Auletta-Diritto di famiglia

158
CAPITOLO 1: I CARATTERI FONDAMENTALI DEL DIRITTO DI FAMIGLIA 1.1: CONCETTO DI FAMIGLIA E FUNZIONE DEL DIRITTO CHE DISCIPLINA La famiglia è un gruppo di persone legato da vincolo coniugale, di parentela, d’affinità; il diritto di famiglia quindi è quella parte di diritto privato che regola la vita all'interno della famiglia e tra famiglia e i terzi. L'art 29 Cost. definisce la famiglia " società naturale fondata sul matrimonio ". Essa è una realtà che nasce dal bisogno spontaneo dell'uomo di creare una comunione d’affetti, dove sviluppare la propria personalità e soddisfare le proprie esigenze di vita. La famiglia quindi è una formazione sociale, cioè una società intermedia a tra stato e individuo. Tuttavia, la famiglia non ha una propria soggettività giuridica, nel senso che al gruppo non sono imputabili diritti o doveri, cose che invece spettano ai singoli famigliari, i quali però potranno vedere i propri interessi limitati per soddisfare l'interesse del gruppo. 1.2: FAMIGLIA NUCLEARE E FAMIGLIA PARENTALE La famiglia nucleare è quella che comprende i coniugi e i loro figli, mentre la famiglia parentale comprende oltre ai coniugi ai figli, anche altri parenti e affini. Parenti: persone che hanno una scendente comune (74 cod civ) Affini: parenti dell'altro coniuge. I parenti di ciascun coniuge non sono affini tra loro e gli affini di un coniuge non sono a fini dell'altro coniuge. La parentela si distingue in: parentela legittima, quando il rapporto di consanguineità che unisce i soggetti deriva da una unione fondata sul matrimonio, e parentela naturale, quando il rapporto tra i soggetti non deriva dal matrimonio. Per calcolare la parentela e affinità si fa ricorso alle linee e ai gradi: la linea retta indica la generazione di un soggetto da un altro in maniera immediata, come genitore e figlio, o mediata, 1

Transcript of Auletta-Diritto di famiglia

Page 1: Auletta-Diritto di famiglia

CAPITOLO 1: I CARATTERI FONDAMENTALI DEL DIRITTO DI FAMIGLIA

1.1: CONCETTO DI FAMIGLIA E FUNZIONE DEL DIRITTO CHE DISCIPLINA

La famiglia è un gruppo di persone legato da vincolo coniugale, di parentela, d’affinità; il diritto di famiglia quindi è quella parte di diritto privato che regola la vita all'interno della famiglia e tra famiglia e i terzi.

L'art 29 Cost. definisce la famiglia " società naturale fondata sul matrimonio ". Essa è una realtà che nasce dal bisogno spontaneo dell'uomo di creare una comunione d’affetti, dove sviluppare la propria personalità e soddisfare le proprie esigenze di vita.

La famiglia quindi è una formazione sociale, cioè una società intermedia a tra stato e individuo. Tuttavia, la famiglia non ha una propria soggettività giuridica, nel senso che al gruppo non sono

imputabili diritti o doveri, cose che invece spettano ai singoli famigliari, i quali però potranno vedere i propri interessi limitati per soddisfare l'interesse del gruppo.

1.2: FAMIGLIA NUCLEARE E FAMIGLIA PARENTALE

La famiglia nucleare è quella che comprende i coniugi e i loro figli, mentre la famiglia parentale comprende oltre ai coniugi ai figli, anche altri parenti e affini.

Parenti: persone che hanno una scendente comune (74 cod civ) Affini: parenti dell'altro coniuge. I parenti di ciascun coniuge non sono affini tra loro e gli affini di un coniuge non sono a fini

dell'altro coniuge. La parentela si distingue in: parentela legittima, quando il rapporto di consanguineità che

unisce i soggetti deriva da una unione fondata sul matrimonio, e parentela naturale, quando il rapporto tra i soggetti non deriva dal matrimonio.

Per calcolare la parentela e affinità si fa ricorso alle linee e ai gradi: la linea retta indica la generazione di un soggetto da un altro in maniera immediata, come genitore e figlio, o mediata, come nonno e nipote; il grado invece dipende dal numero delle generazioni che intercorrono tra due soggetti. Nella linea collaterale invece, esiste un ascendente comune, ma non c'è discendenza di un soggetto ad un altro, come due cugini, due fratelli o i genitori. Il grado si determina sommando il numero di generazioni che separa un soggetto dall'altro, passando per lo stipite comune.

Nell’affinità linee gradi sono gli stessi del rapporto di parentela che lega l'altro coniuge con i propri parenti.

La parentela rileva ai fini giuridici solo entro il sesto grado.

1

Page 2: Auletta-Diritto di famiglia

L’affinità non si estingue per lo scioglimento del matrimonio, ma solo in seguito all'annullamento dello stesso.

Nell'ambito della famiglia nucleare, ogni soggetto ha uno status familiare, che comporta la nascita di diritti e doveri.

Negli ultimi decenni ha perso importanza la cosiddetta famiglia patriarcale, a favore invece della famiglia nucleare. In alcuni casi l'ordinamento richiede che la famiglia presenti certe caratteristiche: si parla di famiglia lavoratrice nella disciplina dell'impresa familiare, di famiglia convivente nella disciplina sulla successione nel contratto di locazione, e di famiglia fiscale, quando si vuole intendere una famiglia produttrice di reddito.

1.3: DIRITTI SPETTANTI AL FAMILIARE E LORO TUTELA. I NEGOZI FAMILIARI

I diritti e i doveri familiari sono: - diritti fondamentali della persona - di natura non patrimoniale - indisponibili, in quanto non possono essere oggetto d’alienazione, rinuncia, transazione,

prescrizione e sono intrasmissibili mortis causa. La fonte da cui nascono diritti e doveri familiari può essere: legale, giudiziale, negoziale, ma

possono anche sorgere dalla combinazione di questi fattori. Nell'ambito dei rapporti familiari, quindi, l'autonomia privata è limitata solo alla decisione di

porre in essere un determinato rapporto familiare, mentre gli effetti che ne scaturiscono sono stabiliti dalla legge.

I negozi di diritto familiare sono: - tipici, perché l'ordinamento predispone gli schemi negoziali - formali, perché devono essere stipulati con particolari forme previste dalla legge - strettamente personali: non ammettono quindi rappresentanza. L'inosservanza di queste norme comporta conseguenze civili e penali. Le sanzioni civili e

possono avere natura risarcitoria, esecutoria, invalidatoria, mentre con sanzione penale viene punito il familiare che fa mancare all'altro i mezzi di sussistenza, il bigamo e colui che induce l'altro al matrimonio con inganno, colui che commette il reato di incesto.

1.4: L'EVOLUZIONE DEL DIRITTO DI FAMIGLIA E SUI PRINCIPI FONDAMENTALI

Nell'ultimo quarantennio la disciplina del diritto di famiglia ha subito delle modifiche profonde. Nell'evoluzione di questa disciplina molto importanti sono state le leggi sulla adozione speciale,

2

Page 3: Auletta-Diritto di famiglia

sul divorzio sull'accordo tra Stato e Chiesa per la revisione del Concordato della 1929, ma soprattutto grande importanza ha avuto la cosiddetta riforma del diritto di famiglia, con la L. 19.5.1975 n. 151, con la quale si è abbandonata la concezione gerarchica della famiglia e si sono abolite le discriminazioni tra figli legittimi e figli naturali.

In quest’evoluzione del diritto di famiglia, la Corte Costituzionale ha svolto un ruolo fondamentale, in quanto con le sue pronunzie si è data attuazione al principio di uguaglianza nei rapporti tra i coniugi ed ha garantito la parità di trattamento dei soggetti riguardo alla disciplina dell'atto di matrimonio.

I principi fondamentali più importanti del diritto di famiglia introdotti dalla L. 151/75 sono:

1) innalzamento dell’età per contrarre matrimonio2) profonde modifiche alle cause d’invalidità del matrimonio3) abolizione della separazione personale per colpa4) tutela della libertà matrimoniale: il consenso al matrimonio deve essere prestato

consapevolmente da un soggetto capace ha e senza costruzioni; 5) c'è uguaglianza tra i coniugi per quanto riguarda i diritti e doveri che scaturiscono dal

matrimonio6) la contribuzione ai bisogni della famiglia grava su tutti membri del gruppo7) il regime patrimoniale della famiglia è la comunione legale: c'è il divieto di adottare regimi

che pongono un coniuge imposizione di inferiorità rispetto all'altro8) il lavoro svolto da un familiare nell'impresa dell'altro si presume a titolo oneroso e deve

essere ricompensato9) i genitori hanno gli stessi diritti e doveri verso i figli e pari poteri nell'esercizio della potestà10) figli legittimi e figli naturali riconoscibili hanno gli stessi diritti e doveri verso i genitori11) attribuzione dell’azione di disconoscimento della paternità anche alla madre e al figlio12) riconoscibilità dei figli adulterini13) ha ammesso l’illimitata ricerca della paternità naturale14) il minore ha diritto di vivere nella propria famiglia o di avere una famiglia nella quale

crescere15) la separazione coniugale e il divorzio si pongono come rimedio alla crisi coniugale16) i doveri di solidarietà economica permangono anche durante la crisi coniugale o in caso di

annullamento del vincolo matrimoniale.

1.5: LA FAMIGLIA DI FATTO

Per famiglia di fatto s’intende la coppia che convive stabilmente, senza che l'unione venga formalizzata mediante il matrimonio, ma col sostanziale rispetto dei doveri matrimoniali.

3

Page 4: Auletta-Diritto di famiglia

Molto dibattuto è il problema della rilevanza giuridica della famiglia di fatto, se cioè l'ordinamento faccia scaturire o meno da quest’unione effetti giuridici.

Nella legislazione manca un esplicito riconoscimento della famiglia di fatto, sia come alternativa alla famiglia legittima, sia come convivenza sottoposta a forme di tutela più limitate rispetto al matrimonio.

Inoltre, la famiglia di fatto non va confusa con il rapporto di filiazione naturale, in quanto questo è un rapporto intersoggettivo, rilevante a prescindere dalla convivenza dei genitori.

In mancanza di una normativa organica della materia resta aperto il problema di ricostruire una disciplina di tutela della famiglia di fatto dal complesso delle norme destinate alla famiglia legittima. Ai sensi dell'art. 29 della Cost. si esclude un’equiparazione tra le due figure, in quanto emerge che la famiglia legittima sia la forma di convivenza privilegiata, sia perché sottoposta alla disciplina dell'ordinamento giuridico, sia per il fatto che nella famiglia di fatto manca un atto formale di costituzione, che possa essere preso in considerazione dei terzi.

C'è chi individua in questo articolo il riconoscimento della famiglia legittima come forma esclusiva di convivenza tutelata dall'ordinamento, anche se, secondo un'altra opinione la famiglia di fatto può inquadrarsi tra le formazioni sociali che l'art 2 costituzione prende in considerazione. Secondo quest’ultima corrente, infatti, anche la famiglia di fatto ha la funzione di favorire lo sviluppo e la piena realizzazione della persona, attraverso una forma di convivenza familiare non occasionale, fondata sulla solidarietà reciproca e cura della prole.

Secondo questa linea di pensiero, gli elementi costitutivi della famiglia di fatto sono: 1) mancanza del vincolo matrimoniale 2) diversità di sesso dei membri della coppia 3) impegno di stabile convivenza della stessa con osservanza dei doveri matrimoniali4) conoscenza sociale della convivenza. Di conseguenza non si parla di famiglia di fatto:- Nel caso di convivenza fondata sul matrimonio annullato,- Nel caso di convivenza di una coppia di omosessuali, - Quando la coppia sceglie un impegno di convivenza sporadica o viene svincolata dal rispetto

dei doveri matrimoniali, come la convivenza tra fratello e sorella o - Quando la convivenza viene tenuta segreta. Alcuni ordinamenti stranieri hanno ovviato alla mancanza di un atto costitutivo della famiglia

di fatto consentendo di stipulare un patto di solidarietà, in maniera formale e sottoposto a pubblicità, al quale sono connesse misure di tutela per le parti. Questi pacchi possono essere stipulati anche da persone dello stesso sesso.

Nella ricostruzione della disciplina applicabile alla famiglia di fatto grande importanza ha avuto la Giurisprudenza. Essa è arrivata ad alcune importanti conclusioni prendendo in considerazione controversie civili intervenute tra la coppia e i terzi, in particolare:

4

Page 5: Auletta-Diritto di famiglia

-ha riconosciuto il diritto del convivente al risarcimento per il danno subito in seguito all'uccisione del partner da parte di un terzo, presupponendo che gli apporti economici forniti dal defunto si sarebbero protratti nel tempo.

-ha riconosciuto al convivente il diritto di abitazione sulla casa familiare, subentrando eventualmente nel contratto di locazione stipulato dall'alto convivente, nel caso di sua morte o di scioglimento della convivenza, in caso di accordo tre membri della coppia o a tutela dei figli e affidati al convivente.

-ha dato rilevanza alle esigenze della famiglia di fatto tra quelle che giustificano la richiesta del locatore di ottenere la restituzione dell'immobile.

Inoltre, la giurisprudenza ha tratto delle conclusioni anche prendendo delle controversie civili intervenute all'interno della coppia, in particolare:

-ha riconosciuto che le prestazioni spontaneamente adempiute da un convivente per contribuire al soddisfacimento di bisogni della famiglia o per risarcire il danno derivante dalla rottura della convivenza siano irripetibili

-ha riconosciuto la rilevanza del soddisfacimento di bisogni di vita ottenuto dal convivente nell'ambito della famiglia di fatto per sollevare il coniuge separato o divorziato dall'obbligo di provvedere a queste esigenze con il proprio contributo.

-ha riconosciuto che il bene acquistato, utilizzando gli incrementi patrimoniali maturati dopo l'inizio della convivenza, appartiene ad ambedue i partners

-ha riconosciuto la possibilità di chiedere l'intervento del giudice per risolvere un contrasto tra conviventi circa un affare essenziale della famiglia

-ha riconosciuto che un convivente possa avere la liberalità d'uso nel caso di elargizioni spontanee fatte dall'alto convivente.

Concludendo, le forme di tutte le indicate comportano un sostanziale riconoscimento della rilevanza della famiglia di fatto. Inoltre esiste un movimento di opinione che vorrebbe un intervento normativo per attribuire ai conviventi alcuni diritti e doveri propri della famiglia legittima, ma ne esiste un altro che sostiene che una regolamentazione giuridica della famiglia di fatto porterebbe alla creazione di una figura di famiglia di grado inferiore rispetta quella legittima, oltre ad un incremento del fenomeno, in contrasto con l'esigenza dell'ordinamento di favorire l'impegno matrimoniale. Infine, quindi, l'unico modo per tutelare una convivenza rimane negozio giuridico come forma di autoregolamentare azione: di conseguenza rimarrebbero prive di tutela quelle coppie che non hanno disciplinato la loro convivenza mediante accordo.

5

Page 6: Auletta-Diritto di famiglia

CAPITOLO SECONDO: LA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO.

2.1: NOZIONI E CARATTERE DEL MATRIMONIO

Il matrimonio è l'atto con il quale l'uomo e la donna s’impegnano a realizzare una comunione di vite e d’affetti, cioè una stabile convivenza fondata sull'assistenza e rispetto reciproco.

Con il termine matrimonio s’indica sia l'atto dal quale sorge lo stato coniugale, sia il rapporto che ne deriva, cioè gli effetti che lo caratterizzano.

Il matrimonio è un negozio bilaterale: negozio perché gli effetti devono essere voluti dalle parti, bilaterale e perché gli sposi sono le uniche parti stipulanti. La funzione, invece, del celebrante è solo certificativa, in quanto da pubblica fede e rilevanza sociale alla decisione degli sposi di formare una famiglia. Per questo motivo il matrimonio è valido anche se il consenso è stato espresso davanti ad un apparente ufficiale di stato civile (art 113 codice civile), purché questi ne esercitasse pubblicamente le funzioni oppure se alla volontà di quest'ultimo risulti viziata.

Per quanto riguarda la forma del negozio, esistono tre modalità di celebrazione: civile, concordataria, acattolica, mentre gli effetti che ne scaturiscono sono indipendenti dalla forma di celebrazione scelta e sono fissati i inderogabilmente dalla legge. Ai coniugi spettano solo poteri sul profilo patrimoniale e per alcuni aspetti relativi rapporti personali.

6

Page 7: Auletta-Diritto di famiglia

Importante sottolineare che il matrimonio è un negozio di diritto privato, in quanto esso rappresenta un esercizio d’autonomia privata, strettamente personale, perché non ammette rappresentanza, non patrimoniale, in quanto vuole tutelare gli interessi relativi alla persona che non al patrimonio (la causa del matrimonio consiste nella costituzione di una comunione di vita).

2.2: LA LIBERTÀ MATRIMONIALE

La libertà matrimoniale rientra tra le libertà fondamentali della persona tutelate dal nostro ordinamento: quindi, l'impegno assunto da ognuno dei nubendi non è suscettibile d’esecuzione in forma specifica e può essere revocato senza limiti fino al momento della celebrazione (art 79 cod civ).

Inoltre, l'ordinamento vieta anche l'apposizione di clausole negoziali che tendono ad influenzare la volontà matrimoniale, ma deve ritenersi illecita qualsiasi condizione, apposta ad un negozio, che incide sull'esercizio della libertà matrimoniale, mentre sono consentite quelle clausole che tendono ad assecondare la scelta, rendendola possibile.

Lesivo della libertà matrimoniale e può essere il cosiddetto " contratto prossenetico " o mediazione matrimoniale, con il quale il mediatore, per scopo di lucro, si obbliga a prestare la propria opera per facilitare il matrimonio di una persona, fornendo le informazioni di carattere personale o patrimoniale su persone dell'altro sesso ovvero favorendo l'incontro la conoscenza con esse. In particolare, la lesione della libertà matrimoniale si verifica se l'attività del mediatore influenza la volontà dei soggetti per indurre al matrimonio, come nel caso in cui il corrispettivo per l'attività prestata è dovuto solo se il matrimonio viene effettivamente celebrato.

Lecito, invece, è il contratto con il quale il mediatore si limita a creare o facilitare occasione d’incontro, dietro corresponsione di un corrispettivo che va prestato a prescindere dall'esito successivo.

2.3: LA PROMESSA DI MATRIMONIO.

Di solito, prima del matrimonio, c'è un periodo più o meno lungo che serve a favorire la conoscenza reciproca dei nubendi e ad adempiere alle formalità preliminari richieste dalla legge in vista della celebrazione. In questo periodo, la coppia assume un impegno facendo la cosiddetta promessa di matrimonio o fidanzamento.

Dalla promessa non sorge nessun obbligo dei nubendi di contrarre matrimonio, in quanto una tale decisione deve rimanere assolutamente libera. Per questo motivo l'art 79 cod civ considera invalidi gli accordi che fanno gravare sul fidanzato, che rompe la promessa di matrimonio, il pagamento di un risarcimento forfettario del danno risentito dall'altro fidanzato per rottura della promessa.

7

Page 8: Auletta-Diritto di famiglia

Da quest'ultima derivano, invece, i seguenti obblighi: a carico di ambedue fidanzati, la restituzione dei doni e di altri effetti personali, mentre a carico del fidanzato che venuto meno ingiustificatamente alla promessa o chi ha dato altre giustificate ragioni di rottura, un risarcimento del danno.

Per quanto riguarda i doni, quelli che devono essere restituiti sono quelli ricevuti dall'altro a causa della promessa di matrimonio. Il fidanzato beneficiario del dono deve restituire il bene ricevuto, a meno che la restituzione risulti impossibile: in tal caso deve corrisponderne il valore.

Non devono essere restituite le cosiddette liberalità d'uso, cioè quei regali che si è soliti scambiarsi per affetto in occasione di alcune ricorrenze.

Se tra i fidanzati vengono stipulate vere e proprie donazioni, queste sono disciplinate dalle regole di questo contratto: quindi la donazione non sarà valida se non è avvenuta nel rispetto delle forme richieste dalla legge.

L'obbligo di restituzione (art 80 cod civ) sorge anche da una promessa di matrimonio unilaterale o non solenne, ma presuppone che la richiesta di restituzione del donante sia fatta, a pena di decadenza, entro un anno dal rifiuto di celebrare il matrimonio o di alla morte dell'altro fidanzato.

Questi atti di liberalità si differenziano dalle cosiddette donazioni obnuziali, cioè quelle donazioni fatte a riguardo di un futuro matrimonio e che hanno la funzione di contribuire a formare il patrimonio della futura famiglia. L'efficacia di queste donazioni è sospensivamente condizionata alla celebrazione di un valido matrimonio.

Si devono restituire anche fotografie, corrispondenza e altri oggetti simili, riproducendo certi aspetti della persona. La restituzione serve a tutelare i diritti fondamentali della persona, come la riservatezza, l'immagine…

Il danno è risarcibile solo se ricorrono i seguenti presupposti (81 cod civ): -La promessa è bilaterale- la promessa deve essere stipulato per scrittura privata, atto pubblico o risulti dall'azione dei

nubendi di aver provveduto a fare le pubblicazioni- deve provenire da un maggiorenne oppure da un minore legittimato a contrarre matrimonio- la rottura può non essere giustificata oppure è giustificata per sottrarsi all'impegno- la richiesta da parte del danneggiato deve essere tempestiva. Sono ingiustificate ragioni di rottura della promessa quelle che risultano chiaramente pretestuose o

che comunque, in base alla valutazione sociale, non risultano talmente gravi da rimettere in discussione l'impegno di celebrare le nozze. Giustificate, invece, sono tutte quelle ragioni serie, sopravvenute alla promessa o successivamente conosciute o che comunque avrebbero causato l'invalidità del matrimonio, se non fossero state conosciute al momento della celebrazione.

La domanda per il risarcimento deve essere proposta, a pena di decadenza, entro un anno dall'avvenuto rifiuto di adempiere la promessa.

8

Page 9: Auletta-Diritto di famiglia

L'entità del risarcimento è limitata alle spese fatte e alle obbligazioni contratte dall'avente diritto a causa della promessa, oltre ai danni patrimoniali subiti dall'altro fidanzato che è stato indotto dall'altro membro della copia a tenere il comportamento pregiudizievole, garantendo la celebrazione del matrimonio (si applica l'art 2043 per l'illecito extracontrattuale).

Il risarcimento del danno è giustificato per il fatto che uno dei nubendi ha reso inutile, senza motivo le spese affrontate dall'alto fidanzato per la celebrazione del matrimonio: è contrario, quindi, buona fede, il comportamento del fidanzato che rompe la promessa di matrimonio per ragioni socialmente non apprezzabili oppure via all'altro giustificato motivo per rifiutare la celebrazione.

2.4: IL MATRIMONIO CIVILE-IMPEDIMENTI ALLA CELEBRAZIONE

Il matrimonio civile è quello destinato a produrre effetti solo per lo stato ed è, quindi, interamente disciplinato dall'ordinamento civile.

I nubendi devono possedere determinati requisiti per essere ammessi al matrimonio e la mancanza o inesistenza di uno di questi requisiti costituisce impedimento matrimoniale dal quale scaturisce il divieto per gli sposi e per l'ufficiale di stato civile di celebrare il matrimonio.

Gli impedimenti possono essere assoluti e relativi; dispensabili e non dispensabili; che incidono sulla validità o sulla regolarità del matrimonio.

Gli impedimenti assoluti impediscono al soggetto di celebrare qualsiasi matrimonio, a prescindere dalla persona dell'altro sposo e sono: età, interdizione, mancanza di libertà di stato, divieto temporaneo di nuove nozze.

Gli impedimenti relativi precludono il matrimonio con una determinata persona e sono: Parentela, affinità, adozione, filiazione e delitto.

Gli impedimenti dispensabili sono quelli che possono essere rimossi, a determinate condizioni, mediante autorizzazione giudiziaria e sono: età, parentela e affinità, divieto temporaneo di nuove nozze.

Non dispensabili sono tutti gli altri. A) ETÀ: l'ordinamento ammette alla celebrazione solo i maggiori di età capaci di agire. Il

sedicenne, però, può essere ammesso al matrimonio, previa autorizzazione del tribunale di minorenni del luogo di sua residenza, in presenza dei seguenti requisiti: maturità psicofisica e gravità delle ragioni addotte per anticipare il matrimonio.

Per quanto riguarda il primo requisito, il giudice deve accertare la capacità del minore di compiere consapevolmente la scelta matrimoniale e della persona con cui unirsi. Inoltre vengono considerati anche i comportamenti tenuti dal minore durante la vita come indici di maturità (durata non breve del rapporto affettivo, valore che attribuisce al matrimonio...).

Per quanto invece riguarda i motivi che inducono il minore da anticipare matrimonio, anche in questo caso contano molto le esperienze del soggetto e comportamenti tenuti dal minore, anche se

9

Page 10: Auletta-Diritto di famiglia

molto importanti sono anche le circostanze in cui si trova il minore (maltrattamenti da parte dei genitori, allontanamento del minore da casa a causa della sua relazione....).

Il procedimento per l'autorizzazione può essere attivato solo dal minore: esso comporta l'audizione del minore, dei suoi genitori e del pubblico ministero e si conclude con decreto emesso in camera di consiglio da comunicarsi agli sposi, ai genitori e al pubblico ministero. La decisione si può impugnare davanti alla sezione minorile della corte d'appello.

Legittimato all'impugnazione è solo il minore se il provvedimento nega l'autorizzazione, mentre se questa viene concessa legittimati solo il pubblico ministero e i genitori. La Corte D'appello decide in camera di consiglio, ma questa decisione non può più essere impugnata in Cassazione.

Il minore ammesso a contrarre matrimonio acquista anche la capacità di stipulare personalmente le convenzioni matrimoniali con assistenza del genitore o di un curatore speciale nominato dal tribunale dei minori, se i genitori sono contrarre matrimonio.

Col matrimonio il minore diventa emancipato. B) INTERDIZIONE: non può contrarre matrimonio l'interdetto per infermità di mente, perché

ritenuto dalla legge totalmente incapace di intendere e di volere (85 cod civ). L'impedimento sorge dopo il passaggio in giudicato e dopo la conseguente pubblicazione della sentenza di interdizione, ma se il procedimento è ancora in corso, il pubblico ministero può richiedere la sospensione della celebrazione in attesa che il giudizio si concluda.

C) LIBERTÀ DI STATO: non può contrarre matrimonio chi è legato da un precedente vincolo matrimoniale non annullato o sciolto (86 cod civ). Un’eccezione è quella che ammette la celebrazione del coniuge di colui che stato dichiarato morto presunto.

D) PARENTELA, AFFINITÀ, ADOZIONE, AFFILIAZIONE: impediscono il matrimonio il vincolo di parentela o di affinità che intercorre tra gli sposi, in linea retta all'infinito, in linea collaterale al secondo grado per l'affinità, al terzo per la parentela.

Lo scioglimento o l'annullamento del matrimonio da cui deriva l’affinità non fa venir meno l'impedimento, però è ammissibile l'autorizzazione giudiziale alla celebrazione in caso d’annullamento.

Nell'ambito del rapporto adottivo sono vietate le nozze tra: adottante e adottato, coniuge dell'adottante e adottato, coniuge dell’adottato e adottante, figli adottivi, adottato e figli dell'adottante. Le stesse regole si applicano nella filiazione. L'adozione a cui l'ordinamento si riferisce è quella non legittimante, che non estingue i divieti matrimoniali con la famiglia di origine.

Gli impedimenti in esame possono essere rimossi mediante autorizzazione del tribunale ordinario, su richiesta di uno dei nubendi, nel caso di zio e nipote, zia e nipote, cognati, suocero e nuora, genero e suocera. Il procedimento per l'autorizzazione per proporre reclamo è lo stesso di quello per la minore età. Legittimati al reclamo sono i nubendi in caso di provvedimento negativo ed il pubblico ministero se il provvedimento è positivo.

10

Page 11: Auletta-Diritto di famiglia

E) DELITTO: l'impedimento sorto in seguito alla condanna di uno dei nubendi per omicidio consumato o tentato del coniuge dell'altra (88 cod civ). Occorre che l'omicidio sia commesso dolosamente da un soggetto capace, senza che ricorra una causa di giustificazione, come ad esempio la legittima difesa. Non c'è, invece, impedimento sella condanna penale non è stata ancora pronunciata, ma se il giudizio è in corso, la celebrazione deve essere sospeso in attesa della sentenza definitiva.

F) DIVIETO TEMPORANEO DI NUOVE NOZZE: riguarda la donna precedentemente sposata il cui matrimonio sia stato sciolto o annullato, ed opera per il periodo di 300 giorni successivi all'estinzione del vincolo (89 cod civ).

La finalità dell'impedimento è quella di evitare un conflitto di presunzioni sulla paternità del figlio generato in questo periodo dalla donna. Infatti, se il bambino nasce entro 300 giorni dallo scioglimento dall'annullamento del primo matrimonio, si presume figlio del primo marito.

Di conseguenza, il divieto non sussiste se lo scioglimento del primo vincolo è stato pronunciato dal giudice

-per precedente separazione dei coniugi, protrattasi per tre anni oppure -per inconsumazione del matrimonio, o - annullamento dello stesso per errore sull'impotenza del marito. L'impedimento invece c'è, ma può essere rimosso su istanza della donna quando: -è escluso con certezza uno stato di gravidanza in corso un oppure -quando risulta da sentenza passata in giudicato che i coniugi non hanno convissuto nei 300 giorni

precedenti lo scioglimento o annullamento del matrimonio.

2.5 PUBBLICAZIONI ED OPPOSIZIONE AL MATRIMONIO

Prima del matrimonio, i nubendi devono fare le pubblicazioni, richiedendole all'ufficiale di stato civile del luogo di residenza comune oppure di uno dei due. Chi richiede le pubblicazioni deve dichiarare le generalità dei nubendi, la loro libertà di stato, l'inesistenza d’impedimenti matrimoniali. Se dopo queste formalità emerge l'esistenza di un impedimento o di vizi della documentazione, l'ufficiale di stato civile non può procedere alle pubblicazioni, deve dare notizia di ciò al procuratore della Repubblica e rilasciare ai nubendi un certificato con i motivi del rifiuto.

Le pubblicazioni sono fatte mediante affissione della richiesta di matrimonio alla porta della casa comunale del luogo di residenza di ciascuno dei due sposi per almeno 8 giorni; trascorsi altre 3 giorni dalla conclusione di detto periodo, i nubendi sono ammessi a contrarre matrimonio. La celebrazione deve avvenire nei 180 giorni successivi, altrimenti si devono ripetere pubblicazioni.

I nubendi possono ottenere dal tribunale dispensa dalle pubblicazioni per cause gravissime, ma devono rendere, in questo caso, la dichiarazione d’inesistenza di impedimenti.

11

Page 12: Auletta-Diritto di famiglia

Inoltre, per gravi motivi, il tribunale può disporre la riduzione del termine della durata delle pubblicazioni.

L'ufficiale di stato civile anche in mancanza delle pubblicazioni, potrà celebrare il matrimonio imminente pericolo di vita di uno dei nubendi, facendo però giurare gli sposi sull’inesistenza di impedimenti.

Le pubblicazioni sono una forma di pubblicità notizia: la loro mancanza non comporta l'invalidità, ma solo l'irregolarità del matrimonio, comportando anche delle sanzioni pecuniarie.

La possibilità di far rilevare l'esistenza di un impedimento alle nozze non deve essere confusa con la cosiddetta opposizione al matrimonio, che consiste nella facoltà, riconosciuta da alcuni soggetti, di agire giudizialmente per ottenere la sospensione della celebrazione. Legittimati all'opposizione solo i genitori degli sposi, il tutore o curatore, il pubblico ministero (al quale devono rivolgersi coloro che sono a conoscenza di un impedimento, ma non rientrano tra i legittimati), il coniuge di colui che vuole contrarre un nuovo matrimonio senza che il vincolo precedente sia venuto meno, l'ex coniuge

(in caso di divieto temporaneo di nuove nozze). L'opposizione deve farsi con ricorso, nel quale s’indicano le ragioni su cui essa si fonda e viene

presentato al presidente del tribunale del luogo di richiesta delle pubblicazioni. Questo dispone la comparizione delle parti entro un breve periodo, la comunicazione al pubblico ministero, la notificazione ai nubendi e all'ufficiale dello stato civile. Il presidente del tribunale, se lo ritiene opportuno, può disporre la sospensione della celebrazione fino a quando l'opposizione non è rimossa. Se l'opposizione risulti infondata possono richiedere la condanna al risarcimento del danno, tranne nel caso in cui ad agire siano stati genitori o il pubblico ministero.

2.6 CELEBRAZIONE, PUBBLICITÀ E PROVA

Di solito il matrimonio viene celebrato dall'ufficiale di stato civile, nella casa comunale, alla presenza di due testimoni, ma se uno dei due sposi gravemente impedito, può avvenire in un altro luogo, la presenza di 4 testimoni.

Gli sposi devono presenziare alla celebrazione del matrimonio, tranne nel caso in cui sia stata rilasciata procura. Queste possibilità è limitata dalla legge a due ipotesi: per i militari impegnati in operazioni di guerra oppure per i residenti all'estero, se ricorrono gravi motivi o se l'altro fidanzato non può recarsi all'estero per celebrare il matrimonio.

La procura deve rivestire generalmente la forma dell'atto pubblico, contenere l'indicazione dell'altro sposo e della persona alla quale viene rilasciata ed il matrimonio deve essere celebrato entro 180 giorni dal rilascio della procura.

Nel corso della celebrazione l'ufficiale dello stato civile provvede alla lettura degli articoli 143, 144 e 147 e riceve il consenso degli sposi, al quale non possono essere apposti termini o

12

Page 13: Auletta-Diritto di famiglia

condizioni. In caso contrario, il matrimonio sorge comunque validamente, ma il termine o la condizione si considerano non apposti.

Irregolare è anche il matrimonio celebrato senza testimoni oppure omettendo la lettura degli articoli del codice civile: in questo caso l'ufficiale di stato civile incorrerà in sanzioni pecuniarie. Sarà valido, invece, purché uno degli sposi sia buona fede e purchè abbia agito pubblicamente, il consenso manifestato davanti ad un apparente ufficiale di stato civile.

L'ufficiale dello stato civile poi provvede alla redazione dell'atto di matrimonio, dove eventualmente verranno inserite le dichiarazioni dei nubendi di scelta del regime patrimoniale di separazione di beni e di riconoscimento di un figlio naturale. L'atto deve essere iscritto nell'archivio informatico del comune; l'ufficiale di stato civile deve curare anche la trasmissione dell'atto all'ufficiale di stato civile del luogo di residenza degli sposi per la sua trascrizione. Iscrizione trascrizione sono forme di pubblicità notizia. L'atto di matrimonio è mezzo di prova privilegiato della celebrazione, ma se l'atto di matrimonio non è stato inserito nei registri dello stato civile per colpa o dolo dell'ufficiale di stato civile o per forza maggiore, la prova della celebrazione è ammessa se risulti un conforme possesso dello stato coniugale. Elementi costitutivi di quest'ultimo sono: il nome, che ricorre quando la coppia viene normalmente identificata col medesimo cognome, il trattamento, quando c'è una convivenza fondata sul rispetto dei doveri matrimoniali, la fama, quando i membri della coppia sono riconosciuti socialmente come marito e moglie.

2.7: IL MATRIMONIO CONCORDATARIO

Il Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica dell'11.2.1929 ha fatto nascere il cosiddetto "matrimonio concordatario " che consente ai cattolici la celebrazione, davanti al ministro del culto, di matrimonio religioso anche con effetti civili, a condizione che il consenso sia manifestato dei nubendi davanti al ministro del culto e l'atto venga trascritto nei registri dello stato civile.

Sulla validità del vincolo incidono fortemente le alterazioni dalla volontà di ciascun soggetto oppure l'esclusione predeterminata del rispetto anche di uno solo dei caratteri fondamentali del matrimonio: l'amore coniugale, procreazione, indissolubilità, monogamia.

Questa disciplina è stata profondamente modificata dalla Accordo Di Revisione Del Concordato Dell'84. In base a questo accordo, la trascrizione del matrimonio non può avvenire in due casi:

- quando gli sposi non hanno l'età prevista dall'ordinamento civile-quando sussiste un impedimento considerato inderogabile dalla legge civile. Il matrimonio canonico, quindi, non può essere trascritto in quei casi in cui esiste un divieto

inderogabile di celebrazione del vincolo civile, mentre può essere trascritto un matrimonio celebrato in presenza di un impedimento derogabile.

13

Page 14: Auletta-Diritto di famiglia

Per quanto riguarda le formalità, il matrimonio concordatario deve essere preceduto dalle pubblicazioni civili su richiesta dei nubendi e del parroco, davanti al quale sono state fatte le pubblicazioni religiose. Questa richiesta attesta l'intenzione di nubendi di contrarre un matrimonio con effetti civili. Trascorso il periodo previsto, senza che siano emersi impedimenti civili che non consentono la trascrizione, l'ufficiale dello stato civile del luogo di residenza di uno degli sposi rilascia un documento nel quale si dichiara che nulla osta alla celebrazione. Questo documento garantisce comunque la trascrivibilità del matrimonio, anche se prima della celebrazione sorge qualche impedimento.

La celebrazione del matrimonio avviene secondo il rito cattolico, ma è prevista la lettura, da parte del sacerdote degli articoli del codice civile sui diritti e doveri dei coniugi.

L'atto di matrimonio deve essere redatto dal celebrante in doppio originale e sottoscritto da lui, dai coniugi e dai testimoni. In questo atto possono essere inserite anche le dichiarazioni degli sposi di scegliere come regime quello di separazione dei beni oppure per di riconoscimento di un figlio naturale.

Un originale dell'atto, unitamente alla richiesta di trascrizione, per essere inviato dal parroco entro 5 giorni all'ufficiale di stato civile del comune in cui è avvenuta la celebrazione, perché venga trascritto nell'archivio informatico. Il matrimonio trascritto tempestivamente produce effetti civili dal momento della celebrazione. La trascrizione ha carattere costitutivo, è necessaria perché il matrimonio canonico abbia anche effetti civili; in mancanza di trascrizione, il matrimonio rimane un atto puramente religioso, irrilevante per lo stato.

Se invece il matrimonio è stato celebrato irregolarmente per mancanza delle pubblicazioni l'ufficiale vi deve provvedere prima di procedere a trascrizione. Al comune verrà affisso un avviso del matrimonio da trascrivere. Trascorsi otto giorni, l'ufficiale dello stato civile potrà procedere alla trascrizione. Questa viene chiamata trascrizione tempestiva ritardata.

Diversa è invece l'ipotesi della cosiddetta trascrizione tardiva, che si verifica quando l'atto di matrimonio non viene inviato l'ufficiale di stato civile nei cinque giorni successivi alla celebrazione oppure quando questi non ha potuto procedere alla trascrizione tempestiva per una causa di intera intrascrivibilità poi venuta meno. In questo caso, secondo l'accordo dell'84, l'ufficiale potrà procedere alla trascrizione solo su richiesta dei due sposi o di uno di essi, ma senza opposizione dell'altro; gli sposi devono quindi confermare, al momento della trascrizione, la volontà matrimoniale espressa al momento della celebrazione. Gli effetti del matrimonio retroagiscono anche in questo caso al momento della celebrazione, ma non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi nel periodo intercorrente tra alla celebrazione è la trascrizione.

Una figura particolare di matrimonio non trascritto tempestivamente è il cosiddetto matrimonio segreto che la chiesa consente di celebrare, per gravi ed urgenti ragioni, alla presenza del parroco e dei testimoni e di iscrivere in un registro segreto tenuto dal vescovo. In questo matrimonio mancano sia gli adempimenti civili che la trascrizione ed, in particolare, quest'ultima viene rinviata al

14

Page 15: Auletta-Diritto di famiglia

momento in cui cesseranno le ragioni del segreto. Questo tipo di matrimonio, quindi, è, per scelta degli sposi, preordinato a non essere trascritto tempestivamente.

2.8 : IL MATRIMONIO DI CULTO ACATTOLICI

I cittadini che intendono contrarre un matrimonio che abbia, nello stesso tempo, effetti civili e religiosi, sono tutelati anche nel caso in cui professano culti diversi da quello cattolico, purché ammessi dallo stato.

Il matrimonio acattolico è interamente regolato dalla legge civile. Unico profilo differenziale rispetto matrimonio civile è che i nubendi manifestano il proprio consenso davanti al ministro del culto acattolico nel corso della cerimonia religiosa. In pratica, il matrimonio acattolico è una forma speciale di matrimonio civile.

Per poter celebrare un matrimonio con effetti civili il ministro del culto acattolico deve aver ricevuto un’approvazione governativa dal ministro dell'interno ed essere cittadino italiano.

L'ufficiale di stato civile del luogo di residenza di uno degli sposi deve provvedere alle pubblicazioni civili, accertare la mancanza di impedimenti e verificare che il ministro abbia avuto l'approvazione governativa. In questo caso egli rilascia un’autorizzazione al ministro di culto per la celebrazione.

Nel corso del rito, il celebrante deve dare lettura degli articoli 143, 144, 147 cod civ, deve ricevere il consenso degli sposi e compila l'atto di matrimonio, che deve essere trasmesso entro cinque giorni all'ufficiale di stato civile del luogo di celebrazione, per farlo trascrivere nell'archivio informatico entro 24 ore dalla ricezione dell'atto. Il matrimonio non trascritto non produce effetti civili ma gli sposi, se provano l'avvenuto matrimonio, possono ottenere sentenza del tribunale con la quale si ordina all'ufficiale di provvedere la trascrizione. In ogni caso, gli effetti del matrimonio decorreranno dalla celebrazione.

Questa normativa incontra numerose deroghe in seguito ad intese intervenute tra lo stato ed i rappresentanti di alcune confessioni a cattolica (Tavola Valdese, Assemblee Di Dio In Italia, Chiesa Evangelica Luterana In Italia...). In virtù di questi accordi, è consentito a qualsiasi ministro di culto, appartenente a quella confessione religiosa e munito di relativa certificazione, celebrare matrimoni con effetti civili, senza bisogno di preventiva approvazione governativa. Quindi, l'ufficiale di stato civile non effettua controlli sulla capacità del ministro, ma accerta solo la mancanza di impedimenti matrimoniali e la capacità ai nubendi. Il procedimento delle pubblicazioni civili, quindi, si conclude con il rilascio non dell’autorizzazione alla celebrazione, ma col nullaosta, che garantisce la successiva trascrizione del matrimonio.

La celebrazione avviene in due fasi: la prima davanti all'autorità civile, al momento della richiesta delle pubblicazioni: in questa fase l'ufficiale di stato civile provvede alla lettura degli

15

Page 16: Auletta-Diritto di famiglia

articoli del codice civile sui diritti e doveri dei coniugi. La seconda davanti all'autorità religiosa secondo il rito che utilizzano per la manifestazione del consenso.

2.9 IL MATRIMONIO DELLO STRANIERO IN ITALIA E I SUOI EFFETTI.

Gli stranieri possono contrarre matrimonio in Italia secondo la disciplina e davanti all'autorità competente del proprio Paese, ma possono anche contrarlo, optando per una delle forme previste dall'ordinamento italiano. In questo secondo caso occorrono alcuni requisiti:

Lo straniero deve ottenere dall'autorità competente del suo paese il nulla osta al matrimonio. L'ordinamento italiano, quindi, rifiuta la celebrazione del matrimonio allo straniero, se si trova in condizioni tali da non poterlo contrarre secondo la legge del proprio Paese. In mancanza del nulla osta, l'ufficiale di stato civile deve rifiutare le pubblicazioni, anche se i nubendi possono ottenere dal tribunale l'autorizzazione alla celebrazione. Quest’autorizzazione può essere concessa, in particolare, quando lo stato straniero adduce l'esistenza di un impedimento che, per il nostro ordinamento, contrasta con i principi d’ordine pubblico. Infatti, la legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico (esempio: cause d’esclusione dal matrimonio per ragioni discriminatorie, come motivi religiosi o politici).

Non devono sussistere gli impedimenti, rilevanti per la legge italiana, come interdizione, mancanza di libertà di stato, parentela e affinità non dispensabili, delitto, divieto temporaneo di nuove nozze. L'art 116 e del cod civ sottopone alla nostra legge la celebrazione del matrimonio dello straniero davanti all'autorità competente per il nostro ordinamento e richiede che non sussistono fra i nubendi impedimenti indicati nel paragrafo 2.4.

Allo straniero non si applicano gli impedimenti relativi all'età, all'adozione all’affiliazione, alla parentela in linea collaterale di terzo grado, all'affinità in linea collaterale.

Lo straniero può anche scegliere di celebrare il matrimonio concordatario o acattolico, ma anche in questo caso per essere ammesso egli deve possedere i requisiti previsti dall'art 116 cod civ.

Lo straniero che ha domicilio o residenza in Italia è sottoposto all'onere delle pubblicazioni. I rapporti personali tra i coniugi sono disciplinati dalla legge nazionale comune, ma se non

hanno cittadinanza comune o sussistono più cittadinanze comuni, si applicherà la legge del paese nel quale è prevalentemente localizzata la vita matrimoniale.

Le stesse regole si applicano per disciplinare i rapporti patrimoniali tra i coniugi, anche se gli sposi possono convenire per iscritto che questi rapporti siano regolati dalla legge dello stato di cui uno di essi cittadino con il quale alla residenza.

I rapporti tra genitori e figli sono regolati dalla legge nazionale del figlio. I rapporti tra adottante e adottato sono disciplinati dalla legge nazionale dell'adottante o degli

adottanti al tempo dell’adozione.

16

Page 17: Auletta-Diritto di famiglia

2.10 IL MATRIMONIO DEL CITTADINO ITALIANO ALL'ESTERO

I cittadini italiani possono contrarre matrimonio all'estero, secondo le forme previste dall'ordinamento straniero o da quello italiano. Per lo sposo cittadino italiano, comunque, si applicano comunque le norme riguardo agli impedimenti del matrimonio (115 cod civ). Le pubblicazioni, inoltre, devono compiersi sia nello stato straniero, sia in Italia, se gli sposi hanno residenza nel nostro stato.

Se l'ordinamento straniero consente di celebrare il matrimonio in una pluralità di forme, il cittadino può optare per quella desiderata, ma il matrimonio non è valido per il nostro Stato, se viene celebrato utilizzando forme che contrastino con i principi fondamentali dell'ordinamento o se il matrimonio ammette delle regole caratterizzanti il rapporto (es. tripudio) che contrastano con i principi fondamentali dell'ordinamento.

Il matrimonio che può esser invalido per la legge straniera, è valido per il nostro Stato, se celebrato nel rispetto delle regole fondamentali dell'ordinamento interno.

Il cittadino, inoltre, ha la possibilità di celebrare il matrimonio secondo la legge italiana davanti all'autorità diplomatica o consolare, anche se il negozio dovesse risultare invalido per lo stato nel quale viene contratto.

Inoltre, viene considerato celebrato secondo la legge italiana un matrimonio canonico a cui l'ordinamento straniero non riconosce effetti civili. In questo caso, infatti, questi effetti si producono in virtù del Concordato, che si può applicare senza limiti territoriali nei confronti del cittadino. Il matrimonio che ne deriva, quindi, si considera a tutti gli effetti come matrimonio concordatario.

CAPITOLO 3: L'INVALIDITÀ DEL MATRIMONIO

3.1: I VIZI DEL NEGOZIO MATRIMONIALE

L'inosservanza delle disposizioni sulla celebrazione del matrimonio viene diversamente sanzionata secondo la gravità dei vizi che ne derivano: quelli minori comportano solo l'irregolarità del negozio, quelli più gravi l'invalidità, mentre certe anomalie sono causa di inesistenza del matrimonio.

L'irregolarità della celebrazione comporta una pena pecuniaria sia a carico dell'ufficiale dello stato civile sia, a volte, anche dei coniugi.

Le cause d’invalidità del matrimonio possono scaturire da: -violazione degli impedimenti -mancanza della capacità di intendere e di volere o vizio della volontà di uno degli sposi -simulazione.

17

Page 18: Auletta-Diritto di famiglia

Accanto a queste cause ce ne sono altre che possono essere dedotte dalla disciplina generale del negozio giuridico.

Il matrimonio invalido produce comunque effetti fino a quando non interviene la sentenza definitiva d’annullamento o d’accertamento della nullità. Regole particolari operano anche per la determinazione dei soggetti legittimati ad impugnare il matrimonio invalido.

Le norme non precisano quando il matrimonio è nullo o annullabile. Tuttavia, la distinzione fra cause che rendano nullo il matrimonio e cause che lo rendono annullabile diventa rilevante per stabilire l’ammissibilità della convalida e per individuare i termini di esercizio dell’impugnazione: infatti, l'azione per far valere la nullità non è soggetta prescrizione, mentre quella di annullamento si estingue in dieci anni. Nella maggior parte dei casi le norme che regolano le invalidità del matrimonio prevedono termini più brevi di decadenza dall'azione o di sanatoria del vizio, per il protrarsi della coabitazione. Quindi il termine decennale di prescrizione dell'azione di annullamento si applica solo quando la legge non prevede una decadenza inferiore oppure non si è verificata la sanatoria del vizio per coabitazione dei coniugi.

Limiti temporali all'impugnazione non sono quindi previsti nei casi di mancanza di libertà di stato, l'esistenza degli impedimenti da delitto o da vincoli di parentela, affinità e adozione e di totale mancanza di volontà da parte degli sposi.

L'inesistenza del matrimonio riveste grande rilevanza pratica, in quanto essendo improduttivo di effetti, il matrimonio inesistente legittima ai coniugi a sottrarsi al rispetto dei doveri coniugali. Tuttavia, la giurisprudenza precisa che l'inesistenza c'è solo quando sono presenti profonde anormalità che snaturano la struttura e la funzione del negozio e ritiene che esista un matrimonio quando due persone di sesso diverso abbiano manifestato la loro volontà matrimoniale davanti ad un ufficiale celebrante. Quindi l'inesistenza si riduce solo all'ipotesi in cui manca del tutto la celebrazione in senso proprio oppure l'espressione della volontà da parte degli sposi oppure nel caso di consenso manifestato da persone dello stesso sesso.

3.2: INVALIDITÀ PER VIOLAZIONE DEGLI IMPEDIMENTI MATRIMONIALI

Le varie figure di invalidità sono accomunate dall'attribuzione al pubblico ministero della legittimazione ad impugnare, in quanto egli è portatore di un interesse pubblico affinché questo vincolo, che l'ordinamento già inizialmente non permetteva di contrarre, venga estinto.

Gli impedimenti che rendono invalido un negozio sono: A) MINORE ETÀ: è un matrimonio contratto dal minore di 18 anni, non autorizzato dal tribunale

dei minori. Legittimati a richiedere l'annullamento sono: il pubblico ministero, ciascuno dei coniugi e dei

genitori del minore.

18

Page 19: Auletta-Diritto di famiglia

L'azione non può più essere esercitata trascorso un anno da quando il minore diventato maggiorenne. Per i genitori ed il pubblico ministero la decadenza si verifica prima se:

- c'è stato concepimento o procreazione da parte del minore oppure questi abbia raggiunto la maggiore età

- il minore ha espresso la volontà di mantenere in vita il vincolo. B) INTERDIZIONE: un matrimonio è annullabile quando uno dei due sposi è interdetto per

infermità di mente, in quanto c'è incapacità legale di uno degli sposi. Lo stesso vizio ricorre quando la pronuncia di interdizione è intervenuta dopo la celebrazione, ma il giudizio era già in corso in quel momento.

Legittimati ad impugnare il matrimonio sono: il pubblico ministero, il tutore, l'interdetto dopo aver riacquistato la capacità, e tutti coloro che hanno un legittimo interesse (119 cod civ).

L'azione non può più essere esercitata se c'è stata coabitazione tra i coniugi per oltre un anno dalla revoca dell'interdizione. Si ritiene anche che dopo la revoca dell'interdizione, il matrimonio non potrà più esser impugnato dai legittimati diversi dai coniugi contro la volontà dello sposo che ha riacquistato la capacità. Il coniuge invece può farlo se non conosceva l'infermità mentale dell'altro.

C) MANCANZA DELLA LIBERTÀ DI STATO: non possiede lo stato libero una persona vincolata da un valido matrimonio. Il matrimonio celebrato in difetto di libertà di stato è nullo, in quanto va contro il principio fondamentale di monogamia.

Legittimati a far valere la nullità sono: il pubblico ministero, i coniugi stessi, il coniuge del primo matrimonio, gli ascendenti e tutti coloro che hanno un interesse legittimo.

L'azione è imprescrittibile per tutti legittimati.Regole particolari si applicano in caso di matrimonio contratto dal coniuge dell'assente o dal

coniuge del soggetto dichiarato morto presunto, nell'ipotesi in cui questo ritorni o risulti ancora in vita. Nel primo caso il matrimonio non può esser impugnato finché dura l'assenza, nel secondo caso il matrimonio resta valido anche se il decesso del presunto morto si verifica dopo la celebrazione del secondo matrimonio.

D) DELITTO: il matrimonio contratto dal condannato per omicidio del coniuge di colui che ha sposato, è nullo.

L'azione è imprescrittibile. Legittimati all'impugnazione sono: il pubblico ministero, i coniugi, gli ascendenti e tutti coloro

che hanno un interesse legittimo. E) VINCOLI DI PARENTELA, AFFINITÀ, ADOZIONE, AFFILIAZIONE,

INTERCORRENTI TRA I CONIUGI. Questi vincoli sono causa di nullità se non potevano essere rimossi prima della celebrazione mediante autorizzazione; in caso contrario producono l'annullabilità del matrimonio. Nel primo caso l'azione può esercitarsi senza limiti di tempo, nel secondo (annullabilità) l'azione si prescrive in un anno dal momento della celebrazione.

Legittimati all'impugnazione sono: il pubblico ministero, i coniugi, gli ascendenti, tutti coloro che hanno un interesse legittimo (costoro sono quei soggetti che hanno un interesse che legittimo in

19

Page 20: Auletta-Diritto di famiglia

ragione della loro posizione nell'ambito della famiglia: quindi, gli interessi tutelati devono essere prima di tutto inerenti a vincoli familiari, ma anche da interessi familiari morali o patrimoniali ritenuti socialmente meritevoli di tutela).

3.3: INCAPACITÀ DI INTENDERE E DI VOLERE

I futuri coniugi, per poter contrarre matrimonio devono essere, oltre che capaci legalmente, anche pienamente capaci di intendere e di volere. La mancanza della capacità di intendere e di volere di un coniuge, al momento della celebrazione, rende annullabile il negozio. La causa dell'incapacità può essere solo momentanea o destinata a durare nel tempo.

Legittimato all'impugnazione è solo il coniuge che si è trovato in stato d’incapacità. L'azione non può più essere esercitata se c'è stata convivenza da parte dei coniugi per oltre un anno dal momento in cui la piena capacità è stata acquistata (120 cod civ).

3.4: VIZI DELLA VOLONTÀ:

A) VIOLENZA E TIMORE : La violenza è caratterizzata dalle minacce provenienti da un soggetto e rivolte ad un altro, al fine di indurlo a contrarre matrimonio. Il timore, invece, può scaturire sia da un fatto naturale sia da comportamenti umani (es: una calamità o pericoli nel proprio paese a causa del regime politico esistente) che non mirano ad indurre la persona a contrarre matrimonio, ma ai quali intende sfuggire acquistando lo stato coniugale. Violenza: Poichè la normativa del diritto di famiglia non fornisce una definizione della violenza matrimoniale, si applica la disciplina degli artt 1434 segg cod civ in materia di contratti. Quindi le minacce devono essere di tale natura da far temere una persona sensata di esporre sé, i congiunti, i beni, ad un danno ingiusto e notevole, tenendo presente l'età, il sesso e le condizioni della vittima. Inoltre queste minacce devono essere state determinanti del consenso al matrimonio. Esse hanno rilevanza sia se provengono dall'altro sposo, sia se provengono da un terzo.

A causa della violenza, un matrimonio può essere impugnato, in quanto l'ordinamento tutela la libertà nella scelta matrimoniale.

Timore: il timore è causa di invalidità del matrimonio quando:-risulta di eccezionale gravità: Un timore ha il carattere di eccezionale gravità quando viene

riferita alla situazione pericolosa e al danno che potrebbe scaturire e se il verificarsi del pregiudizio appare estremamente probabile.

L'eccezionale gravità deve poi riguardare anche il danno minacciato, relativo ai diritti fondamentali della persona e non relative al patrimonio

20

Page 21: Auletta-Diritto di famiglia

-deriva da cause esterne allo sposo (122 cod civ).Inoltre, il timore deve derivare da cause esterne allo sposo; quindi è causa d’invalidità se scaturisce dalle pressioni della persona che suscita nell'altra il timore, anche se non ricorrono le caratteristiche vere e proprie della minaccia.

La violenza è il timore comportano entrambi l'annullabilità del matrimonio. Legittimato all'impugnazione è solo il coniuge la cui volontà è stata viziata. L'azione si prescrive in dieci anni, ma il vizio è sanato dalla convivenza dei coniugi che si

protrae per oltre un anno dalla sua cessazione.

B) ERRORE:L'errore è causa d’invalidità del matrimonio se cade sull'identità della persona o su alcune

qualità della stessa. L'errore sulla qualità è rilevante se è essenziale, cioè se è determinante del consenso e relativo a

qualità tassativamente indicate dalla legge. Esso risulta determinante quando il coniuge non avrebbe contratto matrimonio se avesse conosciuto esattamente la realtà. Le qualità riguardanti un coniuge ed ignorate dall'altro, indicate dalla legge sono: Esistenza di una malattia fisica o psichica o di un’anomalia o di una deviazione sessuale tale da impedire lo svolgimento della vita coniugale.

Esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore a cinque anni. L'ignoranza del coniuge in questo caso è rilevante per la riprovazione sociale che deriva dalla responsabilità di essere stato responsabile di reati gravi o infamanti.

Dichiarazione di delinquenza abituale o professionale Condanna per delitti concernenti la prostituzione a pena non inferiore a due anni Stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto in errore. L'ordinamento vuole tutelare in questo modo l'uomo che ha contratto matrimonio per lo stato di gravidanza della donna, ritenendosene responsabile, ma si vuole tutelare anche colui che ha ignorato del tutto la gravidanza, conseguente a rapporti intrattenuti dalla donna con un altro uomo nel periodo immediatamente anteriore al matrimonio. In questo caso il marito deve agire per il disconoscimento del figlio, se la gravidanza è stata portata a termine. L'errore che cade su qualità diverse da quelle menzionate risulta irrilevante. Il matrimonio viziato da errore è annullabile su iniziativa del coniuge in buona fede: egli deve

provare in giudizio l'esistenza della causa invalidante e il fatto d’averla ignorata prima della celebrazione, mentre il convenuto dovrà dimostrare che l'attore ne conosceva l'esistenza al momento del matrimonio.

Il vizio viene sanato se coniugi continuano a convivere per oltre un anno dal momento della sua scoperta, mentre in caso di mancata convivenza si applica la prescrizione decennale a partire dalla scoperta stessa.

21

Page 22: Auletta-Diritto di famiglia

C) IRRILEVANZA DEL DOLO: l'art 122 cod civ non contempla il dolo tra i vizi della volontà che rendono invalido il matrimonio.

Il dolo quindi è può causare l'invalidità del matrimonio solo in quanto il coniuge raggirato sia stato indotto in errore su quelle qualità che rilevano nel caso d’errore oppure sull'identità della persona.

I raggiri possono provenire dall'altro sposo, dal terzo, d'ambedue con conseguente responsabilità per aver cagionato l'invalidità del matrimonio.

3.5: SIMULAZIONE

Secondo l'art 123 del cod civ, la simulazione del matrimonio ricorre quando gli sposi hanno convenuto, prima della celebrazione, di non adempiere gli obblighi e di non esercitare diritti discendenti dal vincolo.

La simulazione comporta l'annullabilità del matrimonio stesso. Questa è una novità introdotta dalla riforma del ‘75 per disciplinare quei matrimoni che erano

concordemente contratti dagli sposi per creare un vincolo apparente da far valere verso i terzi, ma in realtà non voluto dei coniugi. La disciplina previgente non consentiva di invalidare questi matrimoni in quanto la celebrazione era comunque voluta.

La figura del matrimonio simulato è conosciuta anche ai giorni nostri, quando le parti vogliono creare un’apparenza del vincolo per regolarizzare socialmente la loro relazione, lo stato di figli o per ottenere vantaggi che derivano dallo stato coniugale.

Elemento caratterizzante del matrimonio simulato è l'accordo degli sposi di escludere la costituzione del rapporto coniugale, cioè dalla comunione di vita fondata sui doveri previsti dalla legge (simulazione assoluta). Il vizio è costituito in questo caso dalla mancanza di volontà sulla produzione degli effetti tipici del matrimonio.

Se i coniugi hanno escluso l'osservanza di uno o d’alcuni doveri matrimoniali, si ha la figura della simulazione parziale. Questa ricade sotto la disciplina dell'art 160, che vieta di derogare ai diritti e doveri derivanti dal matrimonio, con conseguente nullità dell'accordo.

Valido per è anche il matrimonio nel caso di riserva mentale, che ricorre quando la volontà di costituire un vincolo apparente è riscontrabile in un solo coniuge.

La differenza del matrimonio simulato con quello celebrato per scherzo è che nel primo la celebrazione voluta dagli sposi per creare una parvenza di vincolo ed è annullabile, mentre in quello celebrato per scherzo questa volontà non c'è ed è nullo.

La simulazione assoluta provoca l'annullabilità del matrimonio.Legittimato all'azione è ciascun coniuge entro un anno dalla celebrazione, ma il vizio è sanabile

dalla convivenza matrimoniale posta in essere dagli sposi dopo la celebrazione, anche se di breve durata.

Non sono previsti limiti di prova, quindi coniugi possono anche ricorrere alla prova testimoniale.

22

Page 23: Auletta-Diritto di famiglia

3.6: IL GIUDIZIO DI IMPUGNAZIONE

La competenza per decidere nel giudizio d’impugnazione spetta al tribunale del luogo in cui il convenuto a residenza, domicilio o dimora.

Se gli attori sono terzi, convenuti sono ambedue i coniugi, come interessate alla stabilità del vincolo; se i giudizi invece sono intrapresi da un coniuge, convenuto è l'altro coniuge.

L'intervento del pubblico ministero è sempre richiesto a pena di nullità. Nel corso del giudizio il tribunale può autorizzare i coniugi a vivere separatamente, valutando se

sussista una situazione talmente grave da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. La proposizione della domanda d’annullamento costituisce giusta causa d’allontanamento dalla casa familiare.

Un giudice italiano è investito del giudizio sull'invalidità del matrimonio nei seguenti casi: Uno dei coniugi è cittadino italiano o risiede in Italia Il matrimonio è stato celebrato in Italia Il convenuto a domicilio o un rappresentante legittimato a stare in giudizio nel nostro paese Il giudizio riguarda situazioni o rapporti ai quali è applicabile la nostra legge I coniugi hanno convenzionalmente accettato la legge italiana. Se un giudizio è pendente davanti al giudice straniero e c’è la probabilità che possa concludersi

con provvedimento avente effetto in Italia, il giudice italiano deve sospendere il giudizio, che è iniziato successivamente davanti a lui, e attendere la definizione del procedimento straniero. Questo non succede quando il giudice straniero declina la propria giurisdizione, oppure il provvedimento straniero non ha efficacia nell'ordinamento italiano.

L'annullamento del matrimonio ottenuto all'estero ha efficacia in Italia se sussistono determinate condizioni:

Il giudice straniero era competente secondo la legge italiana Sono state rispettate le disposizioni della legge straniera per quanto riguarda la chiamata in

giudizio del convenuto, la costituzione in giudizio delle parti o la dichiarazione di contumacia. Sono stati rispettati i diritti della difesa La sentenza straniera è passata in giudicato La sentenza straniera non contrasta con una sentenza definitiva emessa da un giudice italiano

oppure non sussiste in Italia un procedimento pendente, che è iniziato prima del giudizio straniero e ha lo stesso oggetto.

La sentenza straniera non contrasta con i principi d’ordine pubblico. Quando la sentenza straniera d’annullamento non può avere effetti in Italia, è comunque ammessa

la richiesta di divorzio.

23

Page 24: Auletta-Diritto di famiglia

3.7 RILEVANZA DELLE SENTENZE ECCLESIASTICHE DI ANNULLAMENTO O SCIOGLIMENTO DEL MATRIMONIO CONCORDATARIO

La disciplina del Concordato delle 1929 stabiliva che le cause di nullità del matrimonio e la dispensa relativa al matrimonio rato e non consumato erano riservate esclusivamente alla competenza dei tribunali ecclesiastici. I provvedimenti, che venivano resi esecutivi mediante decreto del Tribunale Supremo Della Segnatura Apostolica, erano trasmessi alla Corte D'appello che, mediante ordinanza, li rendeva esecutivi nell'ordinamento dello Stato.

Inizialmente, quindi, la Corte D'appello doveva dare automaticamente esecuzione alle sentenze ecclesiastiche senza operare alcun controllo. Tuttavia, la Corte Costituzionale dichiarò l'illegittimità costituzionale per violazione del principio di sovranità dello Stato e si dichiarò contraria alla possibilità di rendere esecutivi nell'ordinamento civile i provvedimenti pontifici di dispensa, relative al matrimonio rato e non consumato, che andavano ad incidere sullo stato coniugale già acquistato. Questa posizione deriva dal principio fondamentale che solo il provvedimento del giudice civile può estinguere un rapporto coniugale sorto validamente. La Corte, tuttavia, riconosceva l'esclusiva giurisdizione a favore dei tribunali ecclesiastici riguardo alle cause d’invalidità del matrimonio concordatario, come conseguenza della rilevanza civile riconosciuta al matrimonio canonico.

Questa deroga alla giurisdizione dei giudici dello Stato appare giustificata perché conforme al principio di garantire al cittadino, anche nella diversità di disciplina, una tutela giudiziale in materia d’invalidità matrimoniali.

L'accordo dell'84 di revisione del Concordato ha modificato la materia riguardante i giudizi di nullità del matrimonio concordatario.

Prima di tutto, le sentenze dei tribunali ecclesiastici possono produrre effetti in ambito civile se ricorrono le seguenti condizioni:

Il giudice ecclesiastico deve essere competente a decidere la controversia nella sua decisione deve essere munita di decreto d’esecutorietà del supremo tribunale della segnatura apostolica

Deve essere rispettato il diritto delle parti di agire e resistere in giudizio Le ragioni d’invalidità non devono contrastare con i principi d’ordine pubblico. Si ritiene, invece, che non possano essere resi esecutivi i provvedimenti pontificie di dispensa dal

matrimonio rato e non consumato. Il riferimento ai tre presupposti, perché le sentenze ecclesiastiche d’annullamento del matrimonio

siano esecutive in Italia c'è bisogno che: - Il Tribunale Della Segnatura Apostolica controlli la competenza del giudice ecclesiastico e la

regolarità del procedimento. Il decreto di esecutorietà attesta che l'iter giudiziario si è concluso. - il diritto di agire e resistere in giudizio è garantito alle parti dall’applicazione delle seguenti

regole: ci dev'essere regolarità dell'atto introduttivo del giudizio nella tutela dei diritti essenziali della

24

Page 25: Auletta-Diritto di famiglia

difesa; inoltre, ci deve essere regolarità della costituzione in giudizio oppure della dichiarazione di contumacia nella tutela dei diritti della difesa nel corso dell'intero giudizio.

- la giurisprudenza s’interroga se il meccanismo previsto dall'accordo dell'84 per rendere efficaci le sentenze ecclesiastiche di annullamento del matrimonio (delibazione) sia stata modificata dall'entrata in vigore della legge n. 218 / 1995 che riconosce efficacia automatica alle sentenze straniere se ci sono determinati presupposti, senza ricorrere processo di delibazione. La giurisprudenza si orienta in senso negativo in quanto l'art 2 della stessa legge stabilisce che le disposizioni contenute in essa non pregiudicano l'applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, come deve considerarsi l'accordo dell'84.

Tra le condizioni previste per rendere esecutivi in Italia le decisioni d’annullamento del matrimonio emesse dai tribunali ecclesiastici c'è quella della loro conformità ai principi d’ordine pubblico. Si ammette la delibabilità della sentenza in caso di sentenze ecclesiastiche di annullamento per incapacità, vizio del consenso, simulazione, pronunciate in presenza di una convivenza protrattasi nel periodo dopo il matrimonio o la cessazione del vizio. La cassazione, inoltre, ha considerato contrarie all'ordine pubblico o le sentenze di nullità del matrimonio per riserva mentale non conosciuta o conoscibile dall'altro sposo, ma anche eventuali decisioni ecclesiastiche di nullità matrimoniali per ragioni religiose.

Competenza: l'attribuzione al giudice civile di significativi poteri d’intervento in materia d’invalidità matrimoniali comporta un ridimensionamento della competenza esclusiva attribuita al giudice ecclesiastico dal Concordato del 29. Tuttavia, l'accordo dell'84 ha introdotto una sorta di "competenza concorrente" a favore dei tribunali civili. In questa prospettiva, il tribunale potrebbe sindacare la validità del matrimonio concordatario sulla base delle norme dello Stato. L'azione d’annullamento, intrapresa da uno sposo davanti al giudice civile impedirebbe di rendere esecutiva la sentenza ecclesiastica, in seguito all'azione iniziata successivamente dall'altro sposo. Il giudice ecclesiastico, in questa prospettiva, potrà pronunziarsi sull'invalidità del matrimonio solo su richiesta concorde degli sposi oppure su richiesta di uno sposo, purché il giudizio ecclesiastico sia stato iniziato prima di quello civile.

Giudizio di delibazione: la Corte D’Appello, nel controllare le ragioni della decisione ecclesiastica, non può ritornare sugli accertamenti compiuti dal giudice ecclesiastico, mentre può compiere valutazioni autonome di circostanze non rilevanti per l'ordinamento canonico e per questo non sottoposti ad accertamento.

L'accordo dell'84 ha introdotto un’altra importante novità: la delibazione delle sentenze ecclesiastiche non avviene più d'ufficio, ma solo su richiesta degli sposi, a pena la nullità del procedimento.

In pendenza della sentenza ecclesiastica d’annullamento, una parte può chiedere al tribunale civile l'adozione di provvedimenti urgenti.

Con la sentenza di delibazione, La Corte Di Appello può porre a carico di un coniuge la corresponsione di un assegno favore dell'altro, in attesa della decisione definitiva.

25

Page 26: Auletta-Diritto di famiglia

La decisione della corte d'appello è impugnabile in Cassazione.

3.8 : EFFETTI DELL'INVALIDITÀ DEL MATRIMONIO

La sentenza che pronuncia l'annullamento oppure che accerta la nullità del matrimonio fa venire meno il vincolo e gli effetti dello stesso, in alcuni casi retroattivamente, cioè dal momento della celebrazione, in altri da quando la sentenza è diventata definitiva.

Generalmente, l'estinzione retroattiva degli effetti deriva dalla mala fede dei coniugi, cioè dalla conoscenza che essi avevano avuto al momento della celebrazione dell'esistenza di una causa di invalidità del matrimonio.

Effetti riguardanti figli: la prole nata dal matrimonio annullato o dichiarato nullo rimane legittima, anche se c’è la malafede dei genitori. In questo caso, quindi, la pronuncia non ha efficacia retroattiva, a meno che l'invalidità del matrimonio fosse dovuta alla mancanza di libertà di stato (figli adulterini) oppure a legame di parentela o affinità non dispensabile (figli incestuosi) i figli hanno lo status di naturali riconosciuti, purché il riconoscimento fosse consentito dalla legge.

Se invece i genitori erano in buona fede, i figli nati dal matrimonio invalido o quelli nati precedentemente (purché riconosciuti anteriormente alla pronuncia di invalidità) conservano lo stato di legittimi.

Dopo l'annullamento, bisogna procedere all'affidamento della prole: in questo caso si applicano i criteri previsti in materia di separazione e divorzio e le stesse regole si applicano anche per l'esercizio della potestà.

Effetti riguardanti i coniugi: i coniugi in buona fede conservano i diritti acquistati col matrimonio fino alla pronuncia definitiva d’annullamento o alla dichiarazione di nullità. I coniugi, invece, in mala fede perdono questi diritti con effetto retroattivo, fin dal momento della celebrazione.

A favore del coniuge in buona fede è dovuta un'indennità risarcitoria per i danni che gli sono derivati dopo aver contratto il matrimonio invalido. Queste indennità deve essere corrisposta dall'altro coniuge o dal terzo ai quali sia imputabile l'invalidità stessa. Il risarcimento è dovuto anche nel caso in cui uno dei coniugi ha contratto matrimonio con volontà viziata da violenza o timore. (per imputabile s’intende che il coniuge o un terzo abbia tenuto un comportamento commissivo o omissivo, contrario al generale dovere di correttezza, che ha contribuito alla celebrazione del matrimonio). Il risarcimento è dovuto, a prescindere dalla prova dell'esistenza del danno e dalle condizioni economiche del danneggiante. L'ammontare minimo è pari al mantenimento del coniuge per tre anni, ma il giudice può liquidare parte anche un risarcimento superiore.

Il coniuge responsabile è anche tenuto a prestare gli alimenti all’altro, se questo viene successivamente a trovarsi in stato di bisogno e non ci siano altri obbligati in grado di corrispondervi (in quanto il coniuge responsabile si colloca all'ultimo posto nella graduatoria degli obbligati).

26

Page 27: Auletta-Diritto di famiglia

Assegno di mantenimento: se entrambi i coniugi erano in buona fede, la legge prevede la possibilità che il giudice possa disporre, a carico di un coniuge ed a favore dell'altro, un assegno di mantenimento per la durata massima di tre anni dall’annullamento.

Presupposti dell'assegno sono: La mancanza di redditi e sostanze adeguate a garantire ad uno dei coniugi un livello di vita

uguale a quello goduto durante il matrimonio; La possibilità economica dell'altro coniuge di corrispondere l'assegno stesso. Questa è un'ipotesi eccezionale in cui gli effetti del matrimonio continuano a prodursi nonostante

l'annullamento e trova giustificazione nella volontà di voler evitare un brusco cambiamento del tenore di vita del coniuge non abbiente.

Il diritto all'assegno si estingue se vengono meno i presupposti indicati ed, in ogni caso, col passaggio a nuove nozze del coniuge che dovrebbe percepire l'assegno.

CAPITOLO IV: I RAPPORTI PERSONALI TRA I CONIUGI

4.1 UGUAGLIANZA MORALE E GIURIDICA DEI CONIUGI

dopo la riforma del 75, il principio sancito dall'art 29 Cost, in virtù del quale " il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi ", ha trovato piena attuazione.

Nella disciplina previgente, il modello di famiglia proposto era quello fondato sulla supremazia del marito e sulla diversificazione dei ruoli dei coniugi. Egli era il capo della famiglia, gli spettavano le scelte di vita e l'esercizio della potestà sui figli. La moglie, invece, doveva assumere il cognome del marito ed era obbligata ad accompagnarlo dovunque egli credesse opportuno fissare la propria residenza. Anche i doveri che scaturivano dal matrimonio erano molto diversi: il marito era tenuto a proteggere la moglie, provvedere al suo mantenimento, tenere la presso di sé nella residenza familiare ed era responsabile della violazione del dovere di fedeltà, solo qualora avesse commesso adulterio in una forma tale da costituire ingiuria grave per la moglie. Inoltre, al marito spettava il compito di svolgere attività lavorativa extra domestica, mentre alla moglie era lasciato il lavoro casalingo e la cura dei figli.

27

Page 28: Auletta-Diritto di famiglia

Solo con la riforma si è realizzata pienamente l'uguaglianza coniugale: in particolare, l'art 143 codice civile sancisce il principio secondo cui con il matrimonio i coniugi acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri; inoltre, ad entrambi spettano le decisioni relative alla vita familiare. Tuttavia, ci sono tutt’oggi alcune disposizioni discriminatorie nei confronti della donna, come quella secondo cui ella aggiunge al proprio, il cognome del marito oppure quella che riconosce al padre, in caso di grave pregiudizio per il figlio, il potere di adottare provvedimenti urgenti. D'altro canto, appare discriminatorio in danno dell'uomo la norma che consente alla moglie di interrompere la gravidanza anche senza consultare il marito.

4.2: I DOVERI CONIUGALI

L'art 143 cod civ delinea il modello di vita caratterizzante il matrimonio: fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione nell'interesse della famiglia, coabitazione, contribuzione ai bisogni familiari. In quest'ambito può ricondursi anche l'obbligo dei genitori di mantenere, istruire ed educare la prole.

Gli sposi non possono derogare ai suddetti doveri, pattuendo l'inosservanza anche di uno solo o modificando nel contenuto essenziale. Quest’accordo non sarebbe vincolante per il coniuge, mentre vincolante è l'accordo che delinea la modalità di esercizio dei doveri.

Il dovere di fedeltà vincola ciascun coniuge a creare un rapporto affettivo esclusivo con l'altro. Di conseguenza, il dovere di fedeltà verrà considerato violato quando il coniuge non rispetta l'esclusività dei rapporti sessuali nell'ambito della coppia, ma anche quando uno degli sposi intrattiene con un'altra persona un legame affettivo che è proprio del rapporto matrimoniale.

L'assistenza morale e materiale indica il sostegno che i coniugi si devono sotto il profilo spirituale ed economico. Per quanto riguarda l'assistenza morale, ogni coniuge è tenuto a rispettare la personalità dell'altro. Costituisce violazione del dovere in esame non solo l'aggressione della personalità dell'altro per annientarla, deprimerla o ostacolarla, ma anche l'ingiustificato rifiuto di aiuto e conforto spirituale.

In virtù del dovere di assistenza materiale, il coniuge deve cooperare al soddisfacimento delle esigenze di vita dell'altro, sia con il proprio intervento, sia fornendo i mezzi economici necessari.

L'entità del sostegno economico è disciplinata dal dovere di contribuzione, secondo cui ogni coniuge è tenuto a contribuire al soddisfacimento di bisogni familiari, in proporzione alle proprie sostanze e alla capacità di lavoro professionale e casalingo. Non è consentito il mutamento dei criteri di proporzionalità. Inoltre, il dovere di contribuzione è posta a carico anche dei figli conviventi, in relazione alle sostanze e a reddito di cui sono titolari.

Il dovere di collaborazione, invece, consiste nella volontà comune di realizzare la comunione di vita familiare attraverso il proprio comportamento. Questo significa che ogni coniuge e è tenuto a mettere a disposizione della famiglia le proprie energie e capacità e ad adoperarsi per favorire il raggiungimento dell'accordo circa le decisioni familiari da adottare.

28

Page 29: Auletta-Diritto di famiglia

In base al dovere di coabitazione, i coniugi sono tenuti a convivere stabilmente sotto lo stesso tetto e hanno sottrarsi alla normale vita sessuale di coppia.

4.3: GOVERNO DELLA FAMIGLIA E REGOLA DELL'ACCORDO

L'ordinamento attribuisce entrambi i coniugi il potere di adottare decisioni familiari, alcune congiuntamente, altre disgiuntamente.

L'art 144 cod civ stabilisce che la scelta dell'indirizzo di vita e la fissazione della residenza familiare deve essere concordata. Per “indirizzo di vita” si intendono le scelte fondamentali destinate ad influenzare il complessivo assetto familiare, come il luogo di residenza, l'attività lavorativa di ogni coniuge, il tenore di vita...

Inoltre, la norma precisa che la scelta della residenza deve compiersi secondo le esigenze di entrambi i coniugi e quelle preminenti della famiglia. L'accordo deve essere caratterizzato da stabilità, ma anche da flessibilità, per evitare che ciascun possa pretendere il rispetto di scelte che non rispondono più agli interessi della famiglia: per questo ciascun coniuge potrà pretendere di rivedere un precedente accordo nei casi in cui siano mutati presupposti su cui esso si fondava.

Disgiuntamente, ogni coniuge potrà assumere decisioni non essenziali e dare attuazione all'indirizzo di vita concordato. Per questo motivo, per le obbligazioni contratte per dare attuazione all'indirizzo di vita concordato sono responsabili solidalmente entrambi coniugi. Un’altra opinione, invece, ritiene che il potere di attuazione rimanga circoscritto ai rapporti interni tra i coniugi e non comporta, di conseguenza, il coinvolgimento del patrimonio del coniuge non contraente: se così non fosse, si finirebbe con scardinare il principio dell'art 1372 secondo il quale il contratto produce effetti solo tra le parti. Le decisioni più recenti della Cassazione si orientano verso l'esclusione della responsabilità per il coniuge che non ha contratto l'obbligazione. Per quest'ultimo la responsabilità sorgerebbe solo quando abbia contribuito a creare l'apparenza, nei confronti dei terzi di buona fede, del rilascio di una procura all'altro coniuge.

La legittimazione di un coniuge a vincolare il patrimonio dell'altro, per le obbligazioni contratte per soddisfare i bisogni familiari, potrebbe desumersi non solo dal potere di dare attuazione all'indirizzo di vita concordato ma anche dal dovere di collaborazione, secondo cui ciascuno è tenuto ad adoperarsi per realizzare la comunione di vita familiare. La responsabilità in questione può costituire una forma di adempimento coattivo del dovere di contribuzione: pertanto questa non deve eccedere la quota contributiva gravante sul coniuge che non ha contratto l'obbligazione.

Se i coniugi si trovano sottoposti al regime di comunione legale, la responsabilità di ambedue per obbligazioni in esame è espressamente prevista dalla legge.

Infatti, i creditori della comunione possono aggredire, se serve, tutti i beni della comunione e, dopo, anche il patrimonio personale dei coniugi.

4.4: LA RISOLUZIONE DEL DISACCORDO TRA I CONIUGI

29

Page 30: Auletta-Diritto di famiglia

In caso di disaccordo nel governo della famiglia, spetta al giudice il compito di risolverlo, rispettando così il principio di uguaglianza, avendo evitato di attribuire ad un coniuge poteri decisionali.

Inoltre, l'art 145 cod civ stabilisce che un coniuge senza formalità particolari può chiedere al giudice un intervento meramente conciliativo. Il giudice deve ascoltare le ragioni di ciascun coniuge e deve tentare di concordare la soluzione. Se il disaccordo permane, su richiesta di ambedue gli sposi e relativamente ad affari essenziali, il giudice dovrà prendere una decisione riguardante il contrasto. Il giudice, però, non potrà decidere su questioni che attengono alla vita privata della coppia.

La decisione giudiziale è vincolante, ma se gli sposi la ritengono insoddisfacente possono sempre disattenderla.

Il comportamento del coniuge che non rispetta la decisione del giudice potrebbe essere rilevante nel giudizio di addebito della separazione.

Tuttavia, la dottrina sostiene che si debba ricorrere all'intervento conciliativo del giudice per conflitti relativi ad affari nonne essenziali. Questo problema però è di scarsa importanza pratica perché di fatto i coniugi ricorrono al giudice per risolvere i loro contrasti solo in caso in cui intendano separarsi. Maggiore efficacia, invece, potrebbe avere la mediazione familiare: giudice competente, per gli affari che coinvolgono interessi dei coniugi o della famiglia nel suo complesso, è il tribunale, in composizione monocratica (un solo giudice).

4.5: CONSEGUENZE DELLA VIOLAZIONE DEI DOVERI CONIUGALI.

Di solito, l'adempimento dei doveri coniugali non è suscettibile di esecuzione coattiva, tranne nel caso del dovere di contribuzione, dato al suo contenuto patrimoniale.

Infatti, il giudice può condannare il coniuge inadempiente alla corresponsione di una somma di denaro. La sentenza di condanna costituisce titolo per iscrivere ipoteca giudiziale sui beni del debitore; inoltre, il coniuge creditore può fare ricorso ai mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale del proprio debitore.

La violazione dei doveri matrimoniali, imputabile a colpa o dolo di un coniuge, legittima l'altro a chiedere l'addebito della separazione al carico del primo, se la convivenza è diventata intollerabile.

In casi particolari, la violazione può comportare, per il coniuge che se n'è reso responsabile, l'obbligo di risarcire il danno subito dall’altro (esempio: se alla violazione della fedeltà a ha causato discredito all'altro coniuge).

L'art 342 bis cod civ stabilisce che la condotta del coniuge che causa grave pregiudizio all'integrità fisica e morale oppure alla libertà dell'altro coniuge dà la possibilità a quest'ultimo di richiedere l'allontanamento temporaneo coattivo del responsabile dalla casa familiare, anche se la durata dell'allontanamento non può superare i sei mesi.

30

Page 31: Auletta-Diritto di famiglia

Se un coniuge si è volontariamente allontanato dalla casa coniugale, senza giustificata ragione e rifiuta di ritornarvi, rimane sospeso il suo diritto a godere dell'assistenza morale e materiale, cioè il diritto a percepire l'assegno di mantenimento o di alimenti, dal coniuge abbandonato fino a quando non riprende la convivenza con non viene presentata domanda di separazione. Rimane in questo caso sospeso anche il dovere di collaborazione del coniuge abbandonato verso l'altro che sia allontanato ingiustificatamente. Al contrario, il coniuge responsabile dell'ingiustificato abbandono è ugualmente tenuto al rispetto dei doveri matrimoniali. Per questa ragione il giudice può ordinare il sequestro di sui beni per garantire il soddisfacimento di bisogni di vita dell'altro coniuge ed i figli.

Queste norme non si applicano se alla causa dell'allontanamento è giustificata, perché verrebbe a determinarsi una situazione simile a quella della separazione per intollerabilità della convivenza. In queste circostanze il giudice potrebbe determinare un assegno mensile a carico di uno dei coniugi e a favore dell'altro. Il giudice però, potrà ordinare comunque il sequestro dei beni del coniuge allontanatosi giustificatamente, come misura per garantire l'adempimento della sua obbligazione a versare l'assegno di mantenimento a favore dell'altro in situazione di disagio economico.

Causa di giustificato abbandono sono: - la presentazione della domanda di annullamento o scioglimento del matrimonio, - separazione personale e - tutte quelle situazioni nelle quali non attendibile neanche una temporanea continuazione della

convivenza coniugale, come maltrattamenti e ingiurie gravi.

4.6: COGNOME E CITTADINANZA DELLA MOGLIE

- COGNOME: Dopo il matrimonio, la moglie aggiunge al proprio il cognome del marito, può posponendolo. La moglie è titolare di un diritto all'uso del cognome del marito ma alcuni ritengono che su di lei gravi anche un dovere in questo senso. Ad avvalorare questa tesi c'è l'art 156 bis secondo il quale, in caso di separazione personale, la moglie può farsi autorizzare dal giudice a non usare il cognome del marito. Secondo la giurisprudenza per avere violazione di questo dovere, la donna deve aver utilizzato nei rapporti giuridici solo il cognome originario, in maniera tale da tenere un comportamento gravemente ingiurioso per il marito.

- CITTADINANZA: la moglie conserva la cittadinanza italiana, a meno che non rinunci a questa: in ogni caso la conserva anche se acquista un’altra cittadinanza , per effetto del matrimonio o del mutamento di cittadinanza da parte del marito.

Inoltre, il matrimonio con il coniuge italiano costituisce un presupposto per l'acquisto, a favore dello straniero, della cittadinanza italiana, purché i coniugi risiedano nel nostro paese per almeno sei mesi oppure siano trascorsi tre anni dalla data della celebrazione e non ci sia stata separazione legale, annullamento o scioglimento del matrimonio.

CAPITOLO QUINTO: GLI ALIMENTI

31

Page 32: Auletta-Diritto di famiglia

5.1: NOZIONE, FONDAMENTO E CARATTERE DEL DIRITTO AGLI ALIMENTI

Per alimenti s’intende la prestazione dei mezzi di sostentamento necessari alla persona per condurre una vita dignitosa.

Il diritto di riceverli trae origine dalla legge (cosiddetti alimenti legali) oppure da un negozio, come per esempio il legato d’alimenti oppure il vitalizio alimentare.

L'obbligazione legale degli alimenti è posta a carico dei congiunti, in virtù della solidarietà che scaturisce dall'appartenenza allo stesso nucleo familiare. Alla solidarietà familiare può ricondursi anche il diritto al mantenimento, che sorge a volte a favore dei membri della famiglia nucleare: esso si differenzia dal diritto agli alimenti, perché dà la possibilità al titolare di pretendere dall'obbligato la corresponsione di mezzi di sostentamento che gli consentono di godere di un tenore di vita anche agiato.

Il rapporto alimentare legale intercorre per la maggior parte delle volte tra congiunti legati da un vincolo familiare di minore intensità rispetto a quello caratterizzante il mantenimento . L'obbligazione legale, tuttavia, può sorgere anche tra estranei (a carico del donatario e a favore del donante che si viene a trovare in una situazione di bisogno)

Il diritto agli alimenti può inquadrarsi tra i diritti fondamentali della persona ed in particolare tra i diritti relativi della personalità. Esso quindi non ha natura patrimoniale.

Oggetto dell'obbligazione è la corresponsione dei mezzi che servono per soddisfare i bisogni fondamentali, affinché una persona possa condurre una vita dignitosa. La prestazione quindi ha contenuto patrimoniale.

5.2: PRESUPPOSTI E NASCITA DEL DIRITTO

Il diritto agli alimenti sorge quando ricorrono i seguenti presupposti: - un soggetto deve essere in stato di bisogno- l'altro soggetto., ricompreso nell'elenco legale degli obbligati, artt 433-437 cod civ, deve trovarsi

in condizioni economiche per poter provvedere al bisognoso. Lo stato di bisogno sussiste quando la persona non ha redditi sufficienti a soddisfare i propri

bisogni fondamentali di vita, nè è in condizioni di procurarseli, svolgendo un’attività lavorativa oppure pretendendo il pagamento dei crediti dei propri debitori e non ha beni da alienare per utilizzarne a detto fine il ricavato.

Poiché l'obbligazione alimentare è a titolo gratuito, il bisognoso è tenuto al massimo sforzo per sottrarsi con le proprie energie alla situazione di disagio economico, svolgendo anche un lavoro non adeguato alla sua posizione sociale oppure alla sua preparazione professionale.

32

Page 33: Auletta-Diritto di famiglia

I bisogni che devono essere soddisfatti sono quelli che garantiscono un tenore di vita dignitoso (vitto, alloggio, vestiario, cure mediche, trasporto...).

La legge però prevede due diverse misure di alimenti che il creditore pretendere: -stretto necessario, che corrisponde al tenore minimo di vita dignitosa ed è dovuta quando

l'obbligazione alimentare sorge tra fratelli; -necessario, che è superiore allo stretto necessario ed è dovuto da tutti gli altri obbligati: esso può

variare secondo la posizione sociale dell’alimentato (in questa misura sono compresi anche le esigenze di svago).

La persona verso cui si avanza la richiesta deve essere in condizioni di prestare gli alimenti, cioè deve essere titolare di un reddito ordinario ed attuale, che possa far fronte alle esigenze del bisognoso, dopo aver soddisfatto i bisogni di vita propri e della famiglia.

Il diritto agli alimenti sorge quando si verificano questi presupposti, ma secondo la giurisprudenza è necessaria anche una domanda giudiziale o stragiudiziale da parte del bisognoso (vedi 445 cod civ). In realtà, la richiesta prevista nell'articolo 445 serve solo per informare il soggetto obbligato nella situazione di bisogno di chi avanza la pretesa e della sua volontà di ricevere gli alimenti. Dal momento di questa richiesta, quindi, l'obbligato è responsabile del ritardo nella prestazione degli alimenti.

Per quanto riguarda il giudizio in materia di alimenti, la competenza a decidere spetta al giudice del luogo in cui il preteso alimentante o l'alimentando hanno un domicilio o residenza. L’alimentando deve fornire la prova dell'esistenza degli elementi costitutivi del diritto: il rapporto familiare, stato di bisogno, capacità economica del soggetto verso cui si esercita la pretesa.

Nelle more del giudizio alimentare, il giudice può porre a carico dell'obbligato la corresponsione di un assegno provvisorio, in attesa della determinazione di quello definitivo.

5.3: IL SOGGETTI OBBLIGATI

La legge indica in maniera tassativa ed in ordine progressivo i soggetti tenuti a prestare gli alimenti (433-437 cod civ). L'obbligato di grado anteriore solleva quello di grado superiore.

La graduatoria è composta da: 1. Donatario 2. Coniuge 3. Figli legittimi, naturali, adottivi 4. Discendenti prossimi anche naturali 5. Adottante 6. Genitori anche naturali 7. Ascendenti prossimi anche naturali

33

Page 34: Auletta-Diritto di famiglia

8. Generi e nuore9. Suocera e suocero 10. Fratelli e sorelle germani 11. Fratelli e sorelle unilaterali 12. Ex coniuge al quale sia stato imputato per l'annullamento del matrimonio.Fra più obbligati in dello stesso grado la prestazione si ripartisce in proporzione alle condizioni

economiche di ciascuno (441, primo comma). Il coniuge è tenuto a corrispondere gli alimenti se all’altro è stata addebitata la separazione. I genitori devono solo gli alimenti c'è il figlio maggiorenne indigente ha ormai ultimato la propria

preparazione scolastica e professionale. L'obbligazione sorge anche nei confronti dei figli non riconoscibili, mentre quest'ultimo non è tenuto a soccorrere i genitori nel bisogno.

L'obbligo degli affini viene meno quando l’alimentato è passato a nuove nozze oppure quando il coniuge a cui deriva l’affinità è morto senza lasciare figli or sono anch’essi deceduti.

Può succedere che la stessa persona sia tenuta a prestare gli alimenti a più soggetti bisognosi. Se egli non in grado di adempiere nei confronti di tutti, l'autorità giudiziaria dovrà individuare colui che ne ha più diritto, ispirandosi ai seguenti criteri:

1) Ci deve essere la possibilità che qualcuno degli aventi diritto possa conseguire la prestazione da un altro obbligato, anche di grado posteriore

2) Intensità dello stato di bisogno di ciascun creditore 3) Prossimità del grado di parentela tra il debitore e ciascun creditore.

5.4 ADEMPIMENTO E VARIAZIONI DELLA PRESTAZIONE ALIMENTARE. ESTINZIONE DEL DIRITTO

L'adempimento della prestazione alimentare deve avvenire, a scelta del debitore, mediante corresponsione di un assegno periodico anticipato o accogliendo e mantenendo nella propria casa il creditore (art 443 cod civ), anche se è possibile adottare un criterio misto.

L'autorità giudiziaria può sindacare la scelta del debitore, se la ritiene contraria all'interesse del creditore o alla legge.

L'assegno alimentare gode di una disciplina di favore, rispetto alla comune obbligazione pecuniaria, per garantire l'effettiva destinazione della prestazione al soddisfacimento di bisogni del creditore.

L'assegno alimentare, infatti, è indisponibile (sottratta cioè a cessione, rinuncia, transazione), insequestrabile, impignorabile, escluso dalla massa fallimentare, non compensabile.

Il diritto di far valere la pretesa alimentare è imprescrittibile. È previsto a favore della alimentato un privilegio generale sui beni mobili e sugli immobili

dell'alimentante, a garanzia della corresponsione dell'assegno dovuto per gli ultimi tre mesi.

34

Page 35: Auletta-Diritto di famiglia

Se una persona diversa dall'obbligato avrà spontaneamente provveduto all'adempimento della prestazione, senza spirito di liberalità, essa potrà agire con azione di regresso nei confronti dell'obbligato.; inoltre il creditore, secondo le circostanze potrà esperire l'azione surrogatoria, la gestione d’affari altrui, l'ingiustificato arricchimento.

In particolare, l'azione surrogatoria potrà essere esercitata quando la prestazione alimentare è stata liquidata ed il creditore non si cura di esigerne l'adempimento.

L'attività del terzo che ha prestato gli alimenti può presentare le caratteristiche della gestione di affari solamente quando l'obbligato era impossibilitato ad adempiere. In questo caso il terzo potrà ottenere, ex articolo 2031, il rimborso delle spese sostenute per adempiere la prestazione alimentare.

Il terzo potrà ricorrere all'azione d’ingiustificato arricchimento, se non sussistono i presupposti per l'esercizio delle precedenti azioni; tuttavia, l'ingiustificato arricchimento può prospettarsi solo nell'ipotesi in cui il bisognoso ha già avanzato la pretesa alimentare.

Caratteristica fondamentale della prestazione alimentare è la variabilità, per evitare che l'obbligazione risulti troppo gravosa per il debitore oppure, viceversa, non soddisfi interamente le esigenze dell’alimentato.

La prestazione provoca può essere aumentata, se si sono accresciuti bisogni dell’alimentato or sono peggiorate le sue condizioni economiche, ma può anche essere diminuita, se sono migliorate le condizioni economiche così sono ridotti bisogni del creditore, se si è deteriorata la posizione economica del debitore.

Inoltre, in caso d’adempimento mediante assegno periodico, la svalutazione monetaria legittima la richiesta d’adeguamento dell'assegno stesso a, anche se possono essere fissate in precedenza delle clausole di rivalutazione monetaria.

Il diritto agli alimenti si estingue nelle seguenti ipotesi: 1) Cessazione dello stato di bisogno2) Morte dell'alimentato dell’alimentante 3) Estinzione del rapporto familiare 4) Condanna subita dall'alimentato per alcuni reati 5) Impossibilità economica del debitore. In questo caso e nel caso di morte del debitore, il bisognoso può far valere la pretesa fallimentare

verso un altro obbligato.

5.5 GLI ALIMENTI EXTRA LEGALI

L'obbligazione alimentare può derivare anche da un atto d’autonomia privata: negozio unilaterale o bilaterale.

Causa del negozio è l'impegno del debitore di provvedere ai bisogni di vita del creditore. Le figure più importanti sono quelle del legato d’alimenti e del vitalizio alimentare.

35

Page 36: Auletta-Diritto di famiglia

Legato di alimenti: è negozio tipico mortis causa (660 cod civ), che ha un contenuto non determinato ma determinabile.

Vitalizio alimentare: è un contratto atipico inter vivos a titolo oneroso, mediante il quale un soggetto trasferisce ad un altro uno o più beni oppure un capitale in cambio di vitto, alloggio, vestiario e ogni altra forma di assistenza, per tutta la vita.

In entrambi i negozi la prestazione alimentare è variabile, in relazione al mutamento delle esigenze di vita del creditore.

L'obbligazione alimentare può sorgere, infine, come forma di risarcimento per il danno extracontrattuale prodotto a chi percepiva gli alimenti da chi è stato ucciso.

Anche per quanto riguarda l'assegno corrisposto per adempiere ad un’obbligazione alimentare extra legale, si applica la disciplina di particolare tutela del credito (indisponibilità, impignorabilità...) quando ricorre lo stato di bisogno della alimentato, per garantirgli l'effettivo soddisfacimento di bisogni di vita.

CAPITOLO SESTO: I RAPPORTI PATRIMONIALI TRA I CONIUGI

6.1: I REGIMI PATRIMONIALI DEI CONIUGI

Il regime patrimoniale dei coniugi è la disciplina cui sono sottoposti i beni appartenenti agli stessi.

Ci sono una pluralità di regimi, la cui adozione può scaturire da una convenzione matrimoniale: in questo caso avremo i cosiddetti regimi convenzionali; in mancanza d’accordo, provvederà la legge, applicando il regime legale.

Una novità della riforma del ‘75 è stata l'introduzione come regime legale della comunione dei beni, che viene applicata a tutte le coppie che si sono sposate dopo l'entrata in vigore della riforma, cioè dopo il 20.9.1975, senza aver stipulato una convenzione matrimoniale con esso incompatibile.

Disciplina transitoria: in comunione legale si trovano anche quelle che hanno celebrato il matrimonio prima della riforma e non hanno espresso entro 16.1.1978 la volontà di rimanere sotto il regime di separazione di beni. Per fare questo era sufficiente una dichiarazione resa, al notaio o all'ufficiale di stato civile, anche da un solo coniuge. In mancanza di questa dichiarazione, la comunione legale si è costituita a partire dall'entrata in vigore della riforma.

Regimi convenzionali regolati dalla legge sono: la separazione dei beni, il fondo patrimoniale, la comunione convenzionale; tuttavia gli sposi possono anche scegliere di adottare

36

Page 37: Auletta-Diritto di famiglia

regimi in vigore presso ordinamenti stranieri. Le parti, però, devono precisare il contenuto di questi istituti e non possono limitarsi ad indicarli solo genericamente..

Anche per quanto riguarda le convenzioni atipiche si applica il principio generale di nullità dei negozi contrari a norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume: di conseguenza, sarebbe nulla una convenzione che attribuisce una posizione di supremazia di un coniuge rispetto all'altra oppure il regime dotale.

La dote era costituita da beni che la moglie a portava al marito per sostenere pesi del matrimonio; in alcuni casi, è gli acquistava perfino la proprietà dei beni. Quest’istituto, quindi, trovava fondamento nel dovere del marito di mantenere la famiglia e nella sua posizione di capo all'interno di essa. Quest’istituto, dopo la riforma del diritto di famiglia, ha perso completamente importanza.

Tuttavia, il divieto non travolge le doti già costituite prima della sua introduzione. Comunione legale e separazione di beni sono regimi coniugali generali, cioè che servono a

disciplinare tutti i rapporti patrimoniali degli sposi. Comunione convenzionale e fondo patrimoniale sono invece regimi particolari, perché

rimangono sottoposti solo alcuni beni. La separazione dei beni, però, costituisce regime universale, in quanto comprende tutte le

ricchezze dei coniugi. La comunione universale, invece, non è ammessa, in quanto anche in presenza del regime di comunione legale alcuni impegni restano sottratti ad essa è vengono compresi nel " patrimonio personale dei coniugi ".

6.2: LE CONVENZIONI MATRIMONIALI

Una convenzione matrimoniale è il negozio bilaterale con il quale gli sposi danno vita ad un regime patrimoniale della famiglia (con eventuale partecipazione di un terzo).

Le convenzioni possono essere stipulate sia prima che dopo la celebrazione del matrimonio. Parti dell'accordo sono necessariamente i coniugi, ma parte può essere anche il terzo, nel caso di

fondo patrimoniale costituito con beni da lui conferiti. Forma per la validità della convenzione è l'atto pubblico, ma il terzo può manifestare la propria

volontà di costituire il fondo patrimoniale anche in forma testamentaria. Per le convenzioni matrimoniali è prevista una complessa disciplina pubblicitaria, che ha lo

scopo di mettere i terzi in condizione di conoscere le scelte compiute dai coniugi circa l'adozione del regime patrimoniale.

In base a questa disciplina, la convenzione deve essere annotata nell'atto di matrimonio; occorre inoltre procedere alla trascrizione, nei registri immobiliari, del vincolo derivante dalla costituzione

37

Page 38: Auletta-Diritto di famiglia

del fondo patrimoniale e degli acquisti congiunti fatti in presenza di convenzioni con le quali si escludono dalla comunione beni immobili o mobili registrati, oppure si scioglie la comunione legale.

Se manca l’annotazione, la convenzione nel suo complesso non è opponibile a terzi. Per stipulare una convenzione matrimoniale occorre generalmente la capacità di agire. Tuttavia, il

minore autorizzato a contrarre matrimonio può stipulare le convenzioni con l'assistenza del genitore del tutore oppure del curatore speciale, se i genitori si sono opposti al matrimonio.

L'assistenza del curatore è richiesta anche per il coniuge inabilitato e per il minore emancipato, mentre disposizioni particolari non sono previste per l'interdetto per infermità di mente, il quale potrà stipulare le convenzioni per mezzo del tutore.

Le convenzioni stipulate dall'incapace in violazione di queste regole sono annullabili, dietro richiesta dell'incapace che ha riacquistato la piena capacità, degli eredi o aventi causa oppure per rappresentante legale.

È consentito in ogni tempo il cambiamento delle convenzioni già stipulate (cioè il passaggio da un regime patrimoniale ad un altro), rispettando le regole di forme di pubblicità.

Con il consenso di entrambe le parti stipulanti, è ha anche consentito modificare il contenuto della convenzione. Queste modifiche sono sottoposte alle stesse regole di forma e pubblicità previste per la stipula della convenzione. Il consenso delle parti stipulanti è necessario anche per conferire efficacia alla controdichiarazione scritta, che precostituisce la prova dell'accordo simulatorio intervenuto tra le parti, riguardo ad una convenzione matrimoniale stipulata. Limiti di prova non sono previsti per i terzi.

6.3: IL FONDO PATRIMONIALE

Nozione, natura, caratteri: il fondo patrimoniale è costituito da beni vincolati al soddisfacimento di bisogni della famiglia, per consentire alla stessa il godimento di un tenore di vita tendenzialmente costante nel tempo. È un patrimonio di destinazione appartenente ai coniugi. Dopo l'introduzione del divieto di costituzione in dote, il fondo patrimoniale è rimasta l'unica convenzione che serve ad assicurare il soddisfacimento di bisogni familiari.

Esso trae origine dal previgente il patrimonio familiare, ma ha alcune differenze rispetto ad esso. Infatti,

- Il patrimonio familiare poteva essere costituito con la dichiarazione di volontà di un solo coniuge e i beni conferiti appartenevano solo a lui, mentre il fondo patrimoniale sorge esclusivamente per accordo dei coniugi ed essi sono anche i titolari dei beni che lo compongono.

- Nel fondo patrimoniale possono essere compresi anche beni mobili registrati, cosa che non poteva sussistere riguardo al patrimonio familiare.

- Altra differenza è che l'amministrazione del patrimonio familiare spettava al coniuge proprietario dei beni, mentre amministratori del fondo patrimoniale sono sempre i due coniugi.

38

Page 39: Auletta-Diritto di famiglia

- I beni del patrimonio familiare potevano essere alienati solo previa autorizzazione del giudice e, mentre riguardo all’alienazione dei beni facenti parte del fondo patrimoniale, c'è bisogno dell'autorizzazione giudiziale solo se ci sono figli minori.

Costituzione: il fondo patrimoniale si può stipulare prima o dopo la celebrazione del matrimonio. Il conferimento di beni destinati al fondo patrimoniale può che essere opera di ambedue i coniugi, di uno solo di essi oppure di un terzo. Quest'ultimo potrà trasferire i beni sia mediante negozio inter vivos che col testamento.

Essi diventano sempre contitolari per quote uguali dei beni destinati al fondo. I figli godono dei vantaggi provenienti dal patrimonio, ma non sono titolari del medesimo.

Questa convenzione deve essere stipulata per atto pubblico o, quando la stipulazione è fatta da un terzo, anche in forma testamentaria.

L'attribuzione di beni al fondo comporta di solito una liberalità a favore dei coniugi, ma può rappresentare anche una modalità d’adempimento da parte dei coniugi dall'obbligo di contribuzione.

In ogni caso, il conferimento dei beni al fondo patrimoniale può pregiudicare i creditori personali di chi lo compie, perché i beni e i frutti del fondo possono essere esecutati solamente dai creditori il cui credito è sorto per il soddisfacimento di bisogni della famiglia.

Oggetto: possono far parte del fondo patrimoniale beni immobili, il mobili registrati con relative pertinenze, titoli di credito, i frutti prodotti da questi beni, e le somme ricavate dalla loro alienazione rimangono vincolati al soddisfacimento di bisogni familiari.

Possibile oggetto di conferimenti sono anche i beni in comunione legale, mentre per i beni futuri, si applicano le regole relative a beni futuri..

Pubblicità: l'esistenza del fondo patrimoniale deve essere annotato a margine dell'atto di matrimonio: in caso contrario non può essere opposta ai terzi di buona fede.

Se il costituente per dare vita al fondo ha trasferito o costituito diritti reali su beni immobili o mobili registrati a favore dei coniugi, l'atto di alienazione deve essere trascritto nei registri immobiliari, altrimenti non può esser opposta ai terzi. Negli stessi registri deve essere trascritto il vincolo di destinazione ai bisogni della famiglia che si costituisce sui beni del fondo, pena la sua inopponibilità ai terzi.

Amministrazione: spetta ad ambedue i coniugi, in virtù dell'art 168, 3 comma: essi possono stipulare disgiuntamente agli atti di ordinaria amministrazione, mentre per quelli di straordinaria amministrazione bisogna agire congiuntamente.

Devono compiersi congiuntamente anche gli atti volti ad alienare, ipotecare, dare in pegno, o comunque vincolare i beni del fondo.

Inoltre, se ci sono figli minori, occorre l'autorizzazione del tribunale di minori, che può essere concessa nei soli casi di necessità o utilità evidente (169 cod civ).

39

Page 40: Auletta-Diritto di famiglia

Nella gestione del fondo i coniugi devono rispettare la destinazione di beni a vantaggio della famiglia e devono impiegare i frutti per il soddisfacimento dei bisogni di vita della famiglia; in caso ciò non avvenga, il giudice può privarlo dell'amministrazione affidandolo ad un terzo.

Responsabilità: poiché ciò che caratterizza il fondo è il vincolo di destinazione, i creditori che sapevano che l'obbligazione era stata contratta per scopi diversi dal soddisfacimento di bisogni familiari, non possono soddisfarsi sui frutti e sui beni che compongono il fondo.

Essi, però, potranno espropriare il patrimonio personale del coniuge che si è obbligato. La famiglia nel cui interesse si costituisce il fondo è quella nucleare, cioè quella formata dai

coniugi e dai loro figli, ma anche dai figli di un solo coniuge, purché conviventi, dai discendenti verso i quali sussiste un obbligo di mantenimento.

Incrementi E Modifiche: il fondo può essere accresciuto facendo nuovi conferimenti provenienti dai coniugi stessi e coda al terzo.

Inoltre, la sua composizione può variare in seguito all'impiego, nell'acquisto di nuovi beni, dei frutti o del corrispettivo derivante dall’alienazione dei beni originari.

Estinzione: l'estinzione del fondo si ha per lo scioglimento e l'annullamento del matrimonio. Se ci sono figli o discendenti minori, il fondo resta in vita finché l'ultimo di questi abbia raggiunto

la maggiore età. In quest’ipotesi, sarà condotta dei coniugi pone in pericolo l'integrità del fondo stesso, il giudice può attribuire ai minori una quota del fondo in proprietà o in godimento, ma l'autorità giudiziaria può anche, in questo caso, dare disposizioni circa l'amministrazione del patrimonio.

6.4: LA SEPARAZIONE DEI BENI

Con il regime di separazione dei beni ogni coniuge è titolare di tutti diritti acquistati sui beni prima o dopo la celebrazione del matrimonio e dei frutti prodotti da suo patrimonio. Egli, inoltre, può godere, alienare ed amministrare i beni, nel rispetto, però, del dovere di contribuzione bisogni familiari. L'altro coniuge non potrà vantare alcun diritto sui beni stessi..

I coniugi possono trovarsi sotto il regime di separazione dei beni in seguito ad una convenzione tra di loro intercorsa, oppure se si verifica una causa di scioglimento della comunione legale che non incide sul rapporto sulla vita di coppia.

L'accordo coniugale di scelta della separazione dei beni è sottoposto alle regole generali sulle convenzioni matrimoniali (atto pubblico, annotazione a margine dell'atto di matrimonio, trascrizione nei registri immobiliari del vincolo derivante dalla costituzione del fondo patrimoniale e dagli acquisti congiunti di beni immobili o mobili registrati; capacità di agire).

La disciplina della separazione dei beni è poco complessa e riguarda: -Amministrazione E Godimento: il patrimonio di un coniuge può essere amministrato, in tutto o

in parte, dall'altro: questo può accadere in base ad un contratto di mandato senza rappresentanza

40

Page 41: Auletta-Diritto di famiglia

oppure con rilascio di una procura, anche se il più delle volte il coniuge titolare dei beni si limita a consentire di fatto all'altro di amministrare. In questi casi, però, il titolare di beni non perde comunque il diritto di amministrare personalmente.

Se contemplato dalla procura, il coniuge amministratore deve rendere conto dei frutti percepiti o che avrebbe potuto percepire con l'ordinaria diligenza; in mancanza, egli deve solo consegnare quelli esistenti nel momento in cui il mandante lo richieda o allo scioglimento del matrimonio e non risponde per quelli consumati.

Inoltre, il coniuge deve amministrare con la diligenza propria del mandatario. Il coniuge che gode dei beni dell'altro ha gli stessi obblighi dell'usufruttuario e cioè non può

mutarne la destinazione è ha diritto a rimborsi per i miglioramenti effettuati. -Prova Della Titolarità Dei Beni: se sorgono dei dubbi o delle controversie sulla titolarità di un

bene, l'art 219 consente al coniuge di dimostrare, con ogni mezzo, la titolarità esclusiva di un bene. Presunzione di contitolarità: se non può essere fornita dal coniuge nessuna prova circa la

titolarità esclusiva del bene, esso si considera appartenente ai coniugi in comunione ordinaria per quote uguali. Questa presunzione si applica soprattutto alle controversie sui beni mobili, in quanto la titolarità degli immobili e di mobili registrati risulta dal titolo d’acquisto.

Se il coniuge non intestatario vuole dimostrare che il bene spetta realtà anche a lui, dovrà fornire questa prova mediante scrittura privata, e non con ogni mezzo.

Estinzione: la separazione dei beni vi è nemmeno mediante convenzione coniugale che da vita a regime di comunione legale o convenzionale oppure per scioglimento del matrimonio.

6.5: LA COMUNIONE LEGALE: NOZIONE, FONDAMENTO, CARATTERI E NATURA

La caratteristica fondamentale della comunione legale è la contitolarità dei coniugi, per quote uguali, sugli acquisti successivi al matrimonio (eccezioni previste dall'art 179) e la cogestione del patrimonio con uguaglianza di poteri.

Fondamento: esigenza di dare attuazione in maniera più profonda alla comunione di vita tra gli sposi anche sotto il profilo patrimoniale, consentendo l'uguale partecipazione le ricchezze da loro prodotte durante il matrimonio.

Connotati fondamentali: 1. La comunione non ha carattere universale: non comprende tutti i beni appartenenti ai coniugi,

come quelli acquistati precedentemente al matrimonio, ma anche alcuni beni acquistati dopo la celebrazione. Questo accade perché la legge vuole tutelare interessi dei coniugi rilevanti costituzionalmente, come la libertà personale, l'esercizio di un’attività lavorativa, la libertà d’iniziativa economica.

41

Page 42: Auletta-Diritto di famiglia

2. La libertà personale viene protetta, assicurando a ciascun coniuge la titolarità esclusiva dei beni di uso strettamente personali, mentre il secondo interesse riguarda i beni occorrenti al coniuge per esercitare l'attività lavorativa.

3. La libertà di iniziativa del coniuge viene garantito escludendo dalla comunione immediata l'azienda acquistata dopo il matrimonio e utilizzata nella propria attività di impresa.

4. La comunione legale non è un regime obbligatorio, in quanto i coniugi possono sempre optare per la separazione dei beni o per un altro regime comunitario

5. La disciplina della comunione legale è per alcuni aspetti inderogabile per evitare che gli sposi optino per questo regime e poi ne alterino i connotati fondamentali.

6. Natura: la comunione legale non ha soggettività autonoma e non costituisce patrimonio separato. I beni, infatti, anche se sono sottoposti ad una disciplina particolare che, appartengono sempre patrimoni dei coniugi, senza presentare alcuna autonomia.

6.6: OGGETTO DELLA COMUNIONE :A) I BENI RICOMPRESI NELLA COMUNIONE IMMEDIATA

La comunione legale è costituita da diritti reali, di credito, personali di godimento, relativi a beni che sono stati acquistati dai coniugi nel periodo in cui essi si trovavano sottoposti a regime di comunione, ma sono esclusi i cosiddetti beni personali.

L'ingresso della comunione può avvenire in due modi: alcuni beni entrano in comunione al momento del loro acquisto, altri al momento dello scioglimento della comunione stessa, se non sono stati consumati.

Dunque, il patrimonio dei coniugi sottoposti al regime legale è costituito da tre diverse masse di beni:

Beni in comunione legale: questa è la cosiddetta comunione immediata Beni destinati ad essere compresi messa: comunione di residuo Beni esclusi dalla comunione: beni personali.Cadono in comunione immediata gli acquisti compiuti dai coniugi insieme o anche

separatamente. Sono nuovi acquisti quei diritti che sono pervenuti ai coniugi dopo un'operazione economica che comporta l'ingresso stabile di un nuovo bene nel patrimonio dell'acquirente.

L'acquisto si chiama congiunto se ambedue i coniugi hanno partecipato all'acquisto o nel caso in cui uno dei coniugi ha rilasciato procura all'altro; l'acquisto si dice separato se vi ha partecipato solo un coniuge.

Questa distinzione è importante per capire la parte alla quale fanno capo i diritti e obbligazioni che scaturiscono dal contratto; in alcuni casi la responsabilità può sorgere anche a carico della stessa comunione legale.

42

Page 43: Auletta-Diritto di famiglia

Per quanto riguarda la nozione d’acquisto si discute se gli acquisti separati a titolo originario, di diritti di credito o d’altri diritti strumentali, per evento di fortuna, a formazione progressiva, di partecipazioni societarie, diritti su beni materiali, cadono in comunione immediata oppure rimangono personali del coniuge acquirente oppure se l'altro coniuge può far valere, nei suoi riguardi, un mero diritto di credito, partecipando così alle utilità derivanti dall'acquisto compiuto.

A) Acquisti A Titolo Originario Questo tipo d’acquisti cade in comunione immediata e a favore della comunione si costituisce

per legge un diritto di superficie (perché il suolo rimane nel patrimonio personale del coniuge); sulla comunione grava, però, l'obbligo di rimborsare il titolare del suolo per la perdita di valore subita dal medesimo.

Dunque, non si applicano i principi dell'accessione, secondo cui, in base all'articolo 934 cod civ, la costruzione appartiene solo al coniuge proprietario del bene sul quale è stata realizzata e in caso l'opera sia stata fatta con somme comuni, all'altro coniuge dovrà essere rimborsato la metà dell'importo o la metà del valore della costruzione stessa o dei materiali e della manodopera.

Infatti, l'art 177 contiene un principio in deroga a quello posto dall'articolo 934: il termine " compiuti " è sinonimo di " realizzati " e quindi può applicarsi sia ad acquisti a titolo derivativo che a titolo originario.

La costruzione non cade in comunione se ricorre una delle situazioni degli articoli 178 e 179, cioè quando è stata costruita con risorse personali oppure utilizzata nell'esercizio della professione e dell'impresa individuale.

Nella comunione immediata cadono anche gli altri acquisti a titolo originario, come l'invenzione di un bene smarrito, l'occupazione di un bene immobile abbandonato, l'usucapione, tranne quelli specificati in seguito all'esercizio d’attività separata di lavoro da parte di un coniuge (questi sono comuni di residuo).

Gli acquisti per l'unione o commistione cadono in comunione se viene realizzato un nuovo bene oppure la cosa principale era in comunione immediata o di residuo; se invece lo era la cosa accessoria, in comunione tra dell'indennizzo versato dal proprietario della cosa principale.

B) diritti di creditoUna ampia corrente di pensiero più una parte della giurisprudenza esclude dalla comunione

i diritti credito e gli altri diritti relativi, purché non costituirebbero un bene in senso proprio, ma darebbero vita ad un rapporto strumentale diretto al conseguimento di un bene. In comunione invece ricadrebbe la prestazione, una volta adempiuta, se comporta l'acquisto di un bene.

Un'altra corrente di pensiero è però diversamente orientata, in quanto sostiene che anche il diritto di credito cade in comunione. Secondo questa corrente, infatti, esso costituisce bene in senso giuridico, fonte d’utilità, e per questo cade in comunione, salvo che il credito non sia

43

Page 44: Auletta-Diritto di famiglia

riconducibile nell'ambito dei beni comuni di residuo oppure personali. Di conseguenza, si considerano comuni, per esempio, i crediti che derivano dalla alienazione o dalla concessione in godimento che un coniuge fa di un bene della comunione oppure i crediti derivanti dall'impresa o di lavoro svolte insieme dei coniugi.

Con la caduta in comunione si verifica un trasferimento automatico del credito, acquistato separatamente, anche a favore dell'altro coniuge, il quale acquista anche la legittimazione a ricevere adempimento. In questo caso troverà applicazione la disciplina sulla cessione del credito: il debitore adempirà correttamente l'obbligazione pagando nelle mani del coniuge originario creditore, se ignorava l'ingresso in comunione del credito stesso, ma non si libera se la cessione gli era stata notificata ovvero è giunta a sua conoscenza.

C) acquisti per evento di fortunaSono le vincite ottenute in seguito alla conclusione di un contratto aleatorio, come la lotteria o il

totocalcio.Esse cadono generalmente in comunione come qualsiasi altro bene, a meno che non siano

riconducibili alla categoria dei beni personali.

D) acquisti a formazione progressiva Sono acquisti a formazione progressiva quelli che non si compiono istantaneamente ma

presuppongono una fattispecie acquisitiva durevole a causa di una concatenazione d’atti o negozi. Tra le figure più ricorrenti di acquisti di questo tipo le diverse figure di vendita obbligatoria (alternativa, di cosa altrui, di cosa futura, di bene determinato solo nel genere), trasferimenti sottoposti a termine o condizione; la vendita con riserva di proprietà; la vendita che si realizza mediante la sequenza preliminare-definitivo.

Qualche problema sorge quando, nel corso del procedimento che conduce all'acquisto, si verifica un cambiamento del regime legale.

Secondo alcuni il criterio da applicare è quello che fa riferimento al regime vigente al momento in cui si verifica il trasferimento del diritto reale, mentre secondo altri bisognerebbe fare riferimento al momento in cui si perfeziona la fattispecie acquisitiva.

Il primo criterio è quello più seguito dalla giurisprudenza prevalente e, in base a questo, sono comuni i beni se il trasferimento della proprietà si sia verificato sotto il vigore della comunione legale. Secondo altri, il bene sarebbe personale, perché la volontà di trasferire il bene è già stata espressa dalle parti prima del matrimonio, mentre comportamenti successivi riguardano solo l'adempimento della prestazione.

Nel caso di vendita a prova, il bene acquistato prima del matrimonio è personale.

44

Page 45: Auletta-Diritto di famiglia

Questo succede anche nel caso di vendita con patto di riscatto, conclusa prima del matrimonio, perché l'esercizio del riscatto fa venire meno retroattivamente gli effetti del contratto ed il bene ritorna nel patrimonio originario.

Il bene sarà personale quando è stato acquistato da un coniuge che prima del matrimonio con contratto sottoposto a termine iniziale o condizione sospensiva.

In caso di vendita con riserva di gradimento, il bene cade in comunione, perché il contratto si perfeziona con l'espressione del gradimento.

Se il coniuge, infine, ha acquistato un bene stipulando il preliminare prima del matrimonio e il definitivo successivamente, il bene rientra comunque nella comunione stessa, perché la fattispecie acquisitiva si perfeziona solo al momento della conclusione del definitivo.

E) beni immateriali Gli acquisti separati sui beni immateriali ricadono sotto la disciplina delle opere d’ingegno, mentre

i diritti collegati all'attività d’impresa del coniuge a (marchio, ditta, insegna) ricadono sotto le regole di quest’attività.

Spetta esclusivamente all'autore il diritto alla paternità morale dell'opera, mentre discussa è la titolarità del diritto allo sfruttamento economico dell'opera: tra l'applicazione della disciplina dei proventi di quest’attività, in altre parole della comunione di residuo, e la disciplina dei beni destinati al suo esercizio, e cioè dei beni personali, si preferisce l'ultima soluzione, tenuto conto che, finché il titolare non utilizza l'opera d’ingegno, dietro pagamento di un corrispettivo, essa non produce proventi.

Tuttavia, l'ordinamento lascia all'autore la decisione sullo sfruttamento o meno dell'opera.

6.7 OGGETTO: B) I BENI RICOMPRESI NELLA COMUNIONE DI RESIDUO

Alla comunione di residuo fanno parte: I frutti naturali o civili dei beni personali dei coniugi, percepiti e non consumati allo

scioglimento della comunione I proventi dell'attività separata di ciascun coniuge, non consumati in quel momento Gli utili e gli incrementi derivanti dall'attività d’impresa di uno dei coniugi L'azienda gestita separatamente e costituita dopo la celebrazione Dunque, la comunione si costituisce solo sui frutti dei beni personali già

percepiti. I frutti civili e i proventi dell'attività separata cadono in comunione sia nel caso che non siano

ancora stati corrisposti, che in quello che non siano ancora esigibili, purchè rappresentino il corrispettivo di prestazioni o del godimento di beni relativi al periodo di vigenza della comunione legale.

45

Page 46: Auletta-Diritto di famiglia

Ogni coniuge ha libera disponibilità dei propri beni comuni di residuo, i quali cadono in comunione solo se non sono stati consumati nel momento in cui questa si scioglie.

Lo sperpero dei beni comuni di residuo mette in pericolo gli interessi dell'altro coniuge; di conseguenza, quest'ultimo potrà chiedere legittimamente al giudice è lo scioglimento della comunione.

Se beni con somme comuni di residuo vengono utilizzati per compiere nuovi acquisti, questi cadono in comunione immediata.

Nel momento dello scioglimento del regime legale sui beni comuni si costituisce una contitolarità tra i coniugi dei beni comuni di residuo.

6.8: LA PUBBLICITÀ DEGLI ACQUISTI IMMOBILIARI IN COMUNIONE

Gli acquisti di beni immobili o mobili registrati, compresi nella comunione legale, sono assoggettati all'onere della trascrizione, per l'opponibilità ai terzi ex articolo 2643. L'acquisto congiunto deve trascriversi a favore di entrambi gli sposi; se invece l'acquisto è separato, l'atto potrà trascriversi a favore del coniuge stipulante, mentre non è necessaria l'intestazione anche a favore dell'altro coniuge, anche se egli diventa contitolare del bene.

Questo comporta maggiori oneri per i terzi i quali, per conoscere l'appartenenza del bene, devono non solo esaminare i registri immobiliari, ma anche quelli dello stato civile, per verificare lo stato civile della persona con cui contattano e, se coniugata, per verificare il regime patrimoniale al quale è sottoposta.

Nel caso di acquisto separato la trascrizione non può farsi in anche a favore del coniuge estraneo all’atto, in quanto per il nostro ordinamento viene sottoposto a trascrizione ex articolo 2643 il trasferimento di un diritto reale che scaturisce da un determinato atto e non l'effetto traslativo in sè (in questo caso si dovrebbe menzionare il soggetto a cui favore il trasferimento si comunica)

Nella nota di trascrizione deve essere indicato il regime patrimoniale delle parti. Il coniuge non intestatario può sempre ottenere una sentenza d’accertamento della contitolarità del bene e, in base a quest’atto, può procedere alla trascrizione anche a proprio nome.

6.9: C) I BENI PERSONALI

I beni personali sono quelli esclusi dalla comunione legale e spettanti in titolarità esclusiva a ciascuno dei coniugi.

È considerato giuridicamente rilevante per l'altro coniuge il modo in cui il titolare che gode del patrimonio personale, in quanto i frutti ad esso prodotti cadono in comunione legale. Di conseguenza, la cattiva gestione legittima l'altro coniuge a

46

Page 47: Auletta-Diritto di famiglia

chiedere al giudice lo scioglimento della comunione; il patrimonio personale, inoltre, può essere esecutato dai creditori della comunione legale per assicurare il soddisfacimento del loro credito.

L'art 179 stabilisce che sono personali: a) I beni di cui ciascun coniuge era titolare prima del matrimonio b) I beni acquistati a titolo di donazione o successione e dei quali non sia stata specificata la loro

destinazione alla comunione legale c) I beni d’uso strettamente personale di ciascun coniuge d) I beni che servono all'esercizio della professione del coniuge e) I beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno e la pensione liquidata per la perdita parziale o

totale della capacità lavorativa di un coniuge f) I beni acquistati con il prezzo a di trasferimento o con lo scambio di un bene personale, pur che

questo sia espressamente dichiarato al momento dell'acquisto. Per l'acquisto personale di beni immobili o mobili registrati, per quanto riguarda i beni di uso

strettamente personale, quelli che servono all'esercizio della professione del coniuge e quelli acquistati con il prezzo di trasferimento con lo scambio di un bene personale, è richiesto che l'atto venga stipulato alla presenza dell'altro coniuge.

a) vengono considerati personali i beni acquistati prima del matrimonio ( o alla costituzione del regime legale) perché l'ordinamento limita la compartecipazione dei coniugi solo alle ricchezze entrate nei rispettivi patrimoni e dopo l'adozione del regime legale.

b) i lasciti successori e le donazioni di solito non cadono in comunione, a meno che il disponente non lo abbia espressamente previsto.

Il lascito successorio o la donazione fatta favore di un coniuge, destinati alla comunione, sono considerate come attribuzioni solo dei beni alla comunione stessa. Quindi, in caso di lascito mortis causa, legatario o erede sarà solo il coniuge indicato dal De cuius e quindi sarà solo lui a rispondere dei debiti e dei pesi ereditari se non ha accettato con beneficio d’inventario. Poichè i beni ereditari sono destinati a soddisfare i creditori del De cuius, essi potranno aggredire anche interamente all'interno della comunione, ma non potranno toccare altri beni comuni.

Se i beneficiari del lascito o della donazione sono i coniugi, con destinazione del bene alla comunione legale, saranno entrambi titolari dell’attribuzione patrimoniale, mentre le relative obbligazioni graveranno sull'intera comunione. Per questo, occorrerà che il consenso all'acquisto sia espresso da ciascun coniuge.

c) i beni di uso strettamente personale sono quelli acquistati per soddisfare esigenze di vita di un coniuge o destinati ad essere solo da lui utilizzati.

In questa categoria rientrano non soltanto quei beni che possono essere usati da una sola persona (vestiti, occhiali e...), ma anche quelli che possono essere utilizzati da più persone, ma che vengono acquistati per soddisfare particolari esigenze di un coniuge.

47

Page 48: Auletta-Diritto di famiglia

Questi beni rimangono esclusi dalla comunione a prescindere dai mezzi con i quali sono stati acquistati, comprese le somme in comunione legale.

d) i beni acquistati per essere destinati all'esercizio della professione di un coniuge rimangono esclusi dalla comunione per tutelare il libero esercizio dell'attività di lavoro.

Anche in questo caso, è possibile individuare alcuni beni che sono tipici di una certa attività (apparecchiature mediche, biblioteca scientifica...), altri invece che hanno usi molteplici (mobili o quadri che adornano lo studio, macchina da scrivere, computer...). Per questi ultimi beni c'è il rischio di un’esclusione fraudolenta della comunione: per questo motivo la destinazione all'uso esclusivo di questi beni deve risultare giustificata dal tipo di professione svolta, dalle caratteristiche con le quali viene esercitata, dalle possibilità economiche dei coniugi.

Come per i beni di uso strettamente personale, occorre che il bene venga effettivamente utilizzato nell'esercizio della professione per poter rimanere escluso dalla comunione.

e) è escluso dalla comunione legale il risarcimento del danno subito dal coniuge per la distruzione o danneggiamento di un proprio bene, in quanto esso serve a reintegrare il patrimonio personale.

La stessa disciplina si applica al risarcimento per il danno arrecato al coniuge, compreso quello per la perdita o la diminuzione della capacità lavorativa, in quanto esso per reintegra una qualità dell'individuo lesa dal danneggiante.

Il risarcimento del danno derivante da responsabilità precontrattuale o contrattuale è personale se influisce sul patrimonio personale del coniuge, è comune se incide sul patrimonio in comunione legale.

f) gli acquisti per surrogazione sono quelli che vengono fatti con l'impiego di un bene non appartenente neppure di residuo alla comunione legale. Anche questi sono esclusi dalla comunione. Tuttavia, perché ciò avvenga, il coniuge dovrà al momento dell'acquisto manifestare la propria volontà di escludere il bene dalla comunione e deve precisare i mezzi impiegati. Questa dichiarazione non richiede forme particolari che non deve essere necessariamente indirizzata all'altro coniuge.

Nel caso in cui, invece, il coniuge vuole acquistare per uso strettamente personale, per l'esercizio della professione, per Surrogazione un bene immobile o mobile registrato, è necessario che la sua esclusione dalla comunione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge ( art 179, 2comma ). In questo caso, quindi, l'acquirente deve rendere un’espressa dichiarazione in questo senso.

L'altro coniuge non sarà parte contrattuale in senso proprio, ma dovrà solamente presenziare alla stipulazione dell'atto di trasferimento e non è richiesta alcuna sua dichiarazione. Tuttavia, se questo non è presente oppure sollevi contestazioni circa l'esistenza dei presupposti che consentono l'acquisto personale, il coniuge potrà sempre compiere l'acquisto personale, ma non potrà ottenere la relativa trascrizione per l'opponibilità ai terzi. Se l'altro coniuge fa sorgere contestazioni, il coniuge che ha compiuto l'acquisto personale dovrà approvare l'esistenza di presupposti che legittimano l'acquisto e

48

Page 49: Auletta-Diritto di famiglia

dovrà ricorrere ad un negozio d’accertamento che dovrà stipulare con l'altro coniuge (oppure anche una sentenza d’accertamento) affinché possa trascrivere l'acquisto e come personale ai fini dell'opponibilità ai terzi.

Se invece l'altro coniuge ha presenziato all'acquisto, ma successivamente è venuto a conoscenza della mancanza dei presupposti che legittimano l'acquisto, graverà su di lui la prova stessa, cioè i presupposti per l'acquisto personale si presumeranno esistenti.

6.10: LA PUBBLICITÀ DEGLI ACQUISTI PERSONALI

Il 1 comma dell'articolo 2647 dispone che gli acquisti di beni immobili e mobili registrati risultanti dalle lettere c, d, e, f dell'articolo 179 sono assoggettati ad apposita trascrizione per farne emergere la natura personale. Questa è richiesta per l'opponibilità ai terzi. Tuttavia alcuni ritengono che occorra procedere ad una duplice trascrizione a favore dell'acquirente, una ex articolo 2643, l'altra ex articolo 2647.

6.11: D) L'AZIENDA E LE PARTECIPAZIONI SOCIETARIE

Fra i beni di cui i coniugi possono essere titolari, l'azienda nel suo complesso gode di un trattamento particolare rispetto i beni destinati all'esercizio separato della professione.

A) l'azienda è esclusa dalla comunione legale se costituita o acquistata prima del matrimonio oppure se costituita o acquistata anche dopo, ma impiegando beni personali, oppure se a è ricevuta in successione o in donazione.

B) l'azienda cade in comunione di residuo si acquistata con beni comuni di residuo appartenente al coniuge che la impiega nella propria attività di impresa.

Poiché il bene non cade in comunione immediata, il coniuge imprenditore viene maggiormente tutelato, in quanto gli viene consentito di utilizzare i beni di cui viene ad avere la titolarità esclusiva e la piena disponibilità; inoltre, sono meglio tutelati i creditori dell'imprenditore che sanno di poter contare su tutti i beni dell'azienda. Tuttavia, secondo l'art 178, quest’esclusione si verifica per il fatto che l'azienda viene destinata all'esercizio dell'impresa del coniuge: quindi, serve l'effettiva utilizzazione, mentre non serve una manifestazione di volontà in questo senso da parte del coniuge acquirente.

C) l'azienda cade in comunione immediata se acquistata con beni comuni di residuo, anche di un solo coniuge, e gestita d'ambedue (cosiddetta gestione congiunta).

Per quanto riguarda la disciplina applicabile all'attività d’impresa svolta congiuntamente dai coniugi, si applica quella relativa alla società semplice, in quanto i coniugi devono considerarsi come due soci qualsiasi.

49

Page 50: Auletta-Diritto di famiglia

Quanto alla titolarità degli utili e degli incrementi prodotti nel corso dell'attività d’impresa, essi cadono in comunione immediata in caso di gestione comune, cioè quando ambedue i coniugi sono imprenditori; se invece lo è uno solo, utili e incrementi cadono in comunione di residuo.

Riguardo al problema del diritto di partecipazione ad una società, questo resta escluso dalla comunione legale se viene acquistato con beni personali di un coniuge o di ambedue, sia nel caso che alla società per partecipino i soli coniugi, sia nel caso che alla società facciano parte anche i terzi. Cade invece in comunione legale la quota societaria acquistata da ambedue i coniugi con beni comuni di residuo.

Se l'acquisto viene compiuto da un solo coniuge, per risolvere il problema bisogna far riferimento alla natura della partecipazione: cioè se essa comporta responsabilità limitata o illimitata. In questo caso cadrebbe in comunione le partecipazioni a società di capitali (spa, sas...)., mentre restano esclusi dalla comunione legale gli acquisti di partecipazioni a società di persone che comportano esercizio d’attività d’impresa da parte dei soci, e quindi la loro responsabilità illimitata (società semplice, società in nome collettivo...).

Gli utili e gli incrementi relativi a queste partecipazioni sono comuni di residuo perché derivano da attività separata.

6.12: AMMINISTRAZIONE

Il potere di amministrare la comunione legale e di rappresentarla in giudizio spetta ad ambedue i coniugi: disgiuntamente per gli atti d’ordinaria amministrazione, congiuntamente per quelli di straordinaria amministrazione. Questi principi, per l'art 210, comma 3, sono inderogabili.

Sono atti di straordinaria amministrazione quelli astrattamente idonei ad apportare sensibili modifiche alla composizione o alla consistenza del patrimonio oppure all'andamento della vita familiare, mentre possono considerarsi di ordinaria amministrazione gli atti di conservazione del patrimonio o comunque quegli atti che non ne alterano significativamente la consistenza e quelli volti acconsentire il normale svolgimento della vita familiare.

Per quanto riguarda il problema di ricondurre nell'ambito dell'attività d’amministrazione degli atti d’acquisto di beni destinati a cadere in comunione legale, la dottrina prevalente è orientata in senso negativo in quanto ritiene applicabili le norme sull'amministrazione solo se l'atto coinvolge beni che già fanno parte del patrimonio comune. Bisogna però tenere conto che l'atto di acquisto potrebbe incidere negativamente sul patrimonio comune nel suo complesso: di qui nasce la necessità di riconoscere l'altro coniugi la facoltà, esercitabile prima dell'acquisto, di rifiutare la caduta in comunione del bene e quella di rinunciare all'acquisto se questo si fosse già verificato. In seguito a tali negozi, il bene rientra nel patrimonio personale del coniuge acquirente.

50

Page 51: Auletta-Diritto di famiglia

Nella gestione del patrimonio comune un coniuge può rilasciare una procura, per il compimento dei relativi atti, o all'altro coniuge oppure ad un terzo.

a) procura rilasciata all'altro coniuge: in questo caso ci sarebbe il rischio di concentrare il potere nelle mani di un coniuge, violando il principio inderogabile di parità nell'amministrazione della comunione legale. Perché ciò non si verifichi, la procura che viene rilasciata è sempre speciale e revocabile.

b) procura rilasciata ad un terzo: anche in questo caso si rilascia una procura speciale, ma per evitare che l'altro coniuge si trovi a dover amministrare insieme ad un estraneo.

Se un coniuge rifiuta il proprio consenso, l'altro può rivolgersi al giudice per ottenere l'autorizzazione a suo compimento. L'atto però deve essere necessario nell'interesse della famiglia e dell'azienda. Il coniuge che ha negato il consenso può sempre essere autorizzato dal giudice a non rispondere col patrimonio personale delle obbligazioni derivanti dall'atto stesso.

L'autorizzazione può essere concessa anche nel caso in cui un coniuge sia temporaneamente impedito da amministrare e può comprendere anche una pluralità di atti.

In alcune circostanze c'è un esclusione dall'amministrazione di un coniuge, con la conseguenza che i poteri di gestione si concentrano nelle mani di un solo coniuge.

Cause di esclusione sono la minore età, l'impedimento durevole ad amministrare, la cattiva amministrazione, l'interdizione del coniuge.

Il coniuge che compie un atto di straordinaria amministrazione senza il consenso dell'altro ed in mancanza d’autorizzazione giudiziale agisce abusivamente.

Gli effetti che ne derivano sono diversi a seconda che l'atto riguardi beni mobili o immobili. Non è previsto niente, invece, se l'atto consiste solo nell'assunzione di un’obbligazione, che non scaturisce da un atto di disposizione relativo ad un bene specifico.

a) atto riguardante beni mobili: il coniuge che ha agito abusivamente è tenuto, su richiesta dell'altro coniuge, a reintegrare la comunione nello stato in cui si trovava precedentemente all'atto abusivo (art184, comma 3): in questo modo l'ordinamento ha voluto tutelare la posizione del terzo, sollevando non da complessi controlli sullo stato civile della controparte e sul regime a cui si trova sottoposta.

b) atto riguardante beni immobili o mobili registrati: in questo caso è prevista l'annullabilità su richiesta dell'altro coniuge. L'annullamento è anche opponibile al terzo che ha acquistato a titolo gratuito o a titolo oneroso.

L'azione si prescrive in un anno, a decorrere da quando l'altro coniuge ne ha avuto conoscenza e comunque entro un anno dall'avvenuta trascrizione del medesimo. Se c’è stato scioglimento della comunione, l'azione non può esercitarsi dopo un anno dal verificarsi della causa (art184 comma 1).

È ammessa comunque la convalida dell'atto da parte del coniuge leso.

51

Page 52: Auletta-Diritto di famiglia

c) obbligazioni contratte abusivamente da un coniuge (esempio: accensione di un mutuo): queste non coinvolgono direttamente i beni della comunione, in quanto il creditore non è legittimato a diventare creditore della comunione.

Il coniuge contraente resta invece obbligato personalmente a corrispondere la prestazione pattuita.

6.13: RESPONSABILITÀ

Ciascun coniuge risponde sia col patrimonio personale sia con la propria quota di beni in comunione legale delle obbligazioni da lui contratte. In alcuni casi nella responsabilità può essere coinvolto anche il patrimonio dell'altro coniuge.

Ci sono due categorie di creditori: 1) creditori personali di ciascun coniuge 2) creditori della comunione legale. - creditori personali di ciascun coniuge: sono coloro che possono vantare un credito derivante da

un'obbligazione contratta dal coniuge per soddisfare proprie esigenze di vita (non rientrante nei bisogni della famiglia) o nell'interesse del proprio o dell’altrui patrimonio oppure derivante da un atto abusivo d’amministrazione della comunione legale oppure derivante da un illecito civile da lui commesso.

Questi creditori possono soddisfarsi innanzitutto sull'intero patrimonio personale del coniuge loro debitore e, dopo averlo esaurito, sulla sua quota in comunione legale.

Complessa è la procedura per giungere all'espropriazione dei beni comuni, per evitare di coinvolgere beni facenti parte della quota dell'altro coniuge. Prima di tutto, l'espropriazione non può riguardare la quota indivisa di comunione legale appartenente al coniuge esecutato.

Sono state prospettate tre diverse possibili soluzioni, ognuna con i propri inconvenienti: Ciascun bene della comunione può essere espropriato per intero, la metà del ricavato

ottenuto dalla sua alienazione va restituita all'altro coniuge. Questa soluzione all'inconveniente di privare anche l'altro coniuge è della titolarità della quota di beni sottoposti ad esecuzione forzata: egli dovrà contentarsi solo del corrispettivo in denaro;

Ciascun bene della comunione può essere espropriato per intero, ma senza eccedere il valore complessivo della quota di patrimonio spettante al coniuge debitore (i creditori personali potranno aggredire il patrimonio solo per metà). Questa seconda soluzione si fonda sulla concezione della comunione legale come contitolarità del patrimonio complessivo e non dei singoli beni: tuttavia, per stabilire la quota del patrimonio che i creditori possono espropriare, bisogna prima determinare con esattezza il valore dell'intero patrimonio, cosa non sempre agevole. Inoltre, c'è anche il pericolo che i creditori per aggrediscono anche la quota dell'altro coniuge. Infine, la quota non espropriata rimane in comunione legale, col rischio che i creditori personali del coniuge

52

Page 53: Auletta-Diritto di famiglia

sottoposto ad esecuzione, possano aggredirla iniziando nuove procedure esecutive. Per evitare questo l'altro coniuge ha la facoltà di chiedere lo scioglimento della comunione legale.

I creditori possono assicurare i singoli beni, alienando la quota indivisa su di essi spettante al coniuge debitore: di conseguenza l'acquirente diventerà titolare della metà del bene sottoposto ad esecuzione, mentre per l'altra metà bisognerà precisare se rimane in comunione legale o se fa parte del patrimonio personale. Questa soluzione sembra la più preferibile, anche se si è obiettato una contraddizione con l'art 192 comma 2, secondo cui il coniuge esecutato è tenuto a rimborsare il valore dei beni espropriati, ma questo sarebbe privo di senso, in quanto l'altro coniuge consegue a sua volta la quota di beni comuni che gli spetta.

In conclusione, l'azione esecutiva dei creditori personali comporta uno scioglimento parziale della comunione, relativamente beni aggrediti, a prescindere dalla volontà dei coniugi.

-creditori della comunione legale: sono coloro che possono far valere un credito che scaturisce da:

Pesi ed oneri gravanti sui beni al momento dell'acquisto: in questa categoria rientrano tutti diritti di garanzia ed obbligazioni che gravano sul bene prima dell'acquisto o che risalgono in quel momento. I diritti di garanzia si costituiscono sull'intero bene, quindi anche sulla quota spettante all'altro coniuge.

Carichi dell'amministrazione ordinaria del patrimonio comune Obbligazioni assunte per il mantenimento della famiglia, per l'istruzione l'educazione

dei figli e ogni altra obbligazione contratta nell'interesse della famiglia: la comunione risponde di questo obbligazioni, anche se ad agire è stato solo un coniuge ed esse scaturiscono da un atto di straordinaria amministrazione, in quanto l'art 192, comma 2 esonera il coniuge, che ha assunto un obbligazione per soddisfare una necessità della famiglia, dall'obbligo di rimborsare la comunione per i beni che sono stati esecutati per questa ragione.

Obbligazioni contratte congiuntamente dai coniugi: in questa categoria rientrano tutte le obbligazioni che i coniugi contraggono insieme, allo stesso titolo, ma anche le obbligazioni che trovano fondamento nella legge (esempio: responsabilità dei genitori per l'illecito del figlio).

I creditori della comunione devono soddisfarsi prima sul patrimonio comune ed in seguito, se questo si esaurisce, sul patrimonio personale di ciascun coniuge, in misura della metà del credito rimasto ancora insoddisfatto.

Questa è una deroga all'articolo 2740 che stabilisce che il debitore (cioè il soggetto che ha contratto l'obbligazione), risponde con tutto il suo patrimonio, presente e futuro, verso il creditore, in quanto il soggetto coniugato risponderà per metà del debito complessivo.

Per evitare l'escussione del patrimonio personale, i coniugi devono indicare i creditori l'esistenza di altri beni della comunione legale ancora da esecutare.

I creditori personali chirografari e quelli della comunione legale concorrono sullo stesso piano quando agiscono sul patrimonio personale di ciascun coniuge.

53

Page 54: Auletta-Diritto di famiglia

6.14: SCIOGLIMENTO

Lo scioglimento della comunione legale è l'estinzione del regime, con conseguente caduta in comunione ordinaria dei beni in esso compresi.

Al regime legale subentra quello di separazione di beni, se il vincolo matrimoniale rimane in vita.

Le cause di scioglimento sono tre: -convenzionali-legali-giudizialiScioglimento convenzionale: esso occorre in seguito all'accordo, intervenuto tra i coniugi, per

l'adozione, per il futuro, del regime di separazione dei beni. I coniugi possono anche pattuire l'uscita di uno più beni della comunione legale: in questo caso si parla di scioglimento parziale.

Scioglimento legale: cause di scioglimento legale sono: Morte, dichiarazione d’assenza o di morte presunta di uno dei coniugi Annullamento del matrimonio Cessazione degli effetti civili del matrimonio Separazione personale dei coniugi (non in caso di separazione di fatto) Fallimento di uno dei coniugiScioglimento giudiziale o separazione giudiziale dei beni: cause di scioglimento giudiziale

sono: Interdizione o inabilitazione Cattiva amministrazione della comunione Disordine negli affari Amministrazione del patrimonio personale o comune condotta in maniera tale da mettere in

pericolo gli interessi dell'altro, della comunione o della famiglia Mancato rispetto dei criteri per la contribuzione ai bisogni familiari. La domanda giudiziale può provenire indifferentemente da uno dei coniugi o dal suo

rappresentante legale, purchè la causa su cui la domanda si fonda non dipenda dalla violazione colposa o dolosa di un obbligo legale (quindi la domanda non può provenire da colui che ha violato il suo dovere di contribuzione).

Lo scioglimento della comunione legale decorre dal momento in cui si è verificata la causa che lo produce: dichiarazione d’assenza o morte presunta, sentenza definitiva d’annullamento del matrimonio o di separazione personale, annotazione della sentenza definitiva che pronuncia la cessazione degli effetti civili del matrimonio, sentenza dichiarativa del fallimento.

Questo non succede in caso di separazione giudiziale di beni, in quanto lo scioglimento retroagisce al momento della proposizione della domanda. In questo caso sono salvi i diritti dei

54

Page 55: Auletta-Diritto di famiglia

terzi, se la domanda risulta trascritta nei registri immobiliari dopo l'acquisto del diritto da parte del terzo.

Lo scioglimento della comunione legale, comportando mutamento del regime patrimoniale dei coniugi, deve essere sottoposto a pubblicità per l'opponibilità ai terzi, cioè deve essere sottoposta ad annotazione e trascrizione.

Per le convenzioni matrimoniali (esempio pattuizione del passaggio alla separazione dei beni oppure scioglimento del regime legale riguardo ad un bene) è prevista l'annotazione nell'atto di matrimonio. L’annotazione è prevista anche per le sentenze che dichiarano l'assenza o la morte presunta, l'annullamento la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la separazione personale dei coniugi, la separazione giudiziale dei vini.

Inoltre, lo scioglimento della comunione legale deve essere pubblicizzato, per quanto riguarda poi i singoli beni immobili o mobili registrati, mediante trascrizione nei registri immobiliari (articolo 2647): questa pubblicità è richiesta per rendere noto ai terzi i beni sono comuni, ma non più sottoposti alle regole della comunione legale.

Le cause di scioglimento della comunione, in alcuni casi, possono essere rimosse, come nel caso di chiusura del fallimento, di riconciliazione dei coniugi, e di ritorno dell'assente o del presunto morto. Il DPR 396/2000 stabilisce che vadano annotate nell'atto di matrimonio le sentenze che accertano l'esistenza in vita della persona o la dichiarazione dei coniugi di volersi riconciliare. In quest'ultimo caso la comunione legale non si ricostituisce automaticamente, in quanto significherebbe modificare automaticamente un regime già in atto come quello di separazione. Di conseguenza, per ripristinare il regime di comunione occorre un’apposita convenzione: l'effetto di questa si verificherà ex nunc, a meno che i coniugi non vogliano mettere in comunione anche i beni acquistati da ciascuno nel periodo di separazione.

Effetti immediati dello scioglimento della comunione legale: - l'acquisto, anche da parte dell'altro coniuge, dei beni comuni di residuo e la costituzione

sull'intero patrimonio, già in comunione legale, di un rapporto di comunione ordinaria: di conseguenza verranno meno le regole di amministrazione della comunione legale che le particolari sanzioni derivanti dalla violazione del divieto di alienazione della quota.

- si procede conteggi di dare avere tra patrimoni personali dei coniugi e patrimonio comune (rimborsi e restituzioni, articolo 192).

Ciascun coniuge deve rimborsare alla comunione:- le somme prelevate dal patrimonio comune per soddisfare esigenze individuali o del patrimonio

personale; - il valore dei beni alienati, mediante atti di straordinaria amministrazione stipulati abusivamente; - il valore dei beni comuni espropriati dei creditori personali ed il valore di quelli entrati a far parte

del patrimonio personale dell'altro coniuge, e in seguito all'espropriazione.

55

Page 56: Auletta-Diritto di famiglia

In questi ultimi due casi non si deve rimborsare niente alla comunione, se si dimostra che l'alienazione o l’obbligazione contratta sia risultata vantaggiosa per la comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia.

Ciascun coniuge ha diritto ad avere restituite dalla comunione le somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti a favore della comunione stessa.

Una volta operati conteggi, il coniuge che risulta debitore della comunione deve reintegrarlo in denaro; se questo non è possibile, l'altro coniuge ha diritto di prelevare una quota maggiore di beni per reintegrare la sua quota.

I prelievi, per l'art 192 ultimo comma, si effettuano prima sul denaro, poi sui beni mobili, infine sugli immobili.

I beni acquistati separatamente dai coniugi dopo la scioglimento della comunione legale entrano a far parte del loro patrimonio personale, mentre gli acquisti compiuti congiuntamente cadono in comunione ordinaria.

Inoltre ciascuno dei coniugi ha diritto a richiedere la divisione dei beni comuni, secondo i principi in tema di comunione ordinaria (articolo 1111). L'attivo e il passivo devono essere ripartiti in parti uguali.

Nel caso in cui il bene perisce per causa imputabile all'altro coniuge o sia uscito dal patrimonio per impossibilità di opporre al terzo la titolarità esclusiva dello stesso, il titolare del bene deve essere risarcito per la perdita subita.

Il tribunale dei minori può costituire, tenendo conto delle necessità della prole, un diritto di usufrutto, il cosiddetto usufrutto giudiziale, a favore del coniuge affidatario, su una parte dei beni già comuni spettante all'altro coniuge (art 194). Questo diritto può configurarsi come misura cautelare, che presuppone il pericolo che il coniuge non affidatario si sottragga al proprio obbligo di mantenimento dei figli, ma si vuole anche evitare che coniuge affidatario possa correre il rischio di dover anticipare il mantenimento dovuto dall'altro coniuge in seguito al suo inadempimento. In entrambe le situazioni, questa misura cautelare è collegata allo scioglimento della comunione legale, causato dalla crisi coniugale o dall'annullamento del matrimonio.

L'usufrutto giudiziale presenta caratteristiche simili a quelle dell'usufrutto legale: è indisponibile, si estingue con il raggiungimento dell'autonomia patrimoniale da parte di figli o per abuso nell'esercizio, presuppone l'utilizzazione dei frutti per soddisfare le esigenze di vita, ma manca una disposizione simile a quella dell'art 326, secondo cui i creditori, consapevoli che il loro diritto è sorto per ragioni estranee al soddisfacimento di bisogni familiari, non possono agire esecutivamente sui frutti prodotti per i beni vincolati all'usufrutto legale.

6.15: LA COMUNIONE CONVENZIONALE

56

Page 57: Auletta-Diritto di famiglia

Concetto e natura: la comunione convenzionale ricorre quando i coniugi pattuiscono di dare vita ad un regime di contitolarità di beni simile a quello della comunione legale, ma con caratteristiche sue proprie.

Per quanto riguarda l'individuazione del margine di autonomia che l'ordinamento concede alle parti, secondo alcuni viene consentito ai coniugi di introdurre alcune deroghe regime legale (si tratterebbe di una comunione legale modificata); secondo altri, si tratterebbe di un regime alternativo a questo, avente eventualmente caratteri anche profondamente diversi.

Questa distinzione ha grande importanza pratica in quanto, nel primo caso le parti non potrebbero introdurre clausole che comporterebbero cambiamenti nei caratteri fondamentali del regime comunitario (clausola con cui si pattuisce che gli acquisti successivi al matrimonio cadano in comunione di residuo e non in comunione immediata), cosa che invece potrebbe accadere nel secondo caso.

Inoltre, secondo la prima interpretazione, i coniugi nel determinare il contenuto della comunione convenzionale, potrebbero limitarsi ad indicare le deroghe apportate al regime legale, mentre prendendo in considerazione la seconda interpretazione, un tipo d’accordo come questo risulterebbe incompleto, in quanto si dovrebbe anche individuare la disciplina normativa alla quale fare riferimento per l'integrazione del contratto (comunione ordinaria o comunione legale).

Ad avvalorare la prima tesi, cioè quella che individua nella comunione convenzionale una disciplina volta a consentire solo limitate modifiche al regime legale, c'è soprattutto l'art 210 cod civ, che parla di modifiche alla comunione legale, mentre a favore della tesi che individua nella comunione convenzionale un regime autonomo, depongono la collocazione dell'istituto in una sezione autonoma del codice civile rispetto al regime legale e l'intestazione della medesima ("della comunione convenzionale"), la previsione dell'art 161 secondo cui i coniugi, nel rispetto dei limiti posti dall'art 210, possono stipulare convenzioni atipiche.

La dottrina prevalente è orientata a favore della prima interpretazione, anche se l'articolo 161 potrebbe consentire la stipula di convenzioni atipiche ai coniugi. Spetterà quindi all'autonomia degli sposi optare per una comunione coniugale del tutto atipica o per una comunione legale con delle modifiche fatte nei limiti dell'art 210, al fine di non stravolgere le linee fondamentali dell'istituto.

Contenuto della comunione atipica: nel determinare il contenuto della comunione atipica, i coniugi devono rispettare sempre i principi fondamentali dell'ordinamento: quindi non sono ammesse clausole discriminatorie rispetto ad uno dei coniugi.

Inoltre, è esclusa l'ammissibilità di una comunione universale perché la totale mancanza di un patrimonio personale potrebbe ripercuotersi sull'esercizio delle libertà fondamentali dell'individuo.

Contenuto della comunione legale modificata: sono inderogabili le disposizioni sulla comunione legale che riguardano:

- l'amministrazione e l'uguaglianza delle quote, riguardo ai beni che la legge comprende nella comunione stessa

57

Page 58: Auletta-Diritto di famiglia

- l'esclusione dalla comunione di beni d’uso strettamente personale, di quelli destinati all'esercizio della professione del coniuge, dei beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno e la pensione corrisposta per la perdita di capacità del lavoro.

- La responsabilità dei coniugi verso i creditori, personali e della comunione, perché non è consentito disporre di diritti altrui.

Sono ammesse alcune pattuizioni che riguardano l'oggetto della comunione, il quale può essere ampliato o compresso; inoltre, sono ammessi quei patti che consentono ai coniugi di mettere in comunione, dopo il matrimonio, i beni di cui ciascuno era titolare prima della celebrazione o che ha ricevuto per successione o donazione oppure che ha acquistato impiegando il ricavato dell'alienazione di beni personali.

Ovviamente, è vietato il conferimento in comunione di beni che provengono al coniuge da successione non ancora aperte, perché in contrasto col divieto dei patti successori, articolo 458.

Per quanto riguarda il divieto di inserire in comunione beni futuri, questo opera nei seguenti casi:

per una clausola con la quale si conferiscono beni di un coniuge non ancora entrati nel suo patrimonio

per una clausola con la quale si conferiscono beni che perverranno al coniuge futuro, per esempio da una futura donazione;

per il conferimento in comunione immediata dei frutti di beni personali e dei proventi dell'attività separata.

Ammessa entro certi limiti è la riduzione convenzionale dell'oggetto della comunione legale tramite l'esclusione di uno o più beni ad essa appartenenti oppure impedendo l'ingresso in comunione di beni che dovrebbero orientarvi.

Le clausole, però, non possono assumere connotati tali da alterare il principio di eguaglianza delle quote: quest’alterazione si verifica non solo in caso di partecipazione disuguale dei coniugi alla titolarità dei beni già entrati in comunione, ma anche qualora non venga rispettato il principio paritario degli acquisti.

Sono consentiti invece quelle clausole che alterano l'uguaglianza delle quote o deroga non le norme sull'amministrazione, quando sono relativi ai beni conferiti in comunione mediante la convenzione e quindi non rientranti fra quelli della comunione legale.

Pubblicità: la comunione convenzionale deve essere annotata nell'atto di matrimonio; inoltre, se essa comporta il trasferimento o la costituzione di diritti reali su immobili o mobili registrati da un coniuge all'altro o da un terzo ai coniugi, l'atto deve trascriversi ai sensi dell'articolo 2643.

Per l'opponibilità ai terzi occorre che l'acquisto venga trascritto a favore di ambedue i coniugi: infatti, non trattandosi di beni appartenenti ai coniugi prima del matrimonio, non si applica la regola di favore, che tutela il coniuge che non ha stipulato il negozio, di opponibilità ai terzi della contitolarità dell'acquisto anche se non trascritto suo favore.

58

Page 59: Auletta-Diritto di famiglia

Per l'articolo 2647, devono essere trascritti gli atti di esclusione dalla comunione di un bene che già vi è entrato e quelli con i quali s’impedisce l'ingresso nella comunione di un bene destinato ad essa in virtù della disciplina del regime legale.

Responsabilità: in linea generale, si applicano le stesse regole esaminate riguardo la comunione legale.

Tuttavia, nel caso in cui l'oggetto della comunione legale sia stato ampliato, comprendendovi anche beni appartenenti ai coniugi, i creditori in personali di ciascun coniuge, il cui credito è sorto prima del matrimonio, potranno assicurare il patrimonio comune per il valore dei beni suddetti senza dover esecutare prima il patrimonio personale.

Se l'ammontare del credito è maggiore, per la parte eccedente i creditori personali, il cui credito è sorto prima del matrimonio, restano assoggettati alle regole generali sulla responsabilità della comunione legale: cioè i creditori personali vengono posposti ai creditori comuni sui beni della comunione legale, mentre concorrono sullo stesso piano con gli altri creditori personali chirografari.

Scioglimento: le cause sono le stesse dello scioglimento della comunione legale. Sono però ammesse anche clausole volte ad eliminare alcune cause di scioglimento menzionate dalla legge, come per esempio la separazione personale, o ad includere altre non previste, come l'autorizzazione concessa ai coniugi di vivere temporaneamente separati.

CAPITOLO VII: L'IMPRESA FAMILIARE

7.1: NOZIONE DI IMPRESA FAMILIARE E FINALITÀ DELLA DISCIPLINA

59

Page 60: Auletta-Diritto di famiglia

L'impresa familiare è quell'impresa alla quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.

Secondo l'art 230 bis cod civ, i partecipanti hanno diritto al mantenimento, agli utili e agli incrementi dell'azienda.

L'impresa familiare è un istituto introdotto dalla riforma del diritto di famiglia, per garantire una tutela al lavoro prestato, di fatto, regolarmente dai familiari nell'ambito di un'attività d’impresa. Prima della riforma, infatti, queste prestazioni si presumevano gratuite se provenivano dai familiari conviventi, in quanto compiute per ragioni morali ed affettive; tuttavia, una remunerazione era prevista nell'ipotesi in cui l'attività di lavoro s’inquadrasse in un rapporto di comunione tacita familiare.

Con l'articolo 230 bis, è venuta meno la presunzione di gratuità del lavoro: di conseguenza adesso deve presumersi a titolo oneroso, se prestato in mancanza dei presupposti richiesti dalla norma.

Il rapporto di collaborazione continuativa nell'impresa non ricade sotto la norma in esame solo se è configurabile un diverso rapporto (esempio società di fatto, contratto di lavoro subordinato o autonomo. È, però, consentito stipulare un atto che regola il rapporto medesimo proprio attribuendo i diritti contemplati dall'articolo 230 bis.

7.2: NATURA E STRUTTURA DELL'IMPRESA E RESPONSABILITÀ PER I DEBITI

Secondo un'interpretazione dell'articolo 230 bis riguardo alle caratteristiche dell'impresa familiare ed alla sua struttura, questa norma si limita a disporre il trattamento riservato al familiare che presta attività di lavoro a favore di un’impresa, di cui è titolare un suo congiunto.

Di conseguenza, l'impresa familiare non è solo quella nella quale lavorano esclusivamente i familiari, ne è solo una piccola impresa, ma può anche essere media o grande; inoltre, essa può costituirsi per lo svolgimento di qualsiasi attività produttiva (impresa commerciale, artigianale, agricola...).

Controversa è anche l'interpretazione che riguarda la struttura dell'impresa familiare. Secondo una tesi largamente prevalente, il familiare che collabora nell'impresa non diventa per

quest’imprenditore, ma non può essere considerato neanche un prestatore di lavoro. La sua posizione, quindi, si avvicina a quella dell'associato in partecipazione. La titolarità dell'impresa spetta, invece, a chi assume l'organizzazione dell'attività all'interno del gruppo e compie all'esterno atti di gestione, assumendone, quindi, i relativi rischi.

Secondo questa tesi, quindi, solo l'imprenditore è illimitatamente responsabile per le obbligazioni d’impresa: perciò, solo lui rimarrà assoggettabile al fallimento. I familiari collaboratori rischiano invece solo le loro quote d’utili e incrementi, in quanto i creditori d’impresa possono soddisfarsi su tutto il patrimonio della stessa. I creditori personali del partecipante, invece, non possono esecutare il patrimonio d’impresa, limitatamente alla quota a lui spettante, ma possono solo pignorare gli utili distribuiti ovvero le somme corrisposte a liquidazione della quota di partecipazione.

60

Page 61: Auletta-Diritto di famiglia

Secondo un'altra tesi di minoranza, l'impresa familiare è un'impresa collettiva i cui componenti diventano coimprenditori, quindi illimitatamente responsabili per le obbligazioni d’impresa (con l'intero patrimonio personale) e assoggettabili a fallimento.

Una posizione diversa assume un altra dottrina che individua nell'impresa familiare " una società legale di lavoro familiare ", cioè una nuova figura societaria, fondata sulla solidarietà parentale. Secondo questa tesi è il gruppo familiare che svolge l'attività d’impresa e non i singoli partecipanti. Per quanto riguarda la responsabilità per i debiti di impresa, l'articolo 230 bis non dice niente: di conseguenza, si ritiene che i partecipanti rischia nel patrimonio di impresa, ma non il patrimonio personale a meno che abbiano contratto personalmente l'obbligazione. In quest'ultimo caso, il familiare è illimitatamente responsabile, anche se ha agito come amministratore della società; tuttavia non rimane esposto al fallimento.

7.3: REQUISITI DEI PARTECIPANTI

Per far parte dell'impresa familiare bisogna: 1. Essere coniuge, parente entro il terzo grado (figli, fratelli, zii), affine entro il secondo

grado (suoceri, cognati) del titolare; 2. Prestare attività lavorativa a vantaggio dell'impresa.1) per quanto riguarda il primo requisito, il rapporto familiare va riferito all'imprenditore. Se il lavoro viene prestato in un’impresa societaria di cui siano membri anche persone con il

quale il lavoratore non ha rapporto parentale, la disciplina dell'impresa familiare può ugualmente applicarsi, perché anche in questo caso la prestazione di lavoro non viene regolata contrattualmente, a causa dei legami familiari che uniscono il lavoratore al titolare di impresa.

Riguardo al convivente more uxorio, questo non viene considerato un parente, e quindi non viene considerato come appartenente al gruppo, il quale è costituito da persone legate da un vincolo familiare.

Il vincolo familiare, però, non dà diritto a far parte dell'impresa. Questa decisione sarebbe lasciata all'imprenditore, anche se si tratterebbe di una questione riconducibile alla gestione straordinaria che coinvolge gli interessi di tutti i partecipanti e che quindi non può essere sottratta alla decisione della maggioranza dei componenti dell'impresa. Spetterà quindi alla maggioranza manifestare l'opposizione contro l'attività di qualcuno che avesse cominciato a lavorare nell'impresa o nella famiglia dell'imprenditore. Senza questo posizione il familiare che entra a far parte dell'impresa, in quanto di fatto presta attività lavorativa secondo il dettato dell'articolo 230 bis.

2) partecipa all'impresa familiare colui che presta lavoro in maniera continuativa nell'impresa o nella famiglia. Pertanto non basta un’attività saltuaria, ma occorre che sia l'unica attività del soggetto.

61

Page 62: Auletta-Diritto di famiglia

Il lavoro nell'impresa può essere di qualsiasi tipo, purché non comporti l'esercizio di attività gestoria in proprio nome (altrimenti acquisterebbe la qualifica d’imprenditore).

Il lavoro nella famiglia può consistere non solo nel comune lavoro casalingo (fare faccende domestiche e curare la prole), ma anche in un’attività che comunque avvantaggerà la famiglia. Quest’attività costituisce titolo di partecipazione all'impresa familiare, solo se è collegata con l'attività dell'impresa stessa e finalizzata a realizzare con gli altri membri un programma economico che accresca la produttività dell'azienda. Quindi la prestazione deve eccedere il semplice dovere di contribuzione, che grava sui familiari conviventi, che deve tradursi in un accrescimento di produttività dell'impresa.

7.4: DIRITTI DEI PARTECIPANTI

I membri dell'impresa familiare hanno i seguenti diritti, generalmente inderogabili: a) mantenimento secondo le condizioni patrimoniali della famiglia; b) partecipazione agli utili di impresa, ai beni acquistati col loro impiego, agli incrementi

dell'azienda, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato; c) concorso delle decisioni relative alla straordinaria gestione; d) prelazione sulla azienda, in caso di alienazione o di divisione ereditaria. Quindi, questi diritti differenziano la posizione del familiare collaboratore e da quella del

lavoratore subordinato, in quanto nell'impresa familiare c'è un coinvolgimento dei partecipanti alle fortune dell'impresa.

a) dall'attività di lavoro, i partecipanti devono ricevere il necessario per soddisfare i bisogni di vita propri della loro famiglia. L'entità della prestazione dipende dall'intensità del bisogno (es: numero dei componenti della famiglia) e non dalla natura e dall'entità della prestazione lavorativa svolta. Secondo un’ampia corrente di pensiero, il titolare dell'impresa diventerebbe il debitore del mantenimento, a prescindere dall'esistenza di un’attività d’impresa in attivo. Tuttavia, quest’interpretazione introduce un’ingiustificata sperequazione tra il titolare dell'impresa ed i partecipanti, in quanto sul primo graverebbe il rischio dell’attività passiva (ai partecipanti verrebbe comunque garantito il mantenimento per), mentre tutti godrebbero dell'attivo eventualmente prodotto. Quindi, è più corretto ritenere che il mantenimento debba corrispondersi sull'attivo prodotto dall'impresa e che il tenore di vita da assicurare sia commisurato ad esso: in questo modo, tutti membri risentirebbero dell'andamento dell'attività.

b) dopo aver pagato i debiti d’impresa ed aver assicurata a tutti i familiari il mantenimento, ciò che rimane deve essere attribuito loro, sotto forma d’utili, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato da ciascun partecipe; secondo lo stesso criterio avviene la partecipazione agli incrementi aziendali.

L'imprenditore deve presentare annualmente il rendiconto per consentire ai familiari di controllare l'andamento dell'attività.

62

Page 63: Auletta-Diritto di famiglia

Per fini fiscali non può essere attribuita ai collaboratori una quota di utili complessiva superiore al 49%, mentre il restante 51% deve imputarsi all'imprenditore.

La sorte degli utili deve essere deciso dalla maggioranza: ciascun familiare è titolare di un diritto di partecipazione. Coloro che attribuiscono al rapporto di partecipazione all'impresa familiare una rilevanza meramente interna e riconoscono ai familiari collaboratori solo un diritto di credito sugli utili e sugli incrementi, da far valere nei confronti dell'imprenditore. A quest'ultimo, invece, spetterebbe la titolarità dei beni acquistati con gli utili non distribuiti e la decisione di distribuirli o meno, mentre alla maggioranza spetterebbe solo la decisione sulle modalità d’impiego degli utili non distribuiti.

Coloro che riconoscono i partecipanti la qualifica di coimprenditori e che configura l'impresa come società legale di lavoro familiare, ritengono che si costituisca una contitolarità sugli utili ed incrementi, oltre che sui nuovi acquisti.

A prescindere dalla soluzione accolta circa la titolarità dell'impresa, la ricostruzione dei diritti dei collaboratori come diritti di credito non trova fondamento nella legge.

Se il titolo per acquistare utili e incrementi è l'attività lavorativa svolta, essi compongono la quota di partecipazione che spetta a ciascun familiare, sulla quale il titolare dell'impresa non ha alcun potere. Per questo, ciascun familiare poteva per percepire direttamente gli utili di cui è stata dalla maggioranza deliberata la distribuzione oppure far valere la contitolarità sugli utili accantonati, pretendendo che le somme risultino identificabili a tal fine. In questa prospettiva, è egli è contitolare di beni acquistati con gli utili accantonati e, per quanto riguarda per i beni sottoposti a pubblicità, potrà pretendere l'intestazione anche a proprio nome dei beni già acquistati con l'impiego degli utili accantonati.

c) le decisioni riguardanti utili e incrementi e quelle inerenti alla straordinaria gestione, agli indirizzi produttivi e alla cessione dell'impresa, vengono prese da tutti membri dell'impresa a maggioranza, calcolata per numero e non per quote, compresi coloro che lavorano nella famiglia.

Spettano però esclusivamente l'imprenditore gli atti di disposizione dei beni aziendali di cui egli è titolare.

L'art 230 bis non precisa a chi spetta l'ordinaria gestione dell'impresa. Secondo coloro che attribuiscono all'impresa familiare una natura collettiva, la gestione ordinaria spetta a tutti i partecipanti disgiuntamente; secondo coloro che seguono la soluzione contraria, spetta invece all'imprenditore, senza possibilità dei partecipanti di privarlo dell'amministrazione con la delibera della maggioranza. Secondo questi ultimi, inoltre, le decisioni della maggioranza sulla straordinaria amministrazione avrebbero rilevanza solo all'interno del gruppo che avrebbe la funzione d’autorizzazione al compimento dell'atto. Questo significa che l'imprenditore nei rapporti con i terzi resterebbe libero di agire anche in maniera diversa, risarcendo il danno eventualmente sofferto dei partecipanti per la mancata attuazione della decisione presa dalla maggioranza. Questa soluzione

63

Page 64: Auletta-Diritto di famiglia

tutelerebbe il terzo che contratta con l'imprenditore, ma penalizza i partecipanti, se il terzo è a conoscenza che l'imprenditore gestisce un'impresa familiare. In questo caso, allora, il terzo dovrà verificare se l'atto stipulato dall'imprenditore è conforme alla decisione della maggioranza, pena la mancanza di responsabilità del patrimonio d’impresa.

d) i partecipanti all'impresa familiare hanno diritto di prelazione sull'azienda nel suo complesso o su una quota della stessa, nel caso in cui il familiare che nel è titolare contitolare intenda alienarla. Se invece il titolare è morto, i partecipanti suoi eredi possono pretendere che l'azienda venga inclusa, al momento della divisione, nella loro quota.

Quando il diritto di prelazione spetta a tutti i partecipanti può accadere che solo alcuni lo esercitano.

La disciplina è la stessa della prelazione ereditaria (732 cod civ): quindi, il diritto dev'essere esercitato entro due mesi dall'ultima notifica. In mancanza della notifica, il titolare della prelazione possono ottenere il risarcimento del danno.

Il familiare che non ha esercitato la prelazione ha diritto alla liquidazione in denaro di quello che gli spetta sull’azienda, cioè incrementi utili non percepiti.

7.5: CESSAZIONE DEL DIRITTO DI PARTECIPAZIONE ED ESTINZIONE DELL'IMPRESA.

Ogni membro dell'impresa familiare ha diritto a farne parte finché presta la propria attività lavorativa.

Tuttavia, poiché la posizione del partecipante all'impresa familiare è diversa da quella del lavoratore subordinato, non è ammissibile il licenziamento del partecipante in ipotesi in cui sarebbe, invece, consentito il licenziamento del lavoratore subordinato da parte del datore di lavoro. La decisione spetterebbe, secondo alcuni, alla maggioranza dei partecipanti, come atto di gestione straordinaria, e solo nel caso di gravi inadempienze. Secondo altra opinione, questa decisione spetterebbe all'imprenditore e potrebbe farlo anche mancanza di un grave inadempimento, salvo il risarcimento del danno a favore del familiare escluso illegittimamente.

La partecipazione all'impresa viene meno anche in seguito alla perdita del titolo familiare, come nel caso di divorzio. La crisi coniugale, quindi, può legittimare l'esclusione dall'impresa solo nel caso in cui il coniuge si sia reso responsabile di gravi inadempienze.

Ciascun partecipante ha sempre il diritto di recedere dall'impresa ed interrompere la propria prestazione lavorativa.

La cessazione della partecipazione all'impresa può dipendere anche dalla morte del familiare e dalla perdita della capacità di lavoro.

Una volta estinto il rapporto di partecipazione all'impresa, il familiare ha diritto alla liquidazione in denaro della propria quota, che può avvenire anche in natura e rateizzata. Il titolare può anche cedere ad un altro congiunto il suo diritto di partecipazione, ma per fare

64

Page 65: Auletta-Diritto di famiglia

questo serve il consenso di tutti gli altri membri, altrimenti l'atto di trasferimento è inefficace; sarà nullo se invece è stipulato a favore di un congiunto non ammesso a far parte dell'impresa.

L'impresa familiare si estingue nelle seguenti ipotesi: Morte dell'imprenditore Impossibilità di prosecuzione dell’attività Fallimento Venir meno della pluralità dei familiari Delibera assunta dalla maggioranza dei partecipanti. Dopo l'estinzione, ciascun partecipante diritto alla liquidazione della propria quota, senza

possibilità di rateizzazione, come invece sarebbe possibile in caso d’estinzione del rapporto di partecipazione all'impresa di un solo membro.

65

Page 66: Auletta-Diritto di famiglia

CAPITOLO VIII: LA SEPARAZIONE DEI CONIUGI

8.1: LA FATTISPECIE

La separazione personale costituisce un rimedio riservato ai coniugi dall'ordinamento, nel caso in cui il rapporto di coppia fosse entrato in crisi.

Il periodo della separazione può costituire un momento di pausa, per facilitare il superamento dei contrasti emersi e concludersi con la ripresa della convivenza, ma può anche rappresentare la soluzione definitiva della crisi, sfociando nel divorzio.

Ci sono due forme di separazione: quella giudiziale e quella consensuale . C'è poi la cosiddetta separazione temporanea, che non costituisce generalmente soluzione definitiva della crisi coniugale. In tutte queste ipotesi la separazione si dice legale, perché sancita dall'ordinamento in seguito all'intervento del giudice.

La separazione legale provoca la cessazione della comunione di vita fra i coniugi ed incide sui doveri matrimoniali, estinguendone alcuni e modificandone altri.

Diversa dalla separazione legale è la separazione di fatto, che si ha quando i coniugi decidono di separarsi senza ricorrere al giudice. Essa presuppone la volontà dei coniugi di far venir meno definitivamente la convivenza, cioè la comunione di vita coniugale, anche in mancanza di una pronuncia giudiziale.

8.2 SEPARAZIONE GIUDIZIALE

La separazione giudiziale scaturisce da una sentenza del giudice e presuppone il disaccordo dei coniugi sulla decisione stessa di separarsi.

66

Page 67: Auletta-Diritto di famiglia

Questa figura di separazione ha subito dopo la riforma profonde modifiche, in quanto sotto la disciplina previgente poteva pronunziarsi solo " per colpa ", cioè era una sanzione verso il coniuge responsabile della crisi.

Con la riforma, per la pronuncia della separazione, occorre che si siano verificati dei fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza dei coniugi o da arrecare grave pregiudizio all'educazione della prole. Con la riforma, quindi, l'attribuzione ad uno dei coniugi della responsabilità del fallimento matrimoniale è solamente eventuale e non è necessario presupposto della sentenza di separazione.

Per quanto riguarda il concetto di " intollerabilità della convivenza ", l'interpretazione prevalente sostiene che essa presuppone l'esistenza di circostanze che, per la loro particolare gravità, rendono oggettivamente gravosa la comunione di vita tra i coniugi. Di solito l'intollerabilità della convivenza dipende da una serie di atti o di fatti protratti nel corso della vita matrimoniale che assumono rilievo proprio nel loro complesso. Cause d’intollerabilità della convivenza potrebbero essere la sterilità o una grave malattia nervosa di un coniuge o il normale stato d’ubriachezza dello stesso, il continuo stato di tensione esistente nella coppia, le incomprensioni reciproche oppure la lunga durata della separazione di fatto.

L'intollerabilità della convivenza, quindi, sussiste anche quando nella vita di coppia non si sia potuto dare attuazione ad un valore ritenuto essenziale anche da uno solo dei coniugi.

La separazione, però, può anche essere richiesta per comportamenti di un coniuge gravemente pregiudizievoli per la prole, a prescindere dal fatto che essi abbiano reso intollerabile la convivenza con l'altro coniuge.

Se un coniuge vuole la separazione per ragioni futili o dipendenti da proprio comportamento lesivo di doveri coniugali, nessuno potrà imporgli la convivenza, ma qualora si allontani dalla casa coniugale si esporrà alle conseguenze derivanti dall’allontanamento ingiustificato e alle richieste dell'altro coniuge dell'addebito della separazione a suo carico.

L'addebito della separazione: può essere pronunciato dal giudice, quando l'intollerabilità della convivenza o il pregiudizio della prole scaturiscono da un comportamento cosciente e volontario dell'altro, in violazione di doveri matrimoniali.

Nel valutare il comportamento di un coniuge, bisogna tenere conto anche della condotta dell'altro coniuge, ma non è necessario che il coniuge responsabile della crisi abbia agito con l'intenzione di provocarla.

La separazione può essere addebitata ad ambedue i coniugi nel caso di violazioni reciproche dei doveri matrimoniali, tranne per quelle che si configurano come reazione immediata e proporzionata al torto ricevuto.

La separazione per intollerabilità della convivenza può mutare in separazione con addebito se i fatti imputabili siano successivi o conosciuti dopo la separazione stessa. Questa soluzione trova fondamento nel fatto che il coniuge con il proprio comportamento ha violato i doveri matrimoniali tra

67

Page 68: Auletta-Diritto di famiglia

coniugi separati e di conseguenza ha aggravato la frattura in atto, rendendo più difficile la ripresa della convivenza. Tuttavia, l’addebito trova giustificazione anche nel caso in cui un coniuge abbia aggravato una crisi già in atto, con conseguente modifica degli effetti della separazione. Inoltre la Cassazione ha stabilito che occorre accertare, per poter pronunciare l'addebito, il nesso di causalità tra intollerabilità della convivenza e violazione dei doveri coniugali: infatti, se l'intollerabilità già sussisteva al momento della violazione, la addebito non può essere pronunciato. Questo significa che i doveri coniugali cessano di esistere non al momento della separazione, ma dal momento in cui la convivenza è diventata intollerabile, anche se è ancora in atto.

La dichiarazione d’addebito comporta un allentamento più intenso del vincolo coniugale e la perdita o la riduzione, in danno del coniuge responsabile, d’alcuni diritti di natura patrimoniale, come il mantenimento o i diritti successori.

Il giudizio: il procedimento s’instaura su ricorso del coniuge al quale la convivenza è diventata intollerabile.

Il giudice competente è il tribunale del luogo di residenza o di domicilio del convenuto al momento della presentazione della domanda.

Il procedimento avviene in Camera Di Consiglio ed è obbligatorio l'intervento del pubblico ministero.

La prima fase del giudizio si svolge davanti al presidente del tribunale il quale deve sentire coniugi e deve tentare di conciliarli. Se non ci riesce egli può predisporre dei provvedimenti urgenti nell'interesse dei coniugi stessi e della prole. In seguito, il procedimento continua davanti al giudice istruttore e si conclude con sentenza del collegio, nella quale devono essere contenute nei provvedimenti riguardanti la prole e quelli relativi coniugi.

Il giudice, però, può far proprio l'accordo intervenuto fra i coniugi riguardo alcuni effetti della separazione, per cercare di smorzare il livello di conflittualità tra i coniugi e con sicuri vantaggi per la famiglia. Un ruolo rilevante in questo senso può rivestire la cosiddetta mediazione familiare, c'è l'intervento di un terzo che sia in grado di favorire il dialogo tra i coniugi.

Quando il procedimento deve continuare per consentire ulteriori accertamenti sui rapporti personali o patrimoniali tra i coniugi, il giudice può emettere sentenza di separazione.

Se nel corso del giudizio uno dei coniugi muore, il procedimento può continuare su iniziativa degli eredi, per far valere diritti patrimoniali già maturati.

Consentito è anche modificare una precedente richiesta d’addebito in separazione per intollerabilità della convivenza, così come è consentito chiedere la modifica in qualsiasi momento dei provvedimenti relativi coniugi e ai figli, se sono mutate le condizioni su cui esse si fondavano.

8.3: SEPARAZIONE CONSENSUALE

68

Page 69: Auletta-Diritto di famiglia

Essa presuppone l'accordo dei coniugi sulla decisione di separarsi e sulla regolamentazione dei rapporti reciproci e di quelli con i figli. L'accordo, quindi, dovrà disciplinare gli effetti tipici della separazione, contemplando la determinazione dell'assegno di mantenimento, l'affidamento e il mantenimento dei figli, l'attribuzione del diritto di abitare la casa familiare.

Se i coniugi non raggiungono un'intesa completa sul regolamento della separazione oppure esso risulti lacunoso, è ammissibile un intervento del giudice volto a completarlo solo se quest’incarico gli viene conferito da ambedue i coniugi.

L'accordo in questione è un negozio bilaterale di natura familiare, ma sarà produttivo d’effetti solo se accompagnato dal decreto di omologazione da parte del tribunale. Esso richiede la capacità di agire e non ammette rappresentanza.

Il procedimento inizia su ricorso di ambedue i coniugi o di uno solo (l'altro però deve essere consenziente). La prima parte del giudizio si svolge davanti al presidente del tribunale, il quale deve sentire i coniugi, prima separatamente e poi congiuntamente e tentare la conciliazione.

Se il tentativo non riesce, il presidente dispone i provvedimenti temporanei ed urgenti nell'interesse dei coniugi e della prole, poi rimette la causa al collegio. La giurisprudenza prevalente ammette un’eventuale revoca del consenso, da parte di uno dei due coniugi, intervenuta in quest'ultima fase, in quanto sostiene che, finché non interviene l'omologazione, l'accordo non è vincolante per mancanza di un elemento della fattispecie.

Il collegio può rifiutare l'omologazione quando il contenuto negoziale pregiudica gli interessi dei figli e quando contiene atti di disposizione relativi a diritti indisponibili. Le parti, per ottenere l'omologazione, dovranno in questo caso procedere alle modifiche indicate dal collegio.

Il decreto di omologazione è impugnabile in appello. Sono sempre possibili successive modifiche delle condizioni della separazione consensuale,

tramite un nuovo accordo oppure per intervento del giudice su richiesta di uno dei coniugi. 8.4: SEPARAZIONE TEMPORANEA

I coniugi possono essere autorizzati dal giudice a vivere temporaneamente separati quando tra di loro è in corso un giudizio di annullamento del matrimonio, separazione, divorzio . In questi ultimi due casi, la separazione temporanea può essere stabilita dal presidente del tribunale nell'interesse dei coniugi e della prole.

La separazione temporanea tende ad evitare che gli sposi debbano continuare una convivenza diventata difficile e penosa.

Tuttavia, sotto il profilo dell'assistenza materiale, il giudice può predisporre dei provvedimenti provvisori a favore del coniuge in difficoltà economica, liquidando un assegno di mantenimento e attribuendo, eventualmente, il godimento della casa familiare.

Si sostiene inoltre che, in caso di violazione del dovere di fedeltà, ai fini dell’addebito si deve tenere conto anche della situazione di fatto che si è creata tra i coniugi con la cessazione della convivenza:

69

Page 70: Auletta-Diritto di famiglia

quindi, anche in caso di separazione temporanea la violazione successiva di doveri matrimoniali può giustificare una pronuncia definitiva di addebito.

Il giudice deve anche disporre l'affidamento della prole e l'adempimento dell'obbligazione di mantenimento gravante sul genitore non affidatario.

8.5: SEPARAZIONE DI FATTO

La separazione di fatto può scaturire o dall'accordo o dalla decisione unilaterale del coniuge che viene manifestata all'altro.

Questo tipo di separazione è diverso dal cosiddetto allontanamento dalla casa familiare . Quest'ultimo presuppone la momentanea interruzione della convivenza per decisione unilaterale del coniuge: se questa decisione si fonda su ragioni apprezzabili dall'ordinamento, l'allontanamento ingiustificato, altrimenti si parla d’allontanamento ingiustificato. Da quest'ultimo scaturiscono gli effetti previsti dall'art 146, mentre dall’allontanamento ingiustificato c'è una limitata modificazione dei doveri matrimoniali: resta, infatti, sospeso il dovere di coabitazione, mentre rimane il dovere di contribuzione, che avviene con la corresponsione di un assegno di mantenimento a favore del coniuge bisognoso e per il soddisfacimento delle esigenze della prole.

La separazione di fatto può scaturire dall'allontanamento in due ipotesi: Se il coniuge abbandonato non richiama, entro un breve termine, l'altro coniuge, mostrandosi

consenziente alla situazione che si è venuto a creare; Se le ragioni che giustificavano l'allontanamento si protraggono nel tempo, creando una

situazione stabile di mancata convivenza. Nel caso di separazione di fatto i coniugi possono provvedere alla regolamentazione dei rapporti

reciproci e di quelli con la prole. Al genitore affidatario di figli spettano le decisioni della vita quotidiana e può pretendere dall'altro un assegno per il loro mantenimento.

Poiché la separazione si fonda su una volontà non espressa nelle forme previste dalla legge, ciascuno dei coniugi può pretendere il ripristino della convivenza matrimoniale, a meno che sussistano ancora i presupposti che giustificavano l'allontanamento (art146)..

A sua volta, l'altro coniuge può intraprendere il procedimento di separazione giudiziale se sussiste una situazione che renderebbe intollerabile la nuova convivenza. In ogni caso, la separazione di fatto può evolvere in separazione legale; se egli, invece, si limita a rifiutare il ripristino della vita coniugale, si espone alla richiesta d’addebito della separazione.

8.6: GLI EFFETTI DELLA SEPARAZIONE RISPETTO I CONIUGI: A) SUI RAPPORTI PERSONALI.

La separazione legale produce notevoli cambiamenti nei rapporti personali e patrimoniali tra i coniugi e in quelli tra genitori e figli.

70

Page 71: Auletta-Diritto di famiglia

Per quanto riguarda i doveri coniugali di coabitazione, collaborazione, assistenza morale e fedeltà, un'interpretazione di minoranza ne afferma l'estinzione completa. In realtà, si estingue solo il dovere di coabitazione, mentre il dovere di collaborazione rimane se ci sono figli minori.

Anche il dovere di assistenza morale non viene del tutto meno, in quanto connesso allo stesso vincolo matrimoniale. Peraltro, se è vero che viene meno il dovere al quotidiano sostegno morale dell'altro e a renderlo partecipe della propria vita, è anche vero che quello stesso sostegno può rendersi necessario in circostanze straordinarie e gravi, come per esempio una grave infermità.

Per quanto riguarda il dovere di fedeltà, questo si considera violato solo se ci sono comportamenti gravemente offensivi dell'onore e del decoro dell'altro coniuge: in particolare, quando si ostenta l'adulterio in manifestazioni pubbliche. In questa circostanza, quindi, il dovere di fedeltà si traduce in un dovere di rispetto dell'altro coniuge. Ovviamente questo dovere è molto attenuato, anche se non viene del tutto meno: infatti, è da escludere che un coniuge possa dare vita lecitamente ad una famiglia di fatto, in alternativa a quella legittima, fino allo scioglimento del matrimonio.

Altri effetti importanti che scaturiscono dalla separazione sono: Venir meno della presunzione del concepimento e per opera del marito del bambino partorito

dalla donna oltre 300 giorni dalla separazione e (232, comma 2) Possibilità per il coniuge separato di procedere " all'adozione in casi particolari ", senza che

l'altro coniuge divenga genitore adottivo Esclusione della possibilità per i coniugi di richiedere l'adozione legittimante Possibilità di chiedere al giudice la legittimazione di un proprio figlio naturale senza che occorra

il consenso del giudice separato Facoltà per il giudice di vietare alla moglie l'uso del cognome del marito qualora egli possa

subirne grave pregiudizio.

8.7: GLI EFFETTI DELLA SEPARAZIONE RISPETTO AI CONIUGI: B) SUI RAPPORTI PATRIMONIALI

Assistenza materiale: la separazione non fa venire meno il dovere reciproco degli sposi all'assistenza materiale, ma questo dovere subisce notevoli cambiamenti in seguito al venir meno della convivenza.

Il coniuge cui non è stata addebitata la separazione ha diritto a ricevere dall'altro un assegno di mantenimento, se non ha mezzi economici adeguati.

Il coniuge separato con addebito perde il diritto al mantenimento e può pretendere solamente la corresponsione di un assegno alimentare , se si trova in una situazione di bisogno.

Per ottenere l'assegno di mantenimento è necessario: 1. Stato di bisogno del coniuge richiedente : questo ricorre quando il coniuge non ha redditi o

sostanze da potere alienare per continuare a godere lo stesso tenore di vita del matrimonio. Lo stato di bisogno, però, non sussiste se il godimento del livello di vita matrimoniale è garantito al

71

Page 72: Auletta-Diritto di famiglia

coniuge da prestazioni adempiute regolarmente da altri soggetti, come il convivente, i genitori o altri parenti.

2. Possibilità economica dell'altro coniuge di corrisponderlo: il mantenimento deve essere prestato dal coniuge che ha risorse economiche sufficienti per garantire a se stesso, ai figli e all'altro coniuge il tenore di vita matrimoniale. In questo caso, occorre tener conto dei redditi e del valore delle sostanze di cui egli è titolare, oltre alle circostanze. Nel caso in cui il reddito dell'obbligato al mantenimento è insufficiente a garantire all'altro coniuge anche il tenore di vita alimentare, poiché è in pericolo il diritto fondamentale dell'altro coniuge ad un'esistenza dignitosa, il debitore dovrà adoperarsi per il soddisfacimento dei suoi bisogni, anche mutando l'utilizzazione delle proprie risorse. Inoltre, poiché l'obbligazione del mantenimento si colloca nell'ottica del dovere di contribuzione, il coniuge è tenuto, nell'adempiere, ad uno sforzo più intenso rispetto all'ipotesi in cui fosse debitore di soli alimenti legali, qualora venga messo in pericolo il soddisfacimento di bisogni essenziali di vita dell'altro coniuge.

La prova sulla condizione economica dei coniugi può essere data con ogni mezzo. Il diritto all'assegno di mantenimento sorge nel momento in cui si verificano i presupposti richiesti

dalla legge e comunque serve che sia intervenuto un provvedimento di separazione o che il procedimento sia in corso.

Il coniuge che fa valere la pretesa a ricevere l'assegno deve provare l'esistenza degli elementi costitutivi, cioè lo stato di bisogno della possibilità dell'obbligato.

Il creditore ha privilegio generale sui beni mobili del debitore. Se c'è pericolo che l'obbligato si sottragga all'adempimento, il tribunale può imporgli di prestare idonea garanzia reale (pegno, ipoteca) o personale (fideiussione). La sentenza di condanna al pagamento, per l'art 156 IV comma, costituisce titolo per l'iscrizione d’ipoteca giudiziale sui beni del debitore.

Se il coniuge tenuto alla prestazione dell'assegno è inadempiente l'altro può richiedere al giudice il sequestro di una parte dei suoi beni, ma c'è anche ammessa la distrazione di una parte dei redditi del coniuge inadempiente. In pratica, essa consiste nella cessione coattiva, a favore del coniuge titolare dell'assegno, della quota di un credito che l'obbligato ha nei confronti di un terzo. Al terzo deve essere notificato un ordine di procedere al pagamento direttamente al coniuge beneficiario della cessione. Il terzo potrà far valere nei suoi confronti le eccezioni opponibili all'originario creditore. Se il terzo risulta insolvente, il coniuge creditore del mantenimento potrà agire per l'adempimento nei confronti del coniuge debitore dell'assegno. Queste regole valgono anche per l'assegno di mantenimento liquidato in seguito a separazione consensuale.

Per evitare che l'assegno perda valore, possono essere disposte dal giudice delle clausole d’indicizzazione della somma. In mancanza di questa clausola, il creditore può potrà comunque chiedere al giudice l'adeguamento dell'importo originario per la svalutazione monetaria.

L'assegno di mantenimento può subire variazioni anche in seguito di altre circostanze: può essere aumentato se si aggrava lo stato di bisogno del creditore o migliorano le condizioni economiche

72

Page 73: Auletta-Diritto di famiglia

dell'obbligato; potrà essere diminuito se si attenuano i bisogni del creditore oppure se si deteriore la situazione economica del debitore.

Il diritto si estingue se coniugi si riconciliano, se si scioglie il matrimonio, se cessa lo stato di bisogno, se c'è impossibilità economica dell'obbligato.

Diritti Successori : il coniuge separato senza addebito gode degli stessi diritti successori di cui era titolare durante la convivenza matrimoniale: gli spetterà quindi come legittimario una quota in proprietà variabile a seconda che concorra con altri legittimati (1/2 se è l'unico legittimario,1/3 se concorre con un figlio,1/4 se concorre con più figli,1/2 se concorre con ascendenti ).

Al coniuge sono riservati anche i diritti d’abitazione sulla casa familiare e d’uso sui mobili che la corredano, se appartengono al defunto o sono comuni. Essi costituiscono un prelegato di legittima: di conseguenza il coniuge è allo stesso tempo legatario ed erede.

Al coniuge separato con addebito non sono attribuiti diritti sulla successione del defunto, tranne un assegno vitalizio, se al momento dell'apertura della successione godeva degli alimenti legali, trovandosi in una situazione di bisogno (548 cod civ).

L'ammontare dell'assegno non può eccedere quello goduto dal coniuge in precedenza a titolo di alimenti e deve essere proporzionato alle sostanze ereditarie, al grado di parentela col testatore e al numero degli eredi legittimi. L'assegno vitalizio alimentare ha natura assistenziale, ma ha anche natura successoria, in quanto conferisce diritti sulla successione del coniuge defunto: di conseguenza il coniuge separato con addebito verrà considerato un legittimario, in quanto l'assegno si configurerà come legato di legittima, per cui va calcolato tenendo conto di tutte le sostanze ereditarie.

Soggetti obbligati alla sua corresponsione sono gli eredi, legatari e i donatari, in proporzione al beneficio ricevuto.

Tutela previdenziale : la dichiarazione d’addebito estingue anche i diritti previdenziali a favore del coniuge superstite, tranne nel caso in cui godesse dell'assegno alimentare.

Per quanto riguarda la pensione di riversibilità, essa ha essenzialmente la funzione di assicurare la continuità dei mezzi di sostentamento che il titolare della pensione era obbligato a fornire.

Analogamente, il coniuge separato con addebito ha anche diritto di percepire l'indennità di fine rapporto, se godeva dell'assegno alimentare (2122 cod civ), maturata favore del coniuge defunto, solo se il primo godeva dell'assegno alimentare (2122 cod civ).

Diritti sulla casa familiare : al coniuge separato può essere riconosciuto il diritto di abitare la casa familiare.

Regime patrimoniale: vedi paragrafi 6.3, 6.14, 6.15

8.8: GLI EFFETTI DELLA SEPARAZIONE RISPETTO IL FIGLI.

73

Page 74: Auletta-Diritto di famiglia

Con l'interruzione della convivenza tra i coniugi, bisogna procedere all'affidamento della prole minorenne e alla determinazione dei diritti patrimoniali spettante al coniuge affidatario..

a) affidamento della prole minorenne: il criterio fondamentale per procedere all'affidamento è quello della tutela e dell'interesse della prole; l'affidamento è disposto solitamente in favore di uno solo dei genitori, per evitare di coinvolgere i figli nel conflitto della coppia.

Il giudice quindi potrà disporre l'affidamento congiunto, cioè ad ambedue i genitori, con conseguente assunzione di uguale responsabilità nel programma educativo, o quello alternato, cioè i figli sono affidati per un periodo dalla madre, per un'altra al padre.

Un altra soluzione è il ricorso all'affidamento a terze persone, cioè all'inserimento temporaneo del minore in una famiglia diversa da quella nucleare o alla affidamento ad un terzo, quando i genitori non risultano idonei a curare i figli oppure ci sono ragioni particolarmente gravi che lo giustificano.

La scelta del coniuge deve cadere sul genitore che sembra maggiormente idoneo dal punto di vista materiale, psicologico e affettivo e ad assicurare la tutela e lo sviluppo fisico, morale e psicologico del minore, garantendo un ambiente adeguato alle necessità dei figli.

Solitamente, l'ordinamento privilegia la affidamento materno. Il genitore non affidatario ha il diritto-dovere di visitare i figli e tenerli con sé per alcuni periodi

dell'anno, stabiliti dal giudice, a meno che questi rapporti possono danneggiare l'educazione e lo sviluppo psichico dei minori. Infatti, proprio l'interesse del minore è il criterio prevalente per regolare il diritto di visita.

L'esercizio della potestà spetta al coniuge affidatario per tutte le questioni della vita quotidiana, mentre l'altro coniuge deve controllare quest’esercizio e può sollecitare l'intervento del giudice, qualora ritenga che le decisioni del genitore affidatario siano pregiudizievoli per il figlio.

Tuttavia, devono essere prese congiuntamente dai genitori, quelle decisioni che coinvolgono interessi particolarmente rilevanti del minore. In questo caso, il coniuge affidatario dovrà informare l'altro sulla necessità di prendere una decisione in merito, per porlo in grado di esercitare effettivamente sui poteri: l'eventuale disaccordo sarà risolto dal giudice.

b) diritti patrimoniali spettante al coniuge affidatario: i coniugi separati restano obbligati al mantenimento dei figli: di conseguenza, il genitore non affidatario deve corrispondere all'altro un assegno, al fine di adempiere la propria obbligazione. Titolare dell'assegno è il genitore affidatario, anche se l'interesse tutelato dalla prestazione è quello di figli. La titolarità dell'assegno spetterà il genitore anche quando il figlio è diventato maggiorenne e non sia ancora in grado di provvedere da solo al proprio sostentamento: ovviamente servirà la legittimazione concorrente dei figli se la convivenza con il genitore continua oltre il raggiungimento della maggiore età.

Per assicurare la corresponsione dell'assegno, il tribunale ordinario potrà predisporre le stesse garanzie previste per l'assegno di mantenimento in favore del coniuge, cioè le garanzie personali o reali e, in caso d’inadempimento, il sequestro dei vini e la distrazione dei redditi dell'obbligato.

Anche in questo caso, i provvedimenti, di natura personale ed economica, riguardanti figli possono essere modificati, qualora cambino i presupposti su cui si fondava la decisione precedente.

74

Page 75: Auletta-Diritto di famiglia

8.9: ABITAZIONE DELLA CASA FAMILIARE

Il diritto di abitazione della casa familiare, in caso di separazione, spetta di solito, e dove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati figli, secondo l'art 155, comma 4.

Questo significa che il diritto può essere concesso solo quando un coniuge sia titolare del diritto di proprietà, di superficie o d’usufrutto sull'immobile oppure gode del bene in seguito ad un contratto di locazione o di comodato.

La casa familiare poi è l'immobile dove ha vissuto la famiglia normalmente e il diritto di abitazione comprende anche l'arredamento e tutto ciò che occorre per il normale godimento dell'immobile.

Il diritto di abitazione della casa familiare può essere concesso anche al coniuge non affidatario, come modalità di adempimento dell'obbligazione di mantenimento: quindi questo è possibile solo se viene liquidato l'assegno di mantenimento. Tuttavia, questo diritto concesso in queste circostanze non va inquadrato solo nell'ambito del diritto al mantenimento, ma assolve anche la specifica funzione di tutelare l'interesse del coniuge, particolarmente bisognoso, a non mutare ambiente di vita per ragioni di salute, di lavoro o di relazioni familiari.

La Cassazione, inoltre, ha affermato che l'interesse dei figli ad abitare la casa familiare deve essere posto in secondo piano quando non è proporzionato alla gravosità della soluzione per il genitore non affidatario. Per questo motivo, il giudice deve tener conto degli interessi del coniuge più debole.

L'attribuzione del godimento della casa familiare per soddisfare le esigenze dei figli comporta un sacrificio dei diritti del coniuge proprietario dell'immobile, in quanto viene privato del godimento stesso. Questo sacrificio però, viene giustificato dall'art 42 della Cost, il quale consente al legislatore ordinario di introdurre limiti al diritto di proprietà per assicurare la funzione sociale.

Controversa è la natura del diritto che si costituisce sulla casa familiare quando il coniuge non assegnatario non è proprietario : secondo alcuni si costituisce un diritto reale (diritto di abitazione sulla casa e diritto di uso sugli arredi), secondo altri si costituisce un diritto personale di godimento. La tesi seguita è quella sulla costituzione del diritto personale di godimento proprio del locatario, a favore del coniuge assegnatario della casa familiare, se l'altro coniuge era locatario della stessa o lo erano entrambi: infatti, il primo subentra nel contratto di locazione precedentemente stipulato dall'altro coniuge, oppure diventa esclusivo titolare del contratto, se è stato stipulato da ambedue. Questo problema assume rilevanza per stabilire l'opponibilità ai terzi del diritto di godimento. Infatti, l'inopponibilità tutelerebbe poco il coniuge assegnatario della casa, che potrebbe reagire, contro l'alienazione del bene, solo con un'azione di risarcimento del danno, cosa che sarebbe inappropriata rispetto all'interesse tutelato di effettivo godimento da parte del coniuge assegnatario del bene " casa familiare ". La nuova legge sul divorzio ha dato una soluzione soddisfacente al problema, stabilendo che l'assegnazione della casa è opponibile al terzo acquirente, se trascritta ai sensi dell'articolo 1599 cod civ. Lo stesso principio può essere applicato anche quando il diritto è attribuito al coniuge separato non affidatario. Il richiamo all'articolo 1599 è stato interpretato nel senso che la trascrizione è richiesta, ai fini dell'opponibilità ai terzi, non solo quando la durata del diritto è superiore ai

75

Page 76: Auletta-Diritto di famiglia

nove anni, ma questa soluzione limita la tutela del coniuge assegnatario, in quanto il diritto risulta sempre inopponibile se non trascritto.

Di conseguenza, la regola sarebbe questa: il diritto sulla casa familiare, entro il limite di nove anni, è opponibile ai terzi se risulta da un atto avente data certa; per l'opponibilità ai terzi della durata più lunga occorre procedere alla trascrizione. In ogni caso il diritto del terzo deve essere sorto dopo la costituzione del diritto sulla casa a favore del coniuge.

Le spese per il godimento del bene sono a carico dell'assegnatario. Anche i provvedimenti relativi all'abitazione sono soggetti a modifica e ad estinzione e vanno

pubblicizzati nei registri immobiliari.

8.10: LA RICONCILIAZIONE

La riconciliazione si ha quando i coniugi si accordano per far cessare la separazione. Questa può avvenire espressamente, mediante dichiarazione non sottoposta a particolari vincoli formali, o tacitamente, con la ricostituzione della famiglia. La dichiarazione espressa è soggetta d’iscrizione nell'archivio informatico del Comune.

Il consorzio familiare è considerato ricostituito quando vengono stabilmente ricostituiti la comunione spirituale e materiale.

La riconciliazione toglie rilevanza ai comportamenti tenuti dai coniugi nel periodo che la precedente ed interrompe il decorso del tempo per ottenere il divorzio. Una successiva richiesta di separazione dovrà fondarsi quindi su fatti accaduti dopo la riconciliazione stessa.

Nel caso in cui la riconciliazione intervenga in corso di giudizio, con conseguente abbandono della domanda di separazione già proposta, si ha solo l'estinzione del procedimento: di conseguenza, sarà sempre possibile proporre una nuova domanda, invocando le stesse ragioni poste a fondamento della prima.

8.11: LA SEPARAZIONE IN ITALIA DEI CONIUGI STRANIERI NELLA SEPARAZIONE DEI CITTADINI ITALIANI ALL'ESTERO

La separazione può essere pronunciata dal giudice italiano nei confronti dello straniero, se ricorre uno dei casi previsti dalla legge n. 218/95 (vedi 3.8).

Per quanto riguarda la competenza interna, si applicano gli articoli 706 e 711 c.p.c. (vedi 8.2 e 8.3). I presupposti, gli effetti d’ordine personale e patrimoniale della separazione sono regolati dalla

legge nazionale dei coniugi al momento della domanda o, in mancanza, dalla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata.

Se la legge straniera non prevede l'istituto della separazione, gli effetti sono disciplinati dalla legge italiana.

76

Page 77: Auletta-Diritto di famiglia

I cittadini italiani possono ottenere all'estero sentenza di separazione personale, anche se il loro matrimonio è stato celebrato in Italia. Essa produce effetto nel nostro paese, in presenza dei requisiti previsti dagli artt 64 e 65 della legge 218/95 (vedi 3.8).

CAPITOLO NONO: IL DIVORZIO

9.1: LE CAUSE

Fino a qualche decennio fa, l'unica causa di scioglimento del matrimonio era costituita dalla morte di uno dei coniugi, ma col trascorrere del tempo e l'evolversi dei costumi si è andata affermando l'idea che occorresse venire incontro a quelle coppie la cui comunione di vita e d’affetti risultasse ormai irrimediabilmente compromessa.

Con la legge 898/1970 è stato introdotto l'istituto del divorzio, in virtù del quale viene conferito al giudice il potere di pronunciare, su richiesta anche di un solo coniuge, lo scioglimento del matrimonio civile oggi dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario.

L'originaria disciplina ha subito inseguito rilevanti modifiche, volte soprattutto a tutelare il coniuge più debole.

Per giungere alla pronuncia di divorzio devono ricorrere i seguenti presupposti (art 1 legge div): Che, secondo la valutazione del giudice, la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non

possa essere mantenuta o ricostituita; Che la crisi coniugale dipenda da una delle cause tassativamente previste dalla legge (articolo

1 legge sul divorzio). Il divorzio può essere richiesto dal coniuge che ricorre una delle seguenti ipotesi: 1) condanna subita da un coniuge, dopo la celebrazione del matrimonio, anche per fatti commessi

in precedenza: a) All'ergastolo o ad una pena superiore a 15 anni per uno o più delitti non colposi b) A qualsiasi pena detentiva per alcuni delitti contro la moralità e il buon costume (incesto,

violenza carnale, ratto a fine di libidine o di matrimonio) o inerenti alla prostituzione (induzione, costrizione, sfruttamento, favoreggiamento)

c)A qualsiasi pena per omicidio volontario di un figlio oppure per tentato omicidio verso il medesimo o verso il coniuge

d) A qualsiasi pena detentiva per lesioni personali aggravate, violazione degli obblighi d’assistenza, maltrattamenti, circonvenzione d’incapaci, in danno del coniuge o di un figlio.

2) mancata condanna del coniuge per uno dei delitti previsti nelle lettere b) e c), a causa del suo totale vizio di mente o per estinzione del reato.

77

Page 78: Auletta-Diritto di famiglia

In questo caso, la domanda di divorzio è ammessa per la profonda difficoltà in cui si verrebbe a trovare il coniuge innocente nel continuare a condividere la vita con chi ha subito una condanna per un delitto particolarmente grave.

La conoscenza che il coniuge aveva avuto, prima del matrimonio, dei fatti delittuosi commessi dall'altro non preclude il divorzio, se la condanna è intervenuta dopo la celebrazione.

Legittimato ad agire è solamente il coniuge innocente. 3) separazione legale pronunciata nei confronti dei coniugi che protrattasi ininterrottamente

per tre anni. Il termine triennale decorre dalla comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale per il tentativo di conciliazione, nel corso del giudizio di separazione.

4) pronuncia definitiva di annullamento o scioglimento del matrimonio, ottenuta all'estero dal coniuge straniero; oppure celebrazioni, da parte sua, di un nuovo matrimonio, nei paesi in cui è ammessa la bigamia.

In questo modo si è voluto evitare che il coniuge italiano potesse subire gli effetti negativi che gli provenivano dall'iniziativa del coniuge straniero, volta a liberarsi dal proprio paese del vincolo matrimoniale o a contrarre uno nuovo mentre il cittadino italiano rimaneva vincolato dal matrimonio precedentemente contratto..

È stato così concesso al coniuge italiano un mezzo rapido e sicuro per recuperare la sua libertà di stato.

Di conseguenza, il divorzio non può essere concesso se è stato il cittadino italiano ad agire davanti al giudice straniero.

5) mancata consumazione del matrimonio dopo la sua celebrazione. Questa causa trova fondamento nella natura della vita matrimoniale, che si caratterizza anche

per l'unione degli sposi sotto il profilo sessuale. Legittimati all'azione sono ambedue i coniugi. 6) intervento di una pronuncia definitiva con la quale si procede alla rettificazione di

attribuzione del sesso. In questo caso lo scioglimento scaturisce automaticamente dal mutamento di sesso, in quanto viene

meno un presupposto essenziale del matrimonio, cioè la differenza di sesso dei coniugi. Rispetto alla disciplina precedente, il divorzio non si configura come una sanzione nei

confronti del coniuge colpevole, ma costituisce solo un rimedio contro l'irreversibilità della crisi coniugale.

9.2: IL PROCEDIMENTO

La normativa che disciplina il procedimento di divorzio ha come obiettivo fondamentale quello di giungere rapidamente alla decisione, per evitare l'aggravarsi della conflittualità tra gli sposi e per evitare di pregiudicare la posizione del coniuge più debole e dei figli.

78

Page 79: Auletta-Diritto di famiglia

Per questo motivo, la riforma dell'87 ha ridotto i termini di durata ed introdotto importanti novità, come un procedimento abbreviato, che può essere richiesto su domanda congiunta degli sposi (artt 4 e 23 legge div).

Il procedimento abbreviato presuppone un accordo delle parti sullo scioglimento del vincolo e una completa regolamentazione dei rapporti patrimoniali reciproci e della condizione dei figli (4 e 13 legge div). Non si tratta di un divorzio consensuale, in quanto il giudice deve comunque verificare la sussistenza di una delle cause previste dalla legge per giustificare lo scioglimento del matrimonio.

Il procedimento si svolge in camera di consiglio. Procedimento ordinario: è simile a quello di separazione giudiziale. Inizia su ricorso di un coniuge,

da notificarsi all'altra parte, il quale deve contenere anche l'esposizione dei fatti su cui la domanda si fonda. Il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti nei cinque giorni successivi a questa presentazione.

Giudice competente è il tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto alla residenza o domicilio. È obbligatorio l'intervento del pubblico ministero..

La prima fase del giudizio si svolge davanti al presidente del tribunale, il quale deve tentare la conciliazione dei coniugi e, se non ci riesce, emanare i provvedimenti temporanei nell'interesse dei coniugi ed i figli, i quali risultano immediatamente esecutivi.

I coniugi devono comparire personalmente, salvo gravi e comprovati motivi. Se la domanda di divorzio interviene dopo la pronuncia della separazione, questi provvedimenti

sono necessari solo perché l'assetto dei rapporti passati in fase di separazione non risponde più alla tutela degli interessi degli sposi e della prole.

La sentenza del collegio è impugnabile in appello e in Cassazione. La sentenza di primo grado, che dispone la corresponsione dell'assegno posto matrimoniale, è

provvisoriamente esecutiva e il giudice può stabilire che l'assegno sia dovuto al momento della domanda (mentre prima dell'87 l'assegno decorreva dal passaggio in giudicato della sentenza di divorzio).

La sentenza di divorzio può essere impugnata dai coniugi oppure dal pubblico ministero, nell'interesse dei figli minori con legalmente incapace.

Il procedimento di divorzio si estingue se sopraggiunge la morte di uno dei coniugi prima che venga pronunciata sentenza definitiva di scioglimento del matrimonio. Una volta diventata definitiva, la sentenza deve essere annotata nel registro dei matrimoni, a cura dell'ufficiale dello stato civile.

9.3: GLI EFFETTI PERSONALI

Con lo scioglimento del vincolo matrimoniale vengono meno tutti doveri coniugali. La moglie perde il diritto di usare il cognome del marito, ma il tribunale può sempre

autorizzarne la conservazione, se c'è un interesse meritevole di tutela di figli. Il diritto viene meno col

79

Page 80: Auletta-Diritto di famiglia

passaggio della donna a nuove nozze. Il diritto di usare il cognome del marito può fondarsi anche su principi che disciplinano lo pseudonimo, la ditta, il marchio.

In caso d’uso indebito, il marito può ricorrere ai rimedi generali per la tutela del nome, richiedendo la cessazione del fatto lesivo ed eventualmente risarcimento del danno.

Rapporti genitori-figli: operano in pratica gli stessi principi in tema di separazione: i genitori sono tenuti ad istruire, educare e mantenere la prole; la prole viene affidata al genitore che risulta più idonea a curarne gli interessi; è ammesso l'affidamento congiunto o alternato o, se i genitori non risultano idonei alla cura dei figli, il giudice può disporre l'affidamento familiare.

Il genitore non affidatario deve contribuire al mantenimento dei figli, corrispondendo all'altro genitore un assegno periodico: per assicurare il pagamento sono previste le stesse garanzie per l'assegno posto matrimoniale.

L'esercizio della potestà e l'usufrutto legale sui beni del minore spettano al genitore affidatario, mentre l'altro genitore deve controllare l'operato, rivolgendosi eventualmente al tribunale si ritiene che una determinata decisione possa risultare pregiudizievole per il minore..

In caso d’affidamento alternato o congiunto, l'esercizio della potestà spetta ad entrambi genitori: in questo caso troveranno applicazione le regole relative ai coniugi conviventi (vedi 11.3). Se il coniuge affidatario non rispetta le condizioni poste dal tribunale, ci può essere una revisione dell'affidamento se di suo comportamento risulta pregiudizievole alla prole.

9.4: GLI EFFETTI PATRIMONIALI: A) L'ASSEGNO POST MATRIMONIALE.

Il divorzio comporta grandi cambiamenti nei rapporti patrimoniale tra gli ex coniugi. Il coniuge divorziato ha i seguenti diritti:a) Assegno post matrimoniale b) Tutela previdenziale c) Assegno successorio a carico dell'eredità delle ex coniuge defunto d) Abitazione della casa familiare. 1) assegno post matrimoniale: esso ha subito grandi cambiamenti dopo la riforma del 87. Prima

della riforma, infatti, il giudice concedeva l’assegno tenendo conto delle condizioni economiche dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico che ciascun coniuge dava alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di entrambi.

Quindi, a seconda dei casi, l'assegno aveva funzione assistenziale (a), risarcitoria (b), compensativa (c).

Dopo la riforma, invece, quest’assegno può essere liquidato solo se il coniuge non ha mezzi adeguati. In più, il giudice deve tenere conto anche delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ogni coniuge alla conduzione familiare è della durata del matrimonio. Quindi l'assegno ha assunto ormai natura assistenziale, destinato ad aiutare l'ex coniuge che, dopo il divorzio, si è trovato in una situazione di difficoltà economica.

80

Page 81: Auletta-Diritto di famiglia

Gli altri criteri, invece, possono influire solamente sull'entità della somma da liquidare, ma non possono giustificare la concessione dell'assegno.

L’assegno post matrimoniale è diverso da quello concesso in precedenza al coniuge separato, anche se quest'ultimo dev'essere tenuto presente come parametro utile per valutare meglio la situazione economica dei coniugi.

Per stabilire in quali casi si può parlare di " mancanza di mezzi adeguati " da parte del coniuge che richiede l’assegno, molti sostengono che l'assegno post matrimoniale non deve consentire di continuare a godere lo stesso tenore di vita mantenuto durante la convivenza matrimoniale, ma deve assicurare solo un mantenimento dignitoso. In particolare, è carente di mezzi l'ex coniuge chi è privo di sostanze o di redditi e non può procurarseli in concreto con la propria attività lavorativa.

Per giudicare la possibilità dell'altro coniuge di corrispondere l'assegno, si deve far riferimento ai redditi e alle sostanze di cui egli è titolare, quindi anche ai beni improduttivi di reddito, oltre al fatto che si devono considerare anche le spese e le obbligazioni che gravano sul suo patrimonio.

Per accertare la condizione economica, le parti devono presentare in giudizio la denuncia dei redditi e qualsiasi altro documento utile. Se sorgono contestazioni il tribunale può disporre indagini mediante la polizia tributaria. Spetta, però, al coniuge che agisce in giudizio per ottenere l’assegno provare suo stato di bisogno e la possibilità dell'altro di corrisponderlo.

Se l'assegno deve avere anche natura risarcitoria, assumono rilevanza le ragioni che hanno causato lo scioglimento del matrimonio, cioè sia le ragioni da cui è scaturita l'intollerabilità della convivenza e la conseguente pronuncia di separazione legale, sia i comportamenti successivi, che hanno causato l'irreversibilità della crisi. Il giudice quindi potrà diminuire l'importo dell'assegno predisposto a favore del coniuge responsabile del divorzio oppure aumentare l’assegno suo carico da corrispondersi all'altro coniuge.

Il criterio compensativo comporta, invece, la possibilità di aumento della somma liquidata a favore del coniuge il quale, col proprio impegno personale o tramite propri beni, ha favorito l'arricchimento dell'altro coniuge.

Il fine il giudice dovrà tener conto della durata della convivenza coniugale, come elemento che comporta una maggiore o minore assuefazione del coniuge al godimento del tenore di vita matrimoniale.

Per quanto riguarda la decorrenza dell'assegno, con la disciplina introdotta nell'87, si è stabilito nella sentenza di primo grado che determina l'ammontare dell’assegno è provvisoriamente esecutiva riguardo ai provvedimenti di natura economica, ma il tribunale può anche stabilire che l'assegno decorra a partire dal momento della domanda giudiziale.

L’assegno di solito viene liquidato mediante una somma periodica. In questo caso, il giudice deve stabilire un criterio d’adeguamento automatico della somma, con riferimento agli indici di svalutazione monetaria.

81

Page 82: Auletta-Diritto di famiglia

Le parti, però, possono accordarsi anche per la corresponsione dell'assegno in unica soluzione, ma il tribunale deve verificare l'equità dell'importo pattuito. Questa modalità di pagamento ha il vantaggio di limitare il rischio d’inadempimento e non consente al percettore di avanzare successivamente pretese economiche nei confronti del coniuge adempiente.

Per assicurare la corresponsione dell'assegno il giudice può imporre all'obbligato la prestazione di una garanzia reale o personale se esiste pericolo d’inadempimento; egli inoltre potrà anche disporre il sequestro dei beni dell'obbligato. La sentenza che liquida l’assegno costituisce titolo per iscrivere ipoteca giudiziale. Il creditore ha privilegio generale sui beni mobili del debitore.

L’assegno può subire variazioni, sia per il mutato potere di acquisto della moneta, sia per il cambiamento della situazione di bisogno del creditore o delle condizioni economiche del debitore (la liquidazione dell'assegno è soggetta alla clausola rebus sic stantibus comune a tutte le prestazioni finalizzate a soddisfare i bisogni di vita della persona).

Il diritto all'assegno si estingue per morte di una delle parti, per impossibilità economica dell'obbligato, per cessazione dello stato di bisogno e per passaggio a nuove nozze del creditore.

9.5: B) TUTELA PREVIDENZIALE, DIRITTI SUCCESSORI, DIRITTI SULLA CASA FAMILIARE.

Tutela previdenziale: il coniuge divorziato ha diritto a godere del trattamento di riversibilità, cioè ha diritto a ricevere la pensione di invalidità o di vecchiaia spettante all'ex coniuge defunto e gli altri assegni aventi natura previdenziale (esempio: indennità di fine rapporto di lavoro).

Devono però ricorrere tre presupposti fondamentali: 1. Il rapporto di lavoro deve essere sorto prima della sentenza di scioglimento del matrimonio; 2. Il coniuge che la pretende non deve essere passato a nuove nozze; 3. Il coniuge deve essere titolare dell'assegno post matrimoniale (art 9, legge divorzio). In

particolare, questo collegamento tra assegno post matrimoniale e trattamento previdenziale si giustifica, perché occorre che il coniuge richiedente si trova in una situazione di disagio economico. Quindi il diritto a ricevere la pensione è autonomo rispetto a quello relativo all'assegno post matrimoniale e non rappresenta la continuazione.

L'ex coniuge diventa creditore dell'ente erogatore e l'assegno rimane sottoposto alla disciplina pensionistica (esempio: decorre dal mese successivo alla morte del coniuge che ne era titolare e il suo ammontare è sottoposto a perequazione automatica; operano le regole del cumulo...).

Se tra i soggetti aventi diritto al trattamento di riversibilità sopravvive solo l'ex coniuge egli avrà diritto a ricevere l'intera pensione, mentre se sopravvive anche il coniuge del defunto oppure una pluralità di ex coniugi, aventi i requisiti per ricevere la pensione, essa va ripartita tra tutti, in proporzione alla durata del matrimonio.

82

Page 83: Auletta-Diritto di famiglia

Il realtà, alcuni hanno sostenuto che la durata del matrimonio non è l'unico criterio, in quanto la ripartizione tra coniuge ed ex coniuge doveva avvenire in base ad un rigido calcolo matematico, mentre altri hanno ritenuto dover far riferimento anche alla situazione economica degli aventi diritto. La Cassazione era intervenuta per dirimere il conflitto e aveva optato per la soluzione che dava rilievo al solo criterio che della durata del matrimonio. La Corte Costituzionale, però, ha giustamente affermato che il giudice deve anche prendere in considerazione la condizione economica degli aventi diritto in funzione equilibratrice. Quest'ultima soluzione è maggiormente conforme all'art 9 n. 3 legge del divorzio, dove emerge che il giudice, nel ripartire la pensione, deve tener conto della durata del rapporto ma non decidere solo in base a quest’elemento.

Se sussistono altri soggetti aventi diritto al trattamento di riversibilità, la ripartizione a cui partecipa anche l'ex coniuge avviene secondo il criterio del bisogno fissato dall'art 2122 comma 2 cod civ.

Il diritto alla pensione si estingue con il passaggio a nuove nozze dell'ex coniuge. Indennità di fine rapporto di lavoro: il coniuge divorziato, a cui spetta l'assegno post matrimoniale,

ha diritto anche al 40% dell'indennità di fine rapporto di lavoro, percepita dall'altro coniuge dopo la sentenza di divorzio e relativa al periodo in cui rapporto di lavoro è coinciso col matrimonio.

Diritti successori: lo scioglimento del matrimonio provoca la perdita di tutti diritti che la legge attribuisce sulla successione dall'ex coniuge, tranne per un assegno di carattere alimentare a carico dell'eredità del coniuge defunto (legato ex lege). Ci devono essere, però, due elementi fondamentali:

a) L'ex coniuge sopravvissuto deve trovarsi in stato di bisogno al momento dell'apertura della successione

b) Deve essere stato riconosciuto all'ex coniuge il diritto all'assegno post matrimoniale e quest’assegno non dev'essere stato liquidato in un'unica soluzione.

Nel determinare l'assegno successorio, bisogna tener conto delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi, delle loro condizioni economiche. Esso ha nello stesso tempo natura assistenziale e successoria e rimane del tutto autonomo rispetto all'assegno post matrimoniale (assegno successorio va corrisposto in base alle sostanze ereditarie, l'assegno post matrimoniale in base ai redditi dell'obbligato).

L'assegno può essere corrisposto periodicamente oppure, su accordo delle parti, anche in unica soluzione, con conseguente estinzione di qualsiasi eventuale pretesa futura. Analogamente all’assegno post matrimoniale, l'assegno periodico è soggetto a variazioni.

Il diritto si estingue per il passaggio a nuove nozze dell'obbligato o per cessazione dello stato di bisogno del titolare, ma sorgerà nuovamente se si ripresenta questo stato (articolo 9 bis, legge divorzio).

Diritti sulla casa familiare: al coniuge divorziato può essere riconosciuto il diritto di abitare la casa familiare. Questa è una novità introdotta dalla riforma dell'87 (art 6, n.6, legge div).

83

Page 84: Auletta-Diritto di famiglia

Questo diritto spetta di preferenza al coniuge affidatario dei figli o con il quale convivono i figli oltre la maggiore età. Bisogna però tener conto anche delle esigenze del coniuge più debole, per cui il diritto può essere riconosciuto anche al non affidatario, se il suo bisogno risulta prevalente.

Questo diritto può modificarsi in seguito al cambiamento della situazione delle parti, mentre si estingue con il passaggio a nuove nozze del coniuge oppure in seguito a pronuncia del giudice che accerta il venir meno delle ragioni su cui si fondava l'attribuzione in godimento, nonché il venir meno del titolo su cui si fondava il godimento del coniuge non assegnatario (es: scadenza del termine della locazione).

9.6: DIVORZIO E NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO. RILEVANZA IN ITALIA DELLE PRONUNCE STRANIERE DI SCIOGLIMENTO DEL

MATRIMONIO.

Se il divorzio viene pronunciato in Italia nei riguardi di coniugi stranieri o di diversa nazionalità oppure viene pronunciato all'estero e debba produrre effetti in Italia, troveranno applicazione le stesse regole esaminate in materia di separazione (8.11).

Il divorzio potrà essere pronunciato dal giudice italiano nei casi previsti dalla legge n. 218/1995 (vedi 3.8).

I presupposti, gli effetti personali e patrimoniali saranno regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda; in mancanza troverà applicazione la legge dello stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata. I rapporti con i figli sono disciplinati dalla legge nazionale di questi ultimi.

Se la legge straniera non prevede il divorzio, gli effetti sono stabiliti in base alla legge italiana e (art 31, legge 218/1995).

La sentenza straniera di scioglimento del matrimonio può produrre effetti in Italia se ricorre uno dei casi previsti dagli artt 64-65 legge n. 218/1995 e può che essere presentata all'ufficiale di stato civile per la relativa annotazione.

Si parla di contrasto con i principi d’ordine pubblico, cosa che non consente alla sentenza straniera di avere effetti in Italia, quando il divorzio non costituisce rimedio ad una crisi obiettivamente insanabile: per esempio quando si fonda su ragioni discriminatorie, come ripudio, oppure quando pace esso è stato pronunciato senza previo accertamento dell'irreversibilità della crisi.

Se la sentenza straniera di divorzio non può avere effetto in Italia, il coniuge italiano è comunque legittimato ad ottenere una pronuncia autonoma da parte del giudice italiano (art 3, n 2, lettera e legge divorzio).

Regole peculiari, per il riconoscimento del divorzio straniero, sono state introdotte dalla Convenzione dell'Aja del 1.6.1970 (vedi 8.11). In particolare, se i coniugi sono entrambi cittadini italiani, occorre che il giudice straniero abbia applicato la nostra legge o comunque che l'applicazione

84

Page 85: Auletta-Diritto di famiglia

della legge straniera non conduce a risultati diversi da quelli che si sarebbero raggiunti se fosse stata applicata la legge italiana.

CAPITOLO DECIMO: FILIAZIONE: COSTITUZIONE SOSTANZIALE E FORMALE DEL RAPPORTO

10.1: CONCETTO DI FILIAZIONE E CRITERI DI COSTITUZIONE DEL RAPPORTO

La filiazione è il rapporto che s’instaura tra due soggetti uno dei quali dicesi genitori e l'altro figlio. Ci sono due tipi di filiazione: la filiazione di sangue, nella quale il genitore è colui che, mediante il proprio contributo genetico funzionale, ha provveduto al concepimento e alla procreazione di un’altra persona, e la filiazione adottiva, quando il rapporto sorge per intervento del giudice.

Il processo che caratterizza la generazione non sempre permette di stabilire con certezza l'autore del concepimento. L'individuazione della madre è facilitata dalla presenza di eventi difficilmente occultabili, come la gravidanza e il parto: per questo, colei che ha partorito si ritiene che abbia concepito anche il bambino. Più difficile è, invece, l'identificazione del padre. Per facilitare questa prova l'ordinamento ha posto

due presunzioni: la presunzione di paternità è quella di concepimento. Nella presunzione di paternità, viene ritenuto padre del bambino il marito della donna che l'ha

partorito, purché la nascita o il concepimento siano avvenuti durante il matrimonio. Con la seconda presunzione, l'ordinamento cerca di stabilire il tempo in cui è avvenuto il

concepimento: esso si colloca nell'arco di tempo compreso tra 300 e 180 giorni prima della nascita. Per questo, si presume che il concepimento si compie durante il matrimonio, se la nascita del bambino è avvenuta almeno 180 giorni dopo la celebrazione del matrimonio e non oltre 300 giorni dallo scioglimento l'annullamento del matrimonio o della separazione dei coniugi.

Nessuna presunzione è prevista quando la donna non è unita in matrimonio, perché manca il vincolo che rende probabile generazione da parte del marito: di conseguenza, si dovrà provare la paternità e la maternità se manca il riconoscimento spontaneo del figlio da parte dei genitori.

Questi principi sono stati messi in crisi dalle moderne pratiche di fecondazione artificiale. In particolare, il problema più importante è quello di stabilire se, nella fecondazione eterologa (cioè con seme del donatore), la paternità vada attribuita a chi ha fornito il seme o al marito della partoriente il quale intendeva avere con questa tecnica un figlio proprio, in quanto si è assunto la responsabilità della procreazione.

Problematica è anche l'individuazione della madre, nel caso di ricorso alla pratica del FIVET, che si ha quando l'embrione, concepito in vitro da una coppia, viene trasferito in un'altra donna, affinché questa provveda alla gestazione e al parto, per poi restituirlo alla copia stessa.

85

Page 86: Auletta-Diritto di famiglia

Un problema analogo si pone quando la cosiddetta madre portante fornisce anche l'ovulo e il patrimonio genetico, mentre la fecondazione artificiale avviene utilizzando il seme del marito di un'altra donna, al fine di consentire alla coppia sterile di avere una discendenza.. In quest'ultima ipotesi in la maternità viene attribuita senz'altro alla madre portante, in quanto fornisce tutte le funzioni proprie della gestazione (patrimonio genetico e gestazione).

10.2: FILIAZIONE LEGITTIMA E NATURALE.

Lo stato familiare di figlio e di genitore implica l'insieme dei diritti dei doveri che scaturiscono dal rapporto di filiazione.

Anche dopo la riforma del 75, l'ordinamento ha mantenuto la distinzione tra figli legittimi e naturali. Sono figli legittimi quelli creati dei genitori nei periodi in cui erano tra loro uniti in matrimonio; sono naturali i figli nati fuori del matrimonio.. Questi, a loro volta, possono essere riconoscibili o non riconoscibili, a seconda che nei loro confronti sia consentito o meno l'accertamento formale del rapporto di filiazione.

Non riconoscibili sono solo i figli incestuosi, cioè coloro che sono generati da parenti o affini in linea retta oppure da fratelli e sorelle. Il riconoscimento è, però, consentito se il genitore era in buona fede, cioè se ignorava al momento del concepimento l'esistenza del vincolo incestuoso.

La riforma del diritto di famiglia ha ridimensionato le differenze di trattamento tra figli legittimi e figli naturali riconoscibili, tenendo conto dell'art 30 Cost che dichiara che " la legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti della famiglia legittima ". Quest’incompatibilità sussiste quando la tutela del figlio naturale finirebbe col pregiudicare l'unità della famiglia legittima.

Le differenze riguardano essenzialmente i criteri d’accertamento del rapporto, la disciplina per l'attribuzione del cognome, il diritto di commutazione nella successione ereditaria, l'ingresso del figlio naturale nella famiglia legittima del genitore.

Tuttavia, un trattamento peggiore è riservato ai figli non riconoscibili, i quali non sono titolari di uno stato familiare.

Diritto internazionale privato: il figlio generato da genitori stranieri ha lo stato che gli viene riconosciuto dalla sua legge nazionale al momento della nascita.

È legittimo il figlio considerato tale dalla legge del paese di cui uno dei genitori è cittadino al momento della nascita (art33, legge 218/1995).

10.3: ACCERTAMENTO FORMALE E PROVA DELLA FILIAZIONE

86

Page 87: Auletta-Diritto di famiglia

L'accertamento formale del rapporto di filiazione è assicurato dall'atto di nascita, che è il mezzo privilegiato di prova.

L'atto di nascita viene formato dall'ufficiale dello stato civile su dichiarazione di uno dei genitori o di un procuratore speciale nominato dei genitori oppure da una persona che ha assistito al parto.

Questa dichiarazione deve essere resa entro dieci giorni dalla nascita all'ufficiale di stato civile del comune nel cui territorio è avvenuto il parto oppure nel comune di residenza dei genitori.

Se questi termini non vengono rispettati, l'ufficiale di stato civile deve provvedere alla formazione tardiva dell'atto di nascita, indicandone le ragioni.

Invece, nel caso in cui la dichiarazione non è stata fatta neppure tardivamente o manca del tutto il documento di attestazione della nascita, l'ufficiale di stato civile dovrà informare il procuratore e redigere l'atto di nascita al termine del procedimento di rettificazione.

Se la donna che ha partorito è sposata, nell'atto di nascita l'ufficiale di stato civile deve indicare come padre del bambino il marito di lei. Questo non avviene se viene reso una dichiarazione di nascita secondo la quale autore del concepimento è una persona diversa dal marito. Infatti, poichè è venuto meno il divieto di riconoscere i figli adulterini, chi è sposato può riconoscere il figlio generato con persona diversa dal proprio coniuge. Quindi, in questo caso, la presunzione di paternità non trova applicazione se la legittimità del figlio è esclusa dal genitore dichiarante al momento della redazione dell'atto di nascita: si formerà quindi un atto di filiazione naturale.

Se la donna che ha partorito non è sposata, nell'atto di nascita può essere menzionato solamente il genitore che riconosce il figlio; se nessuno dei due genitori provvede al riconoscimento, il bambino rimarrà figlio d’ignoti.

In assenza dell'atto di nascita per mancata iscrizione nel registro delle nascite, per dissoluzione o per smarrimento, la prova della filiazione può essere fornita attraverso il cosiddetto " possesso di stato" per protratto nel tempo.

Il possesso di stato risulta da una serie di situazioni che nel complesso dimostrano le relazioni di filiazione di parentela tra una persona nella famiglia a cui essa pretende di appartenere.

Per il possesso di stato di figlio legittimo devono ricorrere i seguenti fatti: a) nome, cioè la persona deve aver portato il cognome del preteso padre; b) il trattamento, cioè i genitori devono averlo trattato come figlio, provvedendo alle sue esigenze; c) la fama, cioè deve essere stato considerato come il figlio dei presunti genitori nei rapporti sociali

che nell'ambito della famiglia. Per il possesso di stato di figlio naturale è sufficiente che ricorrano i requisiti b) e c) e la

fama può riguardare anche un numero limitato di persone. Se manca anche il possesso di stato, la prova della filiazione può essere fornita mediante testimoni o

altri mezzi, purché ci sia un principio di prova scritta (241 cod civ).

10.4: LE AZIONI DI STATO: A) DISCONOSCIMENTO DELLA PATERNITÀ

87

Page 88: Auletta-Diritto di famiglia

Se dall'atto di nascita risultano informazioni false, è sempre possibile ottenere la modifica ricorrendo all'accertamento pubblico o privato della filiazione.

L'accertamento pubblico avviene con l'esercizio delle cosiddette azioni di stato. Le azioni di stato relative alla filiazione legittima sono il disconoscimento di paternità, la

contestazione della legittimità, il reclamo della legittimità; le azioni relative alla filiazione naturale sono la dichiarazione di paternità o di maternità, l'impugnazione del riconoscimento. Costituisce accertamento privato della filiazione il riconoscimento del figlio naturale. Con la legittimazione, si può conferire ad un figlio naturale lo stato di figlio legittimo. Alcune azioni, quindi, hanno la funzione di far venir meno lo stato di filiazione non spettante alla

persona (disconoscimento e contestazione di legittimità per la filiazione legittima; l'impugnazione del riconoscimento per la filiazione naturale).

La persona che è già in possesso dello stato di figlio per poterne reclamare un altro deve prima agire per rimuovere il precedente. Diritto internazionale privato: queste azioni possono essere iniziate davanti al giudice italiano nel

caso in cui: -uno dei genitori è cittadino italiano o risiede in Italia -il figlio è cittadino italiano o risiede in Italia -il convenuto ha il domicilio o un rappresentante autorizzato a stare in giudizio in Italia Il giudizio riguarda situazioni o rapporti nei quali è applicabile la legge italiana.

AZIONE DI DISCONOSCIMENTO DELLA PATERNITÀ: può essere esercitata se il marito della donna che ha partorito, menzionato nell'atto di nascita come padre del bambino, in realtà non lo è.

La disciplina dell'azione è diversa a seconda che la nascita avvenga entro 180 giorni dalla celebrazione del matrimonio o in un momento successivo.

Nascita entro 180 giorni: poiché è verosimile che il concepimento sia avvenuto per opera del futuro marito, opera ugualmente la presunzione di paternità, ma in maniera più attenuata, in quanto c'è comunque un certo margine di possibilità che la generazione sia avvenuta per opera di un altro uomo.

Chi agisce deve comunque provare che il marito non è l'autore del concepimento. Nascita dopo 180 giorni dalla celebrazione del matrimonio: in questo caso la presunzione di

paternità opera con maggiore forza. L'azione di disconoscimento, è ammissibile solo in alcune circostanze: se si prova che nel periodo del concepimento, compreso tra i 300 e i 180 giorni antecedenti alla nascita si è verificato uno dei seguenti fatti:

I genitori non hanno convissuto Il marito era affetto da impotenza La moglie ha commesso adulterio La moglie ha tenuto celata al marito la gravidanza e la nascita del figlio.

88

Page 89: Auletta-Diritto di famiglia

Nelle prime due ipotesi, è necessario che la situazione impeditiva si sia protratta per tutto il tempo del concepimento.

Chi agisce con quest’azione, deve anche provare che il marito non è l'autore del concepimento: a tal fine non basta la dichiarazione della moglie di aver commesso adulterio, ma particolare efficacia hanno la prova genetica e quella ematica.

Legittimati attivi: padre, madre, figlio maggiorenne o, se minore di età, un curatore speciale nominato su richiesta del figlio che abbia almeno 16 anni o su richiesta del pubblico ministero, se i figli ha meno di 16 anni.

L'azione deve essere esercitata, a pena la decadenza: a) dal marito, entro un anno dalla nascita o dal suo ritorno nel luogo di nascita o di residenza della

famiglia se era stato lontano o comunque dal momento in cui è venuto a conoscenza dell'adulterio o dell’incapacità di generare.

b) dalla madre, entro sei mesi dalla nascita o dalla conoscenza dell'incapacità di generare del marito;

c) dal figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età o, successivamente, a da quando è venuto a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento.

In caso di morte di uno dei legittimati, prima della scadenza del termine per l'impugnazione, l'azione si trasmette ai discendenti e agli ascendenti del presunto padre o della madre; al coniuge o ai discendenti del figlio.

Legittimati passivi: il padre, la madre e il figlio o un curatore speciale nominato nell'ipotesi d’incapacità. In caso di morte la legittimazione passiva si trasmette agli stessi soggetti a cui si trasferisce la legittimazione attiva e, in mancanza, ad un curatore speciale.

Come per tutte le azioni di stato, è previsto l'intervento obbligatorio del pubblico ministero. Effetti: Con la sentenza di disconoscimento si estingue lo stato di filiazione legittima: di

conseguenza viene eliminata dall'atto di nascita la menzione della paternità del marito, mentre riguardo alla maternità non avviene nessun cambiamento. La persona, quindi, risulterà iscritta nell'archivio informatico dello stato civile come figlio naturale della donna e di padre ignoto.

10.5: B) CONTESTAZIONE DELLA LEGITTIMITÀ.

Quest’azione può esercitarsi quando si vuole rimuovere lo stato di figlio legittimo, risultante dall'atto di nascita e non rispondente al vero e cioè:

a) quando la donna indicata come madre non è tale in realtà; b) quando i genitori non sono uniti tra loro in matrimonio, perché non lo hanno celebrato oppure

perché è stato annullato per bigamia o incesto e coniugi erano in malafede. c) quando il figlio è nato dopo 300 giorni dalla annullamento o scioglimento del matrimonio,

oppure dalla separazione legale. Il convenuto però potrà provare la durata eccezionalmente lunga della

89

Page 90: Auletta-Diritto di famiglia

gravidanza oppure che, nonostante la separazione personale, il concepimento è opera del marito della donna. In questi casi, infatti, il figlio è legittimo perché concepito durante il matrimonio.

Legittimati attivi: sono coloro che risultano come genitore dall'atto di nascita; chiunque è portatore di un interesse attuale e direttamente tutelato dall'ordinamento.

Legittimati passivi: il figlio e i genitori. In caso di morte o d’incapacità, la legittimazione si trasmette agli stessi soggetti ai quali si trasmette l'azione di disconoscimento.

L'azione è imprescrittibile. Pubblicità ed effetti: La pronuncia che accerta la fondatezza dell'azione è sottoposta ad annotazione

e trascrizione e produce i seguenti effetti: -ipotesi a): il viene meno la maternità della donna menzionata nell'atto di nascita e quindi anche la

paternità del marito: quindi i genitori sono ignoti. -ipotesi b): il soggetto diventa figlio naturale riconosciuto degli stessi genitori indicati nell'atto di

nascita, a meno che l'invalidità del matrimonio dipenda da incesto. In questo caso, infatti, non è ammesso l'accertamento formale della filiazione.

-ipotesi c): è esclusa la paternità del marito della partoriente, per cui il soggetto diventa figlio naturale solo della donna, salvo il riconoscimento da parte del vero padre.

10.6: C) RECLAMO DELLA LEGITTIMITÀ

L'azione di reclamo della legittimità costituisce, a favore di una persona, lo stato di filiazione legittima, che non risulta dall'atto di nascita.

Questo può accadere in vari casi, come per esempio quando il soggetto è stato dichiarato figlio naturale dei propri genitori sposati tra di loro o figlio di genitori ignoti, quando nell'atto di nascita è menzionato un solo genitore, quando la persona risulta registrata come figlio legittimo di genitori diversi dei propri, quando c'è stato un falso riconoscimento da parte di un uomo diverso dal marito della donna. In queste ultime due ipotesi occorre tra l'altro rimuovere prima lo stato di figlio legittimo o di figlio naturale risultante dalla nascita.

La legittimazione attiva spetta:a) al figlio o ai suoi discendenti se è morto senza esercitare l'azione prima dei 23 anni; se il figlio è

incapace potrà agire un suo rappresentante legale o un curatore appositamente nominato dal giudice. b) coloro che assumono di essere genitori. Legittimati passivamente sono i pretesi genitori, ma anche il figlio e coloro che sono menzionati

come genitori nell'atto di nascita.

90

Page 91: Auletta-Diritto di famiglia

L'attore può ricorrere ai mezzi di prova per dimostrare la fondatezza delle proprie pretese, ma con i relativi limiti (vedi 10.3), mentre il convenuto, nel resistere, non incontra nessuna limitazione (243 cod civ).

L'azione è imprescrittibile sia per il figlio sia per gli altri legittimati. Pubblicità: La sentenza che accerta la fondatezza della pretesa è sottoposta ad annotazione e

trascrizione.

10.7: RICONOSCIMENTO DEL FIGLIO NATURALE

Il riconoscimento del figlio naturale è la formale attestazione, proveniente da un soggetto, di avere generato un’altra persona al di fuori del matrimonio.

Questa dichiarazione costituisce un negozio unilaterale d’accertamento. Pur essendo un atto discrezionale del genitore, l'acquisizione dello stato di figlio naturale non

dipende dall'arbitrio del medesimo, in quanto il figlio potrà vedersi attribuito questo stato, a cui ha diritto, anche con la dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità.

Autore del riconoscimento: può essere il genitore maggiore di 16 anni e non interdetto. Egli deve rendere personalmente la dichiarazione e dimostrare che nulla osta al riconoscimento.

Soggetto passivo: è colui che si attesta essere proprio figlio. Con la riforma del ‘75 anche i figli adulterini possono essere riconosciuti, ma non quelli

incestuosi. Inammissibile è anche riconoscimento di colui che ha già uno stato di filiazione legittima naturale fin quando questo non viene rimosso. Contenuto del negozio: la volontà di compiere il riconoscimento deve risultare dalla dichiarazione

in maniera non equivoca. Tempo di stipulazione: il riconoscimento può avvenire: a) Prima della nascita b) Al momento della redazione dell'atto di nascita c)In un momento successivo alla nascitad) Dopo la morte del riconosciuto (in questo caso il riconoscimento può avvenire solo

nell'interesse del figlio e dei suoi discendenti legittimi). Il riconoscimento può essere congiunto, se fatto contemporaneamente da entrambi genitori, o

separato, se espresso in momenti diversi. In questa seconda ipotesi, il genitore che ha riconosciuto per primo deve prestare il proprio consenso al riconoscimento dell'altro, se figlio è minore di 16 anni.

Se questo consenso manca, l'altro genitore può rivolgersi al tribunale di minori affinché conceda l'autorizzazione al riconoscimento stesso: il giudizio si svolge in contraddittorio col genitore che ha riconosciuto il figlio, con l'intervento del pubblico ministero e nel corso del procedimento il minore deve essere sentito. La valutazione sulla convenienza del secondo riconoscimento è lasciata all’ampia discrezione del

giudice, il quale deve tener conto degli interessi morali e materiali del minore e di quelli del genitore

91

Page 92: Auletta-Diritto di famiglia

che intende procedere al riconoscimento. Di solito, però, è preferibile per il minore poter contare su entrambi genitori.

Forma: il riconoscimento è un negozio formale. Infatti, deve essere stipulato mediante una dichiarazione resa all'ufficiale di stato civile, al giudice tutelare, a colui che celebra il matrimonio, ad un pubblico ufficiale, oppure in un testamento.

Il riconoscimento, poiché è un atto d’accertamento, non è soggetto a revoca. Pubblicità: il negozio viene pubblicizzato mediante annotazione nell'atto di nascita. Impugnazione: è ammessa in tre circostanze: per difetto di veridicità, per incapacità dell'autore, per

violenza nei suoi confronti.a) impugnazione per difetto di veridicità: non risponde a verità il riconoscimento fatto da chi non

è autore del concepimento: questo può dipendere da un erroneo convincimento, ma anche da un preciso disegno del dichiarante.

L'azione può essere esercitata anche nel caso in cui c’è stato riconoscimento di un figlio incestuosi generato in mala fede o comunque quando il negozio è carente degli altri requisiti (mancanza di autorizzazione giudiziale, se il genitore che ha commesso incesto ed in buona fede...).

La prova della falsità del riconoscimento è raggiunta dimostrando l'impossibilità della persona che ha effettuato riconoscimento di essere l'autore del concepimento (dimostrando l'impotenza o la reclusione o l'incompatibilità genetica).

Legittimati attivi: autore del riconoscimento, soggetto riconosciuto, chiunque abbia un interesse morale o patrimoniale. Se il soggetto riconosciuto è un minorenne o un interdetto giudiziale l'impugnazione può provenire da un curatore speciale.

Legittimati passivi: autore del riconoscimento; il figlio. È obbligatorio l'intervento del pubblico ministero. L'azione è imprescrittibile. b) impugnazione per incapacità : può esercitarsi nel caso in cui l'autore del riconoscimento sia un

Interdetto giudiziale o un minore di 16 anni; in questo caso non rileva la sola incapacità naturale. Legittimati attivi: in caso d’interdizione sono il tutore o lo stesso interdetto (entro un anno dalla

revoca dell'interdizione). In caso di minore età è legittimato ad agire l'autore del riconoscimento, entro un anno da quando è diventato maggiorenne.

c) impugnazione per violenza: presuppone la coartazione della volontà di chi ha provveduto al riconoscimento.. Irrilevanti sono l’errore il dolo.

L'azione può essere esercitata, quindi, anche quando il soggetto è riconosciuto è effettivamente figlio del dichiarante.

Legittimato attivo: autore del riconoscimento, che deve agire entro un anno dal momento in cui è cessata la violenza oppure, se era ancora minorenne, dal raggiungimento della maggiore età.

Legittimato passivo: figlio

92

Page 93: Auletta-Diritto di famiglia

La pronuncia giudiziale d’invalidità del riconoscimento per incapacità o per violenza, non costituisce impedimento per il genitore a compiere un nuovo riconoscimento.

Diritto internazionale privato: i presupposti per procedere al riconoscimento del figlio naturale sono stabiliti dalla legge nazionale del figlio stesso o da quella del genitore se più favorevole. La legge nazionale del genitore disciplina la capacità di procedere al riconoscimento.

Le forme sono stabilite dalla legge dello stato nel quale esso avviene o da quella che disciplina la sostanza (art 35, legge 218/1995).

10.8 DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DI PATERNITÀ E MATERNITÀ NATURALE

Anche se il genitore non provvede al riconoscimento, il figlio nato al di fuori del matrimonio ha diritto di ottenere l'accertamento formale del proprio stato, tramite pronuncia giudiziale.

L'azione non può essere esercitata nei casi in cui il riconoscimento di figli incestuosi è vietato dalla legge (art 278 cod civ) tuttavia, l'art 279 codice civile stabilisce che l'accertamento della filiazione è consentito al solo fine di attribuire al minore il diritto al mantenimento, all'istruzione e all'educazione.

Il procedimento: la competenza spetta al tribunale del luogo di residenza di colui che si assume essere il genitore.

Il giudizio si svolge in due fasi: -Prima fase: il tribunale deve prima di tutto accertare la presenza di specifiche circostanze che

facciano apparire la situazione delineata dall'attore tale da rendere verosimile e probabile l'esistenza del rapporto di filiazione. A questo fine potrebbe essere sufficiente anche la sola dichiarazione della madre è circa l'autore del concepimento, a maggior ragione se a questa si accompagna la prova che, al momento del concepimento, esistesse una relazione stabile o di rapporti intercorsi con il preteso padre, oppure se si dimostra l'esistenza di uno scritto dal quale risulta il rapporto di filiazione.

In questa fase devono essere sentite le parti e il pubblico ministero. -Seconda fase: in questa fase l'attore deve dimostrare di essere figlio del convenuto. Non ci sono

limiti all'ammissibilità dei mezzi di prova, ma particolare rilevanza assumono il godimento ininterrotto del possesso di stato, le prove somatiche, immuno-ematologiche, e quelle genetiche.. Non è decisiva, invece, la sola dichiarazione della madre di avere avuto rapporti col presunto padre, nel periodo del concepimento, ma la convivenza more uxorio rende molto probabile che il concepimento sia opera della persona con cui la donna convive.

Legittimato attivo: è il figlio maggiorenne oppure, alla sua morte, i suoi discendenti. Se il figlio è minore di età o nascituro, può agire nel suo interesse il genitore esercente la

potestà; in mancanza del genitore, legittimato ad agire è il tutore, previa autorizzazione del tribunale ordinario. Se il figlio è interdetto deve agire il tutore, previa autorizzazione del tribunale ordinario.

93

Page 94: Auletta-Diritto di famiglia

Decadenza: L'azione può essere proposta dal figlio o da chi lo rappresenta in ogni momento, mentre i discendenti possono proporre l'azione solo entro due anni, pena la decadenza, dalla sua morte.

Legittimato passivo: è il genitore nei confronti del quale si richiede l'accertamento del rapporto di filiazione. Nel caso in cui il genitore sia morto, la legittimazione si trasmette agli arrivi.

Nel giudizio può intervenire qualsiasi interessato; è obbligatorio l'intervento del pubblico ministero. Pubblicità: la sentenza è sottoposta a trascrizione e annotazione.

10.9: LA LEGITTIMAZIONE

Con la legittimazione, colui che nato al di fuori del matrimonio acquista lo stato di figlio legittimo del proprio genitore.

La legittimazione può aver luogo in due casi: per susseguente matrimonio; per provvedimento del giudice.

a) legittimazione per susseguente matrimonio: questa figura è privilegiata dall'ordinamento perché presuppone la costituzione di una famiglia legittima. Essa può avvenire in presenza di due presupposti:

Accertamento del rapporto di filiazione naturale, nei confronti d’ambedue genitori, compiuto mediante riconoscimento o dichiarazione giudiziale;

Celebrazione di un valido matrimonio avente effetti civili. La legittimazione poi opera nel momento in cui si verificano entrambi i presupposti. b) legittimazione per provvedimento del giudice: questa deve essere chiesta da uno o ambedue

genitori e solo quando c'è impossibilità o l'esistenza di un gravissimo ostacolo, incontrato dal genitore, a legittimare mediante susseguente matrimonio.

Inoltre, devono ricorrere altri presupposti e cioè: 1. Che la legittimazione risponda all'interesse del figlio 2. Il genitore richiedente abbia compiuto 16 anni 3. Che vi sia l'assenso del coniuge non separato di questi4. Che vi sia il consenso del figlio legittimando che ha compiuto 16 anni. Il consenso non è richiesto se il figlio è già stato riconosciuto dal genitore che intende legittimarlo. Se questo genitore ha figli legittimi maggiori di 16 anni, con lui conviventi, il giudice deve

procedere alla loro audizione: questo significa che, nel decidere se concedere o meno la legittimazione, il giudice deve tener conto anche dell'interesse dei diritti di coloro che sono già membri della famiglia legittima.

Legittimato attivo: il genitore, ma dopo la sua morte la richiesta può essere avanzata:A. Dal figlio stesso , se il genitore aveva espresso in un testamento o in un atto pubblico la volontà

di legittimare e sussiste anche impossibilità o grave ostacolo alla legittimazione per susseguente matrimonio.

94

Page 95: Auletta-Diritto di famiglia

B. Dagli ascendenti legittimi , se il genitore non ha espresso in vita volontà contraria alla legittimazione, purché la filiazione risulti accertata

C. Dal figlio, dagli ascendenti legittimi, dal procuratore nominato dal genitore stesso , se il genitore è morto dopo aver rilasciato procura per contrarre matrimonio (perché intendeva legittimare il figlio per susseguente matrimonio). Se, però, il figlio non è già riconosciuto occorre che dalla procura risulti la volontà di riconoscerlo o legittimarlo.

Competenza: la legittimazione deve essere pronunciata dal tribunale del luogo di residenza del genitore che propone la domanda. In giudizio deve intervenire il pubblico ministero.

La sentenza è impugnabile in appello da parte dell'istante e del pubblico ministero. Pubblicità: La pronuncia di legittimazione deve essere annotata in calce all'atto di nascita del figlio

e trascritta nello stesso registro. Effetti: la legittimazione produce gli effetti della filiazione legittima verso il genitore nei cui

confronti è stata pronunciata. Questi decorrono dal momento in cui il provvedimento diventa definitivo.

Diritto internazionale privato: la legittimazione per susseguente matrimonio è disciplinata dalla legge nazionale del figlio o da quella di genitori nel momento in cui essa avviene.

La legittimazione per provvedimento del giudice è regolata dalla legge nazionale del genitori che vi provvede.

In mancanza può essere presentata una dichiarazione sostitutiva del dichiarante.

95

Page 96: Auletta-Diritto di famiglia

CAPITOLO 11: GLI EFFETTI DELLA FILIAZIONE

11.1: DOVERI DEI GENITORI E DIRITTI DEI FIGLI

Con la costituzione del rapporto di filiazione, sorge a carico dei genitori l'obbligo di assistere moralmente e materialmente i propri figli.

I figli in, invece, sono titolari di un diritto soggettivo a ricevere l'assistenza dei loro genitori. L'art 147 cod civ precisa che i genitori sono obbligati a mantenere, istruire ed educare i figli,

tenendo conto delle loro capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni. I genitori, cioè, devono non solo soddisfare le loro esigenze, ma anche provvedere personalmente alla formazione della prole.

I doveri di istruzione ed educazione si estinguono con il raggiungimento della maggiore età da parte del figlio, mentre il dovere di mantenimento dura fino a quando il figlio non è in grado di inserirsi effettivamente nel mondo del lavoro e provvedere alle proprie esigenze di vita: questo si verifica quando il figlio è in grado di percepire un reddito corrispondente alla professionalità definitivamente acquisita.

Il tenore di vita da assicurare è quello condotto dalla famiglia, tenuto conto sia delle risorse familiari disponibili, sia delle esigenze educative del figlio.

I genitori sono tenuti in solido a prestare il mantenimento della prole, tra di loro l'obbligazione si ripartisce in proporzione alle rispettive sostanze e alla capacità di lavoro professionale e casalingo (148 cod civ).

Nella filiazione naturale, se i genitori non convivono, quello non affidatario deve versare all'altro un assegno proporzionato alle sue possibilità economiche, per adempiere l’obbligo di mantenere il figlio. Se il genitore non affidatario risulta inadempiente, possono essere esperiti i normali mezzi coercitivi (l'esecuzione forzata, sequestro conservativo...); in particolare si potrà richiedere la distrazione dei redditi dell'obbligato. Inoltre, è dovuto risarcimento del danno.

Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, l'obbligazione grava sugli ascendenti prossimi, i quali dovranno avere ovviamente una condizione economica che glielo consenta.

I figli legittimi, naturali, adottivi, partecipano alla successione del coniuge defunto in qualità di legittimari. Hanno diritto ad avere riservata una quota del patrimonio ereditario e in misura variabile in base al numero dei figli e al concorso del coniuge.

I figli legittimi possono esercitare il cosiddetto " diritto di commutazione " nei confronti dei figli naturali: cioè liquidare in denaro o con beni immobili ereditari l'intera quota ereditaria di ciascuno di essi. Questo è un diritto potestativo, volto a tutelare uno specifico interesse dei figli legittimi a non trovarsi in comunione con i fratelli naturali.

I figli naturali, invece, possono opporsi alla commutazione e in questo caso spetterà al giudice valutare la fondatezza delle ragioni alla base dell'esercizio del diritto.

96

Page 97: Auletta-Diritto di famiglia

I figli naturali non riconoscibili, invece, hanno diritti successori limitati: essi hanno diritto solo, a titolo di legittima, ad un assegno vitalizio nei limiti previsti dall'articolo 580 cod civ, che è pari alla rendita della quota a cui avrebbero diritto se fossero riconosciuti (594 cod civ). Hanno diritto a quest’assegno vitalizio tutti i figli non riconoscibili, a prescindere dal bisogno.

La quota spettante in astratto ai figli non riconoscibili va calcolata sull'insieme dei beni relitti e di quelli donati. Se il genitore defunto ha attribuito, col testamento o tramite donazione, beni a favore di figli non riconoscibili, essi potranno scegliere se trattenere queste attribuzioni e rinunciare all'assegno oppure pretendere l’assegno rinunciando alle attribuzioni.

11.2: DOVERI DEI FIGLI

Il dovere principale del figlio è quello di rispettare i propri genitori. Se il figlio vive con i genitori, è obbligato a contribuire al soddisfacimento di bisogni della

famiglia, in base al principio solidaristico secondo cui tutti componenti devono adoperarsi per realizzare il benessere comune.

La misura della contribuzione deve avvenire in relazione alle sostanze e ai redditi del figlio. L'obbligo di contribuzione del figlio non cessa con il raggiungimento della maggiore età, ma si

protrae per tutto il tempo in cui continua la convivenza con i genitori. La misura della contribuzione si determina secondo i criteri applicati anche per i genitori, quindi

tenendo anche conto della sua capacità lavorativa. Anche se la legge non dispone niente al riguardo, il principio solidaristico impone di non fare nessuna distinzione riguardo alla contribuzione dei diversi membri della famiglia nucleare patrimonialmente autonomi.

11.3: LA POTESTÀ: NOZIONE, TITOLARITÀ, CONTENUTO, ESERCIZIO

Nozione: la potestà è l'insieme dei poteri concessi al titolare sulla persona e sul patrimonio del figlio minore o nascituro, nell'interesse dello stesso, compresa la rappresentanza nei rapporti con i terzi.

Titolarità: essa spetta di solito ad ambedue i genitori, a meno che non ci sia stata una causa di decadenza dalla stessa (vedi 11.5).

La potestà sul figlio naturale è attribuita al genitore che l'ha riconosciuto (317 bis cod civ) o nei cui confronti è stato accertato il rapporto di filiazione.

Esercizio della potestà: in base a questo, il genitore assume le decisioni nei riguardi della persona e del patrimonio del minore e la rappresentanza nella stipulazione degli atti.

L'esercizio compete ad ambedue genitori, tranne nel caso di incapacità, lontananza o altro impedimento di un genitore: in questo caso la potestà verrà esercitata dalla altra; in mancanza verrà nominato un tutore.

97

Page 98: Auletta-Diritto di famiglia

L'esercizio della potestà nei confronti dei figlio naturale spetta ad ambedue i genitori, solo se essi convivono, altrimenti compete al genitore con il quale il minore convive oppure al genitore che l'ha riconosciuto per primo, se non convive con nessuno dei due.

Il genitore, che è titolare della potestà, ma non la esercita, deve controllare sull'operato dell'altro genitore e deve intrattenere rapporti con il figlio, a meno che questo non risulti pregiudizievole.

Fra i poteri concessi i genitori che esercitano la potestà è compreso anche quello di fissare la dimora del minore.

Inoltre, avranno il potere di indirizzare la formazione personale del figlio, secondo il modello da essi privilegiato. Nel compiere queste scelte, i genitori devono tener conto non solo delle proprie convinzioni, ma anche delle capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni del minore, rispettandone la personalità.

Le scelte spettanti ai genitori passano al minore quando egli raggiunge la maturità necessaria per compiere personalmente: infatti, la potestà vuole ovviare ad una situazione d’inferiorità derivante da immaturità del minore.

L'esercizio della potestà deve avvenire di comune accordo (316 cod civ): le decisioni della vita quotidiana riguardanti il figlio possono prendersi disgiuntamente, mentre le scelte più importanti devono farsi congiuntamente. Tuttavia, se sussiste un incombente pericolo di un grave pregiudizio per il figlio, spetterà al padre disporre i provvedimenti che risultano urgenti e indifferibili.

In caso di contrasto tra i genitori su singole questioni di particolare importanza, e non urgenti, ciascuno può ricorrere al tribunale di minori, per la risoluzione della controversia.

L'intervento del tribunale si articola in due fasi :- nella prima fase, il giudice, dopo aver ascoltato genitori il figlio, tenterà la conciliazione,

suggerendo le soluzioni che appaiono più utili nell'interesse del figlio stesso e dell'unità familiare. - se il contrasto rimane, il tribunale individua il genitore che ha proposto la soluzione più idonea

nell'interesse del minore è gli affida l'attuazione. Più in generale, al tribunale spetta un generale potere d’intervento per adottare quei provvedimenti

che appaiono convenienti nell'interesse del minore: questo potrebbe anche disporre l'allontanamento dalla casa familiare.

11.4: RAPPRESENTANZA E AMMINISTRAZIONE DEI BENI DEL MINORE. L'USUFRUTTO LEGALE.

Amministrazione: i genitori devono provvedere ad amministrare i beni del figlio minore e a rappresentarlo in giudizio, oltre che a rappresentarlo nella stipulazione degli atti con i terzi . Tuttavia, la legge prevede che alcuni atti possano essere stipulati personalmente dal minore.

98

Page 99: Auletta-Diritto di famiglia

I genitori possono compiere disgiuntamente agli atti d’ordinaria amministrazione, mentre devono essere stipulati congiuntamente i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento.

Per alcuni negozi, come alienazioni e riscossioni di capitali, e per tutti gli atti di straordinaria amministrazione, i coniugi devono agire congiuntamente previa autorizzazione del giudice tutelare, che la concederà solo nel caso di necessità o d’utilità evidente.

Il disaccordo dei genitori su un atto che dovrebbero compiere congiuntamente, si risolve mediante l'intervento del giudice secondo le modalità previste nel paragrafo 11.3..

Se nel compimento di un atto sorge conflitto di interessi tra il figlio e il genitore, il figlio verrà rappresentato solo dall'altro genitore, ma qualora il conflitto coinvolga ambedue genitori, il giudice dovrà nominare un curatore speciale.

I genitori esercenti la potestà non possono comunque acquistare i beni del figlio, né direttamente né per persona interposta.

Gli atti compiuti senza l'osservanza di queste regole sono annullabili, su istanza dei genitori, del figlio diventato maggiorenne, dei suoi eredi o aventi causa.

L'azione si prescrive entro cinque anni dal raggiungimento della maggiore età del figlio. Usufrutto legale: i genitori esercenti la potestà sono titolari, per quote uguali, dell'usufrutto legale

sui beni del minore. Essi, quindi, potranno percepire direttamente e fare propri, come un comune usufruttuario, i frutti prodotti da questi beni. Sui titolari, infatti, graveranno gli obblighi propri dell'usufruttuario.

Titolari possono essere i soli genitori esercenti la potestà: quindi, se i beni vengono alienati, l'acquirente acquisterà validamente (manca il cosiddetto diritto di sequela).

L'usufrutto legale si costituisce su tutti i beni del minore tranne per: i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro; i proventi stessi I beni lasciati o donati a lui per intraprendere una carriera, un'arte, una professione i beni lasciati o donati a lui sotto condizione che i genitori non ne abbiano l'usufrutto i beni a lui pervenuti per eredità, legato, donazione, contro la volontà dei genitori I beni provenienti da una successione dalla quale il genitore è stato escluso per indegnità. I frutti prodotti sono gravati da un vincolo di destinazione: cioè devono essere utilizzati per le

esigenze dell'intera famiglia. Questo vincolo poi opera anche nei confronti dei creditori, in quanto essi non possono agire esecutivamente per i debiti che conoscevano essere stati contratti per scopi estranei al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.

I creditori del figlio possono esecutare i beni, senza che l'usufrutto legale possa costituire un limite. Nel caso in cui il genitore passa a nuove nozze, deve utilizzare i frutti esclusivamente per esigenze

del figlio ed eventualmente a per il nucleo familiare originario. L'usufrutto legale è indisponibile, imprescrittibile, inespropriabile. Estinzione dell'usufrutto: esso si estingue

99

Page 100: Auletta-Diritto di famiglia

1. col venir meno della potestà, 2. per provvedimento del giudice, 3. nel caso di cattiva amministrazione del patrimonio del minore da parte dei genitori (art 334 cod

civ), 4. per morte del titolare del figlio, 5. per perimento dei beni.

11.5 ESTINZIONE DELLA POTESTÀ E RIMOZIONE DALL'AMMINISTRAZIONE DEI BENI DEL FIGLIO.

Normalmente, la potestà viene meno col raggiungimento della maggiore età da parte del figlio. Altre cause d’estinzione sono: a) morte del figlio o dei genitorib) matrimonio del figlio minorenne, con conseguente emancipazione (390 cod civ) c) alcune condanne penali pronunciate verso i genitori d) la pronuncia giudiziale di decadenza. Quest'ultima presuppone che il genitore abbia violato o trascurato i doveri oppure abbia abusato dei

poteri scaturenti dalla potestà, causando un grave pregiudizio al minore o creando un serio pericolo. In alcune circostanze il giudice, oltre a pronunciare la decadenza dalla potestà, può anche disporre

l'allontanamento del minore dalla casa familiare e l'affidamento ad un altro soggetto. La causa d’estinzione può riguardare anche un solo genitore: in questo caso i poteri si concentrano

nelle mani dell'altro. In casi meno gravi, il giudice si limiterà a pronunciare la sospensione temporanea del genitore dalla

potestà oppure ad adottare provvedimenti o a dettare prescrizioni, che i genitori devono osservare nell'esercizio della potestà.

I provvedimenti indicati vengono disposti dal tribunale dei minori su iniziativa dell'altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero.

Diverso dalla decadenza è la rimozione del genitore dall'amministrazione dei beni del minore. Questa, infatti, non comporta la perdita di poteri decisionali sulla persona del figlio, ma solo la perdita della gestione del suo patrimonio e della rappresentanza. Essa viene adottata nel caso di cattiva amministrazione. Questo patrimonio allora viene amministrato dall'altro genitore. In casi meno gravi, il giudice si limiterà a disporre delle misure idonee per garantire la corretta amministrazione del patrimonio stesso.

11.6: EFFETTI DERIVANTI DALLA FILIAZIONE NATURALE

100

Page 101: Auletta-Diritto di famiglia

Gli effetti derivanti dalla filiazione naturale coincidono sostanzialmente con quelli della filiazione legittima. Una disciplina particolare è prevista:

☻ per l'acquisto del cognome del genitore naturale da parte del figlio; ☻ per l'affidamento di quest'ultimo e l'eventuale ingresso nella famiglia legittima del proprio

genitore naturale. A) acquisto del cognome: il figlio naturale acquista il cognome del padre se è stato riconosciuto

contemporaneamente dai due genitori o dal solo padre; acquista, invece, il cognome della madre se è stata solo lei ad averlo riconosciuto.

Se dopo il riconoscimento della madre, interviene quello del padre, il figlio può decidere di sostituire o aggiungere il cognome del padre a quello della madre. Questa regola non si applica se il primo riconoscimento è quello paterno, perché si vuole rendere la posizione del figlio naturale quanto più possibile vicina alla posizione del figlio legittimo. La decisione spetta al tribunale di minori, se il figlio non è ancora maggiorenne; il giudice deve accertare l'interesse del minore ad acquistare il cognome paterno e l'eventuale pregiudizio che potrebbe derivargli dalla perdita del cognome materno.

B) affidamento del minore ed eventuale ingresso nella famiglia legittima del genitore: il giudice deciderà anche riguardo all'affidamento del figlio naturale minorenne, riconosciuto dal genitore durante il matrimonio.

In alcuni casi, e con particolari cautele, è consentito al figlio naturale di convivere con la famiglia legittima del proprio genitore. In questo modo, si vuole tutelare sia l'interesse del figlio a non vivere in un ambiente ostile, sia l'interesse della famiglia legittima ad evitare che l'ingresso di una persona estranea comprometta la stabilità all'armonia.

Il giudice può autorizzare quest’ingresso in presenza di particolari presupposti. Se il genitore che richiede l'ingresso nella famiglia legittima ha riconosciuto il figlio dopo la

celebrazione del matrimonio, bisogna accertare: 1. che l'inserimento non contrasti con l'interesse del figlio minore 2. che ci sia il consenso dell'altro coniuge non separato e dei figli legittimi stabilmente conviventi,

maggiore di 16 anni 3. Che ci sia il consenso dell'altro genitore che ha riconosciuto il figlio. Se il genitore che richiede l'ingresso del figlio nella propria famiglia legittima lo ha riconosciuto

prima del matrimonio non occorre il consenso di figli. Non occorrerà neanche il consenso del coniuge se si dimostra che:

il figlio è già conviveva col genitore naturale al momento del matrimonio l'altro coniuge che conosceva l'esistenza del figlio naturale. Invece, è sempre richiesto il consenso del genitore naturale che ha riconosciuto il figlio, in virtù un

dell'esercizio dei poteri caratterizzanti la potestà, di cui è titolare il genitore che ha operato riconoscimento.

101

Page 102: Auletta-Diritto di famiglia

CAPITOLO XII: ADOZIONE E AFFIDAMENTO

12.1: I CARATTERI FONDAMENTALI DELL'ADOZIONE E DELL'AFFIDAMENTO

Tramite l'adozione, l’ordinamento fa sorgere, in virtù di un provvedimento giudiziale, un rapporto di filiazione, tra soggetti non uniti da un legame di generazione biologica.

Quest’istituto ha subito una profonda evoluzione nel corso degli anni, in quanto era sorto inizialmente con lo scopo di consentire a chi non aveva figli legittimi di tramandare il nome e di trasmettere il patrimonio ereditario. Ai giorni nostri assolve soprattutto lo scopo di rendere possibile l'inserimento del minore abbandonato in una nuova famiglia, che sia in grado di provvedere alle sue esigenze di vita.

102

Page 103: Auletta-Diritto di famiglia

Una legge del 67 ha introdotto la cosiddetta " adozione speciale ", alla quale potevano accedere i minori di 8 anni privi di una famiglia che potesse assicurare loro un adeguato sviluppo.

Questa normativa è stata ulteriormente modificata nel ‘83 e successivamente nella 2001 soprattutto per rispettare gli impegni assunti dallo Stato con l'adesione alla convenzione di Strasburgo, la quale enuncia i principi fondamentali sull’adozione, che devono essere contenuti nelle singole legislazioni nazionali.

L'ordinamento ha approntato più figure d’adozione per perseguire finalità diverse: adozione dei maggiorenni e adozione dei minori d’età, nell'ambito della quale si pongono l’adozione legittimante e l'adozione particolare.

A) adozione dei maggiorenni: si chiama anche adozione civile o non legittimante, perché fa acquistare all’adottato la posizione di figlio adottivo e non quella di figlio legittimo. Da questo rapporto scaturiscono quindi diritti doveri solamente in parte coincidenti con quelli caratterizzanti la filiazione legittima.

Inoltre, restano in vita i rapporti tra l'adottato e la sua famiglia d’origine. B) l'adozione dei minorenni: ha lo scopo fondamentale di inserire stabilmente in una nuova

famiglia il minore che non può contare su quella di origine. Vuole quindi tutelare prima di tutto gli interessi del minore.

Questa finalità viene perseguita dall'adozione legittimante e dall'adozione particolare, le quali si differenziano per alcuni aspetti della loro disciplina.

1. Adozione legittimante: questa presenta per l'adottato maggiori vantaggi rispetto all'adozione particolare per due motivi fondamentali: prima di tutto i requisiti, che l'adottante deve possedere e il meccanismo da seguire nella scelta dello stesso, accrescono la possibilità di inserimento del minore nell'ambiente più idoneo per garantirgli un adeguato sviluppo e il soddisfacimento delle esigenze di vita; in secondo luogo, egli diviene a tutti gli effetti figlio legittimo di genitori adottivi.

Inoltre, l'adozione legittimante fa venir meno ogni rapporto con la famiglia d'origine. 2. Adozione particolare: può essere pronunciata in situazioni tassativamente previste dalla legge,

nelle quali non ricorrono i presupposti per l'adozione legittimante. Questo tipo di adozione tende a rendere giuridicamente rilevante un vincolo affettivo già costituitosi

di fatto tra il minore e un altro soggetto. Essa produce effetti analoghi a quelli propri dell’adozione dei maggiorenni, ma la funzione è diversa

ed è quella di assicurare al minore l'assistenza e la cura di cui ha bisogno. Restano pertanto in vita i rapporti tra l'adottato nella sua famiglia d’origine.

Adozione internazionale: essa regola le ipotesi in cui i cittadini italiani residenti nel nostro stato o all'estero oppure cittadini stranieri residenti in Italia vogliono adottare un minore straniero ai sensi della legge italiana; ma disciplina anche il caso in cui gli stessi soggetti residenti all'estero intendano adottare un minore italiano.

Questa normativa è stata introdotta dalla legge dell'83 e modificata da una legge del ‘98.

103

Page 104: Auletta-Diritto di famiglia

Il principio che caratterizza l'intera disciplina dell'adozione di minori è quello secondo il quale il minore ha diritto di essere educato nell'ambito della propria famiglia: di conseguenza, il giudice pronuncerà l'adozione solo quando si presenterà come rimedio estremo e lo Stato dovrà assicurare i mezzi di sostegno necessari alla famiglia bisognosa, per impedire lo sradicamento da essa del minore.

Per questo motivo è stato anche introdotto l'istituto dell'affidamento di minori, in virtù del quale il minore d’età, che si trova in situazione di temporaneo abbandono, può essere affidato ad altro soggetto, per il periodo necessario a consentire alla famiglia d’origine di superare le difficoltà che le impediscono di provvedere al figlio.

12.2 ADOZIONE LEGITTIMANTE: PRESUPPOSTI

A) stato di abbandono. L'adozione legittimante viene pronunciata nei confronti di un minore di 18 anni, che si trova in una situazione di abbandono, privo dell'assistenza morale e materiale di entrambi genitori o degli altri parenti entro il quarto grado.

Lo stato d’abbandono ricorre: quando si verifica una perenne carenza di quel minimo di cure materiali, di calore affettivo ed

aiuto psicologico che assicurerebbero al minore un ambiente idoneo a consentirgli un'equilibrata crescita psicofisica.

Lo stato di abbandono ricorre anche in presenza di atteggiamenti protettivi e di per morosità eccessiva tale da esporre grave pericolo la crescita sana ed equilibrata del minore (esempio l'abbandono ricorre quando per esempio il minore viene tenuto in un istituto o in ospedale senza giustificazione, quando rimane affidato ad estranei, qualora egli subisca violenza, maltrattamenti, viene del tutto trascurata la sui igiene, quando i genitori sono tossicodipendenti o comunque attengono una condotta di assoluta)..

La sola assistenza morale, non accompagnata dal sostegno morale La mancanza di mezzi economici sufficienti da parte della famiglia di sangue non giustifica

l'avviamento del minore all'adozione, perché l'articolo 1, comma 2 e della legge 149/2001 impone allo stato, alle regioni e agli enti locali di disporre interventi di sostegno e di aiuto a favore delle famiglie bisognose.

L'abbandono ricorre però quando l'indigenza è imputabile alla responsabilità dei genitori i quali si rifiutano di lavorare o di utilizzare le misure di sostegno offerte dai servizi sociali.

Lo stato d’abbandono, per mancanza d’assistenza morale, sussiste invece a prescindere dalla volontà o dalla responsabilità dei genitori, salvo che ricorra una causa di forza maggiore di carattere transitorio. In questo caso il giudice dovrà predisporre le misure idonee alla salvaguardia del minore.

B) caratteristiche dell'adottato: l'adozione legittimante può essere pronunciata nei confronti di un minore di 18 anni. Se ha compiuto 14 anni non può essere adottato senza il suo consenso.

Inoltre il procedimento non può essere iniziato prima della nascita dell'adottando.

104

Page 105: Auletta-Diritto di famiglia

C) caratteristiche degli adottanti. In questa materia la legge 149/2001 ha inciso notevolmente. Questa legge ha stabilito che:

1. La coppia idonea all'adozione è solo quella unita in matrimonio e non separata neanche di fatto. Importante è anche la stabilità del rapporto, per cui serve che l'unione matrimoniale duri da almeno tre anni e che nei tre anni precedenti all’adozione non sia intervenuta separazione neanche di fatto. Il requisito della stabilità è assicurato da una continuativa convivenza per almeno tre anni prima del matrimonio.

2. E’ irrilevante il fatto che i coniugi abbiano meno altri figli, ma non è consentito procedere all’adozione di un proprio figlio naturale.

3. La differenza massima d’età tra adottato e adottante è fissata a 45 anni, a quella minima a 18 anni. Questi limiti possono essere derogati dal tribunale se accerta che dalla mancata deduzione deriverebbe un danno grave per il minore.

4. Il limite di 45 anni può essere ulteriormente elevato fino a dieci anni per uno solo degli adottanti, quando gli adottanti siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali almeno uno sia minore, quando occorre procedere all'adozione di una sorella o un fratello dell'adottato.

5. Occorre che i genitori risultino idonei, sotto il profilo morale e materiale, a provvedere alle esigenze del figlio. Importanza assume lo stato di salute dei genitori adottivi, il loro ambiente familiare, i motivi dell’adozione (art 22, legge adozione).

Gli aspiranti all'adozione possono presentare domanda anche a più tribunali minorili nell'ambito dello stato; potrà contenere anche l'indicazione del tipo di minore che s’intende adottare.

La domanda perde efficacia dopo tre anni dalla presentazione, ma può essere eventualmente riproposta.

Il tribunale, tramite i servizi sociali locali, deve procedere alle necessarie indagini sulla coppia, che devono concludersi entro 120 giorni.

12.3: PROCEDIMENTO DELL’ADOZIONE LEGITTIMANTE

L'iter giudiziario che porta all'adozione legittimante si articola in tre fasi: 1. Dichiarazione dello stato d’abbandono. Il tribunale del luogo in cui dimora il minore all'apertura

del procedimento deve accertare lo stato di abbandono. Il procedimento viene iniziato con ricorso del pubblico ministero o su segnalazione di qualsiasi

soggetto. Dell'apertura del procedimento devono essere immediatamente avvertiti i genitori oppure, in

mancanza, i parenti entro il quarto grado che hanno mantenuto rapporti significativi col minore. Per facilitare l'accertamento dello stato di abbandono, gli istituti di assistenza e le comunità di tipo

familiare devono trasmettere ogni sei mesi al pubblico ministero, presso il tribunale minorile, gli elenchi dei minori ricoverati.

105

Page 106: Auletta-Diritto di famiglia

Per la stessa ragione sono obbligati alla segnalazione i genitori che affidano per un periodo superiore a sei mesi, un minore a persona diversa da un parente entro il quarto grado (si tratta della figura d’affidamento privato).

Lo stato d’abbandono è sicuramente pronunciato se il minore è privo dei genitori e parenti entro il quarto grado che abbiano ottenuto con lui rapporti intensi e duraturi.

La dichiarazione dello stato d’abbandono deve essere sospesa per due mesi s'è il genitore naturale lo richiede per procedere al riconoscimento. Trascorso questo periodo senza che ci sia stato il riconoscimento, può essere pronunciato lo stato d’adottabilità.

Se ci sono invece i genitori o parenti, devono essere sentiti dal tribunale per accertare la disponibilità e le reali possibilità di occuparsi del minore.

Invece dev'essere dichiarato lo stato d’abbandono se i genitori e i parenti: a) non si presentano al giudice per l'audizioneb) non appaiono in grado polo manifestano disponibilità ad occuparsi del minorec) hanno violato le prescrizioni stabilite in precedenza dal tribunale. Il giudizio si conclude con sentenza del tribunale, sentiti il pubblico ministero, il rappresentante

dell'istituto, il tutore, il minore che ha compiuto 12 anni.. La sentenza deve essere notificata al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti entro il quarto

grado, al tutore che al curatore speciale. La dichiarazione d’adottabilità comporta la sospensione della potestà dei genitori: di conseguenza, il

giudice dovrà procedere alla nomina del tutore è a disporre altri provvedimenti nell'interesse del minore.

Lo stato d’adottabilità cessa:a) se viene pronunciata adozione particolare del minoreb) se questi raggiunge la maggiore etàc) per revoca pronunciata dal tribunale, nell'interesse del minore stesso, se è venuto meno lo stato

d’abbandono e non sia in atto l'affidamento preadottivo (articolo 21, legge adozione). 2. Affidamento preadottivo: una volta diventata definitiva la pronuncia sullo stato d’adottabilità, il

tribunale deve provvedere all'affidamento preadottivo del minore, individuando la famiglia più idonea tra quelle che hanno presentato domanda di adozione. In questo caso, il minore che ha compiuto 14 anni deve prestare consenso, il minore che ha compiuto 12 anni deve essere sentito.

È prevista anche l'audizione del pubblico ministero e degli ascendenti dei coniugi prescelti per l'adduzione.

L'affidamento preadottivo dura almeno un anno e serve per verificare se l'inserimento del minore nella nuova famiglia è avvenuto con esito positivo. Al controllo provvedono i servizi sociali e il giudice tutelare.

106

Page 107: Auletta-Diritto di famiglia

Durante questo periodo gli affidatari devono provvedere all'educazione, istruzione e mantenimento del minore. Spettano invece al tutore le decisioni più rilevanti relative alla persona del minore.

L'affidamento può essere revocato in ogni momento nell'interesse del minore, se sussistono gravi difficoltà di convivenza con gli affidatari. La revoca spetta al tribunale di minori, d'ufficio o su istanza del pubblico ministero, del tutore, dei servizi sociali; devono essere sentite le persone indicate nell'art 23, comma 3, legge adoz.

Se la revoca diventa definitiva, il tribunale deve procedere ad un nuovo affidamento preadottivo nei confronti di un'altra coppia di coniugi.

3. Provvedimento d’adozione: se l'affidamento preadottivo, invece, ha dato esito positivo, il tribunale pronuncia l'adozione, previo consenso del minore di 14 anni. Inoltre, devono essere sentiti gli adottanti, il minore che ha compiuto 12 anni, il pubblico ministero, il tutore, i servizi sociali, i discendenti legittimi degli affidatari maggiori di 14 anni.

Una volta diventato definitivo, il provvedimento d’adozione viene trascritto in un apposito registro e annotato nell'atto di nascita dell'ufficiale di stato civile.

Il minore ha diritto di essere informato del rapporto di filiazione adottiva. Questo compito è lasciato ai genitori, i quali dovranno scegliere i tempi e modi che ritengono opportuni.

12.4: EFFETTI DELL’ADOZIONE LEGITTIMANTE

Con l'adozione legittimante il minore diventa a pieno titolo figlio legittimo di genitori adottivi e parente dei loro parenti. Egli acquisterà il cognome della nuova famiglia sostituendolo a quello d’origine, ma anche i diritti e i doveri propri della filiazione legittima.

Cessano anche i rapporti del minore con la famiglia di sangue, tranne gli impedimenti matrimoniali. Non è prevista revoca dell'adozione legittimante.

12.5: ADOZIONE IN CASI PARTICOLARI: PRESUPPOSTI L’adozione particolare di un minore di 18 anni può essere pronunciata: a) nei confronti di persone unite a lui da parentela entro il sesto grado o da rapporto stabile e

duraturo precedente alla perdita dei genitori (se il minore non ha né padre né madre) b) nei confronti del coniuge del genitore del minore c) per il minore handicappato orfano di padre e di madre d) se c'è impossibilità di procedere all'affidamento preadottivo del soggetto in stato di abbandono,

ma anche quando il ricorso all'adozione legittimante interromperebbe un rapporto consolidato e vissuto positivamente dal minore oppure quando non appare opportuno interrompere i rapporti con la famiglia di origine, perché essi influiscono positivamente sul minore.

107

Page 108: Auletta-Diritto di famiglia

In ogni caso, il tribunale deve prima accertare che l'adozione particolare risponda all'interesse del minore stesso.

Adottante: può essere una persona non coniugata, separata, una coppia di coniugi; se i coniugi convivono, l'adozione deve essere necessariamente pronunciata nei confronti di entrambi.

Adottato: è un minorenne non necessariamente in situazione d’abbandono. Tra adottante e adottato devono intercorrere una differenza di età di almeno 18 anni, tranne per le

ipotesi b) e c) o nelle quali l'adozione può essere disposta dal giudice anche se la differenza di età è inferiore.

Non è prevista invece dalla legge una differenza massima d’età. Per giungere all'adozione serve il consenso dell'adottante e dell'adottando che abbia compiuto 14

anni, in quanto sono i soggetti interessati alla costituzione del rapporto. L’adottando deve essere sentito dal giudice sia compiuto 12 anni.

Inoltre, il giudice deve procedere all'audizione del rappresentante legale del minore di 14 anni o d’età superiore se handicappato.

Inoltre, è necessario l'assenso dei genitori del coniuge dell'adottando.

12.6: PROCEDIMENTO, EFFETTI E REVOCA DELL’ADOZIONE PARTICOLARE

Procedimento: inizia con la presentazione della domanda giudiziale da parte dell’adottante. Questa procedura è più snella, rispetto all'adozione legittimante ed è volta ad accertare che tra

adottante e adottato si può instaurare un solido rapporto di tipo genitoriale. Durante la fase istruttoria, il giudice deve acquisire i consensi e gli assensi richiesti dalla legge,

sentire il pubblico ministero, accertare l'interesse del minore all'adduzione. Il procedimento si conclude con decreto reclamabile in appello dall’adottante, dai genitori dell’adottando, dal pubblico ministero (313 cod civ).

Effetti: essi decorrono dal momento in cui il provvedimento d’adozione diventa definitivo. Con l'adozione particolare il minore acquista lo stato di figlio adottivo della adottante, ne

assume il cognome, che antepone a quello di origine. Il genitore adottivo ha il dovere di educare, istruire e mantenere il figlio, esercita su di lui la potestà e

ne amministra i beni. L'adottante è tenuto a fare l'inventario dei beni che amministra. L'adottato acquista gli stessi diritti del figlio legittimo sulla successione dell'adottante, mentre

all’adottante non è riservato nessun diritto sulla successione del figlio adottivo. Adottante e adottato sono reciprocamente tenuti a prestarsi gli alimenti. Non s’instaura nessun rapporto di parentela tra l'adottato che i parenti dell'adottante. Dall'adozione scaturiscono impedimenti al matrimonio (vedi 2.4). L’adozione particolare non estingue i rapporti tra l'adottato e la famiglia di sangue, però i

genitori perdono la potestà sul minore.

108

Page 109: Auletta-Diritto di famiglia

Revoca: il rapporto adottivo particolare può estinguersi per: a) indegnità dell'adottato: l'adottato diventa indegno se, dopo aver compiuto 14 anni, ha attentato

alla vita dell'adottante, del coniuge, degli ascendenti e discendenti di questi oppure se a e stato condannato per un reato, commesso nei loro confronti, punibile con una pena non inferiore a tre anni. Legittimato a richiedere la revoca è l’adottante.

b) indegnità dell'adottante: sorte se gli stessi reati sono stati da lui compiuti nei confronti dell’adottato o di suoi congiunti. Legittimati a richiedere la revoca sono l’adottato e il pubblico ministero

c) violazione da parte dell'adottante e dei doveri su di lui incombenti verso il minore . Legittimato a chiedere la revoca è il pubblico ministero.

Una volta pronunciata la revoca, il tribunale dispone provvedimenti idonei per la cura del minore e la nomina di un tutore.

Il provvedimento di revoca dell'adozione deve essere annotato nell'atto di nascita. Diritto internazionale privato: i presupposti, le modalità di costituzione e le ipotesi di revoca

dell’adozione sono disciplinati dalla legge nazionale dell'adottante o degli adottanti se comune; in mancanza di una legge comune, viene disciplinata dalla legge dello stato in cui gli adottanti hanno la comune residenza o in cui è prevalentemente localizzata la vita matrimoniale al momento dell’adozione (art 38 legge 218/1995) quindi, nel caso di adottante straniero residente in Italia, il giudice italiano potrà pronunciare l’adozione non legittimante di un minore ai sensi della legge del paese di cui l'adottante cittadino.

Se invece l’adozione particolare pronunciata dal giudice straniero, avrà effetto in Italia automaticamente ai sensi degli articoli 64, 65, 66 legge 218/1995.

12.7: ADOZIONE INTERNAZIONALE: A) ADOZIONE DI MINORI STRANIERI

Finalità della disciplina: prima della riforma del 83, il fenomeno dell’adozione internazionale era disciplinato dalla legge degli stati di appartenenza dell'adottando e degli adottanti: questo significava che i requisiti in presenza dei quali il minore poteva essere avviato alla adozione erano stabiliti dalla sua legge nazionale, con conseguente applicazione di regole spesso troppo permissiva.

Con la disciplina dell'adozione internazionale, l'ordinamento ha voluto impedire il perpetuarsi degli abusi fissando i requisiti richiesti affinché il giudice italiano possa pronunciare l’adozione di un minore straniero sulla base di un provvedimento emesso all'estero, nonché per consentire al minore stesso l'ingresso in Italia in vista di un’adozione.

Altre garanzie per il minore sono state introdotte dalla convenzione dell'Aja, alla quale il nostro paese ha dato attuazione mediante la legge 31.12.1998 n. 476. Questa legge ha cercato di evitare la possibilità degli aspiranti all'adozione di prendere contatto direttamente con i genitori del minore, per ottenere il bandire adozione (questo rendeva possibili vere e proprie compravendite

109

Page 110: Auletta-Diritto di famiglia

di minori). Infatti, la legge del ‘98 prevede che i coniugi debbano rivolgersi per forza ad uno degli enti autorizzati dal nostro Stato, i quali dovranno prestare la loro opera nell'intera procedura, a sostegno della coppia e a garanzia del minore, prendendo contatto con l'autorità straniera prima e poi con i genitori il cui figlio viene avviato all’adozione.

Presupposti e soggetti della procedura: si richiede:1. che ci sia un minore in stato d’abbandono e non sia possibile attivare un provvedimento di

protezione nel proprio stato. 2. Gli aspiranti all’adozione devono possedere gli stessi requisiti richiesti per l'adozione legittimante

di un migliore italiano. Inoltre, la legge del 98 ha previsto che i servizi sociali forniscano al giudice informazioni sulle

attitudini degli aspiranti all’adozione in relazione alle caratteristiche del minore. In base alla stessa legge un ruolo fondamentale nello svolgimento della procedura ricoprono la

Commissione per le adozioni internazionali, gli enti autorizzati e servizi sociali presso gli enti locali.

-commissione: è presieduta da un magistrato esperto nel settore minorile e composta da dieci membri a prevalente nomina governativa. Essa assolve prevalentemente funzioni politiche e di controllo, autorizza il minore all'ingresso in Italia a fini adottivi e conserva agli atti relativi alla procedura.

-enti: essi non possono avere scopo di lucro; devono essere composti da persone sfornite di adeguata formazione in materia di adozione; deve avvalersi di professionisti nel settore giuridico, sociale, psicologico; deve avere sede in Italia ed un’adeguata struttura organizzativa in almeno una regione. Essi non possono compiere discriminazioni fra gli aspiranti all’adozione.

L'ente viene scelto dagli aspiranti all'adozione e ha il compito di informarli e sostenerli durante l'intero corso della procedura. Inoltre, espleta tutte le pratiche richieste dalla legge, cura l'incontro della coppia con il minore e l'ingresso dello stesso in Italia. Infine, attua misure di sostegno e di controllo in collaborazione con i servizi sociali, per il periodo immediatamente successivo all’adozione.

-I servizi sociali presso gli enti locali: hanno anch'essi compiti di informazione e preparazione della coppia e devono acquisire gli elementi che consentono al tribunale di minori di valutare l'attitudine all’adozione.

Procedimento: la coppia deve presentare domanda al tribunale di minori nel cui distretto è compreso il comune in cui risiedono o dove hanno fissato l'ultima residenza in Italia.

Il tribunale trasmette entro 15 giorni la domanda ai servizi sociali, i quali indagheranno sulle attitudini della coppia, a meno che dalla domanda non risulti la mancanza di requisiti per l'adozione.

I servizi sociali, entro 4 mesi dalla dichiarazione di disponibilità, devono inviare al tribunale una relazione sulla coppia.

Il tribunale emette entro 2 mesi decreto motivato d’idoneità o inidoneità della coppia.

110

Page 111: Auletta-Diritto di famiglia

Se è stata accertata l'idoneità all'adozione, il tribunale trasmette il decreto alla Commissione e all'ente prescelto dai coniugi per curare la procedura. Questa deve iniziarsi entro un anno dalla comunicazione.

L'ente trasmette il decreto d’idoneità e la relazione dei servizi sociali all'autorità straniera competente per l'adozione, informa i genitori delle caratteristiche del minore, organizza l'incontro col medesimo, cura lo svolgimento di tutte le pratiche necessarie, riceve l'attestazione dell'autorità straniera che l'adozione è stata pronunciata in conformità ai presupposti previsti dalla convenzione dell'Aja.

Ingresso in Italia del minore: esso è consentito solo previa autorizzazione della Commissione, la quale deve accertare che l'adozione sia stata pronunciata in presenza di due presupposti fondamentali:

1) Il minore deve trovarsi in una situazione d’abbandono e non deve essere stato possibile procedere all’adozione nel suo paese;

2) L’adozione straniera deve produrre gli effetti dell'adozione legittimante. Se quest'ultimo presupposto manca, il tribunale dei minori può pronunciare la adozione legittimante previo accertamento che il provvedimento straniero è stato emesso in presenza dei presupposti previsti dall'art 4 della convenzione dell'Aja e cioè:

che siano stati acquisiti i consensi delle persone tenuti a prestarvi, le stesse siano state adeguatamente assistiti informate, i consensi siano stati prestati liberamente

che non sia stato corrisposto nessun corrispettivo per il rilascio dei consensi. Se il minore è sprovvisto dell’autorizzazione della commissione non può entrare in Italia, mentre

qualora l'ingresso sia avvenuto abusivamente, il tribunale deve adottare immediatamente i provvedimenti per tutelare il minore e la commissione deve prendere contatti col paese straniero per l'eventuale rimpatrio.

Il provvedimento straniero di adozione può avere effetti in Italia previo accertamento dell'esistenza dei requisiti previsti dall'art 4 della convenzione dell'Aja. In particolare, il tribunale dovrà verificare che siano state rispettate le regole relative alla differenza d’età tra adottanti/ adottato e che l'adozione sia avvenuta tramite le autorità centrali e un ente autorizzato, oltre ad accertare che l'inserimento del minore nella famiglia adottiva sia conforme al suo interesse.

Se questi requisiti sussistono, il tribunale ordina la trascrizione del provvedimento straniero di adozione nell'archivio informatico dello stato civile, altrimenti il minore sarà dichiarato in stato di abbandono e si procederà ad adozione nazionale oppure verrà rimpatriati.

effetti: saranno quelli previsti dalla legge del paese di cui i genitori sono cittadini al momento dell’adozione, se comune. In mancanza, gli effetti saranno quelli previsti dal diritto dello stato nel quale essi hanno la residenza comune con il quale è in prevalenza localizzata la loro vita matrimoniale (articolo 39, legge 218/1995).

L'adottato acquista la cittadinanza italiana anche se un solo genitore e cittadino italiano.

12.8:B) ADOZIONE ALL'ESTERO DI MINORI ITALIANI.

111

Page 112: Auletta-Diritto di famiglia

Scarsa applicazione ha ricevuto l'ipotesi dell’adozione di un minore italiano, da parte di cittadini italiani o stranieri residenti all'estero (artt 40-43 legge adoz).

Il procedimento è assoggettato interamente alla legge italiana: in particolare, coloro che vogliono adottare il minore devono presentare relativa domanda al console italiano nei paesi in cui risiedono; a quest'ultimo spetterà anche vigilare sull'andamento dell'affidamento preadottivo e sull'osservanza delle misure predisposte al riguardo dal tribunale di minori, che è competente a pronunciare l’adozione.

12.9: L'AFFIDAMENTO DEI MINORI.

Con il termine affidamento la legge fa riferimento a quelle ipotesi in cui il minore viene temporaneamente allontanato dalla propria famiglia per essere preso in cura da terzi. Questo può accadere per decisione degli stessi genitori oppure per intervento del giudice, quando l'allontanamento dalla famiglia risponde all'interesse del minore.

La legge dell'83 sull’adozione ha introdotto anche una nuova figura di affidamento, che presuppone che la famiglia di origine si trovino temporaneamente impossibilitata ad assicurare al minore il sostegno necessario per un adeguato sviluppo fisico e psichico. Il minore in questo caso potrà essere dato in affidamento ad un'altra persona che provveda alla sua cura per la durata dell'impedimento.

Questa forma d’affidamento vuole tutelare l'interesse del minore a crescere nella propria famiglia. Presupposto essenziale, quindi, è l'esistenza di una situazione d’abbandono circoscritta nel tempo, di solito di durata non superiore a 2 anni. Se la causa che origina l'abbandono è di lunga durata o appare irreversibile, il giudice deve pronunciare l’adozione.

Soggetti affidatari possono essere: una famiglia, possibilmente con altri figli minori, una persona sola, non sposata o separata, una comunità di tipo familiare, formata da due persone che assolvono la funzione di genitori e da un ristretto numero di minori in affidamento, istituto d’assistenza pubblico o privato.

Soggetto dato in affidamento può essere solo il minore d’età, anche straniero. Provvedimento: se c’è il consenso dei genitori, l'affidamento viene predisposto dal servizio locale e

reso esecutivo dal giudice tutelare del luogo in cui si trova il minore stesso. Se invece manca il consenso dei genitori, l'affidamento viene predisposto dal tribunale di minori. Questi provvedimenti devono contenere le ragioni e la prevedibile durata dell'affidamento che non

può superare i due anni e l'indicazione dell'affidatario, con le eventuali prescrizioni a cui esso deve attenersi nella cura del minore.

Diritti e doveri dell'affidatario: l'affidatario ha il dovere di tenere presso di sé il minore, di educarlo, istruirlo, mantenerlo ed assicurargli relazioni affettive adeguate.

112

Page 113: Auletta-Diritto di famiglia

Inoltre, all'affidatario spetta anche l'esercizio dei poteri strumentali all'adempimento dei poteri suddetti, in particolare riferimento ai rapporti con la scuola e con l'autorità sanitaria.

Il giudice può concedere all'affidatario il godimento delle prestazioni previdenziali e degli assegni familiari spettanti all’affidato, mentre altre misure di sostegno economico sono poste dalla legge a carico dello stato, delle regioni e degli enti locali.

Gli affidatari non hanno invece compiti di tutela: quindi, se i genitori non esercitano la potestà, bisognerà nominare un tutore per il minore.

Cessazione dell'affidamento: l'affidamento viene meno: A.quando cessa la causa che ha causato il temporaneo abbandono, oppure nel caso in cui la sua

prosecuzione arrechi pregiudizio al minore; in caso contrario, il tribunale dei minori può fissare un nuovo termine, se alla scadenza del vecchio la causa ancora non sussiste.

B.se lo stato d’abbandono diventa definitivo: in questo caso si darà inizio al procedimento di adozione

C.se l'affidamento non ha dato buon esito e non può proseguire per altra causa: in questo caso potrà essere scelto un nuovo affidatario.

12.10: ADOZIONE DEI MAGGIORENNI Questa viene chiamata anche adozione civile e risponde principalmente all'interesse

dell'adottante, privo di figli legittimi, di trasmettere ad una propria discendenza il patrimonio di cui è titolare e il nome della famiglia, ma c'è anche strumento d’attuazione della solidarietà umana.

Condizioni necessarie per l'adozione: a) l'adottato può essere solo maggiorenne che non sia già figlio anche naturale dell'adottante o figlio

adottivo di un‘altra persona. b) il genitore adottivo deve avere la capacità di agire ed un’età di almeno 36 anni. Può essere

indifferentemente una persona sola o coniugata. c) Non può adottare una persona che ha già figli legittimi, mentre l'ostacolo non sussiste in presenza

di figli naturali; l’adozione di un maggiorenne, invece, è consentita in presenza di altri figli adottivi, adottati mediante adozione civile.

d) per procedere all’adozione, occorre il consenso dell'adottante e dell’adottando. Serve anche l'assenso dei genitori dell’adottando, del coniuge dell'adottante e di quello dell’adottando non separati legalmente, nonché dei figli legittimi maggiorenni dell'adottante.

Il tribunale può ugualmente pronunciare l’adozione se ritiene ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando il rifiuto dell’assenso. Inoltre, il giudice verificherà che l'adozione risponda all'interesse dell'adottando.

113

Page 114: Auletta-Diritto di famiglia

Il procedimento è simile a quello relativo all’adozione particolare (fase istruttoria-fase decisionale). L’adozione viene pronunciata con decreto emesso dal tribunale ordinario del luogo di residenza dell'adottante, sentito il pubblico ministero.

Effetti e revoca: l'adottato acquista lo stato di figlio adottivo dell'adottante, acquista il cognome del genitore adottivo, anteponendolo a quello d’origine, ma l'adottante non esercita su di lui la potestà.

Non si estinguono i rapporti tra l'adottato e la famiglia d’origine. L’adozione può essere revocata per indegnità dell'adottato o dell'adottante nelle stesse ipotesi

previste per l’adozione particolare. Diritto internazionale privato: operano gli stessi principi previsti per l'adozione in casi particolari

per determinare la legge regolatrice del procedimento e degli effetti dell’adozione (vedi 12.6).

114