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GRUPPO BANCA SELLA BIELLA Convegno su “La Banca del futuro. Una Banca sostenibile” Comportamenti e giudizi: quali gli elementi alla base di un rapporto di fiducia? Biella 10 – 11 novembre 2006

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GRUPPO BANCA SELLA BIELLA

Convegno su

“La Banca del futuro. Una Banca sostenibile”

Comportamenti e giudizi: quali gli elementi alla base di un rapporto di fiducia?

Biella 10 – 11 novembre 2006

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PRESENTAZIONE

Il convegno “La banca del futuro. Una banca sostenibile. Comportamenti e giudizi: quali gli elementi alla base di un rapporto di fiducia?” tenutosi a Biella Venerdì 10 e Sabato 11 Novembre 2006 in occasione del centoventenario del Gruppo Banca Sella, ha voluto esplorare il contributo delle banche al funzionamento dell’economia, che poggia su una lunga tradizione di rapporti fiduciari personali che sono da sempre uno dei principali motori dello sviluppo economico. Come si avviano, come si realizzano oggi tali rapporti in un contesto economico e sociale caratterizzato da un forte aumento del numero di soggetti, da una competitività spinta e da una crescente componente tecnologica? Come potranno essere sostenibili nel futuro? Partendo da questi interrogativi abbiamo affidato all’Istituto Doxa un’indagine di opinione tra i risparmiatori italiani che si propone di contribuire portando elementi utili che sono stati discussi durante i lavori del convegno di cui qui trovate gli atti completi.

Maurizio Sella

Presidente del Gruppo Banca Sella

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PROGRAMMA

Venerdì 10 Novembre - ore 15.00 Saluto delle Autorità Locali

- ore 15.10 Intervento di apertura di Pietro Sella, Amministratore Delegato Gruppo Banca Sella

- ore 15.40 Presentazione indagine Doxa Le banche di fronte ai clienti, Ennio Salamon,

Presidente Doxa, Arnaldo Bagnasco, Docente di Sociologia Università degli Studi di Torino

- ore 16.20 Dibattito, coordina Giovanni Zanetti, Docente di Economia all’Università degli

studi di Torino. Partecipano:

Umberto Filotto, Segretario Generale Assofin

Giustino Trincia, Vice Segretario Generale Cittadinanzattiva

Giacomo Vaciago, Docente di Politica Economica e Monetaria all’Università Cattolica di Milano

- ore 17.35 Interventi di:

Fabio Cerchiai, Presidente ANIA

Corrado Faissola, Presidente ABI

Sabato 11 Novembre - ore 9.30 ‘Quali gli elementi alla base di un rapporto di fiducia con il cliente?’ Coordina la

Sezione: Mario Deaglio, Docente di Economia Internazionale all’Università degli studi di Torino

Intervengono:

Camillo Venesio, Amministratore Delegato e Direttore Generale Banca del Piemonte

Fabio Innocenzi, Amministratore Delegato Banca Popolare di Verona e Novara

Alessandro Profumo, Amministratore Delegato Gruppo Unicredit

Rijkman Groenink , Presidente ABN Amro Bank

- Ore 11.30 Interventi di:

Fabrizio Saccomanni, Direttore Generale Banca d’Italia

Tommaso Padoa Schioppa, Ministro dell’Economia e delle Finanze

Maurizio Sella, Presidente Gruppo Banca Sella

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INDICE Presentazione pag. 2

Programma pag. 3

Interventi venerdì 10 Novembre 2006 pag. 5

Maurizio Sella, Presidente del Gruppo Banca Sella pag. 5

Vittorio Barazzotto, Sindaco di Biella pag. 6

Marisa Lucano, Assessore al Lavoro e alle Attività Produttive della Provincia di Biella pag. 8

Pietro Sella, Amministratore Delegato del Gruppo Banca Sella pag. 10

Ennio Salamon, Presidente della Doxa pag. 19

Arnaldo Bagnasco, Professore Ordinario di Sociologia presso l’Università di Torino pag. 37

Giustino Trincia, Vice Segretario Generale di Cittadinanza Attiva pag. 41

Umberto Filotto, Segretario Generale Assofin e Professore Ordinario di

Economia delle Aziende di Credito presso l’Università di Tor Vergata (Roma) pag. 44

Giacomo Vaciago, Professore Ordinario di Politiche Economiche e

Direttore dell’Istituto di Economia e Finanza presso l’Università Cattolica di Milano pag. 54

Fabio Cerchiai, Presidente dell’ANIA pag. 56

Corrado Faissola, Presidente dell’ABI pag. 61

Interventi Sabato 11 Novembre 2006 pag. 66

Camillo Venesio, Amministratore Delegato e Direttore Generale della

Banca del Piemonte pag. 67

Fabio Innocenzi, Amministratore Delegato della Banca Popolare di Verona e Novara pag. 70

Alessandro Profumo, Amministratore Delegato del Gruppo Unicredit pag. 74

Rijkmann Groenink, Presidente di ABN Amro Bank

(versione originale in inglese dell’intervento) pag. 79

Rijkmann Groenink, Presidente di ABN Amro Bank

(traduzione in italiano dell’intervento) pag. 82

Fabrizio Saccomanni, Direttore Generale della Banca d’Italia pag. 87

Tommaso Padoa-Schioppa, Ministro dell’Economia e della Finanza pag. 94

Maurizio Sella, Presidente del Gruppo Banca Sella pag. 99

APPENDICE

Note biografiche dei relatori pag. 107

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Interventi Venerdì 10 Novembre 2006 Maurizio Sella, Presidente del Gruppo Banca Sella

Autorità, Signore, Signori, cari colleghi, cari amici con vivo piacere dichiaro aperti i lavori del Convegno: “La banca del futuro.

Una banca sostenibile.” Oggi su “Le banche di fronte ai clienti” e domattina su “Quali gli elementi alla base di un rapporto di fiducia con il cliente?.

A tutti i presenti porgo il saluto e il benvenuto sia del Consiglio di Amministrazione della “Sella Holding Banca” che è la nostra Capogruppo sia mio personale. L’occasione, come noto, è data dal fatto che si celebrano quest’anno i 120 anni dalla fondazione della Banca Sella.

Un breve cenno all’analoga occasione di 20 anni fa, cioè al Convegno per il

nostro centenario, a cui mi collego idealmente. A parte l’ovvia osservazione di quanto rapidamente passa il tempo per chi, come me, era presente in quell’occasione.

Infatti quando, in questo stesso Teatro tenemmo il Convegno per il nostro Centenario non eravamo Gruppo, ma Banca molto più piccola, più locale e il titolo del Convegno di allora: “Il ruolo della Banca Regionale” ben si legava alle circostanze di quel momento.

Si volle anche onorare il grande lavoro dei Biellesi nel mondo con la loro emigrazione che era sia stagionale (soprattutto in Francia e in Svizzera) sia definitiva in particolare verso le Americhe, (un segnale della scelta era esplicito quando gli emigranti portavano in loco le mogli) fenomeno grande e poco conosciuto almeno per una Provincia del Nord.

Lo facemmo incaricando la Fondazione Sella, presieduta da mio fratello Lodovico, di fare una ricerca al riguardo. La Fondazione svolse egregiamente il compito che allora le assegnammo e sono stati pubblicati, fino ad oggi, ben 12 volumi sull’emigrazione dei Biellesi nel Mondo. E’ una pagina non secondaria nella storia dell’emigrazione italiana.

Per ricordare e onorare questo grande lavoro preannuncio che Vi faremo omaggio del Catalogo della Mostra “Sapere la strada” realizzata in occasione di quel Convegno e che rappresenta ancor oggi egregiamente, anche a livello fotografico, quel fenomeno sociale. Il Catalogo vi sarà consegnato domani, all’uscita dal Circolo Sociale dopo il buffet-lunch.

Se qualcuno è interessato a ricevere tutti i 12 volumi lo scriva a me o a mio fratello Lodovico che provvederemo volentieri ad inviarli.

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Venti anni fa “l’intervento di apertura” del Convegno fu tenuto dal sottoscritto, ero l’Amministratore Delegato della Banca Sella.

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Vogliamo mantenere la tradizione che sia l’Amministratore Delegato in carica a tenere l’ “intervento di apertura”. Così come è previsto dal programma verrà così fra breve sul palco Pietro Sella che è oggi Amministratore Delegato di Sella Holding Banca la nostra Capogruppo.

Ma prima di Pietro ascoltiamo volentieri due interventi di autorità istituzionali: il primo é quello del Sindaco di Biella Dott. Vittorio Barazzotto e poi quello

del Presidente della Provincia di Biella Sig. Sergio Scaramal. Chiamo sul palco Vittorio Barazzotto così come chiamo il Prof. Giovanni

Zanetti che è un consigliere indipendente della nostra capogruppo; egli presiederà, coordinerà e modererà i lavori del nostro Convegno di oggi pomeriggio. Vittorio Barazzotto, Sindaco di Biella

Buongiorno a tutti. Saluto le autorità presenti che partecipano a questo incontro, austero, ma nello stesso tempo festoso, come ha detto il Presidente prima, celebrativo di una ricorrenza che a noi tutti fa sicuramente piacere.

La Banca Sella un poco ci appartiene, come Biella, e un poco appartiene alla familiarità e alla Famiglia dei Sella, però questa è una simbiosi che credo dura da anni, da centoventi anni. Molta della nostra storia è legata, come prima ricordava il Presidente, a questa Famiglia, che non ha mai voluto, e per noi questo è sicuramente motivo di orgoglio, scostarsi dal luogo in cui essa è prosperata.

Non a caso Sella fa rima con Biella, non soltanto una combinazione fortunata di vocali e di consonanti, ma un binomio, inscindibile, che lega una famiglia alla città. E quando diciamo Sella immediatamente, qui come altrove, si pensa a Quintino, lo statista illustre, di cui tutti noi sappiamo, che di finanza sicuramente se ne intendeva e che, come Ministro, ebbe il merito, da buon Biellese, attento ai conti, di far pareggiare il bilancio dissestato di uno Stato ancora in formazione e, debbo anche dire, una delle rare volte che si ricordi, che ciò è accaduto nella storia dell’Italia unita.

Il nome di Biella corre lontano quando è abbinato al nome di qualche Sella. Quintino l’ho già citato, ma anche Vittorio, imprenditore, e uno dei pionieri della fotografia internazionale e poi, di recente, Maurizio con il suo lungo mandato di Presidente dell’ABI.

Un po’ meno si pensa, pronunciando il nome Sella, a Gaudenzio, che in questa sede invece viene, giustamente, autorevolmente ricordato quale fondatore della omonima banca di famiglia, ma questo forse fa parte di quel pudore, a volte perfino eccessivo, che è tipico di personaggi a cui il destino ha riservato il privilegio del fare più che dell’apparire.

Quindi, oltre un secolo di meritata stima circonda questa che è una delle imprese che hanno sicuramente resistito più a lungo senza risentire del logorio del tempo, anzi, che proprio nel tempo ha saputo rinnovarsi, imporsi, svilupparsi, aggiornarsi, fino a risultare l’impresa che noi conosciamo e che dà lavoro, mi pare, a circa quattromila dipendenti sparsi in varie sedi nazionali ed estere, e che ha mantenuto, ed è questo motivo di orgoglio, nella città, nel cuore del nostro Biellese, il

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centro operativo e direzionale. Ed è coincidenza, senza dubbio, benaugurale, che ai festeggiamenti di oggi si sovrapponga l’avvio dei cantieri della nuova sede di Via La Marmora.

Del mondo bancario non conosco le sottili trame, le strategie, e credo che pochi le conoscano: leggo quello che tutti leggono e il panorama non mi pare sicuramente dei più confortanti; la materia verrà abbondantemente trattata dagli esperti in questi due giorni che hanno per tema “La banca del futuro”. Credo che per banca debba intendersi il sistema bancario italiano e quindi mi auguro e auspico veramente che vengano illustrate nuove strategie poiché anche i profani ritengono questo sistema a volte eccessivamente chiuso, a volte autoreferenziale e a volte di potere. Noi che siamo chiamati, a vari livelli, a fare politica sappiamo che uno dei cardini fondamentali dello sviluppo, specialmente in tempi poco favorevoli come quello che stiamo attraversando, sono gli istituti di credito: le banche, la gestione di fondi, l’impiego del risparmio e i servizi necessari a supportare le imprese e le attività vecchie e nuove, purché esse siano in grado di garantire, questa è la premessa, lavori utili per la comunità e per l’azienda.

Tuttavia, e non dico nulla che non sia risaputo, ad una esuberanza di idee, di iniziative e anche di progetti non corrisponde sempre, per eccesso di cautela, un’altrettanto moderna e rapida possibilità di accesso al credito e quindi molte imprese preferiscono a volte emigrare, non solo ovviamente per questo, in Paesi dove il rischio non è considerato un male da evitare.

Termino, con una provocazione, sperando che quanto dico sia oggetto di dibattito o quanto meno di riflessione essendo a mio parere sterile comportarsi come lo struzzo, da parte mia, s’intende, e cioè ignorare ciò che può anche irritare. Cito quindi, in proposito, quanto ha scritto di recente sull’argomento un autorevole saggista, Francesco Giavazzi, che insieme ad un collega è l’autore di un saggio piuttosto interessante. Si tratta di studiosi che non possono essere imputati di appartenenze sospette, in quanto molto distanti dalla mia attuale collocazione politica. Scrive Giavazzi, testualmente, e non abbiatemene male, ma prendetela come dicevo, per una provocazione utile che sicuramente potrete sviluppare in questi due giorni: “Banchieri e autorità preposte al loro controllo colludono per difendere i loro privilegi, invece di correre i rischi di finanziare nuove idee imprenditoriali. I banchieri si limitano a concedere prestiti alle aziende in grado di fornire buone garanzie e se commettono un errore trasferiscono prontamente le perdite sui risparmiatori. I parlamentari, che dovrebbero proteggere questi ultimi, sono troppo influenzati dalla lobby bancaria. È difficile che innovazione e produttività prosperino in un ambiente simile”.

Ce n’è per tutti, cari amici, politici compresi. Ecco, io spero che questa provocazione possa contaminare positivamente il

nostro sistema, non dico internazionale perché sarebbe troppo, ma almeno quello italiano: fatemelo sognare e fatemelo pensare.

L’augurio è che le cose possano cambiare, per il bene del nostro Paese, per il bene della nostra comunità e che da questo evento, dal vostro convegno, emerga

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qualcosa di veramente nuovo, di innovativo, in grado di trasferire nuove energie al sistema-Italia e all’economia del nostro territorio.

Grazie. Professor Zanetti, Moderatore

Grazie Signor Sindaco. L’incontro odierno non è solo autocelebrativo, ma la sua provocazione è sicuramente accolta e siamo qui proprio per parlare di queste cose.

Prima però ci porta il saluto della Provincia l’Assessore, Marisa Lucano, che prego di accomodarsi. Marisa Lucano, Assessore al lavoro e alle attività produttive della Provincia di Biella

Qualche minuto fa il dottor Maurizio Sella ricordava che, molti anni or sono, incontrandomi per le vie di Biella, era spaventato dalla mia irruenza. Facevo, allora, la sindacalista nel settore bancario e non ero certo il suo interlocutore preferito. Voglio rassicurarlo: nel frattempo, grazie anche allo scorrere del tempo, i miei modi sono molto migliorati.

Oggi è stata una giornata particolare. Ho partecipato, in rappresentanza della Provincia, a due importanti iniziative. Una è questa: i 120 anni della banca Sella; l’altra, anch’essa un compleanno: i 100 anni della Cgil.

In entrambi i convegni si è parlato della famiglia Sella. Nel primo caso è ovvio; nel secondo si è ricordato, presentando un libro sulla cooperazione e la mutualità nel nostro territorio, il ruolo straordinario di Quintino Sella, esponente della destra storica e liberale.

Proprio Quintino Sella sollecitava i lavoratori a costituirsi in organizzazioni – attenzione, non in sindacati – capaci di interloquire con un sistema produttivo ai suoi albori ma già capace di affermarsi.

Questo è un aspetto molto significativo: le istituzioni locali e le comunità lavorativa e produttiva cercano e trovano une legame forte, che li unisce e che intanto crea sviluppo.

Sono gli embrioni del distretto che abbiamo conosciuto, dove le capacità produttive degli imprenditori e dei lavoratori faranno crescere il benessere e la qualità della vita nel nostro territorio.

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Anche per questo motivo partecipo volentieri ai festeggiamenti per i 120 anni della Banca Sella ed esprimo apprezzamento per l’attività di una famiglia fortemente radicata nel Biellese.

Ho letto sul sito della banca i valori di riferimento dell’attività: moralità, onestà, giustizia, qualità, professionalità e amore per il cliente. Valori straordinari che hanno accompagnato il percorso della banca nei suoi 120 anni.

Grandi aspirazioni, a volte rimaste solo aspirazioni. Come ogni altra banca, anche la Sella non è esente dai difetti del sistema bancario nazionale, i cui nodi stanno oggi venendo al pettine.

Condivido questi valori assai impegnativi e proprio perciò voglio ricordare qui un evento recente che racconta un modo molto diverso di fare banca.

Recentemente è stato dato un Premio Nobel per la pace a Muhammad Yunus. Muhammad Yunus ha creato una forma di banca strana, certamente irrazionale, certamente con molti difetti, ma che ha fatto la differenza, all’interno di una popolazione, tra la fame e l’inizio di una piccola attività produttiva. Naturalmente non mi attendo, né desidero, che la Banca Sella diventi la “Grameen Bank”, la banca dei poveri; quello che mi attendo e che desidero, e naturalmente non è un’attesa personale, ma credo dell’intera comunità locale, è che essa sia, come dire, una banca del territorio, una banca importante per il territorio. Quindi, un terreno in cui, in qualche modo, piccole e medie imprese, artigiani, professionisti, famiglie trovino qui la capacità di contribuire a creare un sistema produttivo, sociale, economico che abbia le qualità a cui, anni addietro, siamo stati abituati.

La Banca Sella tra l’altro è una banca molto innovativa e io ho particolarmente apprezzato l’importanza che si è data alle nuove tecnologie e su questo, in qualche modo, la Provincia si è fatta fautrice dell’estensione della banda larga, nel territorio Biellese, proprio per cogliere anche queste opportunità importanti che ci vengono date.

Quindi, innovazione tecnologica, cultura, ricerca, università, sviluppo sostenibile sono tutti motori di sviluppo del territorio, tutti motori per un miglioramento della qualità dei servizi della vita.

Questo è l’obiettivo che ci siamo posti nel territorio dove opera il nuovo Amministratore, Pietro Sella, che ha lo stesso nome dell’imprenditore che portò il telaio meccanico nel Biellese. Confidiamo, infine, nella sua capacità di interpretare questa nuova affermazione industriale e culturale del nostro territorio. Grazie. Professor Zanetti, Moderatore

Ringraziamo l’Assessore Lucano, che, come il Sindaco, non si è limitato ad un intervento di circostanza, ma ci ha decisamente invitati a riflettere e ad operare. Invito quindi Pietro Sella a presentare il suo intervento. Credo che coglierà alcuni di questi stimoli, perché aderenti alla natura del lavoro quale si svolge nella Banca Sella. Prego Pietro.

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Pietro Sella, Amministratore Delegato del Gruppo Banca Sella

Autorità, Signore, Signori, Cari Colleghi, Cari Amici, Buongiorno a tutti, Vi ringrazio di essere intervenuti e vi do il benvenuto a Biella ma soprattutto ai

lavori di questo convegno.

*****

Alla base della storia di 120 anni della Banca Sella e del Gruppo vi è sempre stato il rapporto con il cliente. Un rapporto profondo, che chi entra a lavorare nel gruppo, vive e respira fin dal primo momento. Un senso di grande rispetto e di onore di essere stati scelti. Sentimenti fondati sulla convinzione che egli ci dà fiducia ed allo stesso tempo “ci dà il pane”, in altre parole ci paga lo stipendio, cose che noi quindi dobbiamo sempre meritarci.

In questi ultimi anni, sui media, ma anche sulla bocca di molte persone, anche

di alta levatura, le banche sono state criticate ed si è auspicato un diverso rapporto banca e cliente.

Certo è che chi in banca lavora, chi passa il suo tempo, chi spende la sua

passione per servire meglio il cliente e migliorare sempre più il funzionamento dell’ azienda vive con “sofferenza interiore” tali momenti.

Per celebrare i 120 anni della nostra storia ci è parso doveroso organizzare i

lavori di queste due giornate proprio intorno a questo tema: Le banche di fronte ai clienti. Quali gli elementi alla base di un rapporto di fiducia? Come la banca del futuro deve lavorare per rendere sostenibile questo

rapporto? Obbiettivo delle due mezze giornate è provare quindi, grazie ai relatori che

hanno accettato di intervenire, e che ringrazio di cuore per questo, a dare un contributo allo sviluppo della conoscenza e del pensiero al fine di mantenere nel tempo e se possibile far evolvere e migliorare ancora il rapporto tra l’industria bancaria ed il cliente.

Siamo consci del fatto che dietro tale aspetto, dietro un efficace rapporto banca

cliente, a causa del peculiare ruolo delle banche, vi è ben di più della reciproca soddisfazione e utilità, ma anche la base dello sviluppo sociale ed economico delle famiglie, delle imprese, di un territorio e di un paese.

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Appare naturale, considerato il fatto che si tratta in ogni caso delle celebrazioni

per il compimento del 120° anno di attività, ma può essere certamente anche utile, avviare i lavori partendo dalla storia.

Una storia che è stata possibile grazie alla fiducia dei nostri clienti. Guardare quindi l’evoluzione nel tempo degli elementi fondanti del rapporto

di fiducia per vedere se vi sono indicazioni utili per il futuro. Vi sembrerà forse strano che a raccontare la storia sia qualcuno che, come me,

viene identificato come il giovane, la nuova generazione. In realtà il fatto che sia un giovane a parlarne è testimonianza del fatto che uno degli elementi che hanno sempre caratterizzato la storia della Banca Sella è stato quello di mettere alla base della continuità e dello sviluppo aziendale la condivisione e l’applicazione dei valori, sia etici che imprenditoriali, su cui si è impostata la conduzione della attività bancaria.

Ciò ovviamente comporta il fatto di conoscere la storia, di interpretarla e di adattarla nel tempo al mutato contesto.

E questo non riguarda solo me, i miei parenti o i dipendenti a loro volta figli di dipendenti, ma è una cosa che caratterizza anche tutti i giovani che entrano oggi nel gruppo.

La banca viene fondata nel 1886. Dalla decima generazione di una famiglia,

fino ad allora, di imprenditori tessili. Sono 10 azionisti fra cui l’azienda di famiglia (il Lanificio Maurizio Sella), e 7 fratelli e cugini Sella. 3 figli di Quintino e 4 figli di Giuseppe Venanzio. Tali genitori tramandano i valori di quasi 300 anni di azienda e di rapporto con il cliente. Al primo, Quintino Sella, si debbono l’idea e molti elementi di formazione ed educazione; al secondo Giuseppe Venanzio, che grazie alla applicazione delle scienze chimiche aveva condotto il lanificio di famiglia a grande successo, si debbono sia i mezzi patrimoniali che molte regole imprenditoriali da applicare nell’ attività d’ impresa.

Occorre tenere a mente che le famiglie dei due fratelli, due su un totale di venti, vivevano, per lo meno inizialmente, in fabbrica e quindi tutti respiravano fin da piccoli il clima della gestione di una impresa spesso lavorando direttamente fin da giovani a fianco degli operai.

L’uso e la condivisione dei principi e dei valori era pertanto respirato e vissuto fin da bambini.

Quintino Sella scriveva: “Io sono profondamente convinto che un individuo,

una famiglia e per conseguenza una nazione, non migliora le sue condizioni economiche, non si moralizza se non quando aspetta il suo benessere esclusivamente dal lavoro, dall’attività e dal risparmio”

Giuseppe Venanzio, nella gestione di impresa, scriveva a metà ottocento sul

rapporto con i clienti:

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“Il fabbricante non deve mettersi in testa di guadagnar troppo in una volta. Se vende troppo caro esso disgusta le sue pratiche (clienti) e dopo non può più vendere che con sacrificio perché ha perduto il credito ossia la buona opinion degli altri che è oro sonante pel commerciante”

L’avvio della banca nel 1886, con il nome di Gaudenzio Sella & C, non

necessita di alcuna autorizzazione, nè della adozione di particolari modelli organizzativi.

Il suo sviluppo nel primo anno, assai positivo in relazione all’ attività prettamente locale, si fonda essenzialmente sulla reputazione che la famiglia aveva costruito nei precedenti 300 anni di attività imprenditoriale.

Il suo successivo sviluppo è basato sul rigore, l’intelligenza, l’onestà, la

prudenza di Gaudenzio Sella che la amministra e gestisce dalla fondazione fino al 1934. Gestione che consente di superare anche le crisi del 1888-93, la prima guerra mondiale, i crediti verso Gualino, e la crisi del 29.

Dai criteri direttivi di Gaudenzio, che richiederebbero da soli una intera giornata di lavoro, si possono estrarre alcuni elementi che mi paiono utili al tema del nostro convegno.

Egli scriveva: “ai clienti non facciamo un favore nel servirli, ma sono loro che ci onorano

con la loro scelta.” “Quando si deve prendere una deliberazione, bisogna prima indagare se sia

conforme alla giustizia e al proprio dovere. Fra due o più soluzioni conformi alla giustizia e al dovere si sceglierà la più utile”

“una banca che sappia accontentarsi di modesti guadagni nei ricavi guadagna

alla lunga molto di più ed il suo guadagno cresce continuamente in modo sicuro” “E’ la qualità della clientela ciò che costituisce l’elemento principale del

credito di una banca” Nel 1909, quindi dopo 23 anni di esperienza nel condurre la banca (sempre in

assenza di regole esterne che dessero indicazioni in merito) al momento della proroga del contratto societario della banca egli detta “in aggiunta e parziale modifica” le seguenti norme: “I soci non potranno contrarre debiti con la Banca ne indirettamente mediante avalli, salvo che il debito sia pienamente garantito di attività reali estranee alla quota del socio della Banca […..]

D’ora innanzi saranno vietate alla Banca le operazioni seguenti: a) impiegare denaro in azioni […..] Promuovere direttamente o indirettamente la costituzione di società per azioni e anche soltanto prendervi parte”

Sono quindi individuate, tra le altre, quali regole per la conduzione della banca:

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o evitare conflitti di interesse con soci e clienti o evitare di impiegare in attività a più alto rischio risparmi dei clienti

stessi rischiando quindi di compromettere la fiducia. o Il costante ed assoluto rispetto dei principi etico morali

A Gaudenzio subentrano i figli Ernesto e Giorgio, Cogerenti prima, Presidente

ed Amministratore Delegato dopo la trasformazione in spa avvenuta nel 1949. Dalla lunga loro gestione che termina all’inizio dei tempi recenti nel 1974, in

merito al rapporto con il cliente possono estrarsi i seguenti principi e ricordi. Durante questo periodo prevale un atteggiamento dal nome molto particolare

denominato “amore verso il cliente” che significava, cito un testo interno del 91 che lo riassumeva “simpatia, generosità, desiderio di rendere un buon servizio con il cuore grande”.

Questo modo di essere era accompagnato da un modo pratico e direi

“industriale” preciso di operare. Merita citare Ernesto Sella. Nel 1961, anno in cui, come oggi si celebrava la

ricorrenza dei 75 anni, la banca aveva realizzato una particolare “facilitazione” di crediti “sull’onore” di piccolo importo ad artigiani, piccoli imprenditori e privati “moralmente meritevoli ma non aventi una situazione patrimoniale sufficiente a giustificare il fido secondo i criteri bancari ortodossi”

Ernesto scriveva allora nella relazione al bilancio “questo modo di solennizzare un anniversario […] è in linea con il primo indirizzo da noi sempre seguito nel cercare di dare il nostro contributo allo sviluppo economico della nostra zona”

Lo troviamo anche 25 anni dopo, Giorgio Sella, allora Presidente, nel 1986

diceva aprendo, come sto facendo io ora i lavori del convegno per la celebrazione del centesimo anno: “noi non abbiamo mai cercato di addobbare fuori (traduzione personale di window dressing) , abbiamo sempre solo cercato l’interesse della gente”

Nell’arrivare a descrivere l’evoluzione dei tempi recenti va osservato che fino

ad allora il rapporto era basato sulla parola. Ancora nel 1993 o 1994 (E’ un ricordo diretto di quando ero cassiere) era quasi un affronto chiedere la firma al cliente su un ordine su titoli. Ne era mai capitato in allora che il cliente o la banca mettessero in dubbio un ordine dato o un impegno preso, anche se poi rivelatosi una cattiva scelta.

Vi era inoltre poca disponibilità dei clienti a comunicare i propri dati ed

informazioni. La fiducia era basata sulla serietà delle persone sia in un senso che nell’altro. Sulla conoscenza diretta, sul rapporto personale quindi ma anche sulla riservatezza.

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Fino a inizio anni 90 nei paesi, o nei quartieri, si verificavano casi di clienti che decidevano di chiudere il conto o spostarlo su una altra filiale quando in quella in cui erano veniva inserito il figlio di persone del posto

Si arriva quindi ai tempi ultimi. Solo negli anni 70 si diffonde il conto corrente quale strumento di uso comune. E’ dei primi anni 80 il primo utilizzo degli strumenti telematici per l’accesso di

conti (Home Banking alle aziende, prelievi da sportelli automatici). Negli anni 80 quindi la fiducia dei clienti cresceva verso quelle banche ( e noi

fra queste) che davano un servizio, agevolando la clientela nelle esigenze legate all’uso del denaro.

L’efficienza e la qualità del servizio diventano elemento qualificante. Gli investimenti in attività diverse dai depositi non erano invece fino ad allora

elemento fondante della fiducia nelle banche. Nel senso che per la maggior parte della popolazione, chi non era abbiente, l’investimento principale era costituito proprio dall’affidare i soldi alla banca in deposito a risparmio. Quando così non era, era il caso di rari investimenti in azioni o cartelle fondiarie a tasso fisso, i clienti erano ben consci di ciò che facevano e di consci di farlo a proprio rischio. Ad esempio, a seguito dello shock petrolifero del 73 e 74 con il rialzo dell'inflazione e conseguentemente dei tassi, con i prezzi delle cartelle scesi da 100 a anche meno di 70 (a seconda delle scadenze) non si ricordano casi di clienti che accusavano le banche di aver loro venduto quei titoli.

Il cambiamento nasce verso la fine degli anni 70 con la crescita del rendimento dei BOT a causa dell’aumento di indebitamento dello stato.

La nostra banca decise di non ostacolare l’investimento dei clienti in bot, consentendo loro di avere interessi molto maggiori di quelli che avrebbero ottenuto dai depositi, la banca rinunciava così facendo a 2, 3 anche 4 punti di margine. In tal caso effettivamente la fiducia nella banca crebbe.

Con queste basi si arriva al nuovo secolo, questo secolo, con le storie che

conosciamo in cui l’ingegneria finanziaria e lo sviluppo dei mercati dei capitali consentono a tutti l’accesso a qualunque prodotto, lo sviluppo delle tecnologie consente l’accesso ad ogni ora, da ogni luogo e con ogni mezzo alla banca ed ai mercati medesimi, la diminuzione dei tassi di interesse determinata dall’ingresso nell’euro (3/5/98) avvia la ricerca di forme alternative di investimento non solo per gli investitori ma anche per i risparmiatori e dall’altro induce le banche a farsi pagare il costo dei servizi che invece era prima “finanziato” dagli elevati margini di interesse.

Tutto ciò coincidente con il contemporaneo calo (2000, 2001, 2002) dei mercati finanziari, il ritorno delle incertezze sistemiche successivi all’undici settembre, che seguono i 10 anni di crescita economica intercorsa appunto tra il crollo del muro di Berlino ed il crollo delle due torri - che avevano in parte drogato il

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mercato facendogli dimenticare l’esistenza dei rischi - ci proietta di forza nel periodo attuale che ben conosciamo ed all’interno del quale una generale condivisione di quali siano i giusti rimedi per un buon rapporto tra banca e cliente ancora non si è raggiunta, al contrario spesso i toni e le posizioni vanno al di la del senso comune facendo leva sulla emotività legata a specifici episodi.

*****

Prima di affrontare il tempo dell’oggi vale la pena di riassumere quanto emerge dalla storia.

Quali le considerazioni, guardando alla esperienza diretta di questi 120 anni sugli elementi alla base del rapporto tra banca e cliente?

1) Leggendo gli scritti del fondatore e dei suoi immediati successori traspare

sempre, appare evidente che la fiducia è stata alla base del rapporto tra banca e cliente.

2) La gestione dei conflitti di interesse ha sempre determinato l’esito di questo

rapporto di fiducia. Si osserva che i conflitti di interesse sono sempre esistiti, come esistono

in ogni attività professionale della nostra economia, e che non è necessariamente l’esistenza di regole, o tanto meno il rispetto del dettato formale della norma, a determinarne l’impatto sulla fiducia quanto piuttosto

o l’autoregolamentazione, la cultura ed i principi in uso nella azienda,

o La visione di lungo periodo che in genere annulla o riduce l’esistenza del conflitto di interesse, nel senso che nel lungo periodo fare l’interesse del cliente è l’unico interesse della banca, e questo induce pertanto a comportarsi nell’interesse del cliente anche nel breve quando invece il conflitto esiste.

3) Vi è una forte percezione del “ruolo” che la banca ha nello sviluppo

economico del territorio. E questa percezione permea lo spirito dell’operare e dei comportamenti con una grande attenzione all’aspetto morale da un lato ,e dall’altro traducendosi in una precisa politica di “vicinanza” al territorio per conoscenza, forme tecniche, azioni concrete.

4) Vi è una costante crescita della complessità del rapporto banca cliente.

��A partire dalla “Bancarizzazione” stessa (dei clienti, della moneta)

��L’evoluzione dei mercati e della “finanziarizzazione” della economia

��L’innalzamento delle esigenze dei clienti ��La maggiore complessità dei prodotti

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��Il crescente utilizzo degli strumenti tecnologici di interazione

5) il rapporto personale continua ad essere richiesto dalla clientela quale via

principale per la soluzione delle proprie esigenze

*****

Avendo presente queste osservazioni si possono mettere in evidenza alcuni aspetti dell’oggi che a mio parere possono o devono essere oggetto di riflessione al fine di far evolvere il rapporto tra banca e cliente per mantenere nel tempo i fattori qui indicati.

Vi è un crescente positivo impegno a fissare norme e regole che impongano un

comportamento corretto agli intermediari. Tale impegno va considerato positivamente. La materia bancaria è però assai complessa e l’esperienza dice che vi è quasi

sempre il modo di rispettare il dettato formale ed al contempo venire meno ai principi ispiratori. Allo stesso tempo talora il rispetto dei principi ispiratori è vincolato dal dettato formale della norma non sempre favorendone il sostanziale rispetto.

Certamente tali norme hanno un costo, che alla fine si ripercuote sul servizio al cliente e talora, a causa della rigida determinazione dei processi e dei vincoli, esse arrivano a costituire alibi. … “Se la ho rispettata …”

Mi pare quindi che la banca non debba mai limitarsi al mero rispetto formale delle norme ma debba sempre improntare i propri comportamenti al sostanziale rispetto dei principi ispiratori e dei codici etico morali.

Il mio parere è che, poiché il cliente in genere sa scegliere ed individuare i

comportamenti migliori, possa essere talora più efficace imporre un elevato grado di trasparenza (sui risultati, sui prezzi, sulla qualità o tramite la necessaria pubblicità di comportamenti non adeguati) piuttosto che una dettagliata indicazione normativa, organizzativa o di processo.

La valorizzazione del servizio al cliente e del valore della relazione Emerge da più di un aspetto, e anche l’esito della indagine doxa tra pochi

minuti lo confermerà, che buona parte della soddisfazione del cliente si gioca sul rapporto umano, sulla qualità del servizio, sulla conoscenza diretta, e sulla capacità di rispondere alle esigenze del cliente.

Eppure da nessuna parte questa caratteristica viene esaminata, commentata, messa in evidenza. Nelle indagini di opinione, nelle considerazioni politiche i servizi bancari sono confrontati solo per il prezzo. A me pare un po’ come confrontare gli alberghi solo per il prezzo.

Vi è un valore nella capacità di sapere trovare una soluzione adatta ad un cliente che va al di la della somma dei prezzi dei singoli servizi.

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Non si spiegherebbe altrimenti perché i clienti ben seguiti dalla propria banca o da una persona capace è impossibile portarli via. Non si muoverebbero neppure se fossero pagati dalla loro banca per andarsene.

Pensate al credito. Per una piccola o media impresa innovativa, vale molto di

più la conoscenza approfondita che la banca ha di lei e che le permette l’accesso al credito che non l’eventuale differenza di prezzo del bonifico in centesimi al cui confronto pubblico tale banca è sottoposta.

Ora come vedremo dall’indagine doxa, la disponibilità dei clienti a pagare di

più per avere un servizio migliore è limitata, ma questo credo dipenda dalla capacità delle banche di fare apprezzare tale differenza. Poiché è difficile pensare che se da un lato si realizza la disponibilità costante di persone preparate che conoscono la realtà locale, che conoscono il dialetto, che conoscono la storia del singolo cliente, dall’altro non si sia capaci a evidenziare tale valore e quindi farsene pagare il costo.

L’evolvere della complessità ed il grado di preparazione dei dipendenti bancari

e dei clienti Per far fronte alla crescita della complessità occorre agire da due lati. Da un lato la banca che voglia fare l’interesse del cliente o semplicemente

essere corretta nei suoi confronti non può prescindere da una elevata formazione degli addetti.

Dall’altro lato, quello dei clienti che dire del grado di conoscenze e competenze cui la clientela bancaria affronta tale mercato?

Oggi in media un cittadino italiano termina il proprio percorso di studi, se in materie non economiche, senza che gli sia stato spiegato come si calcola la rata di un mutuo, quali siano le differenze tra azioni e obbligazioni e/o per i profili più elevati quali siano gli effetti delle politiche monetarie sulla inflazione o che cosa determini un elevato indebitamenteo pubblico eccetera eccetera eccetera

Può un rapporto essere sostenibile, qualche che sia la buona fede delle parti, in presenza di una così forte asimmetria informativa e di preparazione?

E’ un dovere quindi delle banche, e forse non solo loro, di agire sulla formazione dei propri clienti, investendo il tempo necessario per fare in modo che non si verifichi mai un investimento o una azione inconsapevole da parte del cliente.

Concludo con piccolo aneddoto. Nei miei primi anni di banca quando ero capo succursale mi si presenta una

operazione, importante ed interessante, con un cliente storico, molto per bene. Egli chiedeva però una cosa diversa dal solito, ispirato da un nuovo “consulente”. Io volevo assolutamente fare l’operazione, era importante perché dava un buon ricavo, perché il cliente era un buon cliente storico, perché perderla avrebbe voluto dire consegnarlo certamente ad un concorrente. Venni quindi in sede per curare direttamente la delibera. Al comitato fidi c’era mio zio Giorgio, che era allora

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presidente ed aveva 93 anni, ma era giovane di spirito, sveglio e pieno di energie. Aveva anche maggiore esperienza. Subito seppe vedere in quella operazione cosa non andava, c’era qualcosa di non corretto. Il comitato deliberò negativamente. Io ero d’accordo, ma veramente sconfitto, perdevo una cliente importante, avrei fatto molta più fatica a raggiungere gli obbiettivi, avevo perso un grande tempo, dovevo anche dirlo al cliente.

Non dissi nulla al comitato, la delibera era corretta, ma ricordo che dopo andai dallo zio ad esprimere il mio stato d’animo con un senso dentro che diceva qualcosa tipo “non è giusto”.

Egli mi disse che così mi appariva perché ero giovane. Che il tempo rende sempre giustizia a chi si comporta correttamente nei confronti del cliente.

Cercò di dimostramelo citando due casi successi a suo padre, di cui lui aveva poi visto, 40 o 50 anni dopo, le cose andare come dovevano. Fui rinfrancato, che la scelta giusta era senz’altro stata fatta. Me ne andai però ugualmente un pochino affranto. Non erano certo quelli i tempi di ritorno e di risultato che mi aspettavo dalla mia energia di giovane capo succursale.

…. Oggi dopo qualche anno posso dire che, rispetto ai tempi citati da mio zio, le cose sono invece molto migliorate! Quel cliente tornò ad essere cliente solo un anno dopo, e nei diversi casi successi in seguito, devo dire che i comportamenti positivi corretti o quelli negativi (in buona fede talora degli errori si fanno) vengono in genere successivamente premiati e puniti dal mercato in tempi molto più brevi, direi 5, massimo 7, anni.

La mia conclusione quindi è che i clienti oggi in media sanno giudicare e sanno scegliere, che alla banche spetta il compito di meritarsi la loro fiducia. Vedremo come nel resto del convegno grazie al contributo degli illustri relatori

che da ora avviano ufficialmente i lavori. Grazie Il vostro applauso mi impone di dirvi che in una azienda prima certamente

vengono i clienti ma dopo di loro il lavoro di tutti coloro che hanno reso possibile questa storia e sono i dipendenti i quasi 4000 di oggi e tutti quelli che hanno lavorato in questi 120 anni a cui va il mio grazie ed a cui prego di fare un altro applauso! Professor Zanetti, Moderatore

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Ringraziamo Pietro Sella che con rigore, anche temporale, facilita il compito del moderatore. Ha infatti impiegato i venti minuti promessi, neanche un minuto di più.

Credo che, nel racconto fattoci, rievocatore di momenti ed esteso nel tempo, sono ricorse diverse pennellate, insieme ad alcune espressioni: senso del dovere, prudenza, accontentarsi di risultati reddituali, contenuti, qualità della clientela.

Tutti noi ci siamo resi conto come, nella storia di questa Banca, sia maturato e sia stato applicato nei fatti quello che oggi forse chiamiamo codice etico, pur senza sbandieramenti, senza pubblicazioni; o particolari enfasi.

In realtà, questo è stato un po’ lo spirito che ha guidato la ricerca voluta per l’odierno incontro, tesa a, cercare di capire, nella complessità attuale, come il rapporto tra cliente e banca possa essere sentito, interpretato e anche migliorato.

Entriamo quindi nel vivo dei nostri lavori, chiamo pertanto al tavolo il Dottor Ennio Salamon e il Professor Arnaldo Bagnasco, che ci guideranno l’uno nell’esporci i risultati dell’indagine compiuta e l’altro nell’offrirci un’analisi di tipo sociologico. Ennio Salamon, Presidente Doxa

Nel corso dell’autunno 2006 l’Istituto Doxa ha condotto, per incarico del Gruppo Banca Sella, un’indagine sull’informazione, le opinioni, l’esperienza e le aspettative dei clienti nei confronti delle banche.

Le banche di fronte ai clientiLe banche di fronte ai clienti

Indagine condotta nellIndagine condotta nell’’autunno del 2006 basata su autunno del 2006 basata su 2886 interviste telefoniche fatte ad un campione 2886 interviste telefoniche fatte ad un campione rappresentativo degli Italiani che hanno conti rappresentativo degli Italiani che hanno conti correnti bancari. correnti bancari.

Indagine sull’informazione, le opinioni, l’esperienza e le aspettative dei clienti nei confronti delle banche

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Potrò fornire in un tempo contenuto solo una sintesi di questa ricerca, che è stata completata nel mese di ottobre. Alle persone interessate il Gruppo Banca Sella potrà fornire dati più completi.

I dati sono stati rilevati per mezzo di interviste telefoniche (CATI), che sono

state fatte a 2286 adulti costituenti un campione rappresentativo dei titolari di conti correnti bancari.

Agli intervistati sono state rivolte da 35 rilevatori 42 domande di un

questionario che è stato redatto dall’Istituto Doxa in collaborazione con il Committente.

Molti risultati dell’indagine, sui rapporti con le banche e sui comportamenti di

utilizzo dei servizi bancari, sono confermati da altre ricerche sui clienti delle banche, che sono state condotte dalla Doxa negli ultimi anni.

Quasi tre quarti (74%) degli intervistati erano clienti di una sola banca per i

servizi di conto corrente, 21% di due banche e 4% di tre o più banche. Le famiglie con due o più conti correnti sono relativamente più numerose nell’Italia Settentrionale e Centrale, rispetto all’Italia Meridionale.

2 Autunno 2006

Valori %

Clienti privati di una sola banca o di più banchesecondo zone geografiche

21,0

22,0

21,9

22,1

18,5

74,3

72,2

73,9

77,93,6

5,8

4,7

5,1

4,2

72,8

0% 50% 100%

Totale

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e Isole

tre o più banche due banche una banca

Dom. 1.9

La percentuale di famiglie che utilizzano più banche è relativamente costante, con una leggera flessione negli ultimi anni

Nelle banche frequentate gli intervistati utilizzavano più spesso, oltre ai servizi

di conto corrente, anche il Bancomat e le carte di credito collegate ad una banca (71%

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dei correntisti), mutui ed altre forme di finanziamenti (13%) e consulenza per gli investimenti delle famiglie (26%).

***

3 Autunno 2006

Valori %

Anzianità nella banca attualesecondo classi di età dei clienti e zone geografiche

33,5

8,1

63,6

37,8

37,7

28,2

28,8

30,1

26,2

19,6

31,5

31,8

29,5

20,3

30,3

21,3

19,2

16,0

22,5

23,1

16,1

35,4

13,6

6,8

14,5

14,3

17,5

18,6

28,9 36,2

28,5

10,0

0% 50% 100%

Totale

18-34 anni

35-54 anni

più di 54 anni

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e Isole

più di 20 anni da 11 a 20 anni da 6 a 10 anni meno di 6 anni

Dom. 1.10a

MEDIA

17 anni

10 anni

17 anni

23 anni

18 anni

18 anni

16 anni

16 anni

L’indagine ha confermato che le famiglie italiane hanno un rapporto molto stabile con le banche di cui sono clienti, ma che la percentuale di clienti che hanno cambiato banca negli ultimi anni ed hanno aperto rapporti nuovi è piuttosto elevata. Forse i cambiamenti intervenuti, con le fusioni e l’apertura di nuove succursali, hanno offerto possibilità diverse, con conseguenti aperture di nuovi conti che, tuttavia, non sempre hanno comportato l’abbandono della banca precedente.

Gli intervistati avevano rapporti con la banca attuale che erano incominciati, in

media, 17 anni prima, con l’apertura di un conto corrente o di un libretto di risparmio. È stata rilevata un’anzianità media, nella banca attuale, di 10 anni per i giovani di 18-34 anni, di 17 anni per gli adulti di 35-54 anni e di 23 anni per gli adulti di oltre 54 anni; 16% degli intervistati utilizzavano i servizi della banca attuale da meno di 6 anni, 20% da 6-10 anni, 30% da 11-20 anni e 33% da oltre 20 anni.

***

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22

4 Autunno 2006

Valori %

Livello di soddisfazione per la banca usata più spessosecondo zone geografiche e tipi di operazioni

13,1

14,2

9,4

14,0

11,8

13,8

15,5

63,8

63,8

65,0

64,4

62,8

64,3

63,9

63,2

22,8

21,6

21,6

22,8

23,6

22,0

21,4

0,3

0,4

0,0

0,0

0,5

0,3

0,3

0,0

13,4

26,2

0% 50% 100%

Totale

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e Isole

Solo c/c

Anche prestiti

Anche investimenti

molto soddisfatto abbastanza soddisfatto poco soddisfatto non so

Dom. 2.1

INT. CHE HANNO:

Quasi otto intervistati su dieci (78%) erano soddisfatti dei servizi forniti dalla banca attuale. Il livello di soddisfazione rilevato è molto simile in tutte le zone geografiche ed in tutti i sottogruppi socio-demografici, con una quota di clienti soddisfatti un po’ più alta fra i giovani, che sono più informati e sanno utilizzare meglio le nuove tecnologie nei rapporti con le banche.

Le percentuali di soddisfatti della propria banca sono comprese tra il 75% e

l’80% in quasi tutti i sottogruppi socio-professionali, con un massimo di soddisfatti nelle famiglie degli esercenti e degli artigiani (83%), categorie che hanno contatti più frequenti con le banche.

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6 Autunno 2006

56,6

40,5

38,1

1,1

84,8

22,7

25,1

23,2

3,4

22,9

0 100

Costi dei servizi

Rapporti personali coni clienti

Qualità dei serviziforniti

Competenza, efficienza

Altre rispostespontanee

Giudizi positivi Giudizi negativi

Valori %

Aspetti considerati dai clienti che danno, sulle banche italiane, giudizi positivi o negativi

Dom. 1.5a

(*) Altre risposte: sono meno innovative (4%), danno un interesse troppo basso (2%), non ho fiducia nelle fusioni internazionali (6%)

%%

Prevalgono invece i giudizi negativi (che sono stati espressi dal 72% degli intervistati) sul sistema bancario in generale. Gli intervistati che danno giudizi negativi sulle banche in generale citano prevalentemente esperienze personali. Questi intervistati ricordavano in realtà, più che esperienze dirette, gli scambi di impressioni ed esperienze avuti con gli utenti di altre banche.

7 Autunno 2006

89,3

15,0

15,0

0 100

Ho letto/sentito giudizinei giornali, in tv

Esperienze personali

Giudizi di persone in cuiho fiducia

Valori %

Fonti di informazione per i giudizi sulle banche italianeDom. 1.3

%%

Nella grande maggioranze dei casi, gli intervistati avevano avuto esperienze dirette solo con le banche presso cui avevano conti correnti. Differenze analoghe, fra

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giudizi molto più favorevoli basati su esperienze dirette e giudizi meno positivi espressi per tutte le aziende di un settore, sono state osservate, nel corso di molte ricerche, anche per altri settori di attività. Prevalgono, ad esempio, i giudizi positivi sulla propria compagnia di assicurazione (e sull’agente di una compagnia) e giudizi più critici sul settore delle assicurazioni nel complesso.

***

Quasi 40% dei clienti ritengono che il sistema bancario italiano non risponda completamente alle esigenze degli utenti ed altrettanti (41%) condividono in parte queste riserve sulle banche che operano in Italia; 12% hanno dato invece un giudizio completamente positivo (il sistema bancario risponde completamente alle esigenze dei clienti) e 7% non hanno espresso giudizi, perché si consideravano poco informati sull’argomento.

Gli intervistati critici accusano più spesso le banche di non tutelare gli interessi

dei clienti (58%) e, in particolare, di non tutelare i risparmi e gli investimenti dei clienti (30%) e di essere poco chiare (35%) nei rapporti con i clienti e nelle informazioni fornite.

I clienti che hanno dato invece un giudizio completamente positivo sulla

capacità delle banche di rispondere alle attese dei clienti, hanno attribuito alle banche la capacità e la volontà di curare gli interessi della clientela (37%), anche per la tutela dei risparmi e degli investimenti (12%), ed hanno anche detto di avere fiducia nella trasparenza dalla banche (24%) e di credere nel sistema bancario.

***

8 Autunno 2006

Valori %

Propensione dei clienti insoddisfatti a cambiare banca (*)secondo zone geografiche

58,6

58,8

58,2

56,5

60,3

34,2

31,9

32,9

35,83,9

9,3

7,2

6,9

8,9

36,6

0% 50% 100%

Totale

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e Isole

Sì, ed ho fatto Sì, ma non ho fatto No

Dom. 2.3a

(*) Ha pensato alla possibilità di cambiare banca e di aprire un altro conto ?

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Fra i clienti insoddisfatti di una banca, due terzi (66%) avevano pensato alla

possibilità di aprire un conto corrente presso un'altra banca e di chiudere il conto corrente con la banca di cui erano insoddisfatti, ma pochissimi (7% degli scontenti) avevano poi aperto altri conti correnti ed avevano incominciato un nuovo rapporto con un’altra banca.

9 Autunno 2006

Valori %

Esperienze negative fatte dai correntisti con le bancheDomanda: “Negli ultimi due o tre anni, le è successo di essere rimasto molto

insoddisfatto per qualche servizio fornito dalla banca?”secondo condizione professionale dei capofamiglia

18,1

79,4

73,8

78,0

76,8

87,212,8

26,2

20,6

23,2

22,0

81,9

0% 50% 100%

Totale

Imprenditori, professionisti,dirigenti

Impiegati, insegnanti

Esercenti, artigiani

Operai, agricoltori

Pensionati ed altri nonoccupati

sì no, non ricordo

Dom. 2.7a

L’80% degli intervistati dichiara di non avere fatto esperienze negative con la

propria banca negli ultimi due anni. Le percentuali di clienti che ricordano di avere avuto problemi nei rapporti con una banca sono molto simili in tutte le aree geografiche.

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10 Autunno 2006

23,8

15,8

11,6

10,2

1,1

50,6

0 100

Mi sono lamentato allosportello

Ho cercato una persona checonoscevo nella banca

Ho scritto (o telefonato) alladirezione (o ad un servizio)

Ho già cambiato o stocambiando banca

Non ho fatto nulla

Altre risposte

Valori %

Che cosa ha fatto, quando ha avuto problemi con la bancaTutti gli intervistati (20,6%) che hanno avuto problemi Dom. 2.7b

% %

Fra i clienti che ricordavano esperienze negative, 10% non avevano fatto nulla, metà (51%) si erano lamentati allo sportello con le persone che stavano fornendo i servizi di cui gli intervistati erano insoddisfatti; un quarto (24%) avevano cercato di esporre il problema e di chiedere chiarimenti ad altre persone che conoscevano nella filiale; 16% avevano telefonato o scritto al responsabile della sede in cui i problemi si erano presentati, oppure avevano presentato un reclamo formale. Dunque, nel complesso, otto clienti su dieci avevano segnalato i problemi che si erano presentati, chiedendo un’assistenza specifica; 12% avevano invece cambiato banca per i problemi che si erano presentati o si proponevano di cambiare la banca in un prossimo futuro.

***

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11 Autunno 2006

Valori %

Il peso di alcuni fattori nella scelta di una banca

44,5

26,3

15,5

12,0

23,4

21,3

29,6

38,2

25,4

37,7

27,7

20,5

41,0

37,0

48,2

39,9

46,8

60,3

26,4

37,7

56,1

33,1

33,4

33,8

34,2 21,3

28,7

0% 50% 100%

La comodità, vicinanza a casa oluogo di lavoro

La fiducia in questa banca, bancaaffidabile

Lo stipendio versato in questabanca

I rapporti personali con il personaledella banca

Le condizioni offerte, i costi

La tradizione della famiglia, clientedella banca

Il consiglio di persone conosciute,che si fidavano della banca

L'offerta dei servizi nuovi, diversedalle altre banche

La sola banca in questo comune

molto un po' per nulla

Dom. 1.10b

I clienti hanno indicato in media tre aspetti, che avevano avuto un forte peso sulla decisione di diventare clienti della banca attuale.

Fra gli aspetti che, secondo gli intervistati, avevano pesato molto sulla

decisione di aprire un rapporto, sono stati indicati più spesso, in ordine decrescente, gli aspetti seguenti:

- La comodità, la vicina a casa o al luogo di lavoro (56%) - la fiducia nella banca (44%) - il versamento di stipendi al personale di un’azienda (38%) - i rapporti con persone che gli intervistati conoscevano nella banca

(34%) - le condizioni offerte ed i costi dei servizi (33%) - i consigli di persone conosciute (parenti, amici e colleghi) (26%) - la tradizione della famiglia, che era già cliente della banca, con

altri conti correnti di famigliari e parenti (26%) - l’offerta di servizi nuovi, diversi da quelli di altre banche (16%) - la presenza nel comune di residenza (e nei comuni vicini) di una

sola banca, con limitate possibilità di scelta fra le banche (12%) Fra i giovani avevano pesato molto di più, nella fase di scelta della banca, le

condizioni offerte e le proposte di prodotti nuovi, (anche perché i giovani intervistati avevano un ricordo più vicino e più preciso della fase di scelta della banca attuale). Gli intervistati maturi hanno invece attribuito più spesso la scelta della banca alla vicinanza a casa o al luogo di lavoro.

Fig. 11 slide

alcuni fattori

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28

***

12 Autunno 2006

32,5

22,2

15,7

34,5

0,3

14,1

40,1

0 50

Per i prezzi minori

Per le condizioni offerte

Per i servizi offerti (per nuoviservizi o per servizi più completi)

Per la comodità, per la vicinanza acasa o al luogo di lavoro

Per i rapporti con le persone chelavorano nella banca

Per altro motivo

No, per nessun motivo

Fattori più importanti nella decisione di diventare cliente di un’altra banca Dom. 2. 4a

Valori %

% %

Sono stati considerati finora i fattori che avevano avuto un peso maggiore sulla scelta della banca attuale. Due terzi dei clienti hanno indicato anche uno o più motivi (in media due motivi) per cui potrebbero essere portati a diventare clienti di una banca, con un nuovo rapporto di conto corrente. Questi intervistati dicono di poter essere motivati, oltre che dalla possibilità di sostenere costi minori (40%) e di ottenere condizioni di altro genere più favorevoli (32%), anche dall’offerta di nuovi servizi o servizi bancari più completi (22%), dalla possibilità di utilizzare uno sportello più vicino (16%) e dalla possibilità di trovare, nella nuova banca, persone già conosciute (14%).

Oltre un terzo (34%) hanno invece escluso di voler aprire un conto corrente

presso una nuova banca, anche con le prospettive indicate, perché erano soddisfatti del rapporto con la banca attuale.

Le reazioni dei correntisti più giovani, alla prospettiva di poter aprire un nuovo

conto corrente, sono diverse da quelle delle persone mature. Infatti, mostrano di essere interessati ad alcuni vantaggi oltre tre quarti degli intervistati più giovani e solo metà delle persone mature, con differenze piuttosto forti per le condizioni offerte e nei livelli di attenzione per nuovi servizi, maggiori fra i giovani.

Fra tutte le possibili motivazioni per l’apertura di un rapporto con una nuova

banca, vengono messi ai primi posti, dagli intervistati che non escludono di poter aprire un nuovo conto corrente, sia i costi e le condizioni offerte, che la possibilità di utilizzare nuovi servizi o servizi più completi.

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Acquistano un peso crescente, per l’utilizzo dei servizi bancari, i giovani che hanno un livello di istruzione più alto e sanno utilizzare Internet nei rapporti con la banche anche per i servizi più complessi. Sono però ancora relativamente numerosi i clienti, che utilizzano i servizi bancari solo in modo tradizionale. Questi clienti sono molto interessati ad un servizio personalizzato, basato sull’attenzione ad esigenze specifiche della clientela.

***

13 Autunno 2006

Valori %

Utilizzo di Internet da casa, per i rapporti con le banchesecondo sesso ed età

6,7

7,6

8,4

7,9

17,0

20,3

10,7

23,0

21,7

23,1

19,1

29,3

23,6

11,7

54,6

49,0

65,3

39,3

50,0

76,82,7

4,9

8,8

18,5

0% 50% 100%

Totale

Maschi

Femmine

18-34 anni

35-54 anni

più di 54 anni

sì, solo per chiedere informazioni sì, per operare on-linesì, ma non con le banche no, non usiamo Internet

Dom. 2.6a

Nel 23% delle famiglie selezionate (che erano tutte titolari di conti correnti bancari) Internet veniva utilizzato, anche per i rapporti con le banche nel 17% per operazioni online e nel 7% solo per chiedere informazioni (22% usavano Internet esclusivamente per altri motivi).

L’indagine ha confermato che Internet è molto più diffusa fra gli uomini e fra i

giovani. Infatti utilizzavano Internet nei rapporti con le banche quasi 30% dei correntisti che avevano meno di 35 anni e solo 10% dopo i 54 anni, ed inoltre 28% degli uomini e 15% delle donne.

***

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30

14 Autunno 2006

Valori %

Propensione (dichiarata) a sostenere maggiori costiper avere da una banca un servizio migliore (*)

secondo zone geografiche

75,0

75,8

78,1

71,2

7,6

8,0

7,3

8,2

6,91,0

1,1

1,0

1,2

0,6

20,9

14,0

14,0

15,1

16,4

76,6

0% 50% 100%

Totale

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e Isole

Sì, molto di più Sì, un po' di più No Non so

Dom. 1.7b

(*) Sarebbe disposto a pagare di più, per avere da una banca un servizio di qualità migliore? Molto di più o un po’ di più?

Quasi due clienti su dieci (17%) dicono che accetterebbero di pagare di più per avere da una banca un servizio migliore, ma pochissimi sarebbero disposti a sostenere costi molto superiori a quelli attuali. Tutti gli altri pensano ad incrementi di costi contenuti, per l’erogazione di servizi migliori e più completi da parte della banca.

15 Autunno 2006

Valori %

A quali miglioramenti dei servizi bancari sono più interessati gli intervistati che accetterebbero di sostenere un aumento dei costi

Dom. 1.7c

29,8

13,5

7,7

4,7

3,8

3,5

5,2

31,4

0 50

Parlare con lo stessointerlocutore

Proposte per esigenzespecifiche

Velocità nelle risposte

Prodotti innovativi

Offerta di prodotti complessi

Funzionamento di Pos,Internet, ecc.

Ambiente in cui vengonoricevuti i clienti

Altre risposte

% %

Chi pensa a servizi migliori ed afferma di poter sostenere un aumento (contenuto) dei costi, mostra di essere più interessato alla possibilità di avere rapporti personalizzati nelle banche, ed alla possibilità di ricevere proposte di nuovi servizi e

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nuovi prodotti per gli investimenti, formulate per rispondere ad esigenze specifiche del cliente (30%), e con risposte più veloci (13%), rese possibili dalle tecnologie attuali.

***

16 Autunno 2006

2,1

12,3

45,0

2,6

35,9

2,2

0 50

1-2

3-4

5-6

7-8

9-10

non so

Media 7.8

L’importanza delle banche per lo sviluppo economico di un territorio

Dom. 1.15

% %

L’81% degli intervistati da un “voto” molto alto, (pari ad almeno 7 in una scala da 1 a 10) all’importanza delle banche per lo sviluppo del territorio.

17 Autunno 2006

7,2

6,7

5,8

6,1

5,2

6,1

6,0

7,6

5,0

6,5

0 10

Credito alle imprese

Credito alle famiglie

Consulenza finanziaria alle imprese

Con proposte di fusione, collaborazione tra imprese

Assistendo le vendite in nuovi mercati

Promuovendo fondi di investimento ad hoc

Proponendo prodotti finanziari innovativi

Con maggiore presenza di filiali (maggiore legame e conoscenza delterritorio)

Andando sul mercato (Borsa)

Consulenza per gli investimenti ai risparmiatori

Come possono le banche influire sullo sviluppo economico di un territorio

Punteggi medi in una scala da 1 a 10 Dom. 1.16

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Alle banche viene attribuito un ruolo molto importante per lo sviluppo di un

territorio, soprattutto per ciò che riguarda l’erogazione di crediti alle imprese, area di intervento considerata utile dal 91% degli intervistati (“molto utile” dal 52% e “piuttosto utile” dal 39%) e di crediti alle famiglie residenti, aspetto considerato utile dall’87% (“molto utile” dal 47% e “piuttosto utile” dal 40%), la consulenza finanziaria alle imprese (82% utile) e la consulenza per gli investimenti delle famiglie (79% utile).

Molti intervistati hanno incluso fra le aree di intervento considerate più utili

anche altre attività, che possono essere svolte da una banca che opera sul territorio:

- proposte di collaborazione e fusione fra le imprese della zona - presenza più diffusa di filiali nelle zone interessate, per avere una

migliore conoscenza del territorio e rapporti più stretti con i clienti (sia con le famiglie che con le imprese), che le banche possono conoscere meglio, nella zona in cui operano

- assistenza alle imprese per l’ingresso e lo sviluppo di nuovi mercati

- assistenza per la quotazione in Borsa delle imprese Tutte queste forme di intervento, in cui è molto impegnato anche il Gruppo

Banca Sella, sono state considerate molto utili dal 15-20% ed utili dal 60% dei clienti intervistati. Nella valutazione di questi dati si deve ricordare che molti intervistati erano poco informati su alcuni aspetti dell’attività di una banca (soprattutto sui rapporti delle banche con le imprese).

Come possono le banche influire sullo sviluppo economico di un territorio?

Per ciascuno degli aspetti che le leggerò mi dica se è, secondo lei, molto, abbastanza, poco utile (o per nulla utile) allo sviluppo economico del territorio.

MOLTO UTILE %

ABB. UTILE %

POCO UTILE %

NON SO %

1. Credito all'impresa 52,2 38,7

4,6 4,5

2. Credito (mutui e credito al consumo) alle famiglie

46,7 40,3

9,6 3,3

3. Consulenza finanziaria alle impresa

33,8 48,7

11,6 5,9

4. Con proposte di fusione, collaborazione tra imprese, ecc

20,4 45,6

22,4 11,6

5. Assistendo le vendite in 19,2 48,9 18,8 13,1

ome possono

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33

nuovi mercati 6. Promuovendo fondi di

investimento ad hoc 22,7 50,6 19,2 7,5

7. Proponendo prodotti finanziari innovativi

21,4 52,7 19,2 6,6

8. Con maggiore presenza di filiali e quindi

maggiore conoscenza del territorio

17,5 42,7 35,0 4,8

9. Andando sul mercato (in Borsa)

13,1 37,9 34,9 14,1

10. Consulenza per gli investimenti ai risparmiatori

32,1 47,1 16,5 4,2

***

18 Autunno 2006

26,3

23,3

11,0

3,6

2,6

7,5

10,7

32,9

4,7

0 50

Tutte le banche sono molto simili

E' caro/costoso

E' difficile (complicato)

Trasferimento pagamenti periodici

Non trovo nella zona altre bancheadatte alle mie esigenze

Con questa banca ho un mutuo oun prestito

Per mancanza di tempo, pigrizia

Altra risposta (°)

Non indica

Motivi per cui gli intervistati insoddisfatti non hanno cambiato banca Dom. 2.3b

Valori %

(°) trasferimento di investimenti (1,3%), trasferimento di stipendio (0,2%), conosco persone nella banca (1,1%)

% %

I clienti che, pur avendo avuto esperienze negative con la banca attuale, non hanno cambiato banca, dicono più spesso che, in fondo, tutte le banche possono fornire servizi molto simili (33%) che difficile trovare una banca adatta alle proprie esigenze (11%) e che alcuni problemi della banca attuale potrebbero ripetersi con altre banche. I clienti insoddisfatti osservano, inoltre, che cambiare banca può essere difficile, anche perché dovrebbero essere trasferiti i pagamenti di utenze e l’accredito periodico di stipendi e pensioni, o perché la famiglia ha in corso un mutuo ed altre forme di prestiti oppure rapporti di consulenza per gli investimenti.

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34

***

19 Autunno 2006

Valori %

Le banche si fanno concorrenza quando hanno filiali ed agenzie nella stessa zona?

secondo zone geografiche e giudizi sul sistema bancario

18,7

11,8

23,9

23,0

25,0

21,9

25,3

32,4

20,7

62,2

64,8

57,1

60,2

48,9

67,5

14,5

12,2

13,9

11,7

17,9

66,4

0% 50% 100%

Totale

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e Isole

Giudizi positivi

Giudizi negativi

Sì, molta Sì, abbastanza No, poca o nessuna

Dom. 1.13

Sulla concorrenza fra le banche in Italia, le opinioni sono divise. Infatti 38% degli intervistati dicono che attualmente le banche si fanno “molta concorrenza” (14%) o “abbastanza concorrenza” (24%), mentre 62% ritengono invece che la concorrenza, fra le banche che operano nella zona di residenza sia, di fatto, limitata.

21 Autunno 2006

29,2

18,2

14,8

12,8

11,6

8,3

7,3

34,9

6,0

18,2

0 50

Costo dei servizi

Rapporti personali con i clienti

Qualità dei servizi

Efficienza del personale

Essere chiari e farsi capire

Servizi innovativi

Qualità dei prodotti finanziari

Informazioni sulle scelte finanziarie

Scelta degli investimenti

Non so

Valori %

Dom. 1.7

Per quali aspetti alcune banche sono diverse dalle altreDomanda: “In che cosa alcune banche sono diverse dalle altre?”

Metà di tutte le risposte riguardano i rapporti con i clienti ed il personale (efficienza del personale, essere chiari e farsi capire, informazioni sulle scelte finanziarie, rapporti personali con i clienti)

% %

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35

Le banche si fanno concorrenza, secondo gli intervistati, sia sui costi dei servizi (62% dei clienti che hanno osservato comportamenti concorrenziali), che sui servizi offerti (58%), sui prodotti (37%) e sui rapporti personali con i clienti (34%).

Si deve osservare, tuttavia, che molti intervistati non potevano esprimere

giudizi sulla concorrenza fra le banche, perché avevano fatto esperienze dirette solo con le banche presso cui avevano conti correnti e perciò non potevano fare confronti fra le condizioni ed i servizi offerti dalle banche della zona di residenza.

***

Parlando degli aspetti di cui i clienti tengono conto nella valutazione di una banca, quasi sei intervistati su dieci dicono che tutte le banche sono molto simili, mentre quattro clienti su dieci ritengono che alcune banche (o tutte le banche) siano diverse.

Anche se la maggioranza dei clienti pensa che, in fondo, tutte le banche sono

molto simili, 82% degli intervistati hanno ricordato almeno un aspetto per cui alcune banche possono essere considerate diverse dalle altre.

21 Autunno 2006

29,2

18,2

14,8

12,8

11,6

8,3

7,3

34,9

6,0

18,2

0 50

Costo dei servizi

Rapporti personali con i clienti

Qualità dei servizi

Efficienza del personale

Essere chiari e farsi capire

Servizi innovativi

Qualità dei prodotti finanziari

Informazioni sulle scelte finanziarie

Scelta degli investimenti

Non so

Valori %

Dom. 1.7

Per quali aspetti alcune banche sono diverse dalle altreDomanda: “In che cosa alcune banche sono diverse dalle altre?”

Metà di tutte le risposte riguardano i rapporti con i clienti ed il personale (efficienza del personale, essere chiari e farsi capire, informazioni sulle scelte finanziarie, rapporti personali con i clienti)

% %

Più spesso sono state indicate differenze nel costo dei servizi (35%) e nei

rapporti personali con i clienti (29%), con un peso molto simile dei due aspetti, ed anche differenze nel livello di competenza ed efficienza del personale (15%), nella qualità dei servizi forniti (18%), nella capacità di essere chiari e di farsi capire dai clienti (13%), nella capacità di consigliare investimenti redditizi, fornendo

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informazioni più complete sulle scelte finanziarie (13%), nell’offerta di servizi innovativi (12%) e nella qualità dei prodotti finanziari offerti (8%).

Dunque, nel complesso, gli aspetti riguardanti i rapporti con il personale e la

qualità dei servizi sembrano avere un peso maggiore, rispetto ai costi, nella valutazione dei servizi forniti dalle banche, ed anche nelle aspettative dei clienti.

Se si considerano insieme alcune risposte, cioè i riferimenti ai rapporti

personali nelle banche frequentate, all’efficacia, alla competenza ed alla disponibilità del personale, ed alla capacità di fornire informazioni chiare e di consigliare, si può riconoscere la predominanza del rapporto umano, che diventa pertanto il fattore decisivo nella valutazione del rapporto con la banca. La richiesta di personalizzazione può essere molto importante anche per i servizi a distanza, seppure in forme diverse e con esigenze e problemi diversi, per questi servizi.

Fondamentali possono essere considerati tutti gli aspetti relativi

all’informazione sui servizi. Da una valutazione complessiva dei risultati dell’indagine per gli aspetti

relativi allo stato dell’informazione, delle opinioni e delle aspettative dei clienti nei confronti del sistema bancario viene confermata infatti l’opportunità di fornire informazioni più complete sui cambiamenti in atto, nei rapporti fra le banche ed i clienti, ad esempio per ciò che riguarda le minori spese di estinzione dei conti, minori costi di trasferimento dei titoli, ed altri aspetti della portabilità dei conti.

Professor Zanetti, Moderatore

Credo di dover ringraziare il Dottor Salamon: egli aveva un materiale estremamente vasto da presentarci e direi che l’ha saputo comunicare. Il leggero sforamento sui tempi previsti è equivalso per tutti noi ad un piccolo investimento, ne valeva la pena perché ora siamo meglio documentati su quanto costituisce un momento diagnostico. Tutti abbiamo già percepito una forte saldatura tra i risultati dell’analisi e quanto abbiamo sentito da Pietro in termini di attenzione del cliente e di desiderio della clientela di essere seguita, al limite, personalmente, anche con servizi ad hoc; abbiamo avvertito la possibilità di una continuità di rapporto con persone specifiche.

Dal momento diagnostico abbiamo però bisogno di scendere ad un approfondimento, in termini di lettura sociologica dei dati emersi, in proposito il Professor Bagnasco ci può davvero essere molto utile per le sue competenze e per la capacità di confrontare questi dati con le conoscenze che gli derivano dai suoi studi. Prego Arnaldo.

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Arnaldo Bagnasco, Docente Ordinario di Sociologia presso l’Università degli Studi di Torino

La ricerca e il convegno dalla quale prende le mosse ruotano intorno al tema della fiducia, o per meglio dire del rapporto di fiducia. Per provare a delineare la banca del futuro la domanda fondamentale che ci è stata posta è infatti: quali sono gli elementi alla base di un rapporto di fiducia fra clienti e banche? Ed è implicito nella domanda che un rapporto di fiducia sia essenziale per una banca sostenibile.

La fiducia è considerata una risorsa per l’azione sociale: per gli economisti, per esempio, un rapporto di fiducia fra possibili contraenti fa scendere i costi di transazione, perché riduce costosi e macchinosi strumenti di controllo. Anche il volume di dettagliata documentazione scritta che le banche sono tenute a fornire ai clienti è inversamente proporzionale al grado di fiducia reciproca.

Da questo punto di vista, la fiducia è una specie di lubrificante delle relazioni economiche, ma è molto di più. Si capisce bene se ci si riferisce al contrario della fiducia: una diffusa cultura della diffidenza costituisce una formidabile barriera allo sviluppo e all’innovazione, in tutti i campi dell’agire sociale.

Molte ricerche hanno contraddetto l’idea che la fiducia sia una risorsa scarsa che si consuma con l’uso; certamente si richiede prudenza nel concedere fiducia: niente distrugge fiducia quanto l’essere avventati nel concederla; ma studi sperimentali hanno anche dimostrato che una persona alla quale è accordata fiducia tende a reagire positivamente, diventando ancora più affidabile. Più interessante ancora: si è dimostrato empiricamente che chi è incline ad accordare fiducia, non solo con maggiore probabilità è anche più affidabile, ma è anche percepito come tale.

Generare fiducia è un processo che richiede tempo, mentre basta poco per perderla. La fiducia dunque è fragile, mentre – questo è un altro punto degno di nota- la diffidenza è solida, anche quando non è giustificata da nessun riscontro di fatto o da nessuna prova eseguita.

Ho ricordato qualche aspetto della teoria della fiducia, che economisti e sociologi sviluppano da tempo. Ne terrò conto considerando da altri punti di vista qualche dato della ricerca, e per introdurne qualche altro.

Senza un clima di fiducia, ovviamente tutto è più difficile anche nel rapporto banche-clienti; che, ricordiamolo, è un rapporto a due vie: fiducia del cliente nei confronti della banca, ma anche della banca nei confronti del cliente. Quelli che ho citato prima, sono esempi del genere di regolarità accertate che possono suggerire qualche indicazione su come calibrare prudenza e apertura nel reciproco rapporto, in vista del consolidamento della fiducia. Indicano strade e trappole della creazione di fiducia a due vie.

Ma veniamo alla rilevazione. Qualche volta una domanda del questionario ha

fatto riferimento esplicito alla fiducia; per lo più si tratta invece di giudizi

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sull’immagine delle banche, che indirettamente toccano la fiducia: possiamo dire che si tratta di componenti varie di una percezione dello stato della fiducia.

Come prima cosa, è necessario sottolineare e valutare una apparente discrepanza. La grande maggioranza(72%), risponde di avere una cattiva opinione delle banche italiane; tuttavia, il risultato si capovolge quando la questione è posta in riferimento alla propria banca, la banca di cui si è clienti: alla domanda sul grado di soddisfazione per la banca usata più spesso il 77% dichiara di essere tutto sommato soddisfatto, mentre insoddisfatto si dichiara solo il 23%: una quota non piccola di clienti, ma comunque una minoranza. Se gran parte di un campione rappresentativo di clienti dichiara di essere molto o abbastanza soddisfatto della propria banca, si potrebbe anche concludere che la maggioranza delle banche ha un buon rapporto con i suoi clienti: come mai, allora, il giudizio raccolto sulle banche in generale è invece negativo?

Non si tratta di un errore di rilevazione, credo che la risposta sia facile, e che stia nel fatto che è in atto un noto meccanismo della percezione. E’ lo stesso meccanismo riscontrato, per esempio, dalle indagini sulla percezione della sicurezza urbana. I cittadini di molte grandi città rispondono in maggioranza che la città è insicura, ma posta la stessa domanda a proposito del loro quartiere, la percentuale si rovescia: in maggioranza il quartiere è giudicato non pericoloso. Credo allora che si possano trarre alcune conseguenze per il nostro caso.

Anzitutto, direi che è più consistente la risposta che si ottiene sommando i pareri sulla situazione sperimentata nella propria banca, piuttosto che il giudizio generico sulle banche in Italia. Resta il fatto che l’idea generale esiste, è molto diffusa, e certamente ha effetti sulla meccanica della fiducia. Inoltre, non dobbiamo trascurare il fatto che per lo più si tratta di un gradimento alla propria banca espresso con la formula “abbastanza soddisfatto”, e che esiste una minoranza consistente che associa un giudizio negativo in generale con uno negativo sulla propria banca. Sono sintomi da non trascurare. Resta il fatto che la netta maggioranza non esprime un parere negativo.

Ripensando all’insieme delle cose dette, trarrei la conseguenza che le banche, se vogliono, hanno un buon margine di confidenza, direi di apertura di credito di fiducia da parte dei clienti per lavorare a migliorare i rapporti reciproci, anche seguendo le indicazioni che derivano dall’insieme delle domande e risposte su aspetti specifici, o più tecnici, che si ritrovano nel questionario.

Quanto alla diffidenza generica sull’insieme delle banche, probabilmente si tratta di una diffidenza che fluttua nel tempo, ma piuttosto radicata, confermata del resto da altri sondaggi, fatti in momenti diversi. Ricordiamo allora quanto ho detto prima parlando di teoria della fiducia: la diffidenza è solida, persino quando non è giustificata da nessun riscontro di fatto o da nessuna prova eseguita. Dobbiamo considerarla in questo caso che stiamo valutando, una affermazione emotiva, poco ragionata, solo espressiva?

Non credo, perché conviene sempre considerare che una persona ha delle buone ragioni, per lei valide, per pensare o fare quello che pensa o fa. Per quanto stiamo considerando, ritengo che la domanda generale sia stata occasione per

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dichiarare una preoccupazione che deriva da una percezione dell’incertezza e dei problemi delle relazioni economiche di oggi, e anche delle relazioni che attengono al credito, con difficoltà magari non direttamente sperimentate, ma ritenute possibili domani nel contesto volatile generale, e che sono diventate un rischio testimoniato da qualche caso limite clamoroso. Casi che, si pensa, abbiano poi conseguenze destabilizzanti sull’economia, e dunque in ogni caso indirettamente negative anche sulle proprie prospettive.

Ancora una osservazione su questo punto. Dal momento che la sfiducia generica nelle banche certamente è comunicata dai mezzi di informazione, si potrebbe giungere alla conclusione di imputare alla loro enfasi e insistenza su casi emblematici la responsabilità appunto di tale stato di sfiducia, il fatto che sono stati loro a generarla. Di nuovo non credo che le cose stiano in questi termini, e penso che ciò possa essere sostenuto dai dati, che presentano un altro apparente paradosso. E’ chiaro che le notizie sulle banche in generale arrivano alle persone dai giornali e dalla televisione, non può che essere così: ma solo il 15% - lo ricorderete - dichiara di derivare il suo giudizio da quella fonte, e quasi il 90% invece dichiara che si tratta di una esperienza personale, che ovviamente non può avere. L’apparente paradosso si comprende solo osservando che chi risponde intende probabilmente dire che si è fatto una sua idea sulla base delle cose sentite, riflettendoci sopra, e che si tratta di un suo giudizio. Dell’accuratezza dell’informazione su un tema così delicato si può discutere, ma la risposta non rivela una dipendenza passiva dall’informazione e dai giudizi forniti dai media.

Comunque sia, vorrei ora impiegare lo spazio che mi resta, ancora brevemente sul tema della fiducia, ma da un altro punto di vista.

Esistono tipi diversi di fiducia: uno è la fiducia interpersonale, che può a sua

volta toccare cerchie più ristrette e più ampie. Una cultura che assicuri una fiducia interpersonale ampia, generalizzata è una grande risorsa per l’economia e la società. Un tipo particolare di fiducia riguarda poi le istituzioni; la fiducia istituzionale si può studiare disponendo in scala le diverse istituzioni, a seconda del livello di fiducia accordato dai cittadini, ed eventualmente considerando una media della fiducia accordata ad ognuna di esse. Una crisi di fiducia nelle istituzioni è la più grave delle crisi alle quali può andare incontro un sistema sociale. E’ infatti quella che si chiama una crisi di legittimazione, che non permette ai consueti meccanismi di regolazione di funzionare, non consente alle istituzioni politiche di mediare gli interessi, e non può essere risolta con decisioni tecniche.

Le scale della fiducia registrano classifiche diverse a seconda dei paesi, che possono anche cambiare nel tempo. Alcune istituzioni fluttuano più facilmente verso il basso e verso l’alto – la fiducia nel governo, per esempio – altre mostrano configurazioni più stabili.

Il questionario della ricerca non sondava in questa direzione; esistono però diversi sondaggi al riguardo, che presentano molti problemi concettuali e tecnici, il primo dei quali riguarda il significato stesso della parola fiducia, o più precisamente le dimensioni e aspettative che la parola richiama in modo diverso, riferita a differenti

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istituzioni. I sondaggi non inseriscono poi sempre le stesse istituzioni. Comunque sia, qualche indicazione la danno, se non presi troppo alla lettera. E, per quanto ci riguarda, bisogna allora dire che da queste classifiche le banche escono piuttosto male. Peggio in genere si collocano i partiti politici, e se indicata, la borsa; ma molte altre istituzioni che di solito vengono inserite nella lista, si collocano sopra le banche: chiesa, forze dell’ordine, presidente della repubblica in testa, poco più sotto la magistratura.

Nell’età dell’incertezza si è in cerca di istituzioni che promettono o evocano sicurezza. Questa mi sembra un’interpretazione plausibile, che del resto in genere è data dai commentatori.

Sappiamo che le banche non meritano, viste da vicino, in riferimento alla banca che si frequenta, una così scarsa fiducia, e che forse è addirittura vero il contrario: ricordiamo che, interrogati sui motivi per cui una banca può essere ed è stata preferita ad un’altra, il 79% ha risposto: “la fiducia in questa banca, l’immagine di banca affidabile”. Resta il fatto che, nel contesto generale, paragonate alle altre istituzioni, le banche non evocano o non appaiono promettere sicurezza.

Nei confronti internazionali, l’Italia mostra un preoccupante, basso livello di fiducia nelle istituzioni rispetto agli altri paesi. Potrei anche sbagliare, ma credo che nella ricostruzione di una sufficiente e complessiva fiducia istituzionale, il ruolo che le banche possono giocare sia decisivo, in positivo, o altrimenti in negativo.

Come snodo dei circuiti economici e insieme ponte diretto fra economia e società, in riferimento ai meccanismi delicati del credito e del risparmio, che toccano famiglie e imprese, le banche che operano in contesti diversi, a contatto diretto con i loro clienti, sanno da sempre di essere non solo depositarie di denaro, ma anche depositarie di fiducia; non solo le banche sono di conseguenza un attivatore dell’economia, ma conservando e facendo fruttare il patrimonio di fiducia di cui sono depositarie, possono anche essere un potente generatore e diffusore di fiducia istituzionale allargata, nell’insieme del sistema sociale.

La banca del futuro, sulla quale ci interroghiamo, dovrà tenere presente anche questa opportunità e responsabilità, perché forse le banche sono proprio il perno della fiducia istituzionale. Professor Zanetti, Moderatore

Tutti abbiamo apprezzato l’approfondimento e l’analisi offerta; su questa base poi avremo un momento di dibattito con un confronto tra il Prof. Umberto Filotto, Giustino Trincia e Giacomo Vaciago.

Dato il ritardo con cui siamo stati obbligati ad iniziare i nostri lavori, si ritiene sia più opportuno interrompere ora i lavori. Era prevista un’interruzione di mezz’ora, il che suggerisce di ritrovarci alle 17.15. S possibile cerchiamo di abbreviarla e magari chiederei al Cerimoniere di cominciare a chiamarci intorno alle 17.00.

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Professor Zanetti, Moderatore

Stiamo per riprendere i lavori e prego il Professor Umberto Filotto, il Dottor Giustino Trincia e il Professor Giacomo Vaciago di accomodarsi al tavolo.

Il Professor Umberto Filotto è Segretario Generale Assofin ed è Professore Ordinario di Economia delle Aziende di Credito dell’Università di Tor Vergata.

Il Dottor Giustino Trincia è Vice Segretario Generale di Cittadinanza Attiva, di cui è uno dei fondatori.

Il Professor Giacomo Vaciago è Ordinario di Politiche Economiche e Direttore dell’Istituto di Economia e Finanza dell’Università Cattolica di Milano.

Tutti e tre hanno dieci minuti per commentare quanto è stato finora esposto e naturalmente aprire eventualmente temi nuovi. Darei subito la parola al Dottor Giustino Trincia, che so anche avere esigenze di spostamenti. Prego Dottore. Giustino Trincia, Vice Segretario Generale di Cittadinanza Attiva

Devo anzitutto ringraziare il professor Filotto per la sua cortesia nel farmi parlare prima di quanto previsto nel programma dei lavori che ha già subito un comprensibile slittamento. Purtroppo devo partire, non è un atto di scortesia verso gli altri relatori, ma da tempo avevo preannunciato che non avrei potuto fare altrimenti, dovendo rientrare a Roma questa sera. Sarà mia cura in ogni caso leggere poi il contributo qualificato che verrà portato dagli altri relatori.

Io vorrei innanzitutto rivolgere un cordiale saluto di buona sera ai presenti e un sentito ringraziamento al Presidente del Gruppo Banca Sella, il Dottor Maurizio Sella, per l’invito a questo appuntamento che ho colto con vivo piacere. Desidero iniziare esprimendo i più vivi complimenti al Gruppo per i suoi centoventi anni, insieme agli auguri anche per futuri successi. Perché questi complimenti e questi auguri? Le ragioni sono le stesse della mia presenza qui.

Innanzitutto perché la presenza con continuità, per centoventi anni, nel sistema delle imprese del nostro Paese è una prova di solidità e di forza rispetto al quale occorre un pieno riconoscimento.

La seconda ragione coincide con il vivo apprezzamento per quel modello di rigore e di sobrietà personale che il gruppo ha saputo incarnare nel tempo e che ha trovato un giusto riconoscimento nel recente Premio Alberto Falck 2006. Mi piace molto questa motivazione perché mi sembra che è proprio dal recupero di uno stile di rigore e di sobrietà che il nostro Paese debba ripartire per superare la crisi verticale che da diversi anni ormai attanaglia gran parte della nostra classe dirigente.

La terza ragione è per il legame che c’è tra il Gruppo e il tema dell’innovazione. Già chi mi ha preceduto ha fatto ampiamente riferimento a questo, ma io vorrei portare un ulteriore esempio, apparentemente piccolo: la Banca Sella è tra le pochissime banche italiane ad avere adottato da qualche anno una Carta dei

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Servizi, introdotta in Italia nel 1994 con una Direttiva dell’allora Presidente del Consiglio di Ministri, on. Carlo Azeglio Ciampi. In realtà su questo testo, sulla Carta dei Servizi del Gruppo Sella, secondo me, ci sarebbe ancora molto da lavorare per migliorarlo, adottando, anzitutto la denominazione di carta della qualità dei servizi e poi introducendo contenuti più in sintonia con certe attese dei cittadini – consumatori. Quello che però qui importa sottolineare è però il dato di fatto che il Gruppo Sella almeno ha compreso, ha intuito, l’importanza di quella novità, ci ha provato e, nel fatto di averla assunta, è ancora oggi una delle pochissime banche nel nostro Paese ad averlo fatto. In questo “piccolo” segno mi permetto di ravvisare una sensibilità civica che credo che sia di esempio.

L’indagine della Doxa L’indagine curata dalla Doxa offre molti dati, molte chiavi di lettura di

notevole interesse. Molte cose coincidono anche con le Relazioni annuali sul rapporto tra cittadini e servizi di pubblica utilità che Cittadinanzattiva elabora e pubblica attraverso il suo PIT Servizi, un servizio d’informazione, assistenza e interventi per i cittadini consumatori istituito dal 1999 grazie al sostegno della Commissione Europea – Direzione Generale Tutela dei Consumatori.

Vorrei soffermarmi solo su cinque punti di questa indagine della Doxa che mi hanno colpito.

Il primo è che l’indagine fornisce l’immagine di un sistema bancario come di un grande cantiere aperto, nel pieno di una lunga e impegnativa fase di transizione. Condivido questa immagine. C’è anzitutto il dato sulle opinioni delle banche italiane nel loro insieme, un dato molto negativo. Si fa fatica, sembra, a farsi largo la consapevolezza del nuovo dinamismo intervenuto negli ultimi anni nelle banche italiane. Penso a singoli e rilevanti casi di eccellenza che pur ci sono. Penso al progetto “Patti Chiari” dell’ABI, di notevole importanza e penso pure a qualche autoriforma e riforma avviata da qualche grande gruppo anche con l’aiuto di organizzazioni civiche come la nostra. Certo, su questa opinione così prevalente e così negativa sulle banche, su questa diffusa dimensione cognitiva (che abbiamo detto è diversa dalla valutazione che si dà rispetto alla propria banca), c’è il peso di un lungo letargo dell’ambiente bancario e, soprattutto, di certe ferite ancora aperte con e nel Paese. Mi riferisco soprattutto alla questione del risparmio e al rilievo che finiscono per avere le esperienze fatte più o meno direttamente a livello personale. E’ però importante sottolineare che dall’indagine della Doxa emergono dei grandi margini di miglioramento. Pensiamo a quel 41,3 % che è soddisfatto in parte per le sue esigenze, o a quel 20,6 %, cioè un cliente su cinque, che ha fatto esperienze negative. Non sono dati di poco conto proprio perché indicano grandi margini di miglioramento.

Il secondo punto riguarda il tema dei costi. Qui c’è l’urgenza, ormai indilazionabile e che vorrei qui riproporre, di ridurre i costi che i cittadini devono sostenere per i servizi bancari . Io non sono qui per fare polemiche. So benissimo che ci sono fin troppe indagini e statistiche sul tema dei costi che forse, dal punto di vista metodologico, offrono il fianco a molte critiche fondate. Io segnalo però che il 75 % delle persone intervistate dichiara che non è disponibile a pagare di più per avere

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servizi migliori. Segnalo che il costo è il primo fattore, il 34,9 %, che viene percepito come elemento che differenzia le banche tra loro; che i prezzi minori sono il primo motivo per aprire un conto corrente in un’altra banca; che sui prezzi vi è la forma prevalente di concorrenza fra le banche, il 61,6 %.

È vero che non bisogna guardare solo il costo, ma se guardiamo al sistema-Paese e alle sue sofferenze questo è un fatto che pesa notevolmente.

Terzo elemento. C’è una slide, una diapositiva, la numero diciassette per l’esattezza, sul che cosa pesa sulla valutazione in qualche modo negativa delle banche che io proverei a leggere in positivo (fin troppo facile leggerla altrimenti). Si potrebbe riassumere questa chiave di lettura in questo modo. La banca che vogliamo come cittadini consumatori è una banca che riesca a tutelare gli interessi del cliente che garantisce trasparenza e una banca che tutela i risparmi. Sulla richiesta di tutela degli interessi della clientela, occorre che le banche si pongano e rispondano alla domanda di fondo sul rapporto che c’è tra la tutela degli azionisti e quella dei clienti (target non automaticamente sovrapponibili) e sulle modalità per contemperare esigenze a volte molto distanti.

Una banca che garantisce trasparenza (e direi comprensibilità) e una banca che tutela i risparmi. Sono chiare indicazioni di rotta. Dall’indagine emerge, inoltre, la necessità di passare “dai clienti al cliente” e quindi la forte rilevanza della personalizzazione dei rapporti e dei servizi. Non c’è più una clientela indistinta e questo mi sembra che ormai diverse banche lo stanno comprendendo piuttosto bene. È molto rilevante l’incidenza dei rapporti personali e, per coloro che sarebbero disponibili a sostenere un l’aumento dei costi dei servizi ricevuti, del fatto di poter avere finalmente un interlocutore stabile all’interno della propria banca e non più quel tourbillon di impiegati e funzionari a cui molti sono costretti.

Il quarto spunto di rilievo dell’indagine della Doxa è l’emergere di una clientela “conservatrice” e non attrezzata da un lato, a cui corrisponde invece, dall’altra parte, una clientela è attiva. Io segnalo che il 90% di coloro che hanno dichiarato di avere avuto esperienze negative, ha fatto qualcosa: o si sono lamentati o hanno cercato qualcuno, oppure hanno scritto, o hanno telefonato o addirittura cambiato banca. Quindi c’è una vasta clientela attiva delle banche che in realtà è una risorsa per lo stesso sistema e non solo un problema come molti ancora pensano all’interno del sistema. Ci sono cittadini conservatori, l’anzianità nella banca attuale, alcuni che, nonostante le esperienze negative, 58,6 %, comunque non hanno cambiato e qui c’è da chiedersi, da domandarsi: “Quanto incide su tutto ciò il livello di concorrenza raggiunto nel sistema? Quanto incidono ancora i costi economici, monetari e di tempo per cambiare?”. Sono facilmente comprensibili le risposte a questi interrogativi a cui possa pensare un’organizzazione come la nostra che si chiama Cittadinanzattiva e che promuove e tutela i diritti dei cittadini e dei consumatori attraverso la partecipazione civica. Vorrei però ricordare che non noi ma lo stesso Direttore generale della Banca d’Italia, il 6 Novembre scorso, ha ribadito la possibilità di eliminare i costi di chiusura dei conti correnti bancari per rimuovere gli ostacoli che impediscono il dispiegarsi della concorrenza. Noi ci aspettiamo dunque

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dei segnali coerenti da questo punto di vista dal più ampio numero possibile di banche italiane e non che operano nel nostro Paese.

Si parla nell’indagine, a proposito di una clientela non attrezzata, anche del tema di Internet ma questo è un problema che riguarda l’Italia nel suo insieme e non tanto e non solo le banche. Certo pure le banche devono fare la loro parte e soprattutto fare qualcosa di più sull’argomento. Le priorità d’intervento sono almeno due. Quello delle paure, perché dietro il basso uso di Internet c’è questo, molto di paura, per superare le quali è fondamentale alzare il livello di sicurezza contro le truffe. C’è poi l’esigenza d’incrementare la leva dell’incentivo economico per rendere appunto più favorevole e più opportuna per i cittadini la possibilità di accedere ai servizi on-line.

Permettetemi però di ritornare sulla rilevanza di questi cittadini clienti attivi. E’ una sorta di appello che io faccio alle banche: se il 90 % di coloro che hanno avuto qualche problema e vissuto delle esperienze negative con le banche, non è disponibile a subire passivamente queste esperienze negative, è indispensabile che le banche rivedano il loro modo di rapportarsi e di interloquire con un atteggiamento critico ma spesso costruttivo che proviene dal cittadino consumatore. In definitiva questa spinta è una spinta positiva è una risorsa per il cambiamento.

L’ultimo punto che mi ha colpito nell’analisi della Doxa è la centralità che assume, nell’ambito del rapporto di fiducia, quella che si potrebbe chiamare “la banca di prossimità”. E’il grande tema della presenza sul territorio delle banche. Una presenza che è una risorsa per il Paese. Il numero di filiali che vengono aperte nel territorio italiano sono una risorsa per il Paese, purché la si spenda per il Paese nel fare un qualcosa di più della “semplice” raccolta di depositi e di clienti. Come garantire una presenza non asettica rispetto alle esigenze del territorio di riferimento? E’ un buon tema di confronto che qui posso solo introdurre sotto forma di semplice interrogativo.

Vorrei concludere il mio intervento proponendovi tre spunti, tre linee di possibile sviluppo alla nostra riflessione. Tengo molto ad esse perché poi il nostro è un movimento indipendente di impegno civico a cui non piace fermarsi alla lamentela o alla denuncia o alla presenza sui media. A noi in realtà piace soprattutto concorrere alla costruzione delle soluzioni, perché i problemi non sono mai semplici e l’apporto responsabile e costruttivo dei cittadini è indispensabile per affrontarne e risolverne moltissimi. La prima linea di sviluppo che propongo alle banche in questa sede è quella di un ritorno alle origini, ai valori fondanti della nostra Costituzione, rilanciando il valore strategico del risparmio per la cura e lo sviluppo dei beni comuni. Il risparmio va messo soprattutto al servizio dei giovani, cioè al futuro delle imprese, dell’innovazione e degli investimenti. Le banche devono pensare di più ai giovani, alla loro vita, alla possibilità di sposarsi ed avere una casa, alla possibilità di avere una formazione adeguata (sempre più rara e costosa nel nostro Paese), ben al di là comunque dei dati drammatici che sull’argomento sono usciti anche dai dati più recenti dell’Istat. Risparmio e creazione di opportunità di lavoro per le giovani generazioni. Giovani e imprese come priorità essenziale. Il futuro delle imprese e dei

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giovani come straordinaria possibilità di coniugare banche e cura dei beni comuni nel nostro Paese.

Seconda linea di sviluppo. Occorre avviare, mi permetto di dirlo, una nuova stagione di rilegittimazione sociale delle banche. Questo non significa evidentemente che manchi loro una legittimazione, ma che i suoi termini attuali non sono più pertinenti con l’attuale società italiana. C’è un deficit evidente che è possibile, oltre che necessario, colmare. Il profitto non solo è necessario, ma è un imperativo per ogni impresa. I punti veri su cui riflettere insieme e da cui partire sono invece sul come viene prodotto questo profitto e sul come esso viene utilizzato. In fondo sono queste, nel settore del credito e del risparmio, le vere sfide sottese ai processi di responsabilità sociale di impresa, quella che noi preferiamo chiamare “Cittadinanza di Impresa”. Sfide che si possono vincere solo con una generale riscoperta di quell’etica pubblica e di quella cultura delle responsabilità individuali di cui il nostro Paese ha grande bisogno da parte di tutti, imprese, pubbliche amministrazioni, singoli cittadini.

Terzo spunto, e concludo davvero. Il ruolo centrale delle partnership per il cambiamento. A me sembra di individuare alcuni terreni concreti su cui si potrebbe lavorare insieme, certamente nella chiara distinzione di ruoli e di responsabilità e non potrebbe essere altrimenti. Una partnership tra banche e il variegato e ricco mondo delle organizzazioni civiche, che non va ridotto solo alle nostre organizzazioni di tutela dei consumatori che pure svolgono un ruolo centrale. Partnership attorno a che cosa? Propongo quattro terreni: il primo, l’evoluzione dal tema della trasparenza a quello della comprensibilità dei linguaggi, dei comportamenti, dei testi scritti, come i contratti, gli estratti conto. La trasparenza resta fondamentale e deve essere massima, ma attiene di più al sistema dei controlli e degli addetti ai lavori ed è difficilmente agibile dal cittadino comune, per il quale rischia di essere letteralmente un pesante fardello (pensate a quanto sia facile uscire da una banca con chili di carta e documenti con decine e decine di firme, di cui si capisce nulla o quasi). Al cittadino comune serve molto di più comprendere cosa ci dice il funzionario; cosa c’è scritto su quei documenti; cosa significano in pratica una valanga di termini tecnici e di inutili inglesismi da cui si è spesso investiti allorquando si entra nell’ambiente banca e servizi bancari (ma la stessa cosa, se non peggio, vale per le assicurazioni). Si tratta quindi di rendere stabile ed ordinario, non più eccezionale, metodologie come quella dell’analisi civica dei contratti e dei documenti bancari che pure con qualche gruppo bancario stiamo sperimentando. Un secondo terreno di possibile partnership è quello dell’avvio di percorsi comuni di educazione e di informazione di base dei cittadini sui servizi finanziari, sul risparmio e sulla previdenza complementare. Qualche piccola esperienza la stiamo facendo ma è poco rispetto al drammatico ritardo che su questo argomento c’è nell’intero Paese. E’ incredibile come siamo esposti a gravi crisi di sistema a causa di questo deficit di cultura di base e come la classe dirigente del Paese non abbia ancora compreso la portata del problema. Prevenire è molto meglio che curare e qui davvero servirebbe il contributo di tutti per sviluppare il capitale sociale del Paese. Potrebbe essere proprio la banca di prossimità, come valore aggiunto e come risorsa per il territorio e le comunità locali, a favorire quel

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“fare insieme” con le organizzazioni civiche in termini di educazione ed informazione di base a cui mi riferisco. Il terzo terreno di lavoro concreto da poter fare in partnership, potrebbe essere quello di dare forti segnali di discontinuità sul versante dei prezzi e del costi. Noi ci mettiamo a disposizione, e non penso solo a Cittadinanzattiva, alla mia organizzazione, penso a molte altre, per aiutare le banche a fare ricorso ad esempio alla pubblicità comparativa per fare capire ai cittadini consumatori che ci sono offerte diverse, che è sbagliato parlare di sistema bancario come di una entità monolitica omogenea su tutto, e che invece ci sono banche e banche e noi dobbiamo sempre più aiutare i cittadini a cogliere le differenze reali tra l’una e l’altra. Ultimo terreno di collaborazione possibile. La formazione e l’aggiornamento del management e dei dipendenti delle banche con un forte orientamento alla centralità effettiva e non retorica del cittadino consumatore. Quattro terreni dunque di possibile lavoro concreto e comune. Mi accorgo però di avere abusato della vostra pazienza. Grazie dunque per l’attenzione e buon lavoro. Professor Zanetti, Moderatore

Grazie al Dottor Trincia per la sintesi e anche per l’atteggiamento propositivo che ha voluto proporci. Mi pare Lei abbia indicato un cammino lungo il quale si possano ottenere frutti sicuramente positivi. Ecco, dò ora la parola al Professor Filotto, che prego di accomodarsi, avvalendosi delle slides che ha preparato. Umberto Filotto, Segretario Generale Assofin e Professore Ordinario di Economia delle Aziende di Credito dell’Università di Tor Vergata

Grazie Presidente. Anche io voglio ringraziare il Gruppo Banca Sella, il Dottor Maurizio, l’Ingegner Pietro e tutto il management della Banca e delle Controllate, ed in particolare quello di Consel che si occupa di credito al consumo, per avermi fatto l’onore di avermi chiamato a parlare oggi, in un’occasione così importante.

Ho approfittato del ricchissimo materiale derivante dalla ricerca Doxa e ho provato a fare qualche riflessione, rielaborando un po’ di dati. Quelli che vedrete sono quindi i numeri della ricerca, presentati, tuttavia, in un formato leggermente diverso rispetto a quello che ha usato il suo legittimo titolare, il Dottor Salamon. Mi sono anche preso il rischio e la libertà di dare una lettura un po’ differente dei risultati, posto che il tema della diversità, della necessità di ammetterla e di valorizzarla, costituisce, a partire dal titolo (Viva la differenza) il filo conduttore di questo mio intervento.

Partiamo dunque da qui: è stato detto più volte vi è un dato che caratterizza la realtà del mondo del credito ed è che mentre le persone appaiono abbastanza contente della loro banca, sono invece molto scontente delle banche in generale. Il problema è

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noto e può essere fatto risalire alla divergenza tra quella che è l’esperienza personale riguardo alla banca, perlopiù positiva, e la rappresentazione sociale delle banche che viceversa è estremamente negativa. È un problema reale e sottovalutarlo sarebbe un grave errore, perché purtroppo, come ben sanno gli operatori, è la fragorosa rappresentazione sociale, anziché la silenziosa esperienza personale, quella che guida gli interventi di carattere regolamentare e legislativo.

Per questo motivo mi permetto di dissentire rispetto alla citazione fatta poc’anzi dal Signor Sindaco contenuta nell’articolo del Professor Giavazzi, pur conscio del fatto che dissentire dal Prof. Giavazzi deve ormai considerarsi un sacrilegio essendo egli diventato una sorta di immagine sacra le cui parole vengono usate, probabilmente a sua insaputa, come clave da agitarsi sulla testa dell’uno o dell’altro. Dissento nel senso che, ben lungi dall’essere vezzeggiate dal potere politico, le banche sono sempre più oggetto di una legislazione avversa; vi è infatti un grande vantaggio in termini di dividendo di popolarità, e dunque politico, nel legiferare contro di esse. Questo credo che sia un problema che tutti quanti ci si debba porre.

Tutto ci dimostra come il problema della criticità nella relazione consumatori-banche sia in via di aggravamento. Sono i dati della ricerca a confermarcelo: vediamo infatti che, nel tempo, il giudizio sulle banche, lungi dal migliorare, è peggiorato; il 33 %, del campione nel corso del tempo, ha maturato, se possibile, un’opinione delle banche ancor più negativa e solo l’8,7% ha un giudizio più positivo che in passato.

È un’amara constatazione; ma noi non siamo qui per limitarci ad amare constatazioni, dobbiamo piuttosto cercare di fare una diagnosi e, con una qualche doverosa presunzione, vogliamo provare a proporre una qualche forma di terapia. Proverò a proporvene una che, lo ripeto, avrà qualche elemento di diversità, forse di eterodossia, fino quasi a sembrare leggermente eretica, ma tant’è.

A che punto siamoLa febbre è ancora alta e la temperatura aumenta ancora. Il giudizio sulle banche è:

57,7%non è cambiato

21,9%un po’ peggiorato

0,5%non indica

11,1%molto peggiorato

8,1%un po’ migliorato

0,6%molto migliorato8,7%

33,0%

Ma forse non siamo qui per misurare la Ma forse non siamo qui per misurare la temperatura ma per tentare di proporre temperatura ma per tentare di proporre una diagnosi e, perché no, una terapiauna diagnosi e, perché no, una terapia

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Su questo grafico ho collocato alcuni dei giudizi che sono stati formulati sulle

banche: li ho posizionati su un sistema di assi cartesiani dove in ordinata abbiamo, dal basso verso l’alto, il passaggio da un giudizio negativo sulle banche ad una valutazione positiva. Le variabili che sono state prese in considerazione sono diverse. Osserviamo la prima: “Le banche sono migliorate perché sono più attente agli interessi del cliente” (34,9%); ad essa corrisponde, specularmente, “Il mio giudizio è peggiorato perché sono meno attente agli interessi del cliente” (40,3%). Ora passiamo a “Il personale è disponibile” (17,7%) e mettiamolo in relazione con la valutazione “Sono meno trasparenti” (24,8%). Infine vediamo che per il 29.8% degli intervistati “Sono più efficienti” ma che per il 24,8% “La gamma dei servizi non è adeguata”. La scelta di queste risposte, ovviamente, non è né arbitraria né casuale: si tratta infatti delle prime tre in ordine di importanza fornite alla domanda “Il suo giudizio sulle banche è migliorato” ovvero “peggiorato”. Proviamo ora a comprendere a cosa possono essere fatte corrispondere queste domande.

Mi prendo la libertà di dire che le prime due risposte rimandano ad un tema

che è quello della tutela, dell’attenzione agli interessi, la seconda coppia ha come riferimento un tema di comunicazione, benché il tema della trasparenza abbia letture un poco ambivalenti, in quanto può voler significare sia “correttezza” (nel senso che sei poco trasparente, dunque sei scorretto) ma anche richiamare il tema dell’informazione. Il terzo aspetto che viene considerato è quello della qualità e del livello del servizio. Ebbene, perché li ho distribuiti in questo modo, da destra a sinistra, sull’asse delle ascisse?

A me sembra che i primi temi abbiano a che fare con determinanti che sono essenzialmente di carattere relazionale ed emotivo: il tema della tutela, quello della comunicazione, sono argomenti, se mi consentite l’espressione, essenzialmente “caldi”. Efficienza e gamma dei servizi fanno invece riferimento ad una dimensione più strettamente razionale, ossia a qualche cosa che concerne ciò la banca produce e mette a disposizione del cliente; questo, secondo me, significa cose abbastanza importanti su cui torneremo in sede di conclusioni.

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…ancora in ricognizione…

Il sistema bancario

risponde alle esigenze dei clienti

non risponde alle esigenze

dei clienti

2,8%Le banche italiane sono presenti all’estero

5,6%La concorrenza lo rende più efficiente

12,0%Tutela i risparmi

23,9%Ispira fiducia

24,2%È un sistema trasparente

37,4%Tutela gli interessi della clientela

2,0%Le banche italiane non sono presenti all’estero

2,8%Costi e tariffe elevati

9,3%Il sistema non ispira fiducia

30,4%Non tutela i risparmi

34,6%Poca trasparenza

58,3%Non tutela gli interessi della clientela

Per adesso, ancora qualche dato: il sistema bancario risponde o no alle esigenze dei clienti? Guardate le risposte, di nuovo in ordine di importanza, tra le prime sei, ben tre, e cioè la prima, la terza e la quarta hanno in qualche modo un riferimento “caldo” ai temi della protezione e della tutela mentre solo le ultime due hanno a che fare con questioni razionali, ossia concorrenza e presenza all’estero. Anche in questo caso non ho messo né da una parte né dall’altra il tema della trasparenza che, in quanto può significare correttezza, ma anche “dammi gli elementi per poter decidere razionalmente” non può essere classificato in alcuna delle due categorie.

…ne consegue che…l 'insodd isfaz ion e Le h a fa tto ca m bi ar e ba nca ?

92,4

7,20,4

0102030405060708090

100

no

s i

n.a.

p e rchè ?

32, 9

26,323,3

0

510

15

2025

30

35

le banc he s ono =

è c aro

è di ffic ile

Benché arrabbiati e delusi i consumatori appaiono fondamentalmente passivi e rassegnati.

D’altro canto che senso avrebbe cambiare se, comunque, le banche sono tutte uguali (57,8% degli intervistati)?

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Procediamo. Tutte queste persone così critiche con il sistema bancario cosa fanno? Nulla, assolutamente nulla; magari hanno pensato di cambiare banca ma poi non l’hanno fatto nel 92,4 % dei casi. Come mai non hanno cambiato? Il 32,9 % non ha cambiato “perché tanto tutte le banche sono uguali”, altri invece non l’hanno fatto “perché è caro ed è difficile”. Dobbiamo quindi attenderci che, una volta abbattuti i costi di uscita, ci sarà una grande mobilità della domanda? Credo di no per la semplice ragione che tra i consumatori prevale nettamente la convinzione secondo la quale le banche sono tutte uguali; in questo senso si esprime il 57,8% degli intervistati. Che senso avrebbe, quindi, cambiare?

…a riprova…

11,6

12,215,1

13,112,7

14,5 28,8

25,2

0 10 20 30

tradizione

prezzi

rapportipersonali

ubicazione

perchè ha scelto questa banca

Bocconi 1991 doxa 2006

Emerge in modo evidente la percezione di sostanziale indifferenziazione delle banche

Quando questa venga superata prevalgono le determinanti emotive rispetto a quelle razionali

In 15 anni le percezioni e le In 15 anni le percezioni e le determinanti sono rimaste determinanti sono rimaste sostanzialmente immutatesostanzialmente immutate

La percezione di una sostanziale indifferenziazione tra banca e banca si ritrova anche quando andiamo a guardare quali sono le motivazioni che guidano la scelta dei clienti. La prima ragione è l’ubicazione (25,2% nel 2006 – 28,8% nel 1991); possiamo certamente parlare di convenience, tuttavia occorre riconoscere che questo equivale ad ammettere che tra i servizi offerti non vi è grande differenza o comunque non tale da giustificare lo sforzo di spingersi un poco più in là. Un po’ come quando si va a fare benzina; si finisce per scegliere il distributore più vicino, visto e considerato che quel che si acquista è uguale dappertutto.

Le altre ragioni per le quali invece si sceglie una banca sono, in ordine, l’esistenza di rapporti personali (14,5% nel 2006 – 12,7% nel 1991), i prezzi (13,1% nel 2006 – 15,1% nel 1991), il fatto che quella sia la banca di famiglia, “quella in cui sono sempre andato”, quella della tradizione (12,2% nel 2006 – 11,6% nel 1991). Quello che mi ha colpito è che, mentre i dati in verde scuro sono quelli della ricerca Doxa 2006, quelli in verde chiaro sono di una ricerca che avevamo condotto in Bocconi nel 1991, quindici anni fa. Quindici anni, con tutti i cambiamenti che ci sono

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stati nel mondo bancario, equivalgono a due o tre ere geologiche eppure non è cambiato praticamente nulla.

Come spiegarselo? So di dover chiudere rapidamente e quindi vengo subito al nodo centrale del mio intervento: significa che, a dispetto di quanto si crede o si vuol credere, le persone continuano a vivere la banca in modo del tutto tradizionale. In meno di due decenni la banche sono cambiate tantissimo, sono diventate imprese, hanno degli azionisti, hanno fior di tecnologia, si fanno concorrenza e non sono affatto così colluse come spesso si sente dire. C’è di più: le banche sono cambiate moltissimo, molto più velocemente e molto più radicalmente, di qualunque altro tipo di impresa e negarlo sarebbe miope ed ingiusto.

Questo significa

mentre le banche si trasformano, si dotano di tecnologie, si orientano al mercato, sviluppano

prodotti, efficienza e valore per gli azionistiE TUTTO A GRANDISSIMA VELOCITA’

moltissimi clienti restano invece ancorati ad un concetto di banca essenzialmente tutrice, in cui i motivi di valore sono essenzialmente relazionaliE NON SI PERCEPISCE IL CAMBIAMENTO

per gli “addetti ai lavori” la banca è un’impresa

orientata al profitto

per i consumatori è un’istituzione che tutela e protegge

significatosignificante

questo iato dà luogo ad una divergenza tra aspettative (dei consumatori) e comportamenti (delle banche) che spiega ampiamente l’insoddisfazione ed il senso di fiducia mal riposta

d’altro canto le banche creano valore, continuano ad

investire nella modernità, si aprono alla concorrenza

sviluppano servizi e prodotti sempre più innovativi

Ma c’è un problema. Le persone, i consumatori, restano ancorati all’idea di banca del tempo che fu. La banca è, per loro, qualche cosa che li tutela, che li protegge (talvolta anche da loro stessi), che li difende, che li assiste. Una banca padre e madre che vieta, che sgrida, spesso severa ma che ti guida e che ti mette al riparo da ogni tipo di rischio. Certamente non è così per tutti ma lo è per molti. Ci sia concesso il lusso di scomodare la semiotica: quello di cui in definitiva stiamo parlando è un problema che sorge dalla divergenza tra il significante della banca, che per le persone corrisponde a come essa era in passato, e il significato della banca, che invece è quello di un’impresa che compete e che è in grado di essere efficiente. Per noi, per gli operatori, per i banchieri e per i bancari, ciò che vale è la seconda nozione ossia quella dell’impresa, ma per buona parte del pubblico vale il primo concetto ossia quello di un’istituzione che ti protegge.

Questo cosa determina? Molto semplicemente si viene a creare una divergenza di aspettative in quanto dalla banca mi attendo un comportamento (per esempio la tutela e la protezione assoluta dei miei risparmi), ma la banca ne ha un altro (nel caso di specie, l’offerta di un ricco bouquet di opportunità di investimento alcune delle

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quali non prive di rischio). L’incapacità di comunicare chiaramente e con precisione al cliente cosa deve attendersi e dunque in base a cosa deve valutare le offerte che gli, o le, vengono fatte, crea questa grandissima frizione, questa profonda insoddisfazione, che altro non è che quanto scaturisce da aspettative che si erano venute impropriamente a determinare e che sono risultate, alla fine, disattese.

Che fare?

Opzione #1 Strategia C.L.D.L.V.: prima o poi le persone capiranno, impareranno, sapranno distinguere e misurare i valori. Occorre quindi insistere, lavorare sull’education, sottolineare i cambiamenti

Opzione #2 Strategia S.F.Q.C.S.P. : i consumatori, o meglio una buona parte di essi esprime ancora (e forse molti lo faranno a lungo) una domanda di banca da intendersi come soggetto capace di prendersicura, di proteggere, tutelare, al limite di proibire alcuni prodotti, ma a cui delegare in piena tranquillità le proprie decisioni finanziarie� sono risparmiatori NON investitori, � sono utenti NON clienti

C.S. Pierce

J.J. Rousseau

protezione guida limiti remun.minore COMUNICAZIONEservizio

Dunque, che fare? Vedete, questo signore imparruccato è Jean Jacques Rousseau; l’ho scelto come simbolo dell’Illuminismo ma, se l’avessi trovato, avrei voluto mettere al suo posto il Duca Gennaro Serra di Cassano, uno dei capi della Repubblica Napoletana. Quando questa venne abbattuta dalle milizie del cardinale Ruffo di Calabria appoggiato dai cafoni che aveva saputo mobilitare ma anche, e soprattutto, dalle navi di Nelson ancorate nel golfo di Napoli, i suoi capi vennero messi a morte. Il Duca Serra, in quanto nobile, ebbe il privilegio di essere decapitato. Il giorno dell’esecuzione la piazza era stracolma di plebe festante; si narra che le ultime, amare, parole del Duca furono: “Io volevo la loro felicità, essi gioiscono per la mia rovina”.

Qual era stato il suo errore, che in realtà aveva caratterizzato tutta l’esperienza della Repubblica Napoletana e che ancora, spesso, tendiamo a ripetere? Era stato il fatto di non aver fatto i conti con il mondo che si voleva migliorare. Il popolo che i Serra, le Eleonora Fonseca Pimentel, volevano riscattare esisteva nei loro desideri, nelle dotte conversazioni che si svolgevano nei loro splendidi palazzi non nei vicoli dei Quartieri Spagnoli. Il mondo, purtroppo, è come è, non è come noi lo vorremmo. Dobbiamo cercare di farlo evolvere, ma dobbiamo anche tenere conto delle caratteristiche che ha, altrimenti ci si rivolta contro.

Possiamo, e dobbiamo, lavorare per cercare di migliorare questo mondo; tornando a noi bisogna cercare di fare evolvere le banche e non possiamo cessare di lavorare affinché i clienti maturino, diventino più selettivi, consapevoli, preparati e

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capaci di scegliere. Ma se andiamo avanti così, proponendo ostinatamente ed in modo univoco un modello che molti non capiscono e rifiutano, arriveremo ad “attraversare il deserto” senza restare in mezzo? Fuor di metafora, forse alla fine la gente capirà che le banche sono imprese che non possono farsi carico di tutelare le persone da loro stesse, ma faremo in tempo a vederlo?

Quest’altro signore si chiama Peirce, è uno dei filosofi rappresentativi del Pragmatismo. A dir la verità il Pragmatismo come corrente filosofica in questo caso non c’entra nulla, ma l’immagine mi serviva per controbilanciare il parruccone di cui sopra. Ciò detto, credo che sia necessario un atteggiamento pragmatico, che implica tenere conto del fatto che alcuni, molti, vogliono una banca forse non al massimo dell’efficienza, forse più parca di offerte e proposte, ma che li protegga, li tuteli, faccia loro da ombrello e da riparo. Molti non si considerano affatto investitori, che devono informarsi, che devono capire; si sentono risparmiatori, cercano solo protezione ed un dignitoso trattamento economico. Si parla molto di trasparenza, di informazione e di educazione finanziaria del consumatore; so di andare in qualche modo contro le teorie e le pratiche oggi prevalenti ma mi sento di poter affermare che molte persone non si vedono affatto come clienti capaci di scegliere ma si considerano utenti da guidare e proteggere.

Differenziarsi o differenziare?

Può la stessa banca rivolgersi ad un pubblico che ha caratteristiche, bisogni, aspettative tanto diverse?

Sono sufficienti, dato l’altissimo valore segnaletico del termine “banca” soluzioni organizzative, sia pur molto forti?

La differenziazione istituzionale e per categorie era poi del tutto superata nelle sue funzioni?

Come possono coesistere in un medesimo ambiente/mercato specie/banche completamente diverse?

AGENDADI

LAVORO

E allora la domanda, con la quale concludo ma dalla quale sarebbe bello partire per iniziative di policy, è se non di debba fare qualcosa per creare, all’interno del sistema, realtà che abbiano queste caratteristiche, che rispondano a queste esigenze, coerenti con queste aspettative. Dubito che siano sufficienti soluzioni organizzative, per quanto robuste; temo cioè che non basti comunicare che esistono modelli di offerta, distinti, canali differenziati se essi convivono all’interno delle medesima struttura, sotto la medesima insegna. Forse qualche cosa della antica differenziazione

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istituzionale, delle vecchie categorie, potrebbe essere recuperata. Si può immaginare di offrire ai consumatori un tipo di banca, o più genericamente un contesto, facilmente identificabile, dove le scelte sono ridotte ma le garanzie sono più alte? Dove le aspettative di remunerazione sono più contenute me i rischi sono quasi inesistenti? Un tipo antico di banca, forse, complementare però alle tante banche moderne, competitive, ma che, proprio per questo, rispondono alle attese di molti, ma non di tutti. Una banca, più che paternalistica, quasi materna, meno crudamente razionale e competitiva; per quanto ci possa sembrare superata è quanto sembrano domandare molti clienti, quanto, ricerca dopo ricerca (questa inclusa), ci viene confermato dall’evidenza empirica. Provare a dare risposta a questa esigenza disegna un’agenda di lavoro difficile ma forse necessaria; mi sembrava questa l’occasione per provare a lanciare questa idea. Grazie. Professor Zanetti, Moderatore

Grazie Professor Filotto per questa esposizione chiara e assai piacevole da ascoltarsi. Ha riletto i dati in una chiave diversa e questo ci ha anche aiutati a capire che a volte è bene anche confrontarsi con altre opinioni.

Chiederei a Giacomo di accomodarsi, ponendogli magari una domanda: hai visto, Giacomo, che si ricorre anche a più banche, è un bene o un male? Hai scritto qualcosa in merito di recente, no?! Giacomo Vaciago, Professore Ordinario di Politiche Economiche e Direttore dell’Istituto di Economia e Finanza dell’Università Cattolica di Milano.

Sono venuto qui molto volentieri per due ragioni: la prima è che, avendo radici da queste parti e avendo avuto antenati che lavoravano nel settore tessile, erano probabilmente amici degli antenati dei Sella di oggi, e quindi abbiamo comuni passate amicizie, oltre che presenti amicizie. L’altra cosa è che senza Quintino Sella non puoi avere buone banche in Italia: troppa evasione fiscale! E questo è il secondo motivo per cui mi fa piacere essere qui oggi a parlare, visto che è di Quintino Sella, prima che dei banchieri Sella, che abbiamo bisogno. Un Paese dove l’evasione fiscale è così diffusa è un Paese che non si può permettere la trasparenza e l’efficienza del sistema dei pagamenti che sono garantiti da un buon sistema bancario. Se guardate all’Italia che tutti conosciamo, anche se poi ipocritamente parliamo d’altro, è un Paese dove la gente parla male delle banche, ma ne usa tante.

Siamo il Paese dove la Banca d’Italia, tanti anni fa, dovette inventare la cosiddetta “centrale dei rischi” per ricostruire sui suoi conti, e quindi mettere a disposizione del sistema, il rischio bancario che si correva, visto che la prassi delle nostre aziende - non così intensa come in passato, ma tuttora anomala sullo scenario internazionale - era quella del “pluriaffidamento”. Ai miei amici banchieri ho sempre

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detto: “Se hai un modello che è quello della Hausbank tedesca, non affidare mai nessuno che va anche da altre banche. È una persona infida, è una persona che non gradisce che dal suo estratto conto si ricostruiscano tutti i suoi affari.” E’ quello che invece succede con il mio: tutti i miei redditi e tutte le mie spese stanno lì, nell’estratto conto che la banca mi manda, poiché non sono mai riuscito a evadere un Euro (una Lira una volta), e quindi il mio estratto conto è fedele rappresentazione del mio conto economico. Le banconote che mi trova in tasca l’eventuale ladro non arrivano mai a 200 €, perché uso le carte di credito, gli assegni: tutti i miei redditi sono sul mio conto, e tutte le mie spese arrivano lì, e a fine mese l’estratto conto che la banca mi manda è anche il mio bilancio.

Quante aziende così ragionano? Attenzione, questa cosa si è accresciuta nel tempo: siamo il Paese dove in questi dieci anni di governi incapaci a portare a casa le tasse, chi ha fatto più soldi sono i produttori di casseforti. Se tu usi le banche, perché devi avere due, quando non tre, casseforti in casa? Anni fa, ho fatto il Sindaco della mia città e ho preso l’abitudine di chiacchierare con il Questore. Per capire una città bisogna chiacchierare con il Questore, ti racconta cose divertenti, ad esempio dove sono le casseforti delle ville. E’ una tipologia che conoscono bene i nostri rapinatori: Porsche all’ingresso, tre casseforti in casa, l’ultima in cantina dietro al Barolo. E nelle casseforti ci sta il “nero”, per definizione. Se voi contate le banconote che stanno in cantina avete un’idea del fatturato che non paga le tasse, perché non può circolare in banca il fatturato degli evasori.

Siamo un Paese dove la gente usa più banche, ne parla molto male, ma ne usa tante: questo è il vero paradosso! E siamo il Paese dove usiamo tante banconote. Le banconote sono, l’avevo imparato tanti anni fa a Washington lavorando alla Fed, il primo indizio. La Fed usa le banconote come indizio di attività criminale, prostituzione e droga; da noi per fortuna no, perché sono troppe le banconote che circolano. Servono anche a fare fatturato non criminale, ma pur sempre in evasione fiscale.

Allora, perché la cosa preoccupa più oggi che non dieci anni fa? Per una ragione molto semplice: perché non abbiamo avuto i guadagni di produttività che in vari Paesi, dove la gente le tasse le paga, si sono manifestati in questi dieci anni di innovazione tecnologica. Pensate che cosa significa gestire il cash flow di un’azienda integrando il sistema dei pagamenti con quello della banca e con la contabilità aziendale, praticamente scorporando tutta la funzione contabilità e bilancio dell’azienda, portandola in banca, la quale poi il suo back-office magari lo porta in Brasile, perché questo è quello che sta succedendo in giro per il mondo. Un Paese dove l’evasione fiscale è diffusa, dove l’uso delle banconote in quota del cash flow, cioè sia sul fatturato che sui pagamenti, è diffuso, perde totalmente i benefici dei guadagni di produttività che altrove in questi settori si sono registrati. Nei Paesi dove le tasse vengono pagate e quindi l’efficienza del sistema dei pagamenti è un contributo alla produttività del sistema, ciò non avviene. Quando la gente ha tre contabilità in testa, poi ha bisogno di tre banche, e ha bisogno di banconote e soprattutto perde tutti i benefici dell’efficienza e dell’economia di scala che l’innovazione nel sistema di pagamenti consente.

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Questo rapporto scorretto degli italiani con il Fisco ha avuto conseguenze nel Paese; tante ne ha avute, ma in particolare, negli ultimi dieci anni, ci ha impedito di godere dei benefici di un’innovazione tecnologica che intanto dà i suoi frutti, in quanto appunto consente drastiche semplificazioni, crescenti guadagni di produttività nel sistema dei pagamenti e in tutto ciò che a monte e a valle è connesso con quel sistema. Il fatto che questo sistema non sia integrato perché ci sono in più punti pezzi di vecchio mondo, cioè tante casseforti contenenti banconote, ci mantiene arretrati da più punti di vista.

Quindi, per concludere, credo che ci sia un’esigenza collettiva, oltre che individuale, di recuperare sul rapporto italiani – Fisco, perché da questo più che mai dipende anche la possibilità che gli italiani riescano a meritarsi un sistema bancario efficiente, come è possibile soprattutto se il rapporto cliente-banca è di condivisione di tutto quello che è la vita e il futuro dell’azienda stessa. Credo che il Paese, per tornare a crescere, debba sicuramente risolvere anche questo aspetto, per i molti benefici che ha, non solo in termini di riduzione del deficit pubblico, ma proprio in termini di drastica semplificazione del suo modo di operare e per poter finalmente avere i benefici dell’innovazione che si è manifestata altrove, negli ultimi dieci anni. Professor Zanetti, Moderatore

Sapevamo che sarebbe stato un intervento preciso e incisivo. Mi permetto una piccola parentesi, un po’ fuori dal programma… ricordo che quando nel Consiglio accogliemmo l’entrata dell’Avvocato Grande Stevens, presiedeva lo zio Giorgio, e nel presentare la banca poteva riferire tante cose, ma disse una cosa molto semplice, che ricorderò sempre; disse: “Noi paghiamo le tasse”.

Ecco, a me pare che in quell’espressione ci fosse tutta la manifestazione e la sottolineatura di quella trasparenza che oggi Giacomo ci ha evocato.

Continuiamo con i nostri lavori e chiedo al Dottor Fabio Cerchiai e al Dottor Corrado Faissola di accomodarsi e di prendere la parola, prima il Dottor Cerchiai e poi Corrado Faissola. Il Dottor Cerchiai è Presidente dell’ANIA. Fabio Cerchiai, Presidente dell’ANIA

Desidero anche io, per prima cosa, ringraziare Maurizio e Pietro per l’invito che mi hanno rivolto e l’occasione che mi hanno dato di poter fare insieme qualche breve riflessione; e anche rivolgere a loro e a tutti i dipendenti del Gruppo Sella l’augurio più sincero per un futuro pieno di successi.

Normalmente quando si va ad un compleanno di persone amiche, di persone care, si usa una formula convenzionale, che è quella che si augurano “cento di questi

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giorni”, in questo caso però risulta chiaro a tutti che sarebbe fortemente limitativo, quindi io trasformo questo augurio in “una infinità di questi giorni”.

Certo che questo sia il desiderio e la speranza di tutti noi. Il titolo che è stato dato a questo nostro incontro, “Una banca del futuro. Una

banca sostenibile”, Maurizio non me ne vorrà, avendo con me condiviso per più di qualche anno una esperienza di rappresentanza, lui per la banca e per l’ABI e io per le assicurazioni, se lo trasformo nel mio breve intervento in “Una assicurazione del futuro. Una assicurazione sostenibile”.

E parto dal fare questa considerazione, che è una considerazione banale, ma come molte considerazioni banali, è una considerazione che credo possa rappresentare un punto di partenza. Stiamo vivendo anni di grandissimo cambiamento, ma soprattutto di rapido cambiamento, il fattore, la variabile tempo acquisisce un valore economico, acquisisce un valore morale, acquisisce un valore sociale.

In questi ultimi decenni vi sono state grandi trasformazioni che hanno interessato il quadro economico, nazionale ed internazionale, l’organizzazione sociale, pensiamo a come si è evoluta la stessa struttura di base dell’organizzazione sociale, cioè la famiglia, che trasformazioni ci sono state, l’assetto demografico dei Paesi e così via andare.

L’industria assicurativa è, come tutte le industrie che devono vivere la realtà e prevedere e prevenire le prospettive, un’industria che deve vivere e saper vivere questi cambiamenti, saperli gestire, saper corrispondere ad essi.

Partiamo da una brevissima summa storica. Se guardiamo all’ultimo ventennio possiamo registrare, per quanto riguarda il

nostro mercato italiano, in termini di industria assicurativa, una forte crescita della domanda. Un dato per tutti: nel 1985 i premi di assicurazione sulla vita, quindi i premi correlati al risparmio assicurativo, l’area più vicina a quella delle banche, rappresentavano lo 0,3 % del Prodotto Interno Lordo, nel 2006 il 5,3%. Le riserve matematiche, che poi tradotte in termini meno complicati sono nient’altro che lo stock di risparmio assicurativo, rappresentano ormai il 10 % dell’attività finanziaria delle famiglie italiane.

Quindi c’è stata una fortissima crescita della domanda. Una fortissima crescita della domanda a cui ha corrisposto un’evoluzione estremamente incisiva dell’offerta. Se guardiamo il mercato di oggi, vediamo che esso si è completamente trasformato sotto il profilo dell’offerta, sia in termini di organizzazione distributiva, un tempo esistevano esclusivamente le reti agenziali, oggi il mercato italiano è caratterizzato da una fortissima pluricanalità; la spinta fondamentale allo sviluppo della capacità di offerta è venuta sicuramente dal fenomeno della Banca Assicurazione, che ovviamente anche Banca Sella ha saputo vivere.

È un mercato estremamente moderno sotto questo profilo, che non ha nulla da invidiare ai mercati dei Paesi Europei con cui in genere ci si confronta, considerandoli più avanzati del nostro, sotto il profilo della innovazione del prodotto, sotto il profilo della emersione di nuovi concorrenti. Quindi è un mercato aperto, è un

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mercato in cui si è continuato a crescere, pur in presenza di una incisività competitiva e concorrenziale che è progredita in modo massiccio.

È un’industria quella assicurativa che ha di fronte una prospettiva di sviluppo, nonostante la crescita di questi due decenni, e la sovveniamo appunto al tema che vogliamo trattare oggi, enorme a mio giudizio. Perchè? Perché i cambiamenti così profondi inevitabilmente generano, soprattutto in un Paese economicamente avanzato, sempre bisogni nuovi e rafforzano anche i bisogni vecchi, pur modificandoli.

Quindi è un mercato ben lontano da qualunque rischio di saturazione. Il problema di far bene l’industriale delle assicurazioni non è un problema di trovare spazi da inventare, ma di saper corrispondere agli spazi sempre maggiori che ti si propongono, a seguito della crescita dei bisogni di protezione e di sicurezza, che sono ormai estremamente ramificati: imprese, aziende, famiglie, persone individuali si presentano con una domanda sempre maggiore.

È chiaro che la forza della domanda semplifica l’offerta da un lato, perché hai una vasta potenzialità di fronte, ma quando la domanda è consapevole, diventa più sofisticata, è aperta ad una serie di sfumature e di bisogni, allora l’offerta deve essere capace di corrispondere ad essa.

E teniamo conto che c’è un altro fattore di forte spinta, un propellente. Il propellente viene fuori dalla crescente inadeguatezza dei fornitori tradizionali di protezione. Chi sono questi fornitori tradizionali di protezione? Sono lo Stato, l’impresa, la famiglia. Ciascuno di questi soggetti ha fatto, nel tempo, esplicitamente o implicitamente delle promesse che poi ha potuto mantenere solo in parte per una serie di motivazioni, di cui la più consistente, soprattutto riferita al primo fornitore di protezione, cioè lo Stato, è la limitatezza delle risorse e quindi la insostenibilità della spesa.

Questo però genera da un alto opportunità e dall’altro responsabilità. Responsabilità perché è evidente che, man mano che crescono bisogni in aree

estremamente delicate, viene a sorgere l’esigenza di una nuova forma di collaborazione tra pubblico e privato, di trovare nuove forme di equilibrio tra la responsabilità individuale e la responsabilità collettiva.

E credo che in questo abbiamo già trovato un punto di forte vicinanza fra assicurazioni e banche, come istituzioni alle quali la collettività si rivolge per risolvere dei propri bisogni che sono bisogni di protezione o di protezione del risparmio.

La materia prima delle due industrie, quella bancaria e quella assicurativa, è già stato detto molto meglio di come lo dirò io, ma mi preme sottolinearlo, è la fiducia della gente: noi trasformiamo la fiducia della gente, partendo dai bisogni che essa ha, in prodotti che non sono e non possono essere nient’altro che corresponsioni reali ai bisogni.

Quindi non sono formule contrattuali, ma sono soluzioni di problemi e, senza che sappiamo trasformare bene questa materia prima, sicuramente non c’è spazio per successi economici durevoli nel tempo. È evidente che la fiducia, che è un bene prezioso, che è una materia prima teoricamente ampiamente disponibile, nella realtà

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di estrema delicatezza, perché ha bisogno di essere mantenuta e alimentata, deve essere tutelata, merita la tutela e di questo ogni giorno si parla.

La prima forma doverosa è quella della autoregolamentazione da parte dei settori che sono chiamati a cogliere un’opportunità industriale, trasformando questa materia di grande delicatezza e di grande importanza. Poi esiste giustamente anche la regolamentazione.

La regolamentazione deve evitare un rischio, che è quello della over-regulation, della sovra-regolamentazione, della trasformazione in bombardamenti di regole e regolette che portano poi a risolvere adempimenti formali o formalistici molto più che a tenere comportamenti corretti. È importante il sistema di regole, ma è molto più importante un sistema di comportamenti intonati e, ancor di più, ispirati ad un sistema di valori.

Queste cose per chi, come banche e assicurazioni, fa tutto, crea tutto il suo successo economico sulla trasformazione di questa materia prima, la fiducia, non sono solo affermazioni etiche, ma devono diventare anche convincimenti di tipo industriale, perché se non si manovra in modo corretto e finalizzato al medio-lungo termine attraverso l’assunzione di comportamenti etici e di qualità di rapporti con il mercato la materia prima, sicuramente non si va oltre.

Diceva prima il Professor Filotto, e io ne condivido profondamente, molte volte noi commettiamo l’errore di leggere con soddisfazione la percezione positiva che il consumatore, il cliente, l’utente ha nei confronti dell’azienda che dirigo io e quindi poi la confrontiamo con la percezione negativa che ha nei confronti del sistema aziende a cui io appartengo dicendo con un po’ di sorriso, più o meno esplicito: “Bhé, insomma, però tutto sommato sono meglio di quell’altro”.

In realtà dobbiamo preoccuparci proprio di quello che diceva, cioè della rappresentazione sociale del fenomeno, che è un valore di fondo, anche per evitare quello che lui ha ricordato: degli interventi che si originano in questa percezione e che possono impattare in termini estremamente negativi sia per il sistema delle imprese che alla fine anche per il sistema dei consumatori stessi.

Oggi, qualunque politico di qualunque ispirazione parli non bene di banche e compagnie di assicurazione, è certo di procurarsi, almeno a livello istintivo, un voto in più di quello che aveva il giorno prima.

Siamo accomunati da alcune colpe di fondo, la più grave che ci viene puntualmente rivolta e che io faccio difficoltà a pensare di dover emendare è quella di guadagnare, di fare il profitto e il profitto è sempre visto come una motivazione di aver guadagnato su qualcuno. Ecco, quello che noi dobbiamo riuscire a fare è trasformare il guadagnato su qualcuno in guadagnato per qualcuno, che non sono solo gli azionisti, ma è il sistema nella sua globalità.

Allora, perché l’assicurazione del futuro sia sostenibile, e perché forse anche la banca del futuro sia sostenibile, vista questa cuginanza di attività industriale, io credo che dobbiamo fare molto e di più di quello che abbiamo fatto, o saputo fare, che è la stessa cosa, fino ad oggi, nel relazionarci nei confronti di quelli che vengono chiamati “stakeholders”, che sono, l’abbiamo sentito prima nelle parole del Dottor Trincia, sicuramente le associazioni dei consumatori, ma è la società civile in generale, con la

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quale e con i quali dobbiamo avviare, come ha detto Trincia, una partnership e io non ho niente in contrario a ripetere la stessa parola, va un po’ oltre, non so se siamo capaci di passare dalla situazione di oggi subito ad una partnership, ma comunque un forum sistemico e sistematico di confronto, di collaborazione per cercare di riflettere su alcune cose.

Vedete, io, come assicuratore, ho un problema di fondo per esempio: la Responsabilità Civile Auto; ovunque vado, posso preparare il discorso più dotto del mondo e la domanda che ricevo regolarmente è quella di “Le tariffe d’auto aumenteranno l’anno prossimo piuttosto che no?”. Perché? Perché l’assicurazione è percepita, e questo è il problema, fondamentalmente come l’assicurazione dell’automobile, perché è obbligatoria. Ed essendo obbligatoria è percepita come un’imposta.

Quindi già sto antipatico per definizione, perché divento un esattore di imposta. Il Professor Vaciago ha ricordato prima come siamo poco inclini a pagare le imposte e quindi poco inclini a pagare anche premi della RC Auto.

Però questo è vero solo in apparenza, perché nella realtà la domanda cresce e la gente presenta sempre di più i suoi bisogni molteplici e si rivolge con fiducia crescente al sistema assicurativo, pur continuando a parlarne cordialmente male.

Non è irrilevante il fatto che se ne continui a parlare cordialmente male e su questo bisogna agire, su questo, sulla rappresentazione sociale delle nostre industrie e dell’industria assicurativa per quello che più direttamente mi riguarda, io credo che si debbano fare degli investimenti.

Un investimento noi lo stiamo cercando di fare, proprio per l’RC Auto, che assumo solo come esempio, con il cosiddetto “Risarcimento diretto”. Il risarcimento diretto, cioè il danno pagato dalla compagnia di assicurazione al proprio assicurato, a prescindere che sia responsabile piuttosto che no, dovrebbe permettere una cosa di fondo: di misurare la qualità del servizio e quindi di modificare il rapporto dell’utente da un rapporto di terzo contro impresa ad un rapporto di cliente con la sua impresa. Ma questo è sicuramente insufficiente, ancorché giusto.

Bisogna riuscire a sviluppare proprio una cooperazione sistematica con il mondo della società civile e anche tra di noi. Lo dico guardando Maurizio per il passato fino a ieri, guardando a Corrado Faissola, per oggi e domani, e io credo che tra gli stakeholders ci siamo anche noi reciprocamente, non soltanto noi banche o assicurazioni, noi associazioni imprenditoriali, noi sindacati, noi associazioni civiche in senso lato.

Dobbiamo investire di più, denaro e tempo, nel cercare di fare evolvere proprio quello che veniva definito da Filotto la “rappresentazione sociale” dei nostri settori, delle nostre aziende, che meritano molto di più, e io lo dico con grandissima convinzione, di quello che invece, nella realtà di oggi, sembrano essere considerati quando se ne parla in termini generali.

Questo non può accadere se noi non ci rendiamo, per primi, parte attiva e parte organica di un’evoluzione che è indubbiamente non solo necessaria, non solo opportuna, ma anche economicamente utile. Rappresenterà un grande investimento che darà un ritorno economico importante. Grazie.

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Professor Zanetti, Moderatore

Grazie Professor Cerchiai. Prego ora il Dottor Faissola, il Presidente dell’ABI, di concludere i lavori odierni. Corrado Faissola, Presidente dell’ABI Grazie al Professor Zanetti. Pochi minuti fa, ricordavo con Maurizio Sella quando, venti anni fa, ci trovammo in questa stessa città a festeggiare il centesimo anniversario della fondazione della Banca Sella. È quindi con una certa emozione che mi accingo, in qualità di Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, successore proprio di Maurizio Sella, ad esporvi qualche breve considerazione. Mi è anche gradito intervenire insieme a Fabio Cerchiai, considerando che tra banca e assicurazione il futuro sarà di sempre maggiore, non solo collaborazione, ma direi anche integrazione, dal punto di vista della rappresentatività di valori, di interessi e di problemi che sono sempre più comuni. Il rapporto tra le banche e il loro mercato conosce ormai da diversi anni un impegnativo processo di trasformazioni che è riconducibile ad una serie molto ampia di fattori; alcuni sono stati presi in considerazione, da chi mi ha preceduto: la profonda trasformazione che la figura del cliente ha assunto in questi anni, ha veramente rappresentato una profonda necessità da parte delle banche di fronte alle nuove sfide, ma anche di fronte al mutato scenario nazionale e internazionale. La nuova maturità del cliente bancario si manifesta innanzitutto con una più elevata capacità critica, comparativa e negoziale. Il cliente ha sviluppato un orientamento più attivo, improntato allo shopping anche in campo finanziario; orientamento, questo, assente fino a solo pochi anni fa. Si pensi che lo scorso anno sono stati circa 5.500.000 i clienti che si sono rivolti a banche diverse dalla propria, per avere informazioni sui prodotti e servizi. Tutto ciò è il riflesso di una accresciuta volatilità della relazione banca-cliente che impone alle banche di adottare strategie di offerta che non siano soltanto improntate alla certezza, cioè alla convinzione che una volta acquisito il rapporto con il cliente questo durerà per sempre, senza un fortissimo impegno da parte della banca a mantenerlo, ravvivarlo e consolidarlo. Come è stato sottolineato anche dal Professor Filotto, il cliente vuole una banca che sia il più possibile vicina ai suoi bisogni; la banca cerca di soddisfare queste esigenze. Le banche, inoltre, hanno anche la responsabilità di una crescita culturale, non solo del cliente, ma di tutta la società civile.

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In questi anni, quindi, sono mutate tutte quelle strutture e organizzazioni predisposte dalle banche per far fronte a questi bisogni. Oggi le banche hanno cercato di darsi strutture organizzative che già di per se stesse facilitassero il rapporto con il cliente. I modelli non sono univoci, ci sono modelli più o meno specializzati, forse in qualche caso la specializzazione è stata troppo accentuata, per cui il cliente oggi si trova a dover affrontare, quando entra in un’agenzia bancaria, problemi di comunicazione con il soggetto al quale lui intenderebbe rivolgersi per avere una riposta al suo problema. Mi riferisco alla segmentazione molto accentuata, che io condivido dal punto di vista delle strategie e delle politiche commerciali, ritengo però che debba essere con cautela, forse anche rivista per un miglior rapporto con il cliente. E questo mi pare che il sistema bancario stia attuando, perché talune forzate specializzazioni, dal punto di vista della relazione con il cliente, alcune banche le hanno già attenuate e altre stanno pensando di farlo. Il moltiplicarsi delle figure professionali, sicuramente il tentativo, che io reputo sostanzialmente riuscito di abbinare alle esigenze del cliente, ai bisogni che il cliente manifesta una propria struttura organizzativa, ha rappresentato una rivoluzione organizzativa e culturale che è tutt’ora in atto. Un altro aspetto molto importante, e che ha visto negli ultimi anni una profonda mutazione del sistema bancario, è quello della moltiplicazione del numero di sportelli. Quindi, la prossimità della banca al cliente è cresciuta moltissimo, anche a seguito di un più che raddoppiato numero di sportelli ubicati sul territorio a disposizione della clientela. Ma questa è ancora, a mio avviso, la minore delle rivoluzioni, perché la rivoluzione principale è la multicanalità, è il poter utilizzare i servizi bancari senza andare in banca. E anche su questo versante, sia pure con una qualche difficoltà, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo degli strumenti di pagamento, banche e clienti stanno facendo grandi passi avanti. L’ABI per lunghi anni ha rappresentato una funzione di collegamento per la tutela degli interessi che essa rappresentava, vale a dire un’azione di approfondimento tecnico, delle questioni, delle rappresentazioni, delle soluzioni, di proposta delle stesse alle autorità nella logica di promuovere interventi che, perseguendo interessi di portata più generale, non dimenticassero di salvaguardare e auspicabilmente ad accrescere l’efficienza dell’attività svolta dalle banche e dagli altri intermediari finanziari. Certamente questa è una funzione che rimane profondamente insita, connaturata alla funzione di un’associazione di categoria. Io penso che sia necessario, e ne accennavo poc’anzi alcuni aspetti di tipo culturale, che la crescente articolazione delle autorità e l’accresciuta complessità degli interventi abbia la necessità di affinare ulteriormente l’attività dell’ABI, perché il ruolo che essa compie, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale, è sempre più complesso. La banca rappresenta il centro di riferimento di moltissime attività produttive, a tutti i livelli e in tutte le categorie. Il numero dei clienti delle banche è superiore ai trenta milioni. Praticamente non c’è consumatore o cittadino che non abbia un rapporto con la banca e, avendolo spesso o quotidianamente. Questo vuol dire che tutti i giorni noi siamo valutati e questo è uno stimolo, ma è anche una grande

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responsabilità. Un ruolo che l’ABI, negli ultimi anni, ha cercato di interpretare, e ritengo che l’abbia interpretato anche in modo molto efficace e proficuo, è quello di ispirare nelle banche un concetto di “best practics” per i comportamenti nei confronti dei clienti. L’ABI non può, come ho sottolineato anche alle autorità di controllo della concorrenza, emettere dei decreti legge o comunque delle normative cogenti nei confronti delle sue associate, come non lo può fare nessuna associazione di categoria; l’ABI però ha cercato e continuerà a fare un’opera di promozione di quelli che sono i comportamenti più proficui, nell’interesse del cliente e nell’interesse delle banche stesse. Quindi, la determinazione di indirizzi di comportamenti che individuino regole operative virtuose da proporre all’attenzione degli associati è stato e continuerà ad essere uno degli obiettivi, una delle mission che l’ABI si continuerà a proporre. Altro strumento, che è correlato al primo, è quello delle iniziative di autoregolamentazione, a cui accennava anche Fabio Cerchiai. Autoregolamentazione non significa vincolo da parte delle banche di tenere un certo comportamento, ma un impegno che le banche stesse prendono per portare il comportamento di tutti gli intermediari sui livelli di base, dai quali innescare un ulteriore comportamento virtuoso e di concorrenza propositiva da parte di tutte le altre banche del sistema. La concorrenza, se parte da livelli più elevati di comportamento generalizzato virtuoso, sicuramente produce ancora maggiori effetti di quelli che produrre in un sistema invece che presentasse ancora largamente situazioni di inefficienza dal punto di vista della gestione del rapporto commerciale e non colo con il cliente. È fuori di dubbio che tutto questo passa attraverso il vaglio della autorità che regola e disciplina la concorrenza. Noi abbiamo assunto sempre, nei confronti delle autorità, e continueremo a farlo, un comportamento collaborativo e auspichiamo che anche i rapporti, che sono buoni, possano ulteriormente migliorare nell’interesse dello sviluppo di una corretta concorrenza, che vada anche verso la tutela degli interessi coincidenti del consumatore e dell’istituzione finanziaria. In questo ambito penso in particolare alle iniziative che hanno portato le banche alla promozione, allo sviluppo e alla realizzazione di “Patti chiari”, che è nata alcuni anni fa e che ha determinato una fortissima fonte di informazione per i clienti e per tutta la comunità finanziaria a tutti i diversi livelli. L’ultimo prodotto che abbiamo lanciato recentemente è “Cambio conto. Come cambiare conto corrente”. Qualche giornalista l’aveva interpretato come un modo per facilitare i clienti a cambiare conto. Il cliente rappresenta per la banca il maggior patrimonio che la banca stessa possa avere, quindi questo è un modo per facilitare il cliente a cambiare conto nell’ipotesi che egli non sia soddisfatto della propria banca. Ma ogni singola banca, sono sicuro, farà di tutto perché il cliente non lo cambi questo conto. Quindi il facilitare il cambiamento del conto è l’estrema ratio di un rapporto. La trasferibilità dei servizi di pagamento collegati ai conti correnti è il progetto che stiamo realizzando e che partirà da febbraio e anche questo è un modo per semplificazione la vita al cliente e noi pensiamo che questo possa migliorare ancora di più il rapporto con il cliente stesso. Forse sarà una mia interpretazione un po’ originale questa, ma io la interpreto con grande convinzione in questo senso:

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mettiamo a disposizione del cliente tutti i possibili strumenti per cui lui si possa sentire libero e non vincolato, ma nel contempo facciamo tutto quello che è in nostro potere perché egli si senta a proprio agio. Ritengo infine doveroso un brevissimo accenno anche alla profonda trasformazione strutturale e dimensionale che il sistema bancario ha realizzato nell’ultimo periodo. In Italia l’unico sistema produttivo che effettivamente abbia cambiato i connotati e dimensioni è stato il sistema bancario. Siamo stati lungamente sottoposti a critiche da parte di altre associazioni imprenditoriali, le quali peraltro hanno modificato pochissimo la loro struttura sia organizzativa che dimensionale. L’Italia oggi ha due grandi gruppi a livello Europeo, ha un certo numero di gruppi a livello nazionale, fortemente radicati sul territorio. Ritengo che il modello che le grandi banche stanno perseguendo, e sono certo che riusciranno a realizzare con profitto, di essere grandi in Europa ma di essere sempre fortemente ancorati sui territori di provenienza, sia un modello vincente. Anche perché sui singoli territori – e qui siamo ospiti di una banca che è fortemente radicata sul territorio, ed ha una dimensione media – contribuiranno ad essere attori di una forte concorrenza tra molti operatori, ognuno dei quali, perseguirà obiettivi parzialmente diversi, ma tutti si impegneranno per la crescita del territorio dove operano, che è una grande ricchezza di ognuno, dei singoli operatori e di tutto il Paese. Un appello forte che l’ABI ha fatto al sistema bancario è di un ulteriore sforzo sulla semplificazione di tutti i rapporti che ha con il cliente. “Patti chiari” mette a disposizione del cliente una valanga di informazioni, bisogna che l’ABI si faccia promotrice, come sta facendo, di un’ulteriore semplificazione di questi numeri. Dobbiamo fare un grande sforzo, perché questo rappresenterà un ulteriore avvicinamento della banca ai propri clienti e quindi anche un incremento della fiducia, che costituisce il patrimonio delle istituzioni finanziarie in generale e delle banche in particolare. E con questo augurio io ringrazio tutti i presenti e faccio tanti auguri per il proseguimento di questo convegno e, in particolare, un augurio caloroso alla Banca Sella. Professor Zanetti, Moderatore

Grazie al Dottor Faissola e al Dottor Cerchiai. Io credo che si sia percepito molto bene come queste due relazioni siano state

davvero due relazioni conclusive perché hanno messo dei punti fermi, ma oserei dire che sono dei punti fermi di tipo dinamico, perché in realtà non sono altro che una premessa per andare avanti, per raggiungere altre tappe che ci sono anche state indicate.

Quindi mi pare che ci sia tutto un cammino per il quale possiamo accogliere questo invito del Dottor Faissola e magari a cadenze un po’ più ravvicinate, dato che i capelli bianchi noi li abbiamo, per vederci ancora in questa sede.

Io ringrazio il pubblico e ringrazio tutti coloro che hanno partecipato, perché mi pare sia stato un pomeriggio di lavoro intenso, l’abbiamo vissuto con attenzione e

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quando le cose vanno bene vuol dire che c’è la collaborazione di tutti e quindi credo che sia doveroso ringraziare proprio tutti voi, perché avete aiutato anche il mio lavoro e il lavoro di quanti hanno direttamente operato per questa prima mezza giornata.

Credo ci sia un aperitivo adesso al Circolo Sociale, che si raggiunge mi pare girando a sinistra, ma non so se io ho tutti gli elementi, quindi prego il Cerimoniere di integrare queste mie scarne informazioni. Professor Zanetti, Moderatore

Grazie al Dottor Faissola e al Dottor Cerchiai. Da entrambe le relazioni si è percepito molto bene il loro carattere conclusivo

della giornata. Esse infatti hanno messo dei punti fermi; oserei dire però che si è trattato di punti fermi di tipo dinamico, vere e proprie premesse per andare avanti, per raggiungere altre tappe lasciate trasparire.

Si delinea pertanto un cammino lungo il quale possiamo accogliere l’aperto invito del Dottor Faissola, ad incontri come questo ma a cadenze un po’ più ravvicinate, dato che i capelli bianchi ci accomunano.

Ringrazio il pubblico e ringrazio tutti coloro che hanno partecipato; è stato un pomeriggio di lavoro intenso, vissuto bene e con attenzione, e quando le cose vanno bene vuol dire che c’è la collaborazione di tutti. È quindi doveroso ringraziare tutti quanti hanno direttamente operato per la riuscita di questa prima mezza giornata.

C’è ora un aperitivo al Circolo Sociale, che si raggiunge girando a sinistra, in proposito prego il Cerimoniere di integrare queste mie scarne informazioni. Cerimoniere

Grazie Professor Zanetti. Io devo darvi solo alcune indicazioni pratiche: per chi volesse recarsi in albergo sono pronte le navette qua fuori e poi vi porteranno direttamente al Salone delle Feste; invece l’aperitivo a cui faceva riferimento il Professor Zanetti è servito al Circolo Sociale, che è qua vicino, a due passi, all’uscita dal teatro sulla sinistra, ma le signorine vi indicheranno la strada; chi invece volesse recarsi con mezzi propri al Salone delle Feste è pregato di arrivare entro le 19.45 per ragioni organizzative, per il concerto e per la cena a seguire.

Infine vi preghiamo di conservare il badge e di dirlo anche alle vostre Signore, perché il badge è indispensabile conservarlo per ragioni di sicurezza, non è necessario metterlo al collo, ma occorre esibirlo all’ingresso al Salone delle Feste e anche per domani è indispensabile conservarlo.

Grazie a tutti, buon aperitivo e buon rientro in albergo per coloro che rientrano.

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Interventi Sabato 11 Novembre 2006 Mario Deaglio, Moderatore

Signori buongiorno, benvenuti a questa seconda parte del convegno per i centoventi anni della Banca Sella o del Gruppo Banca Sella, come adesso dobbiamo dire, ma sostanzialmente la realtà è poi la Banca Sella.

Ieri avete visto i risultati di un’indagine che riguarda il livello di soddisfazione dei clienti delle banche nei confronti del sistema bancario. Se posso sintetizzare in una parola, il risultato è che l’edificio è solido, i piloni di cemento armato sono sicuri, quindi tengono, ma ci sono alcune macchie di umidità. Queste macchie di umidità compaiono in alcun i punti. Il cliente, il risparmiatore è sostanzialmente soddisfatto della propria banca, ma è scontento del funzionamento del sistema, un comportamento abbastanza comune come ci ha ricordato il Professor Bagnasco, Va sottolineato che la scontentezza verso la propria banca è acuta in alcune fasce minoritarie e su questo forse dovremmo riflettere e cercare di parlare.

Posso aggiungere che, secondo me, le cose sono cominciate a cambiare quando i tassi di interesse sono scesi, perché finché i tassi di interesse sono stati alti chi riceveva un estratto conto si trovava di fronte interessi che coprivano le spese.

Quindi sostanzialmente il conto corrente veniva percepito come qualcosa che dava un reddito, sia pure minuscolo. Quando invece cominciano a scendere i tassi di interesse, le spese rimangono quelle che sono, il conto corrente segna un interesse passivo ed ecco che il correntista percepisce che qualche cosa non va.

La prima parte della mattinata sarà dedicata ad una tavola rotonda, dedicata a quattro interventi, poi vedremo di quattro personaggi che rappresentano quattro aspetti del mondo bancario italiano.

E li chiamo nell’ordine a venire sul palco: il Dottor Camillo Venesio, Amministratore Delegato e Direttore Generale della Banca del Piemonte. Buongiorno Dottor Venesio. Lei rappresenta il mondo delle banche piccole, locali, ben radicate sul territorio, che costituisce in Italia una parte, forse molto più importante che nel resto d’Europa e vorrei dire anche in gran parte del mondo, della realtà bancaria.

Il Dottor Fabio Innocenzi, Amministratore Delegato della Banca Popolare di Verona e Novara. Le banche popolari sono un’altra parte della realtà italiana, anch’essa con tradizioni molto profonde che, proprio negli ultimi tempi, proprio con l’Istituto di Credito di cui il Dottor Innocenzi è Amministratore Delegato, hanno dato segnali di vitalità e di reazione.

Il Dottor Alessandro Profumo, Amministratore Delegato del Gruppo Unicredit, e qui abbiamo un altro tipo ancora di banca. Direi che ieri è stato detto che ci sono due gruppi bancari italiani a livello europeo, abbiamo qui il rappresentante di uno dei due. Poi credo che discutiate su qual è il primo e qual è il secondo, a seconda dell’indice, ma questa non è una cosa molto importante.

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Infine, il Dottor Rijkman Groenink, Presidente di ABN Amro Bank. E questa è la componente più recente, in qualche modo più innovativa, nel senso che ha portato un segnale di cambiamento del sistema bancario italiano, cioè la presenza rilevante di istituti di credito di altri Paesi al livello non di uffici di rappresentanza, di piccole sedi, ma nel contesto effettivo della realtà bancaria italiana.

Allora, a questo punto, noi vogliamo sapere da questo panel di diretti interessati, di persone che agiscono sul campo, quali sono gli elementi alla base di un rapporto di fiducia tra la banca e il cliente. Questo rapporto che abbiamo visto ieri essere, da un lato, solido, dall’altro però, con le macchie di umidità.

Darei la parola agli intervenuti nell’ordine con cui li ho chiamati, quindi comincerei con il Dottor Venesio, che prego di accomodarsi al podio.

Il tempo degli interventi dovrebbe essere di dieci – quindici minuti, i banchieri sono persone, il motto della City era “My word is my bond”, la mia parola è il mio impegno, e penso che l’impegno di rispettare i tempi sia una delle cose su cui si vede la modernità di un sistema bancario. Camillo Venesio, Amministratore Delegato e Direttore Generale della Banca del Piemonte

Grazie Professore e grazie a tutti voi. Buongiorno a tutti. Provo particolare piacere ad essere qui ad inaugurare questa tavola rotonda

oggi per i centoventi anni della Banca Sella, perché, come qualcuno di voi saprà, la mia famiglia, così come la Famiglia Sella, fa impresa bancaria più o meno sugli stessi territori e quindi dal punto di vista della mia vita professionale sono stato accompagnato da due costanti: la grande concorrenza e la grande amicizia con gli esponenti del Gruppo Banca Sella, Maurizio da tanti decenni e poi, da qualche tempo, anche i suoi figli, Pietro e Federico. Nella gestione delle nostre aziende, ma non solo, anche quando ci siamo occupati di questioni relative all’intero sistema bancario italiano, abbiamo avuto una condivisione di ideali e di principi che è immutata nei decenni.

Le mie osservazioni - che naturalmente riguardano le banche locali e le piccole banche regionali - derivano in larga prevalenza da esperienza personale “sul campo”, non solo come AD di Banca del Piemonte ma anche come Presidente del Comitato Piccole Banche in ABI.

Ora, è noto come negli ultimi anni si sia verificato un aumento delle quote di mercato delle piccole banche indipendenti, soprattutto - ma non solo - dal lato degli impieghi; in particolare, in alcuni territori la presenza e la crescita di questo tipo di banche è significativa: mi riferisco a banche popolari, casse di risparmio spa, banche di credito cooperativo-casse rurali, banche private “storiche” (come Banca Sella e Banca del Piemonte).

Questo fatto oggettivo parrebbe confortare quanto la dottrina, che potrei definire “classica”, anche recente, afferma e che può essere così sintetizzato: la

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ragione della vitalità delle banche di piccola dimensione va ricercata “nell’esistenza di vantaggi che possono controbilanciare le economie di scala1”.

Gran parte della letteratura infatti, continua a ricercare la spiegazione delle buone performance delle banche di piccole dimensioni nella posizione di vantaggio che esse sembrano possedere nel finanziamento delle famiglie e delle attività imprenditoriali, in caso di radicamento nella comunità locale.

I tradizionali - e sempre ricordati - punti di forza, come noto, sono: a) il legame stretto con la propria clientela; b) le relazioni personalizzate; c) la conoscenza approfondita del tessuto produttivo e dei singoli operatori, che derivano dal radicamento sul territorio e da relazioni di affari di lungo periodo; d) il fatto che chi decide, anche le strategie di lungo termine, vive sullo stesso territorio sul quale si realizzeranno gli effetti delle decisioni prese; e) la rapidità nelle decisioni; f) il personale in genere ben motivato; g) il fatto che esse ragionano con un ottica di impresa, certamente, ma è un’ottica che non si traduce solo nel profitto, è anche capacità di essere più vicina come mentalità e cultura al proprio territorio.

Ebbene, tutte queste caratteristiche parrebbero nel complesso in grado di amplificare la capacità di disporre di vantaggi informativi, i quali a loro volta consentirebbero di instaurare e mantenere con la clientela, in particolare piccola e medio piccola, un forte rapporto di fiducia.

Il rapporto di fiducia con la clientela - sempre secondo questa linea di pensiero - sarebbe automatico ed intenso in situazioni di attenta gestione dei punti di forza appena ricordati, e sembrerebbe inoltre non essere particolarmente influenzato dalla presenza o meno nelle banche locali di caratteristiche proprie di imprese moderne e dinamiche: il forte sviluppo sarebbe la logica conseguenza di questa situazione.

Inoltre, secondo alcuni osservatori ed anche alcuni operatori, trasparenza,

chiarezza, comprensibilità, adeguatezza dei prodotti sono valori che sembrano essere naturalmente correlati al modo di lavorare delle piccole banche, (legame stretto e relazioni personalizzate! Queste magiche, sebbene generiche, parole…).

Sempre secondo questa linea di pensiero (che più che “classica” talvolta penso sia meglio definire “consolatoria”) i grandi concorrenti - che, sia detto per inciso, in molte aree territoriali sono leader indiscussi in quanto a quote di mercato ed hanno ormai da anni ripreso a seguire con straordinaria aggressività il mondo dei clienti retail - sarebbero appesantiti dalle diseconomie recate dalle complessità, che impatterebbero in modo significativo sull’efficacia del rapporto con la clientela piccola e media, quella tradizionale delle banche locali.

Ecco quindi spiegato, per l’oggi e per il domani, il successo delle banche locali.

1 De Bruyin R., Ferri G., 2005, “Le ragioni delle banche popolari: motivi teorici ed evidenze empiriche”, p. 22

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Io, tuttavia, non sono d’accordo con questa impostazione: i punti di forza tradizionali di una banca locale sono ormai condizione certamente necessaria, ma certamente non più sufficiente, per avere successo nel medio periodo.

In effetti, l’evidenza empirica conferma che le banche locali che più hanno avuto successo negli ultimi anni sono quelle che non si sono limitate a crogiolarsi nei loro tradizionali punti di forza; sono quelle che hanno sviluppato e diffuso al loro interno le diverse caratteristiche proprie di imprese moderne e dinamiche: management con elevata professionalità; forte cultura e valori aziendali, anche etici, condivisi a tutti i livelli; capacità adeguate di presidio e governo dei rischi e dei costi - e non mi riferisco solo ai rischi di credito e di mercato, ma anche ai rischi operativi e soprattutto al rischio di reputazione, il rischio cioè di intaccare l’immagine nostra percepita dai clienti, la fiducia che essi ripongono in noi, che è il nostro bene più importante; rischi di reputazione che sono così più difficili da gestire, a livello locale da parte di una piccola banca, rispetto al grande gruppo.

E ancora, rete di distribuzione organizzata con multicanalità integrata e che deve poter disporre di una buona gamma di prodotti, processi commerciali efficaci ed efficienti e capacità di applicare pricing adeguati.

E sono anche critico sul fatto che il legame stretto e le relazioni personalizzate

siano la soluzione a tutte le problematiche di trasparenza, chiarezza, comprensibilità, comparabilità, adeguatezza dei prodotti di cui i nostri clienti hanno giustamente un gran bisogno.

Ora, è noto che il quadro normativo e regolamentare nazionale in tema di trasparenza è straordinariamente complesso e pare volto a privilegiare la connessione stretta tra tre elementi: la necessità di trasparenza - come detto, bisogno fondamentale della clientela che deve essere soddisfatto; gli appesantimenti burocratici - in certa misura necessari - ed il terzo che è la complicazione e la poca comprensibilità per il cliente medio, elemento quest’ultimo decisamente meno condivisibile.

Ma è questa la situazione in cui si trovano tutti gli operatori e non è corretto a mio avviso ritenere che il localismo ed i connessi valori più volte ricordati siano la sola risposta giusta e soprattutto adeguata a queste complessità.

Quante discussioni a questo proposito sono state fatte e sono tuttora in corso con le piccole banche che non credono a Patti Chiari, le cui iniziative sono sovente considerate costosi ed inutili appesantimenti burocratici, forse necessarie alle grandi banche per riconquistare la fiducia persa dei loro clienti: che errore strategico - e lo dice un AD di banca che è sempre ai primi posti nei risultati delle indagini su Customer Satisfaction di ABI - sarebbe per le piccole banche il non credere a Patti Chiari, errore del quale probabilmente le conseguenze non sono ancora state percepite, anche per oggettivi fattori legati alle iniziative Patti Chiari, ma è solo questione di tempo.

Quante discussioni con le piccole banche anche sull’applicazione delle moderne tecniche di erogazione del credito, che dovrebbero prevedere una solida, strutturata, efficiente integrazione tra il “relationship banking” (informazioni non

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codificate, prossimità al cliente dei ruoli deliberanti, valutazione soggettiva della controparte) che è il tradizionale modo di erogare il credito delle piccole banche, con un appropriato sistema di rating: che errore strategico sarebbe non seguire con determinazione questa strada, correre il rischio di vedersi scaricati clienti non ritenuti più affidabili da concorrenti dotati di solidi sistemi di valutazione; certo, acquisizione di quote di mercato sugli impieghi all’inizio, ma poi?

In conclusione, non ritengo che la piccola banca ottenga - o possa ottenere ancora per molto tempo - la fiducia del cliente prevalentemente perché è piccola, è locale, è sul territorio da tanti anni, è fatta da gente simpatica e gentile con buon senso, che parla lo stesso dialetto del piccolo cliente: tutto questo non basta più; il successo potrà continuare solo se anche la piccola banca saprà dimostrare di essere allo stesso tempo attenta gestrice dei tradizionali punti di forza ma anche impresa moderna, consapevole ed innovatrice, trasparente nel senso più forte del termine, che sappia in sostanza “mantenere elevata l’efficienza delle proprie strutture e l’efficacia del momento operativo, e riesca a posizionarsi correttamente nel proprio contesto” 2. Mario Deaglio, Moderatore

Grazie Dottor Venesio. Il Dottor Venesio, dietro un discorso cortese, ha fatto in realtà delle affermazioni estremamente puntuali e, se vogliamo, estremamente dure, che sono: “Cari signori, non cercate di considerare le banche locali come delle anticaglie , quindi la cortesia, il dialetto, molto duramente, se noi ci stiamo espandendo è perché siamo bravi, e siamo bravi sul piano dei costi e sul piano della qualità dei prodotti. Ed è su questo che vogliamo essere misurati e su questo noi combattiamo”.

E questa mi sembra che sia una buona apertura di discorso. Noto con piacere, scorrendo le note biografiche del Dottor Venesio, che si è laureato in Economia e Commercio alla mia facoltà con 110 lode e menzione, non diciamo l’anno.

A questo punto direi che la palla passa ad un tipo di banche che cerca ed ha anch’esso una forte componente culturale di radicamento locale, ma che, partendo da questo radicamento, ha costruito delle realtà complesse che vanno su vari territori. Quindi il mondo delle banche popolari, delle casse di risparmio, questo tipo di tradizione bancaria è qui rappresentato dal Dottor Innocenzi, al quale do la parola. Fabio Innocenzi, Amministratore Delegato della Banca Popolare di Verona e Novara

Grazie Professor Deaglio. Grazie soprattutto a Maurizio Sella, a Pietro e agli amici che mi hanno invitato qui a parlare oggi. Io confesso che c’è anche un po’ di emozione a parlare in un posto così bello, così importante e pieno di storia. 2 G. Guzzetti, 82° Giornata Mondiale del Risparmio, 31/10/06, p.4

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Io vorrei, Professor Deaglio, ricollegandomi a quello che Lei diceva, partire proprio dall’importanza della fiducia. Nei pochi minuti di questo intervento, vorrei evidenziare l’importanza strategica che ha la fiducia nell’attività bancaria.

Nella ricerca che è stata presentata emerge con forza che la fiducia è un elemento chiave per quanto riguarda i giudizi sulle banche. Lo si vede a pagina cinque, a pagina otto, a pagina undici, quando si parla di attenzione alle esigenze, di rapporti personali, di essere chiari e di farsi capire, della richiesta dei clienti di parlare con lo stesso interlocutore. Sono tutte cose che, se vogliamo, rientrano nel capitolo più ampio della fiducia.

Poi ci si sorprende, perché si arriva a pagina quindici e si vede che la fiducia nella banca, il contenitore di quanto detto prima, è solo al sesto posto, con il 10 % di peso, nel momento in cui bisogna scegliere una banca.

Il dubbio quindi che viene, leggendo la ricerca, è che la fiducia sia molto importante per la soddisfazione del cliente, ma non importante, non abbastanza importante, per fargli fare delle scelte. E quindi, se volete, fiducia come valore in quanto tale, come valore importante (perché la soddisfazione, lo stare bene, il sentirsi a proprio agio è un valore importantissimo) ma con un valore economico limitato.

Il valore economico si concretizza quando porta a delle scelte: vado a scegliere un’altra banca per motivi di fiducia.

Io non credo che questo sia vero per almeno tre motivi: il primo è che la fiducia, intesa come soddisfazione, aumenta la fidelizzazione. Forse non è motore di scelta attiva, ma diventa motivo per sentirsi a proprio agio e quindi per restare. E qui vorrei dire che, come Banca Popolare, questo è un elemento che si vede e si vede molto: nelle banche popolari molto spesso il cliente è socio ed ha un rapporto particolare con la banca, la sente sua, la sente sua per tradizione, la sente sua per storia, la sente sua per appartenenza ad un certo territorio. Certe volte, addirittura, le azioni le ha avute dalla famiglia, come eredità di famiglia. La sente sua perché c’è la regola del “un voto, una testa” e quindi sa che può contare come gli altri nel momento in cui deve esprimere le proprie opinioni.

Quindi la fidelizzazione, la fiducia come legame storico fiducia che fa restare il cliente, è forte nelle banche in generale ed è addirittura più forte nelle banche popolari. Tante volte si dice “La vera differenza è che il cliente si arrabbia, se c’è qualcosa che non va, ma non se ne va”, perché sente sua la banca. Quella è la sua banca, dalla quale comunque non andrebbe via.

Il secondo motivo per cui la fiducia ha un valore economico (e non soltanto un valore immateriale) è quello dell’indotto, della scelta indiretta, del fatto che se uno ha fiducia parla bene e quindi, alla fine, porta un vantaggio indiretto. Si trova a pagina quindici, quando si parla di consigli di altri, di “indotto da altri a scegliere una banca”.

Ma io credo che il punto chiave sia il terzo ed è fiducia come motore di penetrazione dei servizi bancari nelle attività dei cittadini, nelle attività dei clienti, nelle attività, economiche di un Paese.

Servono due precisazioni, e chiedo scusa se sono due precisazioni ovvie, ma sono importanti: il servizio finanziario ha un vantaggio formidabile, è cumulabile, a

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differenza dei beni materiali e di molti altri servizi. È ovvio che i beni fisici non siano cumulabili, uno può avere un’automobile, due automobili, ma non può averne infinite; vestiti, uno può averne un armadio pieno; giocattoli, i miei figli provano a sfidare la legge delle cumulabilità, però alla fine si scontrano con la fisicità dei giocattoli, oltre un certo livello non si può andare.

Anche sui servizi c’è la stessa esperienza. L’esempio tipico è quello del vincolo rappresentato dal tempo, quando si parla di viaggi o quando si parla di cinema, uno non può usufruire in un arco di tempo limitato di tantissimi servizi.

I servizi finanziari invece sono cumulabili. I servizi di finanziamento e di investimento consentono, agendo su entrambi i lati, una cumulabilità del tutto diversa. E questa cumulabilità ha nella fiducia un motore essenziale.

L’impatto della fiducia sulla penetrazione dei servizi finanziari diventa un propulsore per la ricchezza di un Paese.

Prendere a confronto i servizi finanziari con i Paesi Anglosassoni, e con gli Stati Uniti in particolare, è difficile perché c’è un differenziale strutturale importante tra i due Paesi.

Ma se prendiamo la zona dell’Euro e il Paese a Biella più vicino, la Francia, i dati sono evidenti: a fronte di un prodotto interno pro capite che in Italia è di circa 24.000 €, nella zona dell’Euro è del 5% superiore, in Francia è di circa il 10 % superiore.

Se andiamo a confrontare questo con la penetrazione dei servizi finanziari, la massa di ‘prodotto finanziario’, sempre pro capite, ci si accorge che come totale servizi finanziari per cittadino l’Italia ha 42.000 € e sia la zona dell’Euro che la Francia sono del 100 % superiori. Il risparmio gestito in Italia è circa il 26 % del Prodotto Interno Lordo quello degli altri Paesi che citavo è il doppio. I mutui: siamo al 15 % e negli altri Paesi è del 100 % superiore. Il credito al consumo: siamo al 3 % e negli altri Paesi è del 150 % superiore.

Noi abbiamo bassa penetrazione dei servizi finanziari. Qual è la chiave per aumentare la penetrazione dei servizi finanziari? Ce n’è una che ha poco a che fare con noi ed è trainata da un grande trend culturale e demografico in atto. Il trend demografico più semplice è quello del cambiamento della composizione delle famiglie. Nel momento in cui le famiglie italiane erano famiglie grandi, dove si viveva insieme, c’era un formidabile concorrente alla penetrazione dei servizi finanziari: la famiglia stessa, perché se si vive insieme non c’è bisogno del mutuo, ma è l’anziano che finanzia la residenza del giovane, che finanzia gli acquisti del giovane e non c’è bisogno del credito a consumo. Oggi la famiglia si riduce di dimensioni e questo è sicuramente un trend che sta favorendo la penetrazione dei servizi finanziari.

Ma aggiunto a questo, la fiducia è la chiave della penetrazione. Avere fiducia nei servizi finanziari vuol dire innanzitutto aprire l’intermediazione all’interno della famiglia, anche di una famiglia che non vive più insieme, come è la famiglia italiana oggi. Oggi un concorrente formidabile delle banche continuano ad essere le famiglie. Esiste ancora un flusso di prestiti interni alle famiglie, per cui chi ha attività finanziarie mette tali attività a disposizione di chi non le ha. Tipico è l’acquisto della casa: l’acquisto viene fatto con i soldi di famiglia.

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Fiducia vuol dire dare valore, fiducia nell’investimento, da un lato, per la persona di cinquanta, sessanta, settanta anni che decide di investire perché ha una speranza di vita lunga e trova valore nell’investimento, si trova a proprio agio nell’investimento; la fiducia spinge a guardare inter-temporalmente, ad aumentare la disponibilità ad investire i propri soldi. E, dall’altro lato, la fiducia nei prodotti di finanziamento, nella loro flessibilità, nella loro convenienza, nella loro comprensibilità e trasparenza, si diceva prima, aumenta la propensione ad indebitarsi. E questo aumenta le possibilità per le famiglie.

Ecco che la fiducia diventa, come dicevo prima, all’interno delle famiglia, motore di penetrazione, motore che consente di dare serenità e tranquillità a chi ha disponibilità finanziaria. Ma anche tramite prodotti di finanziamento semplici, flessibili e facili da comprendere, motore di accesso a quei beni, a partire dalla casa, di consumo dei quali ha bisogno.

E guardate che questa penetrazione addirittura arriva al livello personale. La fiducia nel rapporto che uno riesce ad avere con chi gli dà i servizi finanziari apre, anche a livello individuale, la disponibilità ad avere contemporaneamente un finanziamento e un investimento.

L’esempio tipico è quello previdenziale: uno riesce, se ha fiducia, a investire le sue disponibilità finanziarie con un orizzonte di lungo termine per avere una vita serena domani, e a gestire invece le sue esigenze di breve termine con un finanziamento che gli dà flessibilità oggi.

Ora, credo, e su questo chiudo, che la fiducia sia un tema importantissimo che deve essere il primo investimento di noi banche. La fiducia, intesa non soltanto in termini di valore, ma anche in termini economici, deve essere trasmessa in tutti i colleghi e nel loro rapporto con il cliente. Di sicuro si traduce in un vantaggio economico per la banca, perché aumenta la produzione bancaria; di sicuro aumenta la soddisfazione del cliente. Ma alla fine l’effetto è che, aumentando la finanziarizzazione dell’economia, ci avvicina a quella penetrazione maggiore che si traduce, abbiamo visto le statistiche, in maggiore ricchezza pro capite nel Paese. Sì, alla fine, la fiducia tra banche e clienti diventa un bene prezioso per la crescita del Paese. Grazie. Mario Deaglio, Moderatore

Grazie Dottor Innocenzi. Ieri, commentando l’indagine, qualcuno, mi pare fosse il Professor Filotto, ha

usato l’immagine del distributore di benzina, cioè la banca come distributore di benzina, fornitore di un servizio sostanzialmente indifferenziato e se anche uno non è contento, in fondo, se va un po’ più in là, trova un altro distributore che probabilmente dà un servizio quasi uguale a quello di prima.

Il Dottor Innocenzi ribalta questa posizione e indica come punto di forza del suo tipo di banche intanto questo elemento di fondo della fiducia e poi, a differenza

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delle banche piccole, la possibilità di fornire quella che io chiamerei una piattaforma finanziaria, quindi la cumulabilità di servizi finanziari di vario tipo.

In effetti, io ho condotto per più di un decennio l’annuale indagine del Centro Einaudi sul risparmio degli italiani, attraverso l’evoluzione del comportamento degli italiani c’è sempre stata la banca come tramite per andare sul mercato finanziario, poi ci sono i fondi, ma tutto sempre largamente attraverso la banca.

Ecco quindi Lei dice: “Questo è quello che noi offriamo: da un lato la fiducia, dall’altra parte una piattaforma larga” e ci prospetta questo orizzonte, devo dire, entusiasmante e tutto sommato, credo, molto fondato. I trend culturali e demografici fanno vedere che siamo ancora molto arretrati nell’uso di questi servizi e tutto lascia prevedere che, con le famiglie che diventano più piccole ci possa essere una grande espansione di questo settore.

Quindi anche lei, come il Dottor Venesio, è robustamente ottimista sul futuro. Adesso darei la parola al Dottor Alessandro Profumo, che ci presenterà un altro

tipo di banca. Una banca che ha sicuramente queste caratteristiche di banca rete, è nata dalla fusione di molte banche locali, ma che si è poi proiettata, in maniera prorompente direi, sul piano europeo. Alessandro Profumo, Amministratore Delegato del Gruppo Unicredit

Grazie dell’invito e grazie in particolare all’amico Maurizio Sella con il quale abbiamo vissuto tantissime giornate di negoziazione con i Sindacati e di dibattiti in Abi. Sotto la sua leadership è stato siglato un contratto che ha segnato un cambiamento epocale per la vita del sistema bancario. Credo che tutti noi dobbiamo essere molto grati a Maurizio, perché quel cambiamento ha segnato veramente il passaggio da una situazione che tutti paragonavano a quella vissuta dall’acciaio in Italia in anni precedenti. Una situazione di profonda crisi e di grande declino atteso, nella quale il sistema bancario, anche grazie al cambiamento che Maurizio Sella ha portato nelle relazioni sindacali, ha avuto la capacità di posizionarsi molto bene in Europa.

Mi sembra quindi giusto iniziare questo mio intervento ricordando gli oltre 200 giorni di discussioni in Abi, facendo nell’insieme un buon lavoro per il sistema.

Parlare di banca sostenibile e non esclusivamente di banca “profittevole” ci

porta nel cuore dei problemi e dei temi che tutti i settori economici, e in particolare il nostro, devono avere la capacità di affrontare.

Quando parliamo di sostenibilità, intendiamo generazione di valore. Possiamo, infatti, anche generare del profitto che non necessariamente si tramuta in valore. Basta scorrere i multipli con i quali vengono valorizzate le varie banche in Europa: è evidente che uno stesso utile può portare un valore, anche economico, per gli azionisti estremamente diverso, perché le attese di crescita futura e di sostenibilità di quegli utili sono più bassi.

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Se vogliamo parlare di generazione di valore, dobbiamo riferirci a una realtà che riesce a rendere sostenibile la sua profittabilità grazie alla legittimazione sociale.

E quindi, quando parliamo di sostenibilità non possiamo riferirci esclusivamente ai clienti, ma anche alle nostre risorse umane. Come ha detto prima Fabio Innocenzi: “Dobbiamo avere la capacità di trasmettere il valore economico della fiducia ai nostri dipendenti, perché lo trasmettano ai nostri clienti”.

Sostenibilità nelle relazioni con le proprie risorse umane può voler dire, per esempio, valorizzare adeguatamente i giovani e le donne.

Recentemente, nel corso del Forum Italo-Turco ho presentato alcuni dati della nostra banca turca confrontandoli con la nostra situazione italiana. In Turchia abbiamo il 22% di donne dirigenti, in Italia il 9%. Forse abbiamo un problema. Se parliamo di sostenibilità, dobbiamo affrontare anche queste realtà. Così come dobbiamo parlare di importanza del territorio.

Ultimamente qualcuno è portato a pensare che le banche di grandi dimensioni tendano a sparire. Perché, se le piccole hanno un futuro radioso in quanto sono le uniche che hanno capacità di avere un rapporto di fiducia con il cliente, le popolari lo hanno perché i clienti si arrabbiano ma non le abbandonano, si pensa invece che le banche di grandi dimensioni tenderanno a scomparire. Ma non mi sembra affatto così.

Ritengo infatti che commettiamo un grosso errore quando pensiamo che ci debba essere per forza qualcosa che è bello e qualcosa che è brutto. Sono belle le aziende familiari e brutte le aziende quotate; sono belle le aziende a capitale diffuso e brutte le aziende familiari; sono belle le aziende che non hanno le fondazioni e brutte quelle che le hanno; sono belle le aziende popolari e brutte quelle che non sono popolari. Il mondo non funziona così. Ogni azienda può essere bella o brutta a seconda della capacità che ha di stare sul mercato. E tutti noi viviamo sulla fiducia dei nostri clienti ed è ovvio che avere clienti fedeli e leali è fondamentale per avere capacità di crescita. Fior di studi economici dimostrano che è molto più costoso acquisire un nuovo cliente, che trattenere un buon cliente. E siccome ogni cliente perso è comunque un cliente nuovo da acquisire, economicamente le cose hanno una forte differenza.

In sostanza, quindi, sostenibilità è generare valore per tutti gli stakeholder. E tra questi ci sono i clienti. Parliamo quindi di loro.

Il primo tema, fondamentale, è che l’azienda, senza clienti, cessa di esistere. Quando UniCredit si è riorganizzata per segmenti di clientela facendo così “sparire”, per usare un termine forte, le varie banche locali che lo componevano, siamo stati molto criticati.

Premesso che è ovvio che non esiste una struttura organizzativa ottimale, quella della suddivisione per segmenti di clientela ha in realtà portato evidenti vantaggi. Così facendo, infatti, abbiamo generato strutture organizzative totalmente dedicate a segmenti specifici. Il loro successo è legato alla capacità di continuare a innovare nei processi, nei prodotti, nelle metodologie di servizio, nei sistemi di incentivazione del personale, in modo da far sì che i clienti siano soddisfatti e crescano.

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A quanto sembra le cose funzionano e sono i numeri a dimostrarlo. Dopodiché, che cosa abbiamo fatto per mantenere questa capacità di servizio

sul territorio? Lo scorso anno in Italia, abbiamo realizzato 240.000 interviste - e chiunque si

occupi di ricerche di mercato sa che è un numero enorme - per avere gli indici di customer satisfaction correlati a ogni nostro sportello. E ne sono emerse cose interessantissime. Per esempio, che a omogeneità di servizio la soddisfazione dei clienti è legata al tipo di concorrenza che abbiamo. Vale a dire, la concorrenza influisce moltissimo sulla percezione che i nostri clienti hanno di noi stessi. Di queste interviste, 200.000 sono state realizzate su nostri clienti e 40.000 su clienti di altre banche.

In secondo luogo, abbiamo legato i sistemi di incentivazione delle nostre persone agli indici di soddisfazione dei clienti. Quando gli indici di soddisfazione arretrano, anche se gli obiettivi economici e commerciali sono stati raggiunti, i bonus vengono tagliati. Questo è un potentissimo attore di cambiamento organizzativo e culturale.

Un altro tema per noi è importantissimo: da anni lavoriamo sul sistema di valori aziendali con quella che abbiamo definito la Carta d’integrità: un insieme di valori che abbiamo declinato in comportamenti per ognuna delle nostre categorie di stakeholder. Abbiamo quindi creato al nostro interno un ombudsman totalmente indipendente al quale - nel caso in cui si verifichino comportamenti contrari alla Carta d’integrità - qualsiasi dipendente può rivolgersi.

Faccio un esempio: tutti noi viviamo con sistemi di incentivazione, con obiettivi e budget. Dobbiamo avere coscienza che anche le banche sono imprese, e quindi non dobbiamo scandalizzarci di questo. Dopodiché ci possono essere dei comportamenti della linea di comando che non sono coerenti con quello che noi dichiariamo, per esempio in termini di incrocio tra prodotti che vendiamo e tipologie di clienti che quei prodotti vanno a comprare.

I dipendenti possono soffrire queste contraddizioni, per cui ci deve essere qualcuno che garantisce che questi comportamenti vengano riallineati al sistema di valori dichiarati.

Altro tema fondamentale, è l’iniziativa Abi di “Patti chiari”. Dobbiamo avere piena coscienza che il sistema di fiducia nei confronti delle banche non può essere recuperato dalle singole aziende.

È assolutamente fondamentale che tutte le azioni della collettività del sistema bancario, ovviamente nel pieno e totale rispetto delle norme antitrust, siano rivolte con una priorità assoluta al tema reputazionale.

Dal nostro punto di vista il recupero di fiducia e la nostra reputazione hanno un valore economico molto più elevato del cuneo fiscale. È quindi fondamentale avere grande chiarezza sulla priorità delle nostre azioni. È molto più importante avere riconoscimenti reputazionali piuttosto che recuperi economici di altro tipo.

E ora guardiamo un po’ alla nostra esperienza estera. In Germania e in Austria

i criteri con i quali i clienti misurano la loro soddisfazione nei confronti delle banche

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sono totalmente diversi da quelli italiani. In Italia i criteri base sono: percezione e stabilità del referente, creazione di un rapporto di fiducia, consulenza negli investimenti. Si tratta quindi di elementi che possiamo definire soft. In Austria invece il primo indicatore di customer satisfaction è l’economicità dell’offerta, il prezzo - quindi estremamente hard - poi affidabilità e, terzo, competenza dei dipendenti. Quindi sono elementi totalmente diversi da quelli che viviamo in Italia.

In Germania il primo criterio è la vicinanza delle filiali, il secondo è l’economicità dell’offerta, come in Austria, e il terzo è il rapporto qualità-prezzo, che è diverso dall’economicità dell’offerta perché si introduce anche il concetto del contenuto del servizio. L’economicità dell’offerta è un discorso brutale: è l’attenzione al prezzo, indipendentemente dal contenuto del servizio.

Questo dimostra che in Italia abbiamo dei problemi specifici, dei quali, come sistema e come singole aziende, dobbiamo farci carico.

La fiducia è un elemento fondamentale, ma tendo a pensare che nel tempo questo discorso cambierà. Le integrazioni fra banche ci sono state, alcune sono ancora in corso, ma progressivamente si ridurranno e il nostro mondo cambierà. Credo che, anche in Italia, andremo sempre di più verso una situazione assimilabile a quella che vediamo in altri Paesi. Dobbiamo iniziare ad attrezzarci, perché il tema dei costi connessi alle diverse segmentazioni di clientela, se non creiamo o sovracosti o sottoservizi, diventerà un elemento fondamentale.

Credo che questa sia la prossima sfida che tutto il sistema bancario dovrà affrontare. E credo anche che, in questo campo, le grandi aziende abbiano una maggiore flessibilità rispetto alle medie e alle piccole. Questo perché hanno un grande numero di punti distributivi che possono differenziare in modo molto più articolato di quanto non possano fare aziende medio-piccole. Quindi suppongo che anche per noi ci possa essere un futuro positivo. Mario Deaglio, Moderatore

Grazie Dottor Profumo. Il suo è stato un intervento ricco di stimoli diversi. E’ importante, secondo me, la sua affermazione che non esiste una struttura organizzativa ottimale e quindi ci può essere la convivenza di diverse strutture: la nostra è una società complessa, quindi ci può essere posto per tutti, soprattutto in un quadro di espansione. Ho ritrovato nel Suo intervento quella che considero un po’ una costante della Sua visione della banca e dei Suoi interventi e cioè il tentativo di essere bravissimo non solo nella creazione di profitti, ma anche nella creazione di valori. Cioè c’è sempre un po’ questo collegamento delle due cose.

Quindi, da un lato, siamo più bravi e più efficienti, dall’altra parte, inseriamo i giovani e le donne, teniamo conto della realtà dei dipendenti.

Infine mi sembra che Lei abbia, giustamente, come fanno le grandi banche, l’attitudine a guardare alla società nel suo insieme dall’esterno, quindi ecco l’organizzazione per segmenti di clientela che avete introdotto, non so se prima di tutti, ma comunque tra i buoni primi di quello che poi gli altri, in qualche modo, cercano di seguire.

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Quello che non ho sentito da Lei, e magari glielo chiederò se avremo tempo per un breve secondo turno, è la dimensione europea, cioè quale logica spinge un grande gruppo italiano ad andare verso l’Europa. O, se preferisce, risponda ora Alessandro Profumo, Amministratore Delegato del Gruppo Unicredit

Larga parte del nostro valore è legato alla crescita del Prodotto Interno Lordo dei Paesi nei quali siamo presenti.

L’Italia sta migliorando, sta crescendo, ma in termini di crescita relativa rimane il fanalino di coda dell’Europa. Noi oggi in Italia produciamo più o meno il 37% dei nostri ricavi, il resto lo generiamo all’estero. In termini di diversificazione dei rischi e di attesa di crescita per i nostri azionisti, credo che abbiamo fatto una cosa unica. Dopodiché ci sono tutta una serie di linee di attività nelle quali è fondamentale avere capacità di sfruttare un effetto che io chiamo “effetto rete”.

Non so se noi siamo più bravi o più cattivi di altri concorrenti. Quello che so è che nessuno è presente in 20 Paesi europei, come siamo presenti noi, e nessuno può dire a 100.000 imprese clienti, come possiamo dire noi, “Guardate che noi, in 20 Paesi, vi serviamo come se fosse a casa vostra”.

Nessuno può diversificare la distribuzione della propria fabbrica di asset management in 20 Paesi differenti avendo una distribuzione captive, che costituisce la base per la distribuzione non captive e quindi avere un asset come il nostro, che oggi è al 57% della distribuzione captive e il 43% non captive. Nessuno, in Italia, può dire di avere 20 Paesi nei quali riesce ad avere una conoscenza dei mercati locali tale da servire il cliente di investment banking, per esempio, creando derivati di credito basati su crediti che si hanno in portafoglio, che nascono in 20 Paesi diversi, quindi con un effetto di diversificazione molto forte. E quindi avere un investment bank che fa 3.200.000.000 € di ricavi.

Sono elementi che oggettivamente costituiscono una unicità di valore che, per me, è estremamente importante, e penso lo sia soprattutto per i nostri azionisti. Mario Deaglio, Moderatore

Credo che da questo intervento sia chiarissimo che il Dottor Profumo pensa proprio che le grandi banche non scompariranno dalla scena.

Abbiamo parlato di estero, ed ecco a noi il Dottor Rijkman Groenink. Rijkman Groenink ha fatto studi di business administration alla Manchester Business School, si è laureato invece in discipline giuridiche alla Università di Utrecht. È Presidente del Consiglio d’Amministrazione di ABN Amro e, nel 2004, è stato eletto “Banchiere europeo” dell’anno. Prego Dottor Groenink.

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Dr Rijkman Groenink, President of ABN Amro Bank (Italian version follows – Versione italiana a seguire)

Thank you very much Professor Deaglio. Ladies and gentlemen, let me first apologize for speaking English. You have seen that I am not wearing the microphone, as I am trying to learn Italian while I was listening and I think I understood, I hope I understood what was said.

Ma ora è troppo difficile per me parlare italiano sul subject. Il mio italiano sociale migliora tutti i giorni, ma adesso in Inglese.

My friend Maurizio, I have known him already for many many years, when he was the President of the Fédération Bancaire Européenne, I was a member at that time. And we have been for years together in the Institut International d’Études Bancaires and I was actually very pleased when he asked me to be here, because that gave me the opportunity to firstly pay my respects to Maurizio and his family for what they have done. I think of his as probably the only family-owned bank left in Western Europe and I think that family Sella has really turned into an art, to stay a family bank and to stay focused and make money at the same time.

And I would also like to take the opportunity, on behalf of the ABN AMRO community in Italy and worldwide, to salute the Sella Community with its hundred and twenty years’ existence, another milestone in its banking history. Apart from always grasping the occasion for having a party, I think that celebrating this jubilee of independence is probably a good thing, now in the active days of consolidation in Italy. You never know what will make the next one.

Well, it has been an interesting morning. We heard a lot of view points from the other distinguished speakers and I think that there is one thing we can all agree on the fact that no matter how big or small, whether we are cooperative or family-owned banks or the big international banks, like Unicredit or ABN AMRO.

At ABN AMRO, our clients are at the heart of our strategy. We want to be the best bank for our chosen clients, which fall predominantly in the consumer and commercial mid-market, as well as selected private and global clients. When we do business, we do so as a team, with respect, integrity and discipline. These corporate values are the foundations upon which we build our client relationships – irrespective of whether they are in Italy, in other European countries, North America, Latin America or Asia.

When ABN AMRO started on its journey to acquire Banca Antonveneta, we

faced many regulatory hurdles. But we stuck to our principles and in the end we were successful. This proved our integrity to all our stakeholders – our employees, our investors, and, of course, our clients. This ties in with the findings of the Doxa survey, which show trust is a key factor when clients choose a bank. Almost 80% of the respondents said trust, and a reliable image, had influenced their choice of bank.

This brings me to our specific experience. What do we at ABN AMRO – and

here at Antonveneta – offer our clients?

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Firstly, we’ve found a positive relationship between higher levels of client

engagement and frequent contact. Contact such as client visits, phone calls, personal messages are a core part of the way we build our client relationships. Not only to offer our products and services, but also to congratulate our clients on their birthdays, or when they’ve bought a new house, or to inform them of trends in the market.

Secondly, as the survey shows, convenience is another determining factor

when clients choose a bank. Therefore ABN AMRO offers more than “just” a local branch network, with traditional 9-5 opening hours. For instance, in the Netherlands, we’ve extended opening hours at our city centre branches to evenings and Saturdays. This allows our clients to do their banking at a time that is convenient for them. Clients across the globe can also contact us through our telephone contact centres, and they can access their accounts around the clock via the internet. They can transfer money, invest, ask for advice and order banking, investment and insurance products 24/7.

Interestingly, the survey shows that around half of Banca Sella’s clients who

have internet at home do not use it for banking because they don’t trust it. We’ve invested in a secured way of banking via the internet and our technology is best in class. Other banks have bought it and we now are in the process of sharing it with Antonveneta. Use of internet banking in the Netherlands has grown to almost 70% among our consumer clients in the five years since we’ve introduced it. This is an irreversible trend -- also for the Italian market. It’s not a matter of “if”, but “when”. Therefore, we’re investing in informing and educating our Italian clients and prospects, to make internet banking more widely accepted here, which will result in increased convenience for our Italian clients.

What else do we bring to the Italian banking market? In addition to multi-

channel services such as customer contact centers and the internet, which are not completely new concepts, we’re also investing in our branch network. Has anyone yet seen our new-look branch in Padua? It’s the first to fully reflect the new Antonveneta brand, which was officially adopted earlier this week.

More than improving the look and feel of our bank shops, we’re doubling our

budget for staff training. Not technical training, but to develop better relationship management skills. Why? Because we’re introducing a range of new service concepts, like preferred banking for our affluent clientele. The preferred banking concept originates from our Asian operations and we have rolled it out with great success in Brazil and the Netherlands. We’re also introducing a private bank in Italy on top of our consumer bank. Service at this level leads to better client engagement.

Technology and evolving client needs are rapidly changing client intimacy.

ABN AMRO wants to be at the forefront of this evolution as it can redefine

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relationship banking. For example, we have special desks for medical professionals and for persons working in the agricultural sector, as well as dedicated relationship teams for Young Professionals, who can communicate via the phone, in person or by e-mail.

Thirdly – and here lies our real differentiating factor: We are a global bank,

with a local heart. What do I mean by this? Client engagement is part of the DNA of our organization. But in order to

engage with our clients, we must connect with them. We cannot provide banking services and solutions if we don’t know what the needs are of our clients in the countries we operate in. The relationships we build with our clients give us insight into their local situation.

At the same time, through our international network, our clients can access our

full range of products, irrespective of where in the world they are, or where the products originate. This collaborative, local and global approach, the availability of the required technological platforms and our flexibility, allows us to adapt our existing global products to suit our clients’ specific local circumstances. Our local knowledge, combined with the high quality of our relationship bankers, who are able to engage with their clients, means we can offer more sophisticated products from throughout our network and meet the financial needs of our clients.

We believe this local client intimacy, combined with our global excellence, is

what sets us apart. We are serious about our clients and we go beyond ‘satisfied’. We strive for

‘engaged’ clients and employees, those who are emotionally attached to and ambassadors of the bank. The winners of tomorrow’s clients will be those banks who invest in technology and in its people. Used effectively, technology allows information about products and clients to be shared across the business, opening up many cross-sell opportunities. Fostering client loyalty requires service of the highest quality. This is where investing in people leads to results.

Of course, we do sometimes fall short of our clients’ expectations. It’s how we

deal with the issues that determine whether we keep or lose dissatisfied clients. Interestingly, more than half the survey respondent’s feel it’s useless to

complain about bad service. They don’t think it will change anything. On the other hand, they also don’t think it will be any better at another bank. Therefore, a key action in driving client engagement is a structured approach to capturing, monitoring and resolving problems faster and more effectively.

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Our organic growth model is based on a strong relationship between leadership, client engagement, employee engagement and financial results. We believe that engagement drives performance. The evidence is compelling, both within the industry as a whole, and within ABN AMRO itself: higher levels of client and employee engagement lead to substantially better financial results. This model is operative throughout our organization and will also be implemented in Italy.

Companies that succeed in engaging their clients and their employees can

interlock values, processes, skills, leadership, performance evaluation and rewards. To this end, we believe in a consistent and regular approach to measuring client engagement, across all the countries in which we operate. We adopt what our clients tell us in concrete action plans and include them in our performance evaluations. Our employees are rewarded for high scores on client engagement.

In conclusion, I believe ABN AMRO brings a fresh approach to Italian

banking, like our flagship branch in Padova. We’re translating our two-century long experience to Antonveneta, and integrating our knowledge to the benefit of Italian clients. This is how we will also make more possible in Italy. Because it is only if we keep our clients happy, that we as financial institutions can grow our businesses in a sustainable way.

Thank you.

Dottor Rijkman Groenink, Presidente di ABN Amro Bank

Molte grazie Professor Deaglio. Signore, signori, innanzitutto mi scuso se devo parlare in inglese. Avete visto che non indosso le cuffie per la traduzione, questo perchè sto cercando di imparare l’italiano, anche in questa occasione, e credo, o almeno spero, di avere capito ciò che si andava dicendo.

Ma ora è troppo difficile per me parlare italiano sul subject. Il mio italiano sociale migliora tutti i giorni, ma adesso in inglese. [NdR in italiano]

Sono parecchi anni che conosco l’amico Maurizio, da quando era presidente della Fédération Bancaire Européenne, io al tempo ne ero membro. Siamo anche stati per anni assieme all’Institut International d’Études Bancaires per cui sono stato davvero contento quando mi ha chiesto di essere presente qui, in primo luogo perchè mi ha fornito l’occasione di portare gli omaggi a lui e alla sua famiglia per ciò che hanno fatto. Credo che la sua sia probabilmente l’unica banca di proprietà di una famiglia rimasta in Europa Occidentale e credo che la famiglia Sella abbia trasformato questa attività in un’arte: rimanere una banca di famiglia e non perdere di vista l’obbiettivo e fare profitti allo stesso tempo.

Voglio anche cogliere l’occasione, di porgere gli omaggi da parte della comunità ABN AMRO in Italia e nel mondo al gruppo Sella per i suoi 120 anni di esistenza, un’altra pietra miliare nella sua storia bancaria. A parte il fatto di cogliere sempre l’occasione per fare festa, credo che celebrare un tale anniversario di

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indipendenza sia probabilmente una buona cosa, in questi anni così fervidi di consolidamento in Italia. Non si sa mai chi sarà il prossimo.

Bene, è stata una mattinata interessante. Abbiamo ascoltato molti punti di vista da parte degli altri autorevoli relatori e credo che tutti possiamo essere d’accordo sul fatto che non importa quanto grandi o piccole le banche siano, se cooperative o di famiglia o grandi e internazionali, come Unicredit o ABN AMRO.

Ad ABN AMRO, i clienti stanno al cuore della nostra strategia. Vogliamo essere la banca migliore per i clienti che ci scelgono, che principalmente fanno parte del mercato medio della clientela privata e commerciale, oltre a clienti selezionati nel settore del private banking e global. Svolgiamo il nostro lavoro come una squadra, con rispetto, integrità e disciplina. Questi valori aziendali sono le fondamenta su cui costruiamo il rapporto col cliente – sia esso in Italia, in altri Paesi Europei, Nord America, America Latina o Asia.

Quando ABN AMRO ha cominciato il viaggio per l’acquisizione di Banca

Antonveneta, abbiamo dovuto affrontare molti ostacoli che riguardavano la vigilanza. Ma ci siamo attenuti ai nostri principi e alla fine ci siamo riusciti. Ciò ha dato prova della nostra integrità a tutti i nostri stakeholders – i dipendenti, gli investitori e naturalmente i clienti. Questo ci riporta a quanto emerge dall’indagine Doxa, che mostra come la fiducia sia il fattore chiave al momento della scelta della banca da parte dei clienti. Quasi l’80% degli intervistati ha detto che la fiducia, e un’immagine solida, hanno influenzato la loro scelta della banca.

Quindi ecco che posso tornare alla nostra esperienza specifica: che cosa

offriamo come ABN AMRO – e, qui, come Antonveneta – ai nostri clienti? Innanzitutto, abbiamo riscontrato che esiste una relazione positiva tra livelli

alti di fidelizzazione del cliente e contatti frequenti. Contatti che possono consistere in visite a clienti, telefonate, messaggi personali e che sono il nocciolo del modo in cui costruiamo il rapporto col cliente. Questi contatti non vengono utilizzati solo per proporre i nostri prodotti e servizi, ma anche per congratularsi col cliente in occasione del compleanno, o quando acquistano una casa nuova, o per informarli sull’andamento del mercati.

In secondo luogo, come mostra l’indagine, la convenienza è un altro fattore

determinante per la scelta della banca da parte dei clienti. Per questo ABN AMRO offer più di una “semplice” rete di banche locali, aperte come da tradizione dale 9 alle 5. Ad esempio in Olanda, abbiamo esteso l’orario di apertura delle succursali in centro città alla sera e al sabato, permettendo così ai nostri clienti di effettuare le operazioni bancarie ad un orario a loro comodo. In tutto il mondo i nostri clienti possono contattarci tramite i nostri call centre telefonici e possono avere accesso ai loro conti correnti via internet. Possono effettuare bonifici, investire, chiedere consulenza e ordinare prodotti bancari, di investimento e assicurativi 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.

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E’ interessante come l’indagine mostri che circa la metà dei clienti Banca Sella

che abbiano un collegamento internet a casa non lo usino per operazioni bancarie poichè non hanno fiducia in questo mezzo. Noi abbiamo investito in sistemi di sicurezza per l’attività bancaria via internet e la nostra tecnologia è la migliore sul mercato. Altre banche l’hanno acquistata e ora la stiamo implementando con Antonveneta. L’utilizzo dell’internet banking in Olanda è cresciuto fino a raggiungere quasi il 70% della nostra clientele private nei 5 anni trascorsi da quando lo abbiamo introdotto. Questa è una tendenza irreversibile – anche per il mercato italiano. Non è questione di “se” ma di “quando”. Perciò stiamo investendo nell’informazione e formazione dei nostri clienti italiani e dei potenziali clienti, in modo da rendere l’internet banking più ampiamente accettato qui, il che risulterà in un aumento della convenienza per i nostri clienti italiani.

Che altro vogliamo portare sul mercato bancario italiano? Oltre a sevizi multi-

canale come i call centre telefonici e l’internet, che non sono concetti del tutto nuovi, stiamo anche investendo sulla rete di succursali. Qualcuno ha visto la succursale di Padova col nuovo aspetto? E’ la prima che riflette in toto il nuovo marchio Antonveneta, che è stato ufficialmente adottato questa settimana.

Più che migliorare l’aspetto e l’atmosfera dei nostri negozi bancari, stiamo

raddoppiando il budget per la formazione del personale. Non si tratta di formazione tecnica, ma relativa al miglioramento dell’abilità nel costruire i rapporti col cliente. Questo perchè stiamo introducendo una gamma di servizi di nuova concezione, come servizi particolari pensati per la clientela più facoltosa. Il concetto di avere servizi particolari ha origine dalle nostre operazioni in Asia e lo abbiamo sviluppato con successo anche in Brasile e Olanda. Introdurremo anche una banca specializzata in private banking in Italia a fianco della banca retail. Dare un servizio a questo livello porta ad avere una più alta fidelizzazione del cliente.

La tecnologia e la continua evoluzione delle necessità dei clienti stanno

rapidamente cambiando il rapporto col cliente. ABN AMRO vuole essere all’avanguardia di questa evoluzione poichè può ridefinire il rapporto bancario. Ad esempio, abbiamo degli uffici appositi per i medici professionisti e per chi lavora nel settore agricolo, così come dei team che si dedicano ai giovani liberi professionisti, che possono comunicare tramite telefono, di persona o via e-mail.

In terzo luogo – e qui sta il fattore che veramente ci differenzia – siamo una

banca globale, con un cuore locale. Cosa voglio dire con questo? La fidelizzazione del cliente fa parte del DNA della nostra struttura. Ma per

poter fidelizzare i nostri clienti dobbiamo interagire con loro. Non possiamo fornire servizi e soluzioni bancarie se non conosciamo di cosa hanno bisogno i nostri clienti

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nei Paesi in cui siamo presenti. I rapporti che instauriamo con la clientela ci danno l’occasione di conoscere la situazione locale.

Allo stesso tempo, attraverso la nostra rete internazionale, i nostri cienti

possono accedere a tutta la nostra gamma di prodotti, in qualsiasi parte del mondo essi vivano o i prodotti abbiano origine. Questo approccio collaborativo, locale e globale, il fatto di avere a disposizione le piattaforme tecnologiche più adatte e la nostra flessibilità, ci permettono di adattare i nostri prodotti globali esistenti conformandoli alle specifiche circostanze locali dei clienti. Le nostre conoscenze locali, in aggiunta all’alta qualità professionale dei nostri personal banker, fanno sì che possiamo offrire i prodotti più sofisticati della nostra rete e venire incontro alle necessità finanziarie della nostra clientela.

Crediamo che questo stretto rapporto col cliente, a livello locale, unito alla

nostra eccellenza a livello globale, sia ciò che ci contraddistingue. Riteniamo i nostri clienti veramente importanti e andiamo oltre l’essere

“soddisfatti”. Ci sforziamo di avere clienti e dipendenti “fidelizzati”, affezionati alla banca e suoi ambasciatori. Le banche che domani vinceranno e avranno più clienti saranno quelle che investiranno in tecnologia e in risorse umane. Usata in maniera efficace, la tecnologia permette di condividere le informazioni su prodotti e clienti a tutti i livelli dell’azienda, aprendo così molte opportunità di cross-selling. Per favorire la lealtà dei clienti è necessario avere servizi della più alta qualità e qui si dimostra il fatto che investire nelle persone porta ai risultati.

Naturalmente, a volte non siamo all’altezza delle aspettative dei clienti: ed è

proprio dal modo in cui abbiamo a che fare con queste situazioni che determiniamo il fatto di mantenere o perdere i clienti insoddisfatti.

E’ interessante come dall’indagine emerga che più della metà degli intervistati

creda sia inutile lamentarsi dei disservizi. Non credono che ciò possa cambiare alcunchè. D’altra parte, pensano anche che con un’altra banca non sarebbe meglio. Quindi, l’azione fondamentale per spingere la fidelizzazione del cliente è un approccio strutturato a cogliere, monitorizzare e risolvere i problemi il più velocemente ed efficacemente possibile.

Il nostro modello di crescita organica è basato su uno stretto rapporto tra

dirigenti, fidelizzazione del cliente e del dipendente e risultati finanziari. Crediamo che la fidelizzazione porti alla performance. Ciò è evidente, sia all’interno del sistema nella sua globalità sia all’interno di ABN AMRO: livelli più elevate di fidelizzazione del cliente e del dipendente portano ad avere risultati finanziari sostanzialmente migliori. Questo modello è operativo in tutta la nostra organizzazione e sarà implementato anche in Italia.

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Le società che riescono a fidelizzare i loro clienti e i loro dipendenti possono collegare valori, processi, capacità, abilità manageriale, valutazione della performance e riconoscimenti. Per fare ciò, crediamo in un approccio costante e regolare per misurare la fidelizzazione del cliente, in tutti i Paesi in cui operiamo. Adottiamo ciò che i nostri clienti ci dicono trasformandolo in piani di azione e includendolo nelle nostre valutazioni di performance. I nostri dipendenti sono premiati per l’ottenimento di alti punteggi in fidelizzazione della clientela.

Concludendo, credo che ABN AMRO porterà un nuovo approccio al modo di

fare banca in Italia, come la nostra succursale modello a Padova. Stiamo portando i nostri 200 anni di esperienza in Antonveneta, integrando le nostre conoscenze a beneficio dei clienti italiani. Così riusciremo a fare di più in Italia. Poichè è solo facendo felici i nostri clienti che noi, in qualità di istituto finanziario, possiamo far crescere la nostra azienda in modo sostenibile.

Grazie.

Mario Deaglio, Moderatore

Grazie Dottor Groenink per questo interessante intervento. Mi ha colpito come, alla base della sua presentazione, ci sia il concetto di rispetto per il cliente.

Io sono stato recentemente in Sud Africa e ho potuto constatare che nella Costituzione Sud-Africana, tra i diritti fondamentali, c’è il diritto del singolo al rispetto. Credo che uno sguardo al dibattito politico italiano veda che non sempre questo diritto trova applicazione da noi. E forse su questo dovremmo riflettere.

Il rispetto è, diciamo così, alla base, poi c’è la fiducia, che è un po’ l’altra faccia del rispetto, perché si ha fiducia soltanto se c’è rispetto e da questo deriva quello che non si può tradurre esattamente in italiano, cioè l’ “engagement”, l’interessamento del cliente.

Si tratta di una costruzione concettuale interessante e importante e mi fa venire in mente quello che ha detto Pietro Sella ieri e cioè “I clienti devono avere fiducia nella banca, ma la banca deve avere fiducia nel cliente”. E la storia di Banca Sella ha mostrato come la fiducia della Banca nel cliente è almeno altrettanto importante di quella del cliente nella banca

Abbiamo così coperto un panorama molto ampio. Purtroppo i tempi sono tiranni e dobbiamo chiudere subito. Mi sarebbe piaciuto

fare alcune domande a tutti queste parti importanti del sistema, quello che possiamo vedere è che il sistema è vitale, un sistema che presenta oratori di questo tipo, con punti di riferimento di questo tipo, è un sistema vitale e mi pare che l’abbia detto ieri il Dottor Faissola, “In fondo tutti invocano il cambiamento, ma il vero settore economico che ha veramente introdotto cambiamenti significativi in Italia in questi anni è stato il settore bancario”.

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Attenzione, quindi, perché voi siete in realtà alla punta di un cambiamento italiano, un cambiamento che dovete, in qualche modo, continuare a sollecitare.

E tanto per concludere faccio una modestissima e piccola proposta sulla base di tutto quello che si è sentito finora e anche ieri, anche riguarda al fatto che, pur essendo vivi e vitali, c’è questa percepita sfiducia alimentata, scioccamente credo, dai mezzi di informazione che diffondono così una sorta di populismo negativo,: perché l’ABI, di cui qui sono presenti non solo un former President, ma anche

diversi membri del Consiglio, non propone la distribuzione di software ai clienti delle banche per in modo che possano gestire le loro finanze personali con facilità? Perché non propone di fare dei brevi corsi nelle scuole? Perché mai gli studenti che vengono ad Economia e Commercio arrivano al secondo anno e non hanno nessuna idea di cosa è una banca, di che cosa significa effettuare un bonifico o pagare le tasse?

Ecco, su questo pensiero, interrompo la seduta per una molto meritata pausa caffè. Ci rivediamo alle 11.10, però la nostra Cerimoniera ci dirà meglio. Mario Deaglio, Moderatore

Abbiamo avuto una prima metà della mattina estremamente interessante, con la presentazione dei punti di vista di diverse anime del nostro mondo bancario.

Parallelamente a quanto si è fatto ieri, concludiamo la mattinata con due relazioni, due relazioni che sono, diciamo, due views from the top, due sguardi dall’alto, da due vertici del sistema quali sono la Banca d’Italia e il Ministero dell’Economia.

Chiamo pertanto il Dottor Fabrizio Saccomanni a venire al podio. Il Dottor Fabrizio Saccomanni è Direttore Generale della Banca d’Italia, la sua carriera si è svolta soprattutto sul lato estero di questa istituzione:, Fondo Monetario Internazionale, Servizio di Cooperazione Internazionale, Servizio Studi e poi anche rappresentanza della Banca d’Italia nella Banca dei Regolamenti Internazionali. Il Dottor Saccomanni è stato Vice Presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo e, in quanto Direttore Generale della Banca d’Italia, ha competenza sugli atti di ordinaria amministrazione, cioè l’operatività della banca è sua.

Quindi, signori banchieri che siete in sala, qui avete il vostro regolatore in qualche modo. Prego Dottor Saccomanni. Fabrizio Saccomanni, Direttore Generale della Banca d’Italia

Premessa Desidero innanzitutto ringraziare il Presidente Maurizio Sella per l’invito a

intervenire a questo convegno in occasione dei 120 anni di attività di Banca Sella. La storia di Banca Sella è un esempio, raro e forse unico, di un’azienda

bancaria solida che è passata indenne attraverso le alterne vicende del sistema

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bancario italiano, gestita ininterrottamente dalla stessa famiglia per un periodo così lungo. Questo lusinghiero risultato ha diverse cause: l’abilità manageriale e l’attenzione all’innovazione; la forza morale e finanziaria della famiglia Sella; la loro tradizione di rigore e di spirito di servizio. Gaudenzio Sella nel 1921 così sintetizzava i criteri di sana e prudente condotta della sua banca:

“Per decidere se un affare può farsi o no, in primo luogo si esaminerà se sia conforme alla giustizia e al dovere. Ora la giustizia e il dovere esigono che ai denari […] siano dati impieghi non soltanto sicuri, ma liquidi […].”

Gaudenzio Sella, il fondatore della Banca, fu un precursore, uno dei pochi banchieri che all’epoca contribuirono a legare stabilmente la finanza, e in particolare il credito, all’industria locale e nazionale, alla produzione di beni, oltre che al commercio estero; capì che diveniva necessario, per la banca, uno studio attento delle condizioni locali e aziendali, per avvicinarsi alla realtà della produzione. Nel solco di questa intuizione, il figlio di Gaudenzio, Ernesto Sella, richiamò più volte la “centralità del cliente” quale elemento fondante della cultura aziendale della Banca, sottolineando che “il cliente non dipende da noi, siamo noi che dipendiamo da lui”.

L’attenzione al cliente costituisce la chiave di volta per il successo di un’impresa quale che sia il settore economico in cui opera; per le banche essa rappresenta il fondamento stesso dell’attività, in quanto concorre a suscitare e mantenere elevata quella fiducia senza la quale non è pensabile fare banca.

Non mi dilungo sulle implicazioni del rapporto fiduciario che caratterizza i fenomeni finanziari, dalla creazione stessa della moneta fino alle più sofisticate operazioni di mercato. Mi limito a citare un dato che emerge dall’indagine Doxa presentata nel corso di questo convegno: alla domanda “che cosa ha pesato di più sulla decisione di essere cliente di questa banca”, oltre il 42 per cento del campione ha fornito una risposta che rinvia in qualche modo alla fiducia nell’intermediario a fronte di un 13 per cento che dichiara di aver privilegiato le condizioni e i prezzi.

Tradizionalmente l’attenzione per la fiducia si è focalizzata sulla solidità della banca cui il depositante affida i risparmi. L’evolversi dei sistemi finanziari e di pagamento fa sì che la fiducia permei oggi un ampio ventaglio di rapporti. Il cliente non si aspetta solo che la banca sia in grado di restituire il denaro versato; richiede attenzione per le proprie specifiche esigenze e correttezza nei comportamenti: il 30 per cento circa del campione intervistato nell’indagine accetterebbe costi maggiori a fronte della possibilità di parlare sempre con lo stesso interlocutore o di ricevere dalla banca proposte taylor made.

Non è facile guadagnare la fiducia del cliente, specialmente quando il prodotto offerto è per sua natura complesso e immateriale. Occorre innanzi tutto che l’offerta e i comportamenti siano trasparenti. È il tema della trasparenza quello su cui mi soffermerò, nella convinzione che una “banca sostenibile” debba essere in grado di coniugare l’obiettivo della stabilità aziendale – prima fondamentale tutela – con comportamenti corretti e trasparenti, mirati a fidelizzare la clientela.

La trasparenza bancaria Sul finire degli anni ’80, l’allora Governatore Ciampi, nel corso di

un’audizione parlamentare, pose in evidenza che “la richiesta di trasparenza da parte

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della clientela è il naturale portato di una società progredita” e denunciò che “la conoscenza delle condizioni effettive dei rapporti bancari e la leggibilità del contenuto dei contratti stipulati con le aziende di credito [erano] insufficienti”.

Tra le principali criticità erano annoverate la mancanza di regole di chiarezza, la predisposizione unilaterale di contratti per adesione, il frequente rinvio agli usi.

Era l’epoca in cui l’Associazione bancaria italiana, attraverso un ampio ricorso a “Norme bancarie uniformi”, predisponeva schemi contrattuali tipo. Giustificate dall’esigenza di sopperire alle carenze del codice civile, che ai rapporti bancari dedica solo pochi articoli, le “Norme bancarie uniformi” approntavano un’ampia regolamentazione negoziale contenente clausole che, fissando condizioni economiche orientate a tutelare la parte bancaria del rapporto, alteravano l’equilibro contrattuale. La diffusa adozione dei contratti tipo da parte degli enti creditizi limitava la concorrenza.

Da allora molte cose sono cambiate. La concorrenza tra banche è notevolmente aumentata, soprattutto nei comparti

tradizionali della raccolta e degli impieghi. Vi hanno contribuito, innanzitutto, la privatizzazione delle banche e la deregolamentazione dell’attività creditizia, ma anche il processo di integrazione internazionale e l’innovazione tecnologica e finanziaria.

Il consolidamento del nostro sistema bancario, promosso anche dall’azione della Banca d’Italia, ha comportato rilevanti guadagni di efficienza. Si sono moltiplicati i prodotti e i canali di commercializzazione. Ne è conseguita una maggiore capacità di competere sui mercati locali, migliorando i processi di produzione e di distribuzione dei servizi. È cresciuto il numero di banche presenti in media in ciascuna provincia e sono aumentati gli sportelli, anche in rapporto alla popolazione.

A seguito di queste importanti trasformazioni, il sistema bancario italiano è oggi più solido e stabile rispetto al passato, con la conseguenza che alla fiducia riposta dai clienti nelle banche corrisponde una maggiore capacità di protezione del risparmio.

L’accresciuta concorrenza deve tradursi in benefici significativi per la clientela bancaria. Il differenziale tra tassi attivi e passivi si è ridotto, collocandosi su valori analoghi a quelli prevalenti nei principali sistemi bancari europei. Nel comparto dell’offerta di servizi alle famiglie e alle piccole imprese la valutazione degli effetti della concorrenza appare complessa, soprattutto nel confronto internazionale. Con particolare riferimento al prezzo dei servizi bancari associati al conto corrente, le indagini condotte negli ultimi anni giungono a risultati non univoci. A rilevazioni che registrano in Italia prezzi significativamente più elevati che negli altri principali paesi se ne sono di recente aggiunte altre, secondo cui il costo di tenuta del conto appare in linea con quanto si osserva nel resto dell’Europa.

Occorre peraltro aver presente che sulla percezione che i clienti italiani hanno del costo dei servizi bancari incide, più che altrove, la circostanza che le banche applicano, per conto dell’Erario, oneri fiscali mediamente più elevati, che vengono erroneamente considerati anch’essi come compenso versato all’intermediario. Inoltre

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l’alto costo di alcuni servizi in Italia potrebbe essere attribuibile, almeno in parte, all’utilizzo ancora ampio da parte della clientela del contante e degli assegni, a scapito delle carte di credito e di debito.

Negli anni recenti il nostro Paese si è progressivamente dotato di un quadro normativo moderno, in larga misura di derivazione comunitaria, che contempla norme sulla concorrenza, sulle clausole vessatorie nei contratti con i consumatori, sulla trasparenza nei rapporti bancari e d’investimento. Sono previsti specifici controlli amministrativi, ma sono anche valorizzati l’autoregolamentazione e il ruolo delle associazioni rappresentative dei consumatori.

L’attività di controllo è attribuita a diverse autorità. Il criterio di riparto delle funzioni si va sempre più incentrando sulle finalità della vigilanza: alla Banca d’Italia è assegnato il compito di perseguire la stabilità del sistema finanziario; la Consob si occupa della protezione degli investitori e della trasparenza dei mercati.

La recente legge per la tutela del risparmio ha confermato la competenza della Banca d’Italia con riguardo alla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari tradizionali (depositi, finanziamenti, strumenti di pagamento), che costituiscono il nucleo centrale dell’intermediazione. I controlli sulle condizioni praticate – nella fase precontrattuale, al momento della conclusione del contratto e nel corso dello svolgimento del rapporto – attuano innanzitutto, a livello microeconomico, forme di tutela degli utenti dei servizi bancari.

La Banca d’Italia, dando attuazione a una delibera del CICR, ha effettuato sin dal 2003 una profonda revisione della disciplina sulla trasparenza bancaria, riconoscendone la natura di precondizione della competitività, dell’efficienza e della stabilità del sistema bancario. Al cliente è stata assicurata la conoscibilità delle condizioni contrattuali dal momento del primo contatto con la banca sino all’estinzione del rapporto.

Il rispetto della normativa sulla trasparenza viene verificato con ispezioni presso gli sportelli bancari, pianificate anche sulla base degli esposti pervenuti in materia alla Banca d’Italia (circa 5.000 nel 2005). Dal 2001 alla fine del mese scorso le Filiali della Banca d’Italia hanno effettuato più di 5.000 accertamenti presso altrettanti sportelli, pari al 16 per cento degli oltre 31 mila operanti in Italia. Le carenze riscontrate sono state comunicate alle banche e, nei casi più gravi, hanno comportato richiami formali (357) o l’irrogazione di sanzioni amministrative (23).

A seguito delle osservazioni formulate, molte banche hanno anche rivisto gli schemi contrattuali adottati e rimborsato clienti ai quali erano state applicate condizioni più onerose di quelle pubblicizzate.

Con specifico riguardo alle variazioni contrattuali sfavorevoli alla clientela, la Banca d’Italia ha controllato che i maggiori oneri non fossero applicati con effetto retroattivo rispetto alla pubblicità; le banche inadempienti sono state invitate a ripristinare le condizioni precedentemente pattuite (64 casi nell’ultimo biennio).

Nel 2005, infine, è stato avviato un esame sistematico dei fogli informativi, nei quali è prescritto che le banche illustrino le caratteristiche e le condizioni dei prodotti e dei servizi offerti alla clientela.

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La Banca d’Italia si propone non solo di estendere i controlli ad una più ampia fascia di sportelli, ma anche di continuare a svolgere un’opera di sensibilizzazione dei vertici aziendali sull’importanza di intrattenere con i clienti rapporti trasparenti e costruttivi.

La tutela del cliente che agisce in qualità di investitore è affidata alla Consob. Il Testo unico della finanza pone due obiettivi: che il consumatore sia posto nella condizione di assumere consapevolmente i rischi; che vi siano meccanismi organizzativi e informativi atti a prevenire e rendere noti eventuali conflitti di interesse.

La Banca d’Italia è interessata a tutti i profili che possono incidere sulla stabilità degli intermediari, anche in termini di rischi legali e di reputazione. La Vigilanza analizza in particolare i riflessi sull’organizzazione e sui controlli interni dei soggetti vigilati. Specifica attenzione sarà riservata all’argomento nella disciplina sulla funzione di compliance, di prossima emanazione.

Le iniziative regolamentari e di controllo vengono adottate nel pieno rispetto delle prerogative istituzionali della Consob; sono valorizzati il coordinamento e la collaborazione tra autorità in conformità con le linee indicate dalla legge per la tutela del risparmio.

Le iniziative più recenti I rapporti banca-cliente sono stati oggetto di altri recenti interventi del

legislatore volti a rafforzare la tutela dei clienti e a favorirne una maggiore consapevolezza e capacità di scelta; ciò aumenta la competizione tra le banche e, dunque, la loro efficienza.

Nel 2005 è stata attuata in Italia la direttiva comunitaria sulla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari. Si è introdotta una compiuta regolamentazione dei canali di distribuzione più innovativi, dal cui sviluppo ci si aspetta un incremento della competizione, anche su base transfrontaliera.

Recentemente, ha formato oggetto di riforma la materia della modifica unilaterale delle condizioni contrattuali e dell’estinzione anticipata dei rapporti. È stato esteso a tutta la clientela il principio – già stabilito dal Codice del consumo – che le modifiche unilaterali devono avvenire in presenza di un giustificato motivo. È ora previsto che i rapporti di durata possano essere estinti senza spese. Alla base delle innovazioni vi sono obiettivi condivisibili: accrescere la trasparenza sulle motivazioni che giustificano le variazioni delle condizioni, favorire la mobilità della clientela quale strumento di effettivo esplicarsi della concorrenza.

Come ha recentemente osservato il Governatore nel suo intervento alla Giornata mondiale del risparmio, l’applicazione delle nuove disposizioni è incorsa in numerosi dubbi interpretativi. Mi riferisco, in primo luogo, alla previsione che, a fini di equità sostanziale, le modifiche dei tassi di interesse conseguenti a provvedimenti di politica monetaria riguardino contestualmente i tassi attivi e passivi e siano “tali da non recare pregiudizio al cliente”, e a quella sull’estinzione senza spese dei rapporti di durata. Le difficoltà interpretative sono tali da rendere incerti finanche il campo di applicazione delle disposizioni e la definizione dei diritti attribuiti ai clienti.

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La mancanza di chiarezza della norma crea incertezza diffusa, non consente il pronto ed effettivo esercizio dei diritti da parte dei risparmiatori, può generare contenzioso, incidendo negativamente sulla reputazione del sistema bancario. Un tentativo dell’ABI di fornire prime indicazioni è – come noto – al vaglio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

È auspicabile che la legge si limiti a enunciare con chiarezza gli obiettivi perseguiti, demandandone la concreta attuazione alla più flessibile regolamentazione secondaria.

L’effettività della disciplina di trasparenza, specie nelle controversie di limitato valore, richiede meccanismi semplici, rapidi ed economici di tutela dei diritti.

Nella normativa comunitaria è oramai prassi consolidata quella di prevedere forme di soluzione stragiudiziale delle controversie a tutela dei consumatori. Nel nostro Paese sono già diffusi sistemi della specie, istituiti in via di autoregolamentazione.

A iniziativa dell’ABI è stata recentemente realizzata una riforma di tali meccanismi, che si pone i condivisibili obiettivi di una maggiore rappresentatività dell’Ombudsman e di creare sistemi di conciliazione specializzati nei settori bancario e finanziario, in linea con gli orientamenti comunitari. Una composizione equilibrata del Giurì bancario potrà realizzarsi solo con la piena collaborazione da parte delle associazioni dei consumatori.

L’Ombudsman, a prescindere dalla definizione delle controversie a esso sottoposte, svolge una efficace funzione deterrente rispetto a possibili comportamenti scorretti da parte bancaria e, richiedendo il preventivo passaggio dagli uffici reclami degli intermediari, incentiva il raggiungimento di accordi tra le parti.

Il legislatore ha recentemente ribadito, con la legge sul risparmio, l’importanza degli organismi di soluzione stragiudiziale delle controversie, stabilendo una regolamentazione specifica per quelli che si occuperanno di questioni inerenti a rapporti tra intermediari e clienti. In materia di servizi di investimento, è previsto lo svolgimento di procedure di conciliazione e arbitrato dinanzi alla Consob; per le relazioni tipicamente bancarie la disciplina delle procedure e della composizione degli organismi decidenti è attribuita al CICR.

La Banca d’Italia – cui spetta il compito di formulare la proposta al Comitato – sta valutando la possibilità di mettere a disposizione proprie risorse e competenze professionali per contribuire al buon funzionamento del sistema: la creazione di più organismi, diffusi sul territorio a livello regionale e composti da soggetti che assicurino un’equilibrata rappresentanza dei diversi interessi in gioco, potrebbe meglio soddisfare le esigenze di celerità e terzietà nella soluzione stragiudiziale delle controversie. Su tali basi sarà avviata una riflessione con le parti interessate.

Conclusioni La disciplina sulla trasparenza deve tenere conto delle migliori pratiche seguite

dagli operatori di mercato e delle forme di autoregolamentazione in essere. Queste ultime possono costituire un utile strumento per instaurare relazioni basate sulla chiarezza; qualora siano promosse a livello di categoria, consentono di conseguire ritorni di immagine per l’intero sistema e di avvantaggiare ampie fasce di clientela.

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La predisposizione di norme, autonome o eteronome, anche se tecnicamente perfette, non è di per sé risolutiva dei problemi connessi alla trasparenza: non basta limitarsi a una adesione formale e burocratica alle prescrizioni imposte dalle autorità o agli impegni autonomamente assunti; è necessario mirare alla concreta realizzazione degli obiettivi perseguiti.

Se le iniziative ricordate mostrano come molto sia stato fatto, esperienze negative del recente passato indicano che molto resta ancora da fare, soprattutto sul piano dell’applicazione e della comunicazione. Fa riflettere la circostanza che, nonostante gli sforzi compiuti, oltre il 70 per cento degli intervistati dalla Doxa non abbia un’opinione positiva delle banche.

È interesse di tutti evitare e isolare tempestivamente comportamenti scorretti che, anche se posti in essere solo da alcuni operatori, finiscono inevitabilmente per danneggiare la reputazione dell’intera categoria.

Le iniziative di autoregolamentazione vanno moltiplicandosi. Proprio sotto la presidenza Sella, l’ABI ha avviato il Consorzio “PattiChiari”, al quale hanno aderito 170 banche (rappresentative dell’84 per cento degli sportelli); esso interessa diverse tipologie di rapporti e appronta soluzioni volte a soddisfare esigenze di trasparenza e semplicità avvertite da ampi strati dell’utenza al dettaglio. Nell’intervento tenuto nella Giornata mondiale del risparmio, il Presidente Faissola ha richiamato l’impegno, assunto nell’ambito di “PattiChiari”, di tutelare gli investitori attraverso la predisposizione di un elenco di obbligazioni a basso rischio e la previsione di procedure che favoriscano la comprensione dei rischi insiti nelle obbligazioni bancarie strutturate e subordinate e in altri strumenti finanziari.

L’iniziativa “Cambio Conto” costituisce, da ultimo, la risposta del sistema bancario alla sollecitazione di agevolare il passaggio di un conto da una banca all’altra attraverso un abbattimento degli oneri di carattere amministrativo.

Queste attività sono valutate positivamente dalla Banca d’Italia, in quanto completano il complessivo strumentario a tutela dei consumatori, sono dotate di grande flessibilità e, specie se condivise dalle associazioni di riferimento, incontrano il gradimento degli utenti. Il loro sviluppo consentirà un alleggerimento delle vigenti disposizioni amministrative in materia di trasparenza bancaria.

Rispetto al passato, la trasparenza è oggi disciplinata da norme più attente agli interessi degli utenti dei servizi bancari e finanziari. In un contesto caratterizzato da una maggiore mobilità della clientela, l’efficienza degli intermediari, la trasparenza delle condizioni contrattuali e, in ultima analisi, la fiducia dei clienti sono cruciali per assicurare la sostenibilità e la competitività del nostro sistema bancario e finanziario. Mario Deaglio, Moderatore

Grazie Dottor Saccomanni per questa ampia esposizione dello stato dell’arte direi della vigilanza, del controllo del sistema in questo momento in Italia.

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Evidentemente ci siamo tutti resi conto che la vigilanza ha subito un’evoluzione e questa evoluzione tiene conto dell’evoluzione del sistema bancario, va nel senso della rapidità, dell’efficienza e c’è anche la consapevolezza che molte cose, in questo sistema, restano da fare.

Ho trovato particolarmente significativa la messa a disposizione, da parte della Banca d’Italia, di proprie risorse per contribuire anche in ambiti che non le competono direttamente, ma che competono ad altre istituzioni.

Veniamo ora all’ultima relazione di questa giornata, che sarà svolta dal Ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. Tommaso Padoa-Schioppa si è laureato alla Bocconi, ha ottenuto un Master all’M.I.T., poi segue una carriera in Banca d’Italia, dove arriva ad essere Vice Direttore Generale, diventa poi Presidente della Consob e dal 1998 fino al 2005 è stato membro del Comitato Esecutivo della Banca Centrale Europea. È stato insomma il “nostro uomo a Francoforte”, in questo periodo, quello che ha rappresentato l’Italia, in una fase fondativa ed entusiasmante, di creazione della moneta europea.

C’è un particolare della sua biografia che mi fa piacere sottolineare: in un Paese in cui la grande maggioranza di quanti ricoprono incarichi pubblici, non ha fatto il servizio militare, il Dottor Padoa-Schioppa è stato sottotenente di artiglieria e siccome anche io ho avuto la stessa esperienza, questo ci tengo a sottolinearlo.

Da giugno Tommaso Padoa-Schioppa è Ministro dell’Economia e della Finanza, un lavoro che si potrà giudicare come si vuole, ma è sicuramente scomodo, difficile e faticoso. Per questo gli siamo anche particolarmente grati di aver trovato il tempo di venire qui oggi. Prego Signor Ministro. Tommaso Padoa-Schioppa, Ministro dell’Economia e della Finanza

Buongiorno. Grazie, Professor Deaglio, per le Sue parole. Se non fossi stato sottotenente di artiglieria probabilmente non sarei qui, perché la mia formazione deve moltissimo a quel breve periodo di responsabilità svolta in età molto giovane.

Signor Presidente, Maurizio Sella, autorità, signore e signori, è un onore intervenire al convegno organizzato per i centoventi anni della fondazione della Banca Sella ed è un piacere ritrovare qui riuniti tanti amici, tra cui il Presidente Maurizio, al quale rivolgo un cordiale saluto e un ringraziamento per l’invito a questo evento.

Mi emoziona essere nella terra di Quintino Sella, ora che siedo in quella che fu la sua scrivania, dono degli artigiani Biellesi e segno di gratitudine e di orgoglio per la comune provenienza. In questa città di Biella, che ha dato al Paese Ministri e Capi di Governo, come Alfonso La Marmora, lo stesso Quintino Sella, Giuseppe Pella. Ragioni personali e istituzionali si uniscono così nel farmi sentire particolarmente coinvolto in questa celebrazione.

La banca e il suo futuro atteso e auspicato, il tema del vostro convegno, ha occupato un posto centrale nella mia attività con una continuità che il mutuare degli

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incarichi di lavoro non ha mai interrotto. Una parte di quell’attività, per esempio l’azione di riforma del sistema dei pagamenti italiano ed europeo, mi ha portato a lavorare in stretta collaborazione con il vostro Presidente, una parte ha preso forma scritta anche nei primi mesi del mio nuovo ufficio. In qualche misura, il presente del far banca corrisponde al futuro che immaginavo e che cercavo di far sorgere in anni ormai lontani.

Ma oggi qui vorrei cedere alla suggestione del luogo e del nome per svolgere qualche riflessione sul più celebre dei Sella, davanti al cui busto passo ogni mattina salendo le scale del Ministero e sull’industria che ha reso ricca e celebre questa città, oltre a dar lustro al nome stesso dei Sella molto prima che divenisse il nome di una banca. Quindi non parlerò di banca.

Motivi comuni ai due temi su cui mi soffermerò sono coppie di concetti che, seppure in apparente contrasto, esprimono il segreto all’origine dell’opera di Quintino, così come della rinnovata fortuna dell’industria Biellese. Queste coppie sono austerità – sviluppo, continuità – cambiamento, risanamento – crescita.

L’incarico che oggi rivesto mi porta a riflettere spesso sulla lezione di Quintino Sella, il principale artefice del risanamento della finanza pubblica italiana nei primi anni dell’unità. Egli era profondamente convinto che il raggiungimento del pareggio del bilancio fosse essenziale per consentire al Paese di inserirsi nel mondo competitivo e industriale che, in quegli anni, stava nascendo. Egli ebbe la straordinaria capacità di guardare oltre le congiunture e di rispondere con una visione lungimirante alle critiche di breve momento.

Nel 1876, quando l’Italia centrò l’obiettivo del pareggiamento di bilancio, Sella non ricopriva più la carica di Ministro, ma è chiaro che l’equilibrio dei conti fu il risultato della sua rigorosa azione di governo della spesa pubblica e fu anche la premessa per la fase di sviluppo che l’economia italiana avrebbe conosciuto di lì a poco. Non fu facile conseguire quel risultato. Al momento dell’unità l’Italia era un Paese praticamente alla bancarotta, mentre dovevano ancora essere pagati i costi dell’indipendenza, era già urgente trovare le risorse necessarie per creare un’amministrazione efficiente, per varare un’imponente politica di opere pubbliche, per dotare il giovane Stato di moderne forze militari.

Nel 1862, anno in cui fu presentato il primo bilancio dell’Italia unita, le entrate dello Stato assommavano a meno della metà delle uscite, circa 450.000.000 di Lire. Il disavanzo era destinato a crescere negli anni successivi sino a raggiungere la punta di 740.000.000 di Lire nel 1866, in corrispondenza della Terza Guerra di Indipendenza. Per tutta la decade degli anni ’60 del 1800 la situazione non sarebbe cambiata e l’Italia visse, finanziariamente parlando, alla giornata.

Sella si accinse con grande decisione a ridurre al minimo le spese, mentre i prestiti interni ed esteri, la vendita delle proprietà demaniali e l’imposizione fiscale fornirono di che coprire le spese correnti. In un decennio il debito pubblico quadruplicò: nel 1870 il suo servizio arrivò a costituire un terzo del totale delle uscite dello Stato e Sella fu spesso attaccato per gli effetti di breve periodo di molti di questi provvedimenti, come ad esempio per la celebre quanto impopolare tassa sul macinato introdotta nel 1868. Non mancarono momenti disperati, come quando nel 1866 la

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fiducia dei detentori stranieri della rendita italiana crollò e il governo fu costretto a ricorrere al corso forzoso.

Non vi è chi non veda quanto insegnamento possa oggi trarsi dal ricordo di Quintino Sella. Certo del suo straordinario impegno nel risanamento della finanza pubblica italiana, ma soprattutto della sua fiducia nel Paese, nelle sue risorse e nella sua ambizione.

Pur essendo l’Italia attuale radicalmente diversa da quella del settimo decennio del diciannovesimo secolo, vi sono significativi punti di raffronto. Anche oggi infatti l’obiettivo del risanamento non può prescindere da politiche di sostegno allo sviluppo. Anche oggi, questa azione avviene sullo sfondo di profondi cambiamenti nel sistema monetario e di liberalizzazione dei mercati.

Ieri, sull’onda dell’unificazione politica, l’Italia sperimentò per la prima volta la creazione di un grande mercato nazionale, l’abbattimento delle dogane interne e l’unificazione nella Lira di tutti i sistemi valutari precedenti. Oggi viviamo le straordinarie possibilità di crescita che sono dischiuse per l’Italia con la formazione dell’area dell’Euro, con la piena partecipazione al Mercato Unico Europeo e con la globalizzazione. Quasi ogni giorno siamo portati a domandarci se sapremo trovare in noi altrettanta forza morale quanta ne ebbe, quasi un secolo fa, Quintino Sella.

Riferirsi ai grandi esempi aiuta la nostra piccola azione, perché, come osserva Niccolò Macchiavelli, e leggo da “Il Principe”, “Camminando gli uomini quasi sempre per le vie battute da altri e procedendo nelle azioni loro con le imitazioni, né si potendo le vie di altri al tutto tenere, né alla virtù di quelli che tu imiti aggiungere, debbe uno uomo prudente entrare sempre per le vie battute da grandi e quegli che sono stati eccellentissimi imitare. Acciò che, se la sua virtù non vi arriva, almeno ne renda qualche odore”.

Biella è la città dalla quale all’inizio dell’Ottocento partì la prima rivoluzione industriale italiana, proprio ad opera di Pietro Sella, padre di Quintino, che riuscì a portare in Italia i disegni dei primi macchinari inglesi per la cardatura della lana. Da allora la ricerca delle novità, lo spirito pionieristico non hanno abbandonato queste terre che, pur rimanendo legate alla produzione dei tessuti, hanno saputo rinnovarsi per mantenere nel tempo la loro posizione competitiva.

Biella rappresenta oggi l’esempio di come si possa accettare e vincere la sfida della concorrenza internazionale perfino nei settori tradizionali, attraverso l’innovazione e la forte volontà di avere un futuro.

Caratterizzate da una specializzazione settoriale particolarmente esposta alla globalizzazione le imprese Biellesi hanno reagito innovando nei processi e nei prodotti, delocalizzando in parte le produzioni, sfruttando la globalizzazione, invece di subirla. Per stare sul mercato occorrono creatività, innovazione e cultura, elementi che, per fare un esempio, caratterizzano le nuove produzioni tessile, scientifico-medicali, frutto di un filone di ricerca scientifica avanzata che nasce e si sviluppa proprio qui a Biella: si tratta della creazione di tessuti che, in virtù dell’impiego di nano-tecnologie, rilasciano sostanze utili alla salute. La ristrutturazione del settore tessile Biellese non è stata indolore: sotto il profilo dell’occupazione, negli ultimi

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dieci anni, sono stati persi migliaia di posti di lavoro, ma questa capacità di rinnovarsi dimostra che da una crisi possono emergere nuove opportunità.

Un altro punto di forza che si trova dietro il rinnovamento delle imprese Biellesi è la decisione di impiantare parte della produzione all’Estero. In termini generali, la delocalizzazione non è solo un modo alternativo di produzione e non necessariamente penalizza il Paese da dove origina, certo, vi è un temporaneo sacrificio di occupazione, una sofferenza sociale che deve trovare sollievo in un migliore sistema di ammortizzatori, ma nel tempo l’impianto di attività all’Estero può avere effetti positivi sul Paese delocalizzante, ad esempio se una fase del processo produttivo viene trasferita all’Estero per ridurre i costi di produzione e la riduzione dei costi permette all’impresa di diventare più efficiente e guadagnare o mantenere la propria quota di mercato, a beneficiarne sarà anche l’occupazione negli impianti rimasti sul territorio nazionale. Inoltre, la presenza internazionale della produzione può rendere più facile la penetrazione del mercato estero da parte dell’impresa.

È probabilmente vero che se un’impresa italiana apre un impianto in un altro Paese, essa non sviluppa l’occupazione negli impianti di casa, ma è anche vero che senza avere investito all’Estero la sopravvivenza dell’impresa sarebbe stata impossibile e l’occupazione in Italia sarebbe stata sacrificata ancora più severamente.

L’internazionalizzazione della produzione è oggi divenuta esigenza vitale per le imprese, in particolare nei comparti dove l’alto tenore di vita che abbiamo raggiunto in due generazioni rende per noi proibitiva la concorrenza in termini di costi del lavoro. Non lamentiamocene, dobbiamo invece apprezzarlo come un risultato positivo.

Non vorrei con questo sottovalutare i rischi della delocalizzazione delle imprese, in particolare, proprio nei cosiddetti settori tradizionali, come l’industria tessile. Penso alla capacità dei concorrenti di copiare, come fece Pietro Sella all’inizio dell’Ottocento, i sistemi di produzione e le specifiche tecniche dei prodotti. Penso al rischio che i servizi collegati alle produzioni delocalizzate, come i trasporti, la ricerca, la distribuzione, seguano la produzione principale nel processo di delocalizzazione generando altre perdite di posti di lavoro.

Come non si può operare in un mercato privo di regole, che a livello nazionale devono essere stabilite dallo Stato, così spetta allo Stato creare le necessari infrastrutture, un’acuta esigenza che ho spesso raccolto nei miei incontri con i rappresentanti delle imprese e che qui è particolarmente sentita.

Il lustro passato è stato, per l’Italia, il periodo di più lenta crescita del dopoguerra. Si sono attenuati i tre motori che avevano spinto la crescita straordinaria, per quattro decenni, dopo la Seconda Guerra Mondiale: il desiderio di raggiungere i livelli di tenore di vita dei Paesi circostanti, il basso livello dei salari e la chiusura del ritardo tecnologico che l’Italia ancora aveva.

Oggi ci devono spingere alla crescita altre motivazioni che quelle del recupero, ci deve spingere alla crescita l’ambizione dell’eccellenza e di un Paese che non vuole perdere terreno nel futuro. L’economia reagisce, in fondo, come il corpo umano e le malattie stimolano la produzione di anticorpi. In questi anni, il sistema produttivo italiano ha messo in atto, attingendo alle sue forze interne, buona parte della

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necessaria terapia. L’impegno delle imprese deve tuttavia essere sostenuto da un’azione di governo volta a creare i presupposti, le condizioni di fondo per il loro adeguato sviluppo.

Come ai tempi di Quintino Sella, anche oggi, l’Italia ha bisogno di ammodernarsi, di potenziare la dotazione di infrastrutture, di interventi che favoriscano l’innovazione dei processi e dei prodotti. Ciò è difficile, anzi impossibile, in un contesto di squilibrio dei conti pubblici, di bassa crescita, di elevato debito pubblico. Coniugare le istanze del risanamento con quelle della crescita e fare in modo che ciò avvenga in modo strutturale, cioè con effetti che si protraggono nel tempo, è l’obiettivo prioritario di questo governo.

Questa manovra finanziaria è stata adottata non per contrastare una crisi incipiente, non in un contesto di crisi appena avvenuta, come nel 1992, o temuta, come nel 1996-98, ma sotto un impulso di razionalità e di ambizione sul futuro del Paese, che è qualcosa di più nobile di una crisi.

Torna ancora alla mente la lezione che Quintino Sella ci ha lasciato, la sua fiducia nella possibilità di riscatto del Paese. La crescita non è solo un fatto economico, ma deve anche rappresentare il risveglio morale e civile degli italiani e credo che, con le giuste premesse, l’Italia possa avere questo riscatto in questo momento.

Nel mio intervento ho coniugato due temi: il ricordo di un grande statista e uomo eclettico, che ha lasciato una profonda traccia di sé nella storia d’Italia, e l’omaggio alla città di Biella, al suo spirito imprenditoriale che ancora la anima, con lo stesso fervore con cui, duecento anni fa, i filatori di queste valli hanno appreso il funzionamento dei primi telai meccanici. L’una cosa è per me un punto di riferimento, l’altra un costante monito che, per quanto la politica economica possa attivare con tutte le sue leve, il volano della crescita rimane sempre prevalentemente in mano alle imprese.

Ho conosciuto tre generazioni di Sella, Giorgio, zio di Maurizio, Maurizio e poi Pietro, ed è proprio con un ricordo dello zio Giorgio che vorrei chiudere. Incontrai lo zio Giorgio la prima volta che venni a San Girolamo, ospite di Maurizio Sella. C’era un signore anziano che stava potando una pianta, vestito da contadino, con i capelli bianchi a cui Maurizio Sella mi presentò. Quel signore non mi parlò di economia, non mi parlò di banca, non si rivolse alla carica che ricoprivo e alla funzione che svolgevo, ma andò direttamente alla persona che gli stava davanti e la giudicò partendo dal suo corpo, come la prima cosa di cu si deve avere cura e su cui si deve esercitare una disciplina. Mi squadrò da capo a piedi e disse: “Bene, vedo che lei è bello magro”. Conservo quel ricordo come una lezione e come uno dei più bei complimenti che ho ricevuto nella mia vita. Grazie. Mario Deaglio, Moderatore

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Grazie Signor Ministro. Altre ambizioni oltre quella del recupero: crescita come risveglio morale e civile e anche l’importanza di rimanere magri.

Il Dottor Maurizio Sella è sicuramente bello magro e gli cedo la parola. Maurizio Sella, Presidente del Gruppo Banca Sella

Signor Ministro dell’Economia e delle Finanze, Signor Direttore Generale della Banca d’Italia, Autorità, cari colleghi e, lasciatemelo dire, cari amici, chiudo con questo breve intervento il convegno celebrativo dei centoventi anni dalla fondazione della Banca Gaudenzio Sella e Compagni.

Vorrei innanzitutto dire che sono rimasto particolarmente colpito da quanto ha

detto Tommaso Padoa Schioppa, quando ha illustrato la sua attività di Ministro dell’Economia e delle Finanze e ha fatto il parallelo con l’attività di Quintino Sella. Condivido le sue parole!

Aggiungo che l’operato di Quintino, a quell’epoca, era poco capito e ciò gli costò non poca impopolarità. Minore era la consapevolezza di cosa volesse dire agire per migliorare i conti dello Stato e per ridurre il grande debito cumulato nonchè il deficit annuale.

Credo che oggi siano più numerosi coloro che hanno capito la situazione del Paese, simile a quella di allora, e credo che apprezzino molto l’operato del Ministro dell’Economia e delle Finanze, come faccio io; credo e temo, tuttavia, che qualche minimo di impopolarità egli sia nelle condizioni di raccoglierla comunque!

Certo è strano che si raccolga impopolarità nel momento in cui si fanno in modo determinato gli interessi del Paese e, pertanto, dei suoi cittadini!

Oggi ho provato una particolare emozione perché se, da un lato, mi ero ormai

abituato a sentir parlare in modo favorevole degli antenati, almeno di quelli di maggior valore, dall’altro, sono sempre stato un po’ in imbarazzo quando si è trattato della mia persona. Ho constatato, in modo del tutto nuovo, la soddisfazione di sentire parlare bene dei propri “posteri”, cioè di coloro che fanno parte della nuova generazione. Cosa più che legittima, peraltro, se ci sono le qualità ed il merito.

E’ una questione delicata, in una famiglia, sentire lodare: gli antenati, i presenti, i discendenti…. e l’occasione mi è propizia per raccomandare a tutti i suoi componenti di non inorgoglirsi, di conservare la modestia, i piedi per terra… anche se, per un giorno, – e ogni centoventi anni può essere lecito! – sono all’attenzione del mondo, dei media e di tutti voi, nostri ospiti.

Era il 23 agosto del 1886 quando fu fondata la Banca Gaudenzio Sella & C. da

sette Sella, i 4 figli maschi di Giuseppe Venanzio e i 3 di Quintino: il più vecchio aveva 30 anni, il più giovane 18!

Quale era l’ambiente in famiglia? Giuseppe Venanzio e Quintino erano morti pochi anni prima, si era nella seconda metà di agosto, ma nessuno era in ferie, tutti

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studiavano o lavoravano nell’azienda tessile di famiglia, il Lanificio Maurizio Sella. In quell’anno non esistevano ancora l’automobile, l’aereo, la televisione, la radio… c’era il treno, ma non la luce elettrica, le case erano illuminate a gas. Non era abituale andare in vacanza al mare; in montagna si andava ancora per esplorare, per ricercare portando con sè i necessari strumenti scientifici.

L’ingegner Gaudenzio, che diede il proprio nome alla Banca, aveva 26 anni: era tornato da Roma dove per un biennio aveva studiato matematica pura, abitava a Biella e già amministrava i beni della famiglia. Con l’amico coetaneo e cugino di primo grado, Corradino, figlio di Quintino, si divertiva a risolvere problemi matematici e a confrontare i risultati. Quando, alla fine di quel secolo, iniziò l’uso del telefono, la mattina presto, verso le 4 o le 5, i due si scambiavano i risultati dei calcoli di matematica, fatti a mano, o a mente, anche di astronomia su come si muovono gli astri… era un po’ un confronto, un po’ una competizione: quella loro grande capacità, quella passione per la matematica fu poi molto utile nella gestione della Banca.

“Gaudenzio Sella e compagni”, così si chiamava la Banca Sella, che aveva come oggetto sociale quello di svolgere il “commercio bancario”, fu fondata con un capitale di 550.000 lire; tutti risparmi derivanti dal buon andamento dell’ attività imprenditoriale tessile.

Il 1800 fu il secolo del sapere, delle scoperte, molti nostri antenati erano studiosi appassionati di scienza, di tecnica, di ricerca, avevano volontà di accrescere le conoscenze, …un esempio: la “passione” per la chimica di Giuseppe Venanzio, padre di Gaudenzio, nasceva anche da un’altra, del tutto diversa, la fotografia. Grazie alla ricerca e agli esperimenti da lui effettuati, con l’aiuto di Quintino, al fine di fissare l’immagine fotografica su di un supporto, cioè, in termini odierni, al fine di stampare le fotografie, si originarono conoscenze che rinvigorirono le fortune industriali del nostro ramo della famiglia a partire dal reparto di tintoria dell’opificio. Giuseppe Venanzio aveva anche scritto un libro, nel 1855, “Il plico del fotografo” (la fotografia era stata scoperta nel 1838).

E’ la dimostrazione, già allora, di come la passione per una specializzazione, la fotografia, possa, innovando, dare cognizioni poi applicate ad un settore diverso, l’industria tessile, cioè a uno dei problemi produttivi di allora, quello di “fissare”, in tintoria, il colore al filato di lana, con le ovvie conseguenze sulla qualità e sulla durata della stoffa e, dunque, dell’abito.

Passo ora agli aspetti relativi al Convegno. Voglio commentare due punti collegati alla mia passata attività di Presidente

dell’ABI. Il primo è relativo a quanto ha detto ieri il Dott. Salomon: “Il sistema bancario,

per il 70 % è mal giudicato; le banche, per il 70 %, sono, invece, ben giudicate”. È una situazione, quella del Sistema Bancario, a cui evidentemente l’ABI non ha ancora saputo porre rimedio in modo adeguato.

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Il sistema bancario mi sembra un po’ come le Ferrovie Italiane, che hanno una pessima reputazione, ma che, di fatto, quando si prende il treno, funzionano molto meglio di quanto non si preveda. Le Ferrovie sono usate con una mentalità più da “utenti” di un “servizio pubblico”, che da clienti di un “servizio privato;” e ad un prezzo di due terzi inferiore a quello che si pagherebbe in Germania o in Inghilterra o in Francia, per tratte analoghe.

Temo che, nel giudicare i comportamenti delle Banche, ci sia un po’ “l’effetto F.F.S.S.”, sia nell’efficienza, sia nei prezzi. Le Banche italiane non sono ancora riuscite a far percepire ai loro clienti il grande cambiamento strutturale da loro messo in atto a partire dagli anni ’90, una vera e propria rivoluzione, e che essi sono diventati clienti di un’impresa privata e non più utenti di un servizio pubblico.

Il secondo punto che voglio commentare sono le lodi di Alessandro Profumo alla mia persona sul lavoro fatto in comune per il rinnovo del CCNL, ricordando anch’io ciò che accadde, a partire dal 1997 – 1998. Lui ed io, con Carmine Lamanda ed altri colleghi e collaboratori dell’ABI, ci impegnammo con grande consumo di tempo a porre le condizioni per stipulare un buon rinnovo del precedente Contratto. Occorreva un accordo veramente innovativo.

Ricordo che nelle trattative sindacali vi era l’abitudine di andare avanti la notte, almeno nelle fasi più importanti e, in genere, conclusive della trattativa. C’è in sala il dott. Eligio Boni, che oggi è Commissario COVIP, che allora fu uno dei nostri interlocutori più importanti, essendo segretario generale della FIBA CISL, che può testimoniarlo. Le controparti sindacali si accorsero infatti che Profumo ed io, più giovani di oggi, nella notte eravamo più freschi di loro. Dopodiché, da parte loro, venne il divieto di proseguire le trattative oltre le 21!

Fu uno sforzo straordinario, ottenemmo un grande cambiamento. Voglio sottolineare il clima delle trattative che, pur nelle grandi differenze di posizione, fu di rispetto, di riguardo, di correttezza verbale, ma anche, da parte datoriale, di spiegazioni lunghe e profonde dei cambiamenti di scenario, delle nuove esigenze delle banche e della clientela, del cambiamento del business. Il rinnovo di quel contratto era iniziato sotto gli auspici di alcuni incontri informali avvenuti in Bocconi che bene introducevano e illustravano le novità.

Il risultato si raggiunse anche perché si utilizzò il citato modo di porgersi ed anche una grande lealtà, e credo che ancora oggi questo stesso modo potrà aiutare – ricordo che Fabio Innocenzi ha attualmente la stessa responsabilità che avevo io allora e Camillo Venesio era ed è uno degli autorevoli membri del CASL.

La banca del futuro sarà una banca sostenibile? L’avete detto tutti, il servizio offerto ai clienti sarà determinante! La qualità del

servizio va intesa come intensità, contenuti e livelli: il servizio deve anche essere sempre disponibile, senza eccezioni, in particolare nel campo Internet.

E’ uno dei “must” per il futuro delle Banche, in particolare quando saranno completamente tolte le barriere all’uscita ancora esistenti. Già oggi due milioni di

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clienti, ogni anno, cambiano banca; ogni cinque anni, in un lustro, dieci milioni di clienti avranno cambiato banca; questo fenomeno è uno dei maggiori stimoli alla concorrenza!

Le parole del Presidente dell’ABI, Corrado Faissola: “Le banche cambieranno in modo tale da non farsi scappare i clienti”, mi pare siano molto giuste. Certo non vedo alcuna positività per quelle banche che non sapessero trattenerli.

E poi il livello professionale. Il Governatore Dott. Mario Draghi ricordava

recentemente l’importanza straordinaria della scuola, per quanto riguarda il nostro futuro e la nostra crescita, come sistema Paese. Nel mondo delle banche, per la sostenibilità futura, la crescita del livello professionale dei collaboratori è uno dei maggiori punti di intervento. Tenete conto, comunque, che formare, aggiornare persone che hanno già una certa età è particolarmente difficile e che molti mestieri sono recenti e nuovi; non mi riferisco, pertanto, al sistema dei pagamenti, o alla raccolta di depositi e all’erogazione di credito…, quanto alla gestione dei patrimoni, alla consulenza a chi, anche per la discesa dei tassi, desidera investimenti diversi dai precedenti, e a prodotti più complessi come derivati di credito, hedge fund, private equity…provenienti da tutto il mondo e investiti in tutto il mondo.

L’innovazione e la crescita professionale personale sono talvolta particolarmente difficili, anche perché i clienti di fronte a queste complessità, anche normative, affermano: “Desidero prodotti/servizi semplici, chiari, trasparenti, comprensibili. Non voglio burocrazia, desidero una rendicontazione molto chiara, comprensibile.”

Il lavoro per le banche non è semplice, in quanto con tutto il contesto che si complica e diventa complesso, e nonostante una specifica formazione per imparare a capire la complessità, bisogna, poi, quasi paradossalmente, saper offrire ai clienti semplicità e chiarezza assoluta.

Il prodotto bancario, diventerà una commodity venduta a basso prezzo? Molti

ne sono convinti, specie per tutti i prodotti venduti via Internet. Peraltro, se confrontiamo i prezzi che vengono praticati dalle Banche in Finlandia o in Svezia per servizi analoghi a quelli che offriamo in Italia, constatiamo che il prezzo del servizio via Internet è colà più alto di quello che è offerto allo sportello, perché è più grande la comodità e, quindi, il valore aggiunto per il cliente, ma soprattutto perchè Internet richiede alti investimenti in software, in sicurezza, in controlli, in compliance…, come affermava il Dott. Fabrizio Saccomanni. Non sono sicuro che prevedere il futuro nel senso delle commodities sia giusto. Per ora in Italia è così: i prezzi delle Banche per i servizi via Internet sono più bassi, ma siamo un po’ un’eccezione rispetto ai Paesi più avanzati.

Desidero confrontare varie opinioni sul fatto che i prezzi delle Banche, in

Italia, siano alti. Mercer Oliver Wyman ha recentemente eseguito un’indagine sul costo annuo

medio, in ogni paese europeo, di un conto corrente per un correntista di una banca.

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Ipotizzando che i servizi ottenuti nei diversi Paesi europei siano eguali (ciò non è perfettamente vero, perché uguali non sono, bensì molto simili, però la media è egualmente significativa), costano: 710 € all’anno in Spagna, 750 € in Italia, 1.300 € in Francia, 1.500 € in Germania, 2.300 € in Olanda, 2.800 € in Inghilterra. Trovo che determinate accuse rivolte alle Banche Italiane e discutibili studi comparati dovrebbero essere ampiamente modificati e migliorati.

Un ultimo accenno alle nuove norme di Basilea II, non come quantità di credito

erogabile (che sarà adeguato, come è già chiaro e collaudato dalle Banche), non sulla complessità operativa, ma sul fatto che, per determinare la quantità di capitale necessario le banche avranno da scegliere fra tre sistemi: lo “standardized” simile al sistema attuale; il “foundation”, cioè quello base; e quello più complesso, cosiddetto “advanced”; sia il secondo sia il terzo obbligano la banca a ricavare al proprio interno l’internal rating dei clienti.

Si percepiscono già sul mercato gli effetti della differente capacità nell’erogare credito da parte delle banche a causa del sistema utilizzato. Fino a poco tempo fa una banca grande, media o piccola aveva una quota di perdite su crediti sul territorio in genere corrispondente a quanto erogato sul territorio, tenendo conto delle sofferenze di quel territorio. Applicando i nuovi metodi più rapidamente, le quote di mercato delle perdite si diversificano fra le banche più brave, che avranno una minor quota di perdite, e le banche meno brave, che ne avranno una maggior quota perché non sanno utilizzare bene le nuove metodologie.

Basilea II da un lato è una regola recentissima, ma dall’altro è uno strumento che aumenterà il livello competitivo fra le Banche, enfatizzando la loro capacità professionale di erogare credito. Per la prima volta i diversi metodi (che fino ad oggi erano quelli puramente aziendali) saranno validati dall’autorità di vigilanza.

Termino il mio intervento con qualche ulteriore ragionamento sulle origini della Banca Sella e con qualche considerazione che porta ai giorni nostri.

Ritengo che un’impresa si basi anche sulla sua cultura di governance e gestionale, che nasce e si crea dalle origini e prosegue nel tempo. Anche l’impresa banca è caratterizzata da questo fenomeno.

Guai se la cultura di un’azienda o di un complesso produttivo è sbagliata! La General Motors, quando ha stabilimenti con cultura sbagliata, non riuscendo a farla cambiare, crea un nuovo stabilimento uguale al precedente, che produce gli stessi prodotti, e poi chiude l’altro.

E’ importante avere la giusta cultura d’impresa. Quanto ai criteri operativi della

Banca Sella, siamo “figli” di tanti precedenti imprenditori, di una cultura che viene da lontano, ancora prima della fondazione della banca, che in parte viene da Gaudenzio, poi da Ernesto e da Giorgio, qualcosa forse anche da me e già da Pietro.

Ad esempio se guardiamo al passato, alle origini, certamente etica, onestà, trasparenza erano una convinzione indiscutibile; una banca non può farne a meno, anzi questi criteri esprimono il suo modo di procedere.

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E avete sentito, ce l’ha ricordato il Dott. Fabrizio Saccomanni, quali erano i principi di Gaudenzio. Peraltro Gaudenzio, ogni tanto, aveva qualche timore, qualche prudenza, allora cosa scriveva? Leggo da un suo scritto: “Ora la giustizia e il dovere esigono che ai denari dei depositi a vista siano dati impieghi non soltanto sicuri, ma liquidi, in modo da poterli realizzare rapidamente in qualunque evenienza”, evidentemente la trasformazione delle scadenze ritenuta possibile, era modesta, si preferiva il mantenimento di una sovrabbondante liquidità, non esisteva un mercato interbancario efficiente, anche se questo modo di procedere poteva portare, ovviamente, minori utili.

Gaudenzio, poi, fa qualche errore e… lo ammette e così fa una cosa che è ancor oggi parte della nostra cultura aziendale: fa autocritica per imparare dall’errore. Infatti, scrive di se stesso: “Molte volte non si resiste alla tentazione di scegliere un impiego più redditizio, ma non liquido o meno sicuro e poi in tempi di crisi si hanno i fastidi, le preoccupazioni, le ansie”.

Per analogia, consideravo che i nostri investitori, a partire dal 1998, quando

sono scesi molto i tassi italiani, si dedicarono a investimenti più redditizi e più rischiosi senza ben comprendere il rischio (spesso i fatti si ripetono sempre uguali).

“Si prende” scrive ancora Gaudenzio “per guida il principio dell’utilità, anziché quello della giustizia.

E gli affari bisogna che siano piccoli rispetto al patrimonio della banca. In qualunque caso la banca non può essere scossa dal dissesto di un cliente. Questo è un dovere, perché ne può andare di mezzo il denaro altrui”.

E’ interessante quanto egli scrive sulla soluzione di un conflitto di interesse, quello che anche oggi le leggi cercano di regolare: “I debiti che attualmente i soci hanno verso la banca – era il 1909 – dovranno andare via via diminuendo, senza aumentare ed essere completamente estinti entro il termine di cinque anni da oggi, oppure essere garantiti da attività reali estranee alla quota dei soci della banca”.

E poi il “lavoro duro”. Non ho mai visto nessuno che faccia con successo il banchiere, o il bancario a

livello dirigenziale, che non sia totalmente dedicato al proprio mestiere con un lavoro duro, impegnativo.

Una caratteristica dei componenti della nostra Famiglia dediti all’impresa è la capacità di lavoro. Non dedicati ciecamente al “Dio Lavoro”, tanto criticato da altri, ma a quel tipo di impegno che richiede questo mestiere. Gaudenzio ha lasciato una grande quantità di carte sul suo lavoro per la Banca, ed anche per la famiglia, per le industrie tessili di famiglia, per alcune altre iniziative imprenditoriali…, ad esempio chi è della Valtellina ricorderà l’inizio del ’900, quando i Sella, guidati da Gaudenzio, investirono in nuove imprese idroelettriche della Valtellina con grandi salti e piccole portate; e poi le società di Riccardo Gualino (Gaudenzio era “Presidente” esterno, indipendente, della società capogruppo di Gualino).

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A proposito di governo delle società, della governance, quella di cui oggi tanto parliamo: come si fa ad avere un futuro sostenibile senza un’ottima governance?

Scriveva Gaudenzio a Gualino, che iniziava ad avere qualche difficoltà: “Bisogna istituire un comitato di presidenza, non per menomare i poteri dell’Amministratore Delegato - Riccardo Gualino - al quale unicamente si devono gli splendidi risultati ottenuti, ma per dovere di una buona amministrazione”. Cioè la buona amministrazione, secondo Gaudenzio, era meglio raggiungibile con una buona governance! Oggi è ormai ovvio.

Accenno, in ultimo, all’efficienza e alla riduzione dei costi. Su quest’ultimo

punto la tradizione dei vertici che guidano le imprese di proprietà dei componenti della nostra famiglia è forte! Personalmente, ho una nonna di origine scozzese e una ligure, sono di Biella e certo, come voi vi immaginate, sono particolarmente attento alle spese. Vorrei farvi sorridere. E a Biella si sorride bonariamente per la tradizionale parsimonia dei Sella, come persone e come manager a capo delle imprese, però nelle imprese non basta ridurre i costi. Quello che le banche debbono ottenere (e su questo vinceremo o perderemo la sfida e determineremo il nostro futuro cioè la nostra sostenibilità) è oltre che un rapporto di fiducia con il cliente, una maggiore efficienza e una conseguente maggior produttività, un maggior numero di operazioni, di transazioni, per “ora lavorata”. Sono sicuro che ci impegneremo fortemente, come ci siamo sempre impegnati.

In conclusione ringrazio Tommaso Padoa-Schioppa, il Dott. Fabrizio

Saccomanni, tutti gli altri relatori e coloro che hanno moderato il dibattito. L’intenzione del Consiglio di Sella Holding Banca, la nostra capogruppo, era che questo fosse un Convegno di successo, non solo perché ricordava la fondazione della Banca Sella, la città di Biella, il Piemonte, ma anche perché i contenuti, gli spunti, i suggerimenti, avrebbero arricchito i partecipanti. Mi pare di poter dire che ciò è avvenuto, anche se inaspettatamente si è anche parlato della famiglia, da cui provengono gli azionisti.

Per quanto riguarda i prossimi 120 anni del nostro Gruppo, ritengo che gli esiti del Convegno siano stati di grande valore per i Consigli di Amministrazione, per i Sindaci, per tutti i dipendenti, e, in questa occasione, voglio solennemente e sentitamente ringraziarli, sapendo che alcuni di loro sono presenti in sala.

Continueremo ad operare con determinazione, serietà, senso del dovere, volontà di continuare a fare bella figura … e con adeguata “magrezza”.

Tutti assieme abbiamo saputo, in questi centoventi anni, garantire le condizioni, pur con qualche errore, per arrivare fin qui. Ovviamente il mio intento, quello di tutti i dipendenti, anche i più giovani che hanno recentemente iniziato a lavorare, nonché quello dei Consigli di Amministrazione e di tutti gli azionisti, è di proseguire su questa strada, di continuare a meritare la fiducia della nostra clientela, dei nostri colleghi e delle autorità di vigilanza e controllo.

Vi ringrazio per l’attenzione.

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Grazie, considero il vostro lungo applauso benaugurante per i prossimi centoventi anni ed anche una sottolineatura degli intenti migliori che vi ho proposto e che voi sapete essere nostri. Voglio annunciare che abbiamo deciso di celebrare l’evento dei centoventi anni anche con un filmato, della durata di quattro minuti, senza parole, ma accompagnato da una musica che vuol coinvolgere. È un filmato che parte dalle origini, dalle montagne e che viene rapidamente ai giorni nostri Quintino d’altra parte fu il fondatore del Club Alpino Italiano. Mi auguro che possiate apprezzarlo. Filmato Mario Deaglio, Moderatore

Finisce così la manifestazione, non so se la nostra annunciatrice ha da darci qualche comunicazione

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APPENDICE NOTE BIOGRAFICHE DEI RELATORI Arnaldo Bagnasco È professore di sociologia e teoria sociale alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino. In precedenza ha insegnato nelle Università di Firenze e Napoli, e in università all’estero. E’ membro della società italiana degli economisti e socio corrispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei. Specializzato in sociologia economica, ha svolto numerose ricerche sui caratteri dello sviluppo italiano, in ottica comparata. Negli anni Novanta è stato fra i promotori dell’Observatoire du changement social en Europe Occidentale. Attualmente dirige un programma di ricerca sulla questione del ceto medio. Fra le sue pubblicazioni: La costruzione sociale del mercato. Studi sullo sviluppo di piccola impresa in Italia (1988), Cities in contemporary Europe (2000), Società fuori squadra. Come cambia l’organizzazione sociale. (2004) Fabio Cerchiai Fabio Cerchiai, 62 anni, laureato in economia e commercio, opera nel settore assicurativo da 40 anni. Ha iniziato la sua attività nel 1964 alle Assicurazioni Generali. Nel corso degli anni ha percorso tutti i gradi della carriera fino alla nomina nel 1994 a Direttore Generale per l’Italia. Dal 1997 al 2002 è stato Amministratore Delegato e dal 2001 sino al 2002 anche Vice Presidente delle Assicurazioni Generali. Dal 28 aprile 2000 all’8 settembre 2003 è stato anche Presidente di INA ed ASSITALIA. Ha ricoperto incarichi in Consigli di Amministrazione di numerose società assicurative e finanziarie in Italia e all’estero. Dal 10 dicembre 2002 è Presidente ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici). Dall’8 novembre 2004 è Presidente di Meliorbanca. Dal 22 dicembre 2004 è nel Consiglio di Amministrazione delle società ARCA VITA S.p.A. e ARCA ASSICURAZIONI S.p.A. Dal 20 gennaio 2005 è Vice Presidente Diplomatia. Dal 20 ottobre 2005 è Consigliere di Amministrazione di Edizione Holding S.p.A. E’ Consigliere di amministrazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia. E’ Consigliere di amministrazione della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia. Corrado Faissola Nato a Castel Vittorio (IM) il 10 gennaio 1935 Laurea in Giurisprudenza conseguita presso l’Università degli Studi di Genova nel 1958

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Esperienze Professionali 1960 – 1979 Assunto dall’Istituto Bancario San Paolo di Torino dove ha percorso le tappe della carriera dirigenziale fino ad assumere il grado di “Direttore Centrale” 1984 – 1987 Ha ricoperto la carica di Amministratore Delegato e Direttore Generale della Banca Provinciale Lombarda, componente del Gruppo San Paolo di Torino. 1987 – 1998 Ha ricoperto la carica di Consigliere Delegato del CAB Spa 1999 - Ricopre la carica di Consigliere Delegato della Banca Lombarda e Piemontese Altri incarichi attualmente ricoperti Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana Presidente del Consorzio PattiChiari Presidente della Fondazione “Felice Gianani” Consigliere del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi Consigliere della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro Vice Presidente della Banca Regionale Europea Consigliere del Banco di San Giorgio Consigliere del Banco di Brescia Consigliere dell’Assbank Umberto Filotto Nato a Milano il 22 settembre 1959, Umberto Filotto è Professore Ordinario di Economia delle Aziende di Credito nell’Università di Roma “Tor Vergata”, dove insegna anche Finanza Aziendale e Retail Banking. E’ Docente Senior SDA Bocconi. Dal 1992 è Segretario Generale Assofin (Associazione Italiana del Credito al Consumo e Immobiliare); è membro del Management Board di Eurofinas, Bruxelles, nel cui ambito presiede il Comitato Statistiche e Legislazione. E’ membro di vari Comitati Scientifici e di Redazione di Istituzioni di Ricerca e riviste. E’ autore di numerose pubblicazioni in campo bancario e finanziario. Rijkman Groenink Nato a Den Helder (Olanda) il 25 agosto 1949. Studi: Diploma in Business Administration conseguito presso la Manchester Business School. Laurea in Discipline Giuridiche all’Università di Utrecht. Attuali incarichi Presidente del Consiglio di Amministrazione di ABN AMRO dal 2000. Membro dell’Organo di Consulta delle Nazioni Unite per gli Ambiti di Finanza Globale (l’organo provvede a fornire consigli e linee guida in materia di accessibilità ai servizi finanziari per i poveri e per le piccole imprese nel mondo). Membro della Tavola Rotonda Europea sui Servizi Finanziari (EFR). Membro dell’Institut International d’Etudes Bancaires (IIEN) Membro dell’organo di controllo di SHV. Membro dell’organo di controllo Struik Holding. Attuali incarichi ricoperti nel mondo della cultura

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Presidente dell’organo di controllo del Stedelijk Museum di Amsterdam. Membro del consiglio della Amsterdam Society for City Restoration. Onorificenze ottenute Titolo di Cavalleria Reale in qualità di Ufficiale dell’Ordine di Oranje-Nassau, concesso da Sua Maestà la Regina Beatrice di Olanda nel 2004. Eletto European Banker of the Year 2004 dal Gruppo 20+1, un gruppo formato dai corrispondenti esteri dei maggiori media network situati in Francoforte Fabio Innocenzi Nato a Verona il 25 marzo 1961. Studi: Laurea con lode in Economia Monetaria all’Università Bocconi di Milano. Diploma di maturità scientifica presso il Liceo Fracastoro di Verona. Attuali incarichi Amministratore Delegato del Banco Popolare di Verona e Novara dal 1° giugno 2002. Vice Presidente Vicario del Credito Bergamasco dal 12 aprile 2003. Vice Presidente della Banca Popolare di Novara S.p.A. dal 24 maggio 2004. Vice Presidente di Banca Aletti & C. dal 16 settembre 2004. Vice Presidente di Banca per il Leasing – Italease S.p.A. dal 13 giugno 2003. Consigliere di amministrazione di Aletti Merchant S.p.A. dal 23 ottobre 2001. Consigliere di amministrazione di Aletti Gestielle SGR S.p.A. dal 3 aprile 2002. Consigliere di amministrazione di BPV Vita S.p.A. dal 22 aprile 2002. Consigliere dell’Associazione Bancaria Italiana dal 19 dicembre 2001; membro del Comitato Esecutivo dal 26 giugno 2002; Presidente del Comitato per gli Affari Sindacali e del Lavoro dal 26 settembre 2006 per il biennio luglio 2006 – luglio 2008. Consigliere di Dexia S.A. dal 10 maggio 2006. Precedenti esperienze Direttore Generale della Banca Popolare di Verona – BSGSP dal 1° luglio 2001 al 31 maggio 2002. Amministratore Delegato di Pioneer Global Asset Management (settembre 2000 - giugno 2001). Amministratore Delegato di Pioneer Investment Management SGR (gennaio 1998 - giugno 2001). Vice Presidente Esecutivo di Pioneer Investment Management Inc. USA (set 2000 - giugno 2001). Vice Presidente di Assogestioni (marzo 1998 – giugno 2001). Condirettore Centrale di UniCredito Italiano (marzo 2000 - giugno 2001). Presidente di Pioneer Investment Management SA (Lux) (2000 – giugno 2001). Presidente di Pioneer Alternative Investment SGR (2000 – giugno 2001). Amministratore Delegato di Europlus Research and Management Limited (Irl) (1988-89). Direttore Generale Credit Rolo Gestioni SpAIM (1997-98). Responsabile del Servizio di Gestioni patrimoniali del Credito Italiano (1995-96).

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Estero presso società di Asset management (USA, UK, Giappone, Svizzera, Austria)(1994). Servizio Studi e Pianificazione del Credito Italiano (1986-93). Membro del Supervisory Board di Banka Sonic d.d. (Croazia) dal 6 luglio 2006 al 30 agosto 2006. Tommaso Padoa Schioppa Nato a Belluno il 23 luglio 1940, si è laureato all’Università Luigi Bocconi di Milano nel 1966 e ha ottenuto il Master of Science dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) nel 1970. E’ stato sottotenente di Artiglieria. Ha ricevuto sei lauree honoris causa. E’ stato membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea (1998-2005), Presidente della Consob - Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (1997-98), Vice direttore generale della Banca d’Italia (1984-1997) e Direttore generale della direzione Affari economici e finanziari alla Commissione europea (1979-1983). Dopo avere lasciato la BCE, e fino all’assunzione dell’incarico di Ministro, è stato Presidente di Notre Europe (Parigi), Senior Fellow dell’Istituto Affari Internazionali (IAI, Roma), Presidente della Fondazione IASC (International Accounting Standard Committee) e Senior Adviser e Membro dell’Advisory Board del Promontory Financial Group, LLC. Nel corso della sua attività è stato Co-segretario del Comitato Delors per lo studio dell’unione economica e monetaria europea (1988-1989), Presidente del Comitato consultivo bancario della Commissione europea (1988-1991), del Gruppo di lavoro sui sistemi di pagamento delle banche centrali della Comunità europea (1991-1995), del Comitato di Basilea per la Vigilanza bancaria (1993-1997), del Comitato regionale europeo dello IOSCO (1997-1998), del FESCO (Forum of the European Securities Commissions) (1997-1998), del Comitato sui Sistemi di pagamento e regolamento del G10 (2000-2005). E’ membro del Gruppo dei Trenta (dal 1979) e dell’Advisory Board dell’Institute forò International Economics (IIE, Washington). E’ stato Presidente dell’International Center for Monetary and Banking Studies (Ginevra, 2001-2006). E’ autore di numerosi libri e articoli. Fra i volumi più recenti ‘Europa, una pazienza attiva’ (2006); ‘L’Euro e la sua banca centrale’ (2004); ‘Regulating Finance’ (2004); ‘Dodici Settembre’ (2002); ‘Europa, forza gentile’ (2001). E’ Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana. Attualmente è Ministro dell’Economia e delle Finanze del Governo Prodi. Alessandro Profumo Amministratore Delegato del Gruppo UniCredit dalla sua fondazione nel 1997; dal dicembre 2005 è Chairman del Supervisory Board di HVB e dal luglio 2006 è Chairman del Supervisory Board di Bank Austria Creditanstalt.

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Nato a Genova il 17 febbraio del 1957, era già stato Amministratore Delegato del Credito Italiano dove era arrivato nel 1994, un anno dopo la privatizzazione, come Direttore Centrale responsabile per la pianificazione ed il controllo di gruppo. In precedenza aveva lavorato per il Banco Lariano (dal 1977 al 1987), Mc Kinsey & Co.(1987-89), Bain Cuneo (1989-91) e Ras (1991-94). Laureato in Economia Aziendale alla “Bocconi”, attualmente è anche Membro del Supervisory Board di Deutsche Börse a Francoforte e Consigliere di Amministrazione di Mediobanca. A livello internazionale è Membro della European Financial Services Round Table a Londra, del “The Group of Thirty” a New York (Steering Committee), della Trilateral Commission (gruppo italiano), dell’Investment Advisory Council for Turkey a Istanbul. Autore di numerosi articoli e saggi, ha scritto con Giovanni Moro il libro “Plus valori” (Baldini e Castoldi, 2003), una riflessione sul tema della responsabilità sociale dell’impresa. Nel 2004 è stato nominato Cavaliere al Merito del Lavoro dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Fabrizio Saccomanni Nasce a Roma il 22 novembre 1942. Direttore Generale di Banca D’Italia dal 2 ottobre 2006. Dopo la laurea in Economia e Commercio all’Università Bocconi di Milano, ha seguito corsi di perfezionamento in economia monetaria e internazionale presso la Princeton University (USA). Ha iniziato la sua carriera in Banca d’Italia nel giugno 1967 quando è stato assegnato alla sede di Milano all’Ufficio Vigilanza. Dal 1970 al 1975 è stato distaccato presso il Fondo Monetario Internazionale in qualità di economista nel Dipartimento Rapporti Commerciali e di Cambio e, dal 1973, come assistente del Direttore esecutivo per l’Italia. Rientrato in Banca d’Italia è stato assegnato al Servizio Cooperazione Economica Internazionale e poi al Servizio Studi; nel 1984 è diventato Capo del Servizio Rapporti con l’estero e nel 1997 è stato nominato Direttore Centrale per le Attività Estere. Ha rappresentato la Banca nell’ambito dei principali organismi finanziari internazionali in qualità di membro di Comitati Istituzionali presso la BCE, la BRI e l’Unione Europea; ha assunto la carica di Presidente del Comitato per la politica del cambio (1991-97) presso l’Istituto Monetario Europeo; ha partecipato tra l’altro, a tutti i negoziati preparatori per la creazione dell’Unione economica e monetaria europea e all’attività del Comitato dell’Euro istituito dal Governo per gestire la transazione alla moneta unica ( 1998-2002). Nominato Vice Presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) nel 2003, vi ha svolto funzioni sia gestionali, quale membro del Comitato esecutivo, che operative, come responsabile delle aree di Gestione del Rischio, Sicurezza Nucleare, Protezione Ambientale e Cofinanziamenti ufficiali.

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In qualità di Direttore Generale è membro del Direttorio della Banca d’Italia, coadiuva il Governatore nell’esercizio delle sue funzioni e lo sostituisce in caso di assenza; ha la competenza degli atti di ordinaria amministrazione della Banca. Dal 7 novembre 2006 è componente del Consiglio di Amministrazione della Banca dei Regolamenti Internazionali e supplente del Governatore in seno al Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea. Ennio Salamon Ennio Salamon nato a Pola nel 1932. Laurea in Economia e Commercio (Università di Trieste - 1955). Dopo una breve esperienza di lavoro in un istituto di credito e presso l’Istituto di Statistica dell’Università di Trieste (con Pierpaolo Luzzatto Fegiz), è incominciata la collaborazione con l’Istituto Doxa, in una prima fase come ricercatore, ed in seguito come direttore e consigliere delegato (attualmente presidente), con un impegno prevalente nell’area delle ricerche sociali, delle indagini di opinione pubblica e delle ricerche di mercato, svolte sia nel settore pubblico, che nel settore privato (anche con ricerche condotte, per singole imprese ed associazioni, nel settore bancario ed assicurativo). Attività di docente in molti corsi e seminari, prevalentemente nell’area delle metodologie delle ricerche. Membro del Consiglio Direttivo del Touring Club Italiano Maurizio Sella Maurizio Sella è Presidente di Sella Holding Banca, Capogruppo del Gruppo Banca Sella, Presidente della Banca Sella e Presidente della Banca Patrimoni. Nato a Biella nel 1942, dopo il Liceo a 23 anni consegue a Torino la laurea in Economia e Commercio e il 1° giugno 1966 inizia a lavorare presso la Banca Sella dove “fa la gavetta” iniziando, da impiegato, ad eseguire i lavori più semplici e poi percorre tutte le tappe della carriera. Particolarmente attiva é stata la sua partecipazione alle organizzazioni di categoria del sistema bancario: fin dal 1976 Consigliere dell’ABI, dal 1981 membro del Comitato Esecutivo della medesima, dal 1987 referente al Comitato Esecutivo ed al Consiglio della stessa Associazione su tutte le problematiche relative al Sistema dei Pagamenti, Vice Presidente dal 1996, dal 1998 al 2006 ha ricoperto la carica di Presidente. Ha presieduto la “Delegazione A.B.I. per le trattative in tema di lavoro e di occupazione”. Dal 1993 é Amministratore della “Compagnie Financière Martin-Maurel” di Marsiglia, dal 2000 Consigliere di Buzzi Unicem. Dal 1990 é membro del Consiglio per le Relazioni fra Italia e Stati Uniti e, dal 1999, del “Board” dello stesso. Fa pure parte, dal 1999, del Gruppo Italiano della Trilateral Commission e dell’Institut International d’Etudes Bancaires dal 2000. E’ Presidente dell’Ente Einaudi. Dal luglio 2003 è Consigliere dell’Associazione fra le Società Italiane per Azioni e della Toro Assicurazioni S.p.A.

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Ha ricoperto le cariche di - Presidente della S.I.A. (Società Interbancaria per l’Automazione) dal 1988 al 1999 - Presidente della Fédération Bancaire de l’Union Européenne dal 1998 al 2004. E’ stato Consigliere del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Nel 1991 é stato nominato Cavaliere del Lavoro. Pietro Sella Nato a Biella il 26 marzo 1968 Laureato in Ingegneria Gestionale al Politecnico di Milano, è sposato con 5 figli. E’ entrato in Banca Sella nel 1994, dopo aver lavorato in Lussemburgo come gestore presso IMIBANK LUX SA; come nelle tradizioni della famiglia ha iniziato come cassiere fino a ricoprire incarichi di responsabilità operativa presso succursali e uffici interni. E’ stato responsabile del Sistema informativo e del Servizio Private Banking di Banca Sella. Ha fondato e diretto i servizi di Banca Telematica e di Trading on Line del Gruppo (Sella.it). Attualmente ricopre l’incarico di Amministratore Delegato e Direttore Generale Sella Holding Banca, Capogruppo Gruppo Banca Sella. Principali cariche ricoperte: Presidente CBA VITA S.p.A; Consigliere Banca Sella SpA; Consigliere Associazione Nazionale Banche Private; Consigliere Borsa Italiana S.p.A; Consigliere Associazione Bancaria Italiana; Consigliere Maurizio Sella S.A.A; Consigliere Ania. Giustino Trincia Nato nel 1957, Studi in sociologia e scienze politiche. Già dirigente della pubblica amministrazione, esperto in servizi di pubblica utilità. E’ uno dei fondatori di Cittadinanzattiva, di cui è vicesegretario generale, rappresentante nel Consiglio nazionale consumatori ed utenti e coordinatore delle politiche dei consumatori ed utenti. Svolge attività di formazione e progettazione. Principali pubblicazioni: “L’euro in tasca”, Edizioni Cultura della Pace – San Domenico di Fiesole (Fi) (2001); “Il Consumatore Attivo – Istruzioni per l’uso dei servizi pubblici e la tutela dei diritti”. Editori Riuniti, (2003); “Il Cittadino Europeo – un viaggio attraverso i diritti e i doveri”. CIDE (2006). Giacomo Vaciago Giacomo Vaciago è ordinario di Politica Economica e direttore dell'Istituto di Economia e Finanza nell'Università Cattolica di Milano. Nato a Piacenza nel 1942, Giacomo Vaciago si è laureato in Economia e Commercio nel 1964 presso l'Università Cattolica di Milano. Nel 1968 ha conseguito il Master of Philosophy in Economia all'Università di Oxford. Tra il 1970 e il 1989 è stato prima

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incaricato e poi ordinario di Economia Politica presso l'Università di Ancona, della quale ha anche diretto per diversi anni l'Istituto di Economia. È stato Vicepresidente di Ancitel, Consigliere Economico di Citibank (1980-1991), Presidente di Citinvest (1983-1991), Membro del Comitato per la politica economica e sociale della Presidenza del Consiglio dei Ministri (1984-1987), Direttore del Progetto Finalizzato Economia del C.N.R. (1985-1989), Visiting Scholar alla Fed, Washington (1985); Consigliere Economico del Ministro del Tesoro (1987-1989), Membro del Consiglio Scientifico dell'Istituto di ricerca sulla Dinamica dei Sistemi Economici del C.N.R. di Milano (1988-1996) e consigliere del Presidente del Consiglio dei Ministri (1992-1993). E’ stato membro del Comitato Tecnico-Scientifico del Ministero del Bilancio (1992-1998). Nel 1992 è stato Visiting Yellow di Christ Church, Oxford. Dal gennaio 2003 al marzo 2005 è stato Consigliere scientifico del Ministro Urbani. È altresì membro della Società Italiana degli Economisti (dal 1976) e dal 2000 al 2004 è stato Presidente di ref. (Ricerche per l'Economia e la Finanza). È stato Sindaco di Piacenza tra il 1994 e il 1998. Dal 1983 è editorialista de Il Sole 24 Ore. Giacomo Vaciago è sposato: ha 4 figli e 8 nipoti. È autore del volume "Teoria e politica monetaria" (1987) ed ha numerose altre pubblicazioni tra le quali: "The Econometric Approach to Development Planning" (con P. Giarda, 1965), "L'Economia italiana nell'integrazione internazionale" (1974), "Congiuntura e politica monetaria" (1981), "La programmazione dei flussi finanziari" (1983), “Europe 1992 and Monetary Union” (1991), "Efficienza e stabilità dei mercati finanziari" (con G. Verga, 1995), “Moneta e finanza” (1998), “Liberalizzazione del mercato elettrico e consorzi di acquisto” (con L. Napolano, 2000), “La new economy” (con E. Vaciago, 2001), L'Euro, una moneta completa (2002), “The Reputation of a newborn Central Bank” (con Z. Rotondi, 2003), “Il declino dell’economia italiana” (2003); “La tutela del risparmio” (2004), “Are Europe’s interest rates led by FED announcements?” (con A. Monticini, 2004), “The Fed’s Reaction to Asset Prices” (con Z. Rotondi, 2005), “Per tornare a crescere” (intervista di I. Ferrario, 2005). Camillo Venesio Nato a Torino il 13/11/1953 Sposato, due figli Laurea in Economia e Commercio 110/110 lode e menzione a Torino nel 1977 Periodi di studio e lavoro all’estero: Svizzera, Scuole estive: Villars sur Ollon, 1968-1969; Bluche sur Sierre, 1970-1971; Gran Bretagna, Bell School, Cambridge, 1972; U.S.A., First Los Angeles Bank (banca commerciale), Los Angeles, California, 1982; San Paolo Bank (filiale del San Paolo di Torino), Los Angeles, California, 1984. Amministratore Delegato e Direttore Generale della Banca del Piemonte dal 1983 Cavaliere del Lavoro, nominato il 31 maggio 2003

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Incarichi attuali: Membro del Comitato Esecutivo dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI) – Roma (dal 1998) Presidente del Comitato ristretto Piccole Banche (il quale rappresenta in ABI circa 450 piccole banche italiane – banche di credito cooperativo, casse di risparmio S.p.A., banche popolari, banche commerciali e le filiali italiane di banche estere) – Roma (dal 17/02/1999) Componente i seguenti Comitati dell’ABI: “Affari Sindacali e del Lavoro (CASL)”, “Nucleo per le trattative del CASL” e “Servizi di Pagamento e Regolamento” - Roma Consigliere del Consiglio Generale del Consorzio “Patti Chiari” dell’ABI – Roma (dal 2003) Rappresentante delle Banche italiane nell’European Payments Council (EPC) – Bruxelles (dal 2002) Membro dell’High Level Group on Payments Systems in Banca Centrale Europea – Francoforte (dal 2005) Membro del Payments Systems Committee in Federazione Bancaria Europea – Bruxelles (dal 1999) Presidente dell’Associazione Nazionale Banche Private (ASSBANK) – Milano (dal 26/11/2003) Vice Presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna – Ravenna (dal 2004) Consigliere di Amministrazione di Cedacri S.p.A. (Società di outsourcing informatico) – Collecchio (PARMA) e Castellazzo Bormida (AL) (dal 4/04/2003) Consigliere di Amministrazione della Reale Mutua Assicurazioni – Torino (da 1/2006) Consigliere di Amministrazione di Si Holding SpA – Milano (dal 5/2006) Consigliere di Amministrazione di Juventus Football Club SpA (dal 6/2006) Consigliere del Centro Studi Piemontesi – Ca dë Piemontèis (dal 23/05/2006) Principali incarichi ricoperti nel corso della carriera professionale Vice Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana - Roma - dal 2000 al 2002 e dal 2004 al 2006 Consigliere di Amministrazione de La Piemontese Assicurazioni (Società di Assicurazione, Gruppo Reale Mutua) - Torino dal 8/11/1999 al 20/01/2006 Vice Presidente della C.B.I. Factor S.p.A. - Milano - (Società di factoring) dal 1998 al 2001 Consigliere di Amministrazione di IMI Bank LUX – Lussemburgo - (banca di investimenti) dal 1990 al 1997 Presidente della Finconsumo S.p.A. - Torino - (Società di credito al consumo) dal 1988 al 1997. Consigliere di Amministrazione di CartaSi S.p.A. – Milano (società emittente carte credito) dal 2004 al 2006.