ATTI DEL CONVEGNO : LA FAMIGLIA Contributo On. L. Capitanio Santolini

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CONVEGNO – CONFERENCE: LA FAMIGLIA - THE FAMILY

REPUBBLICA DI SAN MARINO - REPUBLIC OF SAN MARINO: 15 Settembre 2012 - September 15, 2012

ATTI DEL CONVEGNO - CONFERENCE PROCEEDINGS

La

LUISA CAPITANIO SANTOLINI Deputato della Repubblica Italiana Componente dei seguenti organi parlamentari:

- VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione); - Commissione Parlamentare Per L'Infanzia e L'Adolescenza; - Commissione Esaminatrice Del Concorso "Riprogettare Per Tutti - Un Patrimonio Architettonico Proiettato Nel Futuro" .

Presidente della Fondazione Sublacense Vita e Famiglia.

“FAMIGLIA: RISORSA O PROBLEMA?”

Dati statistici e considerazioni sul tema famiglia

L’attuale crisi economica, che sta attraversando il mondo occidentale, non è dovuta a quello che la maggior parte degli analisti pensa e cioè ad una crisi della finanza, delle banche e del credito, del sistema capitalistico in generale, bensì ad una crisi demografica senza precedenti che ha investito i Paesi più progrediti. I Paesi che hanno smesso di fare figli.

Il problema demografico è il primo e principale problema che abbiamo oggi, ma nessuno sembra volerlo affrontare seriamente prendendo i relativi, doverosi e urgenti provvedimenti.

Per quanto riguarda l’Italia (dati del Prof. Blangiardo 2011 – La famiglia al centro – a cura di Luisa Santolini) nel 1981 i giovani under 19 erano più di 17 milioni, oggi sono poco più di 11 milioni, ovvero mancano all’appello più di 6 milioni di giovani. Di contro gli over 65 sono passati dai 5 milioni degli anni ’80 ai quasi 12 milioni di oggi, con un aumento di oltre 6 milioni di individui. Esiste dunque un gap in Italia per cui gli anziani sono in maggioranza rispetto ai giovani e oggi in Italia sono presenti 118 figli per 200 genitori. La piramide demografica è rovesciata e già oggi ogni bimbo che nasce ha sulle spalle dai 6 agli 8 adulti. Questa situazioni non può non avere riflessi pesanti sul futuro del nostro Paese.

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Ancora: il numero delle nascite è precipitato a livelli impensabili: in un secolo e mezzo la natalità si è ridotta dei tre quarti. La storia d’Italia unita è attraversata da un drammatico fenomeno di crisi demografica, una lenta implosione che tutti hanno finta di non vedere, silenziosa ma sotto gli occhi di tutti, censurata e quindi dimenticata da tutti, con le dovute eccezioni che confermano la regola. Tra il 1871 e il 2009, la natalità si è inabissata fino a registrare un calo del 74,25% con il rovesciamento della piramide anagrafica che riversa ora sui nonni l’onere di mantenere i nipoti senza lavoro. Qualcuno ha scritto: L’ Italia si è desta ma si è anche ingrigita. I nuovi nati sono appena 9,5 ogni mille abitanti rispetto ai 12,8 della Francia e del Regno Unito, i 12 della Svezia e della Germania. Perfino la Spagna è avanti a noi. E non si vedono all’orizzonte segnali di una inversione di tendenza. Come risulta dal Libro bianco 2011 sulla salute dei bambini curato dall’ OsservaSalute dell’Università Cattolica e dalla Società Italiana di Pediatria e pubblicato il 30

Gennaio 2012.

I vecchi diventano un grande problema ( nascono le teorie che vedono l’eutanasia come una “buona pratica” - vedi la Svizzera edizione 2008 ). Negli anni ’70 i vecchi erano il 14% della popolazione. Oggi sono il 27% e sono destinati ad aumentare.

Il problema demografico diventa un problema economico..........

Non si fanno più figli e questo comporta 7 no: 2 – non crescono i risparmi (si risparmia di più quando ci sono figli) 3 – non cresce la base economica delle banche 4 – non c’è più credito 5 – non c’è sviluppo 1 – non cresce l’ economia 6 – non c’è lavoro e tutto diventa terziario 6 – non ci si sposa 7 – non si è più in grado di mantenere i vecchi che aumentano di numero

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E 5 si : 1 – crescita dei consumi per mantenere il Pil ai livelli precedenti 2 – crescita dei debiti privati 3 – crescita delle tasse 4 – crescita dei costi fissi per sanità, pensioni e assistenza 5 – crescita del debito pubblico per mantenere servizi e prestazioni del welfare

Se non aumentano le persone, la popolazione che rimane sempre la stessa invecchia e tende a consumare meno; allora si inducono consumi maggiori per far crescere il Pil (ciò che è successo a USA, Europa e Giappone che da decenni sono sempre 1 miliardo e mezzo).

Oggi una coppia che lavora comparata a trenta anni fa guadagna la metà perché allora le tasse rappresentavano il 25% del Pil e oggi siamo vicini al 50%.

In questi anni i genitori italiani si sono trasformati in soggetti economici ( le principali azioni e decisioni di consumo investimento e risparmio vengono prese in famiglia ) e di fronte alla rigidità del mercato si sono trasformati lentamente ma inesorabilmente in formidabili ammortizzatori sociali: la fonte di reddito per i giovani tra i 20 e i 30 anni è per il 77% proveniente dalla famiglia, contro il 45% della media europea ( il fenomeno della famiglia lunga tipico italiano), mentre per il sostegno alla famiglia va solo 1% della spesa sociale che in Italia è il 3,4 % del Pil contro il 69,9% delle pensioni. In altre parole chi investe sui figli è punito con una pressione fiscale iniqua tanto è vero che la povertà in Italia è correlata al n° dei figli se è vero che la famiglie numerose sono percentualmente più povere delle famiglie con un figlio solo. (dati Istat 2011)

Le banche non hanno capitale perché da 25 anni non si risparmia più: trenta anni fa il tasso di accumulazione era il 27%, oggi è il 4% perché da un lato quello che si ha si consuma per la pressione culturale e dall’altro le famiglie con figli “devono” consumarlo per crescerli. E spesso ci si indebita con le banche o si compra anche quando i soldi non ci sono “.....pagherai a partire dal prossimo anno......”

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Non c’è lavoro perché da un lato i vecchi non investono più e non fanno innovazione, dall’altro perché il 50% di quello che è prodotto dalle aziende occidentali oggi proviene dai Paesi orientali dove il lavoro è stato delocalizzato.

................e Antropologico

Civiltà dei consumi e baby sboom sono nati insieme.

USA: dal 1998 al 2008 il Pil è cresciuto ad una media del 3,2%, in 10 anni del 32% più o meno. Ebbene è stata una crescita fasulla perché dovuta per il 90% all’indebitamento delle famiglie americane. Le famiglie americane non hanno pagato più nemmeno i tassi di interesse e le banche rischiavano di fallire: ma le banche non possono fallire (a parte la Lehman Brothers che è stata abbandonata a se stessa) e lo Stato le salva con i soldi dei cittadini o emettendo titoli o stampando moneta. In altre parole comprano dalle banche i debiti dei cittadini ed il debito da privato diventa pubblico. Lo Stato diventa il prestatore di ultima istanza. Siccome però deve piazzare i titoli sul mercato per affrontare i debiti fa una spietata concorrenza all’Europa e ci riesce anche perché, essendo tecnologicamente più avanzato, fa più in fretta a recuperare i soldi. Infine gli Usa, a differenza dell’Europa, hanno alle spalle la Fed e possono stampare moneta. È ovvio che sui mercati se il dollaro sale il vantaggio è per gli Usa e il danno per l’Europa.

Oggi noi, davanti a questa crisi, dovremmo avere quella creatività, fiducia, capacità di investire e di rischiare, quell’ impegno per la ripresa economica, che ci consentiranno uno sviluppo duraturo e proficuo; ma queste sono le caratteristiche di un Paese giovane e noi non lo siamo più da 40 anni.

La crisi dell’Europa, e in particolare dell’Italia, è dovuta ad una visione “corta” che pretende risultati immediati. L’economia questo ha scelto e la Chiesa cattolica è per ora l’unica che invita ad una visione “lunga” (Caritas in veritate).

La famiglia è l’antidoto alla crisi perché invita a pensare “lungo” e pone relazioni così forti che sfidano il tempo, che si oppongono al mito del tempo presente.

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Famiglia è costruire la dimensione del progetto contro una società che chiede tutto e subito, che chiede emozioni forti quasi violente ma passeggere.

Va cambiato l’approccio al tema famiglia con politiche serie e non con le parole, con politiche ad ampio respiro e non solo di welfare ( che fino ad ora si è appoggiato gratuitamente alla famiglia con un principio di sussidiarietà declinato al contrario), con il passaggio dal welfare state ad una welfare community family friendly.

La crisi è una crisi di tipo antropologico che sarà molto più difficile risolvere rispetto alla crisi finanziaria di questi anni : la soluzione non sta nelle ferree leggi del mercato e degli economisti, ma nella risposta che noi sapremo dare alla domanda : che tipo di società vogliamo per i nostri figli? Che tipo di Paese vogliamo costruire per il futuro a media scadenza e come ci regoleremo di conseguenza ?

A queste domande chi deve rispondere ?

1 - le imprese e per ora solo poche lo hanno fatto. Certo occorre distinguere tra piccole medie e grandi imprese e occorre ricordare che la stragrande maggioranza delle imprese in Italia sono piccole, ma fatta questa doverosa precisazione non si può non dire che l’attenzione alle famiglie sia molto elevata, anche nel campo della pubblica amministrazione e delle imprese gestite da enti statali , se è vero come è vero che una donna su tre lascia il lavoro all’arrivo del primo figlio. La compatibilità dei tempi della famiglia e dei tempi del lavoro è scarsissima e non essendoci servizi di supporto la mobilitazione dei nonni sta diventando massiccia ed eccessiva.

Perché ai Tavoli della contrattazione tra sindacati e imprese non si affronta il problema? Bisogna riconoscere che esempi di buone pratiche in questo senso ci sono (ad esempio la Bracco a Milano) ma proprio perché si citano indicano una eccezione e non la regola.

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Ancora: molte aziende pubblicano ormai il bilancio sociale e non c’è azienda che non si vanti del proprio rendiconto di sostenibilità ambientale. Ottima iniziativa che mostra quanto una azienda sia “virtuosa” nei confronti dell’ambiente o delle condizioni lavorative dei propri dipendenti. Perché, però, non esiste un “bilancio familiare” in cui si diano informazioni rispetto alla maternità e alla paternità di quella impresa? La cultura corrente chiede alle aziende di non inquinare, di non danneggiare l’ambiente, di non fare sperimentazione sugli animali, di non emettere CO2, di ricorrere alle fonti energetiche alternative, di vietare il fumo, e chi fa queste “buone pratiche” è molto apprezzato, ma nessuno chiede alle aziende cosa hanno fatto per favorire il desiderio di maternità e di paternità dei propri dipendenti. Nessuno chiede quanti sono i contratti part time concessi o quanti congedi parentali sono stati accordati ai lavoratori con figli. Una impresa che rispetta l’ambiente è considerata amica della natura, ma nessuno le chiede se è amica dell’uomo, magari garantendo alle sue dipendenti di non licenziarle alla nascita del primo figlio, oppure garantendo una carriera futura anche in presenza di due o più figli, se quella mamma si dimostra all’altezza, oppure cambiando i propri parametri di giudizio, non considerando solo la quantità del lavoro svolto alla scrivania, ma la qualità degli obiettivi raggiunti . Perché ? Quanti sono i direttori del personale che considerano la maternità un problema? Credo la maggioranza e questo denuncia un fatto prima di tutto culturale a cui porre mano. Eppure le Aziende che hanno fatto della conciliazione dei tempi del lavoro e della famiglia un proprio must, affermano che ne hanno tratto enormi benefici in termini economici, in termini di fidelizzazione del personale, in termini di attrazione delle migliori risorse e delle migliori “teste” del Paese, infatti si contiene il turn over, si riducono le assenze per malattie, si evitano le sostituzioni, si motivano i dipendenti che si affezionano all’azienda. Massimo Calvi sul “Sussidiario” ha scritto che si dovrebbe chiedere alle imprese di passare dalla logica dell’ “impatto zero” alla logica dell’ “impatto mille” dove per mille si può intendere tutto quello consideriamo futuro. Compresi i bambini.

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Alla Conferenza della Famiglia nel Novembre 2010 si è invocato un Patto tra le istituzioni e una governante territoriale che ponga le basi per creare sistemi adeguati di cura e tempi della città a misura di famiglia ( servizi per la prima infanzia e la non autosufficienza, asili nido, banche del tempo, telelavoro, flessibilità negli orari degli uffici e dei negozi, sportelli di ascolto aziendali,

La gente non chiede queste cose e le Aziende non danno risposte.

Ecco, i concetti di responsabilità, di sostenibilità, di sviluppo non possono trascurare le questioni appena accennate e devono subire una urgente e necessaria ridefinizione.

2 – le Istituzioni che hanno il compito costituzionale di promuovere e tutelare la famiglia fondata sul matrimonio ( Art. 29 . 30 – 31 – 54 della Costituzione ). Invece la famiglia, architrave della società e delle piccole imprese, è stata abbandonata e la politica ha di conseguenza perso per strada le politiche familiari. Le soluzioni pensate sono state fallimentari perché non si può applicare alle politiche familiari le logiche pensate per le politiche sociali di lotta alla povertà. Non si tratta infatti di ridistribuire il reddito, ma di attuare misure di equità orizzontale ovvero fare la differenza a parità di reddito tra che ha figli e chi non ne ha. L’Art 53 della Costituzione dice che ogni cittadino è tenuto a contribuire alla spesa pubblica in base alla propria capacitò contributiva. E’ evidente che a parità di reddito il reddito disponibile di un padre di tre figli e molto inferiore a quello che figli non ne ha o ne ha uno. La costituzione italiana è da sempre violata ma nessuno vi pone rimedio.

Occorre fare in modo che la scelta di avere un figlio non comporti un pesante arretramento dalla condizione sociale di partenza (oggi un figlio abbassa il tenore di vita dei genitori del 30% e più cresce più questa condizione si aggrava).

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Un esempio: due famiglie bolognesi con uguale reddito totale, la prima composta da una coppa con separazione dei redditi e la seconda monoreddito con due figli: la prima famiglia è esente dall’addizionale comunale e si trova nello scaglione più basso di quella regionale, la seconda deve pagare l’Irpef nazionale in misura maggiore, l’addizionale comunale per intero e l’addizionale regionale nella fascia più alta, eppure la sua capacità contributiva è decisamente inferiore perché avendo due figli buona parte del reddito va per mantenerli e quegli stessi figli saranno quelli che dovranno pagare sanità e assistenza alla coppia senza figli. Nel 2010 la percentuale di famiglie con 5 componenti al di sotto della soglia di povertà relativa è salita dal 24,9 % del 2009 al 29,9 % del 2011 percentuale molto maggiore rispetto alle famiglie con 3 componenti. Inoltre (dati Istat – 15 luglio 2011) nelle famiglie da 2 - 3 figli in poi, la percentuale di povertà è maggiore in quelle con figli minori, e tra le cause ci sono i servizi scolastici erogati dagli enti locali, insufficienti e costosi.

Un’ altro esempio di mancate politiche familiari è nei recenti provvedimenti del Governo Berlusconi come del Governo Monti: il redditometro previsto dall’Art. 38 del DPR 600/73 è un accertamento basato sulle spese effettuate che sono indicatori della capacità contributiva delle persone fisiche. Cioè se certe spese sono superiori al reddito denunciato indicano un tenore di vita troppo alto e dunque un reddito superiore per cui provocano un accertamento da parte della Agenzia delle Entrate. E’ uno strumento utile perché punta sul consumo e non sulla produzione e cerca così di punire eventuali evasori. Ebbene il 25 ottobre 2011 ed ai primi di Febbraio 2012 l’ Agenzia delle entrate ha presentato il nuovo Redditometro che riconosce al nucleo familiare un’unica capacità di spesa, ma nell’elenco delle voci che compongono il Redditometro troviamo sotto la voce Istruzioni “la scuole materne” e “gli istituti privati” non meglio identificati. In altre parole accanto alle voci che riguardano gli yacht, gli elicotteri, le seconde case, i Suv, le vacanze, i viaggi compaiono voci che fanno passare per ricche le famiglie che magari fanno grandi sacrifici per mandare i figli nelle scuole non statali e fanno fatica a iscrivere i figli nelle scuole materne private ma ne sono costretti visto che l’offerta delle scuole comunali è decisamente al di sotto della domanda.

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Alle famiglie non è riconosciuto il diritto di scegliere la scuola che preferiscono per i loro figli e a questo si aggiunge la beffa di essere considerate ricche solo perché desiderano che la scuola li affianchi secondo un progetto educativo consono ai loro principi, valori ed educazione. Alcune famiglie abbassano il proprio tenore di vita per fare questa scelta e questa scelta non può proprio essere indicatore di un certo tenore di vita. L’educazione non può entrare nel Redditometro e questo indica una miopia dei Governi indicativa del fatto che la politica ha perso per strada la famiglia, i suoi diritti e le sue esigenze legittime.

Vediamo come si comportano la Francia e la Germania in proposito:

lo stato francese assiste economicamente le madri sole e le giovani famiglie a basso reddito attraverso 123 Casse per i sussidi familiari: il contributo si chiama “ prestazione di accoglienza del neonato” e comprende un versamento di 1000 Euro alla nascita e un mensile di 178 Euro per i primi tre anni di vita del bambino, più due aiuti complementari a scelta, o per pagare la baby sitter in caso di madre lavoratrice o per compensare il mancato salario in caso di rinuncia al lavoro per assistere il nuovo arrivato. Ne hanno diritto tutti i genitori soli con un reddito inferiore ai 44.500 Euro l’anno e le coppie monoreddito con introiti inferiori a 33.700 Euro l’anno. In caso di altri figli le soglie di reddito aumentano in proporzione. Sono previsti inoltre integratori al reddito come assegni familiari per coppie con due figli o più, contributi per il pagamento dell’affitto, contributi erogati dall’assistenza sociale per redditi bassi.

In Italia una donna su tre è “costretta” a non avere figli perché costano troppo, cioè più che non volere figli le donne italiani non se li possono permettere come rilevano tutti i sondaggi . Il Italia il costo di un bambino oscilla tra gli 8.000 e i 18.000 Euro nel solo primo anno di vita. Una donna su due ritarda l’arrivo di un figlio fino a 5 anni dopo il matrimonio. Il 57% delle donne ritiene responsabile lo Stato per le difficoltà della maternità perché non prende soluzioni adeguate per proteggere e promuovere la maternità. Le altre ritengono responsabile la cultura dominante che spinge alla carriera, ai soldi, al lavoro frenetico, oltre ad altre ragioni di tipo personale e psicologico.

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Comparazione di diversi sistemi fiscali (anno 2007): Famiglia monoreddito di 4 persone con reddito inferiore a 25.000 Euro: Italia: tasse per 1.725 Euro Germania 700 Euro Francia 52 Euro Famiglia monoreddito di 4 persone con reddito entro 50.000 Euro Italia: tasse per 13.000 Euro Germania 7.200 Euro Francia 2.500 Euro Su 27 Paesi della UE l’ Italia è al 25° posto per la spesa per la famiglia rispetto al Pil : si va dal 3,9 % della Danimarca al 3% di Svezia e Germania, al 2,5 % della Francia e Ungheria fino all’1% dell’ Italia e questo 1% non è costituito da politiche prettamente familiari ma da una serie di provvidenze che non fanno la differenza tra chi ha figli e chi non ne ha.

L’esito di questa miopia è che siamo tra i Paesi meno prolifici del mondo e il ristagno o la diminuzione della popolazione, l’invecchiamento demografico frenano il risparmio, la capacità di innovazione, l’investimento. Chiara Saraceno sostiene che le politiche a favore della famiglia si giustificano anche perché “chi ha figli sostiene costi che vanno a beneficio della intera società” .

Papa Giovanni Paolo ll ha detto “ L’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia “

“Intorno alla famiglia si gioca la battaglia decisiva sulla dignità dell’uomo”.

La famiglia è stata concepita in modo individuale e le ideologie contro la famiglia del secolo scorso hanno fatto scattare quell’egoismo che è diventato egoismo collettivo per cui le famiglie scelgono di non fare figli e di essere consumiste facendo finta che queste siano scelte inevitabili.

A noi raccogliere questa convinzione, farla nostra e agire con coerenza e con coraggio.

L’Italia non è un Paese accogliente per i bambini. In compenso, e questo è un paradosso, sempre secondo il Libro bianco 2011 sulla salute dei bambini curato dall’ OsservaSalute dell’Università Cattolica e dalla Società Italiana di Pediatria e pubblicato il 30 Gennaio

2012, i bambini italiani godono di uno straordinario stato di salute: sono tra i più accuditi dell’occidente. Ottimo il sistema sanitario che garantisce una assistenza di prim’ordine ma soprattutto è la famiglia che assicura una rete di assistenza e di walfare che provvede ad ogni necessità, anche perchè i beneficiari sono sempre meno.....Per un bimbo che sta male si concentrano le attenzioni di due genitori, quattro nonni (minimo due) che seguono ogni evento e l’evolversi del suo stato di salute con relativa chiamata in causa di medici e farmaci.

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Tra l’altro è stato detto che c’è un eccessivo ricorso ai Pronto Soccorso degli Ospedali e anche questo è soprattutto un fatto culturale.

Il Libro bianco parla di un Paese di “nonni senza nipoti” e di bambini accuditi come un bene prezioso proprio perché ridotti ai minimi termini.

Il Corriere della Sera di Sabato 29 Gennaio a pag. 20 titolava “Benvenuti nel secolo dei nonni” eppure l’ultimo Rapporto Cisf ribadisce che il desiderio di maternità e paternità in Italia è ampiamente insoddisfatto dal momento che tutte le coppie hanno meno figli di quanti ne vorrebbero.

Evidentemente questo corto circuito va superato e se la politica non può incidere sulle questioni di tipo culturale, può farlo per quello che le compete con politiche locali e nazionali al passo con le sfide che abbiamo di fronte.

L’economia è in mano alle famiglie e non alle banche:

Non esiste macroeconomia che non sia riconducibile alle azioni individuali, alla capacità sovrana di scelta dei singoli individui in ordine ai consumi, al risparmio agli investimenti e siccome quasi tutte le scelte individuali si decidono in famiglia è facile comprendere l’importanza della scelte familiari per l’economia a partire dal risparmio. Occorrono comportamenti diversi a partire dalle persone e dalle famiglie.

Le istituzioni sono come le fortezze, resistono se sono forti le guarnigioni. Guarnigioni deboli, poco credibili danno istituzioni deboli e poco credibili che si risolvono in mercati fiacchi e facilmente vulnerabili, che ci orientano solo verso i consumi, che non guidano i processi economici nella direzione di investimenti ad alto valore aggiunto, che non selezionano le opportunità e non premiano quelle che offrono maggiori vantaggi economici, senza che la politica intervenga per sanare imprese decotte e banche sull’orlo del fallimento.