Atlante Fotografico Luna

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  • 8/18/2019 Atlante Fotografico Luna

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    Atlante Fotografico

    della Lunaa cura di

    Walter Ferreri

    il nuovo

    G RUPPO   E DITORE G RUPPO   E DITORE 

    45 Tavole

    da foto originali NASA

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    Atlante Fotografico

    della Lunaa cura di

    Walter Ferreri

    45 Tavole

    da foto originali NASA

    Grafica: Patrizia Andreoni - Grafiche Porpora Srl, Segrate (MI)Coordinamento editoriale: Piero Stroppa

    il nuovo

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    Sono ormai trascorsi 20 anni da quando la rivista  Nuovo Orione 

    iniziò a pubblicare le schede lunari che avrebbero dato corpo

    all’ Atlante  Fotografico della  Luna.

    Le immagini di tale atlante, basato sulle fotografie realizzare

    all’Osservatorio del  Pic du Midi, nei Pirenei francesi, erano

    certamente notevoli per l’epoca in cui furono scattate, nel secondo

    dopoguerra, e adeguate a molti appassionati che si occupavano di

    osservazioni lunari nei primi Anni 90.

    Successivamente, gli strumenti a disposizione degli astrofili si

    sono molto evoluti, e questo, parallelamente all’abbassamento

    dei prezzi, consente facilmente di utilizzare telescopi con poteri

    risolutivi superiori a quelli mostrati nelle foto del Pic du Midi.

    Grazie alle riprese spaziali di LROPer adeguarsi alle nuove e accresciute esigenze, il Gruppo B

    Editore ha deciso di mettere a disposizione degli appassionati un

    nuovo atlante fotografico della Luna, composto da 44 Tavole (più

    una Tavola per il lato nascosto).

    Le Tavole sono state realizzate grazie alle riprese ad altissima

    risoluzione eseguite recentemente dalla sonda lunare LRO ( Lunar  

     Reconnaissance  Orbiter ) della NASA, e sono accompagnate da

    una descrizione delle formazioni più caratteristiche, preparata

    dallo scrivente.

    Le riprese originali di LRO hanno una risoluzione di soli 145 metri

     per pixel e sono state realizzate in un periodo di due settimane a

    cavallo del mese di dicembre del 2010.

    La sonda era equipaggiata con sette strumenti, tra i quali il LROC

    ( Lunar Reconnaissance Orbiter Camera), composto da due

    telecamere, una ad alta risoluzione (NAC, Narrow Angle Camera)

    e una a grande campo (WAC, Wide Angle Camera). La prima

    arrivava addirittura a una risoluzione di 0,5 metri per pixel; la

    seconda a 100 metri per pixel.

    La camera ad alta risoluzione era dotata di un’ottica Ritchey-

    Chrétien da 195 mm di diametro a f/3,6, che riprendeva al massimo

     porzioni della superficie lunare di 2,5x2,6 km. L’altra, con rapporto

    di f/5, riprendeva campi con ampiezze maggiori di 100 km.

    Le riprese della sonda sono poi state elaborate nei laboratori

    dell’ Arizona State University con appositi  software  e composte

    insieme per ottenere un’immagine completa della Luna come

    appare vista dalla Terra; ma con la stessa inclinazione dei raggi del

    Sole su tutta la superficie lunare, per consentire la visione ottimale

    di tutti i crateri.

    Il mosaico lunare che è stato generato ha una dimensione di ben 550

    Mega: da questa immagine gigante, che è disponibile e “navigabile”

    sul sito di LRO (http://wms.lroc.asu.edu/lroc_browse/view/

    wac_nearside), sono state ricavate le Tavole presenti in questo

    Atlante.

    Quattro secoli di atlanti lunariDi atlanti lunari ne sono stati pubblicati numerosi; già dopo le prime

    osservazioni telescopiche della Luna, si è sentita la necessità di

    rappresentare la superficie lunare in base a quanto veniva rivelato

    dal nuovo strumento.

    Per quanto ne sappiamo, la prima mappa a riportare dei nomi delle

    formazioni lunari è stata quella di Langrenus del 1645. Due anni

    dopo, apparve la mappa eseguita da Hevelius, un ricco cittadino

    di Danzica, che diede alle catene montagnose i nomi di quelle

    terrestri. In realtà, la mappa di Hevelius faceva parte del suo lavoroSelenographia, che conteneva disegni della Luna nelle diverse fasi.

     Nel 1651 apparve la mappa di Ricciòli, con in gran parte la

    nomenclatura attualmente in uso. Negli anni seguenti, furono

     pubblicate ulteriori mappe, ma nessuna nettamente superiore alle

    altre. Tra queste, comunque, è doveroso citare quella da 20 cm

    di diametro, realizzata da Tobias Mayer di Gottinga, in quanto fu

    la prima veramente accurata. Questa mappa venne pubblicata solo

    nel 1775, tredici anni dopo la morte del suo autore.

    Uno dei maggiori osservatori della Luna fu Johann H. Schröter,

    che nel 1791 pubblicò un’opera dal titolo Selenotopographische

     Fragmente; non si trattava di una mappa completa, ma - come

    indicato dal titolo - di una serie di porzioni, ognuna delle quali più

    dettagliata di quanto presente nelle mappe complete disponibili al

    tempo. Questo lavoro, ampliato, ebbe una successiva edizione nel

    1802.

    Schröter avrebbe voluto pubblicare in seguito una mappa completa

    della Luna, ma poco tempo dopo, durante un’invasione del territorio

    tedesco da parte dell’esercito napoleonico, il suo osservatorio

    venne messo a ferro e fuoco, e il telescopio fu totalmente distrutto.

    Per questo, pur avendo dimensioni modeste, la mappa di Mayer

    rimase la migliore fino al 1824, quando vennero pubblicate le

     prime parti di un notevole lavoro dovuto a un geometra di Dresda:

    Wilhelm G. Lohrmann, che osservava con un rifrattore da 108 mm.

    Purtroppo, l’autore di questo pregevole lavoro ebbe problemi di

    vista e non poté completarlo. Solo molto tempo dopo la sua morte,

    che avvenne nel 1840, furono realizzate le parti mancanti, e il tutto

    fu pubblicato: era il 1878.

    Ma la mappa che fece testo nella prima metà del XIX secolo è

    quella di Beer e Mädler. Questi due amici berlinesi, grazie alle loro

    osservazioni compiute con un rifrattore da 95 mm, pubblicarono un

     pregevole lavoro nel 1837. In questa mappa, da 94 cm di diametro

    e completa con un vasto libro di consultazione, erano riportati circa

    7000 crateri.

    Occorre attendere il 1878 per vedere un’opera di impegno ancora

    maggiore. Si tratta della mappa da 1,8 metri di Julius Schmidt,

    realizzata grazie alle sue osservazioni, compiute principalmente

    all’Osservatorio di Atene (del quale Schmidt era direttore)

    attraverso un rifrattore da 16 cm. Questa mappa riporta ben 33 mila

    crateri!

    Altre mappe seguirono, e vogliamo ricordare la più grande realizzata

    da un unico osservatore, quella di H. Percy Wilkins, da ben 7,6

    metri di diametro (300 pollici), che contiene le immagini di circa

    100 mila crateri! La sua prima versione risale al 1946. Negli anni

    seguenti, Wilkins presentò successive edizioni della sua enorme

    mappa, ma l’epoca dei singoli osservatori stava tramontando e per

    questo Wilkins deve ritenersi l’ultimo grande osservatore visuale

    della Luna.

    Ormai, la comunità astronomica internazionale, riunita nella

    IAU ( International   Astronomical   Union), dava più credito alle

    realizzazioni fotografiche, in quanto i progressi della fotografia

    erano stati notevoli nella prima metà del XX secolo. Con la

    fotografia, si aveva finalmente un documento oggettivo, esaminabile

    da più ricercatori e in qualsiasi momento. Invece, nel disegno ci si

    doveva basare su quanto registrato da un solo osservatore e dalla

    sua capacità di precisione nel riportare i dettagli.

    Il primo atlante fotografico degno di nota fu quello pubblicato

    all’inizio del XX secolo a Parigi a cura di Loewy e Puiseux. Allo

    scopo, era stato progettato un apposito obiettivo acromatico da

    60 cm di diametro a f/30, con fuoco coudé. Nel 1935 si ebbe la prima mappa lunare pubblicata dall’Unione

    INTRODUZIONE

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    Astronomica Internazionale, soprattutto a cura di M. A. Blagg e K.

    Müller, che riportava 681 nomi.

     Negli Anni 60, il planetologo Gerard Kuiper pubblicò un atlante

    fotografico molto completo, raccogliendo le migliori immagini

    fotografiche provenienti da alcuni tra i maggiori osservatori del

    mondo, tra i quali quello francese del Pic du Midi. Qui venne

    utilizzato l’obiettivo che era servito all’atlante fotografico di Parigi,

    cioè il 60 cm f/30.

    Ancora nella seconda metà degli Anni 60, presso il  Lunar and

     Planetary Laboratory  dell’Università dell’Arizona, utilizzando

    un riflettore da 1,5 metri, si ottenne il Consolidated Lunar Atlas:il migliore atlante fotografico lunare completo, realizzato con un

    telescopio dalla superficie terrestre e su pellicola tradizionale.

     Nel frattempo, si ebbero molte altre realizzazioni, più modeste, ma

    mirate soprattutto verso gli appassionati di astronomia. Tra queste,

    ci piace ricordare la Carta della Luna realizzata dal nostro Guido

    Ruggieri nel 1958, con un diametro di 44 cm e pubblicata in sezioni

    nel nostro libro La Luna (Milano, Gruppo B editore, 2009).

    Note tecnicheLe formazioni di cui sono fornite le caratteristiche in questo Atlante 

    sono state scelte tra le più appariscenti o meglio osservabili. Sono

    in totale 336 (di cui 21 situate nel lato nascosto) e comprendono

    soprattutto crateri. A parità di altri fattori, si è data una leggera prevalenza alle formazioni che hanno nomi di studiosi italiani.

    La scala è di 2,1 km al millimetro. Questo valore, però, vale solo

     per il centro del disco. Man mano che ci si allontana dal centro, la

    vera dimensione, lungo un raggio, si ottiene dalla misura diviso il

    coseno della distanza angolare.

    Per esempio, consideriamo una formazione che nell’immagine sia

    lunga 10 mm lungo il raggio:

    • se si vede a un quarto della distanza tra centro e bordo e quindi a

    14,5° dal centro, risulta di dimensioni: 10 mm x 2,1 km/mm / cos

    14,5° = 22 km.

    • se si vede a metà distanza tra centro e bordo e quindi a 30° dal cen-

    tro, risulta di dimensioni: 10 mm x 2,1 km/mm / cos 30° = 24 km.

    • se si vede a tre quarti della distanza tra centro e bordo e quindi a

    48,6° dal centro, risulta di dimensioni: 10 mm x 2,1 km/mm / cos

    48,6° = 32 km.

    Per evitare di ripeterlo costantemente, abbiamo spesso sottinteso

    che la dimensione indicata si riferisce al diametro. Quindi, anziché

    scrivere: “Un cratere con un diametro di 50 km”, ci siamo limitati

    a: “Un cratere da 50 km”, o “largo 50 km”.

    Spesso, anche se non sempre, abbiamo evitato di precisare che le

    altezze delle pareti o delle cinte delle varie formazioni sono riferite

    al fondo dei crateri. Ovvero, quando si afferma che un cratere ha

    sulla cinta un picco che si eleva fino a 2000 m, questa misura siintende - se non altrimenti indicato - rispetto al suo fondo.

    Ricordiamo che la IAU ha deciso di attribuire nomi latini o

    latinizzati, oltre che ai crateri, anche alle altre formazioni, elencate

    in Tabella 1 con le denominazione latina e italiana a confronto.

    L’ultima Tavola dell’ Atlante  riporta l’emisfero lunare nascosto,

    ovvero quello rivolto dalla parte opposta alla Terra e quindi

    invisibile, tranne che per le zone molto prossime al bordo, grazie al

    fenomeno delle librazioni.

    Una prima immagine dell’emisfero nascosto, ma di qualità molto

    scarsa, si ottenne nel 1959 grazie alla sonda sovietica  Lunik 3. In

    seguito, se ne ebbero molte altre di qualità via via crescente, sino

    a quest’ultima del  Lunar   Reconnaissance Orbiter , realizzata con

    la stessa tecnica a mosaico adottata per la ripresa dell’emisferovisibile.

    Il sito di riferimento di questa immagine è: http://lroc.sese.asu.

    edu/news/index.php?/archives/345-Farside!-And-all-the-way-

    around.html

    Infine, per un rapido ritrovamento delle formazioni trattate nelle

    Tavole, l’ Atlante è completato da un indice analitico.

    Ci auguriamo che questo lavoro possa risultare di utilità a chiunque

    osservi la Luna e che, soprattutto, stimoli gli osservatori a dedicare

     più tempo al nostro unico grande satellite naturale.

    Walter Ferreri

    Nome latino Nome italiano

    Catena Catena di crateri

     Dorsa Gruppo di creste

     Dorsum Cresta presente in un Mare

     Lacus Lago (piccola pianura lavica)

     Mare Mare (pianura lavica) Mons Montagna

     Montes Catena montagnosa o gruppo di picchi

    Oceanus Oceano (grande pianura lavica)

     Palus Palude

     Promontorium Promontorio

     Rima Solco

     Rimae Rete di solchi

     Rupes Scarpata

    Sinus Golfo

    Vallis ValleTabella 1

    NOMENCLATURA LUNARE

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    Dechen. Da Ernst H. Karl von Dechen (1800–1889), mineralo-gista e geologo tedesco.È un piccolo cratere, con un diametro di soli 12 km, situato suuna lunga cresta che va da Repsold a Harding. Lo si nota facil-

    mente, in quanto è isolato dagli altri crateri.

    Galvani. Da Luigi Galvani (1737–1798), il fisico e anatomi-sta bolognese che viene ricordato per i suoi studi pioneristicisull’elettricità.È un cratere dalle dimensioni di tutto rispetto (80 km di diame-tro), che sarebbe anche appariscente, se la sua estrema vicinan-za al bordo non ne rendesse difficile l’osservazione.In pratica, lo si può osservare solo quando la librazione è favo-revole.

    Gerard. Da Alexander Gerard (1792–1839), esploratore scoz-zese noto per le sue esplorazioni sull’Himalaya e in Tibet.

    Cratere esteso (90 km), ma molto degradato. Al suo interno, èvisibile una cresta che corre dal centro alla parete. All’estremi-tà nord di questa cresta, il selenologo tedesco Julius Schmidtvide un cratere.

    Harding. Da Karl Ludwig Harding (1765–1834), astronomotedesco, che nel 1804 scoprì l’asteroide Giunone.Un cratere con un diametro di 23 km e pareti dal bordo moltonetto.Le osservazioni in luce radente mostrano che Harding è situatoall’interno di un basso anello appena percettibile.

    Markov. Da Andrei A. Markov (1856–1922), matematico rus-so specialista nella teoria delle probabilità.Cratere da 40 km con il bordo delle pareti quasi tagliente che sitrova proprio all’imboccatura del Sinus Roris. Vicino a Markov,

    si vedono dei circhi quasi cancellati dalla lava che li ha som-mersi.

    Repsold. Ricorda Johann G. Repsold (1771–1830), costruttore

    tedesco di strumenti meccanici di precisione e in particolare dicongegni astronomici.Si tratta di una formazione grande (107 km), ma molto degra-data.Con un riflettore da 32 cm, il selenologo inglese del XX seco-lo Wilkins trovò al suo interno quattro piccoli crateri prossimialla parete sud, tre colline vicine alla parete nord e una crestacentrale.

    Volta. È il cratere che ricorda il nostro Alessandro Volta(1745–1827), al quale si deve la realizzazione della prima pilaelettrica, nel 1800.Benché molto esteso (113 km), questo cratere si vede solo

    quando la librazione è favorevole, essendo situato proprio lun-go il bordo lunare nord-ovest.

    Xenophanes. Da Xenophanes di Colophon, filosofo e poetagreco (circa 570–478 a.C.) che riteneva la Terra piatta.Un cratere da 120 km che, come Volta, si vede quando la libra-zione è favorevole, benché sia situato un po’ meno al bordo.Ciò nonostante, la posizione lo rende poco cospicuo.

    TAVOLA 1

    SINUS RORIS

    Dechen

    Harding

    Markov

      G  e  r  a  r  d

      G  a

       l  v  a  n   i

       V  o   l  t  a

      X e  n o

      p  h a  n

     e s

      R  e  p  s

      o   l  d

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    Babbage. Questa formazione ricorda Charles Babbage (1792– 1871), un matematico inglese inventore di una delle primemacchine calcolatrici.È un grande (144 km) circo che a un’osservazione attenta si

    rivela dovuto alla fusione di due grandi formazioni anulari. Asud del centro della formazione meridionale, si trova un pro-fondo cratere, chiamato A, facilmente visibile con un piccolotelescopio.

    Bianchini. Dall’astronomo italiano Francesco Bianchini(1662–1729).Questo cratere ha un diametro di 38 km e si trova quasi nelmezzo della catena montuosa dei Monti Jura, quella che bordail Sinus Iridum. Bianchini ha alte pareti dalla forma vagamente poligonale e una montagna centrale con un cratere a nord e unaltro sulla parete a sud.

    Harpalus. Dall’astronomo greco Harpalus, vissuto intorno al460 a.C.È un profondo cratere raggiato con un diametro di 39 km e alte pareti che si ergono ad almeno 5000 m a ovest. Lo si distinguefacilmente, perché si trova nel bel mezzo del  Mare Frigoris.Sul fondo, si vedono una collina un po’ a sud del centro e un piccolo cratere sotto la parete nord.

     Iridum, Sinus. Il poetico “Golfo della Rugiada”, nome dovutoa Riccioli.Inizialmente un enorme cratere, con un diametro di ben 260km, la cui parete sud è stata completamente demolita dalla lava,una volta fluida del Mare Imbrium. È una delle regioni più bel-le di tutta la Luna ed è spettacolare da vedere anche con un piccolo telescopio. Il bordo nord di questa formazione prendeil nome di Monti Jura; una catena molto aspra che contiene

    numerosi picchi, più alti nella parte centrale. Una grande mon-tagna vicino a Sharp si eleva per almeno 6000 m.

    J. Herschel. Ricorda John Herschel (1792–1871), l’astronomo

    nato in Inghilterra dal più famoso padre William (emigrato dal-la Germania).Si tratta di una porzione della superficie lunare, con un dia-metro di ben 156 km, bordata da una montagna molto alta sullato orientale. Il vasto interno contiene numerose colline, cra-teri e creste, alcune delle quali indicano la presenza di antichicirchi.

    Pythagoras. Da Pitagora (circa 580–500 a.C.), il fondatoredella scuola greca di filosofia e scienza, nella quale si passòdalla concezione della Terra piatta a quella sferica.È un cratere molto evidente con un diametro di 130 km e pa-reti stupendamente terrazzate, che in alcuni punti raggiungono

    i 5000 m rispetto al fondo sottostante. Sul fondo si vede fa-cilmente un gruppo montuoso centrale, sulla cui sommità P.Moore scoprì nel 1952 un piccolo cratere con il rifrattore da 83cm di Meudon.

    Robinson. Da John T. R. Robinson (1792–1882), astronomo efisico irlandese.Cratere a fondo piatto da 24 km con pareti terrazzate che con-tengono un craterino sul lato est.

    Sharp.  Nome dovuto all’astronomo inglese Abraham Sharp(1651–1742), che fu assistente di Flamsteed a Greenwich.È un profondo cratere con un diametro di 40 km. Sul fondo, sivedono una piccola montagna centrale, alcuni bastioni e unacresta a est. Sharp è circondato da alte montagne, la più altadelle quali raggiunge i 6000 m.

    TAVOLA 2

     P y t h a g 

     o r a s

     D e s a r g u

     e s

     A  n a x i m

     a n d e r

     C a r p e n

     t e r

     B a b b a g e

     A 

     R o b i n s o n

    South

    Bouguer Harpalus

    Foucaul t

    Horrebow

    J. Herschel

    la Condamine

    BianchiniJURA 

    SINUS

    IRIDUM

    Sharp   M  O   N   T

       E  S

     A 

    Promontorium

    Laplace

    Maupertuis

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    Anaxagoras. Filosofo greco vissuto dal 500 al 428 a.C.Cratere da 51 km con raggiera. Ha pareti terrazzate che si ergonofino e oltre i 3000 m, rispetto al fondo, dove si trova una brillantecollina centrale, alta circa 350 m.

    Anaximenes. Dal nome del filosofo greco di Mileto (585-528a.C.). Insegnava che il Sole era così caldo a causa del suo girarevorticosamente intorno alla Terra. Cratere da 80 km con paretiche si ergono fino a 2500 m a ovest, ma più basse nelle altre di-rezioni. A sud sono ancora visibili le vestigia di un vecchio circo.

    Birminghan. Dal selenografo irlandese John Birminghan (1829-1884). Resti di un cratere da 92 km con un interno molto acciden-tato per la presenza di molte colline. Pareti molto frammentate.

    Cassini J.J. Dal figlio di Gian Domenico, al quale succedettecome direttore all’Osservatorio di Parigi (1677-1756).È una regione racchiusa da creste con una parete abbastanza benmarcata a est. All’interno sono visibili numerose colline e creste.

    Fontenelle. Da Bernard de Fontenelle (1657-1757), astronomofrancese. Cratere da 38 km, con pareti strette ma brillanti a sud,dove la parete è interrotta in due punti. All’interno, quasi proprioal centro, si trova un piccolo cratere.

    Goldschmidt. Da Hermann Goldschmidt, astrofilo tedesco(1802-1866). Pianura con pareti interrotte e un cratere a ovest.All’interno, vi è un piccolo cratere appena a est del centro.

    Mouchez. Da Ernest A.B. Mouchez (1821-1892), che fu diretto-re dell’Osservatorio di Parigi.

    Resti di un cratere da 82 km prossimo al lembo durante unalibrazione media. Il fondo ospita una dozzina di piccoli cra-teri, alcune creste e un anello dal bordo basso.

    Philolaus. Filosofo greco della fine del V sec. a.C.; sostenevache la Terra è in movimento e che al centro del cosmo vi fosseun “fuoco centrale”.Cratere da 71 km con pareti terrazzate che si elevano fino a 4000

    m dal fondo, sul quale sono presenti molte irregolarità.

     Pico, Mons. Montagna battezzata così da Schroeder, che si rife-riva al “Pico von Teneriffe”.Montagna isolata alta 2400 m con base di 15x25 km, ben visibilein ogni periodo in cui è illuminata dal Sole.

    Plato. Grande filosofo greco (Platone, 427-347 a.C.), allievo diSocrate. È una delle formazioni lunari più cospicue e più affa-scinanti. Si tratta di un circo da circa 100 km, con pareti a spigolinetti alte mediamente 1 km, con cime che si elevano fino a 2 km.Il fondo liscio è costituito dallo stesso materiale di quello deimari, mediamente più scuro ed è costellato da minuscoli crateri.

    Poncelet. Dal matematico francese Jean V. Poncelet (1788-1867). Cratere da 69 km poco appariscente, anche perché visi- bile molto di scorcio e talvolta invisibile, quando la librazione èsfavorevole.

     Recti, Montes. Catena diritta così chiamata da Birt per il suoaspetto. Lunghezza di circa 90 km e altezza fino a 1800 m. Il picco più brillante è situato circa in mezzo, ma non raggiunge laluminosità di Piton o Pico.

    Teneriffe, Montes.  Nome dato in ricordo dei monti dai qualiPiazzi Smith fece i primi test di osservazioni telescopiche ad altaquota. È una catena montagnosa lunga circa 110 km e con al-tezze fino a 2400 m. Queste montagne segnano la parete di ungrande antico anello a sud-ovest di Plato.

    TAVOLA 3

     P o n c e l e t

     A  na x i m e n e s

    Philolaus

    Cassini J.J.

    Mouchez

     Anaxagoras

    Goldschmidt

    Fontenelle

    Birmingham

    MARE FRIGORIS

    MARE IMBRIUM

    MONTES ALPESPlato

    MONTES RECTI MONTES

    Mons Pico

    TENERIFFE

    Epigenes

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     Alpes, Vallis. La celebre fenditura che attraversa la catenamontuosa delle Alpi e per questo chiamata Valle delle Alpi,lunga 180 km. Visibile con un piccolo telescopio, è una delleformazioni più interessanti della Luna. In passato si pensava

    che fosse stata provocata da un meteorite passato di striscio, maoggi sappiamo che è dovuta al “raggrinzimento” della crostalunare. Un potente telescopio rivela che il suo interno è attra-versato da un sottile crepaccio.

    Archytas. Filosofo greco (428–347 a.C.), uomo di stato e ge-ometra. Un cratere relativamente piccolo ma brillante (32 kmdi diametro). Mentre la parete a sud, sul  Mare Frigoris, appareliscia, quella a nord, verso W. Bond, confina con una regionecorrugata. Le pareti si elevano fino a 1500 m dal fondo, nel cuicentro vi è una montagna.

    Aristoteles. Grande filosofo greco vissuto dal 384 al 322 a.C.

    i cui insegnamenti influenzarono profondamente il mondo finoal Rinascimento.È un cratere con un diametro di 87 km e pareti terrazzate dotatedi picchi che raggiungono i 3600 m. Sul fondo vi sono moltecolline; un gruppo è quasi al centro, dove si trovano anche iresti di un vecchio circo. Dalla parete occidentale un gruppo dimontagne si estende fin quasi a Egede.

    Arnold. Da Christoph Arnold (1650–1695), astronomo dilet-tante tedesco. Un circo con un diametro di 95 km e pareti molto basse, quasi assenti a sud. Il fondo è scuro e contiene un craterea nord-ovest, alcuni minuti craterini e delle colline.

    C. Mayer. Astronomo e matematico austriaco (Christian Ma-yer, 1719-1783).È un cratere prominente con un diametro di 38 km di diametro

    e una grande collina centrale. A nord-est una fila di collinette siestende fin verso Peters.

    Eudoxus. Da Eudosso, famoso astronomo greco (400-347 a.C.),

    allievo di Platone. Per spiegare il moto dei corpi celesti, concepìun sistema di sfere concentriche, ruotanti intorno alla Terra.Si tratta di un cratere appariscente, con pareti terrazzate e undiametro di 67 km. L’interno presenta numerose colline, spe-cialmente a nord-ovest. Nell’interno si vede un’alta collina ta-gliata da un crepaccio, che è attraversato da un’altra fessura.

    Galle. Dal nome dell’astronomo tedesco Johann G. Galle(1812–1910), che avvistò Nettuno nel 1846 in base alle indica-zioni di Le Verrier.È un piccolo ma profondo cratere con un diametro di 21 km,situato a nord-est di Aristoteles, nel Mare Frigoris. Sul fondo,a ovest, vi è un piccolo cratere, e un altro è sulla parete sud.

    Meton. Astronomo e matematico greco vissuto intorno al 430a.C. (italianizzato in Metone).Benché si tratti di uno dei maggiori circhi presenti sulla Luna(diametro superiore ai 150 km), la sua posizione prossima allembo boreale lo rende poco appariscente. Visto con un pic-colo telescopio la superficie interna appare liscia, ma un buonstrumento mostra che in realtà il fondo è rugoso. Un grande te-lescopio mostra una fenditura che inizia da un picco a nord-est.

    W. Bond. Dal celebre astronomo americano William C. Bond(1789–1859).Si tratta di un circo con un diametro di 158 km, al cui internovi è un profondo cratere da 11 km. Il vasto spazio interno èattraversato da file di colline, e in generale tutto il fondo appare piuttosto tormentato.

    TAVOLA 4

    M A RE FRIGORIS

    MainChallis

    Scoresby

    de Sitter 

    Euctemon

    Meton

    PetersNeison

    W. Bond

    Baillaud

    Barrow

     Arno ld

    KaneC. Mayer 

     Archy tas

    Protagoras

    Sheepshanks

    Galle

    Trouvelot   Egede

     Aris tote les

    Mitchell

    Eudoxus

     V a l l i s

      A  l p e s

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    Atlas. Uno dei titani della mitologia greca (in italiano Atlante);si trovava sull’estremità occidentale della Terra e sosteneva ilcielo con le sue spalle.Da un’estremità all’altra misura 87 km e splende di una luce

    che ricorda quella della madreperla. Un buon telescopio rivelaal suo interno colline, minuscoli crateri, cavità e crepacci. Nel centro c’è una collina non molto alta, e tutt’intorno vi sonoenormi massi, come se in quel punto fosse avvenuta un’esplo-sione. Le pareti terrazzate si ergono rispetto al fondo di circa3000 m.

    Baily. Da Francis Baily (1774–1844), uomo d’affari ingleseche dal 1825 si dedicò completamente all’astronomia. Fu il pri-mo a descrivere il fenomeno dei “grani di Baily”, che osservòdurante l’eclisse totale di Sole del 1836.Cratere con un diametro di 27 km e pareti molto erose, in partemancanti a sud, dove è visibile un solco che attraversa il cratere

    da nord-ovest a sud-est, passando per il suo centro. Sul fondo, anord, si vede un craterino.

    Bürg. Da Johann Tobias Bürg (1766–1834), un astronomo au-striaco che elaborò una teoria sul moto della Luna.È un cratere con un diametro di 40 km, abbastanza prominente,in quanto abbastanza isolato nel  Lacus Mortis. Ha un fondomolto concavo, con una doppia montagna centrale, sulla cuisommità un grande telescopio rivela un minuscolo cratere.Gran parte del fondo a ovest è invaso dal materiale franato dal-la parete occidentale.

    De la Rue. Dall’inglese Warren de la Rue (1815–1889), che fuuno dei pionieri dell’astrofotografia.È un circo largo 136 km, con le pareti in gran parte rovinate oridotte a frammenti, soprattutto nella parte sud-ovest. Nell’in-

    terno, si vedono molte formazioni e in particolare un profondocratere dalle pareti taglienti, situato al centro.

    Endymion. Giovane pastore della mitologia greca che, baciato

    dalla Luna (Selene), si addormentò per sempre.È un cratere molto evidente, con un diametro di 125 km. Ilfondo scuro lo rende riconoscibile sotto ogni angolo di illumi-nazione. Le pareti sono molto alte, sui 5000 m.Visto attraverso un piccolo telescopio, il fondo di questo cra-tere sembra liscio come un tavolo da bigliardo. Ma, con illu-minazione radente, un grosso strumento rivela la presenza dimacchie bianche, una striscia di luce e alcuni minuscoli craterie colline o coni.

    Hercules. L’eroe della mitologia greca dotato di una forza stra-ordinaria (in italiano, Ercole). Secondo Riccioli, a far scaturireil mito di Ercole sarebbe stato un astronomo di questo nome

    vissuto intorno al 1560 a.C.Si tratta di un cratere molto evidente, non solo per le dimensio-ni (69 km), ma anche perché nel suo interno vi è un cratere pro-fondo con le pareti così sottili che, viste dalla Terra, sembranotaglienti come una lama.

    Strabo. Geografo e storico greco (55 a.C.–24 d.C.).È un cratere evidente con un diametro di 55 km; ha pareti ter-razzate e l’interno piatto uniforme. Perlomeno, questo è l’a-spetto che presenta se visto con un piccolo telescopio. Tuttavia,uno strumento maggiore rivela che il fondo è cosparso di mi-nutissimi crateri.

    TAVOLA 5

    MARE FRIGORIS

    Democritus

    C u s a n u s 

    ThalesStrabo

    de la Rue

    KeldyshBaily

    Endymion

     Atla sHercules

    LACUS

    Burg

    MORTIS

    Schwabe

    Gartner 

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    Briggs. Dal matematico inglese Henry Briggs (1556–1630),che sviluppò l’uso dei logaritmi neperiani.È un cratere con un diametro di 37 km e pareti piuttosto basse.Il centro e la parte nord dell’interno sono occupati da montagne

    e colline.Uno strumento potente rivela che il fondo è attraversato da pa-recchi solchi, tali da ricordare un piccolo Gassendi.

    Eddington. Da Sir Arthur S. Eddington (1882–1944), grandeastrofisico e matematico inglese, che si occupò della strutturainterna delle stelle e della Relatività.È un circo esteso (diametro di 125 km), in precedenza notocol nome di Reinhold B, con le pareti in gran parte scomparse,soprattutto verso sud-est.Con un ingrandimento moderato, si ha l’impressione di vedereall’interno, un po’ a sud-est rispetto al centro, un cratere largo7-8 km, ma i forti ingrandimenti dimostrano che si tratta solo di

    due creste. Un potente strumento rivela la presenza di crepaccinella regione interna di Eddington a nord-ovest.

     Procellarum, Oceanus. L’”Oceano delle Tempeste” è il piùgrande Mare lunare, con una superficie di 2,1 milioni di km qua-drati (meno del nostro Mediterraneo). Mentre i suoi confini sonorelativamente netti a ovest, nord e sud, a est sono indefiniti.

    Russell. Questa formazione ricorda il pittore britannico JohnRussell (1745–1806), che fu anche un appassionato di astrono-mia e selenografo.Una formazione estesa (103 km) ma molto degradata, fino al punto che a sud la parete è totalmente scomparsa e con Struveforma quasi un unico circo con due lobi.La prima formazione che si nota, quando lo si osserva, è un profondo cratere annidato sulla parete orientale, mentre un’a-

    nalisi più delicata rivela la presenza di minuscoli craterini sulfondo.

    Schiaparelli. Dal nostro Giovanni V. Schiaparelli (1835–1910),

    scopritore, tra l’altro, delle relazioni tra gli sciami meteorici ele comete.È un cratere di piccole dimensioni (24 km), ma ben distinguibi-le. Le sue pareti si ergono per circa 1000 m rispetto al fondo, alcui centro si trova una collina.Uno strumento potente mostra due craterini sulla parte esternadella parete nord-est, mentre anche uno strumento più modesto,in luce radente, rivela che Schiaparelli si trova al centro di unacresta che attraversa l’Oceanus Procellarum.

    Seleucus. Astronomo babilonese vissuto intorno al 150 a.C.,difensore della teoria eliocentrica.È un cratere piuttosto evidente con un diametro di 43 km e pa-

    reti terrazzate che si elevano fino a 3000 m rispetto a un fondo piuttosto infossato.Una caratteristica di Seleucus è quella di presentare una pen-denza delle pareti molto dolce all’esterno, aspetto che si nota bene all’osservazione telescopica, come anche una collina cen-trale e un piccolo cratere sulla parete a nord.

    Struve. Per   ricordare la dinastia degli Struve: Friedrich G.Wilhelm von Struve, astronomo russo-tedesco (1793–1864),Otto von Struve (1819–1905), direttore dell’Osservatorio diPulkovo, e Otto Struve (1897–1963), astrofisico americanonato in Russia.Una pianura con un diametro di 170 km, delimitata da una cintamontuosa bassa, sopra tutto a ovest. All’interno sono facilmen-te visibili alcuni crateri dai contorni netti.

    TAVOLA 7

    OCEANUS

    PROCELLARUM

    Briggs

    Seleucus

        R   u   s   s  e    l    l

       S   t   r   u   v  e

        E   d   d    i   n

      g    t  o   n

    Schiaparelli

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    Aristarchus. Dal celebre astronomo greco Aristarco da Samo(310–230 a.C.).È un cratere non molto grande (40 km) ma eccezionalmente brillante, visibile anche quando è illuminato solo dal “chiaro

    di Terra” ed è al centro di una raggiera. Per la sua luminosità,Aristarchus attira subito l’attenzione di chi osserva la Luna altelescopio. William Herschel credeva che fosse un vulcano ineruzione! Si pensa che abbia avuto origine “solo” 450 milionidi anni fa.Le sue poderose pareti si elevano per ben 3000 m rispetto alfondo, al cui centro c’è una collina.Aristarco è il cratere dove sono stati osservati più fenomenilunari transienti; bagliori e colorazioni poi scomparse. Anchedegli astronauti del progetto Apollo sono stati testimoni di talieventi.

    Gruithuisen. In ricordo dell’eccentrico astronomo e fisico te-

    desco Franz von Gruithuisen (1774–1852), che scrisse un librosulla sua “scoperta” di fortificazioni e edifici lunari.È un cratere con un diametro di 16 km e la cinta alta circa 1800m rispetto al fondo, molto netta. Circa 20 km a nord c’è un cu-rioso “ammasso” di piccoli crateri.

    Herodotus. Dallo storico greco Erodoto (484–425 a.C.) di Ali-carnasso, soprannominato “il padre della storia”.È un cratere da 35 km, dalle pareti relativamente basse (mas-sima elevazione di 1000 m) e - in contrasto con Aristarchus- con l’interno scuro. Anche un piccolo telescopio mostra uncraterino sulla parete nord-ovest, mentre quelli che tempestanoil fondo di Herodotus sono accessibili solo a strumenti potenti.

    Krieger. Un omaggio al selenografo tedesco Johann N. Krie-ger (1865–1902), che morì prematuramente per le numerose e

    lunghe notti trascorse al telescopio a disegnare in dettaglio, conuna precisione sorprendente, la superficie lunare.È un piccolo circo (da 22 km) con all’interno un curioso terra- pieno di forma quadrata e la parete nord rettilinea. A sud la cin-

    ta è occupata dal piccolo ma profondo cratere Van Biesbroeck(in precedenza noto come Krieger B), mentre a ovest, dove è più bassa, arriva un piccolo solco sinuoso.

    Prinz. Dal selenologo tedesco Wilhelm Prinz (1857–1910),che fece studi comparativi tra la superficie terrestre e quellalunare.Sono essenzialmente i resti di un circo invaso dalla lava da 47km. L’interno è disseminato da parecchi craterini e da un accen-no di collina centrale.Un solco proveniente da nord arriva fino alla parete di Prinz,dove questa è più alta (circa 1000 m rispetto al fondo), termi-nando sulla sua parte esterna.

     Schröteri, Vallis. È  la maggiore valle sinuosa presente sul-la Luna, il cui nome deriva dal selenografo tedesco JohannesSchröter.Questa valle inizia 25 km a nord del cratere Erodoto e si allargaa 10 km per formare quella che l’astronomo di Cambridge W.H. Steavenson chiamò “Testa di Cobra”. Da qui in avanti essatende sempre a restringersi.La parte finale, quella più a ovest, termina in un minuscolo cra-tere, ed è così sottile che sia essa che il piccolo cratere si vedo-no solo con un grande telescopio. La lunghezza totale è di 160km; la profondità massima di 1000 m. Fu il primo solco vistosulla Luna da questo studioso di Hannover ed è visibile anchecon un piccolo telescopio.

    TAVOLA 8

    Gruithuisen

    Wollaston

    Krieger  Angs tröm

    MONTES

    HARBINGER

    Fedorov

     Arts imovich

    Prinz

    Brayley

      M  O  N   T  E

      S   A   G

      R  I  C  O

      L  A 

    Mons

    Herodotus

    Raman

     Väisälä

     Aris tarchus

    Herodotus

        V   a    l   l   i

     s S c  h  r        ö  t     e r  i    

         R     U      P     E     S

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    Toscanelli

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    Tutta la superficie visibile della Luna in 44 Tavole fotografiche di grande formato, più una Tavola per illato nascosto.Le Tavole sono state realizzate grazie alle riprese ad altissima risoluzione effettuate dalla sonda lunareLRO ( Lunar   Reconnaissance Orbiter ) della NASA.Le riprese sono state elaborate nei laboratori dell’ Arizona State University, per ottenere un’immaginecompleta della Luna come appare vista dalla Terra; ma con un’inclinazione dei raggi del Sole simile sututta la superficie lunare, per una visone ottimale di tutti i crateri.Le Tavole sono accompagnate, nelle pagine a fronte, da mappe che mostrano le disposizioni delleformazioni più interessanti (crateri, mari, monti, solchi) e dalle descrizioni dettagliate di oltre 330formazioni, preparate da Walter Ferreri.Un’opera indispensabile per l’appassionato osservatore della Luna, per il fotografo esperto di ripreselunari, per lo studioso, per il semplice curioso del cielo, e per tutti coloro che amano il nostro unicogrande satellite naturale.

    ISBN 978-88-95650-364