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mensile di informazione in distribuzione gratuita n. 75 TONINO GUERRA A CASTELLI pag. 6 SIAMO STUFI DI QUEST’ITALIA pag. 14 CORREVA L’ANNO 2011... pag. 24 AUGURI

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mensile di informazione in distribuzione gratuita

n. 75

TONINO GUERRAA CASTELLIpag. 6

SIAMO STUFIDI QUEST’ITALIApag. 14

CORREVAL’ANNO 2011...pag. 24

AUGURI

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bal

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pu

blin

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SOMM

ARIO 3 Auguri a Te

4 Piove dentro le sale operatorie 5 Le Pensioni 6 Tonino Guerra a Castelli 6 L’Oggetto del Desiderio 7 Think different su via del Baluardo 8 Ottavia, l’Oro di Cesacastina 10 Lo Svarietto di Carlo Marconi 11 Consigli per la Salute 12 Musica 14 Siamo stufi di questa Italia 14 L’Attesa 15 La Piazza 16 Senza Rete 18 Il Riassunto di Gaber 18 Note Linguistiche 19 Premio Annino Di Giacinto 20 Il Miracolo dell’Unto 20 Dura Lex sed Lex 22 Civitella del Tronto 24 Correva l’anno 2011 26 Cinema 28 Calcio 29 Coldiretti informa 30 Basket

Direttore Responsabile: Biagio TrimarelliRedattore Capo: Maurizio Di BiagioCoordinatore: Maria Grazia Frattaruolo

Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Donatella Cerasani, Luca Cialini, Maurizio Di Biagio, Maria Gabriella Di Flaviano, Girolamo Galluccio, Carmine Goderecci, Bebè Martorelli, Silvio Paolini Merlo, Antonio Parnanzone, Leonardo Persia, Sergio Scacchia, Carla Trippini

Gli articoli fi rmati sono da intendersi come libera espressionedi chi scrive e non impegnano in alcun modo né la Redazionené l’Editore. Non è consentita la riproduzione, anche soloparziale, sia degli articoli che delle foto.

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Auguri a te, sì proprio a te che affermi

che tanto l’uno vale l’altro, che

destra e sinistra siano la stessa cosa,

e poi lasci che crescano i mostri. Auguri

a Te, a te che con la busta paga non arrivi

alla seconda settimana e per sopravvivere

scendi sempre più in basso nella scala

della dignità umana.

Auguri a Te, magico buon umore, che nelle

brume più scure e disperate resisti e ci

regali istantanee di serenità.

Auguri a Te, lacrime amare versate per il

tuo caro portato via da un male incurabile.

Auguri a Te sorriso di fanciullo, che la

gaiezza continui a squittire in ogni casa.

Auguri a Te, classe politica che in

parlamento ti accapigli e tergiversi

abilmente quando devi equiparare i tuoi

compensi alla media europea, defi nendo

il calcolo pure “problematico”, mentre

invece per tagliare le pensioni ti sono

bastate solo poche ore.

Auguri all’amore che non hai mai, a

quell’amore che malgrado tutto riesce

lo stesso a camuffarsi in qualche volto,

tanto perché compaia nella vita di

ciascuno di noi.

Auguri a Te donna, maltrattata in casa e

costretta a scappare con la tua auto fi no

in Svizzera per sfuggire alle botte.

Auguri a Te precario che non hai una

sola prospettiva di metter su famiglia, di

chiedere un mutuo in banca, di lottare per

i tuoi diritti e futuro che ti hanno scippato.

Auguri a voi, clochard di tutto il mondo

che avete avuto il coraggio di non

scendere a compromessi scegliendo la

vita che volevate vivere, fi no a dormire

per un anno e mezzo dentro una cabina

per fototessere.

Auguri a voi, ricchi e benestanti perché

possiate davvero passare attraverso l’ago

di una cruna.

Auguri a tutte le commesse del mondo,

che hanno solo una domenica a

disposizione e spesso in quel giorno

piove pure.

Auguri a Te, muratore che a 70 anni

dovrai ancora lavorare e salire sopra

un’impalcatura.

Auguri a voi, a tutti i nonni e pensionati

che ancora stendete un cinquantino ai

nipoti ormai trentenni perché il “ragazzo”

si dovrà pur divertire.

E infi ne, Auguri a voi, mamma e papà,

semplicemente perché siamo in vita e

possiamo scrivere queste parole. n

dallaRedazione

l’Editorialen. 75

Auguria Te

Sanità4n.75

Piove dentrole saleoperatoriedel Mazzini

diMaurizioDi Biagio [email protected]

ATTUAL

ITÀ

Un medico chirurgo con l’ombrel-

lo lo si può vedere tutti i giorni,

almeno quando è a zonzo

per la città e il tempo volge al

peggio. Ma dentro una sala operatoria

non si era mai visto, se non in qualche

puntata di M.a.s.h., la serie televisiva

che riportava le vicende della guerra in

Corea, o in qualche altra strampalata

fi ction. E’ invece accaduto all’Ospedale

Mazzini di Teramo, diverso tempo fa,

quando un chirurgo nel bel mezzo di

un’operazione ha dovuto far ricorso alla protezione di un ombrello

sostenuto da un paramedico per ripararsi dall’acqua che gocciolava

dal solaio. L’immagine cult è stata prontamente immortalata in una

foto che ha fatto il giro dei sanitari ed ospitata anche nelle pagine

di un quotidiano. Questa volta, solo diverse settimane fa, invece è

mancato l’ombrello ma le gocce di acqua sono cadute lo stesso: il

punto incriminato delle imbarazzanti infi ltrazioni stavolta è la sala

ortopedica assieme al corridoio. È dunque una sanità che fa acqua da

tutte le parti potrebbe essere la facile battuta che qualcuno potrebbe

riservare alla nostra Asl, che di mali ne ha tanti, a cominciare dalla

mobilità passiva (si va a San Benedetto per una semplice colecisti, per

dirne una, e non per chissà cosa).

E pensare che solo quest’estate nelle sale operatorie del nosocomio

teramano erano stati portati gli ultimi lavori sulla guaina e sulla carta

catramata della terrazza per isolarle al meglio e per metterle al riparo

da intemperie. “Evidentemente si sono registrati errori tecnici – riporta

il chirurgo Piero Romanelli e assessore comunale –; in questi casi i

lavori del privato dovrebbero essere più attenzionati dall’Ente, qui

invece da quello che osservo, riscontro poco controllo”. L’ipotesi, nel

merito, è che le diverse opere di ristrutturazione che si sono succedu-

te sul tetto abbiano intaccato la funzionalità di tubature, guaine e altro,

pregiudicando quindi il buon esito. E a proposito di guaine, gli addetti

del settore segnalano che la struttura deve essere oggetto di continui

lavori di manutenzione per salvaguardare la generale effi cienza.

Dai piani alti della Asl di Circonvallazione Ragusa si fa ricondurre tutto

ai lavori del 2001 (e anche prima), una sorta di peccato originale da cui

scaturirebbero tutti gli attuali inconvenienti, in pratica una struttura

che insiste sul tetto sarebbe stata realizzata senza lasciare uno spazio

adeguato fra sé e il tetto delle sale operatorie, impedendo la manuten-

zione e soprattutto la pulizia che si deve compiere in maniera perio-

dica, generando così l’umidità, la relativa pioggia, e gli ombrelli aperti

dei paramedici su fegati e bile dei pazienti teramani. Scandagliando

meglio le esternazioni

degli operatori sanitari,

si accerta che il gocciare

dell’acqua dentro le sale

pare sia un fenomeno

abbastanza ricorrente.

Fanno fede le diverse

relazioni dei chirurghi

inoltrate alla direzione

sanitaria: quest’estate ad

esempio si è dovuta chiu-

dere la sala operatoria di neurochirurgia per questo tipo di fenomeno.

Recentemente il Mazzini di Teramo ha visto aggiungere quattro nuove

sale operatorie alle sei già esistenti, sale che rivestono un’importanza

vitale perché a pieno regime sono capaci di abbattere le liste di attesa

e dunque la mobilità passiva “ma per fare ciò occorrono più infermieri

ed anestesisti”.

Per evitare che ci si rechi a San Benedetto per una semplice ernia o

colecisti e per scongiurare tra l’altro una mobilità passiva di “basso

profi lo” che riguardi questi tipi di interventi considerati di routine,

un numero maggiore di personale di sala per l’assessore comunale

Romanelli diviene di primaria importanza. Più paramedici dunque per

abbattere le liste di attesa: e non a caso solo qualche settimana fa

da Circonvallazione Ragusa il direttore generale Giustino Varrassi ha

fatto conoscere che “entro un anno tale fenomeno verrà abbattuto

in maniera signifi cativa; stiamo riorganizzando il settore” ha spiegato.

Anche per la Cgil uno dei problemi maggiori rimane “la mancanza

del personale che è ridotto all’osso. Ai quali si aggiunge la necessità

di una riorganizzazione complessiva del sistema, soprattutto in vista

delle 400 operazioni in più da sbrigare annualmente, senza contare

che il personale è scontento e in queste condizioni opera male. Tanto

che il sindacalista Annunzio Algenj riporta di un numero d’infezioni in

crescita nelle sale operatorie perché in queste l’opera di sterilizzazio-

ne non sarebbe eseguita al meglio.

“Nella sala risveglio, poi, occorrono più anestesisti, medici e infermie-

ri” si lamentano alcuni rappresentanti sindacali. Ma la novità che in

parte potrebbe lenire il problema giunge dalla proposta di incentivo

economico sulle operazioni, una richiesta fatta dal capo dipartimento

chirurgico e trasmessa alla direzione generale che ha dato il suo ok:

in buona sostanza 800 euro mensili andrebbero a quei chirurghi che

vorranno operare fuori dall’orario di lavoro. n

Un errore di progettazioneavrebbe causato l’umidità

È dunque“una sanità che fa

acqua da tutte le parti” potrebbe essere la facile

battuta che qualcuno potrebbe riservare alla

nostra Asl...

5La riforma [email protected]

UALITÀ Le Pensioni

T anto tuonò che piovve. La mille volte paventa-

ta riforma previdenziale, con la infondata

giustificazione di salvare il nostro indebitato

Paese, è divenuta una triste realtà.

Nella nazione dove tutto è possibile e tutto si è

visto e probabilmente si continuerà a vedere, dove

sono esistiti i pensionati che non avevano mai lavo-

rato ed i pensionati ultra ottuagenari, dove si sono

liquidate pensioni di 1.000 lire e pensioni di decine

di migliaia di euro, dove la casta dei politici ha una

previdenza che nonostante gli attuali mutamenti di

facciata, continua a far gridare vendetta, è arrivata

la più feroce ed iniqua riforma che si potesse

ideare.

Questa riforma della previdenza, è stata progettata

in maniera estremamente semplice, oserei dire

elementare, anche chi non ha la minima nozione

di previdenza e di economia, avrebbe potuto fare

lo scempio che è sotto gli occhi di tutti, e forse,

anzi certamente, l’uomo della strada, utilizzando

pragmatici principi ed un pizzico di buon senso,

avrebbe realizzato una riforma certamente più

equa e senza dubbio più umana. L’unico principio

utilizzato dall’attuale legislatore è stato quello di

“cassa”, e tutti i concetti artatamente sottolineati,

quali l’equità, la liberazione di risorse per favorire

l’occupazione e la crescita, la tutela delle gene-

razioni future, sono la quintessenza dell’ipocrisia,

come ipocrita è stato il pianto del ministro Fornero.

La verità è che i soldi dei lavoratori, sono stati sper-

perati per far apparire bello e capace, or questo or

quel politico, dimenticando che i contributi versati

sono patrimonio del singolo lavoratore versante, ed

utilizzarli allegramente può configurarsi senza giri di

parole come un’appropriazione indebita.

Tantissimi anni fa, quando le casse previdenziali

erano ricche grazie al razionale ed equo sistema a

capitalizzazione, per ragioni squisitamente elettora-

listiche, si pensò di allargare i cordoni della borsa,

elargendo a destra e a manca pensioni non dovute,

e per sostenere l’inarrestabile emorragia, si pensò

di passare al sistema a ripartizione, che molto sem-

plicemente significa soddisfare il fabbisogno attingendo dai versa-

menti della popolazione attiva. Gli errori si sono ripetuti e moltipli-

cati nel tempo, ed un bel giorno ci si è accorti che i forzieri erano

vuoti, e che grazie a mille provvedimenti errati, le unità attive erano

divenute insufficienti per far fronte ai bisogni di coloro i quali, esau-

rito il proprio percorso lavorativo, chiedevano il giusto compenso

per godersi in maniera decorosa gli ultimi anni della propria vita;

ed allora il colpo di genio è stato quello di ideare un sistema che

ritardasse di molto l’età per accedere alla pensione,

condendo il tutto con una spropositata dilatazione

del requisito dell’anzianità contributiva (42 anni gli

uomini e 41 le donne) e con un nuovo sistema di

calcolo fortemente penalizzante (contributivo per

tutti). La formula ha un significato molto amaro, che

si può tradurre così: lavora e versa tanto, per poi

prendere poco con l’augurio di restare su questa

terra il meno possibile.

La politica cerca di farci credere che questa riforma

salverà l’Italia, e che domani i nostri figli avranno un

lavoro e dopo una pensione. Nulla di più falso, per-

ché alla riforma previdenziale non è legato nessun

provvedimento per l’occupazione, e i nostri giovani

con le attuali regole vedranno l’ipotetica misera

pensione non prima di aver compiuto settanta/set-

tantacinque anni e forse anche di più. I presupposti

necessari per garantire una previdenza seria ed

equa, sono una vigorosa occupazione che renda

sufficiente la fonte del prelievo, ed una immediata

separazione della previdenza dall’assistenza.

Inoltre, per fare ulteriore chiarezza sull’errore

compiuto, bisogna analizzare la palese contrad-

dizione esistente fra aumento della produttività e

l’aumento dell’età pensionabile. La popolazione che

invecchia non può garantire la produttività, in quan-

to per ovvie ragioni sia fisiologiche sia psicologiche,

il trascorrere del tempo fa segnare un inesorabile

calo del livello produttivo. Pertanto è irrazionale

puntare sull’allungamento dell’età pensionabile se

si vuole avere una macchina produttiva efficiente

ed efficace, che è la condizione necessaria per far

decollare l’economia nazionale.

I sociologi degli anni ’80, valutando l’evoluzione

tecnologica, la capacità dei sistemi sociali di gestire

efficacemente le ricchezze naturali rendendole

accessibili in maniera sufficiente a tutti ed a basso

costo, avevano ipotizzato un mondo proiettato

alla crescente cura del benessere dell’uomo, che

avrebbe potuto elevarsi, curando sempre di più

se stesso, consentendo così una crescita cultu-

rale a livello esponenziale, la quale sarebbe stata

propedeutica alla reale possibilità di aumentare

l’allungamento della di vita, in quanto le accresciute

conoscenze con le migliorate condizioni sociali ed

ambientali avrebbero concretizzato tale possibilità.

Purtroppo quella previsione non si è avverata e

l’uomo dovrà tornare a brutalizzarsi a causa di una classe dirigente

che per salvaguardare gli interessi di pochi, non ha saputo guardare

nella giusta direzione. n

...la manovra

n.75

diFausto Napolitani

Al “Castelli di Natale 2011”

già ricco di numerosi eventi che

hanno come tema, ovviamente la

ceramica e i suoi molteplici utilizzi,

non poteva mancare una grande mostra

che per specifi cità ed originalità mostrasse

il sensazionale spettacolo dell’arte interna-

zionale..

Ed è così che grazie all’interessamento di

Giancarlo Puritani, appassionato ed attento

curatore di eventi culturali, è nata l’idea

di coinvolgere un grande artista affi nché

proponesse a Castelli una esposizione

La MostraEVE

NTI originale su temi

contemporanei.

Tonino Guerra,

sceneggiatore di

fi lm che hanno

segnato la storia

della cinematografi a

mondiale nonché

grande poeta e

pittore, in un trionfo

di suoni, luci e colori,

espone presso il

ristrutturato edifi cio comunale di

Salita Paradiso in una bellissima

sala, venti tele che celebrano il

150˚ anniversario dell’Unità d’Ita-

lia. Contemporaneamente, sono

esposte anche 24 straordinarie

tele, stampate a mano dall’Anti-

ca Stamperia Pascucci 1826, su

bozzetti di Tonino Guerra, dal titolo “I Colori che ridono”

La mostra è patrocinata dal Ministero dei Beni Culturali ed organizzata

dal Comune di Castelli, dalla C.C.I.A.A. di Teramo e dal Centro Ceramico

Castellano.

La città di Castelli è onorata di avere come ospite un artista eclettico e a

tutto tondo come Tonino Guerra, artista che, peraltro, lo scorso febbraio

è stato insignito ad Hollywood del premio “Jean Renoir Award”, che lo ha

consacrato come uno dei più grandi sceneggiatori dei nostri tempi. n

6n.75

Tonino Guerra a Castelli

dallaRedazione

dal 10 Dicembre al 7 Gennaio

[email protected]

L’ oggetto del desiderio di questo nostro Natale è il

meraviglioso anello di fi danzamento

che il Principe Carlo d’Inghilterra donò a Lady Diana

e che oggi, a distanza di 30 anni, il primogenito William,

erede al trono d’Inghilterra, ha donato alla sua Kate. Per il giovane

principe un doppio atto d’amore, per la sua sposa e per la mamma che

ha amato più di ogni cosa.

Nulla hanno potuto le critiche e i pettegolezzi cuciti intorno a questo

preziosissimo dono:

un gioiello di famiglia che, come tradizione vuole, si tramanda di genera-

zione in generazione.

La storia del gioiello ha una caratteristica unica: mentre l’evoluzione

delle tecniche ne ha migliorato la qualità, le sue forme diffi cilmente

passano di moda. I motivi non scompaiono, ma si ripetono nel tempo.

Infatti l’anello di Kate ripropone agli occhi del mondo uno zaffi ro blu

contornato di diamanti, uno gioiello intramontabile preferito dalle dive

più raffi nate del pianeta e oggi, più che mai, dalle meno famose ma

sempre splendide donne accanto a noi.

Lo zaffi ro è una gemma di grande pregio, dura e resistente

molto amata dai gioiellieri perché spesso si presenta in

grandi carature.

Zaffi ri molto belli provengono dal Cachemire (India): il loro

colore è intenso e vellutato e i costi raggiungono valori

elevati; ma è tuttavia in Birmania, nella regione del Mogok,

che si trova al qualità migliore. Lo zaffi ro è una delle poche

pietre preziose cui non è mai stato attribuito nessun potere

nefasto. Nella tradizione cristiana, evocando il colore del

cielo, divenne il simbolo del Redentore. Inoltre lo zaffi ro

ha un effetto calmante e rassicurante, ispira fede e amore e aiuta a

superare i momenti diffi cili.

Oggi l’anello della principessa è un gioiello alla portata di tutti proposto

nei modelli in oro con pietre preziose o semi-preziose, oppure nella

versione in argento.

Uno scintillante Natale e un Brillante Anno Nuovo. n

Da Dianaa Kate

L’Oggetto del Desideriodi

Carmine Godereccidi Oro e Argento

L’ anello delle principesse

7Asili [email protected]

UALITÀ

T hink different esorta il

teramano Dario Di Nucci.

Un think different rivolto ai

nostri amministratori fasciati

a volte di quella patina burocratica

che rende problematica ogni riso-

luzione nel settore pubblico, stran-

golato da lacci e laccioli e da un

ordinamento che svilisce ogni tipo

di ferrea volontà. Il “pensa differente” del teramano Di Nucci riguarda la

chiusura dell’asilo di Via Del Baluardo, ormai condannato a scomparire

malgrado tutte le peculiarità storiche acquisite nel tempo, come “il son-

nellino, gli orari e il calendario”, solo per fare qualche esempio: “Un patri-

monio di servizi che lo rendeva unico nel panorama cittadino e che non

potrà più essere riorganizzato in ambito statale a causa di una serie di

vincoli legislativi e regolamentari che non consentono deroghe”. Di Nucci

con queste parole si vuole rivolgere al sindaco Brucchi e all’assessore

Romanelli che avrebbero già scritto la parola fine alla struttura, vorrebbe

farli ragionare ma al contempo riconosce che le argomentazione dei

nostri rappresentanti politici per contro “siano decisamente persuasive”.

Ma lui va oltre, va dunque al think diffe-

rent, cercando di scansare anche per un

attimo la consueta abitudine a ricorrere

ai tagli per scarsezza di risorse (e di

idee), puntando invece alla formula del

reinventarsi, soprattutto quando si tratta

di far affluire nuove risorse in cassa. La

sua, ci tiene a ribadire, non serba i crismi

di una protesta fine a se stessa, ma anzi

si auspica “l’uscita da quel circolo vizioso

di pensiero che caratterizza la gestione

della cosa pubblica, una condizione re-

cessiva innestata dalla sempre maggiore

scarsezza di risorse, contro la quale, però, l’amministrazione si limita a

puntare il dito”. In parole povere, il think different di Dario Di Nucci punta

a individuare un diverso modo di gestire le esigenze sociali o almeno

a scorgere un modo alternativo per valorizzare la cosa pubblica e farla

divenire “un polo attrattivo di risorse pubbliche o magari anche private”.

Il cittadino teramano non ha la presunzione di insegnare nulla, questo lo

afferma a caratteri cubitali, ma fa leva su quello che lui definisce il cuore

che apre ogni porta, provando con riunioni e consultazioni a dare voce

ai genitori dei piccoli della scuola dell’infanzia “Vittorio Emanuele II”. Di

Nucci si è guardato attorno e ha trovato “il diverso pensiero”, strutture

scolastiche comprensive (nido e scuola dell’infanzia) a Reggio Emilia, ad

esempio, dove le fami-

glie partecipano atti-

vamente alla gestione

dei servizi comunali

per l’infanzia, col

proposito “di radicare

una cultura parteci-

pativa nel territorio”.

“Il sistema di gestione

integrato dei servizi

comunali 0-6 anni

- prosegue Di Nucci -

realizza delle economie di scala e fa sì che la contribuzione familiare non

sia una tassa meramente diretta alla copertura delle spese necessarie

al singolo bimbo, ma un investimento per il percorso complessivo che

l’allievo compirà nella struttura fino all’età scolastica. Anche il mecca-

nismo di solidarietà per i meno abbienti, che trae risorse dalle maggio-

razioni richieste in funzione del reddito, appare più funzionale perché

capillarmente distribuito su un numero maggiore di famiglie”. Poi c’è

l’altro esempio anche più vicino a noi, quello dell’Istituto comprensivo di

Torricella Peligna che, in collaborazione con l’Istituto Magistrale De Titta

di Lanciano, ha varato un progetto nell’ambito degli ormai famosi fondi

Fse 2007-13. “Lei, sindaco, un progetto finanziabile o, come piace dire di

questi tempi, sostenibile, ce l’ha già, e potrebbe portare benefici in ter-

mini economici a tutto il sistema nido-scuola dell’infanzia del Comune di

Teramo”. Di Nucci si riferisce al progetto Asilo di Via del Baluardo “con le

sue particolarità”. “E allora perché non ripensare l’intera gestione del si-

stema? Perché non ripensare un nuovo concetto di economicità e nuove

risorse sfruttando le eccellenze del sistema e ottenere così nuovi posti di

lavoro”. E per concludere ci si appella ancora alla fantasia (il destino ne

ha più di noi, la fantasia umana è immensamente più povera della realtà).

A quella fantasia che occorrerebbe in questi frangenti, in questi anni di

tagli e di profonda recessione. Il cittadino Di Nucci la invoca, la pretende

quasi e “non solo negli amministratori ma in chiunque perderà un po’ del

suo tempo a seguire i miei pensieri perché davvero spero che la voce di

tutti non serva solo a far cambiare idea ai politici ma a dare una nuova

idea o a sostenere quella che, spero, sindaco e tutti gli amministratori di

cuore, really thinking different, sapranno realizzare per l’Asilo di via del

Baluardo”.

Mi si dirà: fantasia. Ed è proprio quello che occorre e che invoco. n

su via del Baluardo

n.75

diMaurizioDi Biagio

Think different

Un teramano esorta l’amministrazione comunale ad avere più fantasia per non far morire l’asilo di Via del Baluardo

Multe a Teramo8n.75

L’oro diCesacastina

diMaurizioDi Biagio [email protected]

ATTUAL

ITÀ

E chi lo avrebbe mai pensato che alla fi n fi ne, dopo progetti europei

e regionali sullo sviluppo delle zone più depresse dell’entroterra

teramano, l’oro di Cesacastina fosse proprio la sua chiara, dolce

e fresca acqua. Certo a pensarci bene sarebbe apparsa da subito

come la cosa più ovvia, ma si sa in periodi di tecnocrazia esasperata le

pianifi cazioni più sono dotate di iperboliche e astruse visioni, più hanno

la chance di essere prese in esame.

Ne sappiamo qualcosa noi con il progetto strategico Teramo 2020: alzi

la mano chi ci abbia capito qualcosa. Non è un caso che il genio resti la

punta estrema del senso pratico. Sicché nel giro di due anni, ma forse

anche prima, usciranno dallo stabilimento che verrà realizzato nei pressi

della sorgente denominata “Lagnetta”, nel comune di Crognaleto, le

prime bottiglie di acqua minerale “Ottavia” che nelle intenzioni dovran-

no invadere il mercato nazionale ed estero. Qualche settimana fa, la

Regione Abruzzo nel Bura ha sancito il suo sì alla concessione mineraria

per la coltivazione e lo sfruttamento di un giacimento di acqua minerale

della sorgente, stabilendo anche la quantità di emungimento nella

falda idrominerale: si potranno estrarre 2,65 litri/secondo nel periodo

autunnale–invernale e 4,45 l/s nel periodo primaverile, con l’obbligo di

rilascio in maniera continuativa, presso l’opera di presa, della portata

di rispetto per la sorgente, pari ad almeno 1,2 l/s. “E’ una manna che

è calata dal cielo” riferisce euforico il sindaco di Crognaleto, Giuseppe

D’Alonzo, che non sta più nella pelle. “Questo signifi ca ricchezza per il

nostro povero e martoriato territorio e soprattutto maggiore occu-

pazione, per non parlare poi di tutto l’indotto che si potrà ingenerare

attorno allo stabilimento”. Le royalties dovranno essere ancora fi ssate

ma rappresenteranno un’ulteriore entrata per le asfi ttiche casse del

comune montano, “così come il gettito dell’Ici derivante dal capannone

di ben 4 mila metri quadrati”. Ma nella bella favola di Cesacastina si

stanno per incrinare alcune certezze: lo stabilimento sorgerebbe in una

zona dichiarata “zona rossa” dal Pai (Piano d’assetto idrogeologico) e

per evitare che sorgano problemi che potrebbero complicare le cose,

molto probabilmente lo stabilimento “slitterà” un po’ più a valle, “di

poco” però vuol rassicurare D’Alonzo, che teme il dileguarsi della territo-

rialità dell’oro di Cesacastina, un’evenienza che fa rizzare i peli al primo

cittadino. La sorgente è posta in alta quota (a circa mille metri) e dunque

fornisce acqua di qualità “tra le prime tre o quattro in Italia, utilizzabile

anche per il latte in polvere per bambini, dal momento che la sua tabella

chimica è da considerarsi ottima” riferisce il sindaco. Le caratteristiche

organolettiche, fi siche e chimiche, sono dunque notevoli e che rendono

il prodotto ideale per svariate esigenze di mercato.

Nell’acqua sono presenti 3,1 milligrammi di sodio per litro, indicata quin-

di nelle diete povere di tale sostanza. Ottimo anche il residuo fi sso, cioè il

contenuto salino totale dell’acqua a 180 gradi che è pari a 152 milligram-

mi per litro, in buona sostanza un’acqua oligominerale. È praticamente

neutra per il contenuto di sali minerali e per il Ph che è di 7,5. Rimar-

chevole anche il dato dei nitrati e nitriti, espressione di degradazione di

sostanze organiche azotate: l’acqua di Cesacastina presenta meno di

un milligrammo per litro nel caso dei nitrati e meno di 0,001 milligrammi

per litro per i nitriti, davvero poco, anzi pochissimo, rispetto a quasi tutte

le acque in commercio. Una peculiarità che dovrà rendere il prodotto

molto competitivo sul mercato. Si partirà da subito con una produzione

di 18 mila bottiglie giornaliere, numero che potrà ulteriormente salire, e

saranno 24 i Tir che le trasporteranno dap-

pertutto con una rete viaria inevitabilmente

da perfezionare. Eh, sì, perché il tallone

d’Achille dell’operazione “Ottavia”, il cui

investimento è di cinque milioni di euro, sta

proprio in quelle strade non all’altezza, in

quelle infrastrutture che dovrebbero essere

assolutamente migliorate e che rappresen-

tano il cruccio del sindaco D’Alonzo. Pur

tuttavia, a realizzare l’operazione commer-

ciale sarà l’imprenditore giuliese Giuseppe

Marozzi che ha voluto imprimere nella

dicitura dell’acqua il nome di sua fi glia Otta-

via. In un territorio martoriato da problemi

di varia natura, poter contare su una risorsa

del genere, per l’amministrazione locale “è

come aver trovato l’oro” sottolinea ancora

D’Alonzo che cela a fatica la sua felicità. “E’

una risorsa notevole per Cesacastina e per i

suoi abitanti” prosegue fi no all’infi nito. n

Con Ottavia, acqua di montagna, Cescastina ci guadagna

Èpossibile valutare il fenomeno sociale che ha orbitato attorno

allo Svarietto di Carlo Marconi da almeno due differenti pro-

spettive. La prima, forse la più ovvia e in certo senso inevitabile

per ogni iniziativa culturale di provincia, che vi vede qualcosa

di casereccio e semidilettantistico, legato a un momento storico

largamente datato. La seconda, che al contrario vi vede la quintessen-

za del genuino, l’espressione necessaria e ingiustamente dimenticata

di un modo di fare arte dal basso, come aggregazione interclassista,

attraverso percorsi di condivisione spontanea. Tenterò qui di evitare

entrambe queste letture, che trovo ugualmente parziali e restrittive.

Lo Svarietto fu, e rimase per tutti i suoi circa vent’anni di attività, l’e-

spressione diretta di un uomo, di una volontà, di un estro. Ed è da qui

che partirei. Figura semplice ma non incolta, Marconi a Teramo aveva

iniziato il suo percorso come giovane maestro aspirante scrittore, pub-

blicando nel 1950 un suo racconto, Occhi Neri, con l’editore Gastaldi di

Milano. Da qui a quelle che presto vennero simpaticamente chiamate

le sue “pazzie teramane”, il passo fu breve. Indicata dal 1976 su inviti

e affi ches d’apprima come “Centro d’Arte Il Torchio”, poi come “Amici

dello Svarietto” e infi ne, dal 1979, semplicemente, “Lo Svarietto”, la

Teramo culturaleCUL

TURA casa-giardino di Carlo Marconi divenne un cenacolo artistico-culturale

sui generis, di quelli poco paludati e del tutto antiaccademici, aperto a

tutti e d’intonazione goliardica, le cui parole d’ordine venivano scan-

dite da antichi detti in lingua vernacolare. Giammario Sgattoni, che fu

spesso partecipe di queste allegre brigate di artisti e intellettuali più

o meno accreditati, si espresse negli anni Ottanta sostenendo che Lo

Svarietto era qualcosa impossibile da defi nire, «qualcosa di anomalo,

irregolare, nel senso positivo dei termini; certo è che quello che lì si è

fatto negli ultimi dieci anni, a Teramo ha mosso un po’ le acque. Non

dimentichiamo che spesso ha colmato la latitanza degli Enti pubblici

nelle attività culturali».

Che esso sia stato poco preso sul serio, tranne che a titolo di

amarcord personale, lo testimonia il fatto che nessuna approfondita

analisi è stata fi nora anche solo tentata su questo argomento, a parte

un volume a più mani apparso a Teramo nel 1996, redatto in modo

raccogliticcio e senza indici, tre anni dopo la scomparsa di Marconi,

quando l’estinzione del ritrovo era ormai completa. Personalmente

non partirei da riletture di tipo puramente storico, che ci porterebbero

a fagocitare l’unicità di quella esperienza entro mille altre esperienze

analoghe di un’Italia ancora incapace di rinnovamento, mai liberatasi

dal proprio egocentrismo conservatore, ossia, ancora una volta, a

contrapporre in modo equivoco un’arte borghese a un’arte popolare,

diretta emanazione della sagra profana, della festa di paese, del folk-

lore localistico. Un dualismo semplicemente assurdo. Tant’è vero che

nel giardino di casa Marconi ebbero spazio Ivan Graziani e il comples-

sino anonimo, la Corale Verdi del maestro Vetuschi e il suonatore di

organetto, Giovanni Melarangelo e Guido Montauti insieme a collettive

di pittori esordienti, attrici “alte” come Paola Borboni insieme al “Gia-

cobbo” di Vincenzo Cimini, danzatrici sublimi come Liliana Merlo come

l’ultimo degli artisti girovaghi. Qualcosa di assolutamente impensabile,

oggi, per uno spazio dedicato. Fatto questo per certi versi inevitabile:

nell’era di internet, del superamento delle barriere nazionali, della

commistione tra culture senza più ingerenze ideologiche, sia l’artista

che il fruitore dispongono di orizzonti enormemente più vasti.

E tuttavia, l’esempio di uomini come Marconi potrebbe tornare utile

a molti. Mi riferisco alla nuova generazione di animatori artistici che,

anche a Teramo, gestiscono spazi del genere – e rivolgo un pensiero

alla neonata “Arca”, che non so per quanto e per dove sarà in grado

di navigare - mostrando verso ogni reale apertura prudori e diffi denze

che sfi orano la repulsione, prediligendo lo sbugiardato alla ben più

faticosa operazione di ricerca e riscoperta della storia territoriale. Co-

storo preferiscono il già noto, il già detto, il già fatto. Ebbene Marconi

no. Marconi non entrò mai in circuitazioni nazionali o internazionali,

e questo fu certamente un suo limite. Ma aveva idee da vendere,

“lampadine”, come egli le chiamava, in grado di generare interazioni

virtuose nel contatto continuo con le mille realtà umane che lo circon-

davano, senza pregiudizi, senza fi ltri mentali, senza schemi precostitu-

iti da dover seguire supinamente, senza ambizioni spropositate, senza

velleitarismi da copertina. Era provincialismo il suo? Può darsi. Ma c’è

provincialismo e provincialismo.

A uno di questo tipo può contrapporsene un altro ben più arido e

subdolo, quello dell’antiprovincialismo fondamentalista, che lungi

dall’essere meno anonimo del primo lo è anzi infi nitamente di più. Il

suo solo valore aggiunto sono i lustrini, la fi nzione, l’asservimento al

mercato, l’opulenza senza sostanza. n

10diSilvioPaolini Merlo [email protected]

n.75

Lo Svarietto di Carlo MarconiQuando l’arte in provinciaera partecipazione

1010

L’ infiammazione delle alte vie

aeree e dei bronchi provoca

una notevole formazione

di muco, dovuto ai residui

di linfociti che hanno combattu-

to la loro battaglia con gli agenti

patogeni.

Risulta essere quindi materiale puru-

lento che deve essere eliminato.

Da qui la necessità da parte del no-

stro organismo di innescare il “colpo

di tosse”, atto che meccanicamente

asporta questo materiale permet-

tendo di eliminarlo.

Per favorire questa naturale “pulizia”

dai bronchi e trachea è utile ricorre-

re a mucolitici e lenitivi che rendono

questo processo meno traumatico

per il nostro organismo.

n.75

11Consigli per la salute

diDonatella Cerasani

SALUTE La tosse è anche un

meccanismo di difesa:

sostanze e agenti pato-

geni che si appoggiano

sulla mucosa delle pri-

me vie aeree, innescano

la tosse, in modo tale

che vengano espulse

prima di creare ulteriori

danni.

Normalmente la tosse

non và sedata, proprio

perché protegge e

ripulisce il nostro albero

bronchiale, se non in

casi estremi, quando

ad esempio, se molto

stizzosa e frequente, di-

sturba il riposo notturno.

In caso, nonostante

l’aiuto di prodotti muco-

litici e lenitivi, la tosse

rimanesse persistente

e subentrasse dolore al

petto o febbre è neces-

sario rivolgersi al proprio

medico curante. n

La Tosse

Chiamato anche jazz fusion o fusion

jazz rock, questo genere nasce a

metà anni ‘60 negli Stati Uniti, ma il

suo massimo splendore e con una

nutrita schiera di musicisti, è attorno agli

anni ‘70.

La fusion – letteralmente tradotto signifi ca

fusione, è un genere musicale che mescola

sonorità e stile jazz con strumentazione

tipicamente rock (chitarra elettrica, basso

elettrico, tastiere ecc.), e contaminazioni

funky. Il genere di per sé non ha nulla di

particolare, si basa su tempi più o meno

lineari rispetto al jazz, pur rimanendo

legato ad esso, dando spazio ad uno stile

più funky; ritmiche incalzanti e “monoto-

ne”, chitarre fl uide e assoli modici, basso

incollato alla ritmica, variano spesso la voce

o il solista che può essere la tastiera o la

chitarra stessa.

Negli anni ‘70 questo genere muta di

musicista in musicista, ma anche di terra in

terra, infatti in America la fusion trova artisti

come Frank Zappa e Weather Report, che

contaminarono il genere con elementi rock,

Miles Davis con “Bitches Brew” con elemen-

ti jazz oriented, mentre in Europa troviamo

gli inglesi Soft Machine orientati verso una

fusion rock con elementi elettronici e i Fran-

cesi J.L. Ponty e P. Moerken ‘ Gong, orientati

verso una fusion jazz rock più classica e

meno funky.

Dunque la fusion inizia a salire nelle classi-

fi che di tutto il mondo a metà anni ‘70 con

un exploit unico.

Tra i tanti artisti già citati Frank Zappa,

Weather Report, Soft Machine, Ponty e

Moerken, troviamo anche i The Crusaders,

Billi Cobham (Spectrum) Jaco Pastorius,

grazie insomma al successo planetario di

questo genere molti altri artisti si sono poi

cimentati in questo genere.

Nonostante ciò, la fusion comunque mutò

il suo aspetto sonoro prediligendo più la

caratteristica rock, lo stile jazz venne meno

intorno alla metà degli anni ‘70 lasciando

spazio a momenti funky.

Non da meno l’utilizzo dell’elettronica, dalle

tastiere ai sintetizzatori che in linea genera-

le erano utilizzati da sottofondi particolari.

In Italia abbiamo avuto grandi nomi ad oggi

forse dimenticati o mai elogiati, gli Area

(protagonisti anche del prog rock), Napoli

Centrale (di James Senese), ma anche Pino

Daniele, Arti&Mestieri, e tantissimi altri

artisti italiani.

Parliamo di una BandStraight OppositionSi chiamano così il quartetto pescarese

che ci propone un buon Hardcore di scuola

Biohazard, Helmet, Terror , ma anche

l’Hardcore di vecchio stampo.

Un genere l’Hardcore che non sempre rie-

sce a esplodere, così come i nostri ragazzi

che a Pescara la fanno da padrone visto la

scena povera, come del resto in genere in

Abruzzo.

Ragazzi che si “fanno in quattro” per por-

tare la loro musica, le loro sensazioni e la

loro carica.

Uniti dal 2004 con vari cambi di line – up, la

band si è fatta strada con ben 220 live tra

Italia ed Europa in 6 anni e 2 album; Step by

Step del 2006 e Fury Stands Unbeaten del

2010, per Indelirium Records.

Attualmente la band è composta da; Luca,

Ivan, Giambattista e Ivan.

Una discografi a – 20 Steps On Mediocracy

per Bldcloth Records (Bulgaria), una demo

nel 2004 e svariati split cd e compilation.

Ma anche tantissimi concerti con nomi

grossi della scena; Madball , Terror , Slap-

shot , Ratos De Porao , Raw Power e tanti

altri.

Cos’altro?

Vale la pena ascoltarli se vi piace il genere,

e se non lo conoscete seguite loro e la loro

musica su:

www.reverbnation.com/straightopposition

n

Parliamo di MusicaMU

SICA12 [email protected]

n.75

diLucaCialini

Fusion

hanno lasciato da poco un’Italia ingrata per

raggiungere un paese che loro defi niscono

senza ombra di dubbio “più normale” e soprat-

tutto “più serio” e meno avvitato su stesso con

un’economia che langue ed una politica di cui

dicono di essere schifati per l’immagine che

quotidianamente offre alla gente “tra bunga

bunga e sterili parapiglia in tv”. “Siamo stufi di

quest’Italia”. Solo poche settimane fa hanno

lasciato defi nitivamente il posto di lavoro per

cercare un futuro migliore altrove.

La loro meta è Perth, Australia, il continente dei

canguri e delle nuove speranze, visto che diversi

altri nostri conterranei anelano a farsi una nuo-

va vita da quelle parti, nella terra dei “convicts”,

dei galeotti che provenivano dall’Inghilterra

e dal suo impero, e del canguro. “Il coraggio

l’avete voi che restate qui” replicano quasi

beffardi i due a tutti coloro che mostrano una

certa perplessità alla scelta di cambiamento.

Snocciolano esempi di cattiva Italia, di sistema

che non va più, di reazioni alla crisi che a diffe-

renza di un tempo non emergono. Tanto se ne

potrebbe parlare per ore di cosa non va tra la

Val D’Aosta e Lampedusa. Ma la goccia che ha

fatto defi nitivamente traboccare il vaso è stato

vedere tutta l’Italia che negligentemente ha

ruotato attorno al fi glio che ora ha 5 anni. “Con

lui ho conosciuto ancora più da vicino il nostro

sistema sanitario, le farmacie, i pediatri, la ma-

lasanità in poche parole, e posso affermare che

qui lo scenario è cambiato completamente”.

Parla con molta lucidità Piero. Nelle sue parole

non v’è rancore, odio, o giustifi cazioni di sorta,

ma sola una lucida e spassionata analisi dei mali

che stanno condannando una genia che fi no a

poco tempo fa era defi nita esuberante e vitale.

Per essere più precisi, la loro scelta è maturata

un anno fa e Piero l’ha sviscerata molto atten-

tamente con sua moglie, i suoceri, e suo padre.

Alla fi ne nessuno si è frapposto a nessuno: tutti

a denti stretti hanno ammesso che qui forse

non è più il caso di continuare a starci, che il

futuro da noi è molto più diffi cile. Per calarsi nel

suo prossimo futuro, nei giorni precedenti la

partenza Piero si è sprofondato nella quotidia-

nità australiana leggendo con avidità il “Perth

News” e “The Australian” e i paragoni saltano

subito agli occhi: “Già dall’informazione si capi-

sce la differenza tra i due paesi e la brutta china

su cui ci siamo inerpicati, lì si cerca di maggio-

rare i servizi, qui invece si tagliano, lì ruota tutto

attorno alla famiglia, qui si pensa ad altro”.

Anche gli amici del calcetto hanno capito. Di-

cono che il piccolo sia già pronto perché laggiù

Nuovi migranti14n.75

Siamostufi di questaItalia

diMaurizioDi Biagio [email protected]

ATTUAL

ITÀ

La storia diPiero e Giovannaemigrati perché a Teramo non c’è più futuro

Non sempre nel nostro immaginario

collettivo di migranti le valige sono di

cartone. Ora quelle che accompagnano

gli Italiani per continenti dall’altro capo

del mondo sono perlopiù griffate e le navi per

raggiungere le nuove terre non sono più quelle

di un tempo con le terze classi alla Di Caprio

per intenderci, ma solo comodi ed ovattati jet

che lasciano lunghe scie bianche nel cielo blu

della sera. L’emigrazione dei fi gli di quest’A-

bruzzo martoriato che nel tempo ha fornito

braccia e menti a mezzo mondo, riprende

piede e torna a far piangere i propri cari.

Piero e Giovanna, ad esempio, due Teramani

di Pineto con ottimi ed invidiabili contratti a

tempo indeterminato, casa propria e auto,

L’attesaVorrei correre su verso le stellele più lontane, e poi continuarealla fonte del tempo e della lucenello spazio infi nito, qui cercareil bambinello prima che si parta,per giungere costì, entro dicembre.

Dissuaderlo, se mai potessi fare, a venire quaggiù frammezzo a noi:“lasciaci soli, resta quassù nel cielodov’è silenzio e Amore, lascia stare, la gente non è più come una volta piena di fede e gonfi a di speranze.

Malinconici aspetti, occhi velati di bimbi danno tenerezza, la gioia se ne è andata via come le foglie, quando l’autunno tutto quanto veste; le grosse nubi paiono giganti, nere di pioggia coprono ogni cosa”.

Mi fi ssava così, gli occhi lucenti, lui che sapeva già tutte le cose:del dolore, del pianto dei fratelli, che quasi non l’udii, sì che lo sguardo gentile, volto a me, qual bianca luna radioso era e caldo più del sole.

Dolce mi disse con la voce soave:“torna laggiù e aspetta coi pastori, dove già sai nei pressi di Betlemme sotto la bianca stella con la coda, fra l’asino ed il bue. La dolce Madre, Giuseppe il giusto uniti ad adorare”.

Girolamo Galluccio, 07/12/2011

gli hanno detto che ci sono parchi meravigliosi

e le scuole non sono così brutte come qui da

noi e poi l’istruzione “è meno boriosa di qui

perché s’apprende giocando”. “Abbiamo la

consapevolezza del nostro gesto”, ripetono i

quarantenni Piero e Giovanna e non per mero

sforzo di autoconvinzione ma perché l’Australia

nel loro immaginario non è solo il futuro che sta

per cambiare ma anche un ritorno alla vita fatta

di speranze, che però passa inevitabilmente

con un addio ad un vecchio mondo familiare

che si sta disfacendo sotto i loro occhi. La

scelta pare ineluttabile, ripete più volte Piero,

quasi un’ossessione la sua, di non voler arrivare

a sessant’anni forse col rimorso di non essere

partito e di non aver cambiato le sue sorti ma

soprattutto quelle di suo fi glio. n

L’attesa

15Teramo [email protected]

UALITÀ

O ccupy Piazza Martiri della Liberta, solo così possiamo

dare l’idea dell’indignazione che monta in molti di noi a

vedere uno spazio architettonico vitale per la nostra città

reiteratamente occupato per la maggior parte delle volte

da bislacche iniziative che nulla hanno a che fare con un elemento

che sprigiona funzioni sociali primarie che vanno dai peripatetici

socratici (da coloro che filosofeggiano delle

cose della vita, de llu campà per intenderci)

fino agli ultrà del calcio, gossipari, e perfino

crocicchi di massoni, come rilevato recente-

mente dal professor Elso Simone Serpentini.

Una vasta gamma di fauna etica che vive di

piazza, un elemento sociale che nel nostro pa-

esone, come molti ormai definiscono il nostro

capoluogo alla luce degli ultimi avvenimenti, è

sempre più indignato contro quella vis rurale

che non vuole abbassare la guardia.

Non ne vuole assolutamente sapere di scrol-

larsi di dosso questa reputazione che sta me-

ritevolmente guadagnando giorno dopo giorno

sulla scia di un forsennato panem et circenses,

con stand addossati perfino nelle entrate della cattedrale, tanto

che lo stesso don Aldino, il parroco del duomo, ha dovuto beata-

mente tirare le orecchie ai nostri amministratori.

Le ricotte sono pericolosamente esposte per troppo tempo con

rischio della salute pubblica, in rassegna banali cianfrusaglie e

cineserie senza nessun valore aggiunto. Nell’ultima manifesta-

zione di Art&Ciocc, compaiono specialità siciliane e d’ogni dove

a prezzi stellari, ma non le peculiarità teramane che in questo

contesto non avrebbero affatto sfigurato, anzi, niente sfujatelle,

caggiunitte, niente papatille, ma dolci che troviamo in qualsiasi

centro commerciale preparati attraverso orripilanti procedimenti

chimici e conservati con poca attenzione per la salute pubblica,

roba da Nas.

Gli alberi di Natale sono posticci ma a gratis (non è che tra le mura

si fa entrare anche il cavallo di Troia? tanto è un dono), star tele-

visive strapagate, dirette impedite all’ultimo minuto solo per far

dispetto ad un giornalista che non celebra l’ambaradan di palazzo.

Sott’accusa dunque l’usura esacerbata e irritante del selciato

di Piazza Martiri che svilisce profondamente la funzione di tale

fondamentale elemento architettonico, in un contesto già mutilato

da presenze quantomeno inappropriate. Sott’accusa “in questo

paesotto sonnacchioso e un po’ arretrato”, come qualcuno ha

affermato solo pochi giorni fa, il senso estetico in generale. Sulle

illuminazioni natalizie non sforniamo un’idea che sia una, e ci ada-

giamo al festeggiamento del 150° anniversario dell’unità d’Italia e

stendiamo luci tricolori, tappezzando alla buon’e meglio i due cor-

si. Gli altoparlanti della musica (Feliz Navidad il tormentone) sono

pericolosamente penzoloni su pedoni, l’albero posticcio ha i doni

di cemento avvolti da cartaccia bianca e rossa e un po’ di muschio

buttato sul selciato senza nessuna cura o inventiva, quando invece

c’era il tradizionale albero a ridosso della torre campanaria che

istituzionalmente si offriva ad essere addobbato, con un effetto

scenico notevolmente superiore.

È finta anche la pista di ghiaccio senza ghiaccio ma composta di

un materiale sintetico, anch’essa, guarda un po’, acciambellata

sulla scalinata del duomo, strozzando il respiro degli elementi ar-

chitettonici degli ambienti e insidiando le santità. Pare che Teramo,

e la sua piazza principale, debba essere riempita come un piatto di

virtù e farcita come timballo.

Teramo è pervasa dalla sindrome della sagra perenne, senza

chiaramente togliere nulla a quest’evento che

spesso nella buona stagione sa di liberatorio:

non è che i cittadini abbiano per forza di cose

tutta questa necessità di stand e grembiali in

piazza, non si comprende quest’accanimen-

to nel collocare manifestazioni e kermesse,

mentre, solo per fare un esempio, ad un tiro di

schioppo, in Largo Sant’Anna, i commercianti

hanno stilato un documento con cui denuncia-

no lo stato di abbandono del sito, sono rimasti

pure senza i fiorai, poveretti, e reclamano

anche il più piccolo evento pur di rianimare

uno spiazzo vuoto e decadente.

Oppure c’è sempre il Centro Commerciale,

new location cui molti paiono essere legati,

visti gli eventi lì “trascinati” a forza. Basta però con le strutture

metalliche di campi di calcetto che occupano la piazza per un

mese intero, basta con gli striscioni reclamizzanti sagre della

mazzarella che oscurano la torre del duomo, basta con i fenomeni

canori, ma restituite la piazza ai teramani che se la vogliono gode-

re, poi se proprio kermesse deve essere che valga almeno la pena

e che siano centellinate e programmate e che siano all’altezza,

altrimenti ci sono anche le altre location (comprese le bistrattate

frazioni) che non vedono l’ora di ospitare a braccia parte qualsiasi

tipo di passatempo.

E infine la ciliegina sulla torta: il Capodanno a Teramo, chiara-

mente in Piazza Martiri, con un’artista che personalmente stimo

ma depauperato, nel senso che lo vediamo ogni giorno sulle

televisioni locali.

Non voglio fare lo scompagnone, e nemmeno fare demagogia, ma

a quella cifra, quella di cui tanto si parla, si sarebbe potuto fare

ben altro, soprattutto quando diversi autori e band locali si erano

fatti avanti ad esibirsi a costo zero, o quasi. n

La sindrome della sagra perenne

n.75

diMaurizioDi Biagio

Piazza Martiri della Libertà

Volutamente abbiamo omesso di accompagnare

questo articolo ad immagini della nostra Piazza impegnata

in “manifestazioni” di ogni genere,

visto che quello che accade lì è sotto gli occhi di tutti

“Lascio e poi raddoppio”. Questo

sembrerebbe che sia il nuovo

diabolico disegno politico di

Silvio Berlusconi, dopo le dimis-

sioni offerte in sacrifi co alla Patria, in virtù

dell’alto senso del dovere e dell’inconfon-

dibile british aplomb, che lo hanno sempre

contraddistinto.

(…) io lavorerò dietro le quinte raddoppian-

do il mio impegno (…), ha dichiarato.

http://www.ilgiornale.it/interni/non_mi_ri-

candido_ma_resto_campo/28-11-2011/

articolo-id=559241-page=0-comments=1

I solerti funzionari di partito delle ammini-

strazioni locali sparse sul territorio, pare

abbiano preso alla lettera le disposizioni

del loro carismatico condottiero, tanto da

raddoppiare le tessere ma, soprattutto, le

iniziative in vista delle prossime festività.

Sarà un Natale all’insegna della sobrietà.

Non dell’ostentazione a tutti i costi, ma di

comunanza e coesione. La benefi cenza sarà

una squisita panacea per gli animi sensibili,

che si ripuliranno la coscienza sborsando il

soldino all’accattone di turno, il giorno della

Vigilia, mentre le austere Fondazioni Cultu-

rali, secondo indiscrezioni, lanceranno seve-

Natale teramano

rissimi moniti ai politici sui limiti e le fragilità

dei risanamenti dei bilanci, chiedendo loro

stringenti impegni per una rapida riduzione

strutturale del debito morale contratto nei

confronti delle Arti e degli Artisti.

Porca vacca maledetta, eccoti qua il pianta-

grane a rovinare la festa. Le dichiarazioni di

un raffi nato politologo, Gianfranco Pasquino,

senatore della Repubblica per tre legisla-

ture, potrebbero ora disorientare e turbare

le aspettative di molti nei confronti di tanti

beneamati fi lantropi e mecenati.

(…) Una volta si fi nanziavano le correnti dei

partiti, oggi le fondazioni. (…) Chi sostie-

ne economicamente la fondazione di un

leader politico, probabilmente lo fa perché

ritiene che quella persona potrà infl uenza-

re le scelte politiche nei prossimi anni. Si

presume che il leader, prima o poi, giungerà

a decisioni sensibili e ci si augura di essere

almeno consultati. Può anche non esserci

nulla di illegale, per carità, ma il gioco al

guadagno di rendite di posizione è evidente.

Com’è evidente che mancano controlli

adeguati.

E poi non si capisce bene che tipo di

elaborazione culturale o attività di ricerca

facciano queste fondazioni. (…) Stefano

Caselli, fq del 27 novembre 2011.

L’inventiva non manca di certo ai sostenitori

del Cavalier d’Arcore. Che tuffo al cuore

ripensare a quando “se n’è venuto fuori con

Forza Gnocca”.

L’ossessione che diventa partito o un meto-

do anticoncezionale naturale? Mah... http://

www.repubblica.it/politica/2011/10/07/

news/ossessione_cavaliere-22832716/

16n.75

Senzarete

SATIRA

diMimmoAttanasi [email protected]

Att

anas

ii

Sta di fatto però che Berlusconi non lascia.

E fa bene. Perché mai dovrebbe mollare

l’osso?! Tanto, il lavoro sporco, quello delle

“lacrime e sangue” per intenderci, a farlo

è un altro. Poi, una volta che i poveracci

fi niranno con il culo per terra a leccare

la pioggia per la sete, Egli resusciterà per

imporre mani e salvazione sulle genti.

A questo punto, non vorrei rovinare l’entu-

siasmo della rinascita, ma un’editorialista

di Repubblica, Barbara Spinelli, in una

intervista rilasciata di recente, sembra non

pensarla alla stessa maniera sulle strategie

da mettere in atto per fronteggiare una crisi

economica, che lascia comunque indiffe-

rente chi è rimasto soltanto con la pelle da

potergli togliere. (...) Berlusconi non aveva

nemmeno gli strumenti intellettuali. (...)

http://rassegna.governo.it/testo.

asp?d=73006977

La cultura della lamentazione, la retorica del

declino, produrranno nel prossimo futuro

una defl agrante sfi ducia nelle istituzioni da

parte delle nuove generazioni, alle quali

abbiamo sottratto la speranza del tempo.

Ed è per questo motivo che alcuni hanno

trovato geniale l’idea di abbondare con la

guarnizione natalizia; blocchi di cemento

frangifl utti, catene d’acciaio e luminarie

e cortecce e rami fi nti e secchi e pure

un trenino, giusto per innervosire un po’

Biancone, il cane di piazza. E a fi nire col

botto, per le Befane che si caleranno giù dai

due campanili del duomo, c’è già la fi la negli

uffi ci di collocamento.

Disoccupati, cassintegrati, morti di fame,

pronti a buttarsi di sotto... senza rete! n

Non bisogna occuparsi di chi fa il

proprio dovere. Si corre il rischio

di legittimare quello che il potere

tenta ogni volta di spacciare per un

grande risultato atteso, ciò che è un atto

dovuto ai cittadini da un amministratore

della cosa pubblica. Lavorare con impegno, nella trasparenza e nell’inte-

resse della collettività.

(D. Attanasii, 1957, †?)

In senso ampio, supponete di essere un idiota. E supponiamo che si stia

con il governo. No, mi sono ripetuto (Mark Twain).

Attenzione, perché poi sono proprio i politici a prendere le grandi

decisioni di guerra e di pace, prosperità e recessione. Uno statista di

successo deve avere e comunicare un senso di intelligenza e integri-

tà. Il denaro aiuta, ovviamente. È auspicabile per chiunque di essere

in possesso di una sicurezza fi nanziaria, ma non è certamente un

elemento essenziale per il successo. Le persone con risorse private, che

Il potere

hanno ottenuto un buon risultato in politica sono relativamente rare.

Tranne per chi ha il nome e cognome che comincia per esse e fi nisce

con oni. A chi state pensando?! Eh, ma fi niamola una volta per tutte di

sparare sulla croce rossa. Quello lì, che avete sempre in testa, non è

affatto uno stupido, è solo sfortunato quando pensa. E ce n’è in giro di

gente famosa per averla sparata grossa. Riguardatevi sotto le palpebre

i fl ashback dell’episodio di Krusciov che percuote con la scarpa il banco

alle Nazioni Unite. Un’icona del ventesimo secolo, l’ometto che faceva

le corna in mezzo ai capi di stato come un Paolini qualsiasi davanti alla

prima telecamera sbucata per la via, senza però Fraiese e il calcio in

culo in diretta.

La democrazia è la peggiore forma di governo, fatta eccezione per tutti

gli altri sistemi che sono stati provati. L’ha detto Winston Churchill,

prendetevela con lui. In ogni modo, è sicuramente molto impegnativo

e richiede più adempimenti rispetto a qualsiasi altro sistema. Quindi,

si debbono escludere per prima cosa tutti i puttanieri e i barzellettieri

bestemmiatori. Buttare dalla fi nestra i leccaculo, i tirapiedi, ruffi ani e

precettori, mentori alla Rockefeller, che sputano

miele, nascondendo il fi ele, affannati nell’immola-

re se stessi alla disciplina, alle esigenze primarie

di autogoverno salvifi co a coprire l’onta del

luridume sociale da loro accatastato lungamente

per una vita vissuta all’insegna della tracotanza,

degli eccessi di protervia, superbia, orgoglio nau-

seabondo, della prevaricazione sui deboli, dei denari dei poveri sempre

in mostra come le palle dei cani. La magia della politica è giocare un

ruolo nel determinare la libertà dell’individuo. The magic of politics... è

la partecipazione a tutti i livelli della vita nazionale in modo affermativo;

per dirlo con le parole di William Faulkner, la libertà non solo di resistere,

ma anche di prevalere. (JFK)

Giorgio Gaber ha riassunto il concetto. “Libertà è partecipazione”. n

18n.75

Il riassuntodi Gabersul dovere

SATIRA

diMimmoAttanasi [email protected]

I nsieme al greco, il latino campeggia nella Scienza e nella

Tecnica. Sono latine parole quali: Capsula (cassetta),

Duplex (duplice, doppio), Simplex (semplice), Audio (ascol-

to), Video (vedo), Aquarium (serbatoio per acqua), Humus

(terreno), ecc.

Più frequenti, nei testi di medicina sono i vocaboli latini: Virus

(veleno), Facies (aspetto), Bacterius (batterio), Visus (vista), Raptus (im-

provviso impulso a compiere azioni violente senza averne la coscienza),

Lupus (malattia della pelle), Angina Pectoris (spasmo al cuore), ecc.

Anche molte medicine hanno nomi latini o formati da con parole latine:

Tantum e Multum (pomate antireumatiche), Antiasmaticus, Pulmoran,

Sanatussis (per bronchi o polmoni), Digestum e Prandium (digestivi);

Cardiovigor, Cardiovis (per il cuore), ecc

Sono nomi latini quelli usati ancora oggi nella denominazione interna-

zionale delle sostanze farmaceutiche: Aluminii phosphas (fosfato di

alluminio), Argenti Nitras (nitrato di argento), Ferri Oxydum (Ossido di

ferro), Lactis Fermenta ( fermenti lattici),

persino i simboli degli elementi chimici sono le abbrevia-

zioni di nomi latini: Au (aurum-oro), Na (natrium-sodio), Cu

(cuprum-rame), ecc.

che dire, poi, dei nomi delle erbe medicinali e aromatiche?

Nelle vetrine degli erboristi e dei farmacisti fanno bella mostra

antichi vasi su cui sono scritti i nomi latini delle piante e

delle sostanze medicamentose: Mirtyllus, Verbena, Salvia,

Ruta, Mentha, Papaver, Digitalis, Rosa Canina, Iris, Lini Semen,

Oleum Ricini, Sesami Oleum, Ranunculus, Pollinis Extratum,

Mentholeum, Liquiritiae Radix e potrei continuare ancora.

Si tratta di medicamenti antichissimi ma, nonostante le loro

innegabili qualità terapeutiche, la Scuola Salernitana, antichissima

scuola di medicina dell’Wuropa moderna, fi orita tra il 900 e il 1000 d.C.

afferma che “contra vim mortis, non est medicamentum in hortis”, ossia

“contro la forza della morte, non c’è medicina negli orti”. n

La Scienza parla latino

Note linguistichedi Maria Gabriella

Di Flaviano

Giovedì 24 novembre 2011, nella Sala San Carlo del Museo Arche-

ologico di Teramo, si è svolto il III Premio Annino Di Giacinto per il

contributo alla crescita di Teramo, organizzato dall’Associazione

Culturale Porta Romana Bella, presieduta da Marcello Schillaci.

La serata, condotta brillantemente dal giornalista Luigiau-

relio Pomante, dopo i saluti del Sindaco di Teramo Maurizio

Brucchi, del Presidente della Provincia Valter Catarra e del

Governatore della Regione Gianni Chiodi che attraverso

una lettera ha voluto esprime una forte soddisfazione per il

Premio, tra le note del M° Paolo Di Sabatino, ha visto la pre-

miazione di otto teramani che, con il loro lavoro e impegno,

hanno concorso alla crescita della nostra città.

Marco Cassini per lo Spettacolo: “per aver interpretato

con successo la parte dello studente Aldo Tiburzio nella

serie tv “Fuoriclasse” con Luciana Litizzetto. Grazie al suo

lavoro, Marco Cassini contribuisce alla crescita di Teramo

quale esempio di giovane professionista capace di tradurre

in concretezza il proprio talento”.

Luciana D’Annunzio per la Cultura: “per il suo certosino e

proficuo lavoro di ricerca storica e documentaria, oltre che

per la sua preziosa disponibilità a supportare fattivamente

l’impegno di altri studiosi attraverso il suo lavoro nell’Archivio

di Stato di Teramo. Grazie al suo impegno, Luciana D’Annunzio contribuisce

alla crescita di Teramo quale esempio di serio e fecondo lavoro culturale”.

Giammaria de Paulis per la Comunicazione: “quale professionista di

altissimo profilo nell’informatica, nell’editoria multimediale e nella comu-

nicazione web. Grazie al suo impegno, Giammaria de Paulis ha creato a

Teramo un’azienda dinamica e ha realizzato importanti siti di carattere

istituzionale nell’intero territorio nazionale, ricevendo spesso premi e

riconoscimenti che testimoniano del suo essere fra i massimi esperti

italiani del settore”.

Salvatore Di Paolo per l’Imprenditoria “per il suo ruolo di imprendito-

re dalle spiccate qualità gestionali e per il suo essere guida avveduta di

Confindustria Teramo in un momento storico di crisi economica e finan-

ziaria globale. Grazie al suo impegno, Salvatore Di Paolo contribuisce alla

crescita di Teramo sostenendo il mondo imprenditoriale con impegno

indefesso ed esemplare”.

Alessandro Misson per il Giornalismo “quale esempio di giornali-

sta giovane e capace di unire professionalità, credibilità ed efficacia

operativa nel ferreo rispetto delle regole deontologiche e dei dettami

di una sana e corretta informazione. Giornalista professionista, autore

di inchieste riprese dalla stampa nazionale, Misson contribuisce alla

crescita di Teramo lavorando ogni giorno nel quotidiano «La Città» nella

sola obbedienza allo spirito di servizio verso il lettore”.

Elio Pompa per l’Enogastronomia: “quale maestro indiscusso della

gastronomia teramana e depositario principe della cultura culinaria

nostrana. Amato da tutta la città, Pompa ha ammaliato con i propri piatti

– tra cui lo storico Poker – generazioni di teramani e di turisti. Grazie al

suo impegno, Elio Pompa ha contribuito e contribuisce alla crescita di

Teramo vivendo con passione e competenza indiscutibile quel mestiere

di cui è da sempre riferimento autorevolissimo, mestiere che non può

essere intrapreso da altri senza che questi facciano tesoro della sua

irripetibile lezione”.

Anselmo Silvino per lo Sport: “in ragione dei suoi indimenticabili suc-

cessi sportivi. Campione Olimpico, Silvino ha portato il nome di Teramo

nel mondo e rappresenta un modello fulgido di impegno, disciplina e

dedizione. Grazie alla sua esperienza, Anselmo Silvino ha contribuito e

contribuisce alla crescita di Teramo incarnando e diffondendo i valori

eterni dello sport”.

Dante D’Elpido (Unitalsi) per l’Associazionismo: “quale rappresentante

dell’Unitalsi, realtà associativa che rappresenta un modello di altruismo

e solidarietà nel segno del disinteresse e del volontariato. Espressione

di un mondo valoriale che la scena contemporanea tende a considerare

marginale, D’Elpido e l’Unitalsi contribuiscono con il proprio impegno alla

crescita etica, morale e civile di Teramo”. n

19Il PremioEVE

NTI Premio Annino Di Giacinto

dallaRedazione [email protected]

n.75

per il contributo alla crescita di TeramoIII Edizione

C’è una modella nel

mondo incantato del-

le favole, che è stata

spesso ospite nelle

cene eleganti di gente famosa

e facoltosa. Una vita di sesso e

alcol. Ora lei ha deciso di vivere

una vita più semplice. Divenne

nota durante la festa di com-

pleanno di un vecchio puttaniere e barzellettiere bestemmiatore, dopo

essere sbucata fuori, come si usa tra gangster, da una grande torta.

In quegli ambienti sordidi, era tutto un susseguirsi di orge platoniche e

clangori imbarazzanti delle dentiere di vecchi bavosi eccitati alla vista

della carne giovane. Finì così per odiare la vita, il sesso, iniziando a bere

per farvi fronte. Una vita che non vuole più vivere. “Voglio essere pulita”,

diceva la donna, oggi ritiratasi in uno sperduto chiostro di devoti, in un

bosco irreale. I vestiti costosi, le scarpe Chanel: l’illusione del passato.

Solo un semplice abito bianco, le copre le vergogne. Una scelta riso-

lutiva. Voltare pagina mentre si attraversa la propria esistenza. Anche

una bella pecorina smarrita, in preda alla consapevolezza della propria

Storie!

evanescenza sessuale può avvertire a un certo punto la voglia di una

botta e via a una realtà di cui non si riesce più a godere pienamente.

Ammosciata, la pecorina si isola volutamente per dedicarsi ad altre e

imponenti dimensioni, nella meditazione, prendendoselo tutto per sé, il

romitorio, nel quale dimorerà in futuro, gemendo, sospirando in un solo

affl ato, in calore con i fratelli pellegrini subito accorsi ansimanti. Notti

tumultuose, caratterizzate

dall’insonnia, da risvegli a ogni

ora, immersa negli incubi di

un incipiente priapismo not-

turno accompagnato da una

recurvatio progressiva, che af-

fl iggeva il vecchio puttaniere e

barzellettiere bestemmiatore,

nelle persecutorie performan-

ce sessuali, alle quali la povera

pecorina corrispondeva disgustata, irretita dalle promesse di danari

sonanti del posticcio. Un signorotto di una certa età, affabile, divertente,

dall’eloquio debordante, ma assonante ai gusti del popolo sovrano, di un

paese disincantato, che comunque, a parte vizi e virtù, non ci va sempre

per il sottile quando si tratta della pagnotta e, volendo, ci si fa pure scri-

vere Giocondo in fronte, tanto chissenefrega, l’importante è guadagnar-

ci qualcosa di striscio. Dagli oggi e dagli domani, l’hanno eletto come

loro capo supremo, nella speranza di un rapido raddrizzamento di una

economia prossima all’affl osciamento. La lubrifi cazione dei cardini infi la-

ti nelle toppe rendono sicurezza e insuffi cienza di movimento pendulo,

affi nché l’apertura regga allo sfregamento costante dovuto alla transito-

rietà del desiderio di oltrepassare quella soglia, che conduce altrimenti

all’impotenza di soddisfare voglie inconfessabili, quali “il non volere

pagare le tasse”. Questa la calamità che affl igge il mondo incantato, che

si sta avviando pericolosamente nel baratro della recessione, al default.

Date a Cesare quello che è di Cesare. A ognuno il suo, se si vogliono

evitare perdite impressionanti di liquidi, che andrebbero ad alimentare

crescite inattese in grembi estranei e non desiderati.

La lubrifi cazione, il miracolo dell’unto. n

20n.75

Il miracolodell’unto...voglio essere pulita

SATIRA

diMimmoAttanasi [email protected]

La Suprema Corte di Cassazione sez. IV con sentenza nr. 38121del

27 ottobre 2010 ha confermato la condanna ad un automobi-

lista trovato positivo all’alcool test pur riconoscendogli che la

positività era dovuta all’uso di un farmaco spray utilizzato per curare

sintomatologie respiratorie ma contenente alcool.

In buona sostanza la Suprema Corte argomenta che la norma 186

del codice della strada recita semplicemente “guida sotto l’infl uenza

dell’alcool” senza specifi care se alcool utilizzato ai fi ni terapeuti-

ci o meno. Gli ermellini (giudici di Cassazione così chiamati per il

mantello di ermellino che indossano durante le udienze) non hanno

neppure ritenuto suffi ciente il fatto che il medico, nel prescrivere

quel tipo di farmaco, non avesse espressamente messo in guardia il

paziente circa le conseguenze per la guida.

Infatti, la Cassazione ha affermato che basta leggere la composizione

del farmaco sul foglietto illustrativo per capire che l’alcool in esso

contenuto può causare ebbrezza.

Non v’è chi non veda come tale sentenza provocherà ampie discussio-

ni nel mondo giuridico anche perché non va sottaciuta la circostanza

che l’uso dello spray di medicinali contenenti alcool contaminano in

parte il cavo orale senza che l’alcool possa essere totalmente ingerito

e come questa circostanza possa potenzialmente interferire con la

precisione della misurazione a seguito di prova alcolemica. n

Dura lex sed lex

Automobilistiattenti

a cura diAmilcare Lauria

Elvio Fortunaavvocati associati

a ...non prendere freddo!

2020

C i sono serate d’inverno in cui il cielo si

tinge di colori indefi nibili e rifl ette sulle

pietre consumate della fortezza borbo-

nica a Civitella del Tronto, un’indefi nibi-

le teoria di sfumature.

Lo strepitoso baluardo dei Borboni prima

dell’Unità d’Italia, pare sospeso in cielo sull’a-

erea rupe rocciosa.

È il momento magico in cui su tutta la valle

sembra scendere un velo di silenzio quasi

ovattato.

L’ultima luce scende adagiata, quasi inghiotti-

ta, lungo il profi lo del Gran Sasso.

Allora lo spettacolo si fa emozionante. Le

pietre antiche paiono sussultare colorandosi

prima di rosa, poi violetto, infi ne grigio. Le

tenebre prenderebbero presto possesso

dell’antica cittadella se non si accendessero,

lungo le strette rue, i vetusti lampioni.

È quello il momento magico e irripetibile che

il visitatore può cominciare a fantasticare, im-

maginando scene da Medioevo con madonne

e messeri, popolani e cavalieri ad animare

piazze e vie.

Ma ci sono anche fredde serate d’inverno

in cui le strade si fanno deserte, i vecchi

lampioni cigolano sospinti dalla tramontana.

Le ultime foglie secche volano ovunque

come anime perse nella scenografi ca piazza

Pepe dedicata all’illustre medico di tendenze

giacobine, colto e dotto latinista. Dallo slargo

la vista spazia estasiata tra Appennini e

Adriatico.

Lo scampanellio della campana nel convento

dei frati della Madonna dei Lumi giunge,

intervallato agli spifferi, segnando il tempo dei

Vespri e irradiando di tanto in tanto atmosfe-

re che anticipano il silenzio.

L’antico cenobio, edifi cato alla metà del XIV

secolo, è sempre lì custodito dai Conventuali,

con il suo portichetto antistante alla chiesa, il

chiostro tipicamente francescano a sei cam-

pate con le volte a crociera e la tanto amata

statua della Vergine di legno policromo.

La Madonna, adorante il Bambino steso sulle

sue ginocchia, fu realizzata nel quattrocento

da Giovanni di Biasuccio, compagno di botte-

ga dell’illustre maestro Silvestro dell’Aquila,

ritenuto il più importante scultore rinasci-

mentale.

Tutto diventa poesia perché Civitella è qual-

cosa di unico. Anche con la nebbia del primo

mattino quando la vallata si presenta come

sospesa su di un mare candido di ovatta che

inghiotte di tanto in tanto vecchie case e

campanili, anche soprattutto quando il sole

riempie di luce tutto l’abitato.

La sua storia si legge sui muri e non si sgreto-

la nei venti del tempo, si assapora negli scorci

cui primeggiano antiche case dai balconi fi ori-

ti tra pietre consunte da un passato lontano.

La bella Porta Napoli è l’ingresso a est di

un mondo tutto da scoprire, una fi tta trama

di vicoli, alcuni prodigiosamente minuscoli,

lastricati in pietra, caratterizzati da fantastici

archetti ed eleganti edifi ci.

Stupisce il sapiente uso della pietra sui piccoli

portali che si susseguono lungo il cammino,

donando raffi natezza a una struttura urbana

che racconta nobili trascorsi. Le belle chiese

che s’incontrano donano pace alle anime

inquiete: San Francesco con il suo mirabile

In giroLUO

GHI22

Civitelladel Tronto

diSergioScacchia [email protected]

n.75

I tesori del Borgo fortifi cato

2222

23

rosone trecentesco, la cinquecentesca San

Lorenzo con i suoi altari lignei, Santa Maria

delle Laudi, con tutti gli elementi tipici dell’ar-

chitettura teramana.

All’ingresso della fortezza, una delle roc-

caforti del vice Regno napoletano, mirabile

esempio d’ingegneria militare, il viaggio nel

tempo diventa strabiliante in un susseguirsi

di bastioni, trinceramenti e piazze d’armi. Il

palazzo del Governatore con la piccola chiesa

di San Giacomo, poi giù fino al bastione

estremo della batteria del Carmine sugli spalti

che si affacciano in un orrido precipizio nel

quale invano i nemici per secoli cercarono di

incunearsi.

Dopo la doverosa visita a palazzi nobiliari

come le residenze Ronchi, Ferretti e Procac-

cini Savi con i suoi rari battenti a forma di

serpente, ci si può senz’altro dedicare alla

gastronomia civitellese perché qui si mangia

da re ovunque. Anche a tavola la storia

racconta con due pietanze forti: il pollo alla

“Franceschiello”con aglio, peperoncino e

sottaceti, ricorda la figura di Francesco II, re

alquanto deriso perché non molto decisio-

nista e piuttosto pavido che si macchiò di

colpe che accelerarono la fine della dinastia e

il filetto alla “Borbonica” in onore dei re delle

Due Sicilie.

Il fiore all’occhiello rimane, comunque,

il maccherone alle “ceppe”, parente stret-

tissimo della “mulinara” della valle del Fino,

primo piatto presente in tutti i ristoranti

del borgo. n

n.75

O ggi voglio raccontarvi un bel fatto. Forse perché siamo

vicini al Natale, o forse semplicemente perché mi va.

In effetti, a pensarci bene, la frase che ho appena

scritto sembra giusto il titolo di un tema da svolgere

durante le vacanze di Natale e, molto probabilmente, l’ho

pescata proprio nello scrigno dei ricordi d’infanzia.

C’è qualcosa di magico nel Natale che ci riporta indietro nel

tempo, a come eravamo, ai nostri ricordi, ai nostri sogni, alla

nostra anima infantile. Basta udire il fruscio di una carta argen-

tata, o vedere lo scintillio delle luci per strada... È suffi ciente

sniffare lo zucchero a velo o affondare il naso nel profumo

dell’arrosto appena sfornato... che in un attimo ci ritroviamo

catapultati nel passato. Nessuno esce indenne dal Natale.

Il Natale è così. È magico. Una fata passa in volo nel cielo e,

mentre si ferma un attimo per vedere cosa è successo laggiù,

perde dalle tasche una polvere sottile. È polvere di stelle che va

a depositarsi sulle vie, sui balconi e sugli alberi.

Che lo si voglia o no, che ci si creda o no, il Natale non è una

festa. Il Natale è La Festa. Tutti diventano più buoni, o almeno

promettono di diventarlo a stretto giro di posta. Anche quelli

cattivi cattivi cattivi.

Beh, la maestra puntualmente assegnava il compito delle

vacanze e tu passavi tutto il tempo a brontolare. La mamma...

così, tanto per non perdere l’allenamento, ti ricordava almeno

una volta al giorno che dovevi fare il tema. E tu, che non sapevi

mai cosa scrivere, ovviamente ti riducevi all’ultimo giorno,

fi nendo per comporre un elaborato dove avevi infi lato tutto,

albero, regali, nonni, zii, tombole, panettoni e, per allungare

un po’ il brodo, ci sbatacchiavi dentro anche il capodanno e la

befana. Naturalmente borbottando: “Uffa, così la maestra sarà

contenta! Ma poi... che gliene importa alla maestra dei fatti

miei?”.

Detto questo, onde evitare di rovinarmi anche quest’anno le va-

canze di Natale, giocherò d’anticipo e il compito lo farò prima.

Anche perché ho davvero un bel fatto da raccontare. Una di quelle

storie strappalacrime che fanno proprio Natale.

Correva l’anno 2011...

Il Mondo era straordinario. Dopo secoli e secoli all’insegna dell’econo-

mia, ormai quasi tutti gli uomini e le donne vivevano dentro le scatole.

Scatole sempre più piccole e meravigliose.

Il fattoSOC

IETÀ

Ed erano tutti amici. Le vite s’intrecciavano. Si possedeva tutto in comu-

ne, come in una grande famiglia, profi li, bacheche, info, tags, foto, links,

video, amori, cuori, amicizie... Tutto.

Con un semplice clic potevi entrare nella vita degli altri e sentirtene par-

tecipe. Potevi condividere gioie e dolori dei tuoi amici. Appropriarti delle

loro gioie e tramutarle in dolori, o viceversa. Sbirciare all’interno della

loro casa e vedere persino di che colore fossero le mattonelle del bagno

senza mai varcarne la soglia. Inoltre potevi scoprire i loro più nascosti

segreti, senza guardarli negli occhi e senza ascoltarne la voce.

In questo mondo perfetto c’erano solo dei problemini pratici, del tipo...

come faccio a far capire a un amico che sto ridendo o piangendo?

Allora gli umani, ormai geneticamente modifi cati, si allearono con gli ex-

traterrestri provenienti dal Pianeta Emoticon, chiamati affettuosamente

smile o faccine, perché in effetti erano esserini piccoli piccoli.

Adesso sì che tutto funzionava a meraviglia. Potevi fi nalmente

ridere a crepapelle, bastava digitare un lungo ahahahahaha-

hahah e una faccina felice. Potevi anche piangere, bastava

digitare un sigh e una faccina triste, e i tuoi amici condivide-

vano con tutto il cuore il tuo stato d’animo, solo che... anche il

cuore era piccolo piccolo piccolo... così <3.

Per farla breve l’inizio del III Millennio fu davvero rivoluzionario.

Finalmente nessuno era più solo. A furia di cliccare e condivi-

dere si era generato un reticolo di dimensioni stratosferiche, e

tutti erano convinti di essere fi nalmente liberi di navigare in un

mare immenso. C’era solo un minuscolo trascurabile dettaglio

e cioè che... intrappolati all’interno di una rete è alquanto

improbabile nuotare liberamente.

Se non mi credete, chiedetelo ai pesci! Ma questa è un’altra

storia.

Per tornare a noi... in quel lontano 2011 era suffi ciente richie-

dere l’amicizia e il numero degli amici aumentava a dismisura.

Era così facile che non ti saresti mai sognato di guardare negli

occhi una persona e stringerle la mano. Queste erano ormai

vecchie abitudini del passato. Usanze antiche, obsolete e

dimenticate.

Ebbene... in quel lontano 2011, avvenne un fatto straordinario.

Un episodio fantascientifi co e paranormale. Due persone in

carne e ossa s’incontrarono fuori dalle scatole, fuori dalla rete.

Si parlarono, si toccarono, si annusarono, si guardarono negli

occhi. Si ascoltarono. E la cosa incredibile fu che... nessuna

aveva richiesto l’amicizia dell’altra!

Nessuno seppe mai come ciò fosse stato possibile. Neanche

gli scienziati riuscirono a spiegarsi il fenomeno.

Fatto sta che non nacque un’amicizia. Nacque L’Amicizia.

Da quel giorno, a poco a poco, gli umani imprigionati nella

rete, curiosi di conoscere L’Amicizia cominciarono a uscire

dalle scatole e a incontrare gente. A ridere con le lacrime e a

piangere di gioia. A scrivere e a parlare mettendoci la faccia...

e non la faccina.

Gli storici narrano che il 2011 segnò l’inizio di una nuova epoca, fatta di

gente vera e di emozioni autentiche. FINE

Auguro a tutti un anno stracolmo di piccole cose belle che poi, messe

tutte insieme, facciano un 2012 davvero straordinario e l’inizio di una

nuova epoca. Magari... sarà la svolta. Non si sa mai! n

24diCarlaTrippini [email protected]

Correval’anno 2011... ... e con un semplice clic

n.75

Film tostissimo. Il protagonista Chris Townes è perennemente

incazzato. Lo interpreta Danny Martin, tipico eroe/antieroe blaxploi-

tation, quasi sempre con i pettorali esposti, o con camicia aperta

davanti, o t-shirt che non ce la fa a coprirlo fi no alla schiena. Iden-

tifi cazione dello spettatore nel sex appeal

prima ancora che nella rabbia. Appena un

attimo prima che partano i titoli di testa,

ha fracassato i bellissimi vetri colorati di

un set cinematografi co dove lavora. E’

stato il tono supponente del boss bianco

a infastidirlo, avendogli ordinato di pulire

con attenzione i fragili oggetti. Sul rumore

dei vetri infranti, e l’”hey boy” rivoltogli dal

superiore che lui ripete meccanicamente

come un campionamento ante litteram,

partono i titoli e, cambio di scena, l’uomo

a contatto con uno psichiatra, nero anche

lui. Colori psycho e psichedelici, ammicco

delirante. Il ricoverato sghignazza per l’as-

surda condizione, lo strizzacervelli pure.

Black on black, tema del fi lm del 1975, il

cui titolo, Deliver Us from Evil (il liberaci

dal male del Pater Noster) allude soprattut-

to al male tra brothers, neri che non

fanno la cosa giusta. “A movie that tells it

like it is about blacks. The beautiful blacks.

The evil blacks” spiega il trailer. Tutta la

verità sui neri buoni (belli) e quelli cattivi.

Nero è pure il cop del fi lm, inseguitore di

un gruppo di delinquenti, tutti neri tranne

uno, che hanno appena massacrato di bot-

te una ragazza debitrice, svegliandola da

un sogno divenuto incubo (la locandina del

fi lm). Sono dealers che non scherzano, giovanissimi e senza scrupoli.

Soprattutto non sanno, a differenza del fi lm, distinguere tra bene e male,

come si evince dalla scena in cui il genitore di uno di loro lo schiaffeggia

chiendogli perchè. A sua volta l’altro risponde “Perché?”, cosa ho fatto?

l’importante è far soldi, no? E dopo scatena un massacro.

Siamo nei quartieri middle class di Los Angeles, neorealismo della

povertà di messinscena, con caldi colori anni ’70 pronti a esplodere. Il

Il cinema segretoCIN

EMA

cop esplode a sua volta con un collega bianco, quando il perseguitato

Chris Townes viene interrogato senza un motivo, “solo perché è nero?”.

Quest’ultimo è solitario oltremodo, non ha amici (lo dice la sua voce off

che ogni tanto risponde senza rispondere agli interlocutori bianchi, fl usso

di coscienza rap), problemi con i lavori intermittenti, sfruttato e umiliato,

sebbene abbia i muscoli mentre l’avversario white è o vecchio o fl acci-

do o effeminato, epperò ha la pelle chiara e i soldi verdi. Da un cantiere

viene licenziato, benché tosto, perché addirittura ordini perentori sono

arrivati dall’alto.

Pare che il fi lm dovesse far parte di una serie tv cristiana trasmessa

la domenica mattina, Insight. Horace Jackson, nero anche lui, scrive,

dirige e produce (per l’indipendentissima Dimension Pictures). Aveva già

fatto altri due fi lm con messaggio, The Bus is Coming (1971) e Tough (1974). Questo chiude la breve carriera, traballante e incongruente come

i precedenti. Non ha pretese d’autore, ovvio. Il fi lmaker cavalca l’onda

blax, ha un budget mini ma non si lascia intimidire. Persegue un’estetica

black, violenta ma morale. Vuole parlare direttamente ai fratelli. Il tocco

è esplicito, rozzo, pieno di irresistibili sensi ottusi, involontaria libertà

espressiva. It’s only trash’n’roll, but I like it.

La scena del pestaggio della ragazza

anticipa i tempi. La musica a palla invade

lo schermo. E’ extradiegetica ma diegetica,

elemento che fa parte del quadro. La soul

band Enchantment suona a tutto volume

Think About What You’re Doing to Me (And Know What You’re Doing to Yourself!), stile Four Tops post-Motown,

quelli di Shaft in Africa (1973), testo che

riproduce la tematica del fi lm, sorta di

trascinante coro greco r’n’b. Non si può

negare l’effi cacia e l’innovazione, ma la

cosa viene ripetuta a ogni piè sospinto,

e purtroppo lo score a disposizione è

soltanto quello. Originalità e impatto si

sfracellano come i vetri dell’incipit.

E tuttavia è interessante la solitudine priva

di spiegazioni del protagonista, una strizza-

ta d’occhio al pubblico (nero) che sa. Il suo

scontento e, contemporaneamente, la sua

bellezza. Mix incendiario. Arriva al punto,

incazzato com’è, di dare un passaggio a

una bella chick la cui macchina è andata

in panne. e di spingere così tanto l’acce-

leratore da spaventare la malcapitata. Più

lei protesta e implora di rallentare, più lui

ci dà dentro.

La frustrazione è frustrazione e viene

sfogata con la propria gente, di sesso op-

posto o di età inferiore, di questo il fi lm parla. La piccola Mindy (la Marie

O’Henry del coevo Dr. Black, Mr. Hyde, altro cult trash nero) riesce a

stopparlo, poi lo schiaffeggia e fugge. Il dude fa violenta retromarcia,

un testacoda così così, e la insegue, scoprendo che lei è un recreatio-nal director di una scuola nera di chiassosissimi bambini. Una sorella

tosta pure lei. Accompagna uno di loro su una sedia a rotelle ed è preda

continua di altri spacciatori che non esitano a malmenare persino il

26

Il MaleLiberato

diLeonardoPersia [email protected]

Blaixploitation tosta anni ‘70

n.75

26

27

bimbo paraplegico. Un inferno, il cuore di lui

ha un sussulto. E un sorriso, che distende il

volto macho immusonito. Però, a sorpresa,

si innamora dell’amica di lei, Michelle (Kandi

Keith), visto che l’altra è sposata.

La ragazza appare dal nulla, nella stessa ma-

niera in cui altri personaggi vengono inghiottiti

dal nulla, dopo che avevano promesso un

certo sviluppo di situazione puntualmente

disattesa. Personaggi e rotondità del plot non

sono il forte di Jackson. Il film perde i pezzi,

sterza verso altre piste, si confonde. Michelle

dà un appuntamento a Chris, lui va, lei non c’è.

Poi si rincontrano, la ragazza chiede perché

non si è presentato, l’uomo risponde che ha

avuto un altro impegno. ????!!!!

A un certo punto vediamo persino una sista

drogata e perseguitata dai suoi pusher che

esigono il credito, ma sulla scena vediamo

chiudersi il sipario, era una rappresentazione

teatrale (fatta da chi e per chi?). Oltretutto

riprende la situazione d’apertura dopo i titoli,

con la ragazza picchiata. Stravaganza brech-

tiana? Della stessa situazione ritroviamo pure

i picchiatori, spacciarsi adesso per divulgatori

di una rivista black radical fuori dal portone

di casa di Michelle: a che pro? E uno di loro,

che inizialmente tuonava contro l’immoralità

dell’attività, responsabile a suo avviso di far

vittime tra bimbi delle elementari, è di nuovo lì

col resto del clan, come niente fosse.

Infine, dopo una carneficina da parte dei

cattivi (sorella e... madre?, non si capisce, del

piccolo Joe, bimbo in carrozza, che giustifi-

cherebbe, ma non troppo, l’ulteriore titolo del

film, Joey: in tutti i casi, è lui a recitare la pre-

ghiera da cui il titolo), si attende una vendetta

tremenda da parte di Chris, che già ha avuto

modo di affrontare i teppisti che perseguita-

vano Mindy e i suoi alunni. E invece.

L’eroe stanco ma volenteroso si gira verso lo

schermo e urla, dopo un sermone sul degrado

del neighbourhood e dei fratelli, a piena

voce: “When will it end?” Quando finirà? Così

il film si conclude, la battuta sul volto di lui,

estensione creativa del consueto the end, e

senza il punto interrogativo. n

n.75

N atale solitamente è il giro di boa

dei campionati di calcio. E’ un

buon indicatore perché, oltre ad

assegnare il titolo di campione

d’inverno, delinea la classifi ca di merito

di ciascuna squadra. Per effetto della

riapertura dei trasferimenti nel periodo

1/16 dicembre, alcune Società rimodulano

i propri organici quando il rendimento non

è in linea con i programmi iniziali.

Non è raro assistere allo stravolgimento

degli stessi e proprio per effetto delle

modifi che apportate il rendimento subisce

un radicale mutamento. Il girone dove

è inserito il Teramo non fa eccezione in

quanto molte Società hanno operato delle

correzioni di organico nel tentativo di

migliorare l’assetto tecnico. In casa Teramo

poche variazioni e di marginale importanza

che non hanno avuto alcun effetto sul ren-

dimento già molto elevato della squadra.

Il monte punti conquistati al termine del

girone di andata dalla squadra biancorossa

è davvero notevole e non poteva chie-

dersi di più. Confrontando i dati dei nove

gironi, il Teramo risulta essere una delle

migliori squadre della categoria. Pochi goal

subiti, centrocampo forte ed affi dabile,

attacco super è la sintesi dello squadrone

biancorosso. Che dire poi delle prodezze

di Masini, il bomber argentino approdato

a Teramo ed accolto con scetticismo al

suo arrivo? Le sue magistrali esecuzioni,

paragonabili a quelle del suo più famoso

connazionale Messi, hanno fatto il giro del

mondo. Soddisfazione e motivo di orgoglio

per Teramo sportiva. Sostituire Gambino e

Orta non era facile per il nuovo staff tecni-

co. Di Bucchi si sapeva già il suo valore ed

anche di Arcamone si aveva gran fi ducia,

mentre del grande Gerardo Masini solo chi

lo aveva scelto aveva esatta cognizione

del suo valore. Il lavoro oscuro e prezioso

di Valentini, la forza propulsiva di Vitone,

la fantasia e la velocità di Petrella, l’estro

e l’abilità di Borrelli, la forza fi sica di Cala-

buig, l’eleganza di Ferrani e così via tutti

gli altri calciatori deliziano i tifosi dentro e

fuori casa.

Se in casa Teramo gli arieti occupano la

maggiora parte delle cronache sportive,

non sono da meno gli altri atleti che com-

pongono l’organico, quelli che vanno più

spesso in campo e gli altri seduti in pan-

china che assicurano la grande affi dabilità

della squadra in qualsiasi momento della

gara. La forza del Teramo risiede proprio

nel suo organico, omogeneo, affi dabile e

super competitivo. Di Giuseppe e Cappel-

lacci hanno saputo scegliere bene perché

la squadra vince e soprattutto piace per il

gioco arioso e godibile, qualità che nella

passata stagione molti rivendicavano.

Merito dello staff tecnico per aver avuto

coraggio e per aver costruito la squadra

rivoluzionando quella della passata stagio-

ne con appena due conferme, Arcamone e

Borrelli. Calciatori e tecnici protagonisti per

le loro capacità, ai quali vanno associati i

piani strategici della Società per le scelte

e per il programma ben

defi niti in perfetta armonia

con i mezzi disponibili.

E’ la solidità del sodalizio

biancorosso, la parsimonia

e le giuste valutazioni che

permettono di camminare

sul percorso tracciato sin

dall’inizio. La speranza è

che tutto prosegua nella

stessa direzione e che

da qui a qualche mese si

avveri il sospirato ritorno

in Lega Pro. n

Calcio28n.75

diAntonio Parnanzone [email protected]

SPORT Il Teramo

primoal girodi boa

2828

Un supporto concreto per coloro che intendono avviare una

Bottega di Campagna Amica, la prima grande rete nazionale

di punti vendita diretta dal produttore al consumatore. È

quanto comunica la Coldiretti Teramo, evidenziando che in

tutta la provincia sono circa dodici i punti vendita che fanno incon-

29

Agevolazioni per chi avvia una bottega “campagna amica”

Coldiretti informa

diRaffaelloBetti Direttore Coldiretti Teramo

ECONOM

IA trare i produttori e i consumatori in un mercato senza alcuna inter-

mediazione in un’ottica di razionalizzazione della filiera agroalimen-

tare e di valorizzazione della produzione agricola Made in Teramo.

La stessa associazione informa che è stata avviata una partnership

tra il consorzio fidi di Coldiretti e la Fondazione Campagna Amica

che vede coinvolti anche il consorzio produttori, gli imprenditori

agricoli e i gestori delle botteghe. L’obiettivo è quello di garantire

assistenza e consulenza nell’accesso al credito: il

consorzio di garanzia fidi mette infatti a disposizio-

ne la propria rete per offrire agevolazioni su misura

che consentano ai titolari delle aziende un supporto

concreto nell’avvio dell’attività. La rete di CreditAgri

Italia permette infatti di mitigare il rischio dopo

aver esaminato lo scenario contestuale e valutato

le opportunità. «Campagna Amica rappresenta un

duplice vantaggio agevolando sia i produttori che

potranno vendere a un prezzo giusto e concorda-

to – spiega Raffaello Betti, direttore della Coldiretti

provinciale – sia per i consumatori che potranno così acquistare pro-

dotti a km zero garantiti al cento per cento come locali, contrastando

così il sempre più capillare e insostenibile furto di identità e di valore

che subiscono i prodotti nel passaggio dal campo alla tavola». L’a-

gricoltore che vuole rifornire il proprio punto vendita può essere un

imprenditore agricolo singolo o associato ad una cooperativa e dovrà

accreditarsi presso la Fondazione Campagna Amica e associarsi al

Consorzio Produttori. Fatto ciò avrà diritto ad entrare nel portale

web dove viene gestita online la domanda e l’offerta. n

n.75

Come lo scorso anno, dopo un inizio di campionato diffi cile

ma che lasciava spazio a molte considerazioni e a giudizi

promettenti per come si erano svolte le prime gare lontano

dalle mura amiche, di nuovo una buona prestazione in casa

contro Avellino ma persa ancora per la scarsa percentuale al tiro

nel quarto tempo. Finalmente arrivava la prima vittoria contro le V

nere bolognesi, compagine costruita per ben altri obiettivi. Il tutto

faceva ben sperare che la Banca Tercas avesse esaurito un trend

negativ e avesse ripreso una sua fi sionomia di squadra equilibrata.

Purtroppo abbiamo purtroppo avuto modo di constatare che

dopo la bella ed importante vittoria contro i bolognesi, la squadra

è incappata in un’involuzione di rendimento, inanellando pre-

stazioni scadenti, prive di grinta e volontà di lottare come quella

contro Venezia (giocata a Treviso) o come quella contro Cremona

giocata al PalaScapriano o a Sassari, letteralmente mortifi cati nel

punteggio. A parziale scusante di quest’involuzione forse la causa

va ricercata ad episodi sfortunati che hanno coinvolto la squadra

biancorossa Vedi l’infortunio capitato a Brad Wanamaker e ancora

non rimpiazzato, poi il lutto che ha colpito il bravo Brandon Brown

e alcuni lievi infortuni a Borisov, Amoroso e Fulz. Insomma, una

miscela di avversità che hanno potuto intaccare la coesione del

gruppo. A discapito di tutto resta una vera realtà: all’8ª giornata di

campionato la Banca Tercas è ultima in classifi ca generale con solo

2 punti all’attivo, in compagnia della Sutor Montegranaro che però

ha già riposato.

Anche la squadra marchigiana ha avuto problemi di rendimento

fi no a questo punto del campionato, pur avendo un roster, sulla

carta, molto forte e completo ma ha cercato di risolverli con il

cambio dell’allenatore, esonerando Druker per sostituirlo con Valli

ex Milano. Nel frattempo, nel ricordare le diffi coltà incontrate dalla

Banca Tercas e cercando di capirne i motivi, ecco arrivare alla 9ª

giornata d’andata un inaspettato successo, il secondo in questo

campionato per la Banca Tercas ed inaspettato per il semplice

BasketSPO

RT motivo che alla vigilia della gara il pronostico era tutto a favore

della squadra marchigiana poiché si presentava a Teramo con

tanto di credenziali positive per la sua composizione di squadra.

Un roster pieno di ottimi giocatori come White che lo scorso anno

aveva vinto la classifi ca del miglior realizzatore del torneo tra le

fi la del Sassari, l’azzurro Hachet, Hickman, Jones & compagni. Tutto

ciò non è bastato ad impedire alla Banca Tercas di sciorinare una

prestazione direi d’altri tempi, perché gli atleti teramani hanno

messo in mostra tutte quelle doti che sono mancate nei precedenti

incontri: determinazione e volontà di chi deve fare risultato a tutto

i costi. Ma abbiamo assistito anche e soprattutto ad un gioco fl uido

e piacevole di squadra. Finalmente abbiamo visto un Borisov nei

panni di catalizzatore offensivo e difensivo, rispettivamente realiz-

zatore e conquistatore di palloni sotto le plance, un Green che sta

evidenziando progressi lenti ma sostanziali sul piano del rendimen-

to, bene gli altri componenti della squadra.

La sorpresa più bella è stata la prestazione del giovane Antonello

Ricci, classe ‘92, fatto entrare sul parquet da Ramagli con il solo

compito di marcare il play Hachet per limitare le sue giocate e vi

riusciva. La vittoria ottenuta contro Pesaro è stata veramente una

boccata d’ossigeno per tutto l’ambiente biancorosso. La Banca

Tercas si è portata a 4 punti raggiungendo tre formazioni: Casale,

Cremona e Montegranaro. Su queste compagini la nostra squadra

dovrà fare il suo campionato da questa giornata in poi ai fi ni della

salvezza. Certo è che se la società di Via De Albentiis facesse

lo sforzo ulteriore di acquistare un giocatore (ruolo guardia), in

sostituzione degli sfortunati Clinton Johnson e di Brad Wanamaker,

tanto da riuscire a dare alla squadra quel tocco di qualità e quantità

che al momento ne ha fortemente bisogno, tutto sarebbe più

possibile. La verifi ca di quello che tutti gli appassionati biancorossi

sostengono si è avuta proprio a Cantù dove la Banca Tercas, ancora

incompleta nel suo roster, ha però effettuato una prova molto

buona affrontando una formazione forte che ha già ottenuto, tra

l’altro, il passaggio ai Top 16 dell’Eurolega classifi candosi prima

nel suo girone. I protagonisti principali del successo per la squadra

canturina sono stati i vecchietti terribili, gli ex nazionali Basile e

Marconato e il micidiale Mazzarino, che con la loro prova piena di

sostanza e concretezza hanno trascinato il resto della squadra ad

imporsi su quella teramana di solo 8 punti.

Ottima prova tra i biancorossi quella di Daniel Brown, 34 i suoi

punti, e di Yaniv Green. Da menzionare la prova negativa di Borisov

che non ha nemmeno sfi orato la bella e possente prestazione di

sette giorni prima in casa contro Pesaro. In conclusione, questa

10ª giornata di andata ha visto Siena riappropriarsi della testa della

classifi ca dopo aver vinto ad Avellino ai supplementari, appaiati

in seconda posizione e distanziate di soli 2 punti la sorprendente

Biella allenata dal nostro concittadino Cancellieri e Milano che è

andata a vincere a Venezia priva di Gallinari, tornato in America

insieme agli altri giocatori professionisti presenti nelle squadre

italiane del nostro campionato, visto che a Natale inizierà la NBA. In

coda, con 6 punti, rispettivamente troviamo Cremona e Montegra-

naro seguite da Casale e Teramo, con punti 4, che però deve ancora

osservare il turno di riposo.

Colgo l’occasione per Augurare Buon Natale e un felice Anno Nuo-

vo a tutti i teramani. n

30diBebèMartorelli [email protected]

n.75

Per laBanca TercasTeramo Basket si prospetta un altro anno di sofferenza per l’ambiente biancorosso

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