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1 ATTI DEL CONVEGNO AUTOMOTIVE: RIPRESA o RIPRESINA? E’ il momento di dare sostegno al settore! FEDERMOTORIZZAZIONE 23 OTTOBRE 2015 In collaborazione con

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ATTI DEL CONVEGNO

AUTOMOTIVE: RIPRESA o RIPRESINA?

E’ il momento di dare sostegno al settore!

FEDERMOTORIZZAZIONE

23 OTTOBRE 2015

In collaborazione con

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CONVEGNO FEDERMOTORIZZAZIONE

23 OTTOBRE 2015 – ORE 10.00

AUTOMOTIVE: RIPRESA o RIPRESINA?

E’ il momento di dare sostegno al settore!

Relazione introduttiva Simonpaolo Buongiardino - Presidente Federmotorizzazione

Studi di Settore – Indicazione su Sistri – Tassa rifiuti Oscar Zorgniotti - Consigliere Federmotorizzazione

Problematiche IVA – Detraibilità – Fiscalità sulle automobili Relazione Giacomo Jannotta - Studio Jannotta s.a.s.

Registro Unico Automobilistico Ottorino Pignoloni – Segretario Nazionale Unasca Unione Nazionale Autoscuole Studi Consulenza Automobilistica

La tassa IPT diventerà IRI? (Imposta Regionale di Immatricolazione) Gianluca Mascagni - Consigliere Federmotorizzazione

Credibilità del Comparto Automotive: diamo prova di chiarezza, trasparenza e ottimismo

Gian Luca Pellegrini – Direttore Quattroruote Conclusioni e Proposte Simonpaolo Buongiardino - Presidente Federmotorizzazione Al termine del Convegno hanno espresso le loro riflessioni: Onorevole Luca Squeri Componente Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo Camera dei Deputati Onorevole Vincenzo Garofalo Vice Presidente Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni Camera dei Deputati

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Simonpaolo Buongiardino Presidente Federmotorizzazione

Relazione Introduttiva

FEDERMOTORIZZAZIONE

23 OTTOBRE 2015

In collaborazione con

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Introduzione

A fronte di una crisi durata sette anni che ha dimezzato il Mercato ed ha

costretto tutta la filiera Automotive ad una drastica cura dimagrante,

finalmente si registrano chiari segni di ripresa in linea con gli ultimi dati

ISTAT sulla crescita del potere di acquisto delle famiglie.

Il dato geografico ci dice che il Sud cresce più del Nord, Ciò è dovuto, da

una parte, alla maggiore anzianità del parco circolante, dall’altra ad una

focalizzazione degli incentivi delle Case legati alla rottamazione.

Non abbiamo comunque la sensazione che questi segnali di ripresa siano

direttamente proporzionali ad un aumento della marginalità delle nostre

aziende, che ad oggi non trova la dovuta attenzione da parte delle

Istituzioni per ottenere sostegni che vadano oltre le iniziative delle Case.

Siamo passati dalle 2.500.000 immatricolazioni del 2007 a 1.360.000 del

2014.

Abbiamo lasciato sul campo in 7 anni oltre 5 milioni di vendite di

autoveicoli, riportando la dimensione delle vendite del comparto indietro

di 35 anni.

Nei primi 8 mesi del 2015, come già avviato sul finire del 2014, le vendite

auto hanno avuto un incremento del 6% pari a 100.000 unità.

Per i veicoli commerciali, il cui settore ha risentito maggiormente della crisi

economica in questi ultimi anni, rileviamo nei primi 8 mesi del 2015 un

incremento più vivace, dell’8,6% pari a 6.464 unità; in questo caso, il

mercato è stato sicuramente influenzato dalla buona accoglienza della

legge Sabatini che ha riguardato il finanziamento agevolato sugli

investimenti produttivi.

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Il settore dell’usato ha consuntivato nel 2014, al netto delle mini volture,

oltre 2.5000.000 trasferimenti, stabilendo un rapporto usato/nuovo di

quasi due vendite usato per ogni immatricolazione auto nuova.

Il mercato dell’usato continua la sua marcia e sicuramente, dove c’è

attenzione a questo settore di attività, esso sorregge la marginalità che

manca nel nuovo.

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Tornando ai dati precedenti, molte sono state le chiusure di attività in

questi ultimi 8 anni, tanto che gli imprenditori e le ragioni sociali del

settore si sono dimezzate e questa forte diminuzione, il più delle volte non

voluta ma obbligata, ha avuto conseguenze sull’occupazione e sul relativo

aumento dei costi sociali (per i casi in cui si è potuto ricorrere alla mobilità

e alla cassa integrazione) e per la disoccupazione (negli altri casi).

Così gli occupati del Settore, compreso l’indotto, si sono ridotti a circa

1.000.000 addetti dai quasi 1.250.000 del 2007.

Purtroppo i segnali di ripresa ancora non concorrono, come si diceva, ad

un recupero della marginalità nel nostro Settore.

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Questa risulta fortemente depressa di pari passo con il trend fortemente

negativo dal 2007 al 2014, e ad oggi non trova la dovuta attenzione da

parte delle Istituzioni per ottenere sostegni che vadano oltre le iniziative

delle Case, indirizzate al mercato. La redditività dei Dealer è ancora per la

maggior parte negativa anche se in fase migliorativa fino a settembre

appena trascorso.

Incredibilmente in questo scenario totalmente negativo fino al 2014, vi è

un dato in aumento: il prelievo fiscale,

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Malgrado le immatricolazioni nel periodo si siano dimezzate (vedi IVA su

acquisto), il gettito totale è aumentato ed ha raggiunto il 16,80% delle

intere Entrate tributarie nazionali, pur se applicato appunto a fatturati e

performance in diminuzione.

Come si può pensare ad una decisa ripresa del nostro settore, che

rappresenta l’11% del PIL nazionale, senza incidere sul carico fiscale

abbattendolo in alcune voci e senza immaginare sostegni per lo sviluppo.

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Questa la ripartizione del carico fiscale sulla motorizzazione, che si fa

carico appunto quasi del 17% delle entrate tributarie nazionali.

E di tutte le voci che compongono il quadro, l’IVA sull’acquisto concorre

per il 7,5% pertanto non sarebbe difficile progettare un sistema di

incentivazione (vedi comparto edilizio, mobili, elettrodomestici), spalmato

su più esercizi, a beneficio degli acquisti privati.

Il risultato espansivo dell’aumento delle vendite porterebbe benefici anche

al fisco con l’aumento del gettito.

La crisi economica, che dal 2008 ha depresso le vendite ed il considerevole

carico fiscale, hanno rallentato anche il processo di ringiovanimento del

parco circolante.

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Ed infatti abbiamo un parco circolante di 37.080.000 di veicoli,

decisamente anziano, con un 50% di vetture oltre 10 anni di vita e quote

importanti di auto in servizio con oltre 15 anni di età.

Quindi e soprattutto una elevata quota di vetture circolanti altamente

inquinanti.

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Stiamo parlando di una quota del 30% di vetture tra Euro 0, 1 e 2, senza

calcolare che anche i veicoli Euro 3 Diesel sono inibiti dalla circolazione in

alcune zone d’Italia per 6 mesi all’anno.

Quanta sicurezza in più per i cittadini passerebbe attraverso il rinnovo del

Parco Automobilistico in considerazione delle innovazioni tecnologiche

applicate all’auto!

Come già detto, nei primi 8 mesi del 2015 sono state immatricolate 1

milione di auto (quasi 140.000 in più il rispetto al 2014), che hanno

procurato un fatturato relativo di 2,7 mld di euro. Alla fine del 2015 con

questo trend lo Stato incasserebbe fra IPT ed IVA circa 1,2 mld in più

rispetto all’anno precedente, derivanti da questo aumento del mercato e

potrebbe quindi destinarlo, almeno in parte, al sostegno dell’Automotive,

creando un volano senza aggravio per lo Stato.

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Oscar Zorgniotti Consigliere Federmotorizzazione

Studi di Settore – Indicazione su Sistri – Tassa rifiuti

FEDERMOTORIZZAZIONE

23 OTTOBRE 2015

In collaborazione con

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Credo di poter affermare, con una frase provocatoria, che l’Italia non è

ormai la patria del diritto da qualche decennio.

Le sentenze, le circolari esplicative, sono spesso in contraddizione tra loro

e nei rapporti con il Fisco in particolare, in questo quadro generale, a dir

poco desolante, emergono in negativo le ultime pronunce della Corte di

cassazione in tema di Studi di settore.

Il caso recente ad esempio, su cui si è pronunciata la Corte di Cassazione,

riguarda il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la decisione

della Commissione tributaria regionale che aveva accolto come prova di

mancata congruità agli studi di settore un grave fatto riguardante tutta la

famiglia impegnata nell’attività. Il figlio dei titolari era infatti stato

coinvolto in un grave incidente stradale con la conseguenza di non poter

lavorare e con il negativo conseguente coinvolgimento psicologico ed

emotivo di tutta la famiglia.

I Giudici della Commissione tributaria regionale, avevano considerato,

applicando il semplice buon senso, tale circostanza sufficiente a non

consentire un normale svolgimento dell’attività.

La Cassazione ha invece giudicato tale decisione errata, principalmente

perché l’operato dell’ufficio doveva essere indagato unicamente sul fatto

che l’accertamento non era stato compiuto in applicazione degli ordinari

criteri operativi, ma provvedendo alla determinazione dei ricavi puntuali,

in applicazione degli studi di settore riferiti al Cluster di inquadramento del

contribuente, ritenendo superfluo gravare l’Ufficio di un ulteriore onere

probatorio.

Appare quindi a mio avviso emergere, la volontà di incrociare le esigenze

di una rapida quanto sbrigativa determinazione del reddito, improntata ad

un’unica esigenza: FARE CASSA.

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Le variabili che possono concorrere a modificare sostanzialmente i risultati

aziendali, non contemplate tra le variabili matematiche a base degli Studi

di settore, non hanno, secondo queste pronunce, alcuna rilevanza.

La bilancia della Giustizia, pende a favore dell’Amministrazione finanziaria,

non è garantita la parità tra le parti, sia nella fase del contradditorio, sia

in quella processuale. E’ indiscutibile la circostanza che, negli Studi di

settore, il FATTO PRESUNTO COME NOTO, non riveste il requisito della

certezza, trattandosi appunto di fatto stimato, che non tiene in

considerazione alcun elemento soggettivo, come la capacità o l’incapacità

professionale, peraltro fondamentale, nella conduzione di un’attività.

Quali sono oggi le garanzie che, dopo questa e altre sentenze analoghe

della Corte di Cassazione, l’ordinamento garantisce al contribuente, ALLO

SCOPO DI EVITARE CHE L’ATTIVITA’ DI ACCERTAMENTO CONDOTTA CON

GLI STUDI DI SETTORE, DIVENTI ARBITRARIA ED INDISCRIMINATA?

La nostra Carta Costituzionale prevede ancora il principio della capacità

contributiva.

Se noi siamo veramente e convintamente SINDACATO, dobbiamo batterci

per ottenere risposte decisive e non accettare rimediuncoli, come i

correttivi di settore, i correttivi congiunturali, di accettare le decisioni di

un’Amministrazione finanziaria, che sembra NEMICA del Cittadino e degli

operatori economici e sempre più orientata soprattutto a drenare risorse

dal tessuto economico.

Se l’attività della nostra Confederazione deve essere di TUTELA si deve

prendere atto delle ormai scarse possibilità di difesa dallo strumento iniquo

rappresentato dagli Studi.

Occorre rendere la vita dei nostri operatori più semplice, liberandoli da

questo strumento tanto complesso nella sua compilazione quanto rozzo

nelle sue conclusioni, talmente complesso che, ogni anno, la circolare che

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riguarda la loro compilazione, arriva in ritardo, con conseguente continuo

rinvio dei termini delle dichiarazioni fiscali.

La nostra posizione deve essere:

Mai più Studi di settore

Mai più presunzioni

Parità tra Uffici finanziari e contribuenti davanti alla giustizia tributaria.

Per la determinazione della capacità contributiva dei cittadini, lo Stato ha

ideato un metodo di accertamento applicabile all’intera platea dei

contribuenti: il redditometro.

Strumento anche questo certamente non immune da critiche, forzature ed

eccessivamente standardizzato, ma su cui si può lavorare, nell’ottica

dell’attuazione dell’art. 53 della Costituzione. SE QUESTO STRUMENTO E’

APPLICABILE A TUTTI E’ APPLICABILE ANCHE A CHI SVOLGE ATTIVITA’

COMMERCIALE, PROFESSIONALE ECC.,

Si coglie l’occasione di questo incontro, per portare all’attenzione di questa

assemblea, un problema molto importante che coinvolge anche gli

accertamenti da Studi di settore.

La corte costituzionale con sentenza n. 37/2015 ha dichiarato l’illegittimità

costituzionale della proroga del conferimento degli incarichi dirigenziali

senza concorso pubblico.

Questa decisione ha coinvolto pesantemente anche l’Agenzia delle Entrate

dove 767 dirigenti nominati senza concorso, sono stati dichiarati illegittimi.

La conseguenza è che gli atti da loro firmati o autorizzati sarebbero nulli.

Si segnala la decisione della commissione tributaria regionale della

Lombardia del 25 giugno 2015, la quale non solo ha dichiarato la nullità

dell’atto ma anche concluso per la denuncia della agenzia delle entrate alla

procura della repubblica e alla procura della corte dei conti per danno

erariale derivante dalla illegittimità dell’atto.

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Noi dobbiamo, in questa circostanza, portare avanti una importante

battaglia sindacale enfatizzando il tema della nullità, assistiti da importanti

tributaristi.

Sarebbe anche una importante lotta di civiltà posto che l’assenza di una

firma su atti presentati dal contribuente, prima delle modifiche al quadro

normativo, era fonte di pesanti conseguenze.

Concludo informando che le ultime osservazioni inviate dal Presidente

Buongiardino sugli studi di settore il 17 Luglio e 26 Marzo 2015 erano di

questo tenore ed evidenziavano molte incongruenze ribadendo che se

funzionassero le commissioni regionali, osservatorio, potrebbero sopperire

a tutte o quasi quelle osservazioni presentate dalle categorie e rimaste

sulla carta.

Questo è il lavoro sindacale che sta facendo Federmotorizzazione.

Il Sistri, dal suo avvio, ha suscitato tantissime polemiche ed ancora oggi

è in fase di rivisitazione; con il DM 126/2014 si stabilisce l’esclusione dal

Sistri per le aziende con meno di dieci dipendenti, premesso che da subito

il legislatore obbligava tutte le aziende ad iscriversi, a dotarsi di strumenti

anche costosi e con eventuali sanzioni molto onerose. La normativa a

carico di salonisti, concessionari e autorimesse, specialmente per quelle

aziende con più di dieci dipendenti costituisce veramente un’incombenza

pesante, costosa e con delle sanzioni assurde.

A marzo 2015 è stato presentato, al Ministro Galletti, un documento di

proposta per un nuovo Sistri, elaborato da Unioncamere e Rete Imprese

Italia dal titolo:

Proposte per un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti

A oggi nessuna risposta.

Anche su questi temi dobbiamo fare sindacato tutti assieme e lo dimostra

il fatto che Assomobilità ha concordato con il Comune di Milano una

riduzione del 50% sulla Tares.

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Come sapete nel 2013 il Decreto Ronchi aveva portato a 30 le categorie

merceologiche basandosi molto sulle dimensioni.

Il Comune su sollecitazione dell’Associazione di categoria è stato sensibile

alle argomentazioni presentate, i nostri saloni sono sì grandi, ma non

producono rifiuti.

Cosi per giustizia fiscale il comune ha ridotto la Tares del 51,85%.

Questi dati li divulgheremo e chiederemo a tutte le Ascom di seguire

questa linea.

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Giacomo Jannotta Studio Jannotta s.a.s.

Problematiche IVA – Detraibilità – Fiscalità sulle automobili

FEDERMOTORIZZAZIONE

23 OTTOBRE 2015

In collaborazione con

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La direttiva 77/388 stabilì che qualsiasi Paese appartenente alla Comunità

Europea, previo parere del Comitato Consultivo dell'Iva, avrebbe potuto

adottare una norma che riducesse la percentuale di detraibilità del tributo

o la escludesse per una categoria di beni. Ciò a due condizioni: che fosse

una misura di durata temporanea e che servisse per far fronte a un

fabbisogno di gettito straordinario e non per ridurre il disavanzo di

bilancio.

L'Italia adottò subito questa facoltà chiedendo ed ottenendo, dal 1980 e

per un periodo di tre anni, la totale indetraibilità dell’Iva relativa

all'acquisto di ciclomotori, motocicli, autovetture ed autoveicoli nonché

alle relative prestazioni di servizi e all'acquisto di ricambi, carburanti,

lubrificanti ecc.

Alla scadenza del primo triennio l'Italia richiese una proroga, che fu

concessa e fu accordata pure alla scadenza dei trienni successivi. Alla fine

degli anni 90 l'Italia rimaneva, nel contesto europeo, l'unico Paese in cui

fosse in vigore una limitazione della detrazione dell’Iva sicchè la Comunità

Europea fece pressione sull’Italia che, con la legge 388/2000 introdusse,

a partire dal 1 gennaio 2001, la detraibilità sull'acquisto e sui costi di

manutenzione riparazione ed impiego nella misura del 10% del costo

sostenuto. Detta percentuale, con la legge 266 del 2005 (finanziaria 2006)

fu innalzata al 15%. Ma già nel 2000 si era posto il problema di quale

trattamento fiscale ai fini dell'Iva si dovesse riservare nel momento in cui

quel veicolo usato venisse ceduto in permuta ad un commerciante e,

quindi, tornasse nel ciclo commerciale. La soluzione era contenuta nello

stesso articolo 30 della legge 388 ai punti 5 e 6. L’articolo 5 stabiliva che

nel caso di cessione del veicolo usato, il soggetto cedente avrebbe

applicato l'Iva solo sul 10% del prezzo di cessione e all'articolo 6 fu sancito

che qualora il veicolo fosse ceduto ad un soggetto che ne faceva

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commercio sarebbe rientrato nel regime del margine. Quindi fino al 2006

la questione dell’Iva relativa ai veicoli usati non assunse rilevanza.

Ma il 7 luglio del 2004 la società Stradasfalti di Trento chiese all’Agenzia

delle Entrate ufficio di Trento che gli venissero rimborsati circa 31.340

euro per la mancata detrazione dell'Iva e quindi per il tributo

indebitamente pagato sui costi di acquisto e di esercizio sui veicoli

acquistati a partire dal 2000 e fino al 2004. Il riferimento all’anno dal 2000

era motivato dal fatto che in quell’anno era stato rinnovato, per l’ultima

volta, il decreto che limitava la detraibilità dell'Iva.

L'Agenzia delle Entrate di Trento dichiarò la propria incompetenza a gestire

questa vertenza ed invitò la società a rivolgersi alla Corte di Giustizia

Europea cosa che Stradasfalti fece chiedendo che venisse dichiarata la

illegittimità della situazione posta in essere dall'Italia in quanto il principio

della indetraibilità non era stato affatto applicato in un periodo limitato di

tempo nè era stata dettata da motivi congiunturali perché era diventato

un gettito strutturale del nostro sistema fiscale. La Corte di Giustizia

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Europea il 14 settembre 2006 con la sentenza CI 228 - 05 sancì la

illegittimità della norma e quindi ordinò di restituire a Stradasfalti l'Iva non

portata in detrazione sugli acquisti relativi alle vetture effettuati dal 1

gennaio 2003 al 14 settembre 2006. Apparve, subito, evidente quale

onere economico il nostro Paese avrebbe dovuto sostenere per effetto

della Sentenza poiché, potenzialmente, tutti i soggetti che si trovavano

nella stessa condizione avrebbero potuto avanzare richiesta di rimborso

dell'Iva pagata per gli acquisti effettuati nel periodo di cui innanzi.

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L'effetto immediato prodotto dalla sentenza, però, fu anche il ripristino

della totale detraibilità dell’Iva sempre, però, sempre, però, limitatamente

alla percentuale corrispondente all’utilizzo del veicolo per scopi

professionali o aziendali. In pratica, quindi, ciascun contribuente avrebbe

dovuto stabilire nel caso in cui avesse usato il veicolo anche per scopi

personali quale era la percentuale di utilizzo a tale scopo e, quindi, non

detrarre l'Iva per la quota corrispondente a tale utilizzo

L’effetto economico devastante di questa sentenza per le finanze del

nostro Paese apparve subito evidente si che il Governo presentò

immediatamente una nuova richiesta di autorizzazione a limitare la

detrazione dell'Iva. La limitazione fu accordata ed il 27 giugno 2007 fu

pubblicata sulla Gazzetta delle Comunità Europea la decisione del

Consiglio che autorizzava l'Italia a limitare al 40% la detrazione dell'Iva

sulle spese relative ai veicoli stradali a motore che non fossero utilizzati

esclusivamente a fini aziendali e professionale.

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Di conseguenza fu modificato l'articolo 19 bis 1 della legge dell'Iva che

recepì il nuovo limite alla detraibilità. In pratica quindi avrebbero potuto

godere della detrazione totale e cioè del 100% dell'Iva esposta in fattura

i veicoli che il soggetto impresa o professionista avesse utilizzato

esclusivamente nell'ambito della propria attività aziendale o professionale

ed, inoltre, veicoli quali taxi, veicoli utilizzati dalle scuole guida, veicoli

utilizzati per noleggio o leasing e, come in precedenza, i veicoli degli agenti

e rappresentanti di commercio. Il Governo italiano motivò la percentuale

del 40% come la risultanza di un'indagine compiuta tra le imprese ed i

professionisti italiani da cui era emerso come solo 40% dell'utilizzo di un

veicolo aziendale avvenisse per scopi legati alla propria attività mentre il

restante 60% era da riferire all’utilizzo per scopi personali

dall'imprenditore o dal professionista. Nel corso del Telefisco del 13 marzo

2009 fu chiesto perché non fosse stato applicato anche in questa

circostanza la legge 388/2000 facendo rientrare il veicolo permutato dal

commerciante nel regime del margine; l’Agenzia delle Entrate rispose che

la legge 388/2000 si riferiva ad una situazione in cui la detrazione era del

10% percentuale ben diversa dal 40%. Lo Stato non avrebbe potuto

sopportare un onere così grosso.

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Per effetto di questa situazione si è venuta a determinare una condizione

di estrema onerosità per i soggetti che commerciano auto. All’atto della

permuta il veicolo viene fatturato dal cedente assoggettando ad Iva il 40%

dell'imponibile, il commerciante che lo acquista porta in detrazione il

tributo ma nel momento in cui lo rivende deve applicare l'Iva sul 100%

dell'imponibile.

Sicché ammettendo che il veicolo fosse stato permutato al prezzo di

12.200 euro il commerciante detrae Iva per 880 euro (22% di 4.0000) ma

nel momento in cui lo rivenderà dovrà versare Iva per 2.200 euro (22%

su 10.000 euro) con un maggior onere di 1.320 euro pur non avendo

prodotto “valore aggiunto”. Ma va chiarito che la situazione va anche

valutata dal punto di vista del reddito prodotto. Il maggior importo di Iva

si traduce in un minor reddito tassabile infatti all’acquisto l’imponibile era

11.320 euro alla vendita 10.000 euro con una perdita di 1.320 euro ed un

conseguente risparmio di imposta di 634 euro (48% di 1.320).

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Una soluzione a questa situazione può essere trovata nella stessa legge

dell'Iva che all'articolo 2 Cessioni di beni al punto 5 afferma che

costituiscono cessioni di beni la destinazione degli stessi al consumo

personale o familiare dell'imprenditore o di coloro i quali esercitano un'arte

o una professione o ad altra finalità estranea all'esercizio dell'impresa

dell'arte della professione. La destinazione al consumo personale o

familiare come pure la destinazione ad attività o a finalità estranee a quella

imprenditoriale sono una scelta che l'imprenditore o il professionista può

liberamente esplicare e sono perfettamente equivalenti, per l’Erario, alla

cessione in permuta al commerciante. Se, quindi, nel momento in cui

decide di dare in permuta il veicolo ad un commerciante l’imprenditore o

il professionista dovesse vedersi ridotta la valutazione del veicolo con la

motivazione che alla rivendita il commerciante avrà l’onere dell’Iva,

operando in base a quanto stabilito dall'articolo 2 del dpr 633/72,potrà

decidere di intestare il veicolo a se stesso o un membro della sua famiglia

o decide di non utilizzarlo più nell'ambito della sua attività lavorativa ma

lo destina scopi diversi sta facendo una cessione di beni esattamente allo

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stesso modo che se lo cedesse al commerciante. In virtù di questa

situazione il soggetto, prima di dare in permuta il veicolo al concessionario,

potrà intestarlo a se stesso o un membro della propria famiglia e cedere

al concessionario il bene intestato ad un soggetto privato che, quindi,

andrebbe gestito nell’ambito del regime del margine. E’ evidente che

questa situazione comporta il costo di un passaggio di proprietà ma

bisogna tener conto di due fatti

- Il primo è che qualora il veicolo fosse intestato ad una ditta

individuale o a un professionista, risulta già intestato ad una persona

fisica quindi il trasferimento dalla sfera lavorativa a quella personale

avverrà mediante una semplice scrittura contabile o, al più, con

l’emissione di un autofattura e senza onere economico;

- laddove, invece, fosse intestato all'impresa è evidente che sostenere

il costo del passaggio di proprietà risulterà conveniente in relazione

alla maggiore valutazione che il commerciante farà del veicolo

proposto dal cliente.

Una cosa è assolutamente certa: mai questa situazione potrà configurarsi

come “elusione” dal momento che si configura una elusione quando una

norma viene applicata in maniera diversa da quella che era spirito della

legge “è elusivo un comportamento allorché il soggetto passivo d'imposta

mosso dal fine ultimo di ridurre il proprio carico fiscale è autore di atti

giuridici solo formalmente ossequiosi della norma ma di fatto idonee ad

aggirare obblighi e divieti tributari”. E’ evidente che né il cliente né il

commerciante si trovano in questa situazione.

Un'ultima cosa che bisogna tener presente è che come si è visto la prima

autorizzazione concessa dalla Comunità Europea all'Italia per applicare la

detraibilità limitata dell'Iva al 40% scadeva il 31.12. 2010 . Alla scadenza

l'Italia chiese una proroga che fu concessa fino al 31/12/2013 anche

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questa seconda proroga fu rinnovata e pertanto il prossimo 31/12/2016

verrà nuovamente a scadenza. L’Italia si sta trovando nuovamente in una

condizione di inadempienza perché ancora in questa circostanza quel

requisito della temporaneità che l'applicazione della deroga richiede non

viene rispettata. I nove anni attestano già che la limitazione della

detrazione dell’iva ha prodotto un gettito strutturale e non legato ad un

evento straordinario sicché è ipotizzabile che ad un nuovo ricorso alla

Corte di Giustizia Europea si riproduca la stessa situazione prodotta dal

ricorso di Stradasfalti.

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Ottorino Pignoloni Segretario Nazionale Unasca

Settore Studi di consulenza automobilistica

Registro Unico Automobilistico

FEDERMOTORIZZAZIONE

23 OTTOBRE 2015

In collaborazione con

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Da decenni si auspica nel nostro Paese che la proprietà/disponibilità di un

veicolo in circolazione su strada sia certificata da un unico documento,

come avviene in ogni parte del mondo.

Documento, peraltro che non può che essere la carta di circolazione come

prevede la Direttiva UE n. 1999/37/CE del 29 aprile 1999.

Notoria è inoltre l’anomalia tutta italiana che i veicoli siano considerati beni

mobili da registrare al Pubblico Registro Automobilistico (PRA, dato in

gestione al Real Automobile Club d'Italia) così come stabilito da un Regio

Decreto del 1927.

Se all’epoca tale esigenza poteva avere una sua ragion d'essere nell’ottica

di favorire la vendita delle auto con pagamenti rateali e iscrizione

dell'ipoteca al PRA a favore del venditore, negli ultimi decenni tale istituto

giuridico, un unicum tutto italiano, appare del tutto inutile poiché le

garanzie vengono fornite anche tramite altri, e di gran lunga meno

onerosi, strumenti (leasing, usufrutto, patto di riservato dominio).

Quindi la necessità sempre più avvertita negli ultimi anni, anche alla luce

di politiche governative rivolte al risparmio della spesa pubblica, è stata

quella di riformare l’attuale doppio sistema pubblico (motorizzazione Civile

e Pra) superando così le duplicazioni esistenti (archivi, strutture,

documenti, adempimenti, procedure e costi), sia nell’ottica del risparmio

della spesa pubblica sia in quella di riduzione delle procedure, dei pezzi di

carta e dei costi per gli utenti, così come certificato sia dalla relazione della

Commissione tecnica per la finanza pubblica nel Rapporto 2008 su "La

revisione della spesa pubblica", depositato in Parlamento nel giugno del

2008, sia, più recentemente, dalle proposte avanzate dal Commissario

Straordinario alla spending review Carlo Cottarelli.

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Già nella legge di stabilità 2014 il Parlamento ha legiferato per la nascita

di un unico archivio automobilistico e un unico documento del veicolo

delegando l’allora Ministro delle Infrastrutture e Trasporti a realizzare la

riforma rimasta invece al palo. Per ben tre volte, come ricordano le

cronache giornalistiche dello scorso anno, si è discusso in Consiglio dei

Ministri di tale obiettivo, prima nei decreti legge su spending review e

semplificazioni, poi nella legge di stabilità 2015, tutte e tre le volte senza

risultato, per arrivare finalmente nell’agosto scorso all’approvazione della

legge che delega il Governo a spostare il Pra al Ministero delle

Infrastrutture e dei Trasporti per accorparlo alla Motorizzazione Civile con

il preciso obiettivo, previsto dalla delega [art. 8, comma 1 lettera d) legge

7 agosto 2015, n. 124], di ridurre i costi connessi alla gestione dei dati

relativi alla proprietà e alla circolazione dei veicoli e della realizzazione di

significativi risparmi per l'utenza.

E’ indubitabile che la realizzazione di questa riforma determinerà benefici

agli Utenti e agli operatori commerciali e professionali del settore perché

sono palesi le semplificazioni che produrrà, innanzitutto dal punto di vista

strutturale e gestionale in capo a un solo soggetto pubblico che non può

che essere lo Stato, vista la delicatezza dei dati tecnici e amministrativi

contenuti nell’archivio, stato che regola e garantisce la sicurezza nella

circolazione nazionale ed individuali di veicoli e conducenti nonché di cose

secondo standard UE.

La Riforma garantirà nel contempo una sensibile riduzione dei pezzi di

carta necessari a ottenere il documento unico e la conseguente riduzione

dei relativi costi.

Occorre non dimenticare a tal proposito che la Motorizzazione Civile per

rilasciare la carta di circolazione chiede il pagamento di 9 euro, che

peraltro finiscono nelle casse dello Stato, mentre per lo stesso veicolo al

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PRA devono essere versati ben 27 euro (oltre 230 milioni di euro/anno,

quasi 500 miliardi di vecchie lire) che finiscono nelle casse dell’Aci, ente le

cui attività, come è noto anche alla luce delle tante inchieste giornalistiche

e televisive di questi ultimi anni, sono tutte di natura privatistica (tranne

appunto la gestione Pra, che solo l’anno scorso ha prodotto un utile netto

pari a 33 milioni di euro, tutti rimasti nelle casse dell’Aci, e destinati a

salire ulteriormente nei prossimi anni grazie al buon andamento del

mercato dell’auto).

Dalle notizie che sono apparse recentemente su giornali e riviste

specializzate del settore si ipotizza una riduzione dei costi per il cittadino

di circa 39 euro (quasi 80.000 lire) a formalità, pari a un risparmio

complessivo per la Collettività di oltre 300 milioni di euro, a cui si devono

aggiungere un numero minore di adempimenti e pezzi di carta da produrre

con ulteriore risparmio di costi e tempi che nel caso degli operatori

commerciali e professionali del settore assumono una grande rilevanza

nell’esercizio delle relative attività in materia.

A tal proposito desta una certa sorpresa il recente, improvviso, avvio della

nuova procedura Pra, che non rilascia più il certificato di proprietà (cd.

CDP) ma solo una sua ricevuta, cosa che modifica radicalmente,

aggravandole, le procedure per la redazione e l'autentica di un atto di

compravendita di un veicolo. Da un solo pezzo di carta (il CDP appunto)

che non viene più consegnato ma che si continua a pagare allo stesso

costo di prima, siamo passati alla stampa di almeno 4 pezzi di carta per

annotare al Pra l'acquisto di quel veicolo. Una situazione che ha del

paradossale, vista la riforma in itinere e che, oltretutto, non produce alcun

vantaggio agli Utenti, costretti anzi a perdere molto più tempo di prima

per vendere l'auto, con un evidente aggravio di costi operativi per gli studi

di consulenza e per i concessionari nella loro veste di venditori abituali di

veicoli. Così come stupisce la nascita di un ulteriore archivio che ha la

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presunzione di tracciare gli atti di vendita non ancora autenticati e ancora

da registrare al Pra, un'indebita, e non legittima, intrusione pubblica nella

libera trattazione che regola il mercato dell'auto.

Colgo infine l'occasione per uno spunto di riflessione in merito al tema

della giornata: “Ripresa o ripresina”.

Siamo tutti consapevoli che nessuna ripresa si avvia e sostiene per decreto

e altrettanto consapevoli che è finito il tempo del ricorso al c.d.

“benaltrismo” (ben altro andrebbe fatto per ….).

E’ evidente che il legislatore, con l’istituzione del registro unico e del

documento unico, non ha voluto operare una radicale modifica della

gestione tecnico–giuridica dei veicoli (in tal caso avrebbe semplicemente

soppresso il Pubblico Registro Automobilistico) ma “soltanto” ad una

razionalizzazione funzionale/industriale a beneficio della finanza pubblica

e dei cittadini.

La domanda da farsi oggi è quindi: può il complesso delle funzioni del

MIT e del PRA essere esercitato efficacemente a costi più bassi di

quelli attuali?

E la risposta non può che essere positiva visto che le strutture tecniche

del MIT (probabilmente meglio se riorganizzate in forma di Agenzia

pubblica) possono, a seguito dell’accorpamento Pra, efficacemente

esercitare il complesso delle funzioni con costi complessivi inferiori che

diversi studi hanno quantificato per circa 150 milioni di euro/anno rispetto

alla somma dei costi attuali delle 2 strutture (MIT e PRA gestito da Aci).

Un piccolo risultato, si potrà forse eccepire, a fronte di un bilancio pubblico

da oltre 800 miliardi di euro/anno e un settore – quello Automotive – che

“muove” più di 40 miliardi di euro/anno.

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Ma la direzione è quella giusta: razionalizzare, efficientare,

risparmiare.

E dopo tanti anni di immobilismo e speranze tradite, è davvero

giunto il momento di ricominciare a camminare.

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Gianluca Mascagni Consigliere Federmotorizzazione

La tassa IPT diventerà IRI?

(Imposta Regionale di immatricolazione)

FEDERMOTORIZZAZIONE

23 OTTOBRE 2015

In collaborazione con

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L’Imposta Provinciale di Trascrizione IPT è l’imposta dovuta alle province

per la maggior parte delle richieste presentate al PRA e nel caso specifico

si applica quando si compra un’auto nuova od usata.

L’imposta sulle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei

veicoli richieste al PRA è applicata sulla base di apposite tariffe

determinate con Decreto del Ministero delle Finanze del 27 Novembre

1998; ricordiamo che la IPT nasce con decreto legislativo n.435 del 15

Dicembre 1997.

L’importo iniziale consisteva, alla sua prima applicazione in un pagamento

di entità fissa, per quasi tutte le province, che era compresa tra 151 euro

e 196 a seconda della legislatura amministrativa locale.

Una svolta sotto il Governo Monti ha consentito alle Province di aumentare

fino al 30% l’importo base fissato dalla legge, che era di 151 euro ed in

più ha creato un meccanismo di aumenti proporzionali alla potenza delle

vetture attribuendo ad ogni KW, in più rispetto ai 53 KW base legati al

costo fisso, una ulteriore imposta compresa, sempre a seconda delle

province, fra euro 3,51 e 4,56 per KW.

Ben 50 province adottarono la misura di 4,56 euro per KW e 45 province

la misura di 4,21 euro; nessun aumento per sei province, oltre

naturalmente a quelle autonome. Questo sistema difforme nello stabilire

le tariffe che ha consentito alle province di formulare autonomamente

aumenti fino al 30%, ha creato una disparità economica; per esempio un

automobilista di Milano, Torino, Napoli, Agrigento per una vettura di

potenza 90 KW pagherà 365 euro per la immatricolazione o trasferimento

mentre quello di Siracusa, o Arezzo ne pagherà 336 e l’automobilista di

Trento o di Aosta 280; per una vettura di 120 KW i primi pagheranno

501 euro, i secondi 463 e sempre quelli di Trento e Aosta 386.

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Questa normativa che ha legato le tariffe alla potenza delle vetture ha

determinato aumenti rispetto ai costi iniziali, oltre alle differenze

territoriali sopra evidenziate, che vanno fino al 1000%: esempio la

Lamborghini Aventador che ha 449 KW paga oggi 1.633 anziché 196 euro.

La manovra degli aumenti ha coinvolto tutte le Regioni escluso quelle a

Statuto Speciale, le cui province autonome, con le rispettive finanziarie, si

sono avvalse del loro Statuto per neutralizzare gli effetti dell’estensione al

loro territorio e così si è manifestata una continua “migrazione” delle

società di Leasing e Noleggio verso queste province proprio per usufruire

dell’IPT agevolata creando una disarmonia; per migrare basta aprire una

Sede secondaria in queste zone ed infatti hanno riscontrato un aumento

di immatricolazioni oltre il 450%.

Non dimentichiamo di collegare a queste tariffe, relative ad un certo tipo

di vetture, anche il “Superbollo”, per il quale occorrerà fare un discorso a

parte. Agire in questo modo ha significato distruggere un intero settore e

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determinare la chiusura di centinaia di imprese che si erano dedicate alla

fascia medio/alta dell’Automotive.

La tariffa in pratica resta fissa esclusivamente per le ormai poche

autovetture di potenza fino a 53KW.

Prima di passare ad altre considerazioni sulla IPT dobbiamo comunque

ricordare la esenzione dal pagamento della stessa per l’acquisto dei veicoli

destinati alla mobilità dei cittadini portatori di handicap o invalidi. Per il

fatto che la normativa nazionale prevede l’esclusione di questa

agevolazione per alcuni tipi di disabilità, molte Province, nell’esercizio della

propria potestà regolamentare, hanno deliberato ulteriori agevolazioni a

favore di queste categorie.

Esenzione anche per le Associazioni di volontariato per operazioni di

acquisto di veicoli destinati allo svolgimento delle loro attività.

Esenzione, quella che ci riguarda direttamente, per i soggetti

autorizzati al commercio di mezzi di trasporto usati destinati alla

vendita (legge Dini)

Nel Decreto Stabilità sembrava che, a seguito dei cambiamenti previsti del

PRA e della gestione dell’Archivio Nazionale della Motorizzazione, complice

anche la progressiva scomparsa delle Province, questa IPT dovesse

scomparire e diventare Imposta Regionale Immatricolazioni Veicoli – IRIV.

In sostanza si sarebbe dovuta pagare una sola tassa al momento

dell’acquisto e immatricolazione dell’auto con cancellazione dell’imposta

provinciale da pagare ad ogni successivo passaggio di proprietà;

comunque sarebbe stato necessario un deciso intervento sulle tariffe e sui

sistemi di applicazione visto anche il cambiamento del destinatario di

queste risorse.

L’abolizione dell’IPT avrebbe tre effetti positivi: in primo luogo

rivitalizzerebbe il mercato delle auto usate, storicamente penalizzato da

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questa imposta ed ancor più dal settembre 2011 quando fu applicata la

tariffa piena anche alla trascrizione degli atti di vendita soggetti IVA (quelli

relativi all’usato che passa da Concessionari e Commercianti di veicoli,

prima tassati a forfait). La tariffa piena proporzionale alla potenza ha reso

invendibili molte vetture di lusso o sportive che sono state per la maggior

parte esportate; fra l’altro dalla scorsa estate una circolare del PRA ha reso

molto più difficili anche le esportazioni.

In secondo luogo verrebbero meno le complicazioni legate ai Regolamenti

che le Province hanno approvato negli anni, differenziando tariffe,

agevolazioni ed esenzioni in modo spesso parcellizzato.

In terzo luogo sostituire l’IPT con l’IRIV, ricordiamo applicabile solamente

sulle nuove immatricolazioni, significherebbe sostanzialmente azzerare

una eventuale evasione della stessa in quanto l’immatricolazione è un

adempimento che non si può omettere, salvo falsificazioni.

Non è possibile pensare che un settore, il nostro, da anni in recessione

debba essere continuamente mortificato da aumenti ed imposte

ingiustificati solo perché è facile l’individuazione dei relativi contribuenti;

che almeno questo gettito, derivante comunque da percorsi ed applicazioni

innovative nel carico fiscale, sia destinato in parte allo sviluppo del nostro

mercato e non solamente rivolto a spesa pubblica generalista.

Stiamo parlando di risorse, di centinaia di milioni di euro che entrano nelle

casse dello Stato attraverso la riscossione della IPT e magari futura IRIV.

Secondo una elaborazione fatta da organismi di settore, il prelievo fiscale

relativo alla IPT è stato nel 2014 di 1,37 mld, ma noi riteniamo che si sia

raggiunta la cifra di circa 1,6 mld., a fronte di 1.366.431 vetture

immatricolate divise per segmenti e quindi per potenza fiscale (KW) che

determina la tariffa, così anche per i 2.557.000 passaggi di proprietà e,

se prendiamo in considerazione i veicoli commerciali, 110.000

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immatricolazioni ed i passaggi di proprietà dei veicoli trasporto merci

570.000 che sono tariffati secondo la portata.

Con il 50% di queste risorse si potrebbe attivare un percorso di

incentivazione destinato alla rottamazione creando così un volano a costo

zero che porterebbe progressivamente al rinnovo del parco automobilistico

circolante con benefici dell’ambiente, della sicurezza e soprattutto delle

casse degli imprenditori del settore (NOI).

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Gian Luca Pellegrini Direttore Quattroruote

Credibilità del comparto Automotive:

diamo prova di chiarezza, trasparenza e ottimismo

FEDERMOTORIZZAZIONE

23 OTTOBRE 2015

In collaborazione con

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L’intervento del Dott. Gian Luca Pellegrini, Direttore di “Quattroruote” ha

rievocato quanto contenuto nell’editoriale, a sua firma, di seguito riportato

e pubblicato nell’inserto Quattroruote di Ottobre 2015 che è stato

distribuito al Convegno.

E ORA FARE CHIAREZZA PER RIAVERE LA FIDUCIA DI PRIMA

di Gian Luca Pellegrini

Quanto più si cade dall’alto, tanto più la caduta è fragorosa.

Lo scandalo che vede protagonista la Volkswagen, che ha ammesso di aver truccato i dati Epa sulle emissioni dei motori 2.0 TDI utilizzando un algoritmo che artificialmente riduceva i livelli degli NOx durante i controlli, è un durissimo colpo per una Casa assurta all’Olimpo dell’automotive.

Lo è per i suoi conti, come ha dimostrato il terrificante crollo delle azioni sulle Borse mondiali. E lo è per la sua immagine, che da decenni era sinonimo di qualità e di serietà. La prima testa è già caduta: Martin Winterkorn s’è assunto la responsabilità dell’intera vicenda e ha consegnato le proprie dimissioni al board. Era inevitabile: un imbroglio di tali proporzioni non è potuto accadere senza che i vertici sapessero.

Ora, però, la Volkswagen deve affrontare il responso del pubblico; lo stesso pubblico che, fino a venerdì 18 settembre 2015, ne aveva sancito il successo planetario.

Riconquistare la fiducia dei consumatori sarà complesso: le notizie di possibili class action in giro per il mondo indicano come la vicenda non si chiuderà affatto con una multa più o meno salata commissionata dall’Epa.

A questo punto è necessario che la Volkswagen esca dal proprio riserbo e dia prova di trasparenza e chiarezza. E’ in gioco la credibilità dell’intero comparto automotive, perché il sospetto che tali comportamenti siano comuni alle altre Case si sta diffondendo a macchia d’olio. E l’auto, in questo momento, non può permetterselo.

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Simonpaolo Buongiardino

Presidente Federmotorizzazione

Conclusioni e Proposte

FEDERMOTORIZZAZIONE

23 OTTOBRE 2015

In collaborazione con

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Conclusioni

Assistiamo a politiche restrittive sulla circolazione delle vetture in

particolare nei centri urbani a maggiore densità, che sono connesse anche

e non solo alla riduzione dell’inquinamento. Non riteniamo di condannare

queste iniziative, ma occorre evitare le conseguenze di una

demonizzazione dell’auto.

Non sottovalutiamo lo scenario che si presenta nell’evoluzione della

Mobilità, l’auto rimarrà centrale negli spostamenti degli italiani anche se

perderà progressivamente il suo appeal di bene simbolo; si potrà scegliere

di usarla senza possederla ma sono ben 29 milioni le persone che in Italia

si spostano quotidianamente per studio o per lavoro, ad oggi il 71,3% degli

spostamenti per lavoro avviene grazie all’uso dell’auto.

Nel 2007 i giovani con età compresa fra i 18 e 29 anni coprivano il 13,8%

del mercato privato; a distanza di 8 anni questa quota è scesa all’8% per

le crescenti difficoltà occupazionali e di accesso al credito.

Sarà importante porre attenzione alla generazione degli Over 65 anni. Già

nel 2014 il 39% delle immatricolazioni riguardavano persone oltre 50 anni

di età e sono quasi 2,7 milioni le persone con 65 anni e oltre che lavorano

e tra il 2008 e il 2013 il numero delle “patenti attive“ tra gli anziani è

aumentato del 50%.

Con la ripresa economica speriamo che gli Over 65 siano sempre meno

impegnati a supportare i figli ed abbiano la possibilità di dedicare alle

proprie esigenze di mobilità le risorse personali; proprio questa fascia di

età è proprietaria, nella maggior parte dei casi, del parco circolante da

rinnovare.

Abbiamo bisogno di sostegni per uscire dalla crisi e rilanciare il settore,

con ripercussioni positive sull’occupazione.

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Proposte

Occorre allineare l’Italia agli altri paesi europei in tema di detraibilità IVA

ed eliminare la stortura dell’applicazione IVA sulle vetture usate che mina

dalle fondamenta il concetto della trasparenza dell’IVA lungo tutti i

passaggi fino all’utente finale, come dottamente argomentato dal Prof.

Jannotta e dal Collega Biselli.

Occorre affrontare il tema del destino e della armonizzazione dell’IPT,

come ricordava il collega Gianluca Mascagni.

E’ necessaria una profonda revisione della tassa di possesso che tenga

conto dei valori di CO2 e della riduzione delle emissioni, ma anche abolire

finalmente il superbollo che ha distrutto un intero settore di mercato di

medio-alto livello.

Ci aspettiamo una politica di incentivazione, sulla linea di quella adottata

per altri settori in difficoltà, come quello edilizio, dei mobili e degli

elettrodomestici, strutturata su un beneficio fiscale spalmato su più anni,

che produrrebbe un aumento di vendite e quindi un ampliamento della

base imponibile IVA, recuperando facilmente il sacrificio fiscale.

Anche nei settori marginali ma innovativi occorre un sostegno.

Per lo sviluppo dell’ibrido e dell’elettrico in particolare, considerando i costi

ancora alti delle vetture è necessaria una politica di sensibilizzazione verso

condomini, garage, luoghi pubblici, per realizzare una rete di infrastrutture

adatta alla ricarica dei veicoli.

Dove è stato introdotto un contributo fino a 10.000 euro, vedi Francia e

Norvegia, l’incremento di vendite è stato dell’84%.

In Gran Bretagna a fronte di contributi che arrivano fino a 5.000 sterline,

si è registrato un incremento del 250% nei primi 6 mesi del 2015, rispetto

allo stesso periodo del 2014 e visto il successo la campagna è stata

prolungata al 2016 con rinnovate risorse.

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Le risorse per i sostegni possono trovare copertura sia nel maggior gettito

del carico fiscale legato all’aumento in progressione delle immatricolazioni

da qui al 2018, con l’obiettivo di consolidamento ai 2 mln di

immatricolazioni per anno, che è il mercato idoneo non solo alla

sopravvivenza delle nostre aziende, ma a marginare nel giusto e dignitoso

modo le nostre aziende.

Chiediamo ai nostri cortesi Onorevoli, ringraziandoli ancora una volta per

la loro partecipazione, di aiutarci, a partire dalla richiesta di poter aprire

un tavolo permanente presso il Ministero di riferimento, in cui

Federmotorizzazione, insieme alle altre rappresentanze del settore, possa

affrontare i problemi dell’Automotive, tanto rilevante nell’economia e

nell’occupazione del nostro paese.