Attività Diabetologica e Metabolica in Italia - gidm.it · un’amputazione di gamba. Nel periodo...

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G It Diabetol Metab 2015;35:90-112 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia 4° Congresso Nazionale Gruppo di Studio Interassociativo AMD-SID Piede Diabetico Roma, 19-21 febbraio 2015 Comitato Scientifico/Organizzativo: M.E. De Feo, L. Uccioli (Presidenti), A. Bruno, A. Chiavetta, R. Da Ros, L. Giurato, L. Mancini, G. Meloni, L. Rizzo follow-up di 724 gg (DS 275) non è stata osservata alcuna reci- diva ulcerativa mentre si è osservata un’ulcera da trasferimento su un metatarso adiacente. Conclusioni. Il lembo fasciocutaneo plantare di avanzamento può essere considerato un’opzione chirurgica sicura ed efficace nel trattamento delle ulcere neuropatiche plantari considerando l’elevato tasso di guarigione, il corto periodo di guarigione e il basso rischio di recidiva ulcerativa. Approccio chirurgico plantare e stabilizzazione con fis- satore esterno nel trattamento dell’osteomielite medio- tarsale del piede di Charcot ulcerato Caravaggi C, Sganzaroli A,Bona F, Sacchi G, Scotti A, Fattori M, Cassino R, Simonetti D Centro per lo Studio e la Cura del Piede Diabetico, Istituto Cli- nico Citta Studi, Milano La neuroartropatia di Charcot del mesopiede si caratterizza per una severa deformità e instabilità del mesopiede con inversione della volta plantare e protrusione plantare ossea. Queste defor- mità, benché alloggiate in calzature protettive con suola rigida e plantari su misura, possono evolvere in lesioni ulcerative plantari recidivanti che possono complicarsi con infezioni delle ossa del mediotarso che pongono il paziente a rischio di amputazione maggiore. Scopo dello studio. Valutare la sicurezza e l’efficacia di un ap- proccio chirurgico plantare transulcerativo di bonifica del focolaio osteomielitico e stabilizzazione del mesopiede con fissatore esterno nell’osteomielite mediotarsale del piede di Charcot cro- nico ulcerato. Materiale e metodi. Nel periodo da dicembre 2009 ad agosto 2014 sono stati trattati 16 pazienti giunti alla nostra osservazione poiché affetti da neuroatropatia di Charcot di mesopiede con ul- cera plantare cronica ed esposizione ossea mediotarsale. In tutti i pazienti era stata posta indicazione all’amputazione prossimale di piede o di gamba. Tutti i pazienti presentavano un quadro va- scolare normale con presenza dei polsi periferici. I pazienti sono stati sottoposti ad accertamenti radiologici (radiografia standard del piede ed RMN) per valutare l’entità del processo osteomieli- tico. È stato eseguito un primo step chirurgico consistente in Riassunti – Comunicazioni orali Lembo fasciocutaneo quadrato plantare di avanza- mento nel trattamento delle ulcere plantari diabetiche non infette Caravaggi C 1 , Ferraresi R 2 , Sganzaroli A 1 , Bona F 1 , Galenda P 3 1 Centro Interdipartimentale per la Cura del Piede Diabetico, Istituto Clinico Città Studi, Milano; 2 Servizio di Radiologia In- terventistica Periferica, Istituto Clinico Humanitas Gavazzeni, Bergamo; 3 Centro per la Cura del Piede Diabetico, Istituto Cli- nico Humanitas Gavazzeni, Bergamo L’apparecchio deambulatorio di scarico, indicato come tratta- mento di prima scelta nelle ulcere neuropatiche plantari non è stato ampiamente usato a causa della scarsa compliance dei pa- zienti e degli elevati rischi di effetti collaterali quali la comparsa di lesioni ulcerative e infezioni. Scopo dello studio. Valutare la sicurezza e l’efficacia di un lembo fasciocutaneo plantare di scorrimento nel trattamento delle ulcere neuropatiche plantari. Materiale e metodi. Dal dicembre 2012 al febbraio 2013 ab- biamo consecutivamente arruolato 23 pazienti con lesioni ulce- rative profonde neuropatiche o neuroischemiche. Nove pz sono stati sottoposti a PTA e 18 pz a trattamento chirurgico osseo come segue: a) 10 rimozioni di teste metatarsali; b) 3 osteotomie distali di sollevamento; c) 2 resezioni dell’articolazione metatarso- falangea del I raggio con stabilizzazione con filo di K; d) 1 eso- stectomia plantare; e) 1 sesamoidectomia; f) 1 calcanectomia parziale. In tutti i pz è stato scolpito un lembo fasciocutaneo plan- tare di copertura della lesione ulcerativa. Due pz sono stati esclusi dall’analisi statistica poiché hanno sottoposto a carico il piede operato nei primi giorni dopo l’intervento. Risultati. È stato osservato un tasso di guarigione del 100% nei rimanenti 21 pz. In 15 pz (71,5%) abbiamo osservato una guari- gione per prima intenzione mentre in 5 pz (24%) per seconda in- tenzione e in un pz (4,5%) dopo revisione chirurgica. Il tempo di guarigione per prima intenzione è stato di 30 gg (DS 13), in caso di guarigione per seconda intenzione di 86 gg (DS 40) mentre il tempo di guarigione totale è stato di 44 gg (DS 31). Durante un

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G It Diabetol Metab 2015;35:90-112

Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

4° Congresso Nazionale Gruppo di Studio InterassociativoAMD-SID Piede DiabeticoRoma, 19-21 febbraio 2015Comitato Scientifico/Organizzativo: M.E. De Feo, L. Uccioli (Presidenti), A. Bruno, A. Chiavetta, R. Da Ros, L. Giurato, L. Mancini, G. Meloni, L. Rizzo

follow-up di 724 gg (DS 275) non è stata osservata alcuna reci-diva ulcerativa mentre si è osservata un’ulcera da trasferimentosu un metatarso adiacente.Conclusioni. Il lembo fasciocutaneo plantare di avanzamentopuò essere considerato un’opzione chirurgica sicura ed efficacenel trattamento delle ulcere neuropatiche plantari considerandol’elevato tasso di guarigione, il corto periodo di guarigione e ilbasso rischio di recidiva ulcerativa.

Approccio chirurgico plantare e stabilizzazione con fis-satore esterno nel trattamento dell’osteomielite medio-tarsale del piede di Charcot ulcerato

Caravaggi C, Sganzaroli A, Bona F, Sacchi G, Scotti A, FattoriM, Cassino R, Simonetti D

Centro per lo Studio e la Cura del Piede Diabetico, Istituto Cli-nico Citta Studi, Milano

La neuroartropatia di Charcot del mesopiede si caratterizza peruna severa deformità e instabilità del mesopiede con inversionedella volta plantare e protrusione plantare ossea. Queste defor-mità, benché alloggiate in calzature protettive con suola rigida eplantari su misura, possono evolvere in lesioni ulcerative plantarirecidivanti che possono complicarsi con infezioni delle ossa delmediotarso che pongono il paziente a rischio di amputazionemaggiore.Scopo dello studio. Valutare la sicurezza e l’efficacia di un ap-proccio chirurgico plantare transulcerativo di bonifica del focolaioosteomielitico e stabilizzazione del mesopiede con fissatoreesterno nell’osteomielite mediotarsale del piede di Charcot cro-nico ulcerato.Materiale e metodi. Nel periodo da dicembre 2009 ad agosto2014 sono stati trattati 16 pazienti giunti alla nostra osservazionepoiché affetti da neuroatropatia di Charcot di mesopiede con ul-cera plantare cronica ed esposizione ossea mediotarsale. In tuttii pazienti era stata posta indicazione all’amputazione prossimaledi piede o di gamba. Tutti i pazienti presentavano un quadro va-scolare normale con presenza dei polsi periferici. I pazienti sonostati sottoposti ad accertamenti radiologici (radiografia standarddel piede ed RMN) per valutare l’entità del processo osteomieli-tico. È stato eseguito un primo step chirurgico consistente in

Riassunti – Comunicazioni orali

Lembo fasciocutaneo quadrato plantare di avanza-mento nel trattamento delle ulcere plantari diabetichenon infette

Caravaggi C1, Ferraresi R2, Sganzaroli A1, Bona F1, Galenda P3

1Centro Interdipartimentale per la Cura del Piede Diabetico,Istituto Clinico Città Studi, Milano; 2Servizio di Radiologia In-terventistica Periferica, Istituto Clinico Humanitas Gavazzeni,Bergamo; 3Centro per la Cura del Piede Diabetico, Istituto Cli-nico Humanitas Gavazzeni, Bergamo

L’apparecchio deambulatorio di scarico, indicato come tratta-mento di prima scelta nelle ulcere neuropatiche plantari non èstato ampiamente usato a causa della scarsa compliance dei pa-zienti e degli elevati rischi di effetti collaterali quali la comparsa dilesioni ulcerative e infezioni.Scopo dello studio. Valutare la sicurezza e l’efficacia di unlembo fasciocutaneo plantare di scorrimento nel trattamento delleulcere neuropatiche plantari.Materiale e metodi. Dal dicembre 2012 al febbraio 2013 ab-biamo consecutivamente arruolato 23 pazienti con lesioni ulce-rative profonde neuropatiche o neuroischemiche. Nove pz sonostati sottoposti a PTA e 18 pz a trattamento chirurgico osseocome segue: a) 10 rimozioni di teste metatarsali; b) 3 osteotomiedistali di sollevamento; c) 2 resezioni dell’articolazione metatarso-falangea del I raggio con stabilizzazione con filo di K; d) 1 eso-stectomia plantare; e) 1 sesamoidectomia; f) 1 calcanectomiaparziale. In tutti i pz è stato scolpito un lembo fasciocutaneo plan-tare di copertura della lesione ulcerativa. Due pz sono stati esclusidall’analisi statistica poiché hanno sottoposto a carico il piedeoperato nei primi giorni dopo l’intervento.Risultati. È stato osservato un tasso di guarigione del 100% neirimanenti 21 pz. In 15 pz (71,5%) abbiamo osservato una guari-gione per prima intenzione mentre in 5 pz (24%) per seconda in-tenzione e in un pz (4,5%) dopo revisione chirurgica. Il tempo diguarigione per prima intenzione è stato di 30 gg (DS 13), in casodi guarigione per seconda intenzione di 86 gg (DS 40) mentre iltempo di guarigione totale è stato di 44 gg (DS 31). Durante un

Congresso AMD-SID Piede Diabetico

un’ampia ulcerectomia plantare con scheletrizzazione del me-diotarso e ampia resezione ossea cuneiforme sino a raggiungespongiosa ossea apparentemente sane e sanguinante. È stataeseguita biopsia ossea per esame colturale e istologico. È stataimpostata terapia antibiotica empirica con piperacillina-tazobac-tam 16 mg/die e daptomicina 8 mg/kg/die. Dopo circa 7 gg dimedicazioni giornaliere con zaffo di garza iodoformica è statoeseguito l’intervento chirurgico definitivo di revisione chirurgicadella lesione plantare e stabilizzazione di mesopiede e di cavigliacon fissatore esterno Hofmann III. È stata in seguito modificata laterapia antibiotica secondo il risultato dell’esame colturale che ilpaziente ha proseguito per 3 mesi dopo la dimissione. Dopo tremesi il fissatore esterno è stato rimosso e il paziente ha ripreso adeambulare con calzature a suola rigida di protezione e plantarisu calco.Risultati. Nel periodo di trattamento si è osservata la completaguarigione di 14 pazienti (87%) mentre in due pazienti (13%) perla progressione dell’infezione ossea è stato necessario eseguireun’amputazione di gamba. Nel periodo di follow-up non è stataosservata una ripresa del processo infettivo.Conclusioni. L’approccio chirurgico aggressivo plantare del-l’ostemielite mediotarsale del piede di Charcot cronico ulceratopermette un elevato tasso di guarigione riducendo drasticamenteil rischio di amputazione maggiore.

L’estensione e il grading della osteomielite non sonocorrelati alla prognosi in diabetici affetti da neuroartro-patia di Charcot complicata: studio prospettico di coorte

Dalla Paola L, Carone A, Vasilache L, Principato MC, Patta-vina M

UO per il Trattamento Piede Diabetico, Maria Cecilia HospitalGVM Care and Research, Cotignola (RA)

Introduzione. L’osteoartropatia di Charcot (NAC) è una patolo-gia progressiva che può causare deformità, ulcerazione e, con-seguentemente, elevato rischio di amputazione.Materiale e metodi. Una coorte di diabetici affetti da NAC com-plicata da un esteso quadro di osteomielite del mesopiede e/oretropiede è stata arruolata e seguita prospetticamente. L’esten-sione dell’osteomielite era stata valutata con radiografia standarde risonanza magnetica nucleare. Obiettivo del trattamento chi-rurgico era l’eradicazione dell’osteomielite. Biopsie ossee multi-ple sono state ottenute durante il trattamento chirurgico e quindianalizzate dal laboratorio di anatomia patologica. Sono state ana-lizzate la percentuale di guarigione in relazione all’estensione egrading dell’osteomielite.Risultati. Da gennaio 2010 a maggio 2014 sono stati arruolati etrattati 33 pazienti diabetici consecutivi (21 maschi e 12 femmine)con NAC complicata. La localizzazione della NAC, secondo laclassificazione di Frykberg e Sanders era: classe I 1 paziente(3,03%), classe II-III 21 pazienti (63,64%), classe IV 11 pazienti(33,33%). Il numero medio di segmenti ossei coinvolti dall’osteo-mielite era 3,18 ± 1,74. Durante la procedura chirurgica sono statiottenuti multipli campioni ossei per l’analisi istologica. Il gradingdella osteomielite era: grado 1 in 11 pazienti (33,33%), grado 2in 7 pazienti (21,21%), grado 3 in 4 pazienti (12,12%), grado 4 in11 pazienti (33,33%). Il follow-up medio è stato di 409,35 ±154,06 giorni. Trenta pazienti sono guariti (90,91%). Tre pazientisono deceduti durante il follow-up per cardiopatia ischemica ecerebrale (2 pazienti) e per neoplasia (1 paziente). Nessuna diffe-renza nei tempi medi di guarigione, nel numero medio di inter-venti chirurgici è stata evidenziata tra i pazienti.Discussione. In questa coorte di pazienti diabetici affetti da NACe osteomielite abbiamo ottenuto un’elevata percentuale di salva-taggio d’arto. Tale risultato è stato ottenuto nonostante un esteso

coinvolgimento osteomielitico del mesopiede/retropiede. La lo-calizzazione, il grading e la diffusione dell’osteomielite non sonorisultati correlati agli outcome clinici nella popolazione studiata.

Nuova tecnica chirurgica per il trattamento conserva-tivo delle lesioni ulcerate del 1° raggio con coinvolgi-mento osteomielitico metatarsale in una popolazione disoggetti diabetici: studio prospettico di coorte

Dalla Paola L, Carone A, Principato MC, Vasilache L, Patta-vina M

UO per il Trattamento Piede Diabetico, Maria Cecilia HospitalGVM Care and Research, Cotignola (RA)

Introduzione. Le lesioni ulcerate plantari con coinvolgimentoosteomielitico dell’articolazione metatarso-falangea del 1° raggiocostituiscono, nel piede diabetico, una comune localizzazione. Iltrattamento conservativo di tali lesioni è spesso difficile da piani-ficare e deve essere condotto attraverso un appropriato debri-dement sia della componente ossea sia dei tessuti molli.Materiale e metodi. In una coorte di 28 pazienti diabetici chepresentavano una lesione ulcerata con coinvolgimento osteo-mielitico dell’articolazione metatarso-falangea del 1° raggio(1^MTPJ), dopo la rimozione della lesione e del corrispondentesegmento osseo coinvolto, abbiamo posizionato uno spaziatorein cemento antibiotato e un fissatore esterno monoplanare perstabilizzare temporaneamente la sede di intervento.Risultati. La durata media del follow-up è stata di 12,2 ± 6,9 me-si. Nel corso del follow-up 27 pazienti (96,43%) sono guariti. Ven-tiquattro pazienti sono guariti senza evidenziare recidive ulcerativelocali o da trasferimento, problematiche di ortesizzazione o ano-malie del passo. Tre pazienti hanno sviluppato una recidiva ulce-rativa dopo tale procedura chirurgica. Nel periodo postoperatorioun paziente (3,57%) ha presentato la deiscenza del sito chirurgicoed è stato sottoposto a revisione locale e re-intervento. Duranteil follow-up, dopo la guarigione, 2 pazienti (7,14%) hanno pre-sentato recidiva ulcerativa secondaria a dislocazione del cementoosseo. L’approccio chirurgico è consistito nella revisione con ri-mozione e riposizionamento dello spaziatore e del fissatoreesterno temporaneo (1 paziente) e artrodesi con viti cannulate (1 paziente). Un paziente (3,57%) in seguito a recidiva di ischemiacritica è stato sottoposto a nuova procedura di rivascolarizza-zione e ad amputazione transmetatarsale.Conclusioni. Il nostro studio evidenzia l’efficacia di questa tec-nica chirurgica one-step per il trattamento di lesioni ulcerative concoinvolgimento osteomielitico della 1^MTPJ in pazienti diabetici.

Protocollo clinico-strumentale di confronto statisticodella gestione dell’ipercarico plantare tra ortesi realiz-zate con tecnica CAD-CAM e da calco in pazienti condiabete

D’Amico M1, Roncoletta P1, Vermigli C2, Gnaldi Coleschi A3,Ceppitelli C2, Notarstefano F2

1SMART LAB, Bioengineering & Biomedicine Company Srl,Pescara; 2SC Misem, Dipartimento di Medicina Interna, Uni-versità degli Studi di Perugia, Perugia; 3Divisione Ecotechno-logy, Ecosanit, Anghiari (AR)

Introduzione. Scopo del presente lavoro pilota è stato quello diidentificare un protocollo e una rigorosa procedura quantitativo-statistica per permettere il confronto tra le performance ottenuteda ortesi plantari progettate e realizzate: con metodo tradizionalee con metodo CAD-CAM.

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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

Metodo. Nel protocollo sperimentale è stato utilizzato lo stru-mento baropodometrico a solette multisensore Pedar (NovelGmbh), il sistema CAD-CAM Ecoplan SI (Ecosanit Ecotechno-logy) e appositi sandali che permettevano alternativamente l’in-serimento di una suola neutra o di plantari realizzati su misura perciascun paziente. Sono stati valutati 30 pazienti: età > 18 anni;diabete mellito con associata neuropatia sensitivo-motoria peri-ferica e ipercarico plantare o con pregresse lesioni ulcerative neu-ropatiche plantari. Tutti i pazienti sono stati valutati in 2 tempi. Alt0 sono state rilevate: impronta dei piedi con schiuma fenolica,aree di ipercheratosi/rischio ulcerazione con carta millimetrata,analisi baropodometrica durante il cammino a cadenza control-lata con sandali con soletta neutra. Sono stati richiesti un minimodi 24 appoggi per singolo piede determinato come il numero di ap-poggi validi necessari, imponendo una potenza del test P = 80%significatività a = 99% per individuare differenze significative tra lemedie pari al livello di una deviazione standard del campione rap-presentativo della popolazione. Da tutti gli appoggi sono statecalcolate le medie delle distribuzioni di picco su cui è stata effet-tuata tutta l’analisi statistica. Dall’impronta sono state realizzatedue paia di plantari per ogni paziente con metodo tradizionale econ metodo CAD-CAM con i quali al tempo t1 è stato effettuatoun secondo esame baropodometrico, analogo a quello effettuatoal t0. L’analisi statistica è stata condotta in due fasi successive:paired t-test intra-individuale tra le medie delle mappe di picconelle tre condizioni a livello del singolo sensore per determinarel’azione indotta dai due tipi di plantare sulle aree di rischio risul-tate statisticamente maggiori di 200KPa (p < 0,05). L’estensionedelle aree di rischio dei 30 soggetti è stata raggruppata, per cia-scuna delle tre condizioni considerate, ed è stato applicato untest ANOVA, a una via su misure ripetute separatamente per cia-scun piede.Risultati. Per tutti i soggetti si è rilevato che l’uso di un plantarecorrettivo determina una riduzione statisticamente significativadelle estensioni delle regioni a rischio ulcerazione. I due testANOVA sono risultati entrambi statisticamente significativi (DX p < 1e-9) (SX p < 3e-12). I confronti post hoc confermano una mi-gliore performance dei plantari progettati e realizzati con tecnicaCAD-CAM rispetto a quelli progettati da calco con tecnica ma-nuale tradizionale (DX p < 0,0083, SX p < 0,0055).Conclusioni. Da questo studio pilota risulta evidente che il proto-collo di acquisizione ed elaborazione sviluppati sono idonei ed ef-ficaci per impostare un lavoro di confronto quantitativo-statisticosulle performance correttive di ortesi plantari di differente tipo per-mettendo di rilevare: la superiorità statisticamente confermata del-l’approccio con progettazione e realizzazione CAD-CAM delleortesi plantari rispetto al metodo tradizionale con calco.

Riduzione delle amputazioni in Italia e procedure di ri-vascolarizzazione: esiste un rapporto di causa effetto?

De Bellis A1, Lombardo F2, Tedeschi A1, Seghieri G1, MagginiM2, Anichini R1

1UO Diabetologia, USL 3, Pistoia; 2Centro Nazionale di Epi-demiologia, Istituto Superiore di Sanità, Roma

È noto che le procedure di rivascolarizzazione (arteriosa) agli artiinferiori nei pazienti con diabete mellito siano efficaci nel prevenirele amputazioni maggiori. Però ancora non è chiaro se esista unastretta correlazione tra la riduzione di amputazioni in Italia ottenutanell’ultimo decennio e l’incremento del numero di procedure dirivascolarizzazione. Obiettivo di questa analisi è testare l’ipotesi seesista una relazione fra i trend di amputazione in Italia e nelle sin-gole realtà regionali e il numero delle procedure di rivascolarizza-zione periferiche (REVP) agli arti inferiori nei pazienti diabetici neglianni 2003-2012.

Metodi. Analisi retrospettiva del numero delle amputazioni in Ita-lia tra il 2003-2012 e il numero di REVP nello stesso periodo.Risultati. In Italia negli anni 2003-2012 il numero delle amputa-zioni agli arti inferiori nei pazienti diabetici (LEAs) appare essersiridotto: le amputazioni totali si sono ridotte da 3,6 per 1000 per-sone con il diabete a 2,7‰ (–23,4%), le amputazioni minori ri-dotte da 2,2 a 1,9‰ (–13,1%) e le maggiori da 1,2 a 0,7‰(38,1%) p < 0,001. Nello stesso periodo il numero totale delleprocedure di rivascolarizzazione progressivamente è incremen-tato: nel 2003, 4 persone su 1000 diabetici sono state sottopo-ste a REVP, di queste 2,5 ebbero un intervento di rivasco- larizzazione endoluminale (ER) mentre 1,4‰ furono sottoposte aprocedura chirurgica (SP); in confronto nel 2012 REVP furono4,7‰ di cui 4,1 furono ER e 0,6 SP. Il trend di incremento neglianni delle REVP è stato di: +61,3% per ER con un decrementodel –55% per SP. Nei diabetici sottoposti a REVP è stata riscon-trata una significativa differenza per sesso RR = 3 (maschi-fem-mine) e negli anni un progressivo invecchiamento (2003-2012)dei soggetti sottoposti a REVP (p < 0,01). Analizzando l’anda-mento regionale di amputazioni e di REVP non esiste una strettacorrelazione; infatti, vi sono ambiti regionali dove a un elevato nu-mero di REVP corrisponde un numero minore di amputazioni, maesistono anche andamenti intermedi e talvolta a un elevato nu-mero di REVP corrisponde un elevato numero di amputazionimaggiori superiori alla media nazionale. Inoltre anche dall’analisidelle regioni con minor numero di amputazioni (Toscana) vi sonoandamenti differenziati tra singole realtà territoriali e singoli ap-procci terapeutici.Conclusione. In Italia negli anni 2003-2012 il numero delle am-putazioni maggiori nei pazienti diabetici è significativamente ri-dotto, così come le procedure di rivascolarizzazione si sonoincrementate. Comunque sono necessari ulteriori studi e analisiper comprendere come e perché esistano andamenti differenziatisul territorio nazionale. Da questa analisi, inoltre, si evidenzia l’op-zione italiana nelle procedure vascolari periferiche con una nettaprevalenza di scelta nelle endoluminali in confronto con le proce-dure chirurgiche.

Rivascolarizzazione e piede diabetico: differenze diesito a breve e lungo termine correlate al reparto di ri-covero

De Feo ME1, Fico F1, Capece S2, Volpe FP1, De Simone R1, Pi-scopo G1, Cangiano G2

1UOD Diabetologia, 2UO Radiologia Vascolare, AORN A. Car-darelli, Napoli

Scopo. Il Piano Nazionale Diabete ipotizza che un miglioramentonella cura del “Piede diabetico” si possa ottenere se il pazientecon lesioni gravi viene tempestivamente e preferibilmente inviatoa strutture dedicate. Abbiamo voluto valutare eventuali differenzedi esito in termini di salvataggio d’arto, amputazione maggioree/o morte per i pazienti diabetici (D) con lesioni vascolari agli artiinferiori che giunti al PS del nostro ospedale venivano indirizzatia differenti reparti ma subivano un uguale trattamento di rivasco-larizzazione endoluminale agli arti inferiori presso un unico Servi-zio di Radiologia Vascolare.Metodi. Studio osservazionale retrospettivo. Tutti i D che dalgennaio 2008 al dicembre 2011 sono stati trattati, con esito im-mediato favorevole, presso il Servizio di Radiologia Vascolare delnostro ospedale sono stati valutati con un follow-up breve, a 3 mesi, e un follow-up a 24 mesi. I dati sono stati ricavati dallecartelle, dai registri di controllo ambulatoriale post-ricovero o conindagine telefonica. I pazienti sono stati divisi in Gruppo A (110 pzper 117 arti trattati, quelli seguiti presso l’Unità di Diabetologia(Centro Regionale per il Piede Diabetico) e Gruppo B (155 pz

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Congresso AMD-SID Piede Diabetico

per 169 arti, quelli ricoverati in altri reparti del nostro ospedale(Medicine 2,7%, UTIC 3,6%, Ch. Vascolare 81%, Ch. Urgenza12,4%).Risultati. Caratteristiche della popolazione; Gr.A vs Gr.B: maschi71% vs 68%, età media sovrapponibile 67 a vs 68 a. Classifica-zione delle lesioni: Gr.A TUC 1C-D 7,2%, 2C-D 22,7%, 3C-D70,1%; Gr.B non è stata usata una classificazione o è stata dif-ferente nei vari reparti. Esito al follow-up breve (3 m) Gr.A vs Gr.B:1) salvataggio d’arto 96,36% vs 82,9% (p < 0,001); 2) amputa-zione maggiore 3,63% vs 15,38% (p < 0,005); 3) decesso 0% vs1,7% (p = ns). Esito al follow-up lungo (24 m): 1) salvataggiod’arto 84,01% vs 58,48% (p < 0,0001); 2) amputazione mag-giore 7,99% vs 27,33% (p < 0,0005); 3) decesso 7,96% vs14,18% (p = ns). Durante il ricovero il ricorso a un’amputazioneminore è stato simile: Gr.A vs B 51,9% vs 56,4%; ma le prossi-mali (avampiede) erano meno frequenti nel Gr.A 6,4% vs 19,6%.La degenza media è stata più breve nei reparti chirurgici.Conclusioni. Il miglior esito nei pazienti ricoverati in Diabetologiasolo in parte potrebbe essere spiegata con una diversa selezionedi pazienti al PS ma a nostro parere dipende da un miglior con-trollo delle complicanze multisistemiche, dal ricorso a frequentitoilette chirurgiche e da una maggiore durata del trattamento in-traricovero.

Outcome di 100 soggetti diabetici trattati chirurgica-mente per ulcere profonde infette ai piedi

Galenda P1, Madaschi S1, Valerio N1, Gallicchio V1, Cisale C1,Colli D1, Ferraresi R2, Caravaggi CM1

1Centri Piede Diabetico, Endocrinologia, Diabetologia, Huma-nitas Gavazzeni, Bergamo; 2Laboratorio Emodinamica, Hu-manitas Gavazzeni, Bergamo

Le infezioni, unitamente all’ischemia, rappresentano le princi-pali cause di amputazione nel soggetto diabetico con ulcere aipiedi. In letteratura vengono segnalati tassi amputativi superiorial 90% per le ulcere profonde infette, 100% se associate aischemia. L’obiettivo di questo studio è quello di valutare gli out-come di un trattamento chirurgico tempestivo, aggressivo, maallo stesso tempo conservativo, di queste lesioni.Materiale e metodi. Sono stati seguiti e raccolti i dati di 100 pa-zienti diabetici giunti consecutivamente a nostra osservazioneper ulcere infette profonde dei piedi. Le lesioni sono state sta-diate secondo criteri della Texas University Classification (TUC)e il sistema PEDIS-IDSA:– TUC (n): 2B (4), 2D (8), 3B (39), 3D (49);– PEDIS (n): 1 (0), 2 (5), 3 (71), 4 (24).Tutti pazienti sono stati sottoposti a drenaggio in urgenza o ur-genza differita dell’infezione e polichemioterapia antibiotica em-pirica o mirata sulla scorta di antibiogramma. Nei giorni suc -cessivi 57 soggetti sono stati sottoposti a PTA degli arti inferiori,di cui 2 inefficaci, 7 ad amputazioni maggiori transtibiali o tran-sfemorali, 3 del mesopiede, 15 dell’avampiede, 26 di 1 o piùraggi, 5 di 1 o più dita, 43 a ulcerectomie e/o sequestrectomieossee.Risultati. Guarigione: Nel periodo di osservazione 59 pazientisono guariti di cui 39 in meno di 12 settimane, 72 hanno ripresoa deambulare con ortesi o scarico gessato. Mortalità in fase acutae post-acuta: 1 paziente è deceduto per setticemia prima del trat-tamento chirurgico, altri 2 durante la degenza, 1 dopo 20 gg dalladimissione. All’analisi statistica sono state osservate differenzenei livelli di amputazione che sono risultati più prossimali nei sog-getti ischemici (p < 0,1), o con infezioni più gravi (p < 0,001). Il tasso di guarigione è maggiore nei soggetti non ischemici (p < 0,1) senza che vi siano differenze significative nei tempi.Meno soggetti tendono a guarire se trattati per infezioni gravi

(p < 0,1) e in tempi più lunghi (p < 0,1). La guarigione è risultatapiù lenta e difficile nei soggetti dializzati (18).Conclusioni. Un trattamento chirurgico tempestivo delle lesioniprofonde infette consente di ridurre significativamente la preva-lenza di amputazioni segnalata in letteratura. Lo stesso tratta-mento associato a rivascolarizzazione efficace consente di ridurreil tasso di amputazioni anche nelle ulcere ischemiche infette. Il li-vello di amputazione è risultato direttamente proporzionale allagravità dell’infezione. L’emodialisi si conferma quale fattore pro-gnostico negativo di guarigione.

Analisi dell’indice di comorbilità di Charlson nei pazientiaffetti da piede diabetico (PD) e sua correlazione conl’evoluzione clinica

Iacopi E, Coppelli A, Goretti C, Mattaliano C, Piaggesi A

Sezione Dipartimento Piede Diabetico, Dipartimento di AreaMedica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Scopo dello studio. L’indice di comorbilità di Charlson (ICC),derivante dalla somma di punteggi attribuiti a 19 differenti pato-logie croniche, è la più diffusa metodica di valutazione delle co-morbilità in grado di predire la mortalità. Abbiamo valutato l’ICCin pazienti affetti da PD e abbiamo analizzato la sua correlazionecon gli outcome clinici a lungo termine.Materiale e metodi. Abbiamo calcolato retrospettivamentel’ICC in 638 pazienti consecutivi affetti da diabete mellito di tipo2 (M/F 460/178; età 68 ± 11 aa; BMI 27,8 ± 5,0 kg/m2; duratadiabete 19,8 ± 12,3 aa; HbA1c 7,9 ± 1,8%) ricoverati presso il no-stro dipartimento nel periodo 2011-2014 per PD. I principali out-come clinici (percentuali di guarigione, di amputazione maggioree di morte) sono stati valutati nel corso di un follow-up di 18,9 ±12,4 mesi (range 1,7-43,2 mesi) e quindi correlati con il punteg-gio ICC.Risultati. Il punteggio ICC medio (± DS) complessivo era 5,2 ±1,6. La percentuale di guarigione era 67,2% (n 429), mentrequelle di amputazione maggiore e di morte erano rispettivamente5,2% (n 33) e 19,5% (N 84) nel corso del follow-up. L’ICC era si-gnificativamente più basso nei pazienti guariti rispetto ai non gua-riti (5,1 ± 2,5 vs 5,8 ± 2,1; p < 0,02). Un punteggio ICC signi-ficativamente più alto (6,1 ± 2,3 vs 5,1 ± 2,3; p < 0,02) venivaosservato nei pazienti deceduti durante il follow-up. Nessuna dif-ferenza significativa veniva trovata nei pazienti sottoposti ad am-putazione maggiore d’arto rispetto agli altri (5,5 ± 2,6 vs 5,2 ±2,5; p = ns). Conclusioni. I pazienti diabetici con PD presentano un punteg-gio di ICC molto alto che correla con i tassi di guarigione e dimortalità, sottolineando l’importanza dell’importante coinvolgi-mento sistemico di questi pazienti. I nostri dati suggeriscono inol-tre un possibile valore predittivo dell’ICC non solo in termini dimortalità, ma anche in relazione all’evoluzione clinica delle lesionia lungo termine.

Classificazione del rischio ulcerativo nei pazienti in dia-lisi: un’opportunità anche nei non diabetici?

Magi S1, Scatena A1, Duranti E2, Bartolini E1, Ricci L3

1SC Diabetologia, 2SC Nefrologia e Dialisi, 3SC Diabetologia,Ospedale San Donato ASL 8, Arezzo

Scopo della ricerca. Valutare il rischio ulcerativo in pazienti dia-lizzati, diabetici e non diabetici.Metodi impiegati. Abbiamo valutato 3 gruppi di pazienti: 145 diabetici non dializzati (DMND); 36 diabetici dializzati (DMD)

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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

e 127 dializzati non diabetici (DND) per la presenza di vasculo-patia tramite indice caviglia/braccio (ABPI), di perdita della sensi-bilità protettiva (LOPS) tramite biotesiometria (VPT) emonofilamento per poter classificare i pazienti secondo la classedi rischio ulcerativo del Documento di Consenso Internazionale.Conclusioni. Come atteso, un ABPI < 0,9 è presente nei tregruppi sottoposti a studio, senza differenze significative tra i DMD(36%) e i DND (30%). Tuttavia i 3 gruppi non differivano statisti-camente per l’alterazione della VPT, presente anche in 38 (30%)dei DND; tutti questi ultimi presentavano una lesione in fase attivao pregressa o pregresse amputazioni minori o maggiori. Le pre-gresse amputazioni minori erano presenti in 1 (0,7%) dei DMND,5 (14%) dei DMD e in 3 (2%) dei DND; le pregresse amputazionimaggiori in 0 DMND, 1 (3%) dei DMD e in 4 (3%) dei DND, senzadifferenze significative tra i 3 gruppi (p > 0,005). Un’ulcera in faseattiva era presente in 25 (17%) dei DMND, in 10 (27%) dei DMDe in 5 (4%) dei DND. Pregresse ulcere in 13 (9%) dei DMND, 15(42%) dei DMD e 2 (1%) dei DND. Risulta significativo che nes-suno dei DMD compaia nella classe di rischio ulcerativo assentee che la maggior parte (47%) appartenga alla classe di rischioelevatissimo. Inoltre la maggior parte dei pazienti DND (55%) ap-partiene alle classi di rischio media, elevata ed elevatissima. No-nostante la diversa numerosità dei campioni e la mancanza distudi similari, è possibile concludere che i pazienti DMD necessi-tino di azioni preventive dedicate e che l’esame della sensibilità vi-bratoria (VPT) possa essere condotto di routine anche nei DNDal fine di individuare pazienti ad alto rischio ulcerativo. Il follow-up a un anno attualmente in corso di questi pazienti è volto a va-lidare la classificazione del rischio ulcerativo anche nei pazientinon diabetici in dialisi.

Calcificazioni vascolari nei pazienti diabetici con lesioneischemica del piede: confronto tra pazienti in dialisi enon

Meloni M1, Izzo V1, Vainieri E1, Del Giudice C2, Da Ros V2, Ruo-tolo V1, Giurato L1, Gandini R2, Uccioli L1

1Medicina dei Sistemi, 2Radiologia, Università di Tor Vergata,Roma

Scopo. Il trattamento sostitutivo dialitico è un forte fattore di ri-schio per malattia vascolare periferica (MVP) e calcificazioni va-scolari (CV)(1). Lo scopo di questo studio è stato quello di valutarele differenze in termini di CV nei pazienti in dialisi e non, all’internodi una popolazione di soggetti diabetici affetti da ischemia criticadell’arto (IC) e lesione al piede (LP).Metodi. Il gruppo di studio ha incluso 456 pazienti sottoposti arivascolarizzazione endovascolare (RE) a causa di una condizionedi IC complicata da LP. Sono stati individuati due sottogruppi inrelazione al trattamento dialitico (D+) (n = 60) o meno (D–) (n =396). All’interno dei due sottogruppi abbiamo selezionato i pa-zienti con più severa MVP che hanno avuto necessità di almenoun nuovo intervento di RE per tentare il salvataggio d’arto: D+ n= 18 (24,7%) e D– n = 61 (14,7%). Inoltre, secondo il sistema dicalcolo delle calcificazioni vascolari periferiche eseguito con fluo-roscopia e angiografia a sottrazione digitale (PACCS) abbiamovalutato la severità e la localizzazione delle CV nei vasi sopra il gi-nocchio (SopG) e sotto (SotG)(2).Risultati. D+ ha avuto necessità di nuova RE in un maggior nu-mero di occasioni (24,7 vs 14,7%) p < 0,043. In relazione alle CV,D+ ha mostrato una malattia calcifica più severa (grado 4CPACCS) (56,5 vs 7,8%) (X = 0,001) e un più alto tasso di calcifi-cazioni combinate (intima e media) SotG (59 vs 9,5%) (X =0,0001) mentre D– ha mostrato un maggior coinvolgimento del-l’intima sia nei vasi SopG (57,9 vs 4,3%) (X = 0,0001) sia SotG(34,2 vs 9%) (X = 0,027).

Conclusioni. Il fallimento della RE è stato più frequente nelgruppo D+ e i dializzati hanno avuto necessità di più procedureper trattare la loro MVP. Le CV sembrano svolgere un ruolochiave nella severità della MVP e negli esiti peggiori dei pazientidializzati. Infatti questi risultati potrebbero essere correlati allagravità delle CV nei vasi SotG, principalmente per il coinvolgi-mento simultaneo sia dell’intima sia della media che sembre-rebbero influenzare negativamente il successo tecnico dellarivascolarizzazione e determinare una più frequente re-stenosidel vaso.1. Prompers L. Diabetologia 2008.2. Khrishna J. Catheterization and Cardiovascular Intervention

2014.

Indagine a campione sulle conoscenze in tema di piedediabetico fra gli infermieri dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Udine

Miniussi PM1, Monticelli S2, Caporale L2

1Azienda Ospedaliero-Universitaria di Udine, SO Medicina In-terna, Ambulatorio per la Cura del Piede Diabetico, Cividaledel Friuli; 2Università degli Studi di Udine, Corso di Laurea inInfermieristica

Premessa. La gestione delle lesioni cutanee croniche, tra cui ilpiede diabetico, viene sempre più spesso demandata anche inospedale al personale infermieristico. Non è però noto quale siail suo livello di conoscenze in materia, premessa necessaria perun’adeguata presa in carico di tali pazienti. Si è ritenuto perciòutile indagarlo con uno studio descrittivo, anche per valutare lanecessità e i contenuti di un eventuale programma di formazionespecifica.Scopo dello studio. Valutare il livello di conoscenze in tema divalutazione e cura del piede diabetico tra gli infermieri operantinell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Udine; ricercare even-tuali differenze tra quanti si ipotizza siano frequentemente od oc-casionalmente a contato con il piede diabetico e quanti lo sonoraramente o mai; ricercare eventuali relazioni fra età, anzianitàprofessionale e tipo di formazione e livello di conoscenze nelcampo specifico.Metodi. Ci si è serviti di un questionario strutturato a rispostemultiple o aperte, anonimo, contenente 12 quesiti su aspetti ana-grafici e professionali e 14 quesiti su aspetti teorico/pratici dell’assistenza al piede diabetico. Il questionario è stato sommi-nistrato a 380 infermieri in servizio presso 20 strutture operativediverse dell’Ospedale di Udine (Anestesia e Rianimazione 1 e 2,Clinica di Anestesia e Rianimazione, Cardiochirurgia, Cardiologia,Pneumologia, Ortopedia, Clinica Ortopedica, Otorinolaringoiatria,Clinica Pediatrica, Clinica Medica, Medicina Interna 1 e 2, Clinicadelle Malattie Infettive, Dermatologia, Diabetologia, Nefrolo-gia, Post-acuti). La partecipazione allo studio è stata volontaria;198 infermieri, pari al 52% degli interpellati, ha restituito il que-stionario compilato.Risultati. Una maggioranza rilevante del personale aderente al-l’indagine ha dichiarato di curare raramente o mai persone conpiede diabetico (80,30%) e di non aver mai partecipato ad atti-vità di formazione e aggiornamento sull’argomento (73,20%);peraltro, solo il 43,40% reputa la sua conoscenza in materianon adeguata o insufficiente. Nel complesso le risposte evi-denziano notevoli carenze non solo su argomenti pertinenti alpiede diabetico (caratteri della cute neuropatica, sede e tratta-mento delle ipercheratosi, significato della manovra “probe tobone”, classificazione delle lesioni, caratteristiche delle ortesiideali), ma anche su aspetti di carattere generale (sede di pre-lievo da una lesione aperta del campione per esame colturale,scelta del disinfettante). Sono risultate invece buone le percen-

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Congresso AMD-SID Piede Diabetico

tuali di risposta corretta ai quesiti sui criteri di avvio immediatodel paziente al Pronto Soccorso, sulle caratteristiche dell’ulcerainfetta e sulla frequenza di sostituzione della medicazione inschiuma di poliuretano. Non è stata rilevata alcuna correlazionefra le caratteristiche demografiche, il titolo di studio, l’anzianitàprofessionale e di servizio degli intervistati e le rispettive per-centuali di risposte corrette, così come fra gli infermieri operantiin strutture dove il contatto con il piede diabetico è possibile, senon frequente, e quelli delle strutture dove tale contatto è alta-mente improbabile.

Alta prevalenza di batteri chinolonici-resistenti nelle in-fezioni del piede diabetico

Miranda C1, Da Ros R2, De Rosa R3, Camporese A3, Zanette G1

1SSD Diabetologia, Azienda Ospedaliera S. Maria degli Angeli,Pordenone; 2SS Diabetologia, Ospedale San Polo, Monfal-cone; 3SSC Microbiologia, Azienda Ospedaliera S. Maria degliAngeli, Pordenone

Premessa. Le infezioni del piede diabetico sono spesso causadi ospedalizzazione e di amputazione.Scopo del lavoro. Abbiamo condotto uno studio retrospettivodegli esami microbiologici, effettuati dal 2011 al 2014, in pz dia-betici affetti da lesioni ai piedi, al fine di analizzare la flora micro-bica isolata e la prevalenza dell’antibiotico-resistenza.Materiale e metodi. Sono stati analizzati 105 esami colturali ef-fettuati su biopsie tessutali in 53 pz con infezioni moderate o se-vere non in terapia antibiotica. Le caratteristiche cliniche dei pz erano le seguenti: 53 pz con 2TDM (43 M, 10 F), età media76,5 aa, neuropatia periferica (32%), arteriopatia ostruttiva arti in-feriori (13%), neurovasculopatia periferica (55%).Risultati. Dei 105 esami raccolti, 89 (84,7%) sono risultati posi-tivi, 16 (15,3%) negativi. Sono stati isolati 132 microrganismi to-tali di cui 71 Gram+, 60 Gram–, 1 micete. I patogeni più frequentifra i Gram+ sono stati: S. aureus (44), seguito da E. faecalis (12),S. beta-emolitico (5), S. epidermidis (4). Altri Gram+ isolati sonostati: S. xylosus (2), S. agalactiae (1), S. capitis (1), S. simulans (1),S. warneri (1). I patogeni più frequenti fra i Gram– sono stati:Pseudomonas aeruginosa (15), Proteus mirabilis (10), E. coli (9),Morganella morgani (8), Serratia marcescens (7). Altri Gram– sonostati: Citrobacter koseri (2), Klebsiella oxytoca (2), Klebsiella pneu-moniae (2), Klebsiella planticola (1), Citrobacter fruendii (1), Aci-tenobacter (1), Enterobacter aerogenes (1), E. cloacae (1). Leinfezioni sono risultate monomicrobiche nel 69,5%, polimicrobi-che nel 30,4%. Le sedi delle lesioni erano dita (46,6%), avam-piede (34,2%), tallone (15,2%), altre (4%). Negli esami colturalipositivi le lesioni neuroischemiche sono state 62, quelle neuro-patiche 27. Negli esami colturali negativi le lesioni neuropatichesono state 5, quelle neuroischemiche 11. Il 46,2% (61/132) deibatteri è risultato resistente almeno a un antibiotico, il 15%(21/132) a due antibiotici. In particolare l’11,1% degli S. aureussono risultati meticillino-resistenti e il 32,5% (43/132) dei batteritotali chinolonici-resistenti, di cui il 38% (27/71) dei Gram+ e il26,6% (16/60) dei Gram–.Conclusioni. I nostri dati hanno evidenziato un’alta prevalenza dibatteri chinolonici-resistenti, in particolare sono risultati resistentiil 70% dei P. mirabilis (7/10) e il 40,9% (18/44) degli S. aureus. Inun nostro precedente lavoro (Atti XVIII Congresso Nazionale AMD2011) la prevalenza di batteri Gram– chinolonici-resistenti erastata del 37,2% e del 42,8% per quanto riguarda P. mirabilis (3/7).L’ischemia sembra essere il principale fattore di rischio per ceppichinolonici-resistenti, infatti il 76,7% (33/43) di essi è stato iso-lato da lesioni neuroischemiche. Altri fattori di rischio per lo svi-luppo di resistenza ai chinolonici sono precedenti ricoveri eprecedenti terapie antibiotiche.

Piede diabetico infetto: importanza della tempestivitàdella sinergia dei trattamenti per il salvataggio “funzio-nale” di parte del piede

Piazza1, Grassi A2, Ferri M1, Mormile A2, Limone P2, Nessi F1

1SC Chirurgia Vascolare ed Endovascolare, 2SC Endocrinolgia,Diabetologia e Malattie Metaboliche, AO Ospedale Mauriziano,Torino

Introduzione. Le gangrene del piede (a partenza spesso dalledita), soprattutto quando associate a ischemia e infezione, com-portano frequentemente il ricorso ad amputazione maggiore. L’in-quadramento eziologico della lesione e la tempestività deitrattamenti permettono di limitare il livello di amputazione, con-sentendo spesso salvataggio di una parte del piede, funzional-mente valida.Materiale e metodi. Dal maggio 2010 al novembre 2014 sonostati trattati 138 pazienti, diabetici, affetti da lesione infetta a li-vello del piede, tutte di grado III secondo la Texas University Clas-sification (TUC). In 29 pazienti la lesione (sempre secondo TUC)rientrava nello stadio B (infezione) mentre in 109 nello stadio D(infezione e ischemia). In 2 pazienti l’ampia gangrena (coinvolgi-mento di tutti i compartimenti del piede) ha imposto un’amputa-zione maggiore immediata. Negli altri 136 pazienti si è attuato unPDTA (protocollo diagnostico terapeutico assistenziale) concor-dato in maniera multidisciplinare (chirurgo vascolare/endovasco-lare, medico di pronto soccorso, diabetologo, infettivologo). Ilpaziente è stato sempre inquadrato inizialmente dal punto di vistaeziologico mediante esame ecocolordoppler; inoltre tempestiva-mente in base alla gravità del quadro infettivo (flemmone con qua-dro di limb o life threatening) si è proceduto (in emergenza primadell’inquadramento eziologico) a drenaggio della raccolta conasportazione dei tessuti gangrenosi nonché ad amputazione deisegmenti ossei coinvolti dalla gangrena (eseguiti prelievi biopticidelle ossa residue e del fondo della lesione per esame colturale).In altri casi il debridement è stato eseguito in un secondo tempo.In ogni caso il sito di amputazione non è stato mai sottoposto achiusura nel primo tempo chirurgico (anche se convinti di unacompleta bonifica del focolaio infettivo). In 29 pazienti non è statonecessario eseguire un intervento di rivascolarizzazione (eziologianeuropatica); in 107 pazienti si è eseguito intervento di rivascola-rizzazione per patologia steno-ostruttiva del segmento popliteo-tibiale: endovascolare (88 pz), chirurgica (11 pz), ibrida (8 pz). Ilpercorso di guarigione con ottenimento di un moncone di piedefunzionale ha comportato un lungo (e spesso costoso) iter tera-peutico: antibioticoterapia ev mirata, utilizzo di pressione negativa(NPWT) in tutti i casi, innesto con sostituto dermico acellulare diorigine bovina (Integra®) per la copertura di ossa e tendini saniesposti (in 34 casi), innesto cutaneo (in 21 casi); ortesi di scarico(inizialmente per prevenire lesioni da pressione e in seguito perpermettere la deambulazione con scarico).Risultati. Nel 91% (124/136 pazienti) si è ottenuto il salvataggiodi un piede “funzionale” con amputazione minore. In 8 pazienti(8/136 pazienti) è stato necessario eseguire un’amputazionemaggiore (7 gamba, 1 coscia) dopo comunque un iniziale tenta-tivo di salvataggio d’arto (7 rivascolarizzazione endovascolare, 1 con procedura ibrida). Si sono verificati 4 decessi peri-operatori(1 per polmonite, 3 per scompenso cardiaco).Conclusioni. Il piede diabetico infetto comporta alto rischio diamputazione maggiore. L’aggressività del trattamento multidisci-plinare permette di ottenere (a contro di costi a volte elevati)spesso il salvataggio di una parte del piede funzionalmente valido.

Autoanticorpi contro collagene tipo I e II alterati da mo-difiche post-traslazionali indotte dallo stress ossidativonella neuroartropatia di Charcot

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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

Rizzi A1, Rizzo P1, Musella T1, Costantini F1, Scavone G1, GalliM2, Caputo S1, Nissim A3, Ghirlanda G1, Pitocco D1

Istituto di Medicina Interna, 2Istituto di Ortopedia, UniversitàCattolica del Sacro Cuore, Roma; 3Centre for Diabetes, QueenMary University of London, Londra, UK

Obiettivo. La neuroartropatia di Charcot (CN) è una delle com-plicanze correlate al diabete più debilitanti. Scopo dello studio èvalutare la presenza di una risposta autoimmunitaria diretta versocollagene tipo I (CI) e collagene tipo II (CII), nativi e alterati da mo-difiche post-traslazionali indotte da specie ossidanti.Metodi. In questo studio caso-controllo sono stati arruolati 124 sog-getti con DM di tipo 2 (47 con CN, 37 neuropatia diabetica senzaCN e 40 con DMT2 senza complicanze) e 32 controlli sani. Èstata valutata con metodica ELISA la presenza di autoanticorpi di-retti verso CI e CII nativi e modificati da ribosio, acido ipocloroso,perossido di idrogeno e perossinitrito.Risultati. I 4 gruppi erano sovrapponibili per età, BMI, circonfe-renza vita e fianchi, profilo lipidico. I soggetti diabetici erano inol-tre sovrapponibili per livello di HbA1c e per durata di malattia.Confrontati con gli altri gruppi, i soggetti con CN hanno dimo-strato un’aumentata reattività anticorpale verso CII nativo e mo-dificato da specie ossidanti. Per CI, il gruppo CN ha mostratoun’aumentata reattività rispetto agli altri gruppi solo verso la formamodificata da perossinitrito.Conclusioni. I nostri risultati suggeriscono che una risposta au-toimmunitaria verso il collagene, in particolar modo CII alteratoda modifiche post-traslazionali indotte da specie ossidanti, possaessere coinvolta nella patogenesi di CN.

Rivascolarizzazione e chirurgia nella gestione del piedediabetico: uno studio prospettico

Salvotelli L1, Stoico V1, Perrone F1, Merighi M2, Puppini G3,Bruti M4, Veraldi GF5, Brocco E6, Zoppini G1, Bonora E1

1Endocrinologia, Diabetologia e Malattie del Metabolismo,2Malattie Infettive, 3Radiologia, 4Chirurgia Plastica, 5ChirurgiaVascolare, AOUI, Verona; 6Piede Diabetico, Policlinico AbanoTerme, Abano Terme (PD)

Scopo. Studio osservazionale prospettico che valuta la prognosidi pazienti (pz) sottoposti a interventi di chirurgia e rivascolarizza-zione per piede diabetico.Metodi. Sono stati reclutati i pz ricoverati per chirurgia ed even-tuale rivascolarizzazione per piede diabetico, da ottobre 2012.Outcome primari: riulcerazione, amputazione maggiore (AM).Outcome secondari: restenosi clinica dopo angioplastica (PTA),complicanze di chirurgia/rivascolarizzazione, morte. Sono statitrattati 170 pz (24 con lesioni bilaterali), 60% con storia di ulcere.Si trattava soprattutto di pz con diabete complicato da retinopa-tia (75%), neuropatia (95%), insufficienza renale emodialitica(8,2%). Il 65% dei pz aveva vasculopatia carotidea e il 36% car-diopatia ischemica. Nel periodo ottobre 2012-14 sono stati ese-guiti 351 interventi chirurgici; 103 pz della stessa coorte sonostati sottoposti a 130 PTA (61,2% dei pz aveva ischemia criticacronica, CLI). Dodici pz sono andati incontro a riulcerazione e lostesso numero di soggetti (9,2%) ha subito AM. La chirurgia èstata complicata da gangrena (25,6%), sanguinamento (7,7%),progressione dell’infezione (7,4%). Le PTA hanno avuto risultatopositivo (completo/parziale) in oltre l’84% dei pz, con un tasso dicomplicanze del 6,9%. La restenosi clinica si è avuta nel 24,6%.Stato attuale dei pz: 60,7% guarito, 17,6% non guarito, 12,4%morto, 5,9% AM, 3,5% perso al follow-up. Di 21 pz deceduti (17con CLI), la causa di morte è stata cardiovascolare (50%), insuf-ficienza renale terminale (25%), sepsi o altro (25%). Il tasso di

guarigione è stato del 59% nelle ulcere neuroischemiche, del 69%nelle neuropatiche.Conclusioni. La maggior parte dei pz con piede diabetico è af-fetta da diabete pluricomplicato. La prognosi delle ulcere concomponente ischemica è peggiore delle ulcere neuropatiche. Inun follow-up di 24 mesi, il 12,4% dei pz è deceduto – oltre l’80%affetto da CLI. Nella nostra casistica, una percentuale rilevante diinterventi chirurgici è gravata da complicanze: un più lungo follow-up potrebbe consentire una più accurata stratificazione dei pa-zienti e, in base all’individuazione di fattori prognostici, il miglior iterda seguire.

Aumento della TcPO2 nella ricostruzione del piede dia-betico mediante l’utilizzo del sostituto dermico Integra®

Spazzapan L1, Nicoletti C1, Papa G2

1Unità Piede Diabetico e Vulnologia, Casa di Cura Pederzoli,Peschiera Del Garda, Verona; 2UO di Chirurgia Plastica e Ri-costruttiva, Azienda Ospedaliera Universitaria, Ospedali Riuniti,Trieste

Introduzione. Scopo di questo studio comparativo retrospettivoè stato quello di valutare i risultati della ricostruzione nel piedediabetico con innesto di pelle a spessore parziale e sostituto der-mico Integra® versus la ricostruzione solo con innesto di cute intermini di vascolarizzazione mediante la misurazione dell’ossige-nazione tessutale periferica (TcPO2).Materiale e metodi. Sono stati inclusi nello studio 23 pazienti(12 sono stati ricostruiti con innesto di cute e 11 con Integra® einnesto di cute a tre settimane). In ogni paziente la TcPO2 è statamisurata nello stesso punto della superficie ricostruita a 14 giorni,un mese, 3 mesi, 6 mesi, 12 mesi e 24 mesi dopo la ricostru-zione.Risultati. I letti delle ferite ricostruite da Integra® hanno mostratoin media una TcPO2 superiore di 10 mmHg.Conclusioni. Il nostro studio ha valutato in modo oggettivo, conil valore di TcPO2, l’ossigenazione del letto della ferita nel piedediabetico dopo la ricostruzione con innesto di cute da solo e conl’aggiunta del sostituto Integra® al letto della ferita. Durante ilprimo mese dopo la ricostruzione non state rilevate differenzestatisticamente significative. Dopo 3 mesi TcPO2 studi hanno ri-velato uno statisticamente significativo aumento della pressionetessutale di ossigeno superiore nei piedi diabetici ricostruiti con In-tegra® e innesto di cute. Questi risultati appoggiano in modo og-gettivo i risultati clinici già segnalati durante l’utilizzo del sostitutodermico. Resta da spiegare il ruolo di questo aumento della pres-sione tessutale di ossigeno nel ridefinire le indicazioni per l’uso disostituti dermici nella ricostruzione delle regioni scarsamente va-scolarizzate.

Colonizzazione rettale da Klebsiella pneumoniae car-bapenemasi-produttrice è un fattore di rischio di mor-talità in pazienti con piede diabetico infetto

Tascini C1, Iacopi E2, Coppelli A2, Goretti C2, Menichetti F1,Piaggesi A2

1UO Malattie Infettive, 2Sezione Dipartimento Piede Diabetico,Dipartimento di Area Medica, Azienda Ospedaliero-Universi-taria Pisana

Scopo. L’incidenza di infezioni da ceppi di Klebsiella pneumo-niae produttrice di carbapenemasi (KPC-Kp) sta aumentando in tutto il mondo. Scopo del nostro studio era verificare se la colonizzazione e l’infezione da KPC-Kp in pazienti con piede

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Congresso AMD-SID Piede Diabetico

diabetico infetto (PDI) fosse associata con un incremento dellamortalità.Metodi. Abbiamo condotto uno studio retrospettivo, caso-con-trollo: i casi consistevano in pazienti adulti con PDI e isolamentodi KPC-Kp in un tampone rettale. Per ogni caso abbiamo sele-zionato almeno un controllo corrispondente, affetto da PDI, mache presentasse tampone rettale negativo per KPC-Kp. Fra l’1 di-cembre 2010 e il 31 marzo 2014 abbiamo identificato 21 pazienticon PDI e colonizzazione rettale da KPC-Kp. In 6 (28%) di questipazienti era presente anche isolamento di KPC-Kp da un prelievo a carico del PDI. Nello stesso periodo abbiamo poi sele-zionato 25 controlli corrispondenti.Risultati. Fra i due gruppi non erano presenti differenze signifi-cative in termini di età, sesso, punteggio di Charlson, classifica-zione delle lesioni e numero di precedenti ricoveri. Confrontati coni pazienti del gruppo di controllo, che presentavano una mortalitàcomplessiva del 4%, la mortalità era significativamente più altanei pazienti con colonizzazione rettale da KPC-Kp (40%; p =0,013) e nei pazienti con PDI da KPC-Kp (67%; p = 0,002). Me-diante regressione logistica multivariata abbiamo evidenziatocome la colonizzazione da KPC-Kp fosse l’unico fattore di rischioindipendente significativamente associato con la mortalità (OR =22,41, IC al 95%: 3,43-455,28; p = 0,006).Conclusioni. La colonizzazione e l’infezione di piede da KPC-Kp sembrano essere associate a un incremento della mortalitànei pazienti affetti da PDI.

Utilizzo di palloni conici per il trattamento di occlusionilunghe dei vasi tibiali in pazienti diabetici con ischemiacritica degli arti inferiori

Troisi N, Landini G, Michelagnoli S, Falciani F, Baggiore C

Centro Interdipartimentale Piede Diabetico, Azienda SanitariaFirenze, Firenze

Introduzione. Il diabete è la principale causa di ischemia criticadegli arti inferiori. Nei diabetici le occlusioni lunghe dei vasi tibialisono molto comuni. Scopo di questo studio è stato quello divalutare i risultati dei palloni conici nella ricanalizzazione di oc-clusioni lunghe di vasi tibiali in pazienti diabetici con ischemiacritica.Materiale e metodi. Da gennaio ad agosto 2014 49 vasi tibialicon occlusioni lunghe sono stati ricanalizzati e trattati con palloniconici (Amphirion Deep; Medtronic Inc., Minneapolis, MN, USA)in pazienti diabetici con ischemia critica afferenti al percorsoaziendale del piede diabetico. I risultati a 6 mesi sono stati valu-tati in termini di morbilità, mortalità, pervietà primaria, pervietà pri-maria assistita, pervietà secondaria, assenza di restenosi (targetlesion revascularization, TLR), guarigione delle ulcere/risoluzionedei sintomi e salvataggio d’arto.Risultati. I pazienti erano prevalentemente di sesso maschile(27/35, 77,1%) con un’età media di 70,9 anni (range 51-85). Lalunghezza media dell’occlusione tibiale era di 232,7 mm (range110-380). Il successo tecnico angiosome-oriented è stato otte-nuto in 44/49 casi (89,8%). Durante il follow-up (durata media 3,1 mesi, range 1-6) la guarigione delle ulcere/risoluzione dei sin-tomi è stata ottenuta in 28/35 casi (80%). A 6 mesi il tasso stimatodi salvataggio d’arto è stato del 97,1%. Inoltre, a 6 mesi i tassi dipervietà primaria, pervietà primaria assistita, pervietà secondariae assenza di TLR sono stati rispettivamente del 64,5%, 81,4%,81,4%, e 78,2%. L’analisi univariata ha dimostrato che il sessomaschile, la classe Rutherford 6, la presenza di concomitante co-ronaropatia e l’assenza di predilatazione sono fattori predittivi diinsuccesso in termini di salvataggio d’arto, pervietà del vaso e diassenza di TLR.Conclusioni. I palloni conici sono sicuri ed efficaci nel tratta-

mento di occlusioni lunghe di vasi tibiali in pazienti diabetici conischemia critica. La predilatazione dovrebbe essere raccoman-data in tutti i casi. I risultati sembrano incoraggianti, anche sesono necessarie esperienze con popolazioni di studio più ampiee con un più duraturo follow-up.

Prevalenza e classificazione dell’anemia in pazienti af-fetti da “piede diabetico” con ulcera: nostra valutazione

Zavaroni D, Bianco M, Busconi L, De Joannon U, Mazzoni G

Cure Primarie, UO Diabetologia e Malattie Metaboliche,Azienda USL, Piacenza

Circa il 25% dei pazienti diabetici è a rischio di sviluppare un’ul-cera agli arti inferiori nella vita e la comparsa di questa grave com-plicanza correla con aumento di morbilità e mortalità. L’ulcera delpiede diabetico (UPD) può associarsi ad anemia e malnutrizione,fattori che contribuiscono a peggiorare il quadro clinico generale.Tale associazione è poco studiata. Alcuni studi suggeriscono unarelazione con lo stadio clinico dell’ulcera e con il peggioramentodella prognosi. Scopo di questo studio è stato di valutare la pre-valenza di anemia nei pazienti con UPD, classificare il tipo di ane-mia e costruire un protocollo di terapia in base alle cause, percorreggere sia l’alterazione della crasi ematica sia la malnutri-zione.Materiale e metodi. In un periodo di 6 mesi (da maggio a otto-bre 2014) sono stati valutati 188 pz con UPD affetti da diabete ditipo 1 e 2. La durata di malattia era di 10 anni ± 4,7 M ± DS.L’emoglobina glicata era di 8,5 ± 3,4%. Tra questi, 65 pz presen-tavano anemia, definita come valore di emoglobina < 12 mg/dl. I pzavevano un’ulcera stadio Texas IID e III D, durata media di 3 mesi.L’ulcera era mista, neuropatica e ischemica con sovrapposta infezione. In tutti sono stati valutati, oltre all’emocromo, sidere-mia, transferrina, ferritina, vitamina B12, folati, elettroforesi pro-teica, conta leucocitaria, valutazione GFR con formula CKD-EPI,VES, PCR. In tutti è stata valutata la malnutrizione con schedaMUST.Risultati. Sessantacinque su 188 pz, con UPD pari al 28%, pre-sentavano anemia. In 4 l’anemia si associava a malnutrizione conpunteggio MUST patologico. Tre pz presentavano anemia ma-crocitica con deficit di vitamina B12 e folati. Sette pz avevano livellidi sideremia bassi. In 16 pz la sideremia era normale, ma con li-velli di ferritina alti, segno di deficit relativo di ferro secondario al-l’infiammazione cronica; 35 pz avevano una malattia renalecronica con stadio IIIb e IV. In tutti è stato attuato un protocollo te-rapeutico per normalizzare la crasi ematica a seconda dellacausa, associato a una valutazione nutrizionale.Conclusioni. Nella nostra casistica un’elevata percentuale di pzcon UPD (28%) presentava anemia. La causa più frequente erala malattia renale cronica (55%) seguita dal deficit relativo di ferrosecondario all’infiammazione cronica (23%), dall’iposideremia(8%) e dalla malnutrizione. La correzione dell’anemia associata aun adeguato apporto calorico e proteico, oltre alle procedure con-suete di rivascolarizzazione, correzione dell’infezione e scaricodella lesione, potrebbe avere un ruolo importante nel migliorare laprognosi dei pz con UPD.

Riassunti – Poster

Efficacia e sicurezza della risonanza magnetica tera-peutica nella gestione delle lesioni del piede diabetico

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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

Abbruzzese L, Bonino G, Mattaliano C, Goretti C, Iacopi E,Coppelli A, Piaggesi A

Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, AziendaOspedaliero-Universitaria Pisana

Scopo. Recentemente è stata proposta una nuova tecnologia, larisonanza magnetica terapeutica (TMR), per la gestione di unaserie di condizioni ulcerative croniche; scopo del nostro studio èstato valutare la sicurezza e l’efficacia della TMR nella gestionedelle lesioni del piede diabetico (DF).Metodi. Abbiamo trattato un gruppo di pazienti consecutivi ri-coverati nel nostro reparto (Gruppo A - n 10; età 67,7 ± 18,9 aa,durata del diabete 22,3 ± 6,6 aa, HbA1c 8,1 ± 1,1%, BMI 29,4 ±2,1 kg/m2) con ampie lesioni post-chirurgiche per DF per due set-timane consecutive con un apparecchio per la TMR a bassa in-tensità (Thereson, Milano, I) in aggiunta al trattamento standard.I pazienti, confrontati con un gruppo di controllo con le stessecaratteristiche (Gruppo B), sono stati successivamente seguitimensilmente per 6 mesi per valutare il tasso (HR) e il tempo (HT)di guarigione, la percentuale della lesione coperta da tessuto digranulazione a 3 mesi (GT) e il numero di eventi avversi.Risultati. HR era del 90% nel Gruppo A e 30% nel Gruppo B (p < 0,05); GT era 73,7 ± 13,2% nel Gruppo A vs 51,84 ± 18,77%nel Gruppo B (p < 0,05). HT nel Gruppo A era di 84,46 ± 54,38 gior-ni vs 148,54 ± 78,96 giorni nel Gruppo B (p < 0,01). Nessunadifferenza nel numero di eventi avversi (5 nel Gruppo A vs 6 nelGruppo B) veniva registrata nel corso dello studio.Conclusioni. TMR si è dimostrata sicura ed efficace, in aggiuntaal trattamento standard, nella gestione delle ampie lesioni post-chirurgiche del piede diabetico.

Analisi dei costi sanitari del management ambulatorialedel piede diabetico in ospedale e progetto di assistenzabasato sull’intensità di cure

Aliquò MS, Giordano S, Guzzetta P, Mamone G, Canzoneri G,Di Franco R, Pinto R

UOS Cura Piede Diabetico, ARNAS Civico, Palermo

Introduzione. Dati dell’Osservatorio ARNO Diabete mostranoche il diabete occupa il secondo posto tra le patologie per i piùalti costi diretti: per ogni diabetico spendiamo 2756 € all’anno,contro i 1545 spesi per chi non ha il diabete. Circa 1600 € deri-vano dai ricoveri, che sono circa l’80% in più rispetto a chi nonha diabete. Le amputazioni, nei pazienti diabetici, sono cinquevolte più frequenti.Scopo del lavoro. Valutare i costi di un team multidisciplinareper la gestione ambulatoriale del piede diabetico in ospedale.Metodi. È stata fatta un’analisi dei costi relativi al personalecoinvolto nella cura del piede diabetico, al materiale impiegatoper le medicazioni, alle analisi strumentali e di laboratorio ese-guite, alle terapie antibiotiche praticate. Il costo di gestione am-bulatoriale è stato confrontato con il costo di gestione indegenza ospedaliera. È stato inoltre ideato un percorso di reteassistenziale intraospedaliero e ospedale-territorio basato sul-l’intensità di cure che consente il follow-up del paziente e la ra-zionalizzazione delle risorse.Conclusione. La gestione ambulatoriale della cura del piede dia-betico da parte di un team multidisciplinare è economicamentevantaggiosa, efficace e può ridurre il numero di ricoveri nel pa-ziente con piede diabetico con risparmio per il SSN.

Uso di medicazioni avanzate con tecnologia Hydrofiber®

e aggiunta di ioni argento nella cura del piede diabetico

Aliquò MS, Giordano S, Guzzetta P, Mamone G, Di Franco R,Pinto R

UOS Cura Piede Diabetico, ARNAS Civico, Palermo

Scopo della ricerca. Valutare i vantaggi di un trattamento dellelesioni del piede diabetico con medicazioni avanzate con tecno-logia Hydrofiber®. Le medicazioni antimicrobiche topiche all’ar-gento sono utilizzate per la prevenzione e il trattamento delleinfezioni in numerose tipologie di ferite, sono facili da applicare,garantiscono una disponibilità prolungata dell’argento, richiedonocambi della medicazione meno frequenti e assicurano ulteriori be-nefici, come la riduzione dell’eccesso di essudato, il manteni-mento di un ambiente umido, la facilitazione dello sbrigliamentoautolitico.Metodi. Abbiamo selezionato 36 pazienti diabetici con ulceredegli arti inferiori e segni di infezione. I pazienti sono stati medi-cati con medicazione in tecnologia Hydrofiber® con fibra rinfor-zante, di carbossimetilcellulosa sodica pura in fibre gelificanti erinforzanti con aggiunta di ioni argento. Questa medicazione al-tamente assorbente e conformabile interagisce con l’essudatodella lesione formando un gel che mantiene l’ambiente umido enon rilascia essudato. Sono stati esclusi dal campione esaminato13 pazienti medicati per un periodo minore di due settimane.I pazienti trattati erano 23 (7 F e 16 M) di età media 66 anni. Quin-dici pazienti avevano ulcere ai piedi e 8 alle gambe. Il trattamentomedio è stato di 4 settimane. In presenza di segni di infezione èstato eseguito tampone con prelievo dei tessuti profondi dopolavaggio con soluzione fisiologica. In caso di positività, è stata in-trapresa antibioticoterapia mirata. Nove pz sono guariti, 10 hannoottenuto un miglioramento della lesione (riduzione di diametro opresenza di tessuto di granulazione), 2 pazienti non hanno otte-nuto benefici e in 2 pazienti si è avuto un peggioramento delle le-sioni.Conclusioni. Il trattamento ha consentito di ottenere un buoncontrollo dell’essudato e il miglioramento delle lesioni in oltrel’80% dei casi. Considerato il progressivo aumento del fenomenodell’antibiotico-resistenza, la diminuzione del numero di antibio-tici in fase di sviluppo e la restrizione di trattamento, le medicazioniutilizzate possono essere un valido aiuto nella cura delle ulceredegli arti inferiori in pazienti diabetici.

Piede di Charcot: una complicanza poco conosciuta.Approccio diagnostico multidisciplinare

Baccolini L1, Forlani G1, Diodato S2, Guidalotti P2, Fanti S2,Marchesini Reggiani G1

1SSD Malattie del Metabolismo e Dietetica Clinica, 2UO Medi-cina Nucleare, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

Il piede di Charcot è caratterizzato, da un punto di vista morfo-strutturale, da una completa alterazione dei normali rapporti osteo -articolari con presenza di fratture ossee che comportano varigradi di deformità del piede. La maggior parte dei pazienti affettida osteoartropatia di Charcot ha un’età compresa fra i 50 e i 60 an-ni, con una prevalenza fra lo 0,08-13% delle persone con dia-bete, tuttavia con prevalenza reale verosimilmente più alta acausa della tardiva o errata diagnosi. Riportiamo il caso di unuomo di 58 anni (BMI 35,19 kg/m2). All’APR, IMA a 54 anni, dia-bete mellito a 42, con polineuropatia, ipertensione arteriosa (sin-drome metabolica), BPCO, discopatia degenerativa del rachide,pregresso TVP arto inferiore destro, pregresso intervento di ca-taratta all’occhio sinistro, meniscectomia bilaterale. Sette giorniprima, ricovero presso altro presidio per linfedema arto inferioredestro e placca sopraelevata arrossata interpretata dallo specia-lista dermatologo come erisipela, trattata con antibiotico-terapia

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Congresso AMD-SID Piede Diabetico

con scarso beneficio. All’ingresso il paziente presentava sinto-matologia algica bilaterale a carico degli AAII, più importante adestra. Non alterazioni dei valori ematochimici a eccezione del-l’emoglobina glicata (66,1 mmol/mol) e PCR 8,6 mg/l. L’ecocar-diografia evidenziava cardiopatia ischemico-ipertensiva in fasedilatativa. L’ECD AAII evidenziava medio-calcinosi in assenza diocclusioni stenosanti significative e TVP in atto. La consulenzadiabetologica è stata completata dalla valutazione podologica perla presenza di una lesione ulcerativa plantare al piede destro. EOpodologico: lesione ulcerativa plantare IA TUC piede dx in qua-dro clinico compatibile con artropatia di Charcot in fase attiva. Èstata eseguita 18F-FDG PET/TC. La metodica ha mostrato unipermetabolismo in corrispondenza di una lesione ulcerativa,senza interessamento dei piani profondi e dei tessuti ossei. Coe-sisteva una captazione diffusa della ragione tarsale sinistra, conesclusivo interessamento articolare, diagnostica per artropatia diCharcot. Nel paziente diabetico la complicanza più invalidante acarico degli AAII è rappresentata dal piede diabetico. L’artropa-tia di Charcot può coesistere, rendendo fondamentale un’accu-rata diagnosi differenziale. L’indagine più utilizzata è la MRI ma laletteratura riporta molteplici studi sull’utilizzo della 18F-FDGPET/TC, che ha discreta sensibilità e buona specificità (74%-91%) nella diagnosi di osteomielite, costituendo uno strumentoutile nella diagnosi differenziale tra piede diabetico e artropatia diCharcot.

Effetti di un percorso strutturato di educazione tera-peutica (ETS) del paziente diabetico ad alto rischio perulcera agli arti inferiori sulla prevenzione dell’ulcera: lanostra esperienza

Bianco M, Zavaroni D, Busconi I, De Joannon U, Morandi E,Brea P, Balzarelli A, Beghi G, Grassi S, Lazzari I, Scavone C,Turatto F

Cure Primarie, Unità Operativa Diabetologia e Malattie Meta-boliche, ASL Piacenza, Piacenza

La prevenzione primaria dell’ulcera agli arti inferiori (AI) nel pa-ziente diabetico è un obiettivo importantissimo sia per la salute ela qualità di vita del paziente sia per i costi sanitari conseguenti allecure di questa patologia. Le strategie per la prevenzione dell’ul-cera hanno come punto fondamentale l’adesione del paziente alpiano di cura, che si ottiene solo attraverso la sua conoscenza econdivisione dei trattamenti.Scopo dello studio. Valutare gli effetti di un percorso di educa-zione terapeutica strutturata (ETS) per la prevenzione primariadelle ulcere agli arti inferiori nei pazienti diabetici afferenti all’UO diDiabetologia di Piacenza.Materiale e metodi. Presso l’ambulatorio del piede è stato at-tivato un percorso di ETS che ha coinvolto nell’arco di un anno480 pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1 e 2, di età tra 46 e77 anni. Tutti sono stati selezionati per alto rischio di ulcera inbase a lunga durata di malattia diabetica > 10 anni associata adalmeno uno dei seguenti fattori: 1, deformazioni dei piedi (allucevaro, valgo, piede piatto, piede cavo, callosità ecc.); 2, presenzadi arteriopatia agli arti inferiori documentata con indice ABI, eco-colordoppler arterioso, o di neuropatia documentata con esameobiettivo, biotesiometria e/o EMG arti inferiori; 3, scarso com-penso glicemico con valori di emoglobina glicata < 8,5%. Tuttisono stati inseriti in un ciclo di incontri di ETS costruito con l’in-tervento del diabetologo e dell’infermiera esperta, presidiato daun care giver della Diabetologia, con rivalutazione di rinforzo a 6 mesi. Al ciclo si associava il monitoraggio glicemico periodicocon modifiche terapia per il miglioramento del compenso glico-metabolico, revisione dietoterapia con la dietista, controllo dell’ef-ficacia dei presidi ortesici prescritti per i pz con deformità ai piedi.

I pazienti sono stati confrontati con un gruppo di controllo di 300 pa-zienti ad alto rischio che non è stato possibile inserire nel per-corso, ma che hanno ricevuto solo informazioni standard sullacura del piede durante le visite. Risultati. Nel gruppo di pz inseriti nel percorso di ETS lo svilupponell’anno successivo di ulcere ai piedi è stato del 12% rispetto al21% dei pz del gruppo di controllo. La causa più frequente di ul-cera è stata l’incostante utilizzo dei presidi ortesici consigliati e lascarsa igiene personale. In 5 casi i pz avevano interrotto saltua-riamente anche le terapie prescritte. Nei pz educati si è verificatoanche un miglioramento dell’emoglobina glicata (riduzione mediadi 0,7%) e dell’assetto lipidico.Conclusioni. I nostri risultati sulla prevenzione primaria dell’ul-cera si riferiscono a un periodo di solo un anno conseguenteall’intervento di ETS, ma consentono di trarre alcune conside-razioni positive sull’efficacia del percorso educativo. Rispetto algruppo di controllo, i pz inseriti nel percorso hanno avuto minoresviluppo di ulcere ai piedi e maggiore impegno anche nell’ade-sione alla cura in generale della malattia diabetica, dimostratodal miglioramento del dato di emoglobina glicata. Il punto di de-bolezza è il forte impegno richiesto al personale sanitario per larealizzazione del percorso di ETS, che richiederebbe risorse ag-giuntive.

La rivascolarizzazione diretta dell’angiosoma riduceamputazioni maggiori e mortalità nei pazienti diabeticicon ischemia critica e lesioni attive

Coppelli A1, Iacopi E1, Bargellini I2, Cicorelli A2, Goretti C1, Lu-nardi A2, Mattaliano C1, Cioni R2, Piaggesi A1

1Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, 2Sez.Dip. Radiologia Interventistica, Dipartimento Immagini,Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Scopo dello studio. Il ruolo del modello degli angiosomi (MA)come guida per le procedure di rivascolarizzazione è a tutt’oggidibattuto. Abbiamo valutato se la rivascolarizzazione diretta se-condo il MA possa modificare positivamente l’evoluzione clinicain soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 (DMT2) con ischemiacritica (IC) sottoposti a rivascolarizzazione percutanea endolumi-nale (PTA).Metodi. Abbiamo valutato retrospettivamente 445 PTA efficaciconsecutive a carico degli arti inferiori in 370 pazienti (1,2 PTA/pz) affetti da DMT2 (M/F 257/113; età 73,5 ± 9,3 aa; BMI 27,4± 4,8 kg/m2; durata diabete 21,4 ± 12,8 aa; HbA1c 7,8 ± 1,6%)ricoverati nel nostro reparto per IC e lesioni ulcerative (LU) alpiede. I pazienti sono stati divisi in due gruppi: diretto (GD 266pz, 72%) e indiretto (GI 104 pz, 28%) in base all’acquisizione omeno di flusso diretto a livello dell’arteria che alimenta il sito dilesione, secondo il MA. Nessuna differenza significativa è stataosservata tra i due gruppi riguardo alle principali caratteristichecliniche. Le percentuali di guarigione delle lesioni (GL), di am-putazione maggiore (AM) e di morte (M) sono state confrontatenei due gruppi durante un follow-up di 18,9 ± 12,4 mesi (range0,7-43,2 mesi).Risultati. La percentuale di GL era 68% in GD e 52% in GI (c2= 9,6; p < 0,05), quella di AM era 11% in GD e 4% in GI (c2 = 9,4;p < 0,02). Il tasso di mortalità cumulativa durante il follow-up era14% in GD e 27% in GI (c2 = 8,7; p < 0,02).Conclusioni. I nostri dati confermano come la rivascolarizza-zione diretta dell’angiosoma della lesione a livello del piede si as-soci a maggiori percentuali di guarigione e a una riduzione dellepercentuali di amputazione maggiore e di morte, se confrontatacon la rivascolarizzazione indiretta. Il MA dovrebbe quindi esserepreso in considerazione nei pazienti diabetici con lesioni al piedeche vengano sottoposti a PTA.

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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

Valutazione clinica biomeccanica e rischio di cadute neipazienti diabetici con livelli crescenti di patologia delpiede

Coppelli A1, Iacopi E1, Lamola G2, Martelli D3, Goretti C1, Ven-turi M2, Chisari C2, Piaggesi A1

1Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, 2UONeuroriabilitazione, Dipartimento di Neuroscienze, AziendaOspedaliero-Universitaria Pisana; 3Scuola Superiore San-t’Anna, Pisa

Scopo dello studio. Valutare l’efficacia di semplici test clinici difunzionalità motoria nel definire le alterazioni del pattern motorioe il corrispondente rischio di caduta, in pazienti con neuropatiadiabetica (ND) iniziale e avanzata.Metodi. Trentacinque pazienti consecutivi, affetti da diabete mel-lito di tipo 2 (M/F 27/8; età 62,1 ± 9,7 aa) valutati presso il nostroambulatorio del piede diabetico sono stati divisi in 4 gruppi:Gruppo 1 (10 pazienti) senza ND né lesioni ulcerative (LU) alpiede; Gruppo 2 (9 pazienti) con ND ma senza LU; Gruppo 3 (7 pazienti) con ND e LU al piede non infette e non ischemiche;Gruppo 4 (9 pazienti) con pregresse LU neuropatiche. I pazientisono poi stati valutati in base ai seguenti parametri: (i) Test delcammino in 6 minuti (6MWT), (ii) Test del cammino in 10 metri(10mWT); (iii) Scala dell’equilibrio di Berg (SEB); (iv) Dynamic Gaitindex (DGI); (v) Test Timed Up and Go (TUG). SEB rappresenta unindice di equilibrio statico mentre gli altri sono indici di equilibriodinamico.Risultati. I risultati e le relative significatività sono riportati nella ta-bella sottostante.

Gruppo 6MWT TUG 10mWT DGI SEB1 423,6 9,8 8,7 23,6 54,82 330,2 11,2 10,2 22,7 53,23 394,8 10,6 8,3 21,6 544 401,6 9,8 9 21,9 51,6Significativitàp 1 vs 2 0,002 0,06 0,102 0,129 0,173p 1 vs 3 0,329 0,38 0,66 0,009 0,19p 1 vs 4 0,504 0,965 0,824 0,06 0,056p 2 vs 3 0,057 0,491 0,05 0,142 0,667p 2 vs 4 0,027 0,102 0,36 0,577 0,626p 3 vs 4 0,728 0,563 0,418 0,516 0,412

Conclusioni. I risultati del nostro studio suggeriscono come lapresenza di ND in soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 de-termini alterazioni maggiori nell’equilibrio dinamico che in quellostatico. Tali dati permettono inoltre di iniziare a valutare l’azionedella ND sul rischio di caduta.

Valutazione della funzione sudomotoria mediante Neu-ropad come metodo di screening della neuropatia au-tonomica cardiovascolare

Cordone S, Salzo A, Di Vincenzo S, Cocco L, Di Ponte F,Aiello A

UOC Diabetologia-Endocrinologia, PO Cardarelli Azienda Sa-nitaria Regionale Molise, Campobasso

Background. Il Neuropad (NP) è un test di screening per la po-lineuropatia periferica diabetica e dai risultati di alcuni studi anchedella neuropatia autonomica cardiovascolare (CAN).Obiettivo dello studio. Valutare le prestazioni del NP rispetto aitest di Ewing per lo screening della CAN.

Materiale e metodi. Pazienti (pz) diabetici afferenti al nostro cen-tro sono stati selezionati e sottoposti ai test di Ewing: Deep Brea-thing (DB), Lying to Standing (LS), Cought test (CT) e PosturalHypotension (PH) e a valutazione della funzione sudomotoria me-diante NP applicato alla pianta dei piedi per 10 min. Per studiarele concordanze tra variabili dicotomiche, è stato usato il testMcNemar.Risultati. Venti pz hanno eseguito i test neuroautonomici, il 25%è risultato positivo a un test, il 15% a 2 test, nessun pz è risultatopositivo a 3 test o all’intera serie, suggerendo una neuropatia au-tonomica cardiaca precoce non sintomatica. Nel campione di 20 pz che hanno eseguito almeno un test neuroautonomico, NPè stato in grado di riconoscere 4 su 5 pz affetti (sensibilità 80%),riconoscendo come positivi 8 su 15 pz negativi (specificità 46%).L’accuratezza (Acc) del dispositivo è risultata del 55%, mentre ilvalore predittivo positivo (PPV) è del 33%, il valore predittivo ne-gativo (NPV) è dell’87,5%. Non è stata riscontrata una concor-danza statisticamente significativa tra la neuropatia autonomicadiabetica, rilevata dai test neuroautonomici, e la funzione sudo-motoria, rilevata da NP (p-value 0,04). La sens, spec, PPV e NPVdel NP rispetto ai singoli test sono risultate essere rispettiva-mente: per DB 66,7%, 40%, 18,2%, 85,7%, l’Acc del 44%; perCT 100%, 47%, 18,2%, 100%, quest’ultimo influenzato dall’as-senza di pz positivi al test e negativi al NP, l’Acc del 44,4%; perPH 100%, 47%, 18,2%, 100%, quest’ultimo influenzato dall’as-senza di pz positivi a test e negativi al NP, l’Acc del 44%; per LSnon è stato possibile valutare la sens e PPV, per assenza di pz po-sitivi sia al test sia all’NP e la spec 33,3%, NPV 83,3%, l’Acc del31,3%.Conclusioni. Nel rilevare la CAN il dispositivo NP mostra perfor-mance moderate, ma suddividendo la popolazione in oggetto inbase alla durata di malattia è stato osservato che nei pz neodia-gnosticati vs pz in follow-up, NP presenta migliore spec (57 vs28%), e Acc (55 vs 50%), mentre nel gruppo al follow-up miglio-re sens (100 vs 50%); in base al range di HbA1c, per valori ≥ 54 mmol/mol vs ≤ 54 mmol/mol, NP mostra migliore sens (100 vs 50%), spec (57 vs 37%), l’Acc (70 vs 40%), PPV (50 vs16%), NPV (100 vs 75%).

Valutazione della funzione sudomotoria mediante Neu-ropad come metodo di screening della neuropatia peri-ferica nei pazienti diabetici asintomatici

Cordone S, Salzo A, Di Vincenzo S, Cocco L, Di Ponte F,Aiello A

UOC Diabetologia-Endocrinologia, PO Cardarelli, Azienda Sa-nitaria Regionale Molise, Campobasso

Background. Il Neuropad (NP) è un test di screening per la po-lineuropatia periferica diabetica e dai risultati di alcuni studi anchedella neuropatia autonomica cardiovascolare (CAN).Obiettivo dello studio. Valutare le prestazioni del NP rispetto alDNI (Diabetic Neuropathy Index) e ai singoli test di screening dellesensibilità periferiche in una popolazione di pazienti diabetici asin-tomatici, di tipo 1 e di tipo 2.Materiale e metodi. I pazienti sono stati sottoposti a studio dellafunzione sudomotoria mediante applicazione di NP alla pianta deipiedi per 10 min, ispezione del piede, valutazione dei riflessi achil-lei e rotulei, sensibilità vibratoria (VPT), sensibilità pressoria, sen-sibilità tattile e dolorifica e DNI. Per studiare le concordanze travariabili dicotomiche è stato usato il test McNemar.Risultati. Nel campione di 22 pazienti (pz), NP rispetto al DNI hariconosciuto 7 su 10 pz affetti (sens 70%), valutando come posi-tivi 6 pz su 12 pz negativi (spec 50%). L’accuratezza (Acc) del di-spositivo è del 59%, il valore predittivo positivo (PPV) è del 53,8%,il valore predittivo negativo (NPV) è del 66,7%. Non è stato trovato

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Congresso AMD-SID Piede Diabetico

p-value statisticamente significativo per escludere la concordanzatra funzione sudomotoria, rilevata da NP e la DPN (p-value 0,50).Andando ad analizzare i singoli test:

Sens Spec PPV NPV Acc p-valueVPT alluce 63,6 45,5 53,8 55,6 54,5 0,75VPT malleolo 57,1 37,5 61,5 33,3 50,0 1,0Monofilamento 100 42,9 7,7 100 45,5 0,001ROT achilleo 66,7 43 30,8 77,8 50,0 0,07ROT rotuleo 75,0 44,4 23,1 88,9 50,0 0,01Sens. dolorifica 100 45,0 15,4 100 50,0 0,002Sens. tattile 100 45,0 15,4 100 50,0 0,002

Conclusioni. Nel rilevare la DPN, NP mostra dati sovrapponibilialla letteratura in termini di spec ma inferiori in termini di sens ma,suddividendo la popolazione in base alla durata di malattia e alcontrollo metabolico, è stato riscontrato che le prestazioni di NPsono migliori nei pz in follow-up vs pz neodiagnosticati e nel sot-togruppo con HbA1c ≥ 54 mmol/mol vs Hba1c ≤ 53 mmol/mol.Nel primo caso la sens passa dal 25% al 100%, la spec dal 42%al 60%, l’Acc da 36,4 all’81,8%, il PPV dal 20% al 75%, l’NPV dal50% al 100%, nel secondo caso, la sens passa dall’80% al 60%,la spec dal 66,7% al 33,3%, l’Acc dal 72,7% al 45,5%, il PPV dal66% al 42%, l’NPV dall’80% al 50%.

Isolamenti batterici in diabetici ricoverati per lesionicomplicate agli arti inferiori in un centro per la cura delpiede diabetico

Dalla Paola L, Carone A, Principato MC, Vasilache L, Patta-vina M

UO per il Trattamento Piede Diabetico, Maria Cecilia HospitalGVM Care And Research, Cotignola (RA)

Introduzione. Il diabete mellito è una malattia cronica che pre-senta progressive complicanze croniche d’organo. L’infezione dilesioni che insorgono a livello dei piedi è una delle più impegna-tive complicanze che può condurre a un’amputazione d’arto. Ab-biamo analizzato gli isolamenti microbiologici in pazienti con piedediabetico infetto ricoverati presso il nostro Centro specializzatonel trattamento del piede diabetico. Materiale e metodi. Da gennaio 2013 a dicembre 2013, sonostati analizzati 984 campioni tessutali ottenuti dai pazienti ricove-rati. Lo staging clinico di infezione era moderato-severo in ac-cordo con la classificazione IDSA (Infectious Disease Society ofAmerica) ovvero grado 3-4 in accordo con la classificazionePEDIS.Risultati. I più comuni microrganismi isolati sono stati: Staphy-lococcus aureus (SA) (26%), Pseudomonas aeruginosa (PA)(17%), Staphylococcus epidermidis (17%), Proteus mirabilis (PM)(5%), Staphylococcus intermedius (5%), Escherichia coli (EC)(4%), Enterococcus cloacae (3%), Enterococcus faecalis (3%) eKlebsiella pneumoniae (KP) (2%). Altri (18%). Nella nostra casi-stica il 61,6% degli SA era meticillino-resistente, con un’elevatasensibilità a vancomicina, daptomicina, linezolid e teicoplanina.Dopo lo SA il secondo isolamento è stato ad appannaggio delloPA che presentava un’elevata sensibilità alla colistina. Riguardoagli altri ceppi Gram-negativi, l’EC, la KP e il PM hanno dimo-strato un elevato grado di sensibilità all’ertapenem e tigeciclina. Conclusioni. Gli isolamenti microbiologici ottenuti nella popola-zione studiata sono in accordo con i dati della letteratura. Il trat-tamento dei quadri infettivi del piede diabetico richiedeusualmente un trattamento combinato che prevede una terapiaantibiotica mirata sugli isolamenti microbiologici e un idoneo trat-tamento chirurgico di bonifica sia dei tessuti molli sia dell’osso

coinvolto. Un’analisi microbiologica accurata è imperativa perun’appropriata terapia antibiotica.

Utilizzo di un sostituto dermale gel-like: studio di effi-cacia in una coorte di diabetici con lesioni complicatedegli arti inferiori

Dalla Paola L, Carone A, Vasilache L, Principato MC, Patta-vina M

UO per il Trattamento Piede Diabetico, Maria Cecilia HospitalGVM Care and Research, Cotignola (RA)

Il trattamento conservativo può essere una sfida terapeutica peri diabetici affetti da lesioni ulcerative degli arti inferiori. In presenzadi una progressione dell’infezione, il drenaggio chirurgico diventaun trattamento essenziale per il salvataggio d’arto. I sostituti der-mali sono utilizzati per la copertura delle aree trattate con debri-dement chirurgico sia in caso di sequestrectomia o amputazioneaperta sia di deiscenza del sito chirurgico. Il sostituto dermalegel-like Integra™ Flowable è stato sviluppato per essere utilizzatoquando la geometria o la localizzazione della lesione non per-metta l’uso di sostituti dermali a reticolo tridimensionale.Materiale e metodi. Da giugno 2013 a ottobre 2014, sono staticonsecutivamente arruolati 71 pazienti diabetici con lesioni ulce-rative al piede o caviglia. Venticinque pazienti presentavano le-sioni esito di un trattamento amputativo minore aperto, 21 pa -zienti di un trattamento di sequestrectomia aperta con presenzadi esposizione della spongiosa ossea, 10 pazienti presentavanouna deiscenza del sito chirurgico e 15 pazienti presentavano le-sioni ulcerative primitive profonde. Tutti i pazienti presentavanouna stadiazione secondo la classificazione della Università delTexas III B-D.Risultati. Il periodo di follow-up medio è stato di 184,08 ±130,09 giorni. Quarantaquattro (61,97%) pazienti sono guariti conuna completa riepitelizzazione della lesione. Di questi, 25 pazientisono stati trattati con applicazione one step della matrice der-mica gel-like e copertura chirurgica con innesto di cute. Quattropazienti sono stati trattati con innesto di cute a distanza dall’ap-plicazione del sostituto dermico. Sedici (22,54%) pazienti hannoevidenziato un miglioramento delle condizioni locali della lesionecon crescita di efficace tessuto di copertura sulla porzione osseaesposta. Undici (15,49%) pazienti non hanno evidenziato signifi-cativo miglioramento delle lesioni in relazione a una recidiva diischemia critica o infettiva.Conclusioni. L’uso del sostituto dermico Integra™ Flowable puòessere considerato un efficace trattamento per lesioni complicatedel piede diabetico se inserito in un programma di trattamentomultidisciplinare.

Efficacia di Fluorexin come trattamento topico nei pa-zienti diabetici con ulcere sovrainfettate da Candida spp

Di Campli C, Collina MC, Mancini L, Furgiuele S

Chirurgia Vascolare Salvataggio d’Arto e Piede Diabetico, IDI-IRCCS, Roma

Introduzione e scopo. La sovrapposizione infettiva da Candidaspp in ulcere infette di pazienti diabetici costituisce un fattore dirischio importante, che può peggiorare la prognosi di questi pa-zienti, soprattutto in caso di positività del tampone colturale perStaphylococcus spp. In particolare in questi pazienti che in ge-nere sono in dialisi, o sotto terapia antibiotica prolungata, nonsempre è facile associare terapie antifungine sistemiche, e l’im-piego di prodotti di medicazioni specifici ed efficaci può rilevarsi

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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

molto utile. Il Fluorexin (BluFarma srl) è una soluzione che com-bina quattro prodotti: fluoresceina, uncaria tomentosa, allantoinae Tea tree oil (TTO). Questi agenti hanno una dimostrata azioneimmunomodulante, antinfiammatoria, antiossidante, antimicro-bica e antimicotica (in particolare sulle Enterobacteriaceae, S. mu-tans, Staphylococcus e Candida spp). Inoltre stimola la crescitadei cheratinociti e la sintesi del collagene.Metodi. Abbiamo arruolato 30 diabetici con ulcere Texas II B po-sitive per Candida spp e altre specie batteriche. Tutti i pazientisono stati trattati con debridement chirurgico e poi assegnati amedicazione standard (garza sterile) o trattamento topico congarza imbevuta di Fluorexin. Abbiamo valutato la percentuale diguarigione a 3 mesi.Risultati. Alla fine del periodo di follow-up la guarigione si è ot-tenuta nel 90% dei casi trattati e nel 75% dei controlli.Conclusioni. La medicazione con Fluorexin nei pazienti con tam-pone positivo per batteri e Candida spp può essere consideratoun trattamento aggiuntivo efficace e di basso costo da associareal debridement chirurgico.

Screening del piede nella malattia diabetica: confrontotra esame clinico e consapevolezza di cura del paziente

Di Paolo A, Bloise D

ASL RM H, Presidio Ospedaliero San Giuseppe, Marino,Roma

Le lesioni del piede, complicanza invalidante del diabete, sonotuttora frequenti, comportano un grave limite nella vita del pa-ziente e un alto onere economico per il sistema sanitario. Laneuropatia sensitiva (NS) e/o l’arteriopatia periferica (AOP) agliarti inferiori sono le complicanze predisponenti allo sviluppodelle ulcere; per evitarne la comparsa i pazienti “complicati” de-vono essere educati alla cura del piede. L’obiettivo dello studioè stato analizzare il grado di consapevolezza nella cura dei piedida parte dei pazienti “complicati” confrontando i dati del que-stionario autocompilato con i dati dello screening eseguito dalpodologo. In un anno, 158 pazienti in visita presso l’ambulato-rio di diabetologia del distretto, con durata di malattia ≥ 10 anni,sono stati sottoposti allo screening del piede. Prima della visita,ogni persona ha compilato un questionario di autovalutazionesulle conoscenze riguardo alla cura del piede. La visita ha com-preso il Michigan Neuropathy Screening Instrument e i test clinico-strumentali secondo le linee guida. Dai dati del questio-nario risulta che l’89% dei pazienti è seguito in diabetologia dapiù di 5 anni, le conoscenze riguardo alla cura dei piedi sono ir-regolari e a volte insufficienti; il 39% dei pazienti esprime l’esi-genza di ricevere maggiori informazioni. I pazienti con classe dirischio ≥ 1 per ulcere (presenza di NS o di AOP, no ulcere) sonoil 51%, di questi il 77% presenta lesioni pre-ulcerative (callosità,distrofie ungueali, macerazioni) e nel 5% (4 casi) dei pazientisono state scoperte ulcere che la persona ignorava di avere. Il 72% dei pazienti con lesioni pre-ulcerative riconosciute alla visita afferma di non avere nessun problema ai piedi, il 45% riporta comportamenti di cura “altamente a rischio” (uso di tron-chesine, forbici). Da quest’analisi emerge la necessità di inter-venti di educazione terapeutica mirati per la cura del piede peri pazienti “complicati” e si evidenzia quanto sia un bisogno av-vertito dai pazienti stessi. Inoltre lo screening strutturato per-mette gli approfondimenti diagnostici e la selezione dei pazientiche realmente necessitano di educazione, calzature e di ortesiper la prevenzione.

La LDL-aferesi nel trattamento del piede diabeticoischemico. Dati preliminari dello studio HADIF

Donini D1, Stoico V1, Salvotelli L1, Brocco E2, Messa M1, Fran-chini M3, Capuzzo E3, Saggiani F4, Pugni V5, Manicardi E5, Ba-ricchi R6, Anichini R7, Tedeschi A7, D’Alessandri G8, BonoraE1, Zenti MG1

1DAI, AOUI Verona, Verona; 2Unità Trattamento Piede Diabe-tico, Policlinico di Abano, Abano Terme (PD); 3Immunoema-tologia e Trasfusionale, AOPOMA, Mantova; 4DipartimentoMedico, AOPOMA, Mantova; 5Diabetologia, ASMN, ReggioEmilia; 6Medicina Trasfusionale, ASMN, Reggio Emilia; 7Dia-betologia, Ospedale Pistoia, Pistoia; 8Immunoematologia eTrasfusionale, Ospedale Pistoia, Pistoia

Introduzione. Il piede diabetico (PD) è una severa complicanzadel diabete che riguarda in genere pazienti fragili con lunga duratadi malattia e cardiovasculopatia, che riconosce come principalifattori patogenetici l’arteriopatia periferica e le alterazioni del mi-crocircolo. Numerose evidenze hanno documentato che la LDL-aferesi (LA) promuove il miglioramento della funzione delmicrocircolo, con aumento della perfusione dei tessuti periferici epertanto trova indicazione nel trattamento del piede diabeticoischemico.Scopo. Verificare in uno studio clinico randomizzato, multicen-trico, prospettico, l’effetto del trattamento con LA in aggiunta allaterapia tradizionale sulla guarigione delle ulcere, in pazienti conPD ischemico e vasculopatia periferica non rivascolarizzabile.Metodi. Sono stati arruolati 11 pazienti (6 a VR, 2 a RE, 2 a PT,1 a MN). Di questi, 5 pazienti presentavano una coronaropatiapreesistente all’arruolamento. Sei pazienti sono stati randomiz-zati al trattamento con LA in associazione alla terapia medica tra-dizionale (TT + LA), 5 al trattamento tradizionale (TT). La LA èstata eseguita con sistema HELP: 10 sessioni in 9 settimane.Risultati. Degli 11 pazienti arruolati, 9 M, 2 F, età media 71 aa(range 50-80 aa), 7 presentavano ulcere di classe Texas III e 4 diclasse Texas I. Cinque pazienti hanno completato lo studio: 2 delbraccio TT e 3 del braccio TT + LA. La guarigione si è ottenutain 3 pazienti (1 pz in TT e 2 pz in TT + LA). Nel corso dello studiosi sono verificati 3 drop-out (2 per nuovo evento cardiovascolaree uno per nuovo tentativo di PTA). Tre pazienti stanno comple-tando lo studio. Come atteso, la misura dell’ossimetria transcu-tanea (TcPO2), ha presentato un trend favorevole nei pazientitrattati con LA rispetto al gruppo controllo (TT: TcPO2 V0 = 31,6;V1 = 24,8; V2 = 23,5 mmHg. TT + LA: TcPO2 V0 = 34,0; V1 =38,8; V2 = 40,4 mmHg).Conclusioni. Questi dati preliminari, in soggetti a elevatissimorischio cardiovascolare, mostrano nel gruppo sottoposto a LA ilmiglioramento della tensione cutanea di ossigeno, indice del po-tenziale riparativo della lesione ischemica.

Valutazione dell’utilizzo e dell’efficacia di calzature eplantari in pazienti diabetici a elevato rischio ulcerativo

Fico F1, Vergara R2, Diana G2, De Angelis C2, Castronuovo G1,Piscopo G1, De Feo ME1

1UOD Diabetologia, AORN A. Cardarelli, Napoli; 2Centro Tecni -co Ortopedico, Corpora SURL, Gricignano d’Aversa (CE)

Scopo. L’off-loading è fondamentale per la guarigione delle ul-cere diabetiche ma non tutti i medici insistono per l’uso di ortesispecifiche (OS) per la prevenzione secondaria. A ciò si aggiungela difficoltà di acquisizione di OS e la mancata compliance del pa-ziente (pz). Abbiamo valutato quanti pz diabetici, con pregresselesioni ai piedi, provenienti anche da altre realtà territoriali dellaCampania, al momento della visita al nostro ambulatorio, utiliz-zavano OS e l’idoneità di queste.Materiale e metodi. Per 2 mesi, una volta a settimana, sono

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Congresso AMD-SID Piede Diabetico

state misurate le pressioni plantari dei pz che venivano a con-trollo. Sono stati valutati 55 pz, 45 maschi (81,8%) e 10 femmine(18,2%), età media 65 ± 8 anni, durata media del diabete di 20 ± 9 anni. È stata compilata una scheda anamnestica, scarpee plantari sono stati fotografati e valutati circa la congruità con ilpiede del paziente. Tutti i pz sono stati sottoposti a esame conNovel Pedar® (solette con 99 sensori piezocapacitivi) e/o Multi-sensor Optima Sense® (8 sensori piezoelettrici posizionabili inzone critiche: teste metatarsali e ipercheratosi). I pz, indossati i ri-levatori con le loro calzature, deambulavano per qualche minutoper acquisire un numero di rilevazioni sufficienti all’analisi con soft-ware dedicato. I picchi pressori erano considerati a rischio se > 200 kPa.Risultati. Dei pz osservati 16 (29%) non indossavano OS; 9 permancata compliance, 5 per mancata invalidità e 2 per danni cau-sati dalle OS. Dei 39 (71%) che indossavano OS 22 avevanoscarpe di serie e 17 su misura; il 30% dei 39 indossava OS in-congrue (plantare monostrato, non su misura e/o calzata dellascarpa troppo piccola e/o suola non rigida e basculante) quasitutte erano con scarpe su misura. Dei pz che non indossavanoOS il 63% presentava picchi pressori rischiosi, dei pz che usa-vano OS il 41% non risultava esposto a ipercarichi mentre il 59%usava calzature non efficaci.Conclusioni. I pz della nostra realtà regionale non sono suffi-cientemente motivati all’uso di OS, spesso vengono realizzateOS non idonee per la prevenzione delle reulcerazioni. Riteniamoche un’importante causa sia la normativa regionale che obbligail pz a rivolgersi a ortopedici e fisiatri per la prescrizione, la veri-fica e il collaudo delle OS.

Aspetti microbiologici delle ulcere profonde infette nelpiede diabetico dopo debridement chirurgico

Galenda P1, Madaschi S1, Valerio N1, Gallicchio V1, Cisale C1,Colli D1, Ferraresi R2, Caravaggi CM1

1Centri di Terapia del Piede Diabetico, Endocrinologia e Dia-betologia, 2Laboratorio di Emodinamica, Humanitas Gavaz-zeni, Bergamo

L’identificazione della flora microbica, oltre a essere un’indagineutile al trattamento polichemioterapico mirato delle ulcere infette,consente l’analisi epidemiologica delle infezioni ai piedi nella po-polazione afferente al proprio centro. Studi clinici e documenti diconsenso documentano la presenza di flora polimicrobica il cuiruolo patogeno non appare ancora chiaro. L’obiettivo di questostudio è quello di verificare la residua presenza di germi e il lororuolo in soggetti diabetici sottoposti a drenaggio chirurgico ag-gressivo di infezioni ai piedi.Materiale e metodi. Sono stati seguiti e raccolti i dati di 50 sog-getti diabetici sottoposti consecutivamente a trattamento chirur-gico di ulcere infette profonde ai piedi ed esame microbiologicosu tessuti residui. Le lesioni sono state stadiate secondo criteridella Texas University Classification e il sistema PEDIS-IDSA:- TUC (n = 50): 2B (3), 2D (1), 3B (24), 3D (22);- PEDIS (n = 50): 1 (0), 2 (4), 3 (35), 4 (11).Tutti pazienti sono stati sottoposti a drenaggio in urgenza o ur-genza differita dell’infezione in sala operatoria, fino a osservaretessuti macroscopicamente “sani” dai quali è stato prelevato uncampione per esame microbiologico. I pazienti ischemici sonostati sottoposti a tentativo di rivascolarizzazione. Dopo deferve-scenza dei segni di infezione è stato eseguito intervento chirur-gico ricostruttivo. Dimessi in cura ambulatoriale dopo un periodopostoperatorio minimo di 3 giorni.Risultati. Nel periodo postoperatorio non sono emersi segni cli-nici di riacutizzazione dell’infezione. L’esame colturale ha docu-mentato presenza e crescita di un germe in 34 casi (68%), 2 in

10 casi (20%), 3 o più in 3 casi (6%). È risultato negativo in 3 sog-getti (6%). In 4 di 5 pazienti sottoposti a emocoltura per conco-mitante setticemia è stata osservata crescita batterica dellostesso microrganismo identificato nel piede. La flora microbica èrappresentata da stafilococchi aurei nel 44% delle colture, di cui60% meticillino-resistenti, Corynebacteriaceae nel 20%, Pseu-domonas aer. 10%, enterococchi fecali 10%, Serratie 10%, strep-tococchi 6%, meno frequente la presenza di Proteus m., Candidae altre enterobatteriacee. All’analisi statistica il riscontro di stafi-lococco aureo e Corynebacteriaceae è stato più frequente nelleulcere ischemiche. Gli enterococchi fecali sono stati riscontratiprevalentemente nelle infezioni gravi e associati a interventi piùinvasivi.Conclusioni. Un trattamento chirurgico tempestivo delle lesioniprofonde infette è risultato efficace nel trattare i segni clinici di in-fezione nonostante la presenza microbica su tessuti residui. Le indagini microbiologiche documentano la presenza di flora poli-microbica in meno di un terzo dei casi; verosimilmente la rimo-zione della massa di tessuti infetti consente di evidenziare il realepatogeno. Mediante identificazione della flora microbica e dellasua correlazione con determinate caratteristiche delle ulcere, pos-sono essere condivisi protocolli chemioterapici empirici orientatial trattamento dei germi di più frequente riscontro.

Efficacia del debridement osmotico con medicazioneavanzata a base di poliacrilato superassorbente e poly-hexanide in paziente diabetico con lesione non-healingdi gamba

Girelli A, Spazzapan L, Nicoletti C

Unità Piede Diabetico e Vulnologia, Casa Di Cura Pederzoli,Peschiera Del Garda, Verona

Introduzione. Obiettivo del nostro studio è stato la valutazionedell’efficacia nell’utilizzo di medicazione avanzata per debride-ment osmotico in pazienti diabetici portatori di lesione di gambanon-healing e di difficile sbrigliamento autolitico/enzimatico.Materiale e metodi. Trattasi di uno studio prospettico su pa-zienti con ulcere di gamba con le seguenti caratteristiche: tam-pone colturale negativo e aspetto clinico di conferma; lesione digamba a stampo con bordi indenni ma infiammati e fondo fibri-noso resistente a debridement autolitico tramite idrogeli. Dopo30 giorni i pazienti sono stati valutati in prima visita presso il no-stro ambulatorio piede diabetico e vulnologia e seguiti a domici-lio da assistenza domiciliare adeguatamente informata sull’utilizzodi medicazione osmotica con polyhexanide. Ogni paziente è statocontrollato ambulatorialmente ogni 15 giorni per 60 giorni condocumentazione fotografica per valutazione dell’aspetto delfondo della lesione.Risultati. Sono stati valutati 4 pazienti (3 M e 1 F). In tutti i pazientiabbiamo riscontrato una positiva efficacia nell’utilizzo della medi-cazione in termini di wound cleansing e di prevenzione di conta-minazione in lesione cronica.Conclusione. Riteniamo la medicazione in oggetto particolar-mente adatta per il trattamento di ferite croniche e di difficile gua-rigione nella fase di detersione nei pazienti diabetici. È nostraintenzione proseguire con l’utilizzo della medicazione in questotipo di ferite per poter raggiungere una casistica più ampia.

Pericardite e manifestazione cutanea da Stenotropho-monas maltophilia – case report

Grembiale A1, Donato D2, Buffone G3, Provenzale A3, Caliò FG3

1UO Medicina Generale, ULSS 10, Veneto Orientale, San

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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

Donà di Piave; 2Chirurgia Cardiovascolare, 3UO Chirurgia Va-scolare, S. Anna Hospital, Catanzaro

Stenotrophomonas maltophilia (S. maltophilia), bacillo aerobioGram-negativo presente in ambienti acquatici, colonizzatore fre-quente di fluidi utilizzati in ambiente ospedaliero. Organismo abassa virulenza e opportunista. Le infezioni da S. maltophilia de-rivano in genere dalla combinazione di: prolungata ospedalizza-zione, dispositivi medici colonizzati, impianti protesici, abuso didroghe per via ev, somministrazione di antibiotici ad ampio spet-tro per lungo periodo e neoplasie.Case report. Paziente di 67 anni, diabetico, immunocompe-tente, sottoposto a lunghe e diverse terapie antibiotiche per unanecrosi distale infetta del moncone di pregressa amputazionepiede sx con versamento pericardico causato da una batteriemiada S. maltophilia. Manifestava febbre, leucocitosi neutrofila, ta-chicardia, anemia e lieve dispnea. Un ecocardiogramma (EcoCG)ha mostrato un versamento pericardico nelle sezioni dx, circa2,3 cm, associato a materiale organizzato. Iniziata terapia anti-biotica empirica, steroidi e diuretici, successivamente è statosottoposto ad amputazione alta dell’avampiede sx. L’emocol-tura, negativa al momento del ricovero, era positiva in un secondo riscontro per S. maltophilia. L’esame colturale del tam-pone e di un frammento di cute ha confermato la presenza di S. maltophilia. L’antibiogramma ha mostrato sensibilità al trime-toprim/sulfametossazolo (TMP-SMX) e multiresistenza ad altreclassi di antibiotici, quindi abbiamo iniziato una terapia antibio-tica specifica. Dopo 24 ore dall’intervento il paziente era apire-tico, dopo 3 giorni i globuli bianchi erano nei limiti conmiglioramento delle condizioni cliniche generali. Un nuovoEcoCG, non ha mostrato alcun versamento pericardico. Lo S. maltophilia causa un ampio spettro di infezioni, le sue mani-festazioni cutanee e dei tessuti molli sono un’entità sempre piùfrequente sia per l’abuso di terapia antibiotica sia per la presenzadi più pazienti immunodepressi.Conclusioni. La rapida identificazione e terapia antibiotica pre-coce ci hanno permesso una rapida risoluzione del versamentopericardico e impedito una probabile evoluzione in endocarditebatterica. Il TMP-SMX è raccomandato come terapia delle infe-zioni da S. maltophilia in quanto è attivo contro la maggior partedei ceppi di resistenza, nonostante essa sia in aumento.

Alterazioni della biomeccanica del passo e complicanzecroniche microvascolari nei pazienti affetti da diabetemellito di tipo 2

Iacopi E1, Coppelli A1, Lamola G2, Martelli D3, Goretti C1, Ven-turi M2, Chisari C2, Piaggesi A1

1Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, 2UONeuroriabilitazione, Dipartimento di Neuroscienze, AziendaOspedaliero-Universitaria Pisana; 3Scuola Superiore San-t’Anna, Pisa

Scopo. Abbiamo valutato le alterazioni della biomeccanica delpasso e le correlazioni con le complicanze microvascolari croni-che in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 (T2DM).Metodi. Trentasei pazienti affetti da T2DM (M/F: 27/9; età: 63 ±10 aa; durata diabete: 12 ± 11 aa; BMI: 29,2 ± 5,6 kg/m2; HbA1c8,1 ± 0,9%) seguiti presso il nostro ambulatorio del piede diabe-tico, sono stati divisi in tre gruppi: Gruppo 1 (12 pz) senza neu-ropatia diabetica (DN) né lesioni ulcerative al piede; Gruppo 2 (10 pz) con DN ma senza lesioni; Gruppo 3 (15 pz) con DN e le-sioni, non infette né ischemiche. Abbiamo analizzato le alterazionidella biomeccanica degli arti inferiori con un sistema di analisi delmovimento (BTS Elite Clinic, BTS Bioengineering, Milano, Italia).I parametri spazio-temporali e cinematici sono stati raccolti

mediante telecamere fotogrammetriche a infrarossi, mentre i datidi cinetica con due piattaforme di forza. I dati sono stati correlaticon lo stato di evoluzione della retinopatia diabetica (RD) come in-dicatore delle complicanze microangiopatiche del diabete: in tuttii pazienti sono state eseguite retinoscopia diretta e indiretta e duefoto retiniche non stereoscopiche a 45° per occhio. La RD è stataclassificata secondo la classificazione Eurodiab.Risultati. La larghezza del passo (LP) era maggiore nel gruppo2 (240,9 ± 47,5 mm) e nel gruppo 3 (271,6 ± 41,7 mm, p < 0,02rispetto al gruppo 1); l’escursione articolare (EA) di caviglia era significativamente minore nel Gruppo 3 (Gruppo 1: 26,6 ±5,6°, Gruppo 2: 26,0 ± 4,9°, Gruppo 3: 23,6 ± 4,7° (Gruppo 3p < 0,05 vs Gruppo 1 e 2); l’EA di piede era significativamenteinferiore nel Gruppo 3 (Gruppo 1: 37,2 ± 6,6°, Gruppo 2: 34,8± 1,7°, Gruppo 3: 30,2 ± 1,5° (Gruppo 3 p < 0,02 vs Gruppo 1e 2). Una correlazione positiva veniva osservata tra presenza eseverità di RD con LP (r = 0,6; p < 0,05) ed EA di piede (r = 0,65;p < 0,05).Conclusioni. Il nostro studio dimostrava una correlazione posi-tiva tra le alterazioni biomeccaniche del passo e RD in pazientiaffetti da T2DM, suggerendo quindi un possibile contributo dellecomplicanze croniche microvascolari nella patogenesi delle le-sioni ulcerative di piede diabetico.

L’attività delle metalloproteasi di matrice influenza l’in-tegrazione degli innesti dermici nelle ulcere del piedediabetico

Izzo V, Meloni M, Vainieri E, Giurato I, Ruotolo V, Uccioli I

Medicina dei Sistemi, Policlinico Tor Vergata, Roma

Scopo. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di analizzarel’influenza dell’attività delle metalloproteasi di matrice (mmps) nel-l’integrazione degli innesti dermici quando applicati nelle ulceredel piede diabetico.Materiale e metodi. Da settembre 2012 a settembre 2013, 35 pazienti diabetici, con lesioni definite come A2 secondo laclassificazione dell’Università del Texas e con un’ampia perditadi sostanza dopo esteso debridement chirurgico per la rimozionedi tessuti infetti o gangrena, sono stati ritenuti idonei per l’appli-cazione di innesti dermici. Prima dell’arruolamento abbiamo ga-rantito le migliori condizioni locali per favorire la guarigionedell’ulcera: apporto ematico adeguato, assenza di infezione, sca-rico della lesione. L’attività delle mmps di ogni lesione è stata va-lutata prima dell’applicazione dell’innesto dermico. Dopo un mesedi follow-up, l’integrazione dell’innesto dermico è stata conside-rata adeguata se non si evidenziava un piano di clivaggio tra illetto dell’ulcera e il sostituto stesso; l’innesto è stato invece con-siderato non integrato quando risultava facilmente rimovibile dalletto dell’ulcera. Abbiamo analizzato la correlazione tra i dati cli-nici del paziente, le caratteristiche della lesione (includendo l’at-tività delle mmps), il tipo di sostituto dermico applicato e l’out-come espresso in termini di integrazione dell’innesto.Risultati. Abbiamo osservato l’integrazione dell’innesto in 28/35pazienti (80%). Nell’analisi multivariata l’unico predittore negativoper l’integrazione del sostituto dermico era l’attività elevata dellemmps (p < 0,0007). Inoltre, in relazione all’attività delle mmps ab-biamo diviso i pazienti in due gruppi: gruppo 1, lesioni con bassaattività delle mmps (24 pazienti) e gruppo 2 con lesioni con ele-vata attività delle mmps (11 pazienti). L’integrazione del sostitutodermico è stata del 100% nel gruppo 1 (24/24) e del 36,4% nelgruppo 2 (4/11) (p < 0,0001).Conclusione. Sulla base dei nostri risultati la valutazione dell’at-tività delle mmps potrebbe risultare utile nell’adottare un’adeguatastrategia terapeutica e ottenere migliori risultati in termini di suc-cesso clinico e riduzione dei costi.

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Congresso AMD-SID Piede Diabetico

Esperienza di un centro catanese per la cura del piedediabetico in otto anni di attività (2007-2014)

Licciardello C1, Murabito M2, Magnano M3, Mascena G4, Fi-nocchiaro C1

1UFC Malattie Disendocrine e Dismetaboliche, 2Dipartimentodi Chirurgia Generale, 3Radiologia Interventistica, 4LaboratorioAnalisi, Centro Catanese di Medicina e Chirurgia, Catania

Introduzione. Il piede diabetico rappresenta a tutt’oggi un’emer-genza sanitaria; nel catanese i pazienti diabetici sono circa 100mila e un numero troppo elevato di questi individui presenta ulceredel piede, con conseguente rischio di amputazione. Negli ultimianni in Sicilia il numero di amputazioni maggiori è in costante di-minuzione, grazie anche all’attività del gruppo di studio SID-AMDper la cura del Piede Diabetico.Obiettivo. Valutare i risultati dell’approccio multidisciplinare (dia-betologo, podologo, infermiere dedicato, chirurgo del piede, mi-crobiologo, radiologo interventista) in pazienti diabetici afferentiall’ambulatorio del Piede Diabetico del Centro Catanese di Me-dicina e Chirurgia nel periodo tra il 2007 e il 2014.Metodi e risultati. In otto anni di attività sono state effettuate9647 prestazioni ambulatoriali e valutati 5624 pazienti diabetici(2584 uomini e 3040 donne, età 65 ± 9 anni, durata del diabete18 ± 8 anni, HbA1c 8,7 ± 2%). Di tali pazienti il 67,4% presenta le-sioni del piede, mentre il restante 32,6% non evidenzia alcuna al-terazione obiettiva; inoltre il 25,7% dei pazienti è affetto da neuro-patia periferica (diagnosticata mediante biotesiometria e monofi-lamento), mentre il 13,9% risulta caratterizzato da vasculopatiaperiferca (ABI, doppler arti inferiori, ossimetria transcutanea). I pa-zienti affetti da lesioni risultano essere 2175 (74,1% delle lesionitotali): tali lesioni sono prevalentemente neuropatiche (54%); leulcere neuroischemiche sono il 34%, mentre quelle esclusiva-mente ischemiche rappresentano il 12%; il 63% delle ulcere è in-fetto. I pazienti affetti da ulcere neuropatiche vengono trattaticonfezionando apparecchio di scarico (TCC) o utilizzando calza-tura temporanea resa non rimovibile. Dei pazienti affetti da AOCP,il 64% presentava indicazione a effettuare intervento di rivascola-rizzazione (TASC 2007); sono stati pertanto effettuati 784 esamiarteriografici e contestuali 623 PTA (distretto iliaco 8%, femorale12%, tronco tibio-peroneale 24%, tibiale 36%, interossea 20%),mentre il 9% dei pazienti è stato inviato al chirurgo vascolare peril confezionamento del by-pass. Sono state infine effettuate 22 am-putazioni maggiori e 205 amputazioni minori.Conclusioni. Viene spesso sostenuto, in maniera probabilmentesuperficiale, che in Sicilia il numero di amputazioni sia in costanteaumento; in realtà questo dato è riferito prevalentemente alle am-putazioni minori che, invece, rappresentano in molti casi un sal-vataggio d’arto. Una strategia ben coordinata, precoce emultidisciplinare può ridurre considerevolmente il rischio di am-putazione maggiore e il tempo di guarigione delle ulcere; tutto ciòsi traduce, oltre che in un miglioramento della durata e della qua-lità di vita dei pazienti, in un vantaggio economico per la spesa sa-nitaria: ai costi dei DRG dei ricoveri per amputazione si devonoinfatti aggiungere i costi indiretti (assenza dal lavoro, farmaci ecc.).

Il trattamento antibiotico del piede diabetico riulcerato:esame degli antibiogrammi in 2 soggetti con gangrenae osteomielite guarite senza amputazione (storia di 20 e3 anni)

Marrino P1, Sarti M2, Vezzani G3

1Servizio di Diabetologia, AUSL, Reggio Emilia; 2Microbiolo-gia, Nuovo Ospedale S. Agostino Estense Baggiovara, Mo-dena; 3Centro Iperbarico, Ospedale Di Vaio, Fidenza, Parma

I piedi colpiti da lesioni ulcerative restano piedi a rischio di recidivee vanno monitorati e seguiti con un follow-up stretto. Scopo dellostudio è descrivere 2 casi clinici di soggetti che hanno presentatoriulcerazioni, la ricorrenza di resistenze e sensibilità antibiotiche ei trattamenti effettuati, che permettono di orientare scelte per te-rapie antibiotiche future. Il 1° paziente, IV, anni 59, ha presentatola prima lesione nel 1993 al piede sx con proposta di amputa-zione alla caviglia, rifiutata: è stato quindi trattato con ampia pu-lizia chirurgica e terapia antibiotica, cicli di terapia iperbarica dal1994 al 2005, e successivo impianto di cute. Dopo 10 anni com-parsa di ulcera plantare con fistolizzazioni trattata con disartico-lazione metatarso-falangea. Dopo un anno ricovero per flemmoneal piede dx e gangrena dell’alluce, trattati con terapia antibioticamirata, dopo rifiuto di amputazione. Nel 2008 le lesioni sono de-finite guarite dalla RNM (“non attività di malattia”). In giugno 2014comparsa di nuova ulcera plantare infetta (stafilococco aureo sen-sibile ad amoxicillina/acido clavulanico e resistenza ai chinolonici,già riscontrata in precedenza, oltre ad Acinetobacter haemolyti-cus, Alcaligenes faecalis), ed è stata effettuata rivascolarizzazionedell’arto inferiore dx. Il 2° paziente FA, anni 71, ha presentato laprima lesione nel 2007 all’alluce piede dx con proposta, rifiutata,di amputazione; dopo 6 mesi comparsa di ascesso sottocuta-neo sotto l’alluce, con osteomielite trattata e risolta da terapia an-tibiotica mirata (Staphylococcus epidermidis identificato conbiopsia ossea, con stessa sensibilità e resistenze isolate anchesuccessivamente) e terapia iperbarica: successiva biopsia osseanegativa. Nella sequenza di lesioni di entrambi i pazienti si sonomoltiplicate nel tempo le resistenze a diversi antibiotici.Conclusioni. I due casi riportati, con lunga storia di ulcerazionidel piede, permettono di concludere che all’insorgere di nuovelesioni, nei soggetti con piede a rischio, occorre intraprendereuna terapia antibiotica mirata, effettuando un prelievo idoneo perl’indagine colturale, per l’alto rischio di incorrere in resistenze mul-tiple, non potendosi utilizzare la raccomandazione di una terapiaempirica, che ha come presupposto la sensibilità dei germi allamaggior parte degli antibiotici. Indagini di biologia molecolare suagenti infettanti con stesso antibiofenotipo in diverse occasioninello stesso soggetto potrebbero fornire nuovi spunti.

Ruolo protettivo delle statine nei pazienti diabetici conischemia critica dell’arto e lesione al piede

Meloni M, Izzo V, Vainieri E, Ruotolo V, Giurato L, Uccioli L

Medicina dei Sistemi, Università di Tor Vergata, Roma

Scopo. Osservare il ruolo protettivo delle statine nei pazienti dia-betici con ischemia critica dell’arto (IC) e lesione al piede (LP)dopo trattamento con rivascolarizzazione endovascolare (RE).Metodi. Sono stati inclusi 641 pazienti diabetici con IC e LP trat-tati con RE nel periodo tra novembre 2013 e novembre 2014.Dopo la rivascolarizzazione tutti i pazienti hanno ricevuto lo stan-dard care per la cura della lesione e i fattori di rischio cardiova-scolare sono stati periodicamente sorvegliati. La terapia constatine è stata prescritta nei pazienti non a target per ottenere uncolesterolo LDL < 70 mg/dl e nei pazienti con recente ischemiamiocardica indipendentemente dai valori di LDL. Salvataggiod’arto, amputazione e mortalità sono stati valutati in relazione allevariabili registrate.Risultati. Duecentosettantanove pazienti hanno ricevuto la tera-pia con statine (St+) mentre 362 non sono stati trattati (St–). In re-lazione ai 2 gruppi i risultati per St+ e St– sono stati rispettivamente:salvataggio d’arto (86,7 vs 70%), amputazione (6,8 vs 14,8%),mortalità (6,5 vs 15,2%) X = 0,0001. Sono stati anche registrati ivalori di LDL e non è stata trovata alcuna correlazione tra LDL atarget (tLDL) e LDL non a target (ntLDL) in rapporto agli esiti:salvataggio d’arto (87,5 vs 87,6%), amputazione (9,6 vs 5,8%),

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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

mortalità (2,9 vs 6,6%) X2 = 0,16. Tra le variabili analizzate anchela dialisi e la dimensione dell’ulcera (> 5 cm2) hanno avuto un ruoloindipendente negli esiti.Conclusioni. Il nostro studio ha dimostrato un maggior salva-taggio d’arto e una ridotta mortalità nei pazienti trattati con sta-tine. Questi risultati sono stati ottenuti indipendentemente daivalori di colesterolo LDL. La terapia con statine sembrerebbeavere un ruolo protettivo nei pazienti diabetici con IC e LP sotto-posti a intervento di rivascolarizzazione. Riteniamo che questi ri-sultati potrebbero essere legati all’effetto pleiotropico e protettivodella statina sul letto vascolare aldilà della riduzione dei livelli di co-lesterolo LDL.

Outcome dell’angioplastica periferica in pazienti diabe-tici anziani con ischemia critica

Miranda C1, Cassin M2, Neri R2, Zanette G1, Da Ros R3

1SSD Diabetologia, 2SC Cardiologia, Azienda Ospedaliera S.Maria degli Angeli, Pordenone; 3SS Diabetologia, OspedaleSan Polo, Monfalcone

Introduzione. Diversi studi hanno dimostrato che la rivascola-rizzazione è in grado di ridurre in maniera significativa il tasso delleamputazioni maggiori in pazienti diabetici affetti da ischemia cri-tica (CLI).Scopo. Valutare gli outcome dell’angioplastica periferica in dia-betici over 65 anni.Materiale e metodi. Abbiamo selezionato una popolazione di46 pz diabetici over 65 anni sottoposti a PTA perché affetti dapiede diabetico e da ischemia critica, secondo i criteri della TASCdel 2007. La procedura di rivascolarizzazione era decisa da unteam multidisciplinare (diabetologo, cardiologo interventista, chi-rurgo vascolare) coordinato dal diabetologo. Nel biennio 2012-2013 un totale di 46 pazienti sono stati sottoposti a PTA. L’etàmedia dei pz era 78,6 ± 6,37 aa, 31 pz (67,3%) erano maschi.Abbiamo valutato i seguenti outcome: 1) tasso di salvataggiod’arto, 2) re-ulcerazione e guarigione, 3) amputazioni maggiori eminori, 4) decesso, 5) re-PTA, 6) PTA controlaterale.Risultati. La PTA è stata eseguita su 67 arti inferiori, il 56,7%delle PTA ha interessato arterie sopra il ginocchio, il 28,3% dellePTA arterie sotto il ginocchio, il 14,9% delle PTA arterie sia soprasia sottogenicolate. Dopo un follow-up di 267,5 ± 145,1 giorni, irisultati sono i seguenti: 1) il tasso di salvataggio d’arto è statodel 96%; 2) le reulcerazioni sono state il 34,7% (n 16), il 19,5% (n 9) dei pz non è guarito; 3) 2 pz (4,34%) hanno avuto amputa-zioni maggiori, 19 pz (41,3%) amputazioni minori; 4) 2 pz (4,34%)sono deceduti; 5) il 34,7% dei pz (n 16) ha avuto una re-PTA; 6)l’8,7% (n 4) dei pz ha avuto una PTA controlaterale.Conclusioni. La procedura di rivascolarizzazione endoluminaleconferma il ruolo positivo della PTA come primo approccio per larivascolarizzazione anche nei pz anziani con ischemia critica epiede diabetico, anche se spesso è necessaria una seconda pro-cedura di PTA per ottenere la guarigione delle lesioni.

La rivascolarizzazione chirurgica estrema del piede dia-betico ischemico-infetto: risultati di un approccio inte-grato nel salvataggio d’arto

Odero A1, Caravaggi C2, Cugnasca M1, Danieli A1, ZorzanGM1, Sganzaroli A2

1Chirurgia Vascolare, 2Centro Interdipartimentale Cura delPiede Diabetico, Istituto Clinico CIttà Studi, Milano

L’ischemia critica arti inferiori (CLI) rappresenta la causa princi-

pale di amputazione maggiore nelle infezioni severe del piede dia-betico. La PTA degli arti inferiori è stata recentemente indicata dadiversi autori come l’approccio di prima scelta per l’alta feasibi-lity, bassa morbilità e mortalità periprocedurale ed elevata per-centuale di successo emodinamico e di salvataggio d’arto. Circail 15% dei pazienti affetti da CLI presenta pattern occlusivi nontrattabili per via percutanea nei quali la soluzione chirurgica rap-presenta l’ultima opzione per evitare l’amputazione.Scopo dello studio. Valutazione del salvataggio d’arto e dellamortalità a breve e a lungo termine in una coorte di pazienti affettida CLI e infezione severa del piede diabetico (3 C-D) sottopostia rivascolarizzazione chirurgica estrema (sottogenuale) e tratta-mento chirurgico dell’infezione.Materiale e metodi. Da novembre 2012 ad agosto 2014 sonostati trattati 56 pazienti non candidabili a PTA in quanto affetti daocclusione lunga del tratto femorale-popliteo (n 35) e femoro-popliteo-tibiale (n 21). L’approccio integrato prevedeva il tratta-mento chirurgico in urgenza delle lesioni in caso di infezioneseguito dalla procedura di rivascolarizzazione chirurgica.Risultati. Trentacinque pazienti sono stati sottoposti a by-passFe-Po: di questi 21 in VGS, 3 compositi in vena-vena e 11 inPTFE. Ventuno pazienti sono stati sottoposti a by-pass Fe-Di-stale (di cui 18 in VGS e 3 in composito PTFE e VGS) su mono-vaso di gamba come segue: 7 su ATA, 9 su ATP, 1 su pedidia e4 su peroniera. Il salvataggio d’arto nella popolazione globale trat-tata è stato dell’80% (11 amputazioni maggiori su 56 pazienti)con una mortalità perioperatoria del 5,3% e del 3,7% a un fol-low-up medio di 14,5 (DS 5) mesi. In particolare nei bypass Fe-Po eseguiti in VGS o composito + materiale venoso si è osservatoun salvataggio d’arto del 91% mentre con impiego di materialeprotesico il salvataggio d’arto è stato solo del 54%. Nei by-passFe-Tibiali il salvataggio d’arto è stato dell’81% (4 amputazionimaggiori su 21 pazienti). Tre dei 4 pazienti sottoposti ad ampu-tazione maggiore erano stati rivascolarizzati in composito conPTFE e vena.Conclusioni. I dati del nostro studio confermano che la rivasco-larizzazione chirurgica estrema rappresenta nei pazienti fit-for-surgery e non candidabili a una rivascolarizzazione perifericaendoluminale un approccio terapeutico sicuro ed efficace. Inoltresi riconferma che la disponibilità di materiale venoso autologo peril confezionamento del bypass è garanzia di un più elevato out-come.

Elevata prevalenza di decubiti del tallone in un ospedaledi terzo livello e inefficacia di un intervento educativonel ridurne l’incidenza

Pradal M1, Ambrosini Nobili L2, Uccelli F3, Casano A2, ScateniM1, Piaggesi A2

1Direzione Infermieristica, 2Sez. Dip. Piede Diabetico, Diparti-mento Area Medica, 3UO Gestione Rischio Clinico, AziendaOspedaliero-Universitaria Pisana

Scopo. Il tallone rappresenta una frequente localizzazione di le-sioni da pressione, e la prima tra i pazienti diabetici. Abbiamocondotto questo studio allo scopo di misurare la frequenza deidecubiti primitivi e di quelli jatrogenici del tallone nel nostro ospe-dale di terzo livello e per valutare l’efficacia di un programma edu-cativo in-service, specificamente dedicato alla prevenzione e altrattamento dei decubiti del tallone. Metodi. Abbiamo screenato prospetticamente tutti i pazienti ri-coverati nel nostro ospedale nel periodo compreso tra marzo eaprile 2014 alla ricerca di lesioni da decubito del tallone, sia pri-mitive sia jatrogeniche. Abbiamo successivamente sottopostodue infermieri per reparto a un intervento intensificato di forma-zione per l’individuazione precoce e trattamento adeguato delle

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Congresso AMD-SID Piede Diabetico

lesioni nel periodo compreso tra maggio e giugno 2014. Abbiamoquindi ripetuto lo screening nei mesi di settembre e ottobre del2014 per verificare i cambiamenti rispetto al baseline.Risultati. Settantacinque lesioni da decubito su 2730 ricoveri(0,027 lesioni/ricovero) sono state identificate nei due mesi discreening; il 36% di queste era di natura jatrogenica. Secondola classificazione EPUAP erano così distribuite: 32% stadio I;33,3% stadio II; 25,3% stadio III; e 9,4% stadio IV. Nel periodosuccessivo alla formazione specifica, nei mesi di settembre eottobre 75 lesioni su 2920 ricoveri (0,026 lesioni/ricovero) sonostate registrate; 24% jatrogeniche (c2 = 0,267; p = 0,7305post- vs pre-); EPUAP staging: 40% stadio I; 37,3% stadio II;21,3% stadio III; e 1,4% stadio IV (c2 = 5,595; p = 0,133 post-vs pre-).Conclusioni. I nostri dati confermano l’elevata prevalenza dellelesioni da decubito del tallone e della necessità di un interventoprolungato e articolato per ridurne significativamente la preva-lenza tra i pazienti ricoverati.

Studio coronarico con MDCT in pazienti affetti da dia-bete mellito di tipo 2 con neuropatia diabetica: il ruolodella neuroartropatia di Charcot

Rizzi A1, Marano R2, Musella T1, Costantini F1, Scavone G1,Galli M3, Caputo S1, Bonomo L2, Ghirlanda G1, Pitocco D1

1Istituto di Medicina Interna, 2Istituto di Radiologia, 3Istituto diOrtopedia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Obiettivo. Confrontare il livello di calcio coronarico (CACS) e laseverità della coronaropatia (CAD), entrambi valutati tramiteMDCT, in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 (DMT2) com-plicati da neuropatia diabetica con e senza neuroartropatia diCharcot (CN).Metodi. Trentaquattro pazienti con CN e 36 pazienti con neuro-patia diabetica senza CN (DN), tutti asintomatici per CAD, sonostati sottoposti a MDCT per valutare CACS e severità della coro-naropatia. I due gruppi erano sovrapponibili per età, sesso e tra-dizionali fattori di rischio cardiovascolare. I pazienti che alla MDCTpresentavano almeno una stenosi > 50% sono stati consideratipositivi per CAD significativa. I pazienti con almeno una stenosi si-gnificativa sono stati sottoposti a coronarografia per approfondi-mento diagnostico ed eventuale trattamento.Risultati. I pazienti con CN hanno dimostrato una maggiore frequenza di CAD significativa rispetto ai pazienti con DN (p < 0,001), mentre non sono state osservate differenze signifi-cative per CACS (p = 0,980). Analizzando la distribuzione diCACS per stenosi < 50% e ≥ 50%, nessuna differenza significa-tiva è stata osservata sia considerando tutti i pazienti complessi-vamente (p = 0,814) sia considerando singolarmente i due gruppi(p gruppo CN = 0,661 e p gruppo DN = 0,559). MDCT ha dimo-strato un’accuratezza diagnostica complessiva per CAD signifi-cativa dell’87%.Conclusioni. Questi dati preliminari suggeriscono che, confron-tati con i pazienti con DN, i pazienti con CN presentano una mag-giore prevalenza di CAD severa mentre le placche coronarichenon mostrano un aumentato livello di calcio. MDCT può essereutile nella valutazione del rischio cardiovascolare in pazienti conDMT2 con neuropatia autonomica asintomatici per CAD.

Spettro e sensibilità antibiotica dei germi isolati in ul-cere infette di pazienti con piede diabetico

Rizzi A1, Zaccardi F1, Musella T1, Costantini F1, Scavone G1,Flex A1, Tinelli G2, Galli M3, Fiori B4, Caputo S1, Ghirlanda G1,Spanu T4, Pitocco D1

1Istituto di Medicina Interna, 2Istituto di Chirurgia Vascolare,3Istituto di Ortopedia, 4Istituto di Microbiologia, Università Cat-tolica del Sacro Cuore, Roma

Obiettivo. Le infezioni sono la prima causa di ospedalizzazionenei pazienti affetti da piede diabetico. Scopo dello studio è iden-tificare le popolazioni batteriche e valutare resistenza e sensibilitàagli antibiotici dei patogeni isolati. Metodi. Sono stati esaminati 765 campioni, prelevati da ulcereinfette, per valutarne la popolazione microbica e per verificare invitro sensibilità e resistenza verso diverse classi di antibiotici. Risultati. Sono stati isolati 1251 microrganismi e 69 specie mi-crobiche. I Gram-positivi sono stati indentificati nel 52,6% deicampioni: tra essi, stafilococchi nel 31,5%, con maggiore preva-lenza di S. aureus (26,8%) e S. coaugulasi negativi. Enterococchisono stati isolati nel 16,9% dei campioni, streptococchi nel 4,2%.Batteri Gram-negativi sono stati isolati nel 41,5% dei campioni: traquesti i più frequenti sono P. aeruginosa (13,1%), E. coli (6,8%),P. mirabilis (5,2%), A. baumannii (3,5%), K. pneumoniae (3,3%).Patogeni anaerobi sono stati isolati nel 5,9% dei campioni, conmaggiore prevalenza di B. fragilis (3,9%). Le colture, inoltre, sonostate distinte in mono- (57,2%) e poli-microbiche (47,3%). Le prin-cipiali associazioni individuate sono S. aureus/P. aeruginosa(7,4%), S. aureus/Ent. D faecalis (6,2%), P. aeruginosa/Ent. D.faecalis (6,1%). Circa la resistenza agli antibiotici, gli stafilococchihanno dimostrato resistenza ad amoxicillina/acido clavulanico(66%), ciprofloxacina (62%), eritromicina (56,9%) e gentamicina(51,8%). Gli enterococchi hanno mostrato resistenza a eritromi-cina (66,7%), imipenem (25%), ampicillina (17,5%), vancomicina(4,5%) e teicoplanina (4,2%). Gli streptococchi hanno dimostratoresistenza a eritromicina (32,4%) e gentamicina (31,3%). I Gram-negativi hanno dimostrato resistenza a cefotaxime (60,7%), ciprofloxacina (57,5%), amoxicillina/acido clavulanico (55%) egentamicina (54,4%). Conclusioni. Dai dati emerge che 6 specie microbiche sono re-sponsabili di circa il 70% delle infezioni e che S. aureus e S. co-augulasi-negativi ne causano circa il 31,5%. La coperturaantibiotica iniziale dovrebbe sempre includere lo S. aureus e iGram-negativi.

Valutazione delle pressioni plantari in pazienti diabeticiin diverse classi di rischio: risultati preliminari

Sassone V1, Vergara R1, Vitagliano G2, Nosso G2, Saldala-macchia G2

1Centro Tecnico Ortopedico, Corpora SURL, Gricignanod’Aversa (CE); 2Medicina Clinica e Chirurgia, Azienda Ospe-daliera Universitaria Policlinico “Federico II” Università di Na-poli, Napoli

Introduzione e scopo. Benché la neuropatia rappresenti la con-ditio sine qua non per la genesi di una lesione ulcerativa, lo stressmeccanico riveste un ruolo patogenetico importante nello svi-luppo di un’ulcerazione; pertanto la valutazione della distribuzionedelle pressioni plantari è attualmente considerata un importantestrumento di quantificazione del rischio di ulcerazione e/o re-ulcerazione. L’obiettivo del presente studio è quello di misurare le pressioni plantari in pazienti diabetici in diverse classi di rischioe di rivalutarne l’esito a un anno.Metodi. Quattordici pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 (età:63 ± 7 anni; durata diabete: 15 ± 10 anni) in diverse classi di ri-schio di ulcerazione sono stati sottoposti a valutazione delle pres-sioni distali mediante sistema Novel Pedar (utilizzato in caso dipazienti in prevenzione primaria) e Optima Sense (utilizzato in pre-venzione secondaria) al tempo 0 (T0) e dopo 12 mesi (T1). Dove ne-cessario, è stato prescritto utilizzo di ortesi e calzature specifiche.

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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

Risultati. Al T0, 6 pazienti erano in prevenzione primaria (classedi rischio 1), 3 soggetti erano in prevenzione secondaria (re-ulcerazione, classe di rischio 2) e 5 pazienti presentavano ulcerein atto (classe di rischio 3). Circa il 70% dei soggetti ha utilizzatocorrettamente, durante tutto il periodo di follow-up, le ortesi spe-cifiche prescritte. La pressione plantare media registrata al T0 èstata di 258 ± 125 kilopascal) e si riduceva significativamentedopo 12 mesi (203 ± 95 kilopascal p = 0,03). Dopo un anno, tuttii soggetti nelle classi di rischio 2 e 3 presentavano assenza di le-sioni ulcerative; nessuna nuova lesione è stata diagnosticata du-rante il periodo di follow-up.Conclusioni. I nostri dati, seppur preliminari, documentano chela valutazione delle pressioni plantari si rivela un valido supportoall’individuazione del corretto intervento preventivo/terapeuticodel piede diabetico. Emerge una nuova era nella medicina delpiede diabetico, la classificazione della distribuzione delle pres-sioni plantari assume un significato nel determinare un corretto in-tervento preventivo/terapeutico del piede diabetico.

Piede diabetico infetto: percorso integrato di cura nelterritorio dell’azienda sanitaria locale CN1-Piemonte

Sbriglia MS, Sansone D, Meineri I, Scognamiglio A, Menardi G,Bertello S, Oleandri SE

SC Endocrinologia, Diabetologia ASLCN1-Piemonte, Diparti-mento di Area Medica, Ospedale SS. Annunziata

Tra le varie complicanze croniche della malattia diabetica, vi è lapatologia neurovascolare che coinvolge il piede, definita piedediabetico. Si stima che il 15% dei pazienti diabetici vada incon-tro, nella sua storia di malattia, a questa complicanza, che rap-presenta la prima causa di amputazione non traumatica degli arti.Pertanto, considerando che nel 2014 la popolazione assistitadalla nostra Struttura ammonta a circa 18.000 pazienti, dobbiamoaspettarci che tale complicanza coinvolga circa 2500 soggetti nelterritorio dell’ASLCN1. Allo scopo di prevenire le amputazionimaggiori, all’inizio del 2013, abbiamo messo in atto un percorsointegrato di cura del piede diabetico, attivando alcuni ambulatoridi primo livello decentrati nel territorio dell’ASL (Fossano, Saluzzo,Cuneo, Mondovì) e, a Savigliano, un ambulatorio di secondo li-vello con due posti letto per il ricovero ordinario dei pazienti conlesioni infette agli arti inferiori. Nello stesso periodo abbiamo resooperativa la collaborazione fissa con la Chirurgia Vascolare del-l’Ospedale Mauriziano di Torino per la cura dei pazienti con arte-riopatia periferica e con la Diabetologia del CTO di Torino per ipazienti con prevalenti complicanze neuropatiche. Dal 1.01.2013al 15.12.2014 sono stati seguiti in regime di ricovero ordinario 42 pazienti, trattati come schematizzato nella seguente tabellariassuntiva:

Curettage e Curettage Amputazione Amputazione Amputazionemedicazione + PTA; minore* + minore* maggiore

avanzata PTA/stenting PTA; PTA/stenting19 5 10 7 1

*Amputazioni di dita. In un solo caso, amputazione trans-metatarsale.

Conclusioni. Il percorso di cura integrato, riservando ai nostripazienti un profilo di assistenza privilegiato, soprattutto grazie allarapida attuazione di terapia antibiotica ad ampio spettro e allaprocedura di rivascolarizzazione effettuata entro sette giorni dal ri-covero, ha consentito di evitare ogni tipo di amputazione nel 57%dei casi (24/42) e di ricorrere ad amputazioni minori nel 40% circadei casi (17/42). Solo una paziente, avendo rifiutato il ricovero peroltre dieci giorni dopo la diagnosi di infezione, è andata incontroa sepsi e ha subito un’amputazione di gamba.

Arezzo best practice italiana 2007-2013. Accesso al per-corso easy, trattamento dell’ischemia fast e chirurgiademolitiva/ricostruttiva slow

Scatena A1, Liistro F2, Porto I2, Ventoruzzo G3, Turini F3, Bel-landi G3, Tacconi D4, Bolognese L5, Ricci L6

1SC Diabetologia, 2UO Cardiologia Interventistica, 3SC Chirur-gia Vascolare, 4SC Malattie Infettive, 5Dipartimento Cardiova-scolare e Neurologico, 6SC Diabetologia, Ospedale SanDonato, ASL 8, Arezzo

Scopo dello studio. Valutare retrospettivamente i pazienti affe-riti all’Ambulatorio del Piede Diabetico di Arezzo alla luce dei datidel PNE Agenas, che confermano anche per il 2013 il minor tassodi ospedalizzazione per amputazioni maggiori per diabete adArezzo nella popolazione residente.Materiale e metodi. Abbiamo analizzato 774 pazienti (63% ma-schi) dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2013 giunti per unaprima valutazione.Conclusioni. Dei 774 pazienti, 554 (72%) presentavano un’ul-cera, 650 (84%) risultavano neuropatici, 307 (40%) avevano unABI < 0,9, di cui 204 (66%) con ischemia critica e pertanto riva-scolarizzati mediante angioplastica (PTA) e solo 3 (0,8%) me-diante by-pass. Centotré (34%) pazienti sono stati esclusi dallarivascolarizzazione per l’evoluzione positiva della lesione, per lecondizioni generali o per limitazioni tecniche. Cinquantasette(28%) pazienti hanno necessitato di una re-PTA per giungere aguarigione completa. Sono stati eseguiti 563 interventi chirurgici,di cui 413 (73%) debridement in acuto e 150 (27%) amputazioniminori seguendo i piani di clivaggio e il territorio trofico dopo la ri-vascolarizzazione. Abbiamo analizzato poi la tempistica: l’attesaper l’accesso ambulatoriale è risultata 0-10 giorni (5,04 ± 3,15);per il ricovero in caso di infezione acuta (grado PEDIS moderato-severo) 0 giorni; per la procedura di rivascolarizzazione 0-14 gg(8,12 ± 4,10); per il drenaggio chirurgico dell’infezione 0 giorni. Lachirurgia ricostruttiva ha seguito di 30-75 gg (37,2 ± 13,77) la ri-vascolarizzazione per attendere il trofismo dei tessuti in cui at-tuare l’incisione e la sutura. Al termine del follow-up di 66 ± 27settimane, 749 (97%) pazienti sono guariti con un tempo mediodi guarigione di 111,74 ± 95,11 giorni, 19 (2%) pazienti risultanoancora in trattamento e 6 pazienti hanno subito un’amputazionemaggiore (0,77%). Ottantaquattro (11%) pazienti sono deceduti,di cui 71 (85%) per cause cardiovascolari. Nella nostra espe-rienza, i buoni risultati sono il frutto della creazione di un teammultidisciplinare, in cui il diabetologo coordina l’intervento dei varispecialisti e garantisce il rispetto dei tempi in cui avvicendare lefasi del percorso assistenziale.

Innesto di membrana amniotica nel trattamento delpiede diabetico

Senesi A, De Pretto B, Calcaterra F

UOT Diabetologia, ULSS 4 Alto Vicentino, Schio (VI)

Introduzione. Le lesioni al piede diabetico sono spesso carat-terizzate da vasta perdita di sostanza. La gestione di queste ul-cere è spesso una sfida, sia per la natura refrattaria sia perl’impatto economico. Nelle vaste lesioni aperte non infette e nonischemiche il trattamento di prima scelta è l’innesto di sostitutodermico e/o di tessuto autologo, a seconda della tipologia dellalesione. Sebbene queste tecniche siano disponibili, sono da unlato molto costose e dall’altro traumatiche per il paziente. Lamembrana amniotica ha attratto la nostra attenzione per le suecapacità di promuovere la granulazione e la riepitelizzazione controllando sia il fattore infettivo sia la sintomatologia dolorosa.

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Congresso AMD-SID Piede Diabetico

Inoltre la membrana ha capacità angiogenetica e ha una bassaimmunogenicità. Tale membrana è di derivazione placentare ed èricca di fattori di crescita.Scopo. Valutare l’efficacia dell’innesto di membrana amnioticacrioconservata nel trattamento delle lesioni al piede diabetico.Materiale e metodi. In questo studio 3 pazienti con lesioni post-chirurgiche al piede di grado II A sec TUC sono stati trattati coninnesto di membrana amniotica crioconservata. Una volta ese-guito l’innesto, i pazienti sono stati valutati settimanalmente e soloin tale occasione medicati con semplice garza grassa. Risultati. Due pazienti sono andati a guarigione in due mesi daltrattamento. Un paziente non ha avuto beneficio ed è stato sot-toposto successivamente a revisione chirurgica.Conclusioni. I dati mettono in evidenza come l’innesto di mem-brana amniotica abbia portato a guarigione in tempi ristretti. Il fal-limento terapeutico del terzo paziente probabilmente è daimputare alla presenza di una sottostante osteomielite diagnosti-cata solo successivamente all’innesto di membrana amniotica.L’innesto è stato ben tollerato e si è dimostrato un valido mezzoterapeutico nel trattamento di lesioni trofiche al piede.

Piede diabetico tra ospedale e territorio: il nuovo pro-tocollo aziendale della ULSS 4 Alto Vicentino

Senesi A, De Pretto B, Armatura G, Debortoli R, Pasin L, Cal-caterra F

UOT Diabetologia, ULSS 4 Alto Vicentino, Schio (VI)

Il piede diabetico è una delle complicanze più invalidanti della pa-tologia diabetica. È nota l’entità del problema e le sue ripercus-sioni sul piano economico. È nota inoltre la patogenesimultifattoriale e la conseguente importanza di un approccio mul-tidisciplinare. Da circa un anno e mezzo presso la ULSS 4 Alto Vi-centino è stato applicato un nuovo protocollo aziendale cheprevede la collaborazione di più specialisti (diabetologo, MMG,chirurgo, ortopedico, podologo, tecnico ortopedico, infettivo-logo), con lo scopo di prevenire le ulcerazioni, ridurre il tasso diamputazione, ottimizzare le risorse. Il diabetologo appartenentealla UOT Diabetologia è il responsabile clinico della patologia; nestabilisce il percorso operativo coordinandosi con l’ospedale pereventuali ricoveri. L’ambulatorio piede diabetico è dislocato nelterritorio, è gestito dal diabetologo che, in caso di necessità, at-tiva il percorso ospedaliero. Il diabetologo inoltre afferisce in ospe-dale per la parte chirurgica. Nel territorio il diabetologo lavora astretto contatto con il podologo e il tecnico ortopedico in mododa dare assistenza completa al paziente diabetico. Prossima-mente verranno analizzati i dati relativi al numero di ricoveri e aitassi di amputazione presso la nostra ULSS valutando così lareale efficienza ed efficacia di tale protocollo.

Il piede diabetico nel bambino: la nuova epidemia?

Spazzapan L, Nicoletti C

Unità Piede Diabetico e Vulnologia, Casa di Cura Pederzoli,Peschiera Del Garda, Verona

Introduzione. Ogni anno negli Stati Uniti vengono diagnosticati13.000 nuovi casi di diabete mellito di tipo 1 e un’aumentata pre-valenza di diabete mellito di tipo 2 negli adolescenti è stata ripor-tata nel mondo. Come sappiamo le ulcerazioni dei piedi neisoggetti diabetici rappresentano una delle complicanze più temi-bili della malattia diabetica. Negli adulti l’aumentato rischio di am-putazioni è stato visto essere associato alla neuropatia perifericacon perdita della sensibilità, alla alterata biomeccanica e al-

l’ischemia d’arto. Ci sono tuttavia pochi lavori a riguardo del pro-blema piede diabetico nella popolazione pediatrica. Scopo diquesto lavoro è quello di valutare l’attuale letteratura sul piedediabetico nel bambino e adolescente con diabete mellito.Materiale e metodi. La ricerca bibliografica è stata condotta sututti gli articoli pubblicati in Medline, Embase, Central, Scopus,Clinical Key da gennaio 1994 a settembre 2014 ricercando i ter-mini: piede, diabetico, pediatrico, bambino.Risultati. Le linee guida internazionali raccomandano in questipazienti l’esame dei piedi dalla pubertà una volta all’anno conparticolare attenzione alla sensibilità protettiva, alla presenza deipolsi periferici, all’integrità della cute e alla ricerca di eventuali pro-blemi delle unghie. Diversi autori hanno descritto che molti giovanipazienti con diabete mellito hanno problemi ai piedi e segni diprecoci manifestazioni della neuropatia periferica.Conclusioni. Con questo lavoro vogliamo porre l’attenzione sul-l’importanza della cura del piede nei pazienti pediatrici con il dia-bete. Più ampi studi prospettici sono a nostro avviso necessariper stabilire l’esatta prevalenza della patologia e ottimizzare gli in-terventi di prevenzione.

Utilizzo di nuova schiuma di poliuretano nel trattamentodel sito donatore di innesto cutaneo

Spazzapan L, Nicoletti C

Unità Piede Diabetico e Vulnologia, Casa di Cura Pederzoli,Peschiera Del Garda, Verona

Obiettivo. Obiettivo di questo studio è quello di presentare il no-stro protocollo per la gestione del sito donatore di innesto cuta-neo con nuova medicazione in schiuma di poliuretano rivestito diidrogel a forma di rete.Metodi. Il protocollo prevede al tempo zero l’applicazione sullaferita di una medicazione emostatica e dopo 48 ore, al primocambio della medicazione, l’utilizzo di un nuovo tipo di medica-zione in schiuma rivestito di idrogel a forma di rete. Attraversoquesta struttura a forma di rete, l’essudato in eccesso della feritaviene assorbito in modo rapido ed efficace. Abbiamo condottouno studio prospettico da marzo a settembre 2014.Risultati. Sono stati reclutati per lo studio 20 pazienti. Tra que-sti 18 maschi e 2 pazienti di sesso femminile con un’età mediacomplessiva di 62 anni (range 59-92 anni). In 19 pazienti il sito do-natore è guarito in 10 giorni con un buon controllo del dolore.Discussione. Riteniamo che il processo di guarigione della feritadel sito donatore sia aiutato dall’ambiente umido e dall’azione an-tibatterica film di supporto della medicazione. La struttura tridi-mensionale della faccia della medicazione a contatto con il lettodella ferita garantisce la riepitelizzazione e al momento della ri-mozione la non aderenza.Conclusioni. Questo studio suggerisce che questa medicazionein schiuma è sicura ed efficace per la gestione del sito donatoredell’innesto di cute e questa medicazione in schiuma rivestita diidrogel a forma di rete è ora la nostra prima scelta nel trattamentodel sito donatore di innesto cutaneo. Tuttavia, per produrre risul-tati statisticamente significativi, questo studio verrà proseguito suun numero più ampio di pazienti.

Ustione sul dorso del piede di un paziente diabeticocomplicato: caso clinico

Spendolini C, Garrapa GM, Montoni M, Lizzadro F, RiccialdelliL, Lucarelli G, Landini E

UO Diabetologia, Presidio di Fano, Azienda Ospedali RiunitiMarche Nord

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Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

È stata valutata l’efficacia di una medicazione a base di argentonanocristallino nella gestione di una ustione sul dorso del piedein un paziente diabetico neuropatico già con pregresse amputa-zioni minori.Descrizione del caso clinico. Paziente maschio di 76 anni,pensionato, celibe, vive solo, affetto da diabete di tipo 2 diagno-sticato da 16 anni, in terapia insulinica intensiva con basal bolus,in buon compenso metabolico (ultima HbA1c pari a 6,1%). Il pa-ziente è pluricomplicato: neuropatia sensitivo-motoria con plu-rime amputazioni minori piede destro, AOP IV stadio trattata conPTA, retinopatia preproliferante, cardiopatia ischemica ed ence-falopatia vascolare con esiti malacici. Il paziente, nonostanteavesse ricevuto adeguata istruzione sulla prevenzione di nuove le-sioni e venisse visitato regolarmente presso l’ambulatorio podo-logico, ha effettuato un pediluvio in acqua bollente procurandosiun’ustione di 2° sul dorso del piede destro. Il paziente riferiscel’evento solo dopo due giorni: il piede si presentava edematosocon una vasta ustione secernente e segni visibili d’infiammazionetessutale.Materiale e metodi. È stata iniziata terapia antibiotica per oscon amoxicillina e acido clavulanico, l’ustione è stata detersa conpreparazione iniettabile e applicata medicazione a base di argentonanocristallino a giorni alterni per la prima settimana, poi con me-dicazioni ogni 3-4 giorni per altri 12 giorni; dopo tre settimanel’ustione appariva completamente riepitelizzata.Conclusione. La medicazione avanzata con argento nanocri-stallino ha permesso di gestire l’essudato e il rischio d’infezionesovrapposta alla lesione, favorendo una veloce riepitelizzazione.Unitamente all’utilizzo della medicazione avanzata, il buon com-penso metabolico e la terapia antibiotica hanno permesso di ri-solvere, in un relativo breve lasso di tempo, una situazione clinicacon potenziali gravi conseguenze in un paziente già fragile. Que-sto lavoro vuole sottolineare l’importanza dell’educazione tera-peutica, che deve essere un processo continuo, con periodicherivalutazioni, soprattutto nei pazienti che vivono soli, già con com-plicanze preesistenti e con elementi di fragilità.

Staphylococcus aureus meticillino-resistente e infiam-mazione sono associate ad aumento di mortalità in pa-zienti con osteomielite da piede diabetico

Tascini C1, Iacopi E2, Coppelli A2, Goretti C2, Menichetti F1,Piaggesi A2

1UO Malattie Infettive, Sez. Dip. Piede Diabetico, DipartimentoArea Medica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Scopo. L’osteomielite (OM) nel piede diabetico (PD) è causatada vari microrganismi multiresistenti (MOMR) ed è associata conalti tassi di mortalità. Scopo del nostro studio era valutare se al-cuni MOMR siano predittori di mortalità in pazienti con PD e OM.Metodi. Abbiamo analizzato retrospettivamente il database dimicrobiologia per selezionare i casi di PD e OM dal 2001 al 2013.Abbiamo confrontato i pazienti in base alle seguenti classifica-zioni: 1) Staphylococcus aureus (SA) meticillino-resistente (MRSA)vs SA meticillino-sensibile (MSSA); 2) Pseudomonas aeruginosa(PA) resistente a ciprofloxacina (CiproRPA) vs PA sensibile a ci-profloxacina (CiproSPA); 3) PA resistente ai carbapenemi (CRPA)vs PA sensibile ai carbapenemi (CSPA); 4) enterobatteri (EB) re-sistenti a ciprofloxacina (CiproRE) vs EB sensibili a ciprofloxacina(CiproSE); 5) EB produttori di beta-lattamasi a spettro esteso(ESBL) (ESBL+) vs EB non produttori di ESBL (ESBL–); 6) Can-dida parapsilosis (CP) vs Candida non parapsilosis (CNP). Era va-lutata la presenza di leucociti polimorfonucleati (PMN) allacolorazione di Gram. Abbiamo poi valutato mediante follow-uppresso l’Ambulatorio del Piede Diabetico: mortalità, tempo di gua-rigione (TG), recidive, tempo libero da lesioni.

Risultati. Sono stati selezionati 625 isolati in 401 pazienti affettida PD e osteomielite. SA è stato selezionato in 140 isolati (78MRSA, 55,7%); EB in 117 isolati (46 Cipro RE, 39,5%; 34 ESBL+,34,3%); PA in 95 isolati (53 CiproRPA, 55,2%, 31 CRPA, 32,1%);lieviti in 32 isolati. I pazienti affetti da PD con OM da MRSA ri-spetto a MSSA presentano una mortalità complessiva significa-tivamente più alta (p = 0,005) e un aumento del TG (p = 0,024).La presenza di PMN era associata a un aumento della mortalitàcomplessiva (p = 0,008) e del TG (p = 0,026). Le altre caratteri-stiche non erano associate a differenze significative, sebbene unaumento non significativo del TG fosse osservato per CiproRE ri-spetto a CiproSE (p = 0,07) e per CP rispetto a CNP (p = 0,095).Conclusioni. In pazienti con PD e OM l’isolamento di MRSA e lapresenza di PMN sono associati a incremento della mortalitàcomplessiva e del TG.

Definizione di protocolli diagnostico-terapeutici assi-stenziali (PDTA) nel management dell’ischemia criticacronica e nel piede ulcerato negli ospedali per intensitàdi cura: outcome

Tedeschi A1, Becherini R2, Viti S1, Sabato A3, De Bellis A1, Co-meglio M2, Anichini R1

1UO Diabetologia Sezione Piede Diabetico, 2UO EmodinamicaInterventistica, 3Sezione di Chirurgia Vascolare, USL3, Pistoia

L’ischemia critica degli arti inferiori nei pazienti con diabete mel-lito rappresenta la più comune causa di amputazione. La proce-dura di rivascolarizzazione endoluminale percutanea delle arteriesottogenicolari attualmente evidenzia un’elevata percentuale disuccesso terapeutico e bassa incidenza di eventi avversi. Scopo dello studio. Valutare i risultati delle procedure di riva-scolarizzazione endoluminale percutanea (PTA) in pazienti diabe-tici affetti da ischemia critica arti inferiori (CLI) in termini diamputazione d’arto e guarigione di ulcere grazie all’attivazione diPDTA per la gestione di tale criticità. Dal 1 gennaio 2013 al 30giugno 2014 sono stati sottoposti ad angiografia arti inferiori as-sociata a PTA (per presenza di CLI) 129 pazienti affetti da diabetemellito. Di tali pazienti sono stati registrati i parametri metabolici(HbA1c, profilo lipidico), la presenza/assenza di ipertensione arte-riosa, abitudine al fumo, insufficienza renale cronica (IRC), car-diopatia ischemica, aterosclerosi carotidea. I pazienti sono stativalutati per l’arteriopatia obliterante periferica cronica (AOPC),prima e dopo rivascolarizzazione periferica, mediante: ossimetriatranscutanea (TcPO2), ecocolordoppler arterioso arti inferiori(ECD). Sono stati identificati il numero e le sedi di stenosi e/o oc-clusione vascolare mediante lo studio angiografico periferico eclassificate le lesioni distali mediante la Texas University Classifi-cation (TUC). Le procedure di rivascolarizzazione endoluminalesono state concluse con successo nel 95% dei casi con ripristinodel flusso diretto in almeno una delle arterie di gamba con mi-glioramento significativo del valore di TcPO2 (secondo la me-todica “Foot Angiosomes Concepts”). I tempi di guarigione regi-strati: 30 ± 25 giorni, con completa guarigione nel 78%, riduzionedel diametro delle lesioni > 50% nel 14%, amputazione minore6%, amputazione maggiore 2%, complicazioni associate 3%(edema polmonare, sanguinamenti minori). Confrontando i risul-tati nel primo semestre 2013 con quelli ottenuti nel primo seme-stre 2014 abbiamo osservato aumento delle PTA del 3,1% conincremento delle femoropoplitee del 3,2% e delle sottogenicolaridel 15%. L’applicazione del PDTA ha inoltre ridotto la durata diospedalizzazione media rispetto agli anni precedenti (2011-2012)di 1,8 ± 4,2 giorni.Conclusioni. Le procedure di rivascolarizzazione endoluminaliperiferiche sono associate a un significativo miglioramento deglioutcome (aumento della percentuale e riduzione tempi di

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Congresso AMD-SID Piede Diabetico

guarigione delle ferite, con riduzione del rischio di amputazioned’arto, e una riduzione dei costi associati alla ospedalizzazione(riduzione durata). Inoltre il coinvolgimento di figure multidisci-plinari rappresenta il miglior approccio per questo tipo di pa-zienti critici.

Indagine di prevalenza: lesioni cutanee degli arti infe-riori e patologie podologiche, in una popolazione di per-sone senza dimora

Teobaldi I1, Oliveri E2, Davini G2, Banchellini E3, Materazzi E2,Rossi M4, Ruggeri V4

1Ambulatorio Piede Diabetico, AOUI, Verona; 2Podologia,AOUP, Pisa; 3Ambulatorio Piede Diabetico, USL 12, Versilia;4Terapia Intensiva Cardiologica, AOU Careggi, Firenze

Obiettivi. Valutare la prevalenza di: lesioni agli arti inferiori, di-strofie cutanee e ungueali, alterazioni di deambulazione e morfo-logia dei piedi, comorbilità, stili di vita, provenienza etnica in unapopolazione di persone senza dimora (PSD).Metodi. Sono state valutate le PSD afferenti al CentroDiurno/Dormitorio Pubblico dei comuni di Pisa, Livorno, Gros-seto, Viareggio, Lucca dal 1/11 al 10/12 2012. Parametri valutati:sesso, età, etnia; tempo vita in strada, luogo abituale riposo, fre-quenza pasti e igiene, alcol, fumo, sovrappeso/obesità, presenzae durata di diabete; presenza, eziologia, clinica e trattamento lo-cale lesioni (ulcerative); morfologia dei piedi; tipologia delle calza-ture e della deambulazione; dolore; presenza di ipercheratosi,curettage ungueale, presenza di distrofie/micosi cutanee e un-gueali.Risultati. Totale: 91 schede; sesso: m 78, f 13; età media: anni47,1 (min 18-max 74); etnia: UE 55 (Italiani 23), extra UE 4, Africa28, America 1, Asia 3; tempo di vita in strada: nd 3 (3,3%), < 1 me-se 16 (17,6%), < di 6 mesi 21 (23,1%), tra 6 mesi e 1 anno 12(13,2%), tra 1 e 3 anni 20 (22,0%), > di 3 anni 19 (20,9%); luogoabituale di riposo: automobile 6 (6,6%), stazione 12 (13,2%), dor-mitorio 29 (31,9%), altro 44 (48,4%); frequenza pasti: regolare 71(78,0%), saltuaria 20 (22%); frequenza igiene: giornaliera 42(46,2%), settimanale 44 (48,4%), saltuaria 5 (5,5).Conclusioni. I dati demografici del campione rispettano i datinazionali Istat. Probabilmente a causa delle insufficienti condizioniigieniche e dell’inadeguatezza del luogo abituale di riposo la mag-gior parte del campione presentava micosi cutanee e distrofie un-gueali; un terzo del campione lamentava dolore e difficoltà nelladeambulazione; la maggior parte delle PSD indossava calzatureidonee e utilizzava uno strumento per il curettage appropriato, dacui probabilmente la bassa prevalenza di unghie incarnite; la pre-valenza delle lesioni (ulcerative) è insufficiente per trarne conclu-sioni. In futuro sarebbe necessario migliorare la scheda diprevalenza, inserendo test biomeccanici, vascolari, neurologici,micologici, e successivamente, ripetere l’indagine su un cam-pione più rappresentativo.

Percorso assistenziale integrato tra ospedale e territo-rio per la gestione del piede diabetico nel distretto diReggio Emilia

Trianni R1, Sbordone P1, Manicardi E2, Ganassi M2, Ceci R1,Gazzotti D1, Pingani S1, Romani P1, Mercati G1, Romani S3,Greci M3, Manicardi V1

1Servizio Diabetologia, AUSL di Reggio Emilia, Reggio Emilia;2SOS Diabetologia, Azienda Ospedaliera S. Maria Nuova,Reggio Emilia; 3Cure Primarie, AUSL di Reggio Emilia, ReggioEmilia

Le lesioni del piede diabetico richiedono un team competente erapidità di intervento in caso di piede infetto. Il Servizio di Diabe-tologia di Reggio Emilia è territoriale, inserito nel DipartimentoCure Primarie dell’AUSL, gestisce 7200 diabetici che hannol’ospedale di riferimento nella AoSMN della città. Per affrontarecon appropriatezza le lesioni del piede diabetico è stato costruitoun PDTA che coinvolge professionisti di entrambe le Aziende Sa-nitarie: servizio di diabetologia territoriale (SDT), servizio infermie-ristico territoriale (SIT), podologo, team diabetologico ospedaliero(TDO). Il SDT effettua attività di educazione di gruppo, e ha atti-vato un ambulatorio settimanale per il piede diabetico, istituitauna fascia oraria per le urgenze: vengono valutate le lesioni acute,fatte medicazioni e debridement, poi i pazienti vengono affidatiagli infermieri del SIT, che proseguono le medicazioni fino a gua-rigione. In caso di piede infetto o di situazioni critiche che richie-dono terapia antibiotica ev, approccio chirurgico alla lesione, ilSDT invia direttamente in urgenza il paziente al TDO, che ha lettidedicati e riceve le urgenze con accesso diretto. Risolta la faseacuta, il paziente viene riaffidato al SDT e al SIT, riducendo i tempidi degenza. Il PDTA è stato approvato da entrambe le AziendeSanitarie ed è attivo da oltre un anno. Nel 2014 sono stati presiin carico per piede diabetico 220 pazienti (di cui 137 con ulcerein atto), sono state eseguite 465 medicazioni e le restanti sonostate assegnate al SIT fino a guarigione; un paziente ha subitoun’amputazione maggiore e 29 amputazioni minori; 27 presen-tavano piede vascolare, 33 neuropatico, 10 deformità; 18 pazientisono stati inviati in urgenza al TDO per lesioni complesse. Il po-dologo ha valutato oltre 600 pazienti.Conclusioni. Un percorso integrato ospedale-territorio per ilpiede diabetico assicura la presa in carico dei pazienti dalla pre-venzione alla guarigione delle lesioni, l’appropriatezza delle pre-stazioni e la continuità assistenziale ospedale-territorio.

Piede diabetico infetto: il trattamento endovascolareprecoce seguito da trattamento chirurgico locale limitail livello d’amputazione

Troisi N, Landini G, Michelagnoli S, Falciani F, Baggiore C

Centro Interdipartimentale Piede Diabetico, Azienda SanitariaFirenze, Firenze

Introduzione. L’infezione del piede diabetico rappresenta unadrammatica complicanza, che aumenta considerevolmente iltasso di amputazioni nei soggetti diabetici. Scopo di questo stu-dio è stato quello di dimostrare che un trattamento endovasco-lare precoce seguito da trattamento chirurgico locale contribuiscea limitare il numero e il livello di amputazioni in soggetti con piedediabetico infetto.Materiale e metodi. Tra gennaio e novembre 2014 48 pazienticon piede diabetico infetto sono stati sottoposti a rivascolarizza-zione precoce per via endovascolare e a trattamento chirurgicolocale a breve distanza di tempo. In tutti i casi la procedura en-dovascolare è stata effettuata entro una settimana dalla diagnosidi infezione. I risultati a 6 mesi sono stati valutati in termini di per-vietà dei vasi trattati, di assenza di restenosi (target lesion reva-scularization, TLR) e di salvataggio d’arto.Risultati. I pazienti erano prevalentemente di sesso maschile(34/48, 70,8%) con un’età media di 72,4 anni (range 51-91). Tren-tadue pazienti (66,7%) avevano ulcere ischemiche e infette coin-volgenti anche l’articolazione o l’osso (TUC IIID). Il successotecnico angiosome-oriented è stato raggiunto in tutti i casi trannedue (95,8%). Il trattamento chirurgico locale è consistito in debri-dement senza resezione ossea in 27 casi (56,2%), amputazionedi dito/raggio in 15 casi (31,2%), amputazione di Lisfranc in 2 casi(4,2%), amputazione transmetatarsale in 2 casi (4,2%) e ampu-tazione di gamba in 2 casi (4,2%). Durante il follow-up (durata

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112 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia

media 3,5 mesi, range 1-8) la guarigione delle ulcere è stata ot-tenuta nei 2/3 dei casi (32/48). A 6 mesi i valori stimati di pervietàprimaria, pervietà primaria assistita, pervietà secondaria, assenzadi TLR e salvataggio d’arto sono stati del 77,8%, 87%, 87%,84,6% e 94%, rispettivamente.Conclusioni. Il trattamento endovascolare precoce seguito datrattamento chirurgico locale contribuisce nella nostra esperienzaa limitare il livello d’amputazione nei soggetti affetti da piede dia-betico infetto. L’approccio multidisciplinare e l’adozione di untriage del piede diabetico sono essenziali per ottenere questi ri-sultati.

Azione della terapia iperbarica topica sulla carica bat-terica di ulcere infette degli arti inferiori in pazienti dia-betici

Vainieri E, Giurato L, Meloni M, Ruotolo V, Izzo V, Uccioli L

PA Piede Diabetico, Policlinico Tor Vergata, Roma

Scopo. Determinare gli effetti della terapia iperbarica topica sullacarica batterica di ulcere infette di pazienti diabetici.Materiale e metodi. Abbiamo selezionato pazienti diabetici conulcere infette degli arti inferiori (classe B secondo la classifica-zione Texas) trattati presso l’Università degli Studi di Roma TorVergata; il nostro protocollo terapeutico è caratterizzato dall’uti-lizzo di terapia antibiotica mirata, debridement chirurgico delle lesioni e l’utilizzo di terapia iperbarica topica per almeno 3 setti-mane con almeno 2 applicazioni per ogni settimana. Per il nostrostudio abbiamo utilizzato un apparecchio per la terapia iperba-rica topica (Hyperbox two della AOTI SIAD) che consente di trat-tare in maniera distrettuale le sole lesioni agli arti inferiori e diescludere il resto del corpo. Ogni sessione terapeutica durava 60 minuti utilizzando ossigeno al 100% (10 l/min) a una pressionedi 50 mmHg. Al fine di identificare il tipo di batteri presenti nellelesioni abbiamo effettuato un prelievo di tessuto prima e dopoogni sessione terapeutica di camera iperbarica e abbiamo inoltreeffettuato un lavaggio della lesione con 10 cc di soluzione fisiolo-gica prima e dopo ogni sessione al fine di quantificare la caricabatterica.Risultati. Abbiamo effettuato in totale 43 applicazioni di cameraiperbarica locale; comparando le conte batteriche nei lavaggi pree post abbiamo trovato: negativizzazione della carica battericanel 31,4%, riduzione significativa della carica nel 20%, la stessacarica batterica nel 22,9%, un lieve incremento della conta nel17,1%, e nell’8,6% le conte erano negative sia prima sia dopo iltrattamento. Va sottolineato che il livello raggiunto post-tratta-mento si manteneva fino al successivo, quindi si assisteva a unasignificativa e progressiva riduzione della carica batterica da va-lori nel range dell’infezione (10.000.000) a valori di numeri di co-lonie anche inferiori a 50/ml. Comparando i prelievi di tessutoeffettuati prima e dopo le procedure abbiamo trovato la persi-stenza dello stesso batterio nel 78,6%, mentre la selezione di unaflora batterica differente si è osservata nel 19% e nel 2,4% le biop-sie erano negative.Conclusioni. Nel nostro studio abbiamo osservato che la tera-pia iperbarica topica ha effetti significativi sulla conta batterica intermini di una sua riduzione dopo il trattamento, mentre non sonostati osservati effetti simili per quanto riguarda i prelievi di tessuto.Non possiamo quantizzare al momento il ruolo che può averequesto effetto sull’evoluzione generale dell’infezione. Possiamoipotizzare che l’assenza di effetti significativi sui prelievi di tessutoin termini di negativizzazione della presenza batterica dopo la te-rapia possa essere attribuito alla durata complessiva del tratta-mento. È necessario proseguire la sperimentazione aumentandoil numero di pazienti ed estendendo la durata complessiva dellaterapia per ciascun paziente.

Multiprofessionalità e multidisciplinarietà nella GestioneIntegrata ospedale-territorio per la prevenzione e curadel piede diabetico

Viti S1, Bernini A1, Picciafuochi R1, Lazzeretti M1, Perini M1,Butelli L1, Bruschi T1, Gioffredi M1, Gori R1, Bini R1, CeccantiME1, Howard IS1, Lazzarini A1, Paolacci F2, De Bellis A1, Te-deschi A1, Barbanera L1, Fiore G1, Magiar A1, Salvadori R2,Anichini R1

1UO Diabetologia, Sez. Piede Diabetico, USL3, Pistoia; 2So-cietà della Salute, CCM USL3, Pistoia

La multidisciplinarietà e la multiprofessionalità sono gli strumentiprincipali della Gestione Integrata tra Ospedale e Territorio indicatinel Piano Nazionale sulla Malattia Diabetica (2012).Obiettivi. Scopo del nostro studio è stato quello di valutare glieffetti della Gestione Integrata tra territorio (MMG, Chronic CareModel - CCM, modalità di assistenza alle malattie croniche inatto in Toscana dal 2009) e strutture specialistiche, sulle attivitàdi screening, prevenzione ed educazione sul piede diabetico(PD) attraverso l’integrazione tra figure professionali differenti,medici, podologi e infermieri ospedalieri e territoriali attraversol’utilizzo di specifici piani diagnostico-terapeutici assistenziali(PDTA).Pazienti e metodi. Tutti i componenti del team svolgevano unruolo specifico nel PDTA: al MMG le competenze cliniche delpaziente seguito sul territorio; al podologo quello di svolgereattività di prevenzione e cura del PD, con controlli periodici inbase alle classi di rischio ulcerativo; all’infermiere ospedalieroquello di educazione teorico-pratica, agli infermieri del territorioquello di osservazione diretta, di diagnosi precoce e di refe-renza immediata verso la struttura specialistica; al medico dia-betologo ospedaliero il ruolo di presa in carico clinico delpaziente a rischio ulcerativo o con lesioni ulcerose e la direttaattuazione dei PDTA intraospedalieri multidisciplinari. Inoltre,tutte le figure partecipavano alla definizione di Piani di Medica-zioni Integrati per garantire una continuità assistenziale ospe-dale-territorio.Risultati. I dati ottenuti sono stati estrapolati dalla cartella clinicaelettronica (MyStarConnect®). Nel 2013 circa l’85% dei diabeticiresidenti nell’USL3 ha effettuato almeno una volta una visita discreening per valutazione ispettiva del piede. In relazione a que-ste attività, i pazienti esaminati tra il 2008 e il 2013 sono stati di-visi in due gruppi; gruppo A, rappresentato dai pazienti cheaccedevano alla struttura solo per un trattamento podologico dicontrollo, e gruppo B, rappresentato dai pazienti che accede-vano per eventi acuti (ulcerazioni o recidive). I risultati indicano,negli anni, una diminuzione del numero dei pazienti afferenti pereventi acuti (da 508 pazienti nel 2008 a 286 nel 2013) e un au-mento del numero delle prestazioni podologiche per pazienti nonulcerati (da 376 pazienti nel 2008 a 1022 nel 2013), sia in pre-venzione primaria che secondaria. La definizione di PDTA speci-fici ha permesso di integrare e uniformare le procedure dimedicazione tra ospedale e territorio e di rendere tempestiva –entro le 24 ore (70%) o entro 72 ore (25%) – la presa in carico delpaziente con lesione attiva da parte della struttura specialistica,attraverso l’attività Infermieristica Integrata. Nel 2013, 793 pa-zienti (5% dell’intera popolazione diabetica dell’USL3) hanno ef-fettuato, durante il 1° accesso presso la Diabetologia, una sedutaeducativa specifica sul piede.Conclusioni. L’approccio multiprofessionale e la Gestione Inte-grata attraverso la definizione di PDTA ospedale-territorio dedicatialla prevenzione, educazione, diagnosi precoce e trattamento delpiede diabetico possono modificare la storia naturale della pato-logia incidendo positivamente sulla prevalenza delle lesioni, sul-l’efficacia e appropriatezza del loro trattamento e possibilmentesugli esiti a medio e lungo termine.