Associazione Madrugada · Labo'Life). Lo stabilimento ... Editore-Divisione di Guna Spa ha in...

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Associazione Madrugada

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334 7148555 - 347 6635566

In copertina: Abel Castillo “Persistir”1x1,20m - Acrilico su tela - Anno 2011

AIEAssociazione Immigrati

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Associazione Famiglie Padovane contro l’emarginazione

ONLUS

www.lucianotomasinstudio.com

I n c o l l a b o r a z i o n e c o n

C o n i l p a t r o c i n i o d i

Provincia di Padova

Ambasciata della RepubblicaBolivariana del Venezuela in

Italia

Comune di Padova Consiglio di Quartiere 4 Sud-Est

Centro Interdipartimentale di Ricerca e Servizi

per gli Studi Interculturali

Consolato Onorario della R.O.

dell’Uruguay

Collegio Don Mazza Via Dei Savonarola 176 - Padova

C o n i l c o n t r i b u t o d i

Digitaly Video Live Events S.r.l.Via dell’Industria 13 - 35129 Padova

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Terme all’Alba HotelVia Valerio Flacco 32 - 35031 Abano Terme PDTel +39 049 8669244 - Fax +39 049 8669641

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Consiglio di Quartiere 4 Sud-Est Tel. 368 3088280 [email protected]

Nata nel 1983 come importatrice e distributrice di prodotti omeopa-tici, GUNA S.p.a. si è rapidamente affermata come la più importante azienda italiana nel settore della produzione di un’innovativa serie di farmaci omeopatici di altissima qualità studiati e messi a punto nei

propri laboratori e della distribuzione di farmaci omeopatici (Heel, Staufen Pharma, Abbé Chaupitre, Labo'Life). Lo stabilimento produttivo Guna è oggi il più moderno ed avanzato al mondo nel settore omeopatico.L’ampia gamma Guna comprende anche una serie di integratori d'avanguardia (tra cui SON Formula, Vit Formula, Guna-Brain, Tonico Guna, FerroGuna, Guna-Basic, ecc). Guna propone un intenso pro-gramma di aggiornamento culturale per medici, farmacisti e operatori sanitari, la pubblicazione della Rivista "LA MEDICINA BIOLOGICA" e la pubblicazione di molti testi medici inediti in Italia. GUNA Editore-Divisione di Guna Spa ha in catalogo oltre 50 opere originali di autori italiani ed europei. GUNA S.p.a. promuove inoltre numerose iniziative finalizzate alla diffusione della Medicina Biologi-ca, destinando un cospicuo budget alla ricerca e allo sviluppo. Sostiene, infine, numerose Associa-zioni che operano a favore della formazione dei medici e dei farmacisti.Obiettivo dell'Azienda, che oggi conta 200 dipendenti, tra cui 90 informatori medico-scientifici oltre a 40 consulenti tecnico commerciali per le farmacie, è di proseguire e intensificare la propria opera di servizio culturale e per questo si impegna attivamente anche a livello socio-sanitario, per il giusto riconoscimento dell'Omeopatia sul piano legislativo.

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DIREzIONE ARTISTICA Sashinka GorguinpourFabio BerrettiJorge De La Cruz

COMITATO ORGANIzzATIVOMatteo PadovanAlejandra RottaYeslaine AvilaIvan CampagnolaJasmine Salem

SEGRETERIA ORGANIzzATIVAPatrizia FerrariTommaso Di Tunno

SUPPORTO ORGANIzzATIVOGustavo ClarosPatrizia SantiGiovanni TramontinKojan GorguinpourMonica SteccaLucia SteccaRita CrucioliMatteo ManieroJotam Lerer

TRADUzIONIAlessandro SabbaliniCostanza ManganoJasmine SalemAlejandra RottaPatrizia FerrariWilliam KirkpatrickSashinka Gorguinpour

CONSULENzA INFORMATICANicola Properzi

CURA E DIREzIONE DELLA MOSTRA“Giornate messicane”Blanca Estela Rodriguez

PROGETTO GRAFICO Marta Guidolin

IMMAGINEAbel CastilloTitolo dell’opera: “Persistir”Misure: 1x1,20Tecnica: Acrilico su telaAnno 2011

CONSULENzA RELAzIONI AMERICA LATINAAlessio Surian

UFFICIO STAMPABlanca Estela Rodriguez

SI RINGRAzIA PARTICOLARMENTE:Consiglio di Quartiere 4 Sud-EstRoberto Bettella, Presidente C.d.Q 4 Sud-EstDott.ssa Oriana NicoléDott. Angelo Ferro, Consolato Onorariodella R.O. dell’Uruguay Dott.ssa Paola Carotta, Consolato Onorariodella R.O. dell’UruguayDott. Julián Isaías Rodríguez Díaz, Ambasciatore della Repubblica Bolivarianadel Venezuela in ItaliaDott. Alfredo Viloria, Primo Segretario della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia Vincenzo PaceDirezione della Biennale di VeneziaMichele MangioneAlberto BarberaLuigi CucinielloStefano FranciadicelleCarla SospedraCarlo RossiEmilio NasuttiEtta PapaliaAmir GorguinpourEmiliano BerrettiMatilde PadovanLuca ManieroIvanka Ososkalo Luis Albert, Maxim Jorge Ososkalo De La CruzRosaria GalatiCadigia HassanMohamed SalemAndrea MalvestioDelia Emilia VargasDario FurlanCamilla CenciFrancesco Bagato

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Con questa quarta edizione di Americana Rassegna di cinema latinoamericano, la sala cinema Fronte del Porto FilmClub, in gestione al Consiglio di Quartiere 4 Sud Est di Padova, va caratterizzandosi come “luogo di cultura” che favorisce la conoscenza dei popoli e come un osservatorio sulla società e la storia di paesi e continenti. Uno spazio quindi, piccolo e comunale se vogliamo, ma che si propone di far incontrare le persone consapevoli che dalla conoscenza reciproca deriva l’ar-ricchimento artistico, culturale e sociale. È uno spazio per coloro che operano perché dal confronto nascano opinioni e intese che aiutino a trovare soluzioni alle ferite aperte dalle prepotenze, dalle ingiustizie e dalle violenze.

Roberto BettellaPresidente del Consiglio di Quartiere 4 Sud Est

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MadrugadaCome dicevano gli indigeni Creek del Nord America, solo quando non ci sarà più nulla sulla terra, l’uomo “civilizzato” si accorgerà che non si può mangiare il denaro.Anche quest’anno, per la IV edizione, Madrugada – in collaborazione con diverse realtà, A.I.E., Noi Famiglie contro l’emarginazione, OnÓff Spazio Aperto e il sem-

pre fedele C.d.Q 4 Sud Est -, ripropone uno sguardo sulla cultura latinoameri-cana.Il lavoro svolto in questi quattro anni da tutti coloro che regalano il loro tempo e le loro risorse - pur di tenere aperto un canale che, nel 2012, abbraccia ancora i temi della solidarietà, della memoria storica, della salvaguardia dell’ambiente e di un altro modo di guardare quelle che noi pensiamo come “generazioni del futuro” e altri bramano come “futura classe dirigente” - è tanto e consolidato.La rassegna fa parlare un altro continente, odierni e passati periodi storici, ma che, data l’umana condizione comune, si riflette moltissimo con il nostro Paese e con la nostra Europa.Siamo orgogliosi di aver fatto conoscere registi che portano visioni diverse, punti di vista che non hanno spesso nessun altro canale in Italia, ma che sono riconosciuti nel resto del mondo.E lo facciamo dal 2009, contattando, aspettando, traducendo, giorno dopo gior-no, per vedere un risultato.Purtroppo noi non siamo premiati dagli enti preposti alla cultura, perché per esserlo sembra sia necessaria la perdita dell’autonomia di scelta, quindi l’abban-dono di uno sguardo diverso che ci ha sempre contraddistinto.Il premio, quello vero, viene dal pubblico che ci segue con sincera stima dalla prima edizione e di tutti gli autori che hanno voluto credere nel nostro modo di promuoverli.Imperterriti proseguiamo la costruzione di ponti culturali, perché c’è tanto, sempre, da conoscere e da imparare. Dai figli degli schiavi che ci riportano la memoria delle deportazioni, ma anche delle ribellioni. Il rispetto della natura come vero patrimonio dell’umanità, così come da millenni ci raccontano gli indi-geni. Dal doppio senso della giustizia, quella delle istituzioni e quella fuori dalle istituzioni, che si batte per i diritti umani, in direzione ostinata e contraria.

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L'Associazione “Noi famiglie contro l’emarginazione” è, da sempre, stata favo-revole a promuovere e a partecitare ad iniziative utili a creare cultura,perché è attraverso di essa che le persone possono acquisire un senso e uno stile di vita diverso da quello che in questi ultimi vent'anni i giovani hanno dovuto subire.Riteniamo che attraverso l'integrazione culturale tra i popoli passi la conoscenza e si perda la differenza del “non sapere”, che genera solo ignoranza e razzismo.

Tina Ciccarelli

Onòff spazio aperto è un luogo, pensato in maniera con-temporanea, cioè, non solo per i fruitori dell’arte così come genericamente intesi, ma anche e soprattutto per chi desidera avvicinarsi alla novità in assoluta rilassa-tezza, percependone tratti, forme, colori, ricchezza per il cuore e per la mente. Onòff si pone come spazio urbano che accoglie non solo cultura ma tutti i progetti che vo-gliono esprimersi tra comunicazione e arte.

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AIMé CéSAIRE IL POETA DELLA NEGRITUDINE

JASMINE SALEM

Incontrare l'arte di Aimé Césaire ha un impatto potente, risuona la voce dell'or-goglio africano che grida al mondo per farsi ascoltare.La Négritude con Cèsaire, termine a lui collegato per averne delineato le ca-ratteristiche da un punto di vista etno-sociologico, non si riduce alla semplice imitazione culturale di atteggiamenti tipicamente occidentali, con lui diventa presa di coscienza attiva delle radici africane a cui le sue amate Antille sono storicamente collegate.La sua poesia il pianto di un popolo, quello della Martinica, il pianto di un paese che non riesce ad emanciparsi da se stesso, dalla catena francese che stringe sempre più forte e confonde un'identità che nasce già distorta, perché creata da uno sguardo estraneo.L'oppressione del sistema coloniale francese ha infettato ogni fibra del tessuto sociale della Martinica, il disagio del suo popolo è lo stesso dell'Africa tutta, la voce di tutte le oppressioni del mondo ed è da questa ferita comune che parte il cammino verso un orizzonte nuovo.Il periodo parigino è d'importanza fondamentale per la sua carriera poetica ma soprattutto per un viaggio introspettivo profondo verso le radici africane per-ché è a Parigi che incontra Léon Gontran Damas, intellettuale di origini europee, africane e creole, Paulette Nardal, prima donna della Martinica a frequentare la Sorbona, intellettuale femminista e mecenate di talenti nei suoi salotti letterari, ma anche altri poeti africani come Birago Diop e Léopold Sédor Senghor ed espo-nenti della Harleem Renaissance.Il fondare la rivista "L'étudiant noir", nel 1934, con l'Association des étudiants Martiniquais en France, permette dunque a Césaire un confronto diretto con le molteplici sfumature della ricerca di una coscienza nera sociale e culturale che

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Anon può che nascere da uno scambio vivace di idee ed esperienze.Come spiegare quindi il concetto di Négritude? Césaire scrive nell'edizione de "L'étudiant noir" del maggio 1935 "Questa parola designa in primo luogo un rifiuto. Il rifiuto di una certa immagine dell'uomo nero passivo ed incapace di creare una civiltà", il termine vuole arrivare ad ogni uomo e donna legati tra loro da una matrice nera comune, l'uomo di colore vive nella subalterna dimen-sione che l'occidente ha preconfezionato appositamente per lui, per fargli avere fiducia nelle finte conquiste sociali, per farlo accontentare delle briciole di ban-chetti lussuosi ai quali non parteciperà mai, ma per cui si sentirà grato di averne sentito il profumo;con Césaire si supera ogni limite imposto dall'accademismo tutto occidentale, è la stessa anima africana dispersa nel mondo a farsi sentire attraverso la sua parola poetica.Perché la più triste realtà del cancro coloniale sta nel fatto che l'occidente parla per il nativo, per l'africano che non ha vera consistenza quando ignora se stesso e si nutre di uno specchio occidentale che lo rifletterà sempre distorto, sbagliato.La ricerca disperata di una consapevolezza per l'uomo di colore risulta per Césai-re la sola via d'uscita in ogni ambito dell'esistenza umana, una consapevolezza che ristabilisca i confini di se stessi per riuscire a vedere la propria identità.Da una parte, dunque, un impegno sociale che fa della sua poesia un'arma po-tente contro ogni ingiustizia - e qui la magia del messaggio poetico universale legato anche all'esperienza surrealista - , dall'altra uno sguardo verso se stesso che diventa espressione della sua arte.

Aimé Fernand David Césaire nasce a Basse-Pointe (Martinica, isola nel cuore dei Caraibi) il 26 giugno 1913. Compie gli studi in Martinica, poi a Parigi, presso il Líceo Louis-le-Grand; perfeziona gli studi universitari sempre a Parigi, presso l'école normale supérieure. Qui conosce il senegalese Léopold Sédar Senghor e il guaianese Léon Gontran Da-mas. Grazie alla lettura di opere di autori europei che raccontano del continente africano, i ragazzi scoprono insieme i tesori artistici e la storia dell'Africa nera. Fondano quindi la rivista "L'étudiant Noir", punto di riferimento fondamenta-le per gli studenti neri della capitale francese e creano la "négritude" (negri-tudine), nozione che comprende i valori spirituali, artistici, filosofici dei neri d'Africa. Questa stessa nozione diventerà poi l'ideologia delle lotte dei neri per l'indipendenza. Césaire nel corso della sua produzione letteraria chiarirà che questo concetto

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supera il dato biologico e vuole riferirsi a una delle forme storiche della con-dizione umana. Torna in Martinica nel 1939 e fonda la rivista "Tropiques", en-trando in contatto con André Breton e il surrealismo. Césaire aveva come ideale la liberazione della sua isola natale dal giogo del colonialismo francese: grazie a lui la Martinica diventerà nel 1946 un Dipartimento d'oltremare della Francia, diventando poi così a tutti gli effetti parte dell'Europa. Césaire si impegnerà attivamente in qualità di deputato della Martinica all'Assemblea generale fran-cese, sarà a lungo - dal 1945 al 2001 - sindaco di Fort-de-France (la capitale) e sarà membro - fino al 1956 - del Partito comunista francese. Dal punto di vista letterario Aimé Césaire è un poeta tra i più celebri rappresentanti del surreali-smo francese; in qualità di scrittore è autore di drammi che raccontano la sorte e le lotte degli schiavi dei territori colonizzati dalla Francia (come ad esempio Haiti). Il poema più noto di Césaire è "Cahier d'un retour au pays natal" (Diario del ritorno al Paese natale, 1939), tragedia in versi di ispirazione surrealista, che è da molti considerata come un'enciclopedia della sorte degli schiavi neri nonchè l'espressione della speranza della liberazione di questi ultimi. Attraverso una ricca produzione di poesia drammatica e specificamente teatrale ha dedicato i propri sforzi in modo particolare al recupero dell'identità antilla-na, non più africana e certamente non bianca. Tra le sue varie raccolte poetiche ricordiamo "Les armes miraculeuses" (Le armi miracolose, 1946), "Et les chiens se taisaient" (E i cani tacevano, 1956), "Ferraments" (Catene, 1959), "Cadastre" (1961). Nel 1955 pubblica il "Discours sur le colonialisme" (Discorso sul colonialismo) che viene accolto al pari di un manifesto di rivolta. A partire dagli anni '60, per evitare che la sua attività raggiunga solamente gli intellettuali africani e non le grandi masse, lascia la poesia per dedicarsi alla formazione di un teatro negrofilo popolare. Tra le sue opere teatrali più rilevanti: "La tragédie du roi Christophe" (La tragedia del re Christophe, 1963), "Une saison au Congo" (Una stagione in Congo, 1967) ispirata al dramma di Lumumba, e "Une tempête" (Una tempesta, 1969), reinterpretazione di un dramma di Shakespeare. L'ultima sua opera pubblicata in Italia è "Negro sono e negro resterò, conversa-zioni con Françoise Vergès" (Città Aperta Edizioni, 2006). L'anziano scrittore si ritira dalla vita politica nel 2001, a 88 anni, lasciando la guida di Fort-de-France al suo delfino Serge Letchimy, eletto a furor di popolo. Aimé Césaire muore il 17 aprile 2008 presso l'ospedale di Fort-de-France.

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PER SALUTARE IL TERzO MONDOAh!

il mio mezzo riposo d'isola così nascostanel mare!

E così da tutti i punti del pericolola storia che mi lascia il segno che attendevo,

Vedo crescere delle nazioni.Verdi e rosse, io vi saluto,

vessilli, testimoni del vento antico,Mali, Guinea, Ghana

e vi vedo, uomini,per niente a disagio in questo sole nuovo!

Ascoltate.dalla mia isola lontana

dalla mia isola che veglia,io vi dico Hoo!

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E le vostre voci mi rispondonoe quello che dicono significa:

" Qui è sereno". Ed è vero:anche nella tempesta e nella notte

per noi è sereno.Da qui vedo Kiwu che scende verso Tanganyka

attraverso la scala d'argento del Ruzizi( è la ragazza che ad ogni passo

inonda la notte di un fremito di capelli)

da qui, vedo intrecciatiBénoué, Logone e Tchadlegati Senegal e Niger.

Ruggire, silenzio e notturno ruggire, da qui sentoruggire il Nyaragongo.

Dall'odio, sì, o il bando o la barrae l'equipaggio che si lamenta, ma

da un vento ruvido, noi contusi, ho vistosgonfiarsi il ghigno negriero!

Vedo l'Africa multipla e unaverticale nella peripezia tumultuosa

con i suoi rifugi, i suoi noduli,un po' in disparte, ma a portata

del secolo, come un cuore di riserva.

E dico ancora: Hoo madre!e sollevo la mia forzaabbassando il volto.

oh mia terra!che mi perdo a sgretolare tra pollice e indice, dolcemente

con cui mi frego il petto, il braccio,il braccio sinistro,

con cui mi accarezzo il braccio destro.

Hoo la mia terra è buona,anche la tua voce è buonacon questa pace che regala

un sorgere del sole!

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Terra, fucina e silos. Terra che ci insegni le vie,è qui, che una verità si svela,

tacendo l'orpello del vecchio lampo crudele.

Ecco:l' Africa non è più

del diamante della sfortunaun cuore nero che si stria;

la nostra Africa è una mano fuori da un cesto,è una mano destra, il palmo teso

e le dita ben serrate;

è una mano tumefatta,una-ferita-mano-aperta

tesa,brune, gialle, bianche,

a tutte le mani, a tutte le mani feritedel mondo.

Aimé Fernand David Césaire

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Come tante altre volte, il mio arrivo nella selva mi riportava a quei ricordi che fanno parte della mia essenza più profonda…perché tutta la selva, in definitiva, … è casa mia…!Tutto il mio corpo vibra quando si tratta di toccare nuovamente la mia terra sudamericana e, soprattutto, quando giungo al cuore del suo verde polmone gi-gante…. ooooooh, che cosa incredibile vedere la sua natura vivente e pulsante; non esistono aggettivi efficaci per descrivere quello che è ‘L’AMAzzONIA’. ….io credo che se l’umanità ricevesse maggiori informazioni a proposito di que-sto luogo, tutte le autorità del mondo sarebbero più accorte invece di maltrat-tare questa foresta selvaggia; perché, logico, non potrebbero mentire così tanto; e di conseguenza le multinazionali, nemmeno loro, potrebbero partorire tutta quella propaganda costruita intorno a messaggi umanistici ed ecologici giacchè sono proprio loro che minacciano questi luoghi paradisiaci ‘BENEDETTI DA DIO E…. MALEDETTI PER MANO DELL’UOMO’.Io, come dicevo, sono figlio della selva; anche se per conseguenze politiche vecchie ormai di molti anni ho perso tanti ricordi per strada. Per quanto amico lettore, quello che ti dico possa sembrarti una menzogna, voglio farti sapere che oltre ad essere Indios, noi eravamo e continuiamo ad essere esseri umani come voialtri. Invece quelli ci scacciarono come animali che stavano facendo del male a qualcuno o assassinando non so chi; perché, dal modo in cui lo facevano, sembrava che la nostra umile comunità fosse qualcosa di temibile. Ebbene voglio

L’ ANACONDA ED IL GIGANTE DALLE PICCOLE MANI

ATUCà GUARANì

Attraverso i suoi spettacoli di lancia, boleadoras e bombo, testimonia da più di 30 anni i crimini commessi ai danni degli abitanti della foresta. Diamanti e altre pietre e metalli preziosi sembrano avere un valore di gran lunga superiore rispetto alla vita, alla dignità e alla cultura di interi po-poli indigeni. A distanza di secoli dalla scoperta dell’America misfatti di ogni genere continuano a perpetrarsi scientemente e con ferocia senza pari nel folto silenzio della foresta amazzonica. Una denuncia che rimane inascoltata ancora oggi, nel XXI secolo, a 60 anni dalla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo.

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Adire che quelli venivano come per affrontare il loro peggior nemico…. Cioè arri-vavano con armi sofisticatissime rispetto a ciò che si preparavano ad affrontare. E quello che affrontavano era un gruppo di indios senza vestiti, completamente nudi, con archi e frecce che generalmente venivano utilizzate per la caccia, cioè per la sopravvivenza. E queste loro armi erano fucili americani, granate a mano, trattori giganti di marca FIAT-MASEY FERGUSON, e altre marche che non ricordo. Ma quello che ha bruciato il mio cuore e la mia anima era la marca di un altro tipo di bull-dog che come se fosse ironia del destino o proprio diretto dalla malizia dell’uomo, questa macchina gigante e distruttiva della foresta che ad ogni me-tro distruggeva la vita della natura come divorando con una fame insaziabile di ‘quiero màaas’. Il nome di questa macchina era ‘SPIRITO DI MANITU’. Oh… quanta tristezza… utilizzare un nome sacro di un dio indigeno per distruggere i suoi stessi figli, gli indigeni. E come se non fosse abbastanza questi mercenari si presentavano sparando colpi in aria, con una cera tremenda, da far paura al più maschio tra gli uomini, perché questi mercenari della selva, patrocinati da po-tenti che rimanevano nell’ombra, non avevano compassione, e quando appariva-no, avevano un aspetto da drogati e ubriachi. E se a questo aggiungiamo le armi che avevano in mano, con dita tremolanti, ti facevano pensare non tanto alla vita del singolo ma a quella dei piccoli, dei bambini e delle donne.Ma Ok, non voglio continuare con questo discorso perché altrimenti non potrei terminare il mio racconto nemmeno tra 200 pagine. Il fatto è che io, in quanto figlio di questa terra sudamericana, ho un documento che il Governo mi ha dato e che mi qualifica come ‘non indio’ perché già inserito in una società con un nome che mi identifica. È chiaro che sono stato obbligato a ricevere quel documento. E dopo, quella terra nel mezzo della foresta, già non era la mia terra…. Attual-mente appartiene al Governo che a sua volta l’ha negoziata con latifondisti o ‘MULTINAzIONALI DEL LEGNO’ (dal Giappone, dagli USA, dall’Europa).Ma ok! Torniamo al mio arrivo a San Paolo che fu come tante altre volte… Imme-diatamente si andò a formare la fila di chi entra nel settore IMMIGRAzIONE e tra loro anch’io, che sono figlio della selva…Bene-bene-bene. Con ciò siamo arrivati alla semplice cosa che volevo dire e che dico con senso di profondo dolore nel mio cuore e in ogni poro della mia pelle…Voglio dire che quando arrivo in aeroporto, io, figlio della selva e discendente diretto della storia, radice stessa del Sudamerica, sono trattato come uno stra-niero. Mentre in fin dei conti, se guardiamo ai nomi di questi signori bianchi e biondi, che stanno nel settore immigrazione, vedremo che questi sono discen-denti direttissimi degli europei, che per quanto mi riguarda, possono avere una

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discendenza qualsiasi, dato che questa terra è stata fatta per tutti… La cosa assurda è che questi personaggi mi guardano e mi trattano per il mio aspetto un poco anor-male, come un ‘pazzo stupido e ignorante’, ma io sempli-cemente porto al collo le mie collane indigene e in più una piuma al collo….!!!Pertanto sto compiendo un peccato per il fatto di essere in-dio e soprattutto per il fatto di ‘ESISTERE’, cosa che per mol-te autorità sudamericane è come se tu stessi mancando di rispetto all’umanità intera… ‘Indio’… una cattiva parola, quando spuntano interessi di qualche tipo.Bene, lasciamo da parte questo dolore che porto incrostato nel petto…Andiamo direttamente nella selva dove per l’ultima volta ho incontrato il mio amico, il ‘Cacique Jusuè’ delle comunità Xavante dell’Aldea di Santa Cruz.SELVA – MATO GROSSO DEL NORD – XAVANTINA AMAzzONIA SUDAMERICANAImpiegai 10 giorni per arrivare al centro della selva, anche se… già mi ci trovavo dentro…!!! Bene, i miei fratelli Xavante mi aspettavano ai confini territoriali delle terre indigene…Erano 10 guerrieri e lo stesso Cacique Jusuè…Nel rivederlo mi commossi, come sempre, e quella volta anche di più perché i problemi con questa società sono attualmente molto, ma molto gravi; ed io che ero più informato di queste cose, mi lasciai prendere da un nodo alla gola che mi spezzava la voce, perché subito pensai che nel giro di pochi anni tutto sarebbe stato solo un ‘RICORDO’.Bene, andiamo veloci perché a dire il vero, qui voglio raccontarvi quello che ho visto in occasione del mio ultimo incontro con i miei fratelli.Il giorno seguente al mio arrivo nella comunità, si organizzò una festa e si diceva che avremmo mangiato un grosso serpente che sarebbe servito per alimentare un minimo di 100 persone.Ebbene… il serpente, però, doveva ancora essere cacciato e per questo chiama-rono uno specialista che i miei fratelli desideravano farmi conoscere oltre ogni cosa. Ci vollero due giorni per andare a prendere quel rettile incredibile.Facemmo un percorso di più di sei ore fino ad arrivare in una zona in cui tutti stavamo attenti a non fare rumore.E… molto più avanti, protetto da tre guerrieri, c’era lo ‘SPECIALISTA’ che secondo loro stava per sorprendermi per quello che avrei visto.

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ABene, dico io, che sarà mai…??? Perché ci vuole qualcosa di davvero speciale per sorprendere me, che sono un uomo della foresta, dove ho passato i peggiori pericoli affrontando tigri, nuotando fino ad incontrare la morte in acqua per poi essere resuscitato, ma soprattutto avendo affrontato il peggiore tra i predatori: ‘IL BIANCO CON TUTTA LA SUA MALIzIA COLMA DI INTERESSI’….!!!Ok, con questo voglio dire che più loro mi dicevano che sarei rimasto sorpreso, più rimanevo ad ogni secondo sempre più curioso.Così arrivammo ad uno slargo pacifico di un fiume, dove a circa 40 metri dalla riva, si trovava una tumultuosa isola quasi nel mezzo….Immediatamente tutti rimasero in silenzio. Il momento si approssimava. No-nostante la distanza potevamo distinguere sulla spiaggia della riva dell’isola, appoggiata pesantemente contro la sabbia, quella cosa gigante che brillava come se fosse tempestata di diamanti e avvolta in un fantastico e incomparabile colore verdeggiante.Era un’ ANACONDA…!!!! E misurava non meno di 11 o 12 metri….!!!!!Dio mio quanto era grande, sembrava la ruota di un Tir…. Ebbene, noi eravamo tutti lì, con lo specialista un po’ più appartato rispetto a noialtri. Questi a quel punto entrò in acqua con un laccio fatto di lische di pesce, affilate al punto da tagliare anche un filo in aria. Lo specialista nuotava silenziosamente e, quando lo vidi di persona, mi si congelò il sangue; ma non perché nuotava in assoluto silen-zio né tantomeno per la sua tecnica natatoria – con tutto che sembrava quasi che fosse mosso da un lento motore, tanto, ma tanto silenzioso e che gli permetteva di snodarsi in quel tratto di fiume dove, posso assicurare, che anche una mosca in quel silenzio si sarebbe fatta sentire; ma lui era tutto un movimento silenzioso.Ma ok, non era questo ciò che mi sorprendeva, no, no….Lo specialista arrivò proprio al fianco di questa GIGANTE ANACONDA e tutti noi eravamo ben attenti al segnale che lui ci avrebbe dato quando…. L’avviso fu dato, lui alzò dolcemente le braccia e questo fu l’ok per noi. Subito si preparò col suo laccio mentre aspettava la nostra risposta e all’ordine del capo Cacique , tutti cominciarono a gridare e colpire l’acqua con i palmi delle mani. In questo modo intendevamo interrompere il tranquillo riposo del temibile animale, quando la fame colpisce le sue brame…!!!! E fu così che come un oggetto letale e preciso nei suoi movimenti, la sua testa si sollevò proprio nel momento in cui lo specia-lista fece per allacciare la testa gigante di questo pericolosissimo rettile, che, con la sua forza erculea sarebbe stato capace di strozzare un coccodrillo con la sua pressione mortale e incredibile per divorarlo senza troppi problemi…!!! La stretta alla testa, di una precisione straordinaria, non mi sorprese…no, la

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cosa che mi lasciò di stucco, e a cui ancora oggi cerco di dare una risposta, era un’altra… COME FACEVA, QUESTO SPECIALISTA, A SAPERE CON TANTA PRECISIONE DA CHE LATO LA TESTA SI SAREBBE DIRETTA AL MOMENTO DI ALzARSI, TANTO DA INCASTRARLA AL PUNTO GIUSTO???!!!.... Questo, Amico lettore, credo che mai, per quanto io viva, potrò saperlo. Ma lo specialista approfittò di questo momento di distrazione del colosso che non ebbe possibilità di scampo col laccio al collo. All’improvviso, questo predatore gigante atterrò in direzione del suo avversario e come se fosse una corsa verso la morte, i due andavano nella stessa direzione e lo specialista era come se stesse per cadere ma non cadde, e continuò guidato dall’istinto… Era terribile assistere a quei momenti di lotta e morte… mentre il sole brillava come nient’altro in quel pomeriggio… Gli uccelli si allertarono rimanendo in silenzio davanti a quell’in-contro…. Di vita o…fine.Intanto lo specialista, con una tecnica che pareva arrivare più da un essere divino che da un uomo, correva in un modo strano; era come se si acquattasse nella parte inferiore della testa del serpente mentre correva e così facendo cambiava direzione; prima da un lato, poi dall’altro con una facilità da congelare il sangue di chi guardava!!!... Io, non potrei descrivere con le giuste parole quello spettaco-lo che Dio stava donando a tutti noi… ebbene, lui correva con questa tecnica del tutto personale fino al momento in cui la testa del gigante non si separò dal suo largo corpo verde diamantato tra violenti schizzi di sangue…Fu a quel punto che lo specialista cadde sulla sabbia di quell’isola di selva intri-cata; un po’ agitato, conservava l’agilità nei suoi movimenti misurati… quando all’improvviso e senza volere, fece un gesto proprio della sua persona e che lo rivelarono per quello che era… e alla fine di questa storia dirò di cosa si trattava, così che a quel punto si comprenderà il motivo di quanto ho scritto fin qui.Lui non era già più in pericolo… al contrario dei guerrieri che con l’intenzione di aiutare, si approssimarono alla scena della lotta. La coda del serpente, infatti, ancora si agitava e colpì in pieno uno degli uomini spingendolo contro un albero e lasciandolo quasi senza respiro per l’impatto con il tronco.Subito tutti ci aggrappammo al rettile, me compreso, per calmare i movimenti della sua coda che sembrava una cosa viva. Ma, Dio santo, era come voler af-ferrare il vento con la mano o trattenere la pioggia in un vaso… Io mi sentii insignificante davanti a quella circostanza; ma tutto questo, amico lettore, non mi sorprese.Quello che davvero mi fece congelare il sangue era lo specialista con i suoi scar-si… 13 ANNI!!!....

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ASÍ, LUI ERA UN BAMBINO E AVREBBE POTUTO ESSERE TUO FIGLIO!!!... ma con la ma-gia E LA FORzA DEGLI ANGELI che Dio gli aveva donato. Molto lentamente, quando tutto sembrò essere finito, lo specialista, ad una distanza di circa 40 metri, si separò da tutti noi con un’occhiata e, risoluto, si immerse nel fiume perdendosi in quell’insenatura del Rio delle Amazzoni… subito dietro di lui i tre guerrieri che custodivano la sua persona. Come per un saluto finale al termine di questa battuta di caccia, tutti noi lanciammo un grido al nostro modo indio in segno di grande rispetto nei confronti di questo GIGANTE DALLE PICCOLE MANI.PIANSI PER L’EMOzIONE, ERA MOLTO PIÙ DI QUELLO CHE AVREI POTUTO IMMAGI-NARE…Bene, dirò ora quello che avevo visto: quando lui si sollevò dal suolo, si mise a correre in direzione di un guerriero abbracciandolo con la spontaneità di un ra-gazzino che aveva bisogno del calore di una persona più grande…quel guerriero era suo padre ed era uno dei suoi custodi!!!....Con questo voglio dire che le cose meravigliose che era stato capace di fare da-vanti ai nostri occhi non erano riuscite ad allontanare da lui quell’immagine così carina di grande ‘pibe’, un ragazzino, un bambino, una meravigliosa innocenza trasformata in poesia viva.La cosa triste, amico lettore, è che tutte queste cose, e tantissime altre, non si conosceranno mai e andranno via-via scomparendo da questa fantastica terra sudamericana…In primo luogo perché le multinazionali fanno sempre più pressione e il consumo di materie prime provenienti dalla selva amazzonica è sempre maggiore. In se-condo luogo perché il rispetto dei diritti indigeni, ‘ridicolmente’ proclamato dai diritti umani, semplicemente NON FUNzIONA E MAI HA FUNzIONATO E MAI FUN-zIONERà. AH!!!... NON ME LO CHIEDERE, AMICO LETTORE, NON A ME. LA POSSIBILE RISPOSTA SI TROVA IN QUALCHE CASSETTO DI QUALCHE SCRIVANIA DI QUALCHE CAPO MONDIALE CHE NON HA TEMPO DI STUDIARE SE QUESTE COSE FUNzIONANO BENE PER LE MINORANzE ETNICHE.E INTANTO NELLA SELVA, MAGARI, QUESTO ‘PIBE’, GIGANTE DALLE PICCOLE MANI, è GIà MORTO E NESSUNO SAPRà MAI DELLA SUE ESISTENzA, PERCHÈ… È UN INDIO DI MERDA, COME DICONO ALCUNE AUTORITà SUDAMERICANE A PROPOSITO DELLA MIA BELLA RAzzA DI UOMINI E DONNE CHE RISPETTANO LA NATURA MOLTO PIÙ DI UNO QUALSIASI TRA I TANTI POLITICI DEL MONDO.

Atucà GuaranìCapo Cacique - Mato Grosso del Sud - Amazzonia sudamericana

(uomo senza terra)

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MOSTRA FOTOGRAFICAGiornate Messicane

Attraversare l’oceano e rivisitare con l’intensità e curiosità di una viandante che si avvicina per la prima volta; è un incontro con la madre terra, un ritorno a casa dove il tutto è diverso, ma in fondo uguale, come lei.Le visioni esposte appartengono, come il titolo della mostra annuncia, a dei giorni a Città del Messico, tutti composti da frammenti, luoghi e momenti nodali per la fotografa.Angoli e istanti passati in compagnia di sorrisi angelici, terreni avvolgenti, cieli che abbracciano in eterno e che cospirano ammiccanti per lasciare nuove esperienze che si trasformano dal colore alla forma.Definire le immagini sarebbe ridondante, si potrebbe dire che fanno parte di un surrealismo femminile; mostrano presenze e protagonisti fissi, impegnati in una festa alla scoperta e visti con gli occhi di una donna creativa, attraverso le sue giornate miste, cucite con dei fili molto diversi come la vita stessa.Blanca Estela Rodriguez. Studia Scienze della Comunicazione. Dopo l’uscita del film “La vita è bella”, inizia una crescente attrazione per la lingua italiana e un percorso di progressivo avvicinamento all’Italia, dove ottiene un Master in Comunicazione Pubblica. Da anni collabora nell’ ambito cinematografico in diverse

BlAncA EstElA RodRìguEz

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AMER

ICAN

A

vesti, come fotografa e corrispondente estero per riviste on line e per la carta stampata spagnole e messicane; ufficio stampa; curatrice di rassegne; pubbliche relazioni e sceneggiatrice. Rappresenta l’Associazione Culturale “Messico Qui”.Blanca Estela RodrìguezContatto diretto: [email protected]

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Emanuele Stocchero è laureato in Scienze Politiche. Vive e lavora a Padova nell’ambito del sociale.Questa raccolta di fotografie è stata fatta utilizzando una piccola macchina fotografica non professionale, con l'esclusivo intento di fissare, per quanto sia possibile, il ricordo di luoghi, paesaggi, per me così diversi, così lontani.Da Buenos Aires alle province di Salta e Jujuy, per più di 24 ore a bordo di un bus. Il viaggio è lo scopo, immergersi nel lento trasformarsi di un territorio, partendo da uno scenario iperurbanizzato, fino ad arrivare alla sconfinata natura delle zone del nordovest argentino.Qui tra le Ande, davanti all'imponenza e alla bellezza di questi paesaggi, ho percepito il motivo per cui la Pachamama (Madre Terra) sia così temuta, ma soprattutto amata e rispettata dai locali.Ho capito che la Pachamama dev'essere amata. Punto e basta. Non ci sono né motivi né ragioni e tanto meno teorie scientifiche. È un rispetto, un timore reverenziale che nasce da dentro.Inspiegabile. E i locali, nei loro visi, nelle loro movenze austere, sono in grado di trasmetterlo senza pronunciare una parola.Il viaggio è poi proseguito verso il nordest del paese. Altre ore (molte) passate in bus, verso Misiones e le cascate di Iguazu, al confine col Brasile e il Paraguay. Ancora una volta è la natura ad imporsi. La foresta, il rumore assordante dell'acqua che cade, versi di animali esotici invisibili, fanno da preludio a uno spettacolo naturale che lascia senza parole. Il Rio Iguazu precipita per più di 80 metri verso il basso, creando uno degli scenari più entusiasmanti che io abbia mai visto. Purtroppo, qui, proprio la bellezza della natura ha creato un certo flusso di turisti e con essi qualche infrastruttura che avrei preferito non vedere. Nonostante questo, il ricordo torna in un luogo immenso che genera sentimenti indescrivibili. Non ci sono foto di volti. Ho avuto la sensazione che la fotografia avrebbe ferito la dignità della gente locale, così schiva e taciturna. Di loro conservo il ricordo nel cuore.

EMAnuElE stocchERo

Viaggio in Argentina, dalla città alle montagne

(Multivisione)

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i filmshAwAntAMAnARegia/Sceneggiatura/Montaggio: Yanilù OjedaProduzione esecutiva: Jannaky Tsioros, Yanilú OjedaProduzione generale: Israel Colina, Yanilú Ojeda, Jannaky Tsioros Durata: 85 min. Paese: VenezuelaAnno: 2012 Shawantama`ana in lingua indigena Wayuu, significa luogo di attesa. È una stazione-mercato, ubicata nella parte nord della città Maracaibo (Venezuela). Da lì comincia il lungo viaggio nei camion traballanti che ci trasportano nel magico territorio della Guajira, la destinazione di molti Wayuu, i quali, la domenica, prendono il mezzo che li riporterà nella loro terra ancestrale e all’incontro con la loro memoria storica, che attraversa le parole degli avi e che oggi abita le città.

YAnilú ojEdA A.Nasce a Maracaibo - Venezuela. È laureata in Comunicazione Sociale presso l’ Università di zulia. Da quando lavora nell’ambito degli audiovisivo, si è impegnata come documentarista e Direttore della Fotografia, occupazioni che le hanno fatto meritare

premi e menzioni. Inoltre è docente, ha realizzato laboratori formativi in alcune Scuole di Cinema, in diverse Comunità Indigene e non

indigene, in Venezuela e all’estero.Tra i suoi lavori figurano Mea Culpa (2000), Hijos de

la Tierra/Figli della Terra (2002), Yo soy Luis Terán/Io sono Luis Teràn (2003), Los Lienzos del Pueblo/Le tele del popolo (2004), Al otro lado del río/All’altro lato del fiume (2005), El Hospital/L’ospedale (2005), El terminal de Pasajeros de Maracaibo/La stazione dei Passeggeri di Maracaibo (2006), El Noticiero Indígena, 32 reportajes documentales/Il notiziario indigeno, 32 pagine di reportages documentario (2004-2006), e Alirio Díaz Corazón de Guitarra/Alirio Diaz Cuore di Chitarra (2008).

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BAtuquE dE cAndoMBè 1811Regia/Sceneggiatura: Oscar MontañoDurata: 35 min.Paese: UruguayAnno: 2011Questo documentario cerca di ricreare l’originale rito del Candombe di 200 anni fa. Una ricerca che va oltre il folklore e la musica. Il Batuque come preghiera e grido di libertà. Per l’Uruguay è segno di identità e patrimonio culturale immateriale, ragione per conoscere le sue origini e i suoi percorsi storici.

oscAR MontAño Ricercatore storico, attivista e promotore della cultura afrouruguayana.Dal 1989 collabora con organizzazioni afrouruguayane: Mundo Afro, ACSUN (Asociación Cultural Social Uruguay Negro), CECUPI (Centro Cultural para la Paz y la Integración), UAfro (Universitarios afrouruguayos), Unkuelu y Casa de la Cultura Afrouruguaya, con las que continúa interactuando.Segue diversi seminari, laboratori, eventi nazionali e internazionali e interviene in programmi radio che si occupano di cultura afro.Fa parte del “Comitato afrouruguayano per la ricostruzione e lo sviluppo di Haiti”, che riunisce membri del collettivo afro, indipendenti e appartenenti a diverse organizzazioni.Ha pubblicato vari libri e articoli sulla cultura afro: - Sudafrica, tra Apartheid e Nelson Mandela, 1991, Mundo Afro, Montevideo.- Storia di un popolo: l’emersione dei Porongos, 1994, Intendencia Municipal de Flores, Trinidad.- Nel libro redatto dall’Antropologa messicana Luz María Montiel, pubblica nel 1995 il capitolo “Gli Afro-orientales”, Fondo de Culturas Populares de México, México.- Tangó, 1996, Tambora Records de Jorginho Gularte, Montevideo. Questo libro è una rassegna della presenza africana in Uruguay.- Umkhonto, Storia del contributo negro-africano nella formazione dell’Uruguay, 1997, Rosebud, Montevideo.- Yeninyanya. Storia degli afro-uruguayani, 2001, pubblicato con il contributo di UNICEF e Mundo Afro, Montevideo.- Rituali africani in Uruguay nel secolo XIX, ne’ La Rotta dello Schiavo nel Río de la Plata, 2005, UNESCO, Montevideo.

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i film- I porongueros ne’ La Redota, 2006, Intendencia Municipal de Flores, Trinidad.Il suo libro più recente è stato pubblicato nel 2008, con 2 ristampe, una nello stesso anno e l’altra nel 2009 - Storia Afrouruguayana. Tomo I, edizione dell’autore, Montevideo (2008), ristampe nel 2009 e 2010.Partecipa e collabora a vari documentari: Los Afrouruguayos (2002) di Darío Arce; El Tango (2004) di Martín Borteiro e Llamadas: Vamo pal candombe a tocá tangó (2005) di Daniel Correa.Ha fatto da consulente ai gruppi di Candombe di Montevideo, Trinidad, Maldonado y Canelones.Attualmente fa parte del Gruppo Consulenza Afrouruguayana che sta appoggiando la Legge di Azioni Positive per gli Afrodiscendenti in Uruguay.E-mail: [email protected]

BoliViA, unA REtE tEssutA dAllE donnE Regia: Aldo PavanDurata: 11 min.Paese: BoliviaViaggio in Bolivia tra le associazioni di donne che si occupano del commercio equosolidale. Interviste a MartHa Poma, vicepresidente del parlamento boliviano, a Bertha Blanco assessore del comune di El Alto e a Roberta Boscoso ex ministro del commercio. Il video è stato realizzato nell’ambito del progetto Veneto Equo finanziato dalla Regione Veneto e al quale hanno partecipato le cooperative Pace e Sviluppo, Unicomondo, Ctm Altromercato e Fair Traid Italia.

EcuAdoR: cARMEn, jiMEnA E lE AltRERegia: Aldo PavanDurata: 16 min. 20’’Paese: EcuadorIl fiato si fa grosso. E il freddo congela le mani e i piedi. Jimena ha 29 anni e il figlio di quattro ansima dietro a lei. In salita. Salgono verso il campo di famiglia dove aspettano le vacche. Una decina di capi da mungere. Il peso della famiglia lo ha lei. Mentre sale si è già messa a lavorare a ferri. Non ha un solo minuto da perdere. Passo dopo passo sta facendo un maglione di lana. L’economia della famiglia è quasi tutta sulle sue spalle.

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Spalle forti, come quelle di tutte le donne di qui, di questo sperduto agglomerato delle Ande ecuadoriane: Salinas de Guaranda. Jimena si è svegliata alle 4,30, come ogni mattina. Tornerà a casa dopo che avrà portato a spalle i due pesanti bidoni del latte fino al caseificio di Salinas. Qui si produce il formaggio da vendere alla “tienda solidaria”, il negozio della cooperativa il “Salinerito”, un marchio divenuto famoso in tutto l’Ecuador. Inizia così la giornata di Jimena, e così è quella di molte altre donne. “Mi ritengo fortunata, viviamo con poco ma stiamo meglio di molti altri villaggi delle Ande. Sappiamo che non ci sfruttano e che non ci imbrogliano”, commenta Jimena. Oggi il comune di Salinas è uno dei esempi più riusciti di economia solidale e comunitaria dell’Ecuador ed è portato ad esempio in tutta l’America Latina.

Aldo PAVAn Giornalista, fotografo e videomaker free lance. Da quasi trent’anni si occupa di reportage geografici. Fino ad ora ha visitato più di un centinaio di nazioni nei cinque continenti, pubblicando libri e collaborando con articoli e reportage fotografici per riviste e news magazine italiani e stranieri. È stato docente di fotoreportage presso il master dell’Istituto di formazione per il giornalismo De Martino di Milano, una delle più note scuole italiane del settore.Da alcuni anni produce video multimediali e documentari. Molti di questi appaiono sui siti web di giornali, associazioni e istituzioni pubbliche. Gli argomenti spaziano dal settore geografico a quello dell’attualità, con particolare attenzione al fenomeno delle migrazioni in Italia. www.aldopavan.it

EYEs oF thE RAinBowRegia e Sceneggiatura: Gloria RolandoAssistente alla Regia: Tony RomeroDirettore della fotografia: Raul Rodriguez, Jose M. RieraDurata: 47 minutiPaese: CubaAnno: 1997“Eyes of the rainbow” racconta la storia di Assata Shakur, afroamericana, membro del Black Panther Party (Partito delle Pantere Nere) e del Black Liberation Army (Esercito di Liberazione Nero), che evasa di prigione, ottenne lo stato di Asilo Politico a Cuba. Questo film parla anche del contesto AfroCubano di Assata, e di Oyà che, tra gli Orisha Yoruba, è la Dea degli avi, della guerra, dei cimiteri e dell’arcobaleno.

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i filmgloRiA RolAndoNasce a L’Avana (Cuba), nel 1953. Studia al Conservatorio Regionale di Musica Amadeo Roldàn, si laurea in Storia dell’Arte all’Università dell’Avana nel 1976 e comincia a lavorare per l’ICAIC (Istituto Cubano di Arte e Industria Cinematografica). I suoi documentari si concentrano sull’importanza della cultura nera a Cuba.FilmografiaOggún: un eterno presente. Doc. 1991 Los hijos de Baragua. Doc. 1996 Los ojos del arcoiris. Doc. 1997 El alacrán. Doc. (Televisión Latina) 2000 Las raíces de mi corazón. Doc. 2001 Los Marqueses de Atarés. Doc. (Televisión Latina) 2003 Nosotros y el jazz. Doc. 2004 Pasajes del corazón y la memoria. Doc. 2007 1912, Voces para un Silencio. Doc. 2010

lA EducAción PRohiBidARegia/Sceneggiatura: Germano Doin CamposVeronica GuzzoDurata: 145 min. 29’’Paese: ArgentinaAnno: 2012Progetto cinematografico indipendente che cerca di fare una critica costruttiva alle carenze dell’attuale sistema educativo e, principalmente, di mostrare idee e alternative differenti. Il film, scaricabile da internet, è registrato sotto licenza Creative Commons e non ha scopo di lucro. Nel mese di agosto aveva già più di 40 proiezioni confermate in Cile, Spagna, Messico e Uruguay. Grazie al “finanziamento collettivo” (crowdfunding) di più di 700 co-produttori, è stato possibile documentare esperienze diverse e intervistare un centinaio di educatori, psicopedagogisti e professionisti dell’educazione di paesi distinti. Tra gli obiettivi del documentario, spiccano: promuovere lo sviluppo di un’educazione integrale dell’essere umano, che rispetti le tappe delle persone, specialmente quelle dei bambini:comunicare a giovani, genitori e maestri, l’importanza che l’educazione ha nelle nostre vite;

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fomentare un cambiamento di coscienza rispetto ai metodi educativi, sottolineando la necessità di una partecipazione attiva e responsabile di tutta la comunità; promuovere una condotta basata sulla cultura della collaborazione, piuttosto che sulla cultura della competenza.

Voci di BAMBini lAVoRAtoRiRegia: Simone PiazzaDurata: 35 min.Paese: ColombiaAnno: 2006Alcune storie di vita, raccontate da bambini e adolescenti lavoratori della Fundacion Pequeño Trabajador di Patio Bonito, Bogotà, Colombia

siMonE PiAzzADocente ed educatore, profondo conoscitore di diverse realtà educative, autore del libro “Il coraggio di insegnare. diario di viaggi dove la scuola, e la vita, hanno ancora valore”.

ciMARRonEsRegia: Carlos FerrandDurata: 24 min.Paese: PerùAnno: 1983Docudramma che esplora la poco conosciuta situazione degli schiavi africani al principio del 19° secolo. Quelli che fuggirono, vissero nascosti nelle comunità e furono chiamati Cimarrones. Nel film si parla anche di un incidente, realmente accaduto, che ebbe luogo il 8 maggio del 1808, quando una banda di Cimarrones fece un’imboscata a una carovana di spagnoli per liberare due schiavi. Filmato nel 1975 a El Carmen, Chincha, sceneggiato dal poeta Enrique Verástegui e musicato da Carlos Hayre..

cARlos FERRAndRegista, sceneggiatore, direttore della fotografia peruviano, trapiantato in Canada, ha

diretto diversi lavori, anche per la televisione. Ricordiamo il documentario “Americano” e il suo ultimo “Planet Yoga”.

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i filmEscuchAndo Al juEz gARzón Regia: Isabel Coixet Produzione: Miss Wasabi Lab. Durata: 84 min. 10’’Anno: 2010Una conversazione tra il giudice Baltasar Garzón e lo scrittore Manuel Rivas in cui si racconta e si analizza la situazione che il magistrato sta attraversando attualmente. Il film passa in rassegna la carriera del giudice, dall’inizio fino a ora, quando la sua posizione nel sistema giudiziario è minacciata.

isABEl coixEtIsabel Coixet comincia a fare film quando le regalano una videocamera 8mm per la sua Prima Comunione. Dopo essersi laureata in storia, con una tesi sui secoli XVIII e XIX, all’Università di Barcellona, si dedica alla pubblicità e alla redazione di annunci. Nel 1988, Coixet debutta come regista/sceneggiatrice con Demasiado Viejo Para Morir Joven, (Troppo vecchio per morire giovane) che le ha fatto guadagnare una candidatura al Premio Goya come Migliore Regista Debuttante. Realizza il suo primo film, in inglese, nel 1996 intitolato Things I never told you (Cose che non ti dirò mai). Questo dramma emotivo, con un cast di attori statunitensi, tra cui Lili Taylor e Andrew McCarthy, le è valso una seconda candidatura ai Goya per la migliore sceneggiatura originale. Coixet si unì a una casa di produzione francese e nel 1988 tornò a una sceneggiatura spagnola per realizzare l’avventura storica A los que aman (A quelli che amano).Il successo internazionale arriva nel 2003 con il dramma intimista My life without me (La mia vita senza di me), film basato sul racconto breve di Nancy Kincaid, in cui Sarah Polley interpreta Ann, una giovane madre che decide di tacere alla famiglia che è malata di cancro terminale. Questa co-produzione ispano-canadese fu ampiamente elogiata al Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Coixet ha continuato a lavorare con Polley a un nuovo film, The Secret life of words (La Vita Segreta delle Parole) nel 2005, che ha come protagonisti Tim Robbins e Javier Cámara. Il film è stato premiato con quattro Goya: Miglior Film, Miglior Regia, Migliore Produzione e Migliore Sceneggiatura. Nel 2005, Coixet si unisce ad altri 18 importanti registi internazionali, tra i quali Gus Van Sant, Walter Salles e Joel y Ethan Cohen per l’innovatore progetto collettivo Paris, je t’aime, in cui ogni regista esplorava un quartiere di Parigi. Coixet ha anche realizzato documentari con temi di grande importanza, come Invisibles, (Invisibili), una selezione di Panorama per il Festival del Cinema di Berlino de 2007 su

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Medici Senza Frontiere e il documentario Viaje al corazón de la tortura, girato a Sarajevo durante la guerra dei Balcani e che ha vinto un Premio, nel 2003, al Festival del Cinema dei Diritti Umani.Nel 2008 esce Elegy, (Elegia) girato a Vancouver e prodotto da Lakeshore Entertainment, basato sul romanzo di Philip Roth “The dying animal”, (L’animale morente), sceneggiato da Nicholas Meyer, che ha per protagonisti principali Penélope Cruz e Ben Kingsley, Elegy è stato presentato al 58º Festival Internazionale di Berlino.Nel 2009, per la selezione ufficiale del Festival de Cannes, Map of the sounds of Tokio, (La mappa de suoni di Tokio), girato tra Giappone e Barcellona, con Rinko Kikuchi, Sergi López y Min Tanaka, con la sceneggiatura della stessa Isabel Coixet. Lo stesso anno, inaugura “From I to J” al Centro D’Art Santa Mònica, un’installazione-omaggio all’opera di John Berger. Nel 2009 riceve la medaglia d’oro in Belle Arti, oltre a fare parte della giuria della 59 edizione del Festival di Berlino.Nel 2010 s’incarica del contenuto di una delle tre sale del Padiglione spagnolo dell’Esposizione Universale di Shangai. Nello stesso anno, al Festival del Cinema di Sant Sebatián, esce il documentario Aral. El Mar perdido. www.misswasabi.com

AhoRA tE VAMos A llAMAR hERMAnoRegia: Raùl RuizDurata: 13’Paese: CileAnno: 197135mm - col.Per gentilissima concessione della Direzione della Biennale di Venezia, Americana ospita “Ahora te vamos a llamar hermano” di Raùl Ruiz, proiettato in occasione dell’80mo anniversario della Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia (1932-2012), all’interno di <<80>>, una retrospettiva di 10 film presentati nel corso delle precedenti mostre. I film in questione sono stati selezionati in base a criteri di rarità, utilizzando e restaurando le copie delle Collezioni dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale (ASAC).Una testimonianza sulla prima legge proclamata da Allende che dichiara gli indiani Mapuches cittadini a tutti gli effetti, con tutti i diritti relativi. Manifestazioni di allegrezza e discorsi degli indiani descritti col talento visivo e il gusto per la sperimentazione del maestro del cinema cileno Raùl Ruiz.Unica copia sopravvissuta.

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