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AUSER INSIEME ROVATO UNIVERSITA' DELLA LIBERETA' CORSO DI SCRITTURA DI SE' PRIMAVERA 2019 CON MARIOLINA CADEDDU 1

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AUSER INSIEME ROVATOUNIVERSITA' DELLA LIBERETA'

CORSO DI SCRITTURADI SE'

PRIMAVERA 2019

CON MARIOLINA CADEDDU

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MARIA V. MARIA M.

EMILIA ELENA PIERA

ALBINA

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C'è un momento, nel corso della vita, incui si sente il bisogno di raccontarsi inmodo diverso dal solito. Capita a tutti,prima o poi.....Raccontarsi Duccio Demetrio

Scrivere di sé, fare autobiografia non èsoltanto tornare a vivere momenti di giorniod altre età della nostra vita che se ne sonoandati, ma è tornare a vivere piùprofondamente per guardare al futuro inmodo diverso.Parlare di sé è fare analisi da soli, aiutatida un io a volte nemico, a volte indulgenteche si sofferma su quelle esperienze cheper fretta e disattenzione non sono stativissuti con quell'intensità, con quellapassione che avrebbero meritato.Fare autobiografia è un viaggio formativo.E' afferrare e dare forma a qualcosa che siagita e desidera ancora vivere.Quando ripensiamo a ciò che abbiamovissuto, creiamo un altro da noi. Lovediamo agire, sbagliare, amare, soffrire,godere, mentire ammalarsi, gioire.Assistiamo allo spettacolo della nostra vitacome spettatori.

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Arianna diede a Teseo un filo perchépotesse compiere la sua impresa che erauccidere il Minotauro e non perdersi sullastrada del ritorno.Quel filo lo riportò indietro e potèraccontare la sua storia da eroe.Arianna lo aiutò in un' impresa che nonera riuscita a tanti altri che si eranocimentati in quel compito.Io amo pensare che anche la scrittura siaun filo per non perdersi. I nostri giornisono gomitoli che abbiamo arrotolato esrotolato lungo i giorni e le notti dellanostra vita. Le primavere e gli invernifreddi delle nostre giornate senza sole.Questo nostro andare per strade e persentieri senza essere ben consapevoli delperché di questo nostro desiderio che cipressa è stato molto bene cantato dai poetiche ben conoscono la nostra anima diviandanti.E c'è in questo nostro scrutare l'orizzonteun'ansia di giungere da qualche parte. Undesiderio di metterci in salvo, oltre ilgrande mare aperto. Oltre i monti e lecolline.Mariolina

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INTRODUZIONE DEL PRESIDENTE

In Auser cerchiamo di proporre stimoli divario genere per dare occasioni chepossano contribuire a farci star meglio.

Conoscere, scoprire fenomeni, lingue,abilità ci rende più sicuri, più in grado diaffrontare i problemi che in ogni momentosi presentano nella nostra vita.

Il problema può appesantirci la vita, ma èanche la spinta che ci fa continuare acrescere.

Che vita noiosa e piatta, senza problemi!

Della scrittura, dei suoi benefici, non neparlo.

L'introduzione di Mariolina è chiara edesauriente.

Suggerisco di leggere queste righe comeun libro di meditazione.

C'è vita, non avventura.

Non sono parole di romanzo, ma sassi checi possono aiutare a pensare.

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Pensare a noi.

Leggiamo con calma, senza fretta diarrivare alla fine, ascoltando cosa muovedentro noi.

Termino.

Se avessimo imparato a gustare prima ilnostro agire, il nostro pensare avremmoavuto a disposizione una fonte di energiaformidabile.

Siamo contornati dal bello: non sempresappiamo coglierlo.

Ma non è mai troppo tardi per imparare!

Michele Venni

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Testo di Dino Buzzati tratto dallaraccolta “Centottanta racconti”I GIORNI PERDUTI

Qualche giorno dopo aver presopossesso della sontuosa villa, ErnstKazzirra, rincasando, avvistò da lontanoun uomo che con una cassa sulle spalleusciva da una porticina secondaria delmuro di cinta, e caricava la cassa su di uncamion.Non fece in tempo a raggiungerlo primache fosse partito. Allora lo inseguì in auto.E il camion fece una lunga strada, finoall'estrema periferia della città, fermandosisul ciglio di un vallone.Kazirra scese dall'auto e andò a vedere. Losconosciuto scaricò la cassa dal camion e,fatti pochi passi, la scaraventò nel botro;che era ingombro di migliaia e migliaia dicasse uguali.Si avvicinò all'uomo e gli chiese:- Ti hovisto portare fuori quella cassa dal mioparco. Cosa c'era dentro? E cosa sono tuttequeste casse?-Quello lo guardò e sorrise:- Ne ho ancorasul camion, da buttare. Non sai? Sono igiorni.

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Che giorni? I giorni tuoi. I miei giorni? I tuoi giorni perduti. I giorni che hai

perso. Li aspettavi, vero? Sonovenuti. Che ne hai fatto? Guardali,intatti, ancora gonfi. E adesso?

Kazirra guardò. Formavano un mucchioimmenso. Scese giù per la scarpata e neaprì uno. C'era dentro una strada d'autunnoe, in fondo, Graziella, la sua fidanzata, chese ne andava per sempre. E lui neppure lachiamava.Ne aprì un secondo. C'era una camerad'ospedale, e sul letto suo fratello Giosuéche stava male e l'aspettava. Ma lui era ingiro per affari.Ne aprì un terzo. Al cancelletto dellavecchia misera casa stava Duk, il fedelemastino, che lo attendeva da due anni,ridotto pelle ed ossa. E lui non si sognavadi tornare.Si sentì prendere da una certa cosa qui,alla bocca dello stomaco. Lo scaricatorestava diritto aul ciglio del vallone,immobile come un giustiziere.

Signore! - gridò Kazirra. - Miascolti. Lasci che mi porti via

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almeno questi tre giorni. Lasupplico. Almeno questi tre. Io sonoricco. Le darò tutto quello chevuole. - Lo scaricatore fece uncenno con la destra, come perindicare un punto irraggiungibile,come per dire che era troppo tardi eche nessun rimedio era piùpossibile.

Poi svanì nell'aria, e all'istante scomparveanche il gigantesco cumulo delle cassemisteriose. E l'ombra della notte scendeva.

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La lettura di questo racconto è servitoper far riflettere ciascuno di noi suinostri giorni perduti.L'analisi del testo ha suggerito inciascuno di noi una storia diversa dquella del signor Kazirra. Ai suoi giorniperduti abbiamo sovrapposto i nostrigiorni e riflettuto su qualcosa che ciappartiene

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Una cosa che rifarei

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Non mi sono mai resa conto veramentequanto tempo noi sprechiamo e lodedichiamo a cose che per noi sonoimportanti come: il denaro, il successo, ilvivere nelle comodità senza voltarsiindietro e guardare, (non vedere), guardarecon attenzione quello che abbiamo aportata di mano e che riteniamo scontato.Quanti minuti potremmo dedicare ad unapersona che ha bisogno di una parolaserena, di un sorriso, di una carezza.Nooo!Il vicino che aspetta solo che qualcuno glisuoni il campanello per fare due parole;tua moglie che quando torni dal lavoro lededichi un sorriso o un abbraccio. Il miogatto che quando entro in casa dopo un po’di ore miagola come sgridandomi e io nonlo prendo in braccio per fargli una carezzache lui aspetta da ore.Io dico che sono egoista, perché penso aimiei malanni e preoccupazioni ma, percapirlo ci vuole qualcuno che almeno unavolta alla settimana ce lo dica, ce loricordi, ce lo ripeta!!!Non lasciamo passare il tempo senza farealmeno una cosa che ci faccia sentirebene.

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Grazie Emilia di averci detto e ricordatoche la felicità è fatta di tante piccole coseanche le più banali:Alzarci al mattino ed essere indipendentiIl saluto di una persona che magari non tiaspettaviLa bella giornata che ti permette di goderedi una passeggiata o di incontrare un'amica o un amicoUn invito a pranzo inaspettatoIl sorriso di un bambinoCerto queste piccole cose sono importantialla mia età ma, quando si è giovani e lavita è completamente nelle tue maniquesto non lo pensi, e mai immaginerestiche un giorno potranno essere moltoimportanti.Albina

Mi risposerei ancora nello stesso modo.La sera nel vecchio Comune con il sindacoche aveva rimandato l'Elisa in matematica,in jeans e maglione così come Fiorenzo.Enrico, il testimone, in smoking.Il giorno dopo siamo partiti per Katmandù,ed i parenti hanno festeggiato senza di noi.Fiorenzo mi ha amata molto, adesso forseun po' meno con la sola voglia di oziare.

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La sera quando torna rimango poco con lui(non guardo la televisione) L'idea di nonsentirlo nel letto mi fa paura. Allungo la mano a volte, è il pelo di Gilda,a volte quello di Frida, a volte la sua manoche accarezzo.Parliamo di una possibile scomparsa io eFatima, la mia amica. Lei mi ha giàproposto di vivere insieme.Giammai, con i picchi di sù e giù che lesono caratteristici.Maria M.

Rinnovarsi e amarsi. L'ho fatto troppopoco e spesso nella mia vita mi sonoadeguata e purtroppo adagiata percompiacere e per sopravvivere.Rifarei e riproporrei tutti quegli anni chemi sono costruita nella libertà delle miescelte. Rifarei quel cambiamento di casache mi ha ridato la serenità (anche se lacasa che ho lasciato era molto bella) e lagioia di progettare il giardino e le stanzedella casa.La casa è il mondo dove passiamo la granparte della vita, deve accoglierti e darti lagioia del rientro e farti sentire protetta. Lacasa è donna, è madre, è fatta di terra e

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luce e suoni. E' viva e ti fa sentire bene sela ami.Emilia

Forse tra qualche anno potrei iscrivermidi nuovo al corso di sbalzo su rame allaScuola Arte e Mestieri Ricchino diRovato, dove ho trascorso sei anniinteressanti e veramente piacevoli, noncredendo all’inizio di poter resistere cosìtanto, ma solo per pochi mesi, vistol’ambiente prettamente maschile el’energia richiesta: ero la quota rosa delcorso, come diceva il maestro Enrico equindi super coccolata.La decisione era nata quasi come unasfida, avevo detto in famiglia che inquell’anno, il 2012, avrei fattoassolutamente qualcosa di manuale e poi,tra lo stupore dei miei che pensavanoavessi scelto la palestra o yoga o dellelezioni di cucina, mostrai la ricevutadell’iscrizione a quel corso triennale. Neltempo ho imparato la tecnica e i segretiper rendere malleabile e più facilmentelavorabile quel metallo rosso, iniziando dauna semplice lamina liscia di cinque o seidecimi di millimetro. Con pazienza e

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fiducia sono riuscita a realizzare deisoggetti che non avrei creduto di esserecapace, il classico cestino di frutta, unvecchio scarpone con le stelle alpine, ilsole e la luna, il volto del Buddhadormiente, un fauno e tanti altri,incoraggiata dai compagni in un clima,direi, familiare, perché vari erano anche imomenti di pausa per due chiacchiere, perun confronto ed un consiglio, per una fettadi torta con una birra speciale.Certo, ho rischiato spesso di darmiqualche martellata sulle dita e qualcunanon l’ho evitata, ma sicuramente hoacquisito maggior sicurezza nellamanualità, rinforzando i muscoli, anche seper la mia corporatura non avrei avutobisogno.Una bella esperienza, dove sono natesincere amicizie, un periodo propriopositivo, che ricordo e vivo con affetto.Piera

Una cosa che rifarei sicuramente è lafamiglia, nel bene e nel male. Farei tuttoquello che ho fatto perché mi sono sentitalibera e anche nel dolore e nelle malattie

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ho cercato di accettare sempre tutto perchéè proprio così la vita. Io non conoscopersone che hanno avuto sempre tuttonella vita. No, no, no! È solo apparenza.Soffenza ce n'è per tutti.Una cosa che rifarei sono i figli, essi sonoun dono. Mi ricordo quando partorivo etornavo a casa per la scalinatadell'ospedale civile di Brescia, mio maritocon la cesta di vimini sotto il braccio condentro il figlio, ed io dietro ancoradolorante. Andavamo a casa ed eravamoin tre, poi in quattro e poi in cinque einfine in sei.Che meraviglia poter ammirare,contemplare questo neonato con i capelliritti in piedi, il nasino, le manine, laboccuccia e sentirmi artefice di tuttoquesto. E' stato bello. Mi sono sentitaappagata, realizzata.E poi le vacanze al mare: Rimini, Bellaria,Rivazzuno, le gite in montagna, lericorrenze, le feste, i compleanni. Quantibei ricordi. E poi la scuola materna, leelementari, le medie, le superiori e poi lalaurea di Anna con il massimo dei voti, lacostruzione della loro casa, un tetto sullatesta per tutti. Non so come abbiamo fattoma ce l'abbiamo fatta.

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Poi sono arrivate le malattie: il Parkinson,il matrimonio di mia figlia che andava incrisi, la sua malattia, la separazione. Ed ioin mezzo a tutto questo che cercavo diaiutare, di sostenere un po' tutti e poi lamia malattia. Ecco, quante cose sonosuccesse. Tante. Ne succederanno ancoratante. Questa è la vita che non possiamofermare né prevedere né controllare.Comunque rifarei tutto perché io questavita che ho vissuto la amo nonostantetutto.Maria V.

Rifarei i figli. Sì li rifarei. Mia figlia èstata una compagna di viaggio specialenella mia gioventù, avevo vent'anniquando è nata. Ero una madre nonun'amica e ci tenevo ad esserlo eprecisarlo.Mi è sempre piaciuto fare la mamma. Leiera diligente, studiosa, buona e moltogenerosa e lo è tutt'ora. Mi haaccompagnatta fino ai 42 anni per poiproseguire la sua vita. Si, perché eravamoe siamo molto legate ma anche rispettose

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l'una dell'altra.Nessuna delle due chiede se l'altra nondice. Rispettiamo le nostre vite semprecon amore. Poi è arrivato Alessio. Stessasorte. Abbiamo vissuto in simbiosi peranni. Abbiamo viaggiato tantissimo interre sconosciute. L'estate prendevamo ilcamper e in tre mesi tornavamo una odue volte a casa per qualche giorno per poiripartire.Poi è successo un fatto grave dove io misono dovuta assentare un pochino, proprioin concomitanza dell'adolescenza.Non tutto si può spiegare. Da quiincominciarono i problemi da cuidobbiamo uscirne non rotti. Domani andiamo a fare un week endinsieme.Elena

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Quel giorno in cui

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L’attesa più lunga della mia vita è stataquando ho dovuto decidere la miapartenza per Brescia: quante insicurezze,quante incertezze! Il tempo passa e nonpuoi fermarlo, allora ti tocca decidere. Hoatteso il trascorrere di alcuni giorni, non soquanti, ma alla fine ho deciso. Anche inquest’attesa ho cercato di catturare iltempo per memorizzare i visi, i volti dellepersone care. I luoghi, fatti di discese esalite, coperte di lastroni di pietra lavicadel Vesuvio, piccole case diroccate, altrecon balconi pieni di fiori. Poi il viottoloscosceso in terra battuta che portava drittonel bosco, un bosco di ginestre gialleselvatiche. Avete mai visto un bosco diginestre? Io sì, varie volte, uno spettacoloincantevole che non dimenticherò mai.Così come il volto della mia cara mamma,la morte improvvisa del papà nelle miemani: quanta sofferenza nel corpo enell’anima mi hanno segnato! E così sonocresciuta.A dir la verità, non vorrei sembrarepresuntuosa, di giorni perduti non ne hotanti, perché con il mio carattere hosempre cercato di riempirli tutti. Non socome ho fatto ma ho deciso, di

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conseguenza non ho alle spalle casse pienedi giorni perduti da buttare- Kazirra nonmi appartiene- anzi io ho casse piene diricordi felici che mi aiutano a vivere ilpresente e poi tanta nostalgia per i luoghi ei tempi passati. L’attesa per me è un tempovacante, bisogna riflettere e agire perchénessuno conosce quello che succederàdomani. Bisogna prendere il bello e ilbrutto e viverlo così com’è anche se famale. Il tempo vacante per me appartienedi più agli anziani e agli ammalati. Questotempo vuoto bisogna reinventarselo,imparare cose nuove, avere delle belleamicizie e godere delle piccole cose.Maria V.

Sì, verso i sedici anni ero già donna, ilsex symbol della classe per l'abbondanteseno e per le gambe ben fatte, scarsi iglutei ma nessuno se ne accorgeva.Una volta al mese si sentiva una voce dallaparte dei maschi che diceva:- Maria sta male.- Impallidivo e dei dolori che vorrei riprovaremi invadevano fino allo svenimento.La compagna di banco mi sorreggeva e il

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solito protocollo si attivava. Venivo portatafuori dalla classe, chiamati i parenti, portata acasa.La contestazione era iniziata. Non mitruccavo più e portavo le Clark. Sentivoun'aria nuova tutte le mattine. Che insegnante avremmo preso per il collo?Avremmo abbandonato la classe per uscire aprotestare; i giorni passavano presto.Studiavamo solo in vista dell'esame dimaturità. Sarei andata a Milano con Elisa eBeppe. Non avevamo ancora un ragazzo, nonpensavamo di sposarci e fare figli.Una paura c'era. Quella di perdere le amicheche avevano già scelto.Magda che addiritura si sarebbe sposata e siera già allontanata.Andarmene, la guerrigliera volevo fare!Elisa stava al pensionato universitariooccupato soprattutto da greche scappate alladittatura. Io, la sera rientravo a casa.Ero delicata, non potevo fare strapazzi e cosìmi sono lasciata calpestare.Un compagno cattivo mi chiamava “bambolasciocca dagli occhi vacui” Con gli altrimantengo rapporti, con lui no. Si è iscritto amedicina ma proprio non ce la faceva. Non hatrovato nessuno che studiasse con lui.Maria M.

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Quel giorno in cui …

L'occhio curiosodella vitami spinse dentro un vicolo.Tessere di luce ed ombremi tinsero il visodi carezze.

Ma me ne volli andarepiù avantidove il silenziofinisce nella notteed i suoni più freschisono i regali del giornoper lusingarmidi felicità.Emilia

Quel giorno che è arrivata Giulia con lacrostata piatta e dura.Con Giulia da piccola mi buttavoabbracciata dall'alto del fienile nellospazio sottostante odoroso di fieno.Provavo, come con l'altalena, i miei primiorgasmi. Libere nella grande cascina dovetutti erano dediti ad un lavoro. Più grandi abbiamo allevato i bachi.

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Raccoglievamo i gelsi e li porgevamo aibachi.Il rumore era piacevole. Giulia portava imiei paltoncinirigorosamente blu. (ne ricordo ancora lefodere e la forma delle tasche). Poi io hoproseguito gli studi, lei è andata a lavorarealla catena. Si è fatta più alta di me.Non più scambi fra cappotti e polliruspanti. Alpinismo, roccia, sci alpinistico,discese, i suoi sport.Tennis e bicicletta i miei.Una volta in montagna mi ha tolto dai guaiessendomi persa in una trincea.Sempre con pantaloni e camicia, mai conil tacco. Io di tanto in tanto le gonne leindosso.Adesso vive sola nella casa fredda dove lepiante crescono invidiabilmente.Dove si svolge il suo menage a trois?Maria M.

Quel giorno in cui Antonio mi ha dettoche non mi amava più già l'avevo intuitoma adesso sentivo che era proprio vero.Lui abbruttito di tranquillanti, zepine,

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perché si aspettava la mia reazione.Quasi lo ammazzo sbattendo la testa suacontro il vetro della macchina. Poi le forzemi hanno abbandonata. Sono tornata acasa sicura di non ricevere aiuto alcuno.Mi ha accolta l'amica del cuore. Ero vicinaalla laurea. Ho studiato tanto.Quell'esperienza è stata la più tragica dellamia vita. Si è cancellato quando tutto hainiziato a diventare indifferente.Rivisitato l'ho rivisto mediocre ma era lui.Non mi nutrivo, non uscivo più. Le paroledelle vecchie zie (sei da mettere su unascansia) il silenzio dei miei genitori. Lebattute di mio fratello.So che da tanto tempo ha i capelli bianchi.Se lo incontrassi fingerei di nonconoscerlo, ma non gli sparerei più.L'amica cattiva vedendomi vagare per lacampagna con i capelli lunghi e scarmigliati mi paragonava adAdele H. Erano i tempi della NouvelleVague. Non ricordo che fine abbia fattoAdeleMaria M.

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Mi ero cambiata, messa carina, pettinatae, in cucina, seduta al tavolo, ti aspettavo.Emozionata, mi avresti portata apasseggiare in città, tra i colori dellevetrine, fra i rumori della gente frettolosa,per curiosare e cercare qualcosa diparticolare, che in paese di certo non sitrovava.Un’attesa che mi bloccava, uncontrosenso, tanta voglia di fare ed inveceuna reazione di immobilità, di non poteriniziare un qualsiasi lavoro, perché nonavrei avuto il tempo di completarlo.Mi alzavo, ti cercavo dalla finestra, lungola strada, ogni volta che credevo di sentirei tuoi passi, per poi ritornare al mio posto,mentre la luce del sole, lentamente,cambiava.Ti ho aspettato, ma tu, “vento”, chescompigli i capelli, “sguardo”, che faiarrossire, “voce”, che trasformi isentimenti, non sei venuto. Domani,chissà… forse mi sbagliavo o, forse solo,mi illudevo….Piera

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le frasi di Cesare Pavese

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Abbiamo cercato degliincipit di CesarePavese per cogliere unospunto ad un nostroracconto.....

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Questo sole quando arriverà??? (Cesare Pavese)

E’ scomparso da un po’ troppo tempo edio ho voglia di vederlo, di sentirlo, discaldarmi. Stai molto in alto ed io nonriesco a vedere i tuoi raggi. Li vorrei quisulle mie spalle, sul viso come una carezzache ti aspetti e non arriva.Ma quanto dura sto temporale?Smettila di piovere, di fare vento, di faredisastri e lascia che la luce del soleillumini la mia mente, la mia anima, il miocuore, la MIA VITA.Albina

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Di tutta l'estate che trascorsi nella cittàsemivuota non so proprio cosa dire

L’estate trascorsa in città? Ne ricordoben poche, una di esse è quella in cuiTeresa conseguì il diploma di maturitàall’Istituto “A. Diaz”. Dopo gli esamiTeresa si mise subito alla ricerca di unlavoro, ma, quale lavoro? Si recavapuntualmente in città, una città assolata esempre piena di turisti in movimento. Nonsapeva proprio dove andare, allora sirecava a scuola, presso l’edificioscolastico, quel palazzo in muratura che leera rimasto nel cuore e per il quale nutrivaun senso di appartenenza. Teresaindossava un vestitino nero a mezzemaniche. Seduta sui gradini della scuola,un giorno incontrò il suo professore didiritto e economia politica, che le chiesecome mai non fosse in vacanza e perchéfosse fuori la scuola. Teresa rispose cheera alla ricerca di un posto di lavoro esiccome non sapeva dove cercare era lì. Ilprofessore, un po’ impietosito, promise diaiutarla e dopo una settimana lavorava già.Teresa si recava tutte le mattine in città inun negozio di tessuti e biancheria per lacasa, era uno spettacolo poter ammirare

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tutti quei rotoli di tessuti colorati e inpilatigli uni sugli altri a cascata, tovagliecolorate e ricamate, copriletti di rasoluccicanti, coperte damascate… eraproprio un bel vedere. Però non era illuogo di lavoro di Teresa, che stava invecein ufficio con due segretarie a duescrivanie alle quali si alternava con unasedia. Teresa camminava camminava nellacalda città assolata per andare a riscuoterele cambiali scadute e non pagatecosiddette tratte e pagherò. Il suo direttoreaveva un portafoglio rettangolare afisarmonica con all’interno le cambiali divario importo, tutte le mattine ne pescavafuori alcune che dovevano essere riscosseda Teresa presso i clienti. Successivamentebisognava versare i contanti delle cambialie del negozio in banca. Un lavororetribuito in nero solo 19 mila lire al mese.Questi soldi non bastavano persopravvivere, allora Teresa cercòaltrove…Maria V.

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Storia segretaPer questa strada passava mio padre.Passava di notte perché era lunga evoleva arrivare di buon'ora...

Quell'anno l'inverno era impietosamentegelido. Viaggiare in moto era a rischio dislittamento sul ghiaccio. L'abbigliamentoera molto importante: non dovevaimpedire i movimenti; quindi un belmaglione caldo ed un giaccone di pannoerano i capi di vestiario che mio padreindossava. Ma per meglio difendersi dalfreddo infilava sotto il maglione duespessi fogli di giornale. Il metodo piùeconomico ma il più efficace diceva.Mio padre amava il suo lavoro e lapuntualità era la sua fissa: era sinonimo diprecisione. E lui era uno preciso. Era unbell'uomo, alto, dall'aspetto elegante eserio, riservato e spesso solitario. Era unuomo intelligente che aveva superatonumerose avversità nella vita confermezza e determinazione.

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Ma un lato del carattere eradiametralmente opposto: aveva uno spiritocosì arguto quando sfoderava il suohumor!E' vero, non era il padre delle moltecoccole e baci, ma io lo so che mi volevabene, comprendevo l'affetto che pocodimostrava. Era fatto così. E un po' cosìson fatta io.Emilia

Notte di festa...

Ricordo quando ero piccola sulla sogliadella casa di mia nonna stavo ore ed ore aguardare la pioggia.Eravamo nel punto più alto del paese e gliuomini andavano a sparare al temporaleper evitare che tempestasse e rovinasse ilraccolto.Sento ancora il profumo della pioggia chemi è rimasto talmente nel cuore che adorotantissimo quando piove.La pioggia mi rasserena, mi culla e mi dàfelicità. So che a molti non piace. Sel'analizziamo fino in fondo la pioggia èvita.

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“Il mare. – Alle volte penso che se avessiavuto il coraggio di salire fino in cimaalla collina, non sarei poi scappato dicasa.”

Sarebbero bastati ancora una ventina dipassi veloci per raggiungere la cima dellacollina, avrei dovuto solo prendere un po’di fiato e ci sarei riuscita, ma lo sforzofisico e la stanchezza mi frenarono. Legambe tremavano e mi facevano male,eppure la vista da lassù avrebbe ripagatoqualunque sacrificio. Avrei respirato apieni polmoni, sorridente, illuminata dalsole, guardando l’orizzonte e forse avreivisto anche il mare, una linea sottile,azzurra, dove avrei potuto perdermi, ma lasalita ripida mi fermò.Col cuore in gola guardai ancora la cima,immaginando tutte le emozioni nuove, chemi chiamavano dall’altra parte, il mondoda scoprire con le sue attrazioni e novità,che mi invitavano a continuare, ma il miosguardo ritornò in basso, verso la casa checonoscevo bene, al luogo a me tanto caro esicuro.Per ora le lusinghe di un fortecambiamento non bastavano, non

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desideravo incertezze o imprevisti, seppurda brivido, no, la serenità e la quotidianitàben conosciute mi colmavano più di ognicosa e al contrario di tanti spiriti giovani ecuriosi non volevo nulla.A poco a poco la discesa divenne piùfacile e ampia e lasciai ai sogni quellevisioni contrastanti.Piera.

L’estate trascorsa in città...

Ne ricordo ben poche, ma una in modoparticolare è quella quando Teresa haconseguito il diploma di maturitàall'Istituto commerciale A. Diaz di Napoli.Dopo gli esami si è messa subito allaricerca di un lavoro. Quale lavoro? Teresasi recava puntualmente in città, una cittàassolata e sempre piena di turisti inmovimento. Non sapeva proprio doveandare e allora si recava a scuola. Quelpalazzo in muratura gli era rimasto nelcuore e lo sentiva amico. Teresa indossavaun vestitino nero a mezze maniche, sedutasui gradini della scuola un giorno incontòil suo professore di Diritto ed economia

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politica. Teresa come mai non sei invacanza? Perché sei qui?Professore, sono alla ricerca di un lavoro esiccome non so dove cercare sono venutaqui. Il professore un po' impietosito lepromise di aiutarla e dopo una settimanalavorava già. Teresa si reccava tutte lemattine in città in un negozio di tessuti ebiancheria per la casa. Era uno spettacolopoter ammirare tutti quei rotoli di tessutocolorati e impilati uno sugli altri a cascata:tovaglie colorate e ricamate, copriletti diraso luccicanti, coperte damascate...Era proprio un bel vedere. Però Teresalavorava in ufficio con altre due segretariee due scrivanie. Per lei solo una sedia.Teresa camminava, camminava nella caldacittà assolata per andare a riscuotere lecambiali scadute e non pagate.Il suo direttore aveva un portafogliorettangolare fatto a fisarmonica con dentrole cambiali di vario importo e tutte lemattine ne pescava fuori alcune. E Teresa,cioè io, dovevo andare in Banca a fare ilversamento dei contanti.Teresa ignorava il rischio ed il pericoloche correva,Le era stato confezionato un vestito grigiocon due grosse tasche dove metteva dentro

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il denaro. Teresa andava sempre in girocon le mani in tasca.Maria V.

Maria ha voluto riscrivere il suoracconto cambiando alcune cose. Io hopreferito lasciarli entrambi.Ci sono, a volte, dei ripensamenti, cisono delle correzioni che dicono moltodi più di quanto uno non creda...

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Scrivere fa bene, ordina i pensieri, ciaiuta a comunicare con gli altri e aconoscerci più a fondo. La carta è moltopaziente, al punto da aspettare che lamente, il cuore e l'anima, attraverso lamano, si decidano a consegnarle qualcheemozione, piccoli e grandi segreti,immense passioni, dolori, rimpianti,entusiasmi.

“Io sono quello che scrivo”(Elisabetta Bucciarelli)

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Scrivo, dunque sono

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E’ da un po' di tempo che alle voltesento la necessità di scrivere e poi non lofaccio. Questo desiderio lo tengo dentroma durante questi incontri mi sento piùincitata e qualcosa scaturisce.Scrivo dei tempi belli, gli avvenimenti chemi hanno colpito in maniera dolce, felice epositiva, ma non riesco a tirar fuori ilbrutto, il dolore, l’amarezza, l’indifferenzaaltrui. Lo vorrei fare ma mi scappa lavoglia perché significa soffrire ed io disofferenza ne ho avuta abbastanza.Credo di essere una persona abbastanzaintrospettiva e anche critica con me stessa;temo il giudizio altrui perché non so dareuna giusta immagine di me, essendo allevolte aggressiva e sempre sulla difensiva,poco propensa a socializzare e diconseguenza sempre un po’ sola.Questo non mi aiuta, anzi peggiora lasituazione.Eppure a me piace la compagnia maprobabilmente non ci so stare o devomodificare alcuni atteggiamenti.PECCATO, perché io soffro .Qualcosa o qualcuno riuscirà asbloccarmi?Albina

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L'egotismo? Mi è sempre piaciutoparlare di me e delle mie avventure. Untempo pensavo di essere la più bella delreame dinnanzi allo specchio. Tutte lemattine. Poi, quando uscivo tutta lasicurezza svaniva per lasciare spazio ad unvuoto da colmare, il giorno dovevapassare: dapprima con le amiche, poi conqualche ragazzo, con lo studio esuccessivamente con il lavoro.E' qui che ho sbagliato. Il lavoro non faper me, lo studio sì. Assaporo adesso contranquillità il vestirmi o no, non mispecchio più per avere un verdetto.Il dolore e l'impotenza che ne segue hannorabbuiato tutto.Letture del giornale, carezze ai gatti,parole e carezze a Fiorenzo, silenzio rottodal tubare delle tortore.Nel pomeriggio riposo e studio. Il telefononon squilla quasi più. L'ora più bella èquella del tramonto. Dopo un pastofrugale, il sonno che amo più di ogni altracosa.Piccoli accorgimenti affinché le cose nonsi ripetano.Maria M.

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Non tutti i momenti sono i migliori odalmeno i più adatti. La scrittura richiededal mio punto di vista quel certo avviodettato dalla frenesia del pensiero chespinge, e spinge perché possa presentarsisenza contrattempo su un bel fogliobianco, e presentarsi in modo scorrevole,simpatico e fluido.Mi è scappato l'aggettivo simpatico perchépreferisco che dalla mia penna esca ungenere che alleggerisca l'animo, che facciasorridere poiché di preoccupazioni edincombenze ne abbiamo da affrontare tuttii giorni.A dire la verità lo scrivere, nel vero sensodella parola, ovvero mettere le miesensazioni, i miei sentimenti sulla carta miriesce più spontaneo quando mi prende peril collo la poesia. Poesia...facciamo fintadi essere un poeta, per gioco. Ma, in ognicaso, la cosa mi riesce più semplice.Emilia

Mi è sempre piaciuto scrivere fin dapiccola, cose semplici come

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accompagnare i regali con pensieri,lasciare messaggi su pezzetti di carta,inviare lettere o cartoline alle compagnedurante le vacanze estive. A scuola, persintetizzare concetti o per rendere piùfacile memorizzare una lezione, facevoschemi o riassunti, griglie dove le paroleassumevano un valore ed un significatoimportante.Poi col tempo questo bisogno si è ridotto,fino a quando nel periodo più difficiledella malattia di mia mamma, in cui misentivo sola dentro, incapace diconfidarmi e di chiedere aiuto, mi sonoritrovata a scrivere. Su quei fogli riuscivoa portare a galla le mie paure, le ansie, isensi di colpa che non dicevo a nessuno eche nascondevo con una apparente e falsaserenità. Scrivere è stato il mezzo per nonscoppiare, per stare meglio col mondosenza troppe aspettative, una terapialiberatoria per non ricorrere ai farmaci.E’ proprio vero, comunque, chel’ispirazione viene quando vuole, senzapreavviso, e come ti obbliga a scriveresubito per non perdere i pensieri cheaffollano la mente, così ti blocca se ilvuoto ti circonda.Piera

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Ciao a tutte, sono Maria una bellasignora e anche una bella persona. Nonvorrei sembrare presuntuosa, ma alcunevolte mi sento bella anche se ho qualchechilo di troppo, i capelli grigi e il nasoabbastanza lungo. Ma questo non è undifetto, è un segno di appartenenza, miopadre lo portava.Io mi piaccio fisicamente ed ho stima dime stessa. Sono simpatica e altruista, stobene in compagnia, sono sincera, ironica eauto ironica: sono capace di ridere di mestessa specialmente quando parlo ilnapoletano in famiglia e mio marito miscambia per un'araba, mentre mio figliopensa che io non conosco i vocaboli initaliano.Tutta colpa della filosofia napoletana chequi non sanno neppure cosa sia!Sono ancora una ragazza che fino a pochianni fa aveva tanti sogni nel cassetto,adesso però li ho riposti quasi tutti perchégli anni avanzano e i problemi di saluteaumentano. Mi piace cucinare per la gioiadei miei famigliari che apprezzanovolentieri le mie specialità, come la pizza

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con la scarola. Ah, dimenticavo sonosposata e madre di quattro figli. Qualcunoun po' problematico, un marito lo stessoproblematico, anzi di più, e tre splendidimipoti.Mannaggia devo dirvi che da poco sonodiventata ansiosa, questo difettuccio nonmi piace, ma ci devo convivere. Poi miemoziono facilmente e alcune volte micapita di piangere ma non importa, quandofinisce il mio fiume di lacrime mi riprendoancora di nuovo la mia vita. La mia vitatra le mie mani. Sì. Perché domaniquando nasce il sole, quello splende eriscalda tutti. Anche la mia anima.Maria V.

Vorrei solo capire perché finiscosempre nella stessa sorte.Vorrei riuscire a non più finire nello stessomodo.Incomincio relazioni, amicizie e lavori e ilfilm della mia vita si ripete sempreesattamente uguale. Arriva adun'interruzione forzata e non scrivo mai lacontinuazione della storia.Dovrei imparare a saltare dall'altra partecioè continuare ad aggiustare, sistemare,

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correggere, anzi dovrei riuscire a nonarrivare lì, mettere dei paletti e non farmidivorare. E' il dramma della mia vita farmisopraffare, fin per una briciola d'amore.Forse è giunta l'ora di imparare e lasciareandare il passato che mi ha segnato manon mi deve portare via anche il futuro.Elena

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TI SCRIVO PERCHE'

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Oggi il giornoè così leggero...E' un pensieroche accarezzala memoriaQuei giornisenza l'imbruniree tu che cerchila mia vocerinchiusa dentrouna canzone.Emilia

Sei stato importante nella mia vita,abilmente mi hai usata. Io che, a quanto sidice, so dare ma non ricevere. Ma tu, mihai conquistata, con grazia da sgualdrinocome tua madre ti chiamava quandovenivo a prenderti. Sono passati più divent'anni e ti ho visto ieri sulla tomba chehai acquistato perché sapevi di morire enoi a consigliarti un appartamento a SanFrancisco, in vendita a poco prezzo, nudiin fila dopo l'epidemia.Per una vacanza romana ti ho prestato ilbeauty-case che si è aperto quando seisceso dal treno, il colbaco quando ti recavi

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in Svizzera per incontrare un amante, lagiacca blu quando andavi all'estero adinsegnare, i pendenti che dicevi essere perle tue sorelle. Non ti facevi vedere permesi e poi comparivi affinché ti dessigiorni di riposo.Si vedeva che eri imbarazzato. Mi lasciavidei fogli sul tavolo con il nome degliautori da leggere. Sei sparito per anni. Miavevi consegnata a Fiorenzo che tipiaceva. Ti sei ripresentato nella nostracasa una sera con un partner antipatico cheper anni abbiamo tollerato per te.Ricordo il giorno che mi hai detto di averela bocca impastata come quasi tutti inquella famosa scuola, mi hai detto che erisieropositivo, mi spiace, cosa devo fare?Avevo avuto altre esperienze coneroinomani.Maria M.

Heilà, Wolf, non sei ancora stanco? Eallora vai, corri, prendi la pallina, la tuagrande passione; non te ne basta una,appena la riporti, devo tirartene un’altrasubito perché non vuoi fermarti! Quanta

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gioia e affetto hai portato in casa appenaarrivato, quando ancora eri un batuffoloincerto e un po’ timoroso, per diventarepoi un amico fedele, equilibrato, dolce,attento ai miei stati d’animo. Sdraiato incucina mi guardavi nelle faccendedomestiche e mi seguivi con lo sguardoper tenermi sempre sotto controllo e se mispostavo in un’altra stanza, eccoti seduto lìvicino come un’ombra.Quante notti, ai piedi del letto, haiaccompagnato sereno i miei sonni, persvegliarmi puntuale alle sei e dirmi cheormai era ora di alzarmi, per andare allavoro. Sento ancora il tuo muso delicatoche piano piano mi alza il braccio sotto lecoperte. E quanta pazienza col piccolo dicasa, temevo che qualche volta un morso ouno scrollone glielo avresti dato, quando titirava la coda o ti metteva le dita in bocca,ma tu, tranquillo, semplicemente ti alzavie cambiavi posto, ma lui, eccolo, di nuovoaccanto a te.Tredici anni di meravigliosa compagnia, dicostante condivisione, mi manca la tuapresenza, il tuo calore, la tua energia, letue feste, tutto… Manchi tu, unico edinsostituibile.Piera.

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Ti scrivo perché sei l’unica persona chemi ha amato, Incondizionatamente, perquello che sono stata, per quello che sonoe per quello che sarò. Il nostro incontro èstato scrittoEro piccina e indifesa, ero giunta alcapolinea nonostante i miei pochi mesi divita. Tu, con il tuo amore, ed il tuo latte,hai saputo non porre fine al mio progettodi vita.C’è sempre stato un legame forte eindissolubile fra noi, nonostante i tuoi figlie nonostante mia madre, siamo rimaste uncorpo e un’anima unica.Penso spesso ai nostri segreti che cibisbigliavamo; le tue paure perché moltodiscreta; i tuo racconti di gioventù che miaffascinavano; le fatiche che hai fatto peravere un po di dignità e una casa tutta tua.Ricordo il racconto di come eri fiera perl’acquisto di un tavolo con tre gambe, cheusavi appoggiandolo al muro. Mi haiinsegnato ad apprezzare quello che ho. Ci sei sempre stata in tutti i miei lunghiperiodi di tempeste. Ricordo interminabilipianti, sdraiata sul tuo divano e tu lì adascoltarmi.Sei sempre stata un punto di riferimento

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forte per me. Tutto mi portava a te, anchequando tornavo da Milano, per me unviaggio molto lungo perché ero piccina.Viaggiavamo in quattro su una 500 contantissimi bagagli da Milano direttamentea Ome ed appena mio padre spegneva ilmotore, correvo da te, con il batticuore ela voglia di incontrarti. Nonostante la tua età, hai sempre avutodei consigli all’avanguardia con i tempi. Ricordo la nostra telepatia che ci univa,quello che pensava una, l’altra lo faceva.Penso di vivere la stessa intensità nelrapporto che ho con mia figlia. È proprio vero, che quando una personanon c’è più, ti manca il tempo che non haisaputo dedicarle, solo perché avevi frettadi vivere il resto che c’era intorno a te.Non sai quanto vorrei averti qui ancora unpochino con me. Ringrazio ancora e, liringrazierò tutta la vita, i tuoi figli peravermi permesso di accompagnarti nel tuocammino verso la morte e poterti starevicino fino al tuo ultimo giorno.Grazie di essere esistita, sei stata più diuna madre per me, sei stata tuttoElena

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LE PAROLE SONO MATTONISe decidiamo di utilizzare la scritturaper liberare le emozioni, partiamo daimattoni, cioè dalle parole.

Ritagliate liberamente alcune parole dauna rivista scegliendole secondo questocriterio e mettetele dentro una scatolasuddividendoli in TRE gruppi.

DIVERSTIRSI 5 parole

SOFFRIRE 5 parole

NASCONDERE 5 parole

Queste parole verranno cercate e messeinsieme ciascuno per proprio conto edinfine condiviseSi tratta di capire quali sono questeparole e perché assumono quelsignificato per la persona che le hascelte.

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Uno dei bisogni primari è ildivertimento.

Forse nasce dalla leggerezza che sempre ènecessaria a ciascuno di noi. Forse è unaforma di gioco che affonda le sue radicinel nostro inconscio più profondo. Unadelle attività più importanti di un bambinoè il gioco. Imitare gli altri, imparare,mettersi alla prova, sperimentare, masoprattutto darsi quel piacere sottile che fastar bene.Ciascuno di voi ha “scelto” cinque parole.Ora occorre riflettere su ciò che quelleparole vi suggeriscono.Usate queste parole per dare voce ad unastoria, una favola, una poesia e dite cosasignifica per voi “divertirsi”.Lasciate scivolare le parole.

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DIVERTIRSI

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“ Divertirsi”

Ogni anno, durante la mia infanzia,quando si avvicinava il giorno di SanBartolomeo, il 24 agosto, patrono dellaparrocchia, sapevo che avrei avuto unasettimana di puro svago e di maggiorelibertà.La festa iniziava con l’arrivo della bandache sfilava marciando per le vie del paese,seguita da tutti in un lungo ed allegrocorteo, per arrivare poi nella stradaprincipale dove le bancarelle catturavanogli sguardi per i colori, le luci, i giochi, masoprattutto per i dolci sfiziosi che sipotevano assaggiare solo in quel periodo.Restavo incantata a guardare lapreparazione dello zucchero filato,quell’impasto morbido più volte tirato adun gancio d’acciaio fino ad assumere uncolore dorato e diventare un bastoncinocroccante attorcigliato, mentre un profumoparticolare si diffondeva ovunque.Dietro la scuola elementare venivaallestita la fiera, dove mi perdevo con lecompagne a correre da una parte all’altra,prima sugli autoscontri, poi sulla giostra

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per essere lanciata col seggiolino più inalto possibile e poter afferrare quel codinodi pelo che mi permetteva di fare un girogratis, il tiro coi barattoli o delle pallinenelle bocce piene d’acqua per vincere allafine un peluche o un pesciolino rosso.In verità le attrazioni non erano molte, maper me che non ero mai stata al Lunaparkerano il massimo e comunque oltre aldivertimento c’era l’occasione dichiacchierare coi ragazzi, di scambiarsisorrisi e darsi il primo appuntamento,sognando chissà quali storie sarebberopotute nascere in quei sette giornispensierati.Piera

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La parola divertirsi include tantissimecose, secondo come si è cresciuti, comesiamo stati amati e come siamo statieducati. Io non voglio entrare nel meritospecifico della mia vita ma credo che ilprimo divertimento di bambina sia statoquello di giocare con le cugine e amicheperché io non ho frequentato l’asilo, solopoco tempo e quasi non lo ricordo. Il miovero divertimento è stato quando hocominciato ad andare a scuola di pittura e

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di conseguenza ho conosciuto diversepersone con le quali poi ci si trovavaanche fuori gli orari e nelle domeniche. E’finito questo tempo perkè ora è quasisicuramente il tempo dellaROTTAMAZIONE. Parola usataprettamente in politica anche se in realtà èrimasta solo la parola e quelli da rottamareci sono ancora tutti bene incollati conl’attak alla loro seggiolina. Siamo staticapaci di usare questo termine neiconfronti di persone , sbaglio o una voltasi rottamavano solo le automobili, lemoto , i motorini e le biciclette? Non sirottama una persona anziana perkèl’esperienza può portarti dei grossivantaggi che purtroppo un giovane nonriesce mai a capire. Forse sarebbe utile chequesti giovani imparassero anche un po’ aleggere prima di cimentarsi in imprese ilpiù delle volte sconosciute. Ma purtroppocosì va questo mondo frenetico che credealle parole e non vede i fatti.

Albina

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“E vissero tutti vegani e contenti”

Anna e Romolo i miei primi vicini dicasa li abbiamo conosciuti tramite iprofumi, per me “odori” che uscivanodalla loro casa.Fiorenzo tornava, non trovava granché damangiare e diceva senti che conigliettostannno mangiando. Per me non eraimportante, per lui sì.Lo psichiatra con il quale collaboravo adun caso di bipolarismo mi aveva spiegatoche dar da mangiare, far da mangiare perqualcuno era un atto d'amore.Se non era coniglio era pollo. Leicompariva con un grembiulino bianco cheprobabilmente serviva per pulirsi le mani.Siamo poi diventati amici. Noi estroversi,loro Lui e lei in sua presenza riservati) nonabbiamo mai capito questo cambiamentola sera di Natale: risotto, salmone al forno,solo per noi, puré e fetta di pandoro. Nonsiamo più andati. Partivamo per una brevevacanza pur di non partecipare più a quelrito.Sono diventati ossessivi come perl'assunzione di farmaci, i detersivi, lacamminata mattutina. Ma sono felici.Alla loro età hanno acquistato una grande

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casa che pare un museo. Io li chiamoconiugi Necchi.Maria M.

Approfittare, approfittare della nostravita. Che occasione migliore ci può esserese non usufruire del tempo che abbiamo adisposizione per trascorrere momenti di

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pura felicità? E anche e con chi possiamoattuare tutto ciò?La nostra intelligenza ci può aiutare ascegliere le amicizie, le donne come mesono la compagnia più divertente ed adattaa trascorrere momenti ludici, momenti dipura ilarità. Le donne hanno una forma diintelligenza tutta loro, sanno far squadra,aiutarsi a vicenda e superare momentidifficili, sanno affrontare il domani conl'humor necessario, riescono ad alleggerirele vicende pesanti della vita col pensieropositivo, amano ballare e riescono adavere sempre un sogno da realizzare. Lafelicità è donna. E il domani? E' fatto disogni e realtà da vivere appieno confelicità.Emilia

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Divertirsi

Divertirsi è essere felici. La felicità io sodove sta... e ti ci porterò...se tu verrai conme. E se questa vita per te non ha valore,cosa deve fare una come me, una senzaniente, una come tante che abbia solovoglia, voglia di cantare. Allora cantiamo,cantiamo, cantiamo a squarciagolal'amore, la gioia, emozioniamoci efacciamoci permeare dalle parole, dallecanzoni stesse che poi sono poesie.Quando ero giovane cantavo spessoMaria V.

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Essere leggeri Essere leggeri secondo me è il succo dellavita. Prendere i problemi con leggerezza tidà modo di affrontarli più rilassati esprecare meno energie.Uscire, a divertirsi con leggerezzalasciando a casa le pesantezza deiproblemi. E comunque ridere, ridere che cifa molto bene.Noi donne facciamo più fatica perchédobbiamo analizzare tutto nei minimidettagli, dovremmo imparare dagli uominiche se è nero è nero, punto.Non ci dà dietro discorsi di ore ed ore ecambiamenti di umore e incavolature. La parola nero. Caro lui, è nero, almassimo diventa un po' grigio.Quindi, soprattutto per noi donne,leggerezza.…

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SOFFRIRE

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...Si scrive di cicatrici guarite, unparallelo comodo nella patologia dellapelle, ma non esiste una cosa simile nellavita di un individuo. Vi sono ferite aperte,a volte ridotte alle dimensioni di unapunta di spillo, ma sempre ferite.I segni della sofferenza sonoconfrontabili piuttosto con la perdita diun dito o della vista di un occhio.

F. Scott Fitzgerald

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Tutti noi conosciamo questa parolaperché credo che tutti l’abbiamosperimentata.Fisica, morale ma soprattutto interiore.C’è chi non la dimostra e chi invece, purvolendo nasconderla gliela trovi sul volto.La sofferenza ti porta a volte alladisperazione, alla paura di non farcela aduscirne; il male ti tortura, ti fa urlare per ildolore perché tante volte urlando tisembra di scacciarla o di sollevarti.E’ una gran brutta bestia!!!Chi ha il coraggio e la forza di nonconfessarlo per me è un eroe perché,purtroppo, è molto molto diffusa.Albina

“ Soffrire ”.

Basta, basta violenze, maltrattamenti,umiliazioni, abusi di ogni genere…Sono piccolo e indifeso, sono povero efragile, sono straniero e solo, sono vecchioe stanco…Proteggimi, sostienimi, aiutami. La vita non è questo, non è dolore e

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sofferenza, non è possibile che debbatemerti, eppure ho paura. Sono quiraggomitolato, gli occhi chiusi nonpiangono più, la voce è muta anche sevuole gridare. Voglio tornare a vivere, a sorridere egioire.Amami, solo. E allora guardami e, anche tu, con me,combatti questo mondo di bugie e ditrappole orribili.Piera

La vita rinchiusadentro una cellad'ombraAbusare dei giorni lentiper uccidermi nel silenzio.Le vittime non possono piùpiangereEmilia

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NASCONDERE

Scrivere è, in fondo, esprimere quelloche non si può tenere per sé...

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Tante volte vorrei parlare di qualcosache mi è capitato, sia bello che brutto manon ne ho il coraggio.

Se è bello perché temo che qualcuno lopossa interpretare con gelosia ( comepurtroppo mi è capitato molte volte) seinvece è brutto è perché non voglio che lapersona mi tradisca su qualcosa malinterpretato e in questo caso lo ritengo unascorrettezza che mi porta a considerare lapersona a cui ho confidato il mio segretomi ha tradito e questo per me significa starmale.

Secondo me comunque la cosa checolpisce di più è la sconfitta.

-La sconfitta in un lavoro che siritiene importante-La sconfitta per un tradimento inamore e in amicizia-La sconfitta in un credo cheritenevo indispensabile

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Il nascondere è sempre qualcosa che infondo ci fa male, punge il cuore, non cipermette una piena serenità, ma purtroppotutti nascondiamo qualcosa e fingiamo.

Albina

“ Nascondere ““Ha la luna, lasciamola stare, lepasserà…”

E così, con pazienza, accettavano concalma i malumori, gli scatti, le instabilitàdella mia adolescenza, sperando finisseropresto. Cercavano comunque di essereattenti e sempre aperti al dialogo, chespesso per me si trasformava in unoscontro in nome dei miei diritti e dellalibertà appena scoperta, in una fase dellacrescita abbastanza turbolenta.Comprendo ora, essendo a mia voltagenitore, le loro preoccupazioni e i timoridi qualche mio colpo di testa, dei mieiricatti e provocazioni, ma allora le regolefamiliari dovevano essere rispettate espesso i compromessi erano impossibili. Nelle discussioni ero io ad alzare la voce,

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ad arrabbiarmi perché sembrava nonvolessero capire le mie necessità, il miobisogno di affermarmi e di riconoscereormai che ero in grado di valutare da solaciò che mi avrebbe fatto bene, e piùassecondavo la mia impulsività, purtroppoin maniera eccessiva, più il papà diventavaimperturbabile, con un autocontrollo, chenegli anni ho invidiato e avrei volutopossedere e che preannunciava il suo “no”definitivo, così da costringermi a ritirarmiin camera. In queste situazioni, la mamma aveva ilruolo di mediatrice, senza tuttavia maicontraddire le posizioni di papà, sempreuniti anche in questo; cercava di farmiragionare, di aggiungere spiegazioniplausibili, di ammorbidire e rasserenarel’animo, riascoltando le critiche nei loroconfronti e l’elenco delle ingiustizieterribili che avevo subito. Senzaaggiungere altro usciva e dopo pocotornava con una spremuta o unacamomilla calda, ritenuti un possibiletoccasana.Che periodo difficile e sofferto perentrambi: io, che volevo l’autonomia, manel contempo tutta la loro approvazione, eloro consapevoli che stavo crescendo, ma

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che sarei stata sempre la loro bambina inqualunque momento e in tutto questodivenire un grande affetto e amoreprotettivo ci avvolgeva.Piera

Perché proprio a me?

Una domanda che mi sono semprechiesta. Perché proprio a me? Quando erogiovane e passavo momenti brutti, midicevo sempre che capitavano a me perchéero forte ed ero capace a gestirle.Bho, magari me le sono cercate tutte..La vita è piena di scelte, azioni efrequentazioni...Mi sa che ho sbagliatoproprio tutto, ma non è mai troppo tardiper riparare, infatti ora sono qui ...Guardo le persone che stanno molto malee cerco di farle stare bene, cerco dialleviare i loro dolori ma sei solo tu chepuoi aiutarti e nessun altro...Devi imparare ad ascoltare tutti e cercaredi prendere qualcosa di buono per te efarlo tuo. Ho imparato che aiutare lepersone mi fa stare bene, anche se a volte

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sono entrata troppo nel vivo dellesofferenze e sono rimasta prosciugata io.Negli ultimi anni ho accompagnato quattropersone alla morte. Persone a me moltocare, conosciute per caso.Ho capito che quando si sta male si habisogno non di commiserazione ma disentirsi una persona. Ho appurato chequando una persona sta morendo ti regalamomenti di serenità e conversazionipiacevoli se sai stare con lei in modonaturale.Comunque perché proprio a me tuttaquesta sofferenza che devo subire? Hogettato la spugna, sto incominciando apensare a me in primis, se sto male io nonposso aiutare nessuno, quindi, è inutile chemi faccio colpire.Elena

Io non credo che scrivere sia liberatoriodi un qualcosa che si vuol tenere dentro disé.Io, per esempio, non scrivo quelle bellesensazioni che ho provato nella vita; misembra di profanarle, preferisco tenermele

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per me e coccolarmele.Mentre è più facile scrivere di alcunevergogne e inadeguatezze che provoancora oggi.La prima è quella di essere partecipe di ungruppo o in una discussione con personeche hanno una cultura e un modo diparlare più sciolto e disinvolto del mioovvero preparato e incisivo e il non saperrispondere a quesiti che non conosco.Mi sento inadeguata, mi vergogno dellamia ignoranza dell’argomento trattato.Ho imparato ad ascoltare molto e trarneprofitto di tutto quello che sento.Un’altra inadeguatezza è il fatto di nonessere in grado di usare il computer o iltelefonino come fanno tante persone anchepiù anziane di me.Purtroppo, fin da giovane ho sempre avutodifficoltà con la tecnologia e non sonoiscritta ai social e di conseguenza nonconosco con immediatezza le varienovità.Vivo lo stesso!!! Mi mantengo informatacon radio televisione e giornali,eliminando i pettegolezzi di cui sono pienii social.Albina

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Alcune volte ci si vuole nascondere datutti e da tutto, in silenzio, per pensare,riflettere e stare un po' con se stessi. E,pensando pensando ti vengono in mente lepaure, tante paure che ti porti dentro e chenon hanno voce, Paure che puoi dire solo ate stessa perché temi il giudizio degli altri.Altre cose che si tendono a nasconderesono le malattie. Alcune si sussurrano abassa voce, ma ce ne sono altre che fai ditutto per nasconderle. Queste sono lemalattie mentali. Si va al CPS di nascosto,cercando di non farsi vedere e soprattuttodi non incontrare persone conosciute deltuo paese perché la cosa potrebbediventare di dominio pubblico e allora ci sivergogna. E poi si prova paura dellavergogna.La faccenda di nascondere le cose sicomplica quando sei grande e hai maledentro e allora si torna a parlare deldolore.Alcune volte anche a me prende lanostalgia delle persone care che non cisono più. La tristezza per i bei tempipassati mi assale, e poi il turbamento, la

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fatica del vivere. Allora mi viene voglia dipiangere. Non è facile. No, non è facileaffrontare tutte quelle cose che la vita tiscarica addosso. E non si può piangere inpubblico, devi farlo in privato, quando nonpotrebbero capirti. Io quando piango sonoun fiume in piena, le mie lacrime sonoincontenibili e liberatorie. Poi tutto passa.Comincio ad affidare i miei pensieri ed imiei turbamenti alle nuvole passeggere ealle onde del mare. Domani si ricominciacon il solito tran tran.... Maria V.

Da piccola mi piaceva tanto giocare anascondino, in casa sceglievo sempre iposti più introvabili per essere trovata:dietro le porte, sotto il tavolo, sotto il letto,nell'armadio. Era una gioia immensaquando venivo scoperta. Quando giocavo all'aperto ero già piùgrandicella e mi piaceva condividere lagioia con le mie amiche. Poi, mano amano che si cresce, capita di nasconderequalche marachella, piccole bugie,malintesi, furbizie, cattiverie e tante altrecose ancora.Maria V.

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Scrivere, in fondo, è esprimere quelloche non si può tenere per sé.

Vero..., in questo corso ho scritto coseche non so se pubblicare o tenerle solo nelgruppo. So solo che la scrittura fa usciremolto di te, ma diciamo che fa parte anchedel mio carattere buttare fuori tutto,altrimenti non ne sarei uscita viva.Diciamo che la vergogna di dire i fatti miepersonali, non fa parte di me. Questopurtroppo nella vita, mi ha penalizzatotantissimo. Penso che quello che dico io eche faccio io, sono cose che direbbero efarebbero tante persone, solo che sonocondizionate da mentalità, frustrazione, evergogna.Sarebbe bello che tutti potessero essereliberi, di fare e dire quello che vogliono,nel rispetto delle altre persone, senzagiudizio, ma purtroppo non è così.Io penso che il giudizio viene dallafrustrazione di non poter fare quello che sigiudica. Peccato, perché è un mondo cosìbello e si potrebbe vivere benissimo setutti fossimo liberi dentro e fuori.Elena

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NASCONDERETorture e falsità

Ricordo ancora le umiliazioni le torturee le falsità del padre di mio figlio.Negli anni ho passato dei momentiveramente disumani.Quando qualcuno dice che non riesce acapire come le donne possono subire certeviolenze, e le giudica, io, l’unica risposta,intelligente,che nel tempo ho saputo dare,è quella di dire “ti auguro di non riuscire acapirmi”.Solo provando certe cose si può capire ilperché. Si entra in un circolo vizioso. Lui incomincia a tessere una tela intorno ate, facendo terra bruciata su tutto e su tutti,fino al punto di isolarti. Riesce a separartianche dei tuoi familiari....ce la faproprio.....- Questo tuo amico parla assieme a te soloper arrivare solo ad uno scopo, questa tuaamica è un idiota, quest’altra é unafrivola, i tuoi genitori non capiscononiente. -L’umiliazione più grossa, l’hosubita una sera, incinta di otto mesi, nella

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quale non dimenticherò mai la cattiveria eil poco rispetto che un uomo può avere perla propria donna.Tutto dice e tutto fa, fino al punto disepararti dal resto del mondo.....Li sei solo sua!!!Dipendi completamente da lui, non hai piùforze, ti disabilità il cervello e quiincomincia l’incubo dello stalker.Non puoi più uscire perché stai male, mapoi, oltre ad obbligarti a farlo, ti senti tustessa inadeguata, brutta, sciocca eignorante.Non so come possa una persona riuscire afarti arrivare fino a questo punto, me losono chiesto tante volte, eh sì che sonouna persona forte ma lui, piano piano,lento lento, è riuscito ad annientare tutta lamia forza e la mia personalità fino a farmidipendere completamente da lui.Sono stati anni molto bui, o stavo con lui oero morta!!!Ne sono uscita, o almeno in parte, graziead una poliziotta che é riuscita a mettermia mio agio, portandomi a fare unadenuncia e lui ha preso l’ammonimento inquestura.Da lì, lui mi ha lasciata libera mafacendomi sottili e continue provocazioni,

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purtroppo quello che mi ferisce di più èche usa mio figlio per potermi colpire.Questo incubo diciamo che è finito, ma hapreso un’alta forma, ora è solo sete divendetta continua perché non ha piùpotere su di me, ma la storia è infinita.Elena

Nascondere

DignitàRischiHo vintoIl vero voltoImmaginazione

Che ottusa dignitànascondereil vero voltodella mia essenza!

Che rischi posso correrea svelarmi al mondo

Ogni giorno l'immaginazionemi cresce dentro

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come un tralcio di vitee allora pensoche ho vintoHo vinto su me stessama forse così non vivosto solo immaginandodi vivereEmilia

Vergogna.

Vergognati. Non ti vergogni?E' da molto che non sentivo questi termini,da quando ho lasciato la casa e la famiglia.Fin da adolescente ho “ucciso” i mieigenitori in casa dell'Elisa avvolte da fittanebbia, le domeniche pomeriggio.Io dovevo “colpire” i suoi e lei i miei.Mio padre soffriva di un disturboossessivo compulsivo, i rituali che locaratterizzavano, specie quello religioso,lo inducevano ad entrare in tutte le chiese,salire su tutti gli altari, iscrivermi

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all'Azione cattolica, obbligarmi allemesse. Masticava ogni cibo ripetutamentefino allo stremo e l'uso dello stuzzicadentiche veniva infilato ripetutamente prima diessere impiegato.Anche Kafka aveva lo stesso problema.Non guidava, qualche volta veniva aprendermi a piedi all'uscita della scuolaavvolto in un mantello. Io fingevo di nonvederlo e scappavo da un'altra parte.(La malattia è entrata nei meandri dellapsichiatria nel 1980, troppo tardi peressere curata) se mai avesse voluto.Mia madre era bella e raffinata. Parlavapoco, aveva mani di fata, maldestra,mortifera. Cercava di infondermi paura delsesso e dei maschi. Fin dalle scuole medie.Volevo andare, conoscere il mondo. Hochiesto a sedici anni di essere sterilizzata(tovaglie, bicchieri, piatti me li sonotrovati tutti addosso)Il rapporto con mio padre si limitava astoria e geografia, quello con mia madreagli abiti ed amicizie.Non avevo il coraggio di abbandonarequella casa e quando l'ho fatto hopreparato tutto a loro insaputa.Lentamente i rapporti si sono degradati ediradati.

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Sì, mi sono vergognata più volte di loro.Anche mio padre odiava sua madre.

Avvicinandomi alla menopausa oltre alleirregolarità del mestruo notavo unararefazione di pelo pubico. Mi piacevasaperlo come quello della “Origine delmondo” di Coulbert o, come diceva miofratello quando ci capitava di frequentareil bagno contemporaneamente somigliareal cissus del terrazzo.La mia femminilità vacillava (solo unadonna bella ed a me affezionata si eraconfidata) Ne è nata l'ultima vergogna cheha condizionato i miei slanci sessuali.Scherzi di ormoni.

La prima mestruazioneSapevo che qualcosa doveva occorrermi.Una notte ho perso sangue vicino a dovefacevo pipi. Mi sono vergognata, ho presole mutande e le ho gettate sull'armadiettodella mia camera. Sarebbero state trovateanni dopo dall'imbianchino che siaccingeva a tinteggiare le pareti della miastanza.Mia madre si accorse della cosa facendo illetto.

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Ha aspettato che tornassi da scuola, mi hachiesto cosa mi fosse successo, messo unassorbente di lino morbido fra le gambe esoggiunto con tono rigido: - ...E adessonon farti mettere le mani addosso.-

DeflorazioneUn imene compiacente un partner forseanche lui alla sua prima esperienza haprovocato una copiosa perdita di sangue.Era un caldo pomeriggio di agosto, la casavuota, il letto a barca ereditato da unsacerdote, le salviette di spugna fra legambe, sulla canna della bicicletta siamoarrivati all'ospedale. Mi vergogno,accorrono le degenti del reparto, leinfermiere sono scostanti, il medico no.Mi sutura la dove butto. Esco barcollandocon le mie salviette in un sacchetto diplastica. Riprendo il treno torno a casa,salgo a fatica le scale. Mi vergogno di lui,nipote del presidente dell'ospedale adisagio per l'accaduto. Un fatto insolitoavrebbe potuto far scalpore.

Un annuncio: la nascita di un fratelloIn cucina, mentre lava i piatti, il voltopaonazzo mi dice che presto avrò unfratello fatto apposta per me perché

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rimanere soli è brutto.Undici anni mi separano da Cesare. Nullain comune. Da dieci anni i nostri rapportisono interrotti. Mi rimane Fiorenzo chemia madre non trovava adeguato.

NascondereUn tempo temevo di perdere la memoria ec'era chi mi rassicurava.Ora non più, anche se non ricordo qualcheparola oppure episodi del tempo passato,persone che ho incontrato, paura non hopiù.Ciò che mi sgomenta è il cambiamento delcorpo, l'assenza della mimica degli occhi.Ma lei può andare. Non è più preziosa.Maria M

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“ Scrivere, in fondo, è esprimere quelloche non si può tenere per sé. “

Quante volte mi sono sentita inadeguata,non all’altezza delle situazioni, incertanelle decisioni per timore di sbagliare oche la scelta non fosse la migliore.Inadeguata come bambina, nei giochi disquadra, mai leader, ma elemento disostegno; come ragazza, adolescente nelmio cambiamento fisico ed interiore,chiusa e restia ai primi apprezzamentimaschili; come amica, con eccessiveaspettative ed illusioni sui valori, facendofatica a spiegare le mie posizioni; comestudente, desiderosa di apprendere, ma contanta soggezione e paura ad espormi,sempre un passo indietro per sminuire lemie capacità; come figlia, per i contrastigenerazionali, avendo genitori di semplicecultura, ma con forti tradizioni, da cuivolevo staccarmi, pur essendone attrattaper la solidità e coerenza; come moglie,troppo attenta ai miei bisogni ed alla miafamiglia d’origine, incrinando le priorità emettendo a rischio l’amore di chi mi stavaaccanto; come mamma, frettolosa nellerisposte per l’ansia di non riuscire a fare lemille cose della giornata, quando mio

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figlio voleva solo più tempo e qualchecoccola in più.Quante difficoltà, quanti sensi di colpa… equando la strada si faceva più facile etranquilla ecco un muro, un ostacolo chemi costringeva a ripercorrere quei sentieriche temevo e che volevo dimenticare perla vergogna o per la consapevolezza deimiei errori.Periodi sofferti e difficili, che ancora oggisi ripresentano per l’insicurezza che miaccompagna, ma ho imparato a nongiudicare, guardo e ascolto, perché dietroa tante storie ci sono tanti dolori, cerco dicapire ed evito di dare consigli.E così, se confronto la mia vita ad altre, lavedo ancora bella e fortunata, per poterdire, anche se a bassa voce: “Ma sì, ci stoanch’io, in questo mondo che si trasformae che cambia troppo in fretta”.Piera

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DI CHE GIARDINO SEI?

“Ogni persona ha una storiadentro che nessun altro puòconoscere.Ogni uomo soffre per cause sue,che gli altri ignorano....”

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Ma dove sto andando?“Non potete tornare indietro, perché lamemoria vi è sempre parsa una perdita ditempo, mentre ora vi sarebbe preziosa.”

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Sto andando verso la luce!!!Penso che in questo periodo sto prendendola strada giusta. Ho fatto una scelta che hacambiato letteralmente la mia vita. Unascelta forte!!Pensata e proiettata nel futuro, proprio ioche vivo alla giornata. E' già più di unmese, sono forte decisa e contro tutti.Tutti migliori di me, tutti più bravi. Bene,ora invertiamo i ruoli e mi metto io inosservazione. Bello non fare e stare agiudicare. Bene, ora voglio pensare un po'a me. Noto che ci si concentra sempresulle cose che abbiamo sbagliato. Ma tuttele cose belle che abbiamo fatto ledimentichiamo.Indietro non si può tornare ma traiamoneinsegnamento per il futuro.Un tarlo nel cervello. Se quella voltal'avessi ascoltato e non avessi fatto così...Elena

Se avessi fatto diversamente...

Basta!Usciamo dal cambiamento degli sbagli edentriamo nel labirinto della felicità di tutte

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le cose belle che abbiamo fatto e cosìriusciamo a RI-vedere, a RI-valutare lanostra persona e anche tutti i nostri errorili accoglieremo con accettazione.

“ Ma dove sto andando?”

Le giornate trascorrono veloci, spessoanche ripetitive, con i soliti impegni edoveri quotidiani, mi affanno, corro, cercodi non farmi prendere dall’ansia e di dareun ordine prioritario a tutte le cose,credendo così di avere sempre lasituazione sotto controllo, di essere ingamba e, sfruttando l’esperienzaaccumulata, mi illudo di percorrere lastrada che più desidero. Pura illusione,perché spesso, quando mi fermo e miguardo attorno, mi accorgo di non saperedove io sia e non mi riconosca inquell’immagine di persona che sono o cheavrei voluto essere. Mi sono persa inquesto labirinto di percorsi della vita, nonsapendo in realtà dove volessi andare, misono lasciata trasportare, senza accorgermidi ritornare sui miei passi più di una volta. Piera.

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“Cerca un luogo dentro di te doveci sia allegria e questa allegriacancellerà il dolore”-Joseph Campbell-

La verità è che l’unica cosa che hail potere di renderci sfortunati è ilnostro stesso atteggiamento.Secondo lo psicoterapeuta JoanGarriga, qualsiasi perdita puòessere trasformata in unaopportunità per crescere comepersone, per alleggerirci e perslegarci da affetti e identificazioni.

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Suona il clacson, è il papà che torna dallavoro, ci chiama. Di corsa, io e miasorella lasciamo tutto e scendiamo lescale, verso il portone del garage. Unabbraccio caldo e forte ci avvolge,Piove a dirotto, seduta sulle sue ginocchiae stretta a lui, guardo dal terrazzino ilvagare di nuvoloni neri e conto il tempotra un tuono ed il bagliore del lampo, percapire se quel temporale estivo se ne staandando.Quell’abbraccio è cambiato di forma e dicalore, ma c’è sempre stato.Mi accorgo di non avere un luogo, reale oparticolare dove trovare rifugio, se non lacasa dove sono cresciuta e dove tutt’oravivo, ma è il cuore, sono i ricordi, leemozioni che mi sostengono e mirasserenano. Guardo la sua foto e, nelsilenzio, ascolto.Piera

A volte il dolore è tanto tanto, ancora piùtanto e non si sa proprio cosa fare e

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soprattutto come dirlo. Poi penso che sipuò rimediare a tutto. Mia mamma midiceva che solo dinanzi alla morte non c’èrimedio. Il rimedio è dentro di noi nelsenso che bisogna pensare positivo.Armarsi di tanta pazienza e buona volontà,prendere il coraggio a due mani e pensarepositivo. Pensare positivo vuol diretrasformare il dolore, l’angoscia, l’ansoa,l’infelicità che abbiamo tutti inopportunità. L’Auser mi ha datol’opportunità di rielaborare tutto quelloche avevo dentro scrivendo. Inoltre mi hapermesso di condividere con le altre donnegli stessi problemi alleggerendo il miofardello. Noi donne quando ci mettiamoinsieme siamo capaci di tanto. A me piaceandare all’Auser. GRAZIE AUSER!!Maria V.

Non cerco l’allegria. So che non àpossibile cercare benessere, serenità,quindi la ricerca è vana. Inizio la giornatacon espendienti fino ad arrivare al sonno.Il luogo dove ci sia allegria potrebbeessere il midollo osseo che haun’importanza enorme. Dà vita ad unacellula che prende forme diverse, ciascuna

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con un suo compito. Si è fatto pigro, nonha più voglia di lavorare. Quando lasmetterà comparirà l’allegria?Maria M.

Tutti vorremmo essere felici e contenti,purtroppo la vita ci riserva un po' difelicità che non sempre riesce a cancellarecerti dolori.Fa piacere ricordare momenti allegri espensierati (generalmente quelli dellagiovinezza) ma se il tuo dolore è radicatoin te è dificile smuoverlo.Il dolore è dato da tante cose: malattie,lutti, perdita di un amore, perdita diun’amicizia, oppure la mancatarealizzazione di sé e tante tante altre coseche durante il cammino d’incontrano.Solo con la maturazione, la vicinanza diqualcuno caro oppure con medicicompetenti e con il tempo riesci adallontanare il dolroe che tante volte tiattanaglia e ti distrugge il cuore.L’importante è cercare, cercare e alla finetrovi, magari nel momento che meno tiaspetti. Io ne ho aspettati tanti di questimomenti e sempre sono riuscita a trovareche mi ha dato una mano. L’importante ènon smettere di cercare.

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Albina

Bellissima frase… è da giorni, daquando l’ho sentita, che sto cercando ditrovare questa gioia dentro di me, stocercando la forma giusta per poicancellare quel dolore enorme che mi stamangiando dentro. Verissima anche lafrase che dice: “una perdita può essereopportunità e che tutto dipende dal nostroatteggiamento”. A ben vedere, queste due frasi in questomomento della mia vita, le guardopensando alla fuga di mio figlio.Sì, vero, quando si cresce un figlio ci sipriva di tutto e di tutti, pur di farlocontento, di stare con lui, di rassicurarlocon la tua presenza, non curandoti di tuttoquello che c’è intorno a te.Sbagliato, perché poi quando lui se ne va,ti resta un vuoto dentro incolmabile e tu tilogori e ti dici se hai fatto bene adannullarti.Ho un vuoto, che si riempie solo di sensidi colpa, di: - avrei potuto fare e non hofatto, non avrei dovuto fare e ho fatto,avrei potuto dare e non ho dato. -

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Ora posso fare tutto, posso avere tutto, manon ho più lui, o perlomeno non è piùcostantemente vicino a me e non riesco avederlo diventare uomo giorno dopogiorno.Mi chiedo costantemente, come una fissa,un tarlo nel cervello, che cosa hosbagliato. Non mi do pace, alcuni giornisono serena, altri sono dannata, altri sonopersa e intanto il tempo passa.Finirà questo momento? “L’atteggiamento” sì, vero, l’atteggiamento influisce tanto sulla nostravita, come ci poniamo, il problema è che avolte non riesci ad atteggiarti diversamente, sembra sempre tutto una sfida e ci caschi dentro. A volte mi sembradi sbagliare tutto, non so più che fare, cerco di mettermi in discussione sempre. Devo assolutamente cercare e trovare quella gioia, che sono sicura ho dentro di me, perché l’ho sempre avuta. Trovarla e farla mia.Elena

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CONCLUSIONI

Dite cosa vi ha lasciato questo percorso

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“ Scrittura di sé ”… Che sarà mai? Già,proprio, che sarà mai… Scriverò soloquello che vorrò io, senza troppo espormi,solo i bei ricordi dell’infanzia, parlerò deimiei genitori, dei nonni, delle persone ame care. Invece, a poco a poco, piano piano, neivari incontri, nelle conversazioni, nelleletture proposte, nelle riflessioni lungo unpercorso introspettivo costante e benguidato è nato un clima spontaneo diapertura, capace di riportare a galla edover affrontare vecchie insicurezze,strani sensi di colpa ed ansie, che credevodi aver superato o solamente allontanato,ma che aspettavano l’occasione perriemergere e scuotere il mio animo. Così,quel foglio di carta, che avrebbe dovutoraccogliere facilmente i miei pensieri e leemozioni, è rimasto più di una voltabianco, bloccata nel non riuscire ariordinare le sensazioni provate.Questo periodo è stato un’ulterioreopportunità per conoscermi meglio, perascoltare i miei bisogni, per accettarmi percome sono, meno esigente verso mestessa, perché, nel confronto, ho compreso

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di non essere tanto diversa dagli altri eche, forse, le mie fragilità sono esperienzecomuni.Non si finisce mai di imparare a vivere. Piera

Mi sono iscritta al corso di “Scrittura dise” perché vorrei “dimenticare” quellaparte scientifica che inquina il miodiscorso e migliorare il mio modo discrivere.Non mi interessano più. Ho ricevuto altrecose più importanti. Ho detto cose di meche non avevo mai detto.Sono svuotata e contenta.Ho scoperto tante storie e ho conosciutodonne che credo non dimenticherò più,anche se le “vere amiche” sono quelledell’adolescenza e non ci sono più. Conaltre, con le quali sono cresciuta miaccorgo che gli anni, le strade diverse, miimpediscono qualsiasi relazione.Maria M.

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Questi incontri di scrittura sono stati unmodo molto simpatico per parlare tra dinoi e confrontarci con argomenti anchediversi di quelli per cui ci si ritrovava.Scrivere di sé non è facile e tante volte miha messa in difficoltà per il mio essereintroversa.Qualcosa ho scritto, ma oltre non riesco.Scusate, sono così.Albina

Questi nostri incontricarichi di emozioneracconti di vite soffertee combattute con coraggioci hanno regalatoil desiderio di sostenercidi essere pià positivedi credere che le esperienzeanche se negativeci hanno arricchitoe che il domanideve ancora regalarci

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tutto il meglioEmilia

Io, quando mi sono iscritta volevo,scusate la sincerità, solo riempire il tempo.Poi ho avuto attimi liberatori doverileggendo i miei scritti mi sonomeravigliata di come sono stata in gradodi scrivere.Mi sono sorpresa di quello che scrivevo edi come, soprattutto l’ho scritto.Rileggendo alcuni brani cresceva spessouna emozione interna poi, continuando arisentirci mi sono illuminata, capendoquanti sbagli ho fatto a tenere dentro tuttaquella rabbia che mi ha rovinato la vita.Quando ero giovane dicevo sempre cheavrei rifatto tutto. Ora, se potessi tornareindietro allontanerei la rabbia verso certitorti subiti con indifferenza e in questoperiodo il corso ha contribuito a farmelocapire. Grazie affettuoso alle miecompagne di scrittura che mi hannosupportato nei miei sbalzi d’umorepazzeschi, diversissime tra di loro maaccomunate tutte dallo stesso punto diarrivo: la serenità.Elena

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Siamo giunte alla parola ultima. Quellache conclude il nostro piccolo libro.Quella parola che dice FINE.Ma la fine di questo corso non ènecessariamente la fine del nostro trovarci,stare insieme e continuare un percorso checi ha permesso di incontrarci e narraretante cose di noi.Noi che ci vogliamo così bene narra lastoria di un gruppo di donne che siincontrano ma non hanno il coraggio diessere se stesse. Invece tra di noi qualcosasi è smosso perché abbiamo avuto vogliadi svelarci, raccontando a noi ed agli altriqualcosa che se ne stava dentro di noi, avolte ci feriva e che non voleva essereraccontato.Ma cosa era questa paura che vi facevatenere dentro i vostri pensieri, i ricordi, leimpressioni?Eventi dolorosi, perdite, offese sono nellestorie di tutti noi. Ma solo quando ascoltola storia dell’altro riesco a fare pace con lamia solitudine, con quel mio dolore chepensavo solo mio, con quel sentirmiinadeguata ad affrontare gli scossoni o i

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temporali della nostra vita.Scrivere è un atto liberatorio.Aiutare a scrivere è stato per me esserequasi come una levatrice.Scrivere è anche un atto creativo che dàmodo a chi lo esegue di dare un nome edun volto a qualcosa che solo quando vienepartorito ha una sua dimensione, una suaentità.Uno scritto richiede cura, richiede che glisi dia un nome.Uno scritto viene mostrato ad altri, oppureviene messo in scena come abbiamo fattonoi.Infatti, con il Laboratorio teatrale Auser ela regia di Simona Rosa abbiamo dato unvolto, abbiamo creato luci ed ombre eabbiamo dato la voce ad alcuni brani trattida questo percorso.L’effetto prodotto sulle persone è statomolto buono. Il dolore quando vienemesso in scena prende un altro aspetto.Rivedere le proprie storie produce uneffetto catartico.Rivivere alcuni momenti della propriavita induce ad assumere lo sguardo dellospettatore e avviene uno scollamento chegenera consapevolezza.I greci lo sapevano benissimo e quando

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facevano teatro lo scopo era quello diindurci a riconoscerci in quei personaggi.Siamo eterni viandanti e tutto ciò cheviviamo è l’eterna replica di una storiache viene sempre messa in scena dapersone diverse. In fondo tutte le storie siassomigliano.Un giorno tocca a me, cara amica, ungiorno tocca a te e questa parte non ce lascegliamo noi. Ci tocca solo recitarla.E allora, come diceva Edgar Lee Masters“… Recita bene la tua parte, in questoconsiste l’onore”...Continuate a scrivere.Continuate a dare un nome ed un volto aivostri pensieri, ai ricordi a coloro che sene sono andati ma vivono ancora dentro divoi.A presto care amiche.

Mariolina CadedduAuser Insieme Rovato

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Le persone che hanno partecipato alCorso di Scrittura Primavera 2019hanno autorizzato la pubblicazione e ladivulgazione di questo piccolo librofirmando una liberatoria.

Questi scritti sono stati utilizzatinell’ambito dello spettacolo teatraleNoi che ci vogliamo così bene, portatoin scena sabato 30 novembre 2019 alTeatro Mons. Zenucchini con la regia diSimona Rosa.

Le persone che hanno frequentato ilcorso hanno stampato e assemblato ilproprio libro, cucito e messo lacopertina. Poi se lo sono portato a casa.Una copia viene lasciata in Auser adisposizione di chi desidera leggerlo.

Rovato, 21 gennaio [email protected]

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Foto spettacolo teatrale con il LaboratorioAuser Rovato NOI CHE CI VOGLIAMOCOSI’ BENE

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