Autoanticorpi nel diabete mellito; Autoantibodies in diabetes mellitus;

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Riv Ital Med Lab (2013) 9:209–217 DOI 10.1007/s13631-013-0032-0 RASSEGNA Autoanticorpi nel diabete mellito Autoantibodies in diabetes mellitus Alberto Falorni · Viviana Minarelli Ricevuto: 27 giugno 2013 / Accettato: 1 ottobre 2013 / Pubblicato online: 14 novembre 2013 © Springer-Verlag Italia 2013 Riassunto Il diabete mellito di tipo 1 (DMT1) è una ma- lattia autoimmune cronica causata dalla selettiva distruzio- ne delle cellule beta pancreatiche che producono insulina da parte di un processo infiammatorio mediato da linfoci- ti T autoreattivi. I linfociti B giocano un ruolo importan- te nel processo autoimmune come cellule presentanti l’an- tigene e come precursori delle plasmacellule che produco- no autoanticorpi anti-insula pancreatica. Gli autoanticorpi anti-insula, inizialmente identificati nel siero di pazienti con DMT1 utilizzando la tecnica dell’immunofluorescenza in- diretta su sezioni criostatiche di pancreas umano, sono di- retti contro vari autoantigeni, fra cui i più importanti sono la decarbossilasi dell’acido glutammico (GAD65), la pro- teina tirosin-fosfatasi IA-2, l’insulina e il trasportatore del- lo zinco ZnT8. Questi autoanticorpi, che accompagnano il processo autoimmune e l’infiammazione intra-insulare pan- creatica nota come insulite, non sono patogenetici, ma sono fondamentali marcatori del processo autoimmune utili a fini clinici. Quando dimostrabili nel siero di pazienti con ma- lattia diabetica permettono di discriminare le forme autoim- muni dalle forme non autoimmuni della malattia. Così, in modo particolare, il diabete autoimmune latente dell’adul- to (LADA) è identificato proprio dalla presenza di anticor- pi anti-GAD65 (GADA) in soggetti non insulino-dipendenti che però presentano un alto rischio di sviluppare insulino- dipendenza entro pochi anni dalla diagnosi. Inoltre, la pre- senza in circolo di autoanticorpi anti-insula pancreatica per- A. Falorni (B ) · V. Minarelli Dipartimento di Medicina Interna, Sezione di Medicina Interna e Scienze Endocrine e Metaboliche, Università degli Studi di Perugia, Via E. Dal Pozzo, 06126 Perugia, Italia e-mail: [email protected] mette di stimare il rischio futuro di sviluppo di DMT1 in soggetti normoglicemici. Parole chiave Decarbossilasi dell’acido glutammico · Diabete autoimmune latente dell’adulto · ELISA · Insulina · Radioimmunoassay · Trasportatore dello zinco Summary Type 1 diabetes mellitus (T1DM) is a chronic autoimmune disease caused by the selective destruction of insulin-secreting pancreatic beta cells by a T-cell mediated inflammatory process. B-lymphocytes play a critical role as antigen-presenting cells and as precursors of plasma cells that produce islet autoantibodies. Islet autoantibodies orig- inally identified in sera from patients with T1DM by the indirect immunofluorescence technique on criostatic sec- tions of human pancreas are directed against several au- toantigens, such as insulin, glutamic acid decarboxylase (GAD65), protein-tyrosin phosphatase IA-2 and zinc trans- porter T8 (ZnT8). These autoantibodies are not pathogenic, but they are useful clinical markers of the ongoing autoim- mune process. When present in the serum of patients with diabetes mellitus they enable the discrimination between au- toimmune and non autoimmune forms. More specifically, la- tent autoimmune diabetes in adults (LADA) is identified by the presence of GAD65 autoantibodies (GADA) in subjects with non-insulin-dependent diabetes, but with an increased risk for the future development of insulin-dependency. Fur- thermore, the presence of circulating islet autoantibodies enables the estimate of the risk for the future development of T1DM in normoglycemic individuals. Keywords Glutamic acid decarboxylase · ELISA · Insulin · Latent autoimmune diabetes in adults · Radioimmunoassay · Zinc transporter

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Riv Ital Med Lab (2013) 9:209–217DOI 10.1007/s13631-013-0032-0

R A S S E G NA

Autoanticorpi nel diabete mellito

Autoantibodies in diabetes mellitus

Alberto Falorni · Viviana Minarelli

Ricevuto: 27 giugno 2013 / Accettato: 1 ottobre 2013 / Pubblicato online: 14 novembre 2013© Springer-Verlag Italia 2013

Riassunto Il diabete mellito di tipo 1 (DMT1) è una ma-lattia autoimmune cronica causata dalla selettiva distruzio-ne delle cellule beta pancreatiche che producono insulinada parte di un processo infiammatorio mediato da linfoci-ti T autoreattivi. I linfociti B giocano un ruolo importan-te nel processo autoimmune come cellule presentanti l’an-tigene e come precursori delle plasmacellule che produco-no autoanticorpi anti-insula pancreatica. Gli autoanticorpianti-insula, inizialmente identificati nel siero di pazienti conDMT1 utilizzando la tecnica dell’immunofluorescenza in-diretta su sezioni criostatiche di pancreas umano, sono di-retti contro vari autoantigeni, fra cui i più importanti sonola decarbossilasi dell’acido glutammico (GAD65), la pro-teina tirosin-fosfatasi IA-2, l’insulina e il trasportatore del-lo zinco ZnT8. Questi autoanticorpi, che accompagnano ilprocesso autoimmune e l’infiammazione intra-insulare pan-creatica nota come insulite, non sono patogenetici, ma sonofondamentali marcatori del processo autoimmune utili a finiclinici. Quando dimostrabili nel siero di pazienti con ma-lattia diabetica permettono di discriminare le forme autoim-muni dalle forme non autoimmuni della malattia. Così, inmodo particolare, il diabete autoimmune latente dell’adul-to (LADA) è identificato proprio dalla presenza di anticor-pi anti-GAD65 (GADA) in soggetti non insulino-dipendentiche però presentano un alto rischio di sviluppare insulino-dipendenza entro pochi anni dalla diagnosi. Inoltre, la pre-senza in circolo di autoanticorpi anti-insula pancreatica per-

A. Falorni (B) · V. MinarelliDipartimento di Medicina Interna,Sezione di Medicina Interna e Scienze Endocrine e Metaboliche,Università degli Studi di Perugia, Via E. Dal Pozzo, 06126Perugia, Italiae-mail: [email protected]

mette di stimare il rischio futuro di sviluppo di DMT1 insoggetti normoglicemici.

Parole chiave Decarbossilasi dell’acido glutammico ·Diabete autoimmune latente dell’adulto · ELISA ·Insulina · Radioimmunoassay · Trasportatore dello zinco

Summary Type 1 diabetes mellitus (T1DM) is a chronicautoimmune disease caused by the selective destruction ofinsulin-secreting pancreatic beta cells by a T-cell mediatedinflammatory process. B-lymphocytes play a critical role asantigen-presenting cells and as precursors of plasma cellsthat produce islet autoantibodies. Islet autoantibodies orig-inally identified in sera from patients with T1DM by theindirect immunofluorescence technique on criostatic sec-tions of human pancreas are directed against several au-toantigens, such as insulin, glutamic acid decarboxylase(GAD65), protein-tyrosin phosphatase IA-2 and zinc trans-porter T8 (ZnT8). These autoantibodies are not pathogenic,but they are useful clinical markers of the ongoing autoim-mune process. When present in the serum of patients withdiabetes mellitus they enable the discrimination between au-toimmune and non autoimmune forms. More specifically, la-tent autoimmune diabetes in adults (LADA) is identified bythe presence of GAD65 autoantibodies (GADA) in subjectswith non-insulin-dependent diabetes, but with an increasedrisk for the future development of insulin-dependency. Fur-thermore, the presence of circulating islet autoantibodiesenables the estimate of the risk for the future developmentof T1DM in normoglycemic individuals.

Keywords Glutamic acid decarboxylase · ELISA · Insulin ·Latent autoimmune diabetes in adults ·Radioimmunoassay · Zinc transporter

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Introduzione

Il diabete mellito di tipo 1 (DMT1) è una malattia autoim-mune conseguente alla distruzione delle cellule beta pan-creatiche insulino-secernenti [1]. Il processo autoimmune ècaratterizzato dalla comparsa in circolo di autoanticorpi di-retti contro autoantigeni insulari [2]. Malgrado si ritenga cheil processo distruttivo delle cellule beta sia prevalentemen-te mediato da linfociti T, la dimostrazione della presenza diautoanticorpi circolanti riveste un importante ruolo clinico ediagnostico, come marcatore del processo autoimmunitarioanti-insulare.

Numerose evidenze sperimentali supportano l’ipotesi chegli autoanticorpi presenti in pazienti con DMT1 non abbia-no un ruolo patogenetico [2]. Infatti, circa l’1% della popo-lazione generale non diabetica è positivo per autoanticorpianti-insula pancreatica; il passaggio transplacentare di au-toanticorpi anti-insula non determina la malattia nel neona-to; esperimenti di plasmaferesi in pazienti diabetici non han-no modificato sostanzialmente il quadro clinico o la storianaturale della malattia e, infine, il DMT1 si può manifestareanche in soggetti con agammaglobulinemia congenita.

Fisiopatologia

Autoanticorpi anti-insula pancreatica (ICA)

La prima dimostrazione dell’esistenza di autoanticorpi nelsiero di pazienti affetti da DMT1 risale al 1974 con la me-todica dell’immunofluorescenza indiretta su sezioni criosta-tiche di pancreas umano di gruppo 0, che permette di de-terminare gli autoanticorpi anti-insula pancreatica (islet cellantibodies, ICA) [3, 4]. Gli ICA hanno rappresentato il mar-catore gold standard di autoimmunità insulare fino all’iniziodegli anni ’90. Tuttavia, numerosi fattori possono influenza-re il risultato finale, inclusi la soggettività dell’interpretazio-ne della reattività ICA all’immunofluorescenza e la variabi-lità della reazione ICA in relazione alla qualità del pancreasutilizzato quale substrato [5].

Gli ICA sono riscontrabili nel 70–90% dei bambini eadolescenti con DMT1 di recente insorgenza [6–9] e in cir-ca il 55–65% dei pazienti con DMT1 a esordio in età adulta[6] (Tab. 1). La specificità diagnostica degli ICA per DMT1è approssimativamente pari al 97–98%, dal momento chequesti autoanticorpi possono essere presenti nel 2–3% dellapopolazione sana [8, 9]. La frequenza degli ICA è aumentatain pazienti con tiroiditi croniche autoimmuni o con sindromipoliendocrine autoimmuni [3, 10], ma la progressione ver-so il DMT1 clinico è estremamente lenta in soggetti adultipositivi per ICA [11]. Gli ICA sono transitori e scompaionoentro pochi anni dopo l’esordio clinico della malattia diabe-tica [12]. Elevati titoli ICA sembrano predire una più rapida

perdita della secrezione di C-peptide in pazienti diabetici,mentre non sembrano essere necessariamente associati a unaridotta funzione beta-cellulare nei soggetti sani [13, 14]. Acausa della bassa prevalenza della malattia nella popolazio-ne generale (0,15–0,30%), il valore predittivo degli ICA perlo sviluppo futuro di DMT1 è basso (<10%). Anche in fami-liari di primo grado di pazienti diabetici il valore predittivodegli ICA non supera il 20–30% e risente di numerose varia-bili, quali titolo anticorpale e presenza di altri autoanticorpianti-insulari [15–17].

L’analisi all’immunofluorescenza indiretta è influenzatada molteplici fattori, quali soggettività dell’interpretazionedel risultato e qualità del substrato pancreatico [5]. Inoltre irisultati sono di tipo semi-quantitativo e l’analisi di un ele-vato numero di campioni è più problematica rispetto ad al-tre metodiche (es. immunoradiometriche o immunoenzima-tiche). Da svariati anni gli ICA non rappresentano più il testdi riferimento per la determinazione di autoanticorpi nellamalattia diabetica. Nel corso degli ultimi 30 anni, l’identi-ficazione di numerosi autoantigeni, bersaglio degli ICA, hapermesso di sviluppare metodiche antigene-specifiche, chetrovano oggi maggiore applicazione nella routine clinica [2].

Autoanticorpi anti-decarbossilasi dell’acido glutammico(GADA)

La proteina 64 K, rilevata tramite immunoprecipitazione consiero umano di proteine insulari marcate con 35S-metionina,è stata il primo autoantigene insulare descritto [18]. Tale au-toantigene è stato identificato come l’enzima decarbossilasidell’acido glutammico (glutamic acid decarboxylase, GAD)che catalizza la sintesi di GABA, il principale neurotrasmet-titore a funzione inibitoria [19]. Sono stati identificati duediversi isoenzimi della GAD: GAD65 e GAD67, rispettiva-mente di 65 [20] e 67 kDa [21, 22]. GAD65 e GAD67 sonocodificati da due diversi geni localizzati, rispettivamente, sulcromosoma 10 [20, 22] e sul cromosoma 2 [21, 22]. Sebbe-ne entrambi gli isoenzimi siano espressi nel sistema nervosocentrale, solo la GAD65 è espressa ad alti livelli nelle insuleumane.

Utilizzando metodiche radioimmunologiche e immuno-radiometriche, autoanticorpi anti-GAD65 (GADA) sono sta-ti dimostrati nel 70–75% dei pazienti con DMT1 di recenteinsorgenza e nell’1–2% di soggetti sani di controllo [23–28] (Tab. 1). A differenza di altri autoanticorpi anti-insulari,la frequenza dei GADA in pazienti con DMT1 di recentediagnosi non è influenzata dall’età e i GADA rappresenta-no il marker immunologico a più alta sensibilità diagnosti-ca in pazienti con esordio clinico della malattia diabetica inetà adulta [6]. I GADA hanno un’alta specificità diagnostica(99%), ma la loro frequenza nella popolazione generale è 10volte superiore alla prevalenza della malattia. Ne consegueche il valore predittivo dei GADA per lo sviluppo futuro di

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Tabella 1 Prevalenza diautoanticorpi anti-insulapancreatica in soggetti conDMT1 di recente insorgenza, inrelazione all’età di esordioclinico della malattia

0–9 anni 10–19 anni 20–39 anni

IAA 70–80% 30–50% 20–30%

ICA 85–90% 80–85% 55–65%

GADA 65–70% 75–80% 75–80%

IA-2A 70–80% 60–70% 35–45%

ZnTA 60–80% 40–60% 20–40%

DMT1 (7–8%) non è migliore di quello degli ICA o di al-tri autoanticorpi [29]. Ciononostante, l’eventuale simultaneapresenza di GADA e di altri autoanticorpi anti-insulari nellostesso individuo si associa a un alto rischio per lo sviluppodi DMT1 [29–31].

L’utilizzo di anticorpi monoclonali umani anti-GAD65[32, 33] e di molecole chimeriche GAD65/GAD67 ha per-messo di localizzare gli epitopi riconosciuti dagli autoanti-corpi di soggetti diabetici nella regione centrale e COOH-terminale dell’autoantigene [34–36]. Più precisamente, unepitopo conformazionale è localizzato nella parte centralee due epitopi sono localizzati nella parte COOH-terminaledell’enzima, mentre un epitopo lineare minore (meno fre-quentemente riconosciuto da GADA umani) è localizzatonella regione NH2-terminale. GADA possono essere fre-quentemente identificati in pazienti con altre malattie au-toimmuni, quali la sindrome della persona rigida (stiff-person syndrome) [37], la sindrome poliendocrina autoim-mune di tipo 1 [38] o il morbo di Graves-Basedow [39].Tuttavia, i GADA presenti in pazienti con sindrome dellapersona rigida o con sindrome poliendocrina autoimmune ditipo 1 differiscono da quelli presenti in pazienti diabetici, siaper specificità epitopica sia per titolo anticorpale [37, 38].

Autoanticorpi anti-insulina (IAA)

L’insulina è stata il primo autoantigene insulare caratteriz-zato a livello molecolare. L’immunoprecipitazione di insuli-na radiomarcata con siero di pazienti DMT1 di recente in-sorgenza, prelevato prima dell’inizio della terapia insulini-ca [40] permette di documentare la presenza di autoanticor-pi anti-insulina (IAA) nel siero del 70–80% di bambini conDMT1 di recente insorgenza [6, 8] (Tab. 1).

Anticorpi anti-insulina (IA) compaiono pressoché inva-riabilmente a seguito dell’inizio della terapia insulinica. Per-tanto gli IAA possono essere determinati solo in sieri pre-levati entro 10–15 giorni dall’inizio della terapia sostituti-va. La frequenza degli IAA in pazienti diabetici è influen-zata dall’età all’esordio clinico della malattia, essendo altain bambini e molto bassa in pazienti adulti [6]. È ipotizza-bile che gli IAA siano un marcatore di rapida distruzionebeta-cellulare più frequentemente presenti in pazienti cheevidenziano una rapida progressione dell’insulite distrutti-va. Infatti, il titolo degli IAA correla con il tasso di perditadella funzione beta-cellulare [41].

Gli epitopi riconosciuti dagli IAA sono localizzati nelleregioni aminoacidiche B1–B3 e A8–A13 dell’insulina uma-na [42] e sono altamente conservati tra diversi pazienti conDMT1. La specificità diagnostica degli IAA per DMT1 èpari a circa il 99% [43] e il valore predittivo per DMT1(<10%) non è significativamente diverso da quello di altriautoanticorpi anti-insulari.

Autoanticorpi anti-IA-2 (IA-2A)

Partendo dall’osservazione che un autoantigene 64 K è unprincipale target di autoanticorpi, studi di digestione proteo-litica degli immunoprecipitati di questo autoantigene hannopermesso di identificare tre distinti frammenti, di cui quel-lo a Mr 50.000 si è dimostrato essere derivato dalla GAD65,mentre quelli a Mr 37.000 e Mr 40.000 sono risultati derivatida proteine di membrana distinte dalla GAD65 [44]. Scree-ning di librerie cDNA insulari con siero di pazienti diabe-tici hanno portato all’identificazione di un nuovo autoanti-gene, denominato islet cell antigen 512 (ICA512) [45]. Al-cune delle proprietà dell’ICA512 sono risultate molto similia quelle degli antigeni 37/40 K. In seguito, è stato isolatoun clone di maggiore lunghezza, denominato IA-2 [46] el’analisi della sua sequenza nucleotidica ha dimostrato cheICA512 rappresenta una sequenza parziale di tale antige-ne, di peso molecolare complessivo pari a 105 KDa [46].Studi di competizione con IA-2 ed estratti di cellule di in-sulinoma di ratto hanno dimostrato inequivocabilmente cheIA-2 è il precursore del frammento 40 K [47, 48]. Nella ri-cerca dell’autoantigene originario del frammento 37 K, unanuova proteina ad alto grado di omologia con IA-2 è stataidentificata e denominata IA-2β o phogrin [49].

Le sequenze aminoacidiche di IA-2 e IA-2β sono identi-che per oltre l’80% a livello delle regioni di tipo proteina-tirosina fosfatasi (PTP), che contengono gli epitopi degliautoanticorpi. Altri epitopi autoanticorpali sono localizzatinella regione juxtamembrana, che mostra un minore gra-do di identità di sequenza tra IA-2 e IA-2β . Gli autoan-ticorpi associati allo sviluppo di DMT1 sono prevalente-mente diretti contro IA-2 e la costruzione di molecole chi-meriche tra IA-2 e IA-2β ha permesso di identificare dueprincipali regioni epitopiche specifiche dell’IA-2 nelle re-gioni aminoacidiche 611–620 (epitopo JM1) e 621–630(JM2) [50].

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IA-2 e IA-2β non sembrano essere enzimaticamente at-tive [46] e la loro localizzazione intracellulare nei granu-li secretori ha portato a ipotizzare che questi autoantigenisiano coinvolti nel processo di esocitosi, piuttosto che agi-re come recettori di superficie e modulatori della crescitacellulare, funzioni tipiche di una proteina-tirosina fosfatasitransmembrana.

Autoanticorpi anti-IA-2 (IA-2A) sono presenti nel sierodel 70–80% dei bambini con DMT1 di recente insorgenza(Tab. 1). Analogamente agli IAA, anche IA-2A sono me-no frequenti in pazienti con esordio di DMT1 in età adultapiuttosto che in età infantile [51] e si associano alla presenzadell’allele HLA-DRB1∗04 [52].

Analogamente a quanto osservato per i GADA, anche gliIA-2A associati allo sviluppo di DMT1 sono prevalentemen-te IgG1 e meno frequentemente IgG2 e IgG4.

Autoanticorpi anti-ZnT8 (ZnTA)

Il più recente autoantigene insulare identificato è il traspor-tatore dello zinco ZnT8 (Slc30A8) [53]. Anticorpi anti-ZnT8 (ZnTA) sono presenti nel 60–80% dei pazienti conDMT1 di recente insorgenza e in meno del 2% dei sogget-ti sani di controllo [53]. Più precisamente, ZnTA sono sta-ti identificati nel 26% dei soggetti diabetici classificati co-me negativi per autoanticorpi anti-insulari [53]. In soggettigiapponesi, la prevalenza dei ZnTA è risultata maggiore trapazienti con DMT1 a esordio clinico acuto (58%) rispetto apazienti con il cosiddetto “slowly-onset” DMT1 (20%) [54].

In un ampio studio su 2256 familiari di primo grado dipazienti con DMT1, positivi per almeno uno dei tre mag-giori marcatori autoanticorpali (GADA, IA-2A o IAA), lapresenza dei ZnTA ha identificato un sottogruppo di sogget-ti a maggiore rischio per lo sviluppo dei segni clinici dellamalattia diabetica [55]. Lo studio di 1633 bambini con fa-miliarità per DMT1, seguiti in maniera prospettica a parti-re dalla nascita, ha dimostrato ZnTA diretti contro epitopiCOOH-terminali nel 3,5% dei casi, all’età di 9 mesi di vi-ta [56]. Il tipo di ZnTA (contro ZnT8 R325 o ZnT8 W325)era fortemente associato al corrispettivo allele R325 o W325del gene SCL30A8 codificante per ZnT8 e la presenza diZnTA è risultata un fattore prognostico indipendente per losviluppo di DMT1 in età infantile [56].

In pazienti con esordio della malattia diabetica in etàadulta, ZnTA sono stati trovati nel 19–22% dei pazienti condiagnosi di DMT1 e nel 6–34% dei pazienti con LADA [57–61]. Più in dettaglio, in pazienti LADA la presenza dei Zn-TA è risultata significativamente maggiore in soggetti conGADA ad alto titolo (29%) rispetto a soggetti con GADA abasso titolo (8%) [59].

Recentemente, è stata documentata una cross-reattivitàanticorpale tra il peptide immunodominante ZnT8186-194

e sequenze omologhe del Mycobacterium avium subspe-cies paratuberculosis (MAP) MAP3865c133-141, che è sta-to ipotizzato essere uno dei potenziali fattori ambientalicoinvolti con un aumentato rischio per DMT1 [62].

Diabete autoimmune latente dell’adulto (LADA)

La presenza di ICA in una frazione di pazienti diabeticidiagnosticati come di tipo 2 è nota da oltre 30 anni [63].Studi successivi, condotti in pazienti con diagnosi clini-ca di diabete mellito di tipo 2 (DMT2) hanno conferma-to questa osservazione [64, 65]. La presenza di autoanti-corpi anti-insula pancreatica in soggetti adulti con diabe-te mellito non insulino-dipendente per almeno 6 mesi do-po la diagnosi identifica il cosiddetto diabete autoimmunelatente dell’adulto (latent autoimmune diabetes in adults,LADA) [66].

Numerosi studi hanno testato la frequenza di autoanticor-pi anti-insula pancreatica, e soprattutto di GADA, in pazienticon una diagnosi clinica di DMT2, al fine di stimare la fre-quenza e le caratteristiche cliniche del LADA. Nella mag-gior parte degli studi, GADA sono stati rinvenuti nel 9–12%di pazienti diabetici inizialmente diagnosticati come di tipo2 [67–73]. Tuttavia, la frequenza del LADA in soggetti condiagnosi clinica di diabete di tipo 2 varia nei diversi studi daun minimo di 2–5% a un massimo di 20% [74–78].

L’eterogeneità delle stime di prevalenza dipende fonda-mentalmente dal tipo di popolazione presa in considerazio-ne. Infatti, la maggior parte degli studi che hanno fornitole stime di prevalenza maggiori (9–12% dei pazienti conDMT2) è stata effettuata in studi condotti su pazienti segui-ti da centri diabetologici specializzati. Studi di popolazione[74–78], che includono anche forme lievi di DMT2 e casinon precedentemente noti di malattia, riportano una preva-lenza di LADA non superiore al 3–5% nei pazienti diabeticiclinicamente classificati come di tipo 2. Ciononostante, laprevalenza stimata del LADA nella popolazione generale èpari a circa 0,15–0,25%, frequenza non dissimile da quel-la del tipico DMT1. Ne consegue che la reale frequenzadel diabete mellito autoimmune è verosimilmente almenodoppia di quella stimata prendendo in considerazione solo ilclassico DMT1.

Nello studio UKPDS25 [70], oltre il 70% dei soggettiGADA-positivi con età inferiore a 45 anni ha iniziato la te-rapia insulinica entro 6 anni dalla diagnosi, contro circa il10% dei soggetti GADA-negativi. Nello stesso studio [70], ilvalore predittivo dei GADA per futura insulino-dipendenzaentro 6 anni di follow-up è variato tra il 34% in pazienti dietà superiore a 55 anni e l’84% in pazienti di età inferiorea 34 anni. La presenza simultanea dei GADA e degli ICAsi è associata a un più alto valore predittivo, soprattutto insoggetti di età superiore a 45 anni.

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Nel Botnia Study [71], pazienti LADA finlandesi (rappre-sentanti circa il 9% della popolazione di pazienti con dia-gnosi di DMT2) avevano un indice di massa corporea (bodymass index, BMI) medio di 26, in confronto a un BMI mediodi 27,6 dei pazienti negativi per autoanticorpi, e le concen-trazioni basali di C peptide sono risultate di 0,46 nmol/Ltra i pazienti GADA-positivi e di 0,62 nmol/L tra i pazientiGADA-negativi. Inoltre, la presenza di GADA ha identifica-to una sottopopolazione di pazienti diabetici con valori pres-sori sistolici e diastolici, rapporto fianchi-vita e trigliceride-mia significativamente inferiori rispetto ai pazienti negativiper autoanticorpi [71].

Nel LADA Perugia Study, GADA sono stati rinvenuti nel10,5% dei pazienti (n = 811) con diagnosi di DMT2. So-lo l’1,4% dei soggetti studiati è risultato positivo per IA-2A, una frequenza non significativamente superiore a quellaosservata nella popolazione generale: 1–1,5% [72, 73]. Piùspecificamente, solo lo 0,2% dei pazienti DMT2 è risulta-to positivo per IA-2A, in assenza di GADA. La sensibilitàdiagnostica degli IA-2A per LADA è quindi estremamen-te bassa e questi autoanticorpi non possono essere propostinello screening iniziale di pazienti con diagnosi di DMT2.Tuttavia, in un recente studio condotto nell’ambito del pro-getto multicentrico italiano NIRAD (Non-Insulin RequiringAutoimmune Diabetes), l’utilizzo di un frammento dell’IA-2(aminoacidi 256–760) ha permesso di identificare un mag-gior numero di soggetti LADA positivi per autoanticorpi,fino a oltre il 40% dei soggetti GADA-positivi e al 3,4% deisoggetti diabetici di tipo 2 negativi per GADA [79].

Lo studio NIRAD [77] ha dimostrato che, oltre a un BMIsignificativamente più basso, a livelli di C peptide significa-tivamente ridotti e un aumentato tasso di progressione versol’insulino-dipendenza, la presenza di GADA si associa a unacirconferenza vita minore, a livelli di trigliceridemia, cole-sterolemia e uricemia minori e a una ridotta frequenza dicasi con sindrome metabolica.

Vari studi [71, 72, 77] hanno documentato una correlazio-ne significativa tra il titolo anticorpale GADA e il rischio disviluppare insulino-dipendenza. Nello studio NIRAD [77],la presenza di alti titoli GADA si associava a BMI inferiore,circonferenza vita minore, emoglobina glicosilata (HbA1c)più alta e uricemia minore rispetto ai pazienti con titolomedio-basso di autoanticorpi. Inoltre, la frequenza di altriautoanticorpi organo-specifici è significativamente aumen-tata in pazienti con LADA [73], a conferma della naturaautoimmune della malattia.

Più recentemente uno studio sardo [80] non ha però con-fermato questa suddivisione della popolazione LADA sullabase del titolo GADA, mentre ha evidenziato che la presen-za di altri autoanticorpi (in particolare anti-tireoperossidasi)identifica una popolazione con più alto rischio di progres-sione verso l’insulino-dipendenza.

È comunque possibile che i soggetti con bassi titoli GA-DA, non associati alla presenza di altri autoanticorpi, com-prendano anche “falsi positivi”, peraltro riscontrabili anchenella popolazione generale, e pertanto con tipico DMT2.Viceversa, alti titoli GADA e/o la concomitante presen-za di altri autoanticorpi indicherebbero un attivo proces-so autoimmune che progredisce verso l’insulino-dipendenzaentro mesi o pochi anni.

Determinazione di autoanticorpi anti-insula nellaroutine clinica

Circa il 96–97% dei bambini con DMT1 di recente insorgen-za è positivo per uno o più marcatori autoanticorpali anti-insula pancreatica. Tuttavia, la coesistenza di iperglicemia,chetoacidosi e segni clinici di insulino-deficienza non ponein genere dubbi sulla diagnosi e sul tipo di terapia da instau-rare. In bambini con DMT1 l’eventuale assenza di autoanti-corpi non modifica la diagnosi e soprattutto non modifica iltipo di terapia. Ne deriva che per quanto il dosaggio di au-toanticorpi anti-insula pancreatica venga spesso effettuato inbambini diabetici, la reale utilità clinica di queste analisi èmolto limitata in questo gruppo di pazienti.

Nell’adulto, il DMT1 si può manifestare in maniera len-tamente progressiva o con quadro clinico non necessaria-mente conclamato. Solo la determinazione degli autoanti-corpi permette in molti casi di discriminare un diabete au-toimmune dal tipico DMT2 (Tab. 2). L’assenza di autoan-ticorpi non permette di escludere definitivamente la naturaautoimmune della malattia, ma la loro presenza confermala diagnosi di DMT1 e offre un importante contributo allascelta terapeutica più opportuna.

L’identificazione di pazienti con LADA rappresenta laprincipale applicazione clinico-diagnostica della determi-nazione di autoanticorpi anti-insula pancreatica, e in mo-do particolare di GADA (Tab. 2). La presenza di GADAin un paziente con diagnosi clinica di DMT2 influenza lescelte terapeutiche, in quanto suggerisce di anticipare laterapia insulinica in caso di peggioramento del controlloglico-metabolico e indica un minore rischio di complicanzemacrovascolari.

La probabilità di identificare un paziente LADA è mol-to bassa in soggetti con obesità franca, con segni clinici ebiochimici di sindrome metabolica e con forte familiaritàper DMT2. Nella pratica clinica è raccomandabile effettuarel’analisi soprattutto in una sottopopolazione di soggetti condiagnosi clinica di DMT2 con indice di massa corporea nor-male o solo modicamente aumentata (<30 kg/m2), soggetticon altre patologie autoimmuni associate (esempio tiroidi-te cronica, vitiligine o altre) e soggetti senza chiari segni disindrome metabolica.

Un’altra importante applicazione pratica dei dosaggi an-ticorpali è il diabete gestazionale, nel quale la presenza di

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Tabella 2 Applicazionicliniche della determinazione diautoanticorpi anti-insulapancreatica

Popolazione Principale marcatore Utilità clinica

Soggetti con DMT1 a esordio inetà adulta

GADA Conferma della natura autoimmune dellamalattia e quindi della diagnosi clinica

Soggetti con diagnosi clinica diDMT2

GADA Identificazione di pazienti LADA

Pazienti con altre malattieautoimmuni organo-specifiche

GADA Identificazione di soggetti a rischio per losviluppo di DMT1

Donne con diabete gestazionale GADA Identificazione di donne con DMT1latente e con aumentato rischio disviluppare DMT1 conclamatosuccessivamente

Familiari di primo grado dipazienti con DMT1

GADA, IA-2A, IAA Identificazione di soggetti a rischio per losviluppo di DMT1

autoanticorpi permette di svelare una forma di diabete di ti-po 1 latente che si può manifestare inizialmente solo comemalattia associata alla gravidanza (Tab. 2). Nel diabete ge-stazionale, la presenza di autoanticorpi anti-insula pancreati-ca identifica donne a rischio per lo sviluppo futuro di DMT1o per lo sviluppo di grave scompenso glico-metabolico inoccasione di successive gravidanze.

Un’applicazione fondamentale dell’analisi autoanticor-pale è l’identificazione di soggetti ad alto rischio per lo svi-luppo futuro di DMT1 (Tab. 2). La disponibilità di numerosidosaggi per autoanticorpi anti-insulari antigene-specifici hapermesso di pianificare strategie accurate per la stima del ri-schio di sviluppare DMT1. Il numero di differenti autoanti-corpi antigene-specifici, piuttosto che non il tipo di autoan-ticorpo o il suo titolo, correla positivamente con il rischiodi sviluppare DMT1 sia in familiari di primo grado di pa-zienti con DMT1 sia nella popolazione generale. In fami-liari di primo grado di pazienti diabetici, il rischio è parial 20% entro 5 anni, in presenza di uno solo dei tre mag-giori marcatori autoanticorpali (IAA, GADA o IA-2A), masale al 50% e al 90% in presenza di 2 o di 3 autoanticorpi,rispettivamente [31].

Vari programmi internazionali di standardizzazione han-no confrontato l’accuratezza diagnostica dei dosaggi GA-DA, IA-2A e IAA con diverse metodiche e in vari laborato-ri. Malgrado sia stata osservata una buona concordanza trale metodiche RIA per GADA e IA-2A, si è invece osservatauna scarsa confrontabilità dei risultati tra le metodiche RIAper gli IAA. Il Diabetes Autoantibody Standardization Pro-gram (DASP) [81] condotto nel 2000 ha dimostrato la supe-riorità delle metodiche RIA verso le metodiche ELISA perla determinazione dei GADA e degli IA-2A. Successivi pro-grammi DASP condotti nel 2002, 2003 e 2005 [82] hannodocumentato un progressivo miglioramento della qualità deirisultati di alcune metodiche ELISA (soprattutto per quan-to riguarda il dosaggio GADA). Più precisamente nel DASP2005 alcune metodiche ELISA per GADA e IA-2A hannodimostrato performance paragonabili a quelle delle meto-diche RIA [73]. La concordanza dei dosaggi RIA per IAA

rimane al momento ancora inadeguata, anche se tentativi distandardizzazione, basati sull’utilizzo di metodiche che de-terminano l’affinità degli IAA, hanno recentemente prodottorisultati promettenti [83]. Lo sviluppo di metodiche ELISAad alta sensibilità e specificità diagnostiche è particolarmen-te importante per la sempre più capillare diffusione di questidosaggi in diversi laboratori e la loro crescente applicazioneclinica. Tuttavia, è importante ricordare che, al momento, ilmiglioramento della metodica ELISA per GADA e IA-2A sideve unicamente allo specifico disegno di un unico kit ELI-SA, mentre altre metodiche ELISA per GADA o per IA-2Arestano al momento scarsamente affidabili. Ne deriva chela scelta del kit commerciale da utilizzare deve innanzituttotenere presente la performance della specifica metodica inprogrammi internazionali di validazione (quali il DASP).

Conclusioni

Il processo autoimmune insulare è caratterizzato dalla com-parsa di autoanticorpi diretti contro l’insulina (IAA), la de-carbossilasi dell’acido glutammico (GADA), la proteina-tirosina fosfatasi IA-2 (IA-2A) e altri autoantigeni. Gli au-toanticorpi anti-insula non sono patogenetici, ma sono mar-catori del processo autoimmune utili nella pratica clinica.IAA e IA-2A sono presenti soprattutto in bambini con dia-bete mellito di tipo 1 (DMT1), mentre la frequenza dei GA-DA non varia al variare dell’età all’esordio. Nel DMT1 aesordio in età adulta, GADA è il marcatore a più alta sen-sibilità diagnostica. In soggetti diabetici che non richiedonotrattamento insulinico per almeno 6 mesi dopo la diagnosi,la presenza di GADA identifica il diabete autoimmune laten-te dell’adulto (LADA). In oltre 80% dei casi, i pazienti LA-DA sviluppano insulino-dipendenza entro pochi anni dalladiagnosi e presentano un rischio aumentato per lo sviluppodi altre malattie autoimmuni organo-specifiche. La determi-nazione GADA dovrebbe essere offerta a tutti i pazienti dia-betici adulti senza evidenti segni di sindrome metabolica e

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senza franca obesità. In caso di positività lo screening peraltre patologie autoimmuni dovrebbe completare l’indaginediagnostica. Kit commerciali per la determinazione GADAe IA-2A sono disponibili. La scelta dello specifico kit do-vrebbe prendere in considerazione i risultati del DiabetesAntibody Standardization Program (DASP).

Conflitto di interesse Nessuno.

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