezione veloce o chiodo.

DIffIcoltà/DIslIvello: 5+ su 6 / oltre 3600 m.

DettaglI: AD+. Ho trovato passi su roccia fino al IV e molto esposti, forse aggirabili da N per cengette percorribili solo senza neve e ghiaccio. L’ho giudicata AD+ in virtù dello sviluppo lunghissimo, l’assenza di punti di appoggio e le rocce a tratti infime.

Consiglio di percorrerla senza neve residua o si rischia di perdere davvero tanto tempo su alcuni passaggi.

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©Le montagne divertenti - 5/49 La contrada Cao a m 1150 colorata dalla mano dell’autunno (28 ottobre 2011).

contrada sono stati recentemente bonificati da spine e infestanti - e Cao. Il cielo comincia a rischiararsi e l’alba, dopo una breve pausa per bere al Prato, mi coglie al Castelasc, dopo oltre 1500 metri di dislivello in salita.

I camosci, approfittando dell’assenza dei proprietari delle baite, brucano davanti alle case come animali domestici. Appena si accorgono però che sto estraendo la macchina per fotografarli, se la danno a gambe levate.

Con passo da vacca stanca, visto che non devo sudare (non c’è acqua lungo il percorso) raggiungo la vetta del monte Foppa, dopo aver nuovamente riso per la targhetta posta assieme ad una croce gigante oltre ogni buon senso sul massone di quota 2444 (punto trigonometrico fondamentale) con scritto m 2500 circa .

Non ho nulla contro gli addobbi religiosi, ma credo che portar su con l’elicottero a Notte a Mialli (18 ottobre 2011).

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fatica zero un gigantesco scheletro metallico abbia molto meno valore simbolico e di devozione che portarsi su a spalla e con fatica un manufatto più minuscolo.

Il valore simbolico delle azioni, purtroppo,

pare oggigiorno valutato proporzionalmente a quanto queste siano visibili da tutti, e così è per lo scheletro metallico su questa anticima, simile a quanto vien fatto sulle vicine cimette del lecchese dove questi vengono addirittura illuminati come

decorazioni natalizie.Ed eccomi scendere dalla vetta (monte Foppa,

m 2463, ore 5) , appoggiandomi alla traccia che taglia il versante erboso della montagna. Arrivato alla bocchetta del Palino (o bocchetta di Dagua),

L’alba al Castelasc.

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©Le montagne divertenti - 7/49 La contrada Musci vista dalla vetta del monte Foppa: pare di stare su un elicottero!

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mi abbasso a una seconda breccia che però non permetterebbe la discesa nel vallone di Dagua.

Il sentiero bollato e con catene messe a protezione del pascolo (!?) si sposta sul versante malenco. Saiti oltre il secondo risalto roccioso della cresta, quando la via segnalata taglia decisamente a sx, mi riporto in cresta e senza alcun problema sono in vetta al monte Palino (m 2686, ore 1:30), dove - e ci sta

anche la rima - mi faccio un bel pisolino.Scendendo tra rocce rotte e chiazze di neve (via

bollata) arrivo alla bocchetta di Cavaglia. I colori dell’autunno dominano le parti alte dei monti malenchi. La val di Togno, invece, è talmente brulla e povera di alberi, da apparire di un marrone monotono e senza stagione.

Impressionanti sono gli scorci sulle lottizzazioni

che hanno reso il fondovalle della valmalenco un campo di condomini e seconde case. Oramai Chiesa, Caspoggio e Lanzada sono diventati un tutt’uno. E, come se non bastasse, i continui boati delle cave ribadiscono lo scarso rispetto del territorio e dell’ambiente naturale.

Getto uno sguardo verso il Curlo, frazione di Chiesa in Valmalenco - dove pare che si sia già

Sguardo sulla cresta Foppa - Scalino a pochi metri dalla vetta del monte Foppa (18 ottobre).

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edificato tutto il possibile - e vedo chiaramente un nuovo, l’ennesimo, piano di lottizzazione.

Appoggiandomi alla cresta e alle scarpate erbose lato val di Togno, dopo qualche su e giù, sono in vetta al monte Cavaglia (m 2728, ore 1:30), addobbato con un misero ometto di pietra.

In discesa dal Cavaglia alla pietrosa bocchetta di Sciaresa (m 2651) si inizia ad arrampicare, ma i problemi veri e propri sono nella traversata del mont di Cup, 5 torri e altrettanti intagli che devo superare senza potermi appoggiare al ghiacciato versante N. Ne seguono passi di IV e III molto esposti, anche su placche e rocce instabili. È faticoso, ma sono talmente intento a osservare le reazioni del mio corpo e della mia mente di fronte ai continui scenari di pericolo, che quasi non mi accorgo di starli effettivamente attraversando.

La corda risposa nello zaino: è molto tardi e se mi mettessi a fare soste e calate prenderei sicuramente notte in cresta.

Obbiettivamente esistono vie di fuga per alcune vallecole che si gettano in val di Togno, ma non ho mai la tentazione di prenderle.

Un tratto su roccia biancastra preannuncia la vetta principale.

Appena sotto quella che pare essere la vetta del mont di Cup trovo un piccolo ricovero realizzato con un muretto a secco per proteggere il riparo naturale offerto da un grosso masso spiovente. L’avrà usato qualcuno degli alpinisti che ha tentato questa traversata

Chiesa, Caspoggio e Lanzada - e purtroppo anche i nuovi quartieri di Primolo- sono la prova di una scriteriata edificazione che ha rovinato il paesaggio malenco.

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A sx la discesa dal monte Cavaglia alla bocchetta di Sciaresa e la frastagliata cresta che raggiunge la vetta del mont di Cup.

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in invernale? In merito ho sentito della spedizione di Elia Negrini e, prima di pubblicare l’articolo sulla rivista, lo vorrei intervistare per avere il suo racconto di quella pazza avventura invernale su questa dorsale dimenticata e temuta.

Coi nervi a fior di pelle scendo dal munt di Cup e, dopo l’ennesima successione di spuntoni impressionanti che devo scalare e avrei volentieri aggirato, scendo alla bocchetta di Acquanegra (m 2709). Per comodo prato con liste rocciose sono alla croce di vetta del monte Acquanegra (m 2806, ore 3:30).

Sono le 17: disastro. Sul pizzo Scalino voglio comunque arrivarci e così inizio a correre. Sceso per comoda via, tocco il passo degli Ometti (m 2758) per seguire il crinale evitando le zone più impervie della cresta. Ad un certo punto questa si impenna e con facile arrampicata (max III-) dove si alternano i colori dei vari strati ricciosi della montagna, eccomi in vetta (pizzo Scalino, m 3323, ore 2:30). Sono le 18:30 e il tramonto è magnifico.

Dal basso un lago di nebbia rossa irrompe nella val di Togno. In lontananza l’intera dentatura delle Alpi saluta il giorno. È uno spettacolo magnifico che mi fa dimenticare che manca ancora un sacco di cammino per arrivare alla macchina e che, ora che il giorno è finito, dovrò vagare nelle tenebre per questa valle, tradizionalmente covo di orchi e streghe.

Il rientro è traumatico: vengo mangiato dalla nebbia e, sceso per il versante S nella piana dell’alpe Painale, mi perdo tra paludi e dossoni: visibilità 1 metro, dato che la luce della lampada a manovella che ho con me mi si riflette tutta indietro.

Qui non ci si può orientare nemmeno seguendo l’acqua che defluisce, essendo la zona acquitrinosa e pianeggiante. Con un po’ di culo esco dalla trappola laddove la nebbia finisce e inizia il sentiero. Bagnato fradicio inizio a corerre come un disperato. Alle 22:30 sono alla macchina stanco morto (Arquino, m 475, ore 5).

Pizzo Scalino, versante SO.

La vetta del monte Acquanegra, pizzo Painale e punta di Vicima.

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©Le montagne divertenti - 12/49 Tramonto dalla vetta del pizzo Scalino.

Il lago del Mufulé e Acquanegra visti dal monte Acquanegra.

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Cime di Plator (quota 2910)

24 ottobre 2011: una bella salita da metà sponda settentrionale del lago di Cancano per un canalone che ci ha portato sulle quote 2910 e 2898 delle cime di Plator. Condizioni quasi invernali, ma poca neve per sciare. Bellissimo il disegno a sfoglia delle rocce.

BeLLezza

Fatica

PericoLosità

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Partenza: lago di Cancano.

ItInerarIo sIntetIco: lago di Cancano - quota 2910 delle cime di Plator per il canale N.

temPo PrevIsto: 3 ore e mezza per la vetta.

attrezzatura rIchIesta: scarponi, corda, piccozza, ramponi, imbraco, fettucce.

DIffIcoltà/DIslIvello: 3.5 su 6 / circa 1000 matri.

DettaglI: PD+ in condizioni invernali. Canali nevosi fino a 45°,

tratti su roccia fino al II. Nella variante verde (incengiata) abbiamo trovato passi di IV.

La cime di Plator sono la lunga costiera rocciosa di oltre 5 km che separa la valle di Cancano da quella di Trela e la cui vetta culminante è alta m 2934 .

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Oggi è molto freddo e c’è anche vento, così optiamo per una salita lampo per lo spettacolare versante N delle cime di Plator. La morfologia di queste stratificazioni di rocce calcaree rende l’ambiente magico. Sembra di salire una gigantesca pasta sfoglia, dove le sfoglie sono spesse vari metri e i paesaggi trasmettono un forte senso di verticalità, tant’è che da Cancano pare impossibile poter superare la parete senza arrampicare.

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Dopo varie incegiate troviamo la soluzione al versante: un ripido canale di misto che sbuca alla sella tra le quote 2898 e 2910. Qui mi vedete in cima alla prima, la seconda (alla mia dx) la raggiungiamo per breve e facile cresta. Ultimate le vette scappiamo a Bormio per scongelare gli arti nella piscina termale.

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Cima del Desenigo (m 2845)

Zoomata sul bivacco Bottani e, alle sue spalle, le cime della val Gerola (1 novembre 2011).

BeLLezza

Fatica

PericoLosità

Partenza: Poira di Civo (m 1200).

ItInerarIo sIntetIco: Poira - Pre Socc - alpe Visogno - bivacco Bottani - passo di Malvedello - cima del Desenigo - Poira.

temPo PrevIsto: 5 ore e mezza per la vetta.

attrezzatura rIchIesta: da escursionismo.

DIffIcoltà/DIslIvello: 2+ su 6 / oltre 1700 m.

DettaglI: EE.

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La salita alla cima del Desenigo da Poira è una bella gita autunnale che porta su una delle vette più panoramiche della Valtellina. Lo sviluppo è un po’ lungo, ma non offre difficoltà di alcun genere. Perla della gita è anche il bivacco Bottani, posto su un gradino panoramico sopra l’alpe Vesogno e i tre Cornini, bizzarre formazioni rocciose della costiera dei Cech. Lungo il tracciato - bollato fino al passo di Malvedello, quindi, una volta individuata la vetta, ovvio - abbiamo incontrato molte capre fin troppo domestiche. Ne abbiamo munta una che probabilmente aveva perso il capretto e abbiamo giocato con le altre vestendole con guanti e fascetta tecnica. Loro si devono essere affezionate a noi e ci hanno seguito fin quasi al passo.Dal Desenigo si ha una vista a 360° che spazia dalle cime della valle dei Ratti, con sua maestà Sasso Manduino, alle testate di Valmasino e Valmalenco, all’intera catena delle Orobie, senza dimenticare che siamo su un punto di vedetta sul fondovalle da Sondrio ad Ardenno, ma anche sulla bassa valle. Le lontane vette dell’alta Valtellina e dei gruppi di Bianco e Rosa, oltre che di remote catene Svizzere, chiudono questo quadro pregevole in cui, in basso sotto i nostri piedi, fanno capolino il minuscolo lago dello Spluga, e, nell’opposta direzione, i laghi di Como e Novate.

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Panoramica dalla vetta del Desenig e, sotto, due zoommate.

L’autunno colora Frasnedo nella valle dei Ratti. Mentre all’alpe Granda è ancora quasi tutto verde.

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Panorama sulla conca a N del bivacco Bottani.

Vesogno. Sullo sfondo le vette della val Tartano. Pozza all’alpe Vesogno. Sullo sfondo le vette della val Gerola.

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Passeggiata sopra Cino

I prati dell’O dalla strada per i prati Nestrelli (9 novembre 2011). Quella di oggi è una passeggiata propedeutica all’articolo curato da Nicola Giana che troverete descritto nel prossimo numero della rivista: un percorso, ad anello, che passa per i maggenghi di prati dell’O e prati Nestrelli lungo le antiche mulattiere che salivano da Cino. Sfruttati sino al recente passato dalle mandrie che vi si fermavano per qualche settimana dirette o di ritorno dall’alpeggio della Bassetta, sono oggi quasi interamente votati a luoghi di villeggiatura, ove la pastorizia si vede ridotta ai minimi termini, fatto denunciato anche dall’avanzamento degli arbusti e del bosco ai margini dei prati.

BeLLezza

Fatica

- PericoLosità

-

Partenza: Cino (m 550).

ItInerarIo automobIlIstIco: da Morbegno prendere la SS 38 in direzione Colico fino a Rogolo (7 km), alla rotonda prendere la prima a dx. Raggiungere Mantello. Dal paesino parte la strada che sale a Cino (5 km). A O di Cino prendere la strada a dx che sale al campo di calcio.

ItInerarIo sIntetIco: Cino (m 550) - prati dell’O (m 1150) - prati Nestrelli (m 1178) - Cino.

temPo PrevIsto: 3 ore e mezza.

attrezzatura rIchIesta: scarponi utili.

DIffIcoltà/DIslIvello: 2 su 6 / 670 m.

DettaglI: E. Sentieri facili ma non segnalati.

Mappe consigliate: “Costiera dei Cèch” 1: 25000, C.M. Valtellina di Morbegno, ed. 2007 ; “Kompass” n. 92 1: 50000. Approfondimenti: Mario Gianasso, Guida Turistica della Provincia di Sondrio, B.P.S. II Edizione, Sondrio 2000 A. Gogna, G. Miotti, A piedi in Valtellina , B.P.S. e I.G.D.A. Officine Grafiche, Novara 1985

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©Le montagne divertenti - 22/49

La parrocchiale di Cino a sx e due scatti nei pressi dei prati dell’O.

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©Le montagne divertenti - 23/49 Il lago di Como dai prati Nestrelli. Cino dal sentiero per i prati Nestrelli.

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©Le montagne divertenti - 24/49

Sassa d’Entova spigolo SO in condizioni pseudoinvernali

È una gita in condizioni invernali che mi piace ripercorrere in ricordo della bellissima salita che avevamo fatto nel 2009 col nostro amico Fausto, scomparso poche settimane dopo quell’ascensione chiusa con successo nonostante le condizioni proibitive.Abbiamo messo sulla vetta una croce a lui dedicata, un libro coi pensieri che gli amici hanno scritto e oggi risalgo sulla Sassa d’Entova per lo spigolo SO per riportarvi assieme a Lele la scatola col libro dopo che ne è stata riparata la chiusura.In foto sono impegnato sul primo tiro della via, il più rognoso, anche perché si arriva all’attacco stanchi per i ben 1400 metri di dislivello con la neve che non porta dappertutto (11/11/11).

Partenza: Braciascia (m 1550)

ItInerarIo sIntetIco: Braciascia - alpe Entova - rifugio Longoni (m 2450) - Sassa d’Entova per spigolo SO (m 3329) - ex rifugio Scerscen Entova - alpe Entova -Braciascia.

temPo PrevIsto: 7 ore per la vetta.

attrezzatura rIchIesta: ramponi, corda, piccozza, imbraco, corda 50 m, protezioni veloci, un paio di chiodi.

DIffIcoltà/DIslIvello: 4.5 su 6 / oltre 1900 m.

DettaglI: AD. Tratti su roccia e misto fino al III+ e pendii innevati ripidi.

BeLLezza

Fatica

PericoLosità

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©Le montagne divertenti - 25/49

Partenza alle 3 da Montagna per arrivare a incontrare l’alba poco sopra la Longoni. Qui un bellissimo scorcio su cima di Rosso e di Vazzeda.

Lele sul I tiro.

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©Le montagne divertenti - 26/49

Lele sull’ultimo tiro. Dopo una fascia di rocce bianche, una barra più scura guida fino in vetta. La discesa è da dietro, per il ghiacciaio dello Scerscen. Arriva però la nebbia e rischiamo di rimanere tutta la notte a vagare per il ghiacciaio. Per fortuna la navigazione strumentale (visibilità 3 m) ci fa raggiungere il rifugio da cui poi non ci si può più perdere.

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©Le montagne divertenti - 27/49

Torrione Mezzaluna (m 2333) crepa nord con neve e ghiaccio

BeLLezza

Fatica

PericoLosità

Partenza: Pescegallo (m 1454).

ItInerarIo sIntetIco: Pescegallo (m 1454) - valle di Tronella - base del torrione Mezzaluna (m 2200 ca) - torrione Mezzaluna per crepa N (m 2333) - Pescegallo.

temPo DI Percorrenza PrevIsto: 8 ore.

attrezzatura rIchIesta: corda (60 m), imbraco, piccozza, ramponi, protezioni veloci, chiodi, cordini e fettucce.

DIffIcoltà: 5- su 6.

DIslIvello In salIta: circa 900 metri.

DettaglI: AD. Passi su roccia fino al V. Con neve e ghiaccio si tribola un po’.

La crepa N del Torrione Mezzaluna è un labirinto di camini e cunicoli che permette, se si trova la giusta combinazione, di uscire in vetta al poderoso monolita roccioso della val Gerola.

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©Le montagne divertenti - 28/49 L’avvicinamento.

13 novembre 2011Della neve non c’è traccia, almeno non ce n’è ancora per sciare.

L’altro ieri sulla Sassa d’Entova ho potuto apprezzare alla grande la cresta spolverata. Queste sono le condizioni che preferisco per salire le montagne: colori fantastici e un po’ più di impegno che d’estate.

Ho proposto a Paolo e Alex di andare a fare una bella cima assieme. Paolo che ha un ginocchio marcio mi chiede una cosa senza avvicinamento, lui che avrebbe voluto andare a Lecco a arrampicare nella ressa.

Bella e senza avvicinamento. Io aggiungo: particolare e sorprendente. Così si va al torrione Mezzaluna in val Gerola, un monolita roccioso alto oltre 100 metri e appoggiato allo spertiacque tra la val Tronella e la valle di Trona.

Partiamo all’alba dal parcheggio a Pescegallo. Lì incontriamo anche Ricky Scotti, l’unico lupo mannaro che a quest’ora e in questa stagione può trovarsi qui senza una doppietta in mano.

Raggiunta la val Tronella, ci separiamo dal sentiero per la diga di Trona e puntiamo diretti al colletto tra il torrione Mezzaluna ( a sx) e il pizzo del Mesdì (a dx).

C’è una traccia di sentiero che corre su per la scarpata e serpeggia tra mughi, sassi, ghiaccio e rocce. Raggiunti alcuni ruderi sulla sx orografica della valle, pieghiamo a sx (S) e rimontiamo la cresta tra Mezzaluna e Mesdì a pochi metri dalla base settentrionale del torrione.

La mia idea è quella di salire la normale, quindi di aggirare il monolita dal lato O. La neve crostosa, tuttavia, non ci ha fatto perder tempo e investo l’anticipo sulla tabella di marcia per entrare coi miei compagni nella crepa N a curiosare.

Lasciamo fuori gli zaini e i vestiti perché si tratterà solo di una breve visita. Tuttavia portiamo la corda perché se c’è ghiaccio può servirci

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©Le montagne divertenti - 29/49 La parete NO del pizzo Painale.

per uscire. L’imbraco e i ferri li abbiamo già addosso per la normale.Si entra!Da subito c’è un salto di tre metri che va affrontato strisciano dentro

a un cunicolo verticale ghiacciato. Battezziamo questo passaggio “il parto”, specialmente dopo aver visto la fatica che fa Alex per passarci; del resto è una fessura su misura per gente del Biafra.

Da qui ammiriamo già l’interno del torrione. Un labitinto di cunicoli e camini. In fondo a qualcuno c’è la luce, altri sembran ciechi.

11/07/2004. Il torrione Mezzaluna e la val Tronella. Foto Stefano Sansi. L’origine del toponimo “Mezzaluna”, che significa spianata, o pianetta (“mesa”) a forma di luna è una piccola valle che si stende ai piedi del complesso della Mezzaluna, a S, sul versante bergamasco, e che ospita una baita solitaria, la baita della Mezzaluna. Una vallecola dimenticata, quasi fuori dal mondo: l’altra faccia del corno che si disgrega sotto l’occhio sovranamente distaccato del cielo.

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©Le montagne divertenti - 30/49

Racconto agli altri quanto scrive la Guida ai Monti d’Italia:E’ curiosamente spaccato al suo interno e le fratture gigantesche

permettono d’addentrarsi nelle sue viscere in un ambiente strano che ha del labirinto e del castello incantato .

E mentre parlo ci addentriamo nella crepa, che piega bruscamente a sx al di sopra di un buco alto 4 metri. Una spaccata, un incastro alla buona con le piccozze ed eccoci ad un camino verticale e buio, alto 5-6 metri e moto stretto (V). Lo superiamo con la tecnica del bruco. Alle imprecazioni si alternano le scitille dei ramponi che grattano contro la roccia avara di appigli.

Segue un corridio orizzontale incassato fra altissime pareti e su cui pendono grandi blocchi incastrati. Da uno di questi penzola pure un cordino, che scoprirò essere usato per la folkloristica calata diretta dalla vetta.

Pochi metri e siamo di fronte ad un salto verticale costituito da massoni incastrati e sporchi di neve e ghiaccio (7 m, IV). Sbuco su un nuovo coridoio nei pressi di una finestra da cui si vede la val Tronella e da lì giù fino a Morbegno. Qui si trovano un po’ di cordini e c’è molta più luce. Attorno a noi lame di roccia, placche e camini. Dove passare? Proseguiamo nel corridoio e saliamo ad un piano intermedio (sulla dx c’è una crepa che porta a sbalzo sulla valle di Trona).

Qui Alex, goloso di placche, tenta di rimontarne una ghiacciata che sbucherebbe direttamente sulla cresta sommitale. Nulla da fare. Le alternative sono un lunghissimo camino/fessura o un diedro di difficoltà insuperabili per noi con gli scarponi, così vado in esplorazione proseguendo un corridoione che pare portarsi su un precipizio del lato E ... ma oltre al precipizio (sono proprio accanto al becco giallastro che si vede dalla valle di Tronella) c’è una facile cengia che conduce alla base del placcone sul lato S che

conclude la via Normale. Meraviglioso!Chiamo così gli altri, ma alla gioia dell’enigma risolto segue un

boato: Alex stacca dei massi che cadono proprio sulla matassa della corda e la tagliano in tre parti. Dal cocuzzolo so che c’è una calata di 30 metri molto esposta, ed ora anche molto pericolosa se si sbaglia la manovra!

Fatto sta che, con la corda giuntata, supero l’aerea placca di roccia ruvida e compatta e il diedrino che regala la vetta (30 m, IV+). Uno sguardo attorno al paesaggio severo e innevato è d’obbligo, ma la sosta è breve: non abbiamo nè da mangiare nè da bere.

Buttiam giù Paolo (la prima calata è già attrezzata), poi Alex scende sul moncone di corda singola che arriva fino alla base della placca, si lega in vita l’atra metà di corda (quella rattoppata) è lascia scendere me facendomi da zavorra. Riusciamo così a recuperare la preziosa fune con cui, rientrati nella crepa, con 2 doppie e un po’ di disarrampicata, siamo di nuovo agli zaini, felici di una esplorazione che si è imprevedibilmente conclusa con la vetta e la soluzione del labirinto del Mezzaluna.

Mentre torniamo a casa ironizzo sulle vecchie intenzioni di Paolo e Alex:

Bello il viaggio in auto sulle gallerie del lago per raggiungere le pareti affollate e di unto calcare di Lecco! Certo è che se la gli arrampicatori conoscessero il torrione Mezzaluna tutti devierebbero con la loro auto per la val Gerola ancor prima di immettersi sulla strada del lago, anche perché oltre a questa salita esistono numerose vie di roccia, per lo più tracciate da Savonitto (“il Gigante”) , che contemplano difficoltà fino al 6b.

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©Le montagne divertenti - 31/49 La crepa N del Torrione Mezzaluna.

In spaccata sopra il buco, dove la crepa devia decisamente a sx.

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©Le montagne divertenti - 32/49 Un camino molto ostico a inizio labirinto (15 m, V). La placca finale (30 m, IV+).

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©Le montagne divertenti - 33/49 In vetta al torrione, di fronte a noi la cima di Mezzo.

L’aerea placca finale. £0 metri, IV+.

Prepariamo l’ultima calata.

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©Le montagne divertenti - 34/49

Cime di Redasco BeLLezza

Fatica

PericoLosità

Partenza: limite di transitabilità consentita nei pressi di Fiec (m 1450 ca).

ItInerarIo automobIlIstIco: Da Sondalo si sale all’opedale, quindi alla pineta di Sortenna, a Caprimale, a Meler e si seguita verso le cave di quarzo fino al limite consentito di transitabilità. Ci sono molte deviazioni non segnalate, per cui si va un po’ a tentativi.

ItInerarIo sIntetIco: Fiec (m 1500) - Le Motte - Moregn - La Pozza (m 2358) - Le Pozze (m 2390) - Cime di Redasco (punta Maria per il versante orientale, m 3139).

temPo DI Percorrenza PrevIsto: 5 ore emezzo per la vetta.

attrezzatura rIchIesta: corda, cordini, un paio di friend medio piccoli, piccozza e ramponi in caso di neve, casco e acquasanta.

DIffIcoltà: 5 su 6 - tutte concentrate negli ultimi 100 metri

DIslIvello In salIta: circa 1700 metri.

DettaglI: PD+. La difficoltà non è data tanto dal grado su cui si deve arrampicare (III+ max), ma all’inconsitenza delle rocce, friabili e pericolosissime.

La Pozza ghiacciata e, sullo sfondo, le cime di Redasco (18 novembre 2011).

Le cime di Redasco appartengono a quella categoria di vette che si vedono benissimo dal fondovalle, ma che nessuno sale. Da Sernio a Bormio quelle due guglie di roccia incombono sopra Sondalo monopolizzando tutti gli sguardi. Esteticamente sono davvero belle, il dislivello è accettabile, ma una cappa di terrore le circonda. Sono pericolose, si sà, sono pericolose è ciò che tutti raccontano, specialmente chi le ha viste da vicino, chi conosce degli incidenti avvenuti lassù su quelle rocce marcissime. Ironizzando con Fabio Meraldi dopo questa nostra salita gli ho detto: “il modo più sicuro per raggiungere le cime di Redasco è mettersi a Le Pozze (dove ha la baita Adriano Greco) e aspettare che la montagna crolli per poterne toccare la vetta senza scalare”.

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©Le montagne divertenti - 35/49 La via di salita dal dossone su cui si trova La Pozza.

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©Le montagne divertenti - 36/49

La punta Maria, la maggiore delle cime di Redasco, vista dalla sua anticima orientale. Da qui hanno inizio le vere difficoltà. Qui, mi ha detto Fabio, si fermano praticamente tutti. Su queste cime anche Duilio Strambini ebbe un grave infortunio. Vi assicuro che proseguire oltre mette un grosso nodo in gola perché vien giù tutto. È stato così anche oggi, sebbene il ghiaccio tentasse di consolidare i blocchi di roccia che le infiltrazioni di acqua continuamente staccano dalla montagna.

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©Le montagne divertenti - 37/49

18 novembre 2011Dopo ben 3 anni che, per impegni vari, non facevamo più salite assie-me, mi risento al telefono con Fabio Meraldi e organizziamo una gita in alta valle su cime che lui ben conosce e che io, da quando mi sono occupato di val Grosina per la rivista, sono diventate un mio chiodo fisso. Sto parlando delle cime di Redasco, quei due denti di roccia che dalla val Grosina ricordano quasi il Dente del Gigante. Hanno una linea davvero intrigante, ma tutti, senza alcuna eccezione, ne ribadi-scono la pericolosità.Da Sondalo, dopo una buona colazione in compagnia anche di Gia-como, un bel numero di bivi non segnalati, siamo al tornante dove vi è il divieto di transito ai non autorizzati. Di lì la strada proseguirebbe fino a L’Alto. Noi la percorriamo a piedi, poi a Le Motte deviamo per Moregn dove saliamo tra i pascoli (NO) fino in cima al dossone dov’è La Pozza, oggi ghiacciata sebbene non faccia certo freddo. Abbiamo 3 anni di avventure da raccontarci, così il paesaggio e il dislivello scorro-no veloci. Attraversata la conca della pozza N, superiamo per un cana-le la ripida fascia rocciosa che porta nella conca ai piedi dell’anticima orientale della punta Maria, la più alta delle cime di Redasco.Per rottami e rocce instabili siamo sull’anticima senza particolari pro-blemi, ma da qui la situazione cambia. La vista sulla punta Maria è impressionante: due torri di roccia marcia ci separano dalla breccia oltre cui vi è la rampa finale.Fabio mi dice che oltre questo punto non va quasi nessuno: e lo credo bene! Poi aggiunge che con la neve almeno le rocce sono cementate e si rischia un po’ meno. Già, oltre che infime queste rocce sono esposte e il versante meridionale è decisamente più frantumanto in blocchetti di varia dimensione che aspettano con poca pazienza il loro turno per rotolare a valle.Con 20 metri di corda e 2 friend ci lanciamo sulla cresta. Aggirata la prima torre per il lato S, scendiamo per una rampa gelata (II) a una

breccia. La attraversiamo su blocchi appoggiati e saliamo da sx in cima al secondo torrione.Una disarrampicata non facile (10m, III+) e sul cui successo du-biterebbe chiunque guardasse giù da questa torretta, ci consegna l’ultima rampa innevata per la vetta. Siamo sulla punta Maria (m 3139, ore 5:30), paesaggio molto bello e ampio.Vorrei proseguire nella traversata in cresta, ma Fabio deve anda-re a fare una lezione d’arrampicata e allora giù di corsa fino alla macchina chiaccherando sulle bellezze e sulle perversioni dello sport vissuto da agonisti, cosa che entrambi abbiam fatto.Certamente l’incapacità di apprezzare la bellezza del contesto naturale, oltre ad una malata ricerca di attrezzature inutili e pericolose, sono gli aspetti peggiori che nascono nella cerchia dello scialpinismo e delle skyrace e che fanno confondere mezzi e finalità dello sport.Alle 14 siam già alla macchina.

In vetta alla punta Maria (m 3139).

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©Le montagne divertenti - 38/49

Le Tre Mogge

BeLLezza

Fatica

PericoLosità

Partenza: alpe Braciascia (m 1550 ca).

ItInerarIo automobIlIstIco: da Sondrio si sale in Valmalenco lungo la SP 15. Giunti a Chiesa in Valmalenco (km 12) si prende la biforcazione occidentale della valle. Per ripidi tornanti si arriva a S. Giuseppe dove si sale fino al piazzale degli impianti (rifugio Sasso Nero) e da lì si prosegue sulla strada asfaltata fino ai prati della Braciascia (indicazioni per il rifugio Longoni), dove si trova il divieto di transito e la strada diviene ad uso escusivo di cavatori, alpeggiatori e rifugista.

ItInerarIo sIntetIco: S. Giuseppe (Braciascia) - rifugio Longoni (m 2450) - Passo Tremogge (m 3014) - pizzo Tremogge per spigolo SO (m 3441) - pizzo Malenco (m 3438) - Sassa d’Entova - discesa per il versante O - rifugio Longoni - Braciascia.

temPo DI Percorrenza PrevIsto: 12-14 ore.

attrezzatura rIchIesta: da escursionismo. Utile uno spezzone di corda.

DIffIcoltà: 4.5 su 6.

DIslIvello In salIta: oltre 2000 metri.

DettaglI: AD. Passi su roccia fino al IV (cresta SO Tremogge) e pendii glaciali impegnativi e ripidi (oltre 50° discesa dal versante O della Sassa d’Entova.

“La Valle Malenco si apre immediatamente alle spalle di Sondrio ed il suo ingresso è vigilato, come quelle cattedrali che hanno davanti al pronao due leoni accovacciati, dalle rupi di Triangia e di Masegra. E’ questa valle, profonda, cupa, petrosa, nel primo tratto, stringendosi i monti l’un sopra l’altro, addossati quasi accorrenti, sul canalone della valle, e nella penombra e nell’ombra che occupa questo gran taglio, si scorgono laggiù, a nord, le torrette delle Tremogge vestite di neve, che splendono come lumi, cime emergenti in un mondo tutto in luce”. P. Rombi. .

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©Le montagne divertenti - 39/49 Arrampicata sulla seconda delle prime tre torri della cresta ENE del pizzo Ventina.

1 dicembre 2011Ci sono scalate che ti restano impresse e non vedi l’ora di andarle a ripetere. Così è stato nell’ottobre 1997 quando ho salito il pizzo Tre-mogge dallo spigolo SO col papà, Danilo Pedrotti e altri 2 amici.È stata la mia prima via d’arrampicata in ambiente e, sebbene le dif-ficoltà non fossero elevatissime, mi ricordo che ero arrivato in cima molto stano. Un po’ per l’esposizione dell’ultimo tratto, un po’ perché ero salito tutto slegato.Sono passati ben 14 anni. Non ho mai trovato nè la compagnia nè il momento giusto, ma oggi, che è quasi inverno, devo mostrare ad un amico di Bormio, Giorgio Urbani, una delle mie montagne. Lui mi ha portato a fare la mitica cresta Sinigalia alla cima Piazzi, e io non posso certo rispondergli con qualcosa di meno sorprendente, così punto a rifare quello spigolo del Tremogge, una vera e propria arram-picata su un musueo di geologia!

Ieri sera, accompagnati dalla luna piena, siamo arrivati qui in Lon-goni dove abbiamo dormito su pavimento della veranda. Notte tutto sommato tranquilla, se non fosse per un maledetto topolino che mi girava attorno per entrarmi nel sacco a pelo.Le stelle che addobbavano i vetri della veranda si sono trasformate in un cielo rosso fuoco. È la fantastica coreografia della nostra colazione e, anche se non facessimo alcuna salità, questa nottata e quest’alba basterebbero già per un ricordo indelebile.Lasciato il rifugio alle 8 passate ci dirigiamo al passo Tremogge per il sentiero segnalato. C’è un po’ di neve che infastidisce, ma alle 10 siamo al valico. Il sole è caldo, l’aria frizzante.Inizia la via. Sono eccitato all’idea di ritestarmi su difficoltà che un tempo mi erano parse alte, specialmente oggi che la cresta è innevata, quindi più impegnativa.Stando davanti un po’ per uno superiamo il primo settore della cresta,

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©Le montagne divertenti - 40/49

e siamo sulla torre scura dove il filo piega a N. Ha inizio un tratto tra spigoli e camini di roccia scura e eccellente, dove ci divertia-mo un sacco. Dopo una bizzarra arrampica-ta sul dorso un grosso masso appoggiato alla cresta (nell’intercapedine fra i due si vede il pizzo Scalino), arrivati alla grande torre nera, la aggiriamo in discesa per una cengia obliqua sul suo lato orientale. Siamo al col-letto a cui culmina un canalone che sfocia nella conca tra Malenco e Tremogge.Un tratto su sfasciumi verticali ed esposti conduce alla zone di rocce chiare: il terzo settore della cresta, quello delle torrette. I contrasti di colore e l’ambiente severo sono unici. In cima alla prima torre e ci leghiamo per affrontare la seconda. Qui la neve fode-ra tutto il versante NO e, dato il precipizio verticale di 200 metri, non si può girare da SE. Una cengia lato NE mi fa contornare lo spuntone, quindi salgo la terza torre da SE (fessura splendida di ruvido calcare, IV).Alternandoci da capo cordata, senza par-ticolari difficoltà e appoggiandoci sempre al versante svizzero, completiamo il tratto pianeggiante e vinciamo l’ultima rampa per la vetta (pizzo Tremogge, m 3441).Scesi alla forcola Malenco, tocchiamo per ghiacciaio la sommità del pizzo Malenco, per ridiscentere (N) nel ghiacciaio dello

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©Le montagne divertenti - 41/49

Alba su Vazzeda e cima di Rosso.

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©Le montagne divertenti - 42/49

Scerscen inferiore, proseguire a E lambendo i contrafforti del Malenco e salire la Sassa d’Entova (m 3329) da N per il pendio glaciale. Finalmente posso firmare il libro di vetta che abbiamo portato su giusto pochi giorni fa!Volendo fare la bravata scendiamo lungo lo spigolo SO, ricalcando le vecchie im-pronte mie e del Lele, ma oltre la fascia di rocce bianche, facciamo un’improvvisa-ta sul versante O: chissà se si scende.Traversiamo per neve ripidissima fino sotto alle rocce della cresta che unisce Ma-lenco e Sassa d’Entova, quindi pieghiamo nuovamente a S e ci abbassiamo nella conca sottostante. Da lì, puntando la vetta del Malenco raggiungiamo il canalone più a N della conca.Lo scendiamo per oltre cento metri, poi questo s’interrompe su un alto salto di rocce (oltre 100 metri).C’è un attimo di panico: sta per diventare buio perciò non possiamo più risalire, la roccia è marcia per effettuare le calate e poi abbiamo solo 50 metri di corda.Tentiamo comunque di abbassarci per cenge e piccoli salti da disarrampicare. Un po’ alla volta così perdiamo dislivello finché non esiste più possibilità di prosegui-re, ma culo vuole, che la corda da 50 metri arrivi giusta giusta alla base della barra rocciosa.Una calata in corda doppia con sosta su un blocco staccato (tra l’altro la sosta lavorava solo se tirata in diagonale) ci porta fuori pericolo, non prima però che un grosso masso mi dia una bella botta ad una spalla.Il tramonto s’incendia come l’alba ed è ancora la notte illuminata dalla luna ad accompagnarci lungo la rotabile per la Braciascia.

Arrampicata sul masso staccato.

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©Le montagne divertenti - 43/49 Il pizzo Tremogge dalla vetta del Malenco.

Dalla vetta del Tremogge. A dx il Malenco.

La nostra linea di discesa dalla Sassa d’Entova.

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Tramonto sul pizzo Rachele.

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Monte Foscagno: tracce di sangue Monte Foscagno

(3058)

Sul versante settentrionale del monte Foscagno si trova uno scuro avancorpo roccioso dalla forma pressochè triangolare, solcato da un diedro e da un grosso camino su cui oggi (6 dicembre 2011) Fabio Meraldi (che ha tirato tutti i tiri duri) e io abbiamo salito una via nuova di misto. Visto tutto il sangue che ho perso perché mi si è riaperta una vecchia ferita su un ginocchio, ho deciso di battezzarla “Tracce di sangue”. Sono 5 tiri da 60 metri, considerando anche quello finale pianeggiante sulla cresta. Difficoltà fino all’M8 (I e II tiro). La via è ben proteggibile con friend, cordini e nut. Si parte da una grotta alla base del canalone-camino.

Il triangolo nero del monte Foscagno e le linee di salita e discesa (foto G. Meneghello).

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BeLLezza

Fatica

PericoLosità

Partenza: tornante che guarda la Vallaccia Corta lungo la strada del passo del Foscagno (m 2140).

ItInerarIo automobIlIstIco: dalla piazza di Isolaccia, Valdidentro, si segue la strada SS 301 del passo del Foscagno in direzione Livigno. Percorsi una decina di chilometri si trova la prima di una serie di gallerie aperte, e poco più avanti si vede aprirsi sulla sx la Vallaccia Corta, in concomitanza con un ampio tornate che precede l’ingresso in una nuova galleria (13,2 km). All’esterno del tornante vi è lo spazio per parcheggiare. Qualora ci si fosse attardati a partire e il parcheggio fosse stato preso d’assalto dai lettori de LMD è possibile tornare indietro alcune centinaia di metri lungo la strada percorsa e utilizzare una delle piazzole presenti sulla sx.

temPo PrevIsto: 2-4 ore per la salita.

attrezzatura rIchIesta: casco, corda da 60m, ramponi, piccozze, set di friend e di nut, cordini e fettucce..

DIffIcoltà/DIslIvello: 5.5 su 6 / 800 m.

DettaglI: TD. Arrampicata su misto fino all’M8. 5 tiri.

Mappa consigliata: Kompass n.72 - Parco Nazionale dello Stelvio, 1:50000

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©Le montagne divertenti - 47/49 La linea di “Tracce di sangue”.

Dalla grotta all’inizio della via.

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Dalla grotta si affronta un delicato strapiombo (5 m, M8) e si esce su un canalone di neve a metà del quale si fa la sosta. Il secondo tiro supera sulla dx una liscia fascia rocciosa (30 m, M8) molto faticoso. Il terzo tiro è su neve ripida (50°, 80 m) e porta all’ultimo tiro nel camino. Facile la prima parte, quindi un’uscita delicata su cengia obliqua porta in cresta (M6). Una lunghezza sul filo di neve e roccia deposita in cima al canalone (sx) da cui si scende a valle.

L’entrata nella grotta. L’uscita dalla grotta.

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©Le montagne divertenti - 49/49 La barra rocciosa del II tiro. La cresta finale.