Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una...

142
1

Transcript of Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una...

Page 1: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

1

Page 2: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

2 3

Associazione G. Dossetti“Per una nuova etica pubblica”

Libro biancosu Cosenza Vecchia

per un centro storico non più periferia

Page 3: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

4 5

Sommario

1. Fragilità del centro storico tra spopolamento e invecchia-mento. Un’analisi socio-demografica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.1 Il declino demografico del centro storico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .51 .2 . La popolazione straniera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .71 .3 . La struttura della popolazione per sesso e per stato civile . . . . . . . . . . . . . . . . . .91 .4 . Un centro storico più vecchio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .111 .5 . Famiglie sempre meno numerose . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .161.6. Le difficoltà occupazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .201 .7 . Lo svantaggio educativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .251 .8 . Uno sguardo al patrimonio immobiliare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .28

2. I quartieri storici della città di Cosenza nelle trasformazioni urbane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

2 .1 . Cambiamento e regolazione sociale nei quartieri urbani . . . . . . . . . . . . . . . . .382.2. Oltre la confluenza. L’espansione urbana nella prima metà del Novecento .392.3. La grande espansione urbana e il declino dell’abitato storico. Gli anni

Cinquanta e Sessanta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .412.4. L’abbandono e il degrado della città antica. Gli anni Settanta e Ottanta . . . .432 .5 . La rinascita del centro storico e i limiti del processo di rigenerazione . . .

Gli anni Novanta e gli inizi del Duemila . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .442.6. Il centro storico nella pianificazione strategica urbana . . . . . . . . . . . . . . . . . . .492.7. Gli interventi promossi e realizzati negli ultimi anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .502 .8 . Le scelte politiche che hanno penalizzato il centro storico . . . . . . . . . . . . . . . .53

3. “Cosenza Vecchia”: un centro diventato periferia . . . . . . . . . . . 563 .1 . Il processo di periferizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .563.2. L’immagine dell’abbandono . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .573 .3 . La perdita delle funzioni urbane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .593 .4 . Lo spopolamento del centro antico . Chi resta? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .633.5. Disagio sociale e povertà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .65

ISBN: 978-88-6829-XXX-X

© 2016 Falco EditorePiazza Duomo, 1987100 COSENZAtel. 0984.23137e-mail: [email protected]

Finito di stampare nel mese di XXX 2016da Creative 3.0 S.r.l. Reggio Calabria

per conto di Falco Editore

è vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico,con qualsiasi mezzo effettuata, non autorizzata dall’Editore in ogni Paese

PROVVISORIO

Page 4: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

6 7

3.6. Socialità urbana e legami di prossimità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .703.7. Devianza e criminalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .723 .8 . La presenza delle istituzioni e delle associazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .74

4. Lo spazio locale. “Rappresentazioni geografiche e simboliche” . 774 .1 . Il legame territoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .774.2. Le delimitazioni della città antica e le differenziazioni al suo interno . . . . . .774.3. Narrazioni e significazioni del centro storico. Valori, memoria, identità . . . .794.4. La distanza sociale tra il centro antico e la città nuova . . . . . . . . . . . . . . . . . . .80Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84

Prefazione “Conoscere per deliberare”

di Paolo Palma,

presidente dell’Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica”

Questo Libro bianco su Cosenza Vecchia, che vede la luce dopo due anni di appassionato lavoro, vuol essere insieme un omaggio a Giuseppe Dos-setti e un servizio a Cosenza, fondato sul presupposto dell’assoluta iden-tità tra la città e la sua parte antica, che dell’area urbana tutta è cuore e radice. Ovvero: non c’è Cosenza senza il suo grande centro storico, amatissimo dai cosentini, negli anni divenuto inesorabilmente periferia degradata per la scarsa lungimiranza, con poche eccezioni, di chi avreb-be dovuto invece guardare lontano.

L’omaggio a Dossetti. Nel 1956, quando s’era già ritirato dalla politica e meditava di farsi sacerdote, gli fu ordinato dal suo vescovo, il cardina-le Giacomo Lercaro, di guidare la campagna elettorale della Democrazia Cristiana al Comune di Bologna in opposizione alla giunta socialcomu-nista uscente di Giuseppe Dozza. Dossetti si sacrificò, in spirito d’obbe-dienza. Detta così, e non conoscendo il personaggio, qualcuno potrebbe pensare che la sua sia stata una battaglia di retroguardia, alla testa di un blocco conservatore (la Dc bolognese, peraltro, era prevalentemente scelbiana!). Ma sbaglierebbe, perché Dossetti in realtà si presentò alle elezioni con una piattaforma programmatica progressista, seguendo la via opposta alla cosiddetta “operazione Sturzo” con la quale il Vatica-no, pochi anni prima, avrebbe voluto imporre alla Dc, per il Comune di Roma, l’alleanza con la destra neofascista. Il programma di Dossettimet-teva in discussione un certo “conservatorismo rosso”, che veniva però sfidato in positivo e senza demonizzazioni, addirittura riconoscendo la bontà di alcune realizzazioni di Dozza (fu uno scontro d’idee il loro, non d’interessi di bassa lega, condotto con grande civiltà da entrambe le parti!); proponeva il decentramento e la partecipazione dei cittadini

PROVVISORIO

Page 5: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

8 9

attraverso l’istituzione dei consigli di quartiere;teorizzava una speciale attenzione ai più poveri e alle periferie nell’ambito di una concezione limpidamente democratica, in base alla quale il Comune avrebbe dovuto impedire il formarsi di grandi complessi edilizi destinati ad una stessa classe sociale e favorire invece l’integrazione delle case popolari accan-to a quelle del ceto medio e viceversa. Alcune di queste proposte furono poi fatte proprie e attuate dal comunista Dozza, che rivinse le elezioni. Esse erano contenute nel Libro bianco su Bologna,un volume di 180 pagine venduto al prezzo di 600 lire, la cui redazione Dossetti aveva affidato al giovane Achille Ardigò, padre della sociologia italiana, che a sua volta si avvalse della collaborazione di alcuni giovani intellettuali cattolici pro-gressisti, tra cui l’economista Beniamino Andreatta, il politologo Luigi Pedrazzi, l’urbanista Osvaldo Piacentini, l’architetto Giorgio Trebbi.

Dossetti nel Libro bianco su Bologna parlava di “quartieri organici”, diceva che la città è un “organismo morale” e s’impegnava a far sì che lo sviluppo di Bologna “serv[isse] non all’arbitrio individualistico ma allo spirito comunitario”. Crediamo di poter dire che il Dossetti del 1956 parla anche ai cosentini del 2016; e a quell’esperienza, si parva licet, ci siamo ispirati. E abbiamo fatto nostra la frase-architrave che dà il titolo alla Parte prima del Libro biancodossettiano: “Conoscere per deliberare”, ovvero fornire a coloro che amministrano una città gli strumenti per decidere consapevolmente, senza subire gli eventi, ma governandoli e indirizzandoli verso la realizzazione del bene comune.

Parlare di centro storico, ha scritto il primo dei testimonial di que-sto volume, l’ex sindaco di Cosenza Battista Iacino, “significa parlare di povertà, di emarginazione, di disoccupazione, il più acuto problema del nostro tempo, sacche di miseria che si contrappongono ad aree di ricchezza”. Aggiunge Iacino che il solo recupero strutturale di Cosenza Vecchia non sarebbe di per sé sufficiente perché l’obiettivo non dev’es-sere quello di dare vita ad una città-museo ma di “restituire al centro storico la dignità di città”. In queste parole può essere racchiuso an-che il senso dell’iniziativa dell’Associazione Dossetti, che ha fatto del contrasto alle vecchie e nuove povertà e alle diseguaglianze crescenti uno dei motori del suo impegno civile nell’area urbana cosentina. Con la stessa ottica, presentando su “Il Quotidiano del Sud” la grande mani-festazione di solidarietà ai cittadini di Cosenza Vecchia, “Prima che tut-

to crolli…”, svoltasi il 15 settembre 2015, scrivemmo che “non esiste il bello se attorno ad esso si vive in condizioni di emergenza umanitaria”.

Il filo conduttore del nostro Libro bianco è questo. E ci fa dire che per Cosenza Vecchia sta passando l’ultimo treno; che gl’interventi estem-poranei, seppur meritori, vanno sostituiti con un grande piano di recu-pero e rivitalizzazione su cui si dovranno concentrare risorse finanzia-rie massicce, proporzionate alla mole degli interventi di cui c’è bisogno. Sottoscriviamo perciò quanto scrive Antonella Coco in questo volume: “vent’anni di interventi isolati non hanno interrotto il circuito del de-grado (crolli, rifiuti, sicurezza e criminalità), che si presenta sempre più minaccioso, anche dal punto di vista dell’indebolimento dei legami sociali”. La rivitalizzazione del centro storico, pertanto, non può esse-re affidata soltanto alle pur importanti politiche culturali, turistiche o degli incentivi commerciali, che alla distanza si rivelano, com’è acca-duto, operazioni puramente cosmetiche. C’è bisogno, come scrivono nell’Introduzione alla parte sociologica Piero Fantozzi e Sabina Licursi, “di ricostruire una trama relazionale, fatta di rapporti di scambio, di reciprocità, di prossimità, senza la quale lo spazio non si anima, non prende forma sociale”.

Per raggiungere traguardi così ambiziosi abbiamo bisogno che Co-senza metta in campo una grande tensione morale e culturale, come chiedeva Dossetti per Bologna; che siano coinvolte le migliori energie intellettuali (ce ne sono tante anche in questo volume!), istituzionali, imprenditoriali, gli Ordini professionali, le Associazioni di categoria, i proprietari degli immobili. Si dovrà innanzitutto promuovere la cono-scenza profonda del patrimonio edilizio di Cosenza Vecchia; e risolvere, inoltre, l’altro grosso problema che è all’origine del degrado: la scarsa accessibilità dei quartieri antichi, che rende difficile qualunque insedia-mento sociale e/o produttivo. Abbiamo bisogno, in poche parole, che sia chiamata a raccolta una pluralità di soggetti interessati e competen-ti, per una missione, come scrive Massimo Veltri nelle Conclusioni, “che è la missione per la loro città”.

Cosenza, 3 gennaio 2016

Nel licenziare alle stampe questo Libro bianco su Cosenza Vecchia desi-dero ringraziare innanzitutto il prof. Mario Bozzo, presidente della Fondazione

Page 6: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

10 11

Carical, e il prof. Piero Fantozzi, direttore del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università della Calabria al momento dell’avvio della ricerca e fino a pochi mesi fa . È stata una fortuna, per l’Associazione Dossetti, aver incontrato queste due forti sensibilità che hanno reso possibile la realizzazione di un’opera di alto valore scientifico, con la quale entrambe le istituzioni da essi rappre-sentate danno un ottimo esempio di servizio al territorio .Con il prof . Fantozzi ringrazio la prof.ssa Sabina Licursi, che è stata per noi un punto di riferimen-to dell’intera ricerca, e naturalmente gli autori dei saggi sociologici, Antonella Coco e Vincenzo Nicoletta, del Dipartimento di Scienze politiche e sociali.

Un grazie sentito va anche agli studiosi e tecniciche hanno impreziosito l’o-pera con le loro riflessioni, stimolate da un nostro questionario, ricche di dati e proposte di qualità: Alessandro Campolongo, Franco Collorafi, Silvano Corno, Massimo Cristiano, Francesco Fragale, Mimmo Gimigliano, Battista Iacino, Ful-vio Terzi .

Ringraziamenti non formali, doverosi e sentiti, vanno inoltre ai soci della Dossetti che in vario modo (nelle riunioni e di supporto alle ricerche sociologi-che) hanno dato un contributo importante, alla riuscita della iniziativa edito-riale. Oltre a Vincenzo Divoto e Massimo Veltri, che con me hanno curato in par-ticolare la seconda parte: Francesco Ceraudo, Angelo Domma, Valeria Gabriele, Franco Panza, Guerino Piero Piersante, Carmelo Luca Primiceri, Irene Scarnati, Santi Trimboli, Fedra Tucci.

E grazie a Michele Falco, giovane e coraggioso editore in Cosenza Vecchia, e alla sua bella squadra di collaboratori che hanno reso più semplice un lavoro a volte un po’ complicato. Auguro loro molti successi editoriali, con l’auspicio che vadano di pari passo alla rinascita del nostro centro storico .

Presentazione

di Mario Bozzo, Presidente Fondazione Carical

L’Associazione Dossetti, presieduta da Paolo Palma, ha aperto un in-teressante dibattito politico-culturale sul centro storico di Cosenza.

Lo ha fatto, alcuni mesi fa, con un convegno molto partecipato du-rante il quale, nella suggestiva cornice dell’antico mercato dell’Arenel-la, ha raccolto le riflessioni di esperti, di uomini delle istituzioni e di operatori economici, insieme con le denunce di coloro che vi abitano e che vogliono continuare a farlo, tanto è forte la carica affettiva che li lega a questa parte della città e alla sua storia illustre.

Lo rilancia, oggi, questo dibattito, con la pubblicazione della “Inda-gine conoscitiva” realizzata in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’UNICAL, diretto da Piero Fantozzi.

L’intento è quello di fare conoscere, su basi documentate, lo stato di degrado in cui versa il centro storico, il quale, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, ha subito un inarrestabile processo di periferizzazione, con tutte le conseguenze che ne sono derivate: la perdita di importan-ti funzioni urbane, la carenza di servizi essenziali, lo spopolamento, le emergenze architettoniche, con il crollo di edifici, il disagio sociale, la povertà, anche educativa, le devianze e la criminalità, comune e orga-nizzata.

E il rapporto certamente non delude le attese, anche per quanto ri-guarda le cause che hanno portato la Cosenza storica alle condizioni attuali, a partire dal negato sviluppo a sud a favore di quello unidirezio-nale verso il nord della città: una scelta che ha tolto vitalità alla parte antica e l’ha relegata a un ruolo di assoluta marginalità, che ha scorag-giato i residenti e ne ha sollecitato la fuga.

Ci sono state, nel tempo, numerose iniziative volte a rivitalizzare il centro storico.

Le ha messe in campo, per primo, Giacomo Mancini, negli anni ’90, quando da Sindaco mise al centro della sua attività politico-ammini-

Page 7: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

12 13

strativa il rilancio della parte antica e identitaria di Cosenza, dove egli stesso scelse di tornare ad abitare anche per dare “un forte segnale di natura simbolica” della volontà di avviare e realizzare una radicale in-versione di tendenza.

Il rapporto le passa in rassegna con puntualità di riferimenti, sof-fermandosi in particolare sul Piano Urban, i cui programmi prevedeva-no, insieme con il recupero edilizio, nuovi servizi capaci di alleviare le condizioni di povertà e di emarginazione delle fasce di popolazioni più a rischio. E c’è stata una incisiva e proficua utilizzazione dei finanzia-menti concessi.

Anche l’Amministrazione Occhiuto, fin dal suo insediamento, ha programmato interventi finalizzati al recupero del centro storico.

Il documento evidenzia: l’istituzione dei temporary stores su corso Telesio, che ha messo a disposizione alcuni locali ristrutturati per svol-gervi attività commerciali a tempo, il recupero di alcuni edifici pubblici, da adibire a centri di ricerca e di attività culturali, la creazione dei Bocs Art, ecc.

Ma un dato è certo: tutte le iniziative realizzate e quelle in via di realizzazione sono assolutamente insufficienti, a prescindere dal valore intrinseco di ciascuna di esse e dall’impegno degli amministratori.

È necessario, infatti, una pianificazione strategica degli interventi, la sola in grado di garantire che ogni azione sia parte di un tutto, di una visione d’insieme, di un progetto complessivo chiaro e condiviso e non resti fine a se stessa, espressione frammentaria di una volontà che si disperde nel tempo.

Una tale scelta, però, presuppone il coinvolgimento e la partecipa-zione di più soggetti, attraverso un patto solidale fra amministratori, proprietari di immobili, imprenditori e partner diversi, ognuno dei qua-li deve portare la propria “pietra strappata alle rovine alla costruzione dell’edificio” (l’immagine è del poeta Mario Luzi).

Se si riesce a fare questo, i proprietari, che finora non hanno mostra-to interesse a partecipare al processo di riqualificazione, potrebbero ri-vedere la loro posizione, gli imprenditori del settore edile potrebbero trovare redditizi anche gli investimenti in questa area della città e gli acquirenti potrebbero riconsiderare le loro scelte abitative ora orienta-te in tutt’altre direzioni, più attrattive per servizi, per facilità di accesso e per le condizioni di sicurezza.

Il recupero, allora, che fino ad oggi è stato un obiettivo mancato, può diventare una meta possibile e il centro storico può tornare a nuova vita recuperando la dignità perduta e il profilo identitario gravemente offeso.

Non si parte, per fortuna, da zero. Le cose fatte sono un invito a con-tinuare con una programmazione più organica e più complessiva. Non manca neppure l’attenzione dei cosentini che, in questi ultimi anni, è notevolmente cresciuta nei confronti della città antica e dei valori sto-rici, culturali e artistici che essa racchiude e testimonia. E ciò grazie ad alcune associazioni che con le loro attività hanno saputo riaccendere la fiammella di un diffuso interesse.

Ricordo, fra le tante, il Laboratorio di Cultura Cosenza che Vive, gui-dato con riconosciuta competenza e forte tensione etico-civile da Ga-briella De Falco, che ha appena dato alle stampe un prezioso volumetto in cui sono raccontate in sintesi e con sobrietà tutte le iniziative che nei vent’anni di vita ha programmato e realizzato con il suo sodalizio. Iniziative che hanno coinvolto gli alunni delle nostre scuole, le loro fa-miglie e tantissimi cittadini. Si è trattato di percorsi guidati “per le an-tiche strade”, di incontri con gli esperti su vari argomenti, di convegni, di momenti musicali e teatrali ecc.

Il rapporto costituisce, perciò, un punto di riferimento importante anche perché utilizza dati certi e confronti ragionati e mette a disposi-zione di tutti i soggetti interessati analisi rigorose e puntuali che, arric-chite dai contributi degli esperti intervistati, contengono proposte utili per una radicale modifica dell’attuale stato.

Per questo, la nostra Fondazione, che da anni è impegnata nel con-tribuire efficacemente alla valorizzazione del patrimonio storico, cul-turale e artistico della Calabria e della Basilicata, ha scelto di finanziare l’iniziativa dell’Associazione Dossetti,nella convinzione che la diffusio-ne di questa ricerca, anche attraverso incontri pubblici, aperti a tutti i soggetti interessati, può essere uno stimolo efficace a ripensare in ter-mini nuovi e propositivi il problema del recupero del centro storico di Cosenza.

Page 8: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

14 15

Introduzione1

di Pietro Fantozzi e Sabina Licursi

Da tempo la ricerca sociologica ha affinato l’interesse per i cambia-menti che attraversano la coesione sociale dentro gli spazi cittadini. Cambiamenti che sono inerenti a diversi aspetti del vivere urbano: le dinamiche socio-demografiche, il patrimonio abitativo, i servizi, le poli-tiche locali, le stesse rappresentazioni sociali della città e di alcune sue parti (quartieri, periferie, centri storici). La teoria socio-antropologica ci dice che i luoghi non sono mai neutri. Essi, infatti, strutturano l’in-terazione e producono particolari configurazioni di relazioni sociali, di cui sono insieme condizione e simbolo (Simmel, 1998).

Le città rappresentano nel mondo modernizzato gli ambiti in cui lo spazio viene intenzionalmente differenziato, per funzioni e per com-posizione della popolazione (la progettazione e realizzazione di alcune periferie ne è un esempio). Dalla segmentazione dello spazio, tuttavia, non deriva un superamento del modello di vita urbano, ma lo sviluppo di una sua interessante variante: quella che si può definire la città etero-topizzata. Una città in cui l’estrema differenziazione per funzioni produ-ce una diversificazione/divisione dei luoghi. Questi ultimi assumono le sembianze di eterotopie (Foucault, 1994), tenute insieme da una socia-lità sempre più rarefatta, che si dà sempre meno in maniera spontanea. Fra le conseguenze principali di questa trasformazione vi è la caratte-rizzazione segregante e istituzionalizzante di alcuni spazi: “ogni città ha le sue ‘discariche’ dove vengono collocate quelle ‘vite di scarto’ che non si vogliono vedere e che non si sa come integrare” (Magatti, 2007, 26-27). La vita di ogni città, inoltre, procede con un ritmo accelerato:

1 Riferimenti bibliografici: Dossetti G., Libro bianco su Bologna, Bologna, 1956. Foucault M., Eterotopia . Luoghi e non luoghi metropolitani, Mimesis, Milano, 1994. Magatti M., La città abbandonata. Dove sono e come cambiano le periferie italiane, il Muli-

no, Bologna, 2007. siMMel G., Sociologia, Comunità, Milano, 1998.

Page 9: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

16 17

tutto cambia, invecchia, si degrada velocemente. Così la distinzione tra zone vecchie e nuove può durare il tempo di una pianificazione urbana. Anche per questa ragione nei quartieri periferici è possibile cogliere in forma radicalizzata processi di esclusione che sono in atto dappertutto, anche se con intensità diversa.

La prima e la seconda parte di questo testo sono il frutto di un lavoro di analisi che, nella prospettiva appena richiamata, prova a rispondere ad alcune domande sulle condizioni di vita del centro storico della città di Cosenza. Ci siamo chiesti: come appare oggi questa parte della città, chi la abita e come, quali le fragilità di questo pezzo del tessuto urbano e quali le principali difficoltà avvertite dalla popolazione, quale il riflesso del centro storico sul volto della città? Nella ricerca abbiamo scelto di tenere un approccio che valorizza, non solo le informazioni statistiche e quelle di matrice istituzionale (le politiche, gli interventi, gli investi-menti, ecc.), ma anche le rappresentazioni e le narrazioni di chi vive il centro storico: testimoni privilegiati che – per scelta di vita, per impe-gno nel sociale, per lavoro – hanno maturato una lettura riflessiva dei cambiamenti che hanno percorso questo territorio urbano.

Nella prima parte, Vincenzo Nicoletta conduce un’analisi dettaglia-ta della dinamica socio-demografica del centro storico, confrontando-la con quella dell’intera città. L’uso dei dati censuari, dall’81 al 2011, consente di avere una visione diacronica dei cambiamenti e di mette-re in evidenza che alcune tendenze sono presenti nel centro storico come in tutta Cosenza, pur determinando esiti parzialmente differenti. La riduzione demografica, ad esempio, interessa l’intera città, ma nel centro storico ha effetti più profondi e ne modifica significativamente il volto sia per la maggiore intensità sia perché si spiega soprattutto come distanziamento da parte del ceto medio. Lo spopolamento del cen-tro storico, inoltre, sembra non arrestarsi, mentre i dati censuari del 2011 segnalano un netto rallentamento della decrescita demografica dell’intera città. Al decremento demografico del centro storico si è ac-compagnato anche un progressivo invecchiamento della popolazione; invecchiamento che interessa l’intera area urbana e che si manifesta come un pesante squilibrio generazionale. Riprendendo quanto viene spiegato puntualmente dall’autore, ricordiamo che nel 2011 ogni 100 giovanissimi (popolazione 0-14 anni) ci sono 151 anziani (popolazione di 65 anni e più), nel centro storico, e ce ne sono 191 circa, in tutta la cit-

tà. Negli stessi anni considerati, nel centro storico diminuisce il numero di famiglie e si riduce l’ampiezza. Aumentano, soprattutto, le famiglie unipersonali; rappresentazione di una delle principali trasformazioni del volto demografico di Cosenza.

Nella seconda parte, Antonella Coco ripercorre le principali tappe della vicenda politica, socio-economica e civile della città. Vengono messe in risalto, in particolare, le scelte politiche che hanno portato, a volte come esito imprevisto, alla periferizzazione del centro stori-co. Una periferizzazione: geografica, per l’espansione della città verso nord; sociale, per l’abbandono che il centro storico ha subito soprattut-to da parte dell’élite politico-istituzionali; funzionale, per il dislocamen-to nella parte nuova della città di tutte quelle strutture politiche-am-ministrative, economiche e commerciali, culturali che prima avevano il centro storico come luogo eletto. Lo spopolamento progressivo e il ricambio ciclico di parte della popolazione sembrano essere i tratti ca-ratterizzanti e anche la dinamica socio-culturale del centro storico. Chi arriva, non resta a lungo. A scoraggiare la permanenza è soprattutto la carenza di servizi, pubblici e privati. A restare sono soprattutto quanti non possono spostarsi altrove, spesso per ragioni economiche e/o ana-grafiche. Negli ultimi anni, nel centro storico è cresciuta la presenza di popolazione straniera e probabilmente questo cambiamento demogra-fico tenderà a farsi più marcato negli anni a venire.

Siamo consapevoli che una conoscenza approfondita della realtà cit-tadina si costruisce ricomponendo informazioni, dati, rappresentazioni dei diversi spazi e quartieri che la compongono. Per questa ragione, il lavoro fatto sul centro storico di Cosenza costituisce un tratto di un per-corso da completare. Tuttavia, l’intero lavoro di ricerca sollecita alcune considerazioni.

Partiamo dall’evidenziare l’urgenza con la quale si presenta la ri-chiesta di uno sguardo politico diverso sul centro storico di Cosenza; uno sguardo che sappia cogliere il rapporto tra spazio urbano, servizi e relazioni comunitarie. Aggiungiamo la necessità di adottare una moda-lità di azione politica in grado di valorizzare la partecipazione degli abi-tanti per sostenere la costruzione di quella che Dossetti (1956) chiamava ‘concordia interiore’ della città: non una convivenza rassegnata e indif-ferente di residenti con bisogni, richieste, aspirazioni eterogenei, ma una costruzione continua di relazioni, di solidarietà, di cooperazione.

Page 10: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

18 19

Pensando a Cosenza, e anche a quanto i dati statistici non consentono di fotografare in tempo reale, il centro storico costituisce un’occasione importante per costruire socialità nuove tra la popolazione autoctona e quella di più recente insediamento, spesso non italiana e non regolare. Quanto potrebbe servire una vera politica di accoglienza, in cui gli in-terventi sul versante del sostegno abitativo si integrino con quelli socia-li e sanitari, educativi e lavorativi; una politica che si nutra del sostegno convinto di chi amministra la cosa pubblica e che coinvolga in una ge-stione non puramente esecutiva/strumentale tutti gli attori del privato sociale attivi per il centro storico!

Approcci politici di questo tipo potrebbero non solo favorire l’inte-grazione di quanti si trovano oggi a vivere (per scelta o per necessità) nel centro storico di Cosenza, ma anche contribuire a ‘rianimare il volto spirituale della città’ e sollecitare un cambiamento del suo rugoso aspet-to demografico. È l’attenzione per il benessere complessivo di quanti abitano questo spazio urbano, oltre che per quanto esso rappresenta nella memoria collettiva, a costituire probabilmente il minimo comu-ne denominatore delle diverse politiche che si possono adottare lungo questa direttrice di rilancio della società locale. Interventi che – proprio nei luoghi segnati da isolamento, povertà, debolezza dei servizi – hanno bisogno di ispirarsi a quella dimensione di cura che dovrebbe connotare l’atteggiamento politico verso le generazioni più giovani (verso i più piccoli in special modo), verso gli anziani e verso gli immigrati (Dosset-ti, 1956). Potremmo dire, allora, che la rivitalizzazione del centro stori-co – come di qualsiasi altro spazio sociale marginale – è una questione politica in senso ampio: ha bisogno di presidi di cittadinanza e di presidi di comunità. Per un verso, infatti, alcuni interventi istituzionali appaio-no urgenti e insostituibili e hanno a che fare con la possibilità per quan-ti vivono in quest’area della città di essere riconosciuti come persone titolari di diritti (l’abitazione, la salute, l’educazione, ecc.), per altro ver-so, c’è il bisogno di ricostruire una trama relazionale, fatta di rapporti di scambio, di reciprocità, di prossimità, senza la quale lo spazio non si anima, non prende forma sociale. L’arretramento delle istituzione e la debolezza dei presidi di comunità lasciano, invece, campo libero all’a-vanzare di fenomeni di degrado e di criminalità.

Per la realizzazione della prima parte di questo lavoro è stata prezio-sa la collaborazione dell’ufficio statistico del comune di Cosenza. La se-

conda parte ha tratto linfa vitale dalla conversazione con studiosi della vita politica e amministrativa della città e dalle interviste ai testimoni privilegiati. Vogliamo ringraziare tutti coloro che, a vario titolo, hanno partecipato alla realizzazione di questo studio sul centro storico della città.

Page 11: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

20 21

Parte Prima

Page 12: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

22 23

1. Fragilità del centro storico tra spopolamento e invecchiamento. Un’analisi socio-demografica

di Vincenzo Nicoletta

L’obiettivo del capitolo è quello di analizzare i principali cambia-menti socio-demografici che interessano il centro storico di Cosenza negli ultimi decenni, a partire dal 1981.

Fino agli inizi del ’900 la vita sociale ed economica della città di Co-senza si svolge all’interno dell’antico nucleo cittadino situato sulle col-line che si ergono attorno il punto di confluenza del Crati e del Busento, per secoli limite invalicabile per motivi sanitari e di sicurezza dell’e-spansione urbana di Cosenza. A partire dagli anni Cinquanta si assiste ad una grande espansione fisica della città, che perde la sua compattezza e i confini precisi che l’avevano caratterizzata nel passato. Nascono nuo-vi quartieri e si verifica una crescita della popolazione nella fascia dei comuni più esterna rispetto alla città centrale. Con la nascita della città nuova e con l’espansione sempre più rapida dei centri urbani contigui alla città di Cosenza, si avvia un processo di lento abbandono del centro storico, a testimonianza del legame forte che sussiste tra cambiamen-to urbano in generale e cambiamenti dei quartieri (Cremaschi, 2008). Il centro storico perde gradualmente la sua centralità nel contesto sociale ed economico della città e comincia ad essere interessato da uno stato di degrado progressivo, a cui contribuisce anche il disimpegno dimostra-to, negli anni, da parte delle istituzioni della stessa città nei confronti di questa frazione di territorio urbano.

Il presente contributo intende fornire, attraverso un’analisi del-la caratteristiche socio-demografiche della popolazione residente nel centro storico e delle trasformazioni che esse hanno conosciuto negli ultimi anni, alcuni elementi di conoscenza che consentano di comporre il volto attuale del quartiere.

L’analisi delle caratteristiche socio-demografiche della popolazione residente è condotta utilizzando i dati relativi al Censimento della po-polazione e delle abitazioni dell’Istat, l’unica fonte in grado di fornire

Page 13: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

24 25

una conoscenza esaustiva degli aspetti socio-demografici di una popo-lazione. I dati che utilizziamo sono quelli del censimento della popola-zione e delle abitazioni dell’Istat, relativi alle rilevazioni censuarie del 1981 (XII° censimento), del 1991 (XIII° censimento), del 2001 (XIV° cen-simento) e del 2011 (XV° censimento).

Lo studio è realizzato prendendo in esame i dati disaggregati per sezione di censimento del comune di Cosenza. Le sezioni censuarie in cui è suddiviso il territorio comunale costituiscono il livello territoriale più piccolo sul quale sono disponibili le informazioni sulla popolazione. Sul territorio urbano le sezioni di censimento coincidono con gli isolati; sul territorio extraurbano i confini delle sezioni censuarie, invece, coin-cidono con i limiti fisici delle aree (Pintaldi, 2003). L’aggregazione dei dati relativi alle sezioni di censimento che compongono il territorio del centro storico di Cosenza consente così di conoscere le caratteristiche demografiche e la composizione sociale della popolazione che risiede nell’area.

L’area del centro storico di Cosenza (si vedano immagini 1 e 2), è localizzata a sud della città. Essa comprende la fascia di territorio co-munale delimitata nella parte più alta dal quartiere Portapiana e che si estende a valle, da un lato, fino al fiume Busento e agli insediamenti abitativi adiacenti di via Rivocati e di piazza della Riforma, dall’altro fino alla zona ad est del fiume Crati, compresa tra contrada Gergeri e il borgo di Caricchio1.

1 Lo stradario del centro storico è alla fine del capitolo.

Immagine 1 . Cosenza e il suo centro storico

Page 14: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

26 27

Immagine 2 . Il centro storico di Cosenza

1.1. Il declino demografico del centro storico

La grande trasformazione urbana di Cosenza, avviata già in periodo fascista, si concretizza negli anni del dopoguerra. L’esplosione demo-grafica e lo straordinario sviluppo edilizio che travolge la città deter-minano un cambiamento radicale del volto della città. Senza regole e in assenza di un idoneo strumento urbanistico, Cosenza dilata i suoi con-fini in direzione nord, con la nascita di nuovi quartieri lungo le quattro arterie principali (viale del Re, viale Alimena, via Roma, corso Mazzini). In venti anni, tra il 1951 e il 1971, la città quasi raddoppia i suoi abitanti, passando da 57.010 a 102.806 residenti (si veda grafico 1).

Grafico 1. La popolazione di Cosenza dal dopoguerra ad oggiFonte: nostra elaborazione su dati Istat

Ad alimentare lo sviluppo urbano della città contribuiscono, da un lato, il massiccio fenomeno di inurbamento dai paesi circostanti e dall’intera provincia e la crescente domanda di case da parte dei ceti più abbienti, dalla borghesia professionale e dai ceti impiegatizi del cen-tro storico che desiderano spostarsi a valle, dall’altro, il forte interesse speculativo dei proprietari dei suoli urbani (Costabile, 1996). Alla città vecchia, sempre più svuotata e abbandonata, non solo da abitanti ma da artigiani, commercianti, liberi professionisti e da quanti riuscivano a trovare una nuova sistemazione verso nord, si affianca la città nuova con le sue strade larghe e diritte, con gli edifici pubblici, le residenze medio-borghesi, i tanti esercizi commerciali, la banche, le strutture sanitarie, i primi insediamenti popolari (Cersosimo, 1991).

Page 15: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

28 29

Alla fase di massima espansione di Cosenza fa seguito, a partire da-gli anni Settanta, un brusco arresto del processo di crescita della città. Tra il 1971 e il 1981 la popolazione di Cosenza aumenta del 4,6% (+4.715 unità), rispetto ad un incremento demografico registrato nel periodo intercensuario precedente pari al + 29,9% (+23.475 abitanti). La città ini-zia a perdere la sua capacità di attrazione e di assorbimento dalla peri-feria provinciale. La scarsità delle aree fabbricabili e il costo crescente delle case, unite al caos urbanistico e ai crescenti disagi della vita in città, spingono verso la valorizzazione dei comuni immediatamente a ridosso del perimetro del capoluogo, che registrano un rapido incre-mento demografico ed edilizio. Si assiste così a Cosenza ad un fenomeno di contro-urbanizzazione, cioè un movimento di abbandono della città che, a partire dagli anni Settanta, interessa tutte le grandi città italiane densamente abitate (Magnier e Russo, 2002; Cersosimo, 1991). Cosenza, indiscussa protagonista della vita economica, politica e amministrativa rispetto alla provincia e ai paesi vicini nel ventennio precedente, co-mincia così a vedere messa in discussione la sua leadership territoriale, anche per l’emergere di nuove élites politiche all’interno del territorio provinciale (Costabile, 1996).

A partire dagli anni Ottanta la stasi demografica evolve in senso an-cor più negativo, verso il regresso urbano. La città, infatti, per la prima volta comincia a perdere popolazione. Come evidenzia il grafico 1, tra il 1981 e il 1991, Cosenza subisce una drastica contrazione demografica, registrando un decremento del 18,9% dei suoi abitanti (-20.137), mentre i comuni dell’hinterland proseguono nella loro espansione demografi-ca. Lo spopolamento della città interessa in particolar modo la parte vecchia di Cosenza che, con lo spostamento del baricentro urbano a nord, verso Rende, tende a divenire sempre più un periferico e degra-dato quartiere della città. Dal 1981 al 1991 il centro storico di Cosenza riduce i suoi abitanti di un terzo (-32,2%), in misura superiore a quanto accade alla città intera, passando da 20.286 a 13.758 abitanti (si veda grafico 2).

Grafico 2. La popolazione del centro storico di Cosenza dal 1981 al 2011Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

A trasferirsi da Cosenza e ad abbandonare il centro storico sono, soprattutto, gli appartenenti al ceto medio impiegatizio, attratti, pro-babilmente, dall’ordinato sviluppo urbanistico e dalla migliore qualità dei servizi che i comuni confinanti, come Rende e Castrolibero, sono in grado di offrire. Dall’analisi dei dati relativi alla composizione socia-le della città emerge, infatti, come si riduca nettamente, tra il 1981 e il 1991, la fascia occupazionale di dirigenti e impiegati, che passa dal 47,3% al 18,7% (si veda grafico 3). La stessa dinamica interessa il centro storico della città, nel quale la percentuale di residenti in condizione professionale che appartengono alla classe media impiegatizia scende dal 27,8% all’11,7%. Una tendenza opposta caratterizza, invece, la pic-cola borghesia urbana (lavoratori autonomi, artigiani e commercianti), che vede ingrossare le sue fila, crescendo dal 10,4% al 19,1% nell’intera area urbana e dal 13,1% al 24,1% nella parte antica della città.

Page 16: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

30 31

Grafico 3. La composizione sociale di Cosenza e del centro storico 1981-1991 - (val.%)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Negli anni Novanta, seppure avvenga in misura più contenuta, non si arresta il calo demografico di Cosenza. La città subisce, infatti, una contrazione del 15,8% della popolazione che passa, nel 2001, da 86.664 a 72.998 residenti. Pressoché simile è il decremento demografico regi-strato dal centro storico, che perde il 15,2% dei residenti di dieci anni prima (-2.098 abitanti). I dati dell’ultimo censimento della popolazione e delle abitazioni dell’Istat del 2011 segnalano un netto rallentamento della decrescita demografica di Cosenza, che perde il 4,8% di abitanti rispetto al 2001. Il ritmo del calo demografico del centro storico, invece, rimane pressoché costante (-14%), producendo una nuova rilevante di-minuzione di abitanti (-1.632).

In trenta anni, dunque, dal 1981 al 2011, la crisi demografica che in-teressa la città determina complessivamente la riduzione di un terzo della popolazione di Cosenza (-35%). Gli effetti dello spopolamento della città sono, in particolar modo, visibili nel centro storico, in cui si veri-fica il dimezzamento della popolazione (-50,6%). All’interno della città vecchia il decremento demografico più rilevante interessa la zona via Rivocati, a ridosso del palazzo comunale, in cui si registra, tra il 1981 e il 2011, una riduzione del -58,2% dei residenti. L’area, ad est del fiume Crati, compresa tra contrada Gergeri e via Bendicenti subisce, invece, una diminuzione di abitanti più contenuta (-45,3%), mentre un dimez-

zamento della popolazione (-51,3%) interessa il nucleo più antico del centro storico, dominato nella sua parte più alta del Castello Svevo.

1.2. La popolazione straniera

Il campo di osservazione del censimento della popolazione straniera considerata residente è costituito dai cittadini stranieri e dagli apolidi, dimoranti abitualmente in quanto in possesso di un regolare titolo a soggiornare sul territorio italiano.

I dati relativi alla presenza di cittadini stranieri residenti sul territo-rio cosentino indicano come in venti anni, tra il 1991 e il 2011, il fenome-no sia cresciuto2. I cittadini stranieri rilevati nel 1991 costituiscono solo lo 0,1% (90 cittadini stranieri) della popolazione di Cosenza e lo 0,04% (6 cittadini stranieri) degli abitanti del centro storico (si veda grafico 4). L’incremento della loro presenza nel 2011 determina un aumento della loro incidenza sulla popolazione residente di Cosenza, che raggiunge il 4,4% (3.052 cittadini stranieri) e su quella del centro storico, dove è pari al 4,7% degli abitanti (474 cittadini stranieri).

Grafico 4. Incidenza % dei cittadini stranieri residenti sulla popolazione (1991-2011)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Dall’analisi dei dati relativi alla provenienza geografica (si veda gra-fico 5) emerge come attualmente siano presenti nel centro storico so-prattutto cittadini stranieri provenienti da altri paesi europei (quasi 8

2 Al Censimento del 1981 non sono stati rilevati i cittadini stranieri residenti.

Page 17: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

32 33

su 10). In netta diminuzione sono, invece, sia la percentuale di stranie-ri provenienti dai paesi dell’Africa, che rappresenta l’8,6% del numero complessivo degli stranieri censiti (nel 1991 sono il 33,3%), sia la percen-tuale di stranieri provenienti dal continente americano, pari nel 2011 al 3,4% rispetto al 50% del 1991.

Dal punto di vista della composizione per sesso, i dati censuari del 2011 rivelano che tra gli stranieri attualmente residenti nel centro sto-rico di Cosenza prevalgono le donne (55,3%), mentre dal punto di vista anagrafico si tratta soprattutto di soggetti giovani, visto che il 91% della popolazione straniera non ha una età superiore ai 54 anni.

Grafico 5. Cittadini stranieri residenti nel centro storico per provenienza (val.%)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

1.3. La struttura della popolazione per sesso e per stato civile

Una maggiore presenza femminile caratterizza la struttura per ge-nere della popolazione residente a Cosenza e nel centro storico della città. Al Censimento del 2011 le donne rappresentano il 53,3% della po-polazione cosentina (nel 1981 costituiscono il 52,2%), mentre nel cen-tro storico sono pari al 51,8% degli abitanti (nel 1981 sono il 53,5% del totale). Questa differenza di genere determina un rapporto di mascolinità (rapporto tra maschi e femmine, moltiplicato per 100) con valori co-stantemente inferiore a 100%. Nella città di Cosenza, in cui si assiste negli anni ad un lento declino del rapporto di mascolinità, si contano,

infatti, nel 2011, 87,6 uomini ogni 100 donne (nel 1981 il rapporto è pari a 91,7%). Una tendenza opposta caratterizza il rapporto di mascolinità del centro storico che, invece, è in continua crescita. Se nel 1981 in que-sta parte della città risiedono 87 uomini ogni 100 donne, nel 2011 il nu-mero sale a 92,9, determinando un rapporto di mascolinità nettamente superiore a quello di Cosenza (si veda grafico 6). La maggiore presenza di donne è da porre in relazione al processo di invecchiamento della popolazione e alla maggiore speranza di vita delle donne. Il migliora-mento delle condizioni sociali e igienico-sanitarie determina, infatti, un allungamento della vita media maschile e femminile. Dal dopoguerra ai giorni nostri, in Italia, il valore dell’aspettativa di vita a 60 anni cresce di 6,4 anni per gli uomini e di 8,8 anni per le donne. Le persone, quindi, oggi vivono più a lungo, in particolar modo le donne, la cui speranza di vita a 60 anni è pari a 26,3 anni mentre per gli uomini rimane più bassa, pari a 22,4 anni (Stranges, 2013).

Grafico 6. Rapporto di mascolinità di Cosenza e del centro storico 1981-2011 (val.%)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Il contributo maggiore alla crescita del rapporto di mascolinità del centro storico proviene dalla fascia di popolazione con età compresa tra 0 e 14 anni, caratterizzata da una più alta presenza maschile (108,5 maschi ogni 100 femmine). Una situazione opposta interessa la fascia della popolazione più anziana (65 anni e oltre) contraddistinta da un rapporto di 66,7 uomini ogni 100 donne (si veda grafico 7).

Page 18: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

34 35

Grafico 7. Rapporto di mascolinità del centro storico per fascia di età 1981-2011 (val.%)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

I dati censuari sullo stato civile degli abitanti del centro storico non si differenziano sostanzialmente da quelli relativi all’intera popolazione della città.

La percentuale dei coniugati residenti nella parte antica di Cosenza, che nel 2011 è pari al 41,4%, rimane stabile nel tempo (si veda grafico 8), così come avviene nella città, la cui percentuale di sposati è pari al 44,1% (nel 1981 essa è pari al 44,3%).

Tra il 1981 e il 2011 diminuisce, invece, la percentuale dei celibi/nu-bili residenti nel centro storico, che da 52,3% diventa 46% e nell’intera città, in cui i mai sposati sono nel 2011 il 42,7% della popolazione (nel 1981 sono il 49,9%).

Una tendenza opposta caratterizza la categoria dei vedovi e di coloro che scelgono di interrompere il matrimonio. La percentuale dei vedovi residenti nel centro storico passa, infatti, dal 5,1% nel 1981 all’8,1% nel 2011; allo stesso modo la loro percentuale sulla popolazione di Cosenza cresce dal 5,1% al 9%. Dinamica simile interessa i separati legalmente e i divorziati. Nel 2011 il 4,5% della popolazione residente nel centro storico (nel 1981 è l’1%) sceglie di interrompere il matrimonio. Allo stes-so modo nella città di Cosenza la percentuale complessiva di residenti separati e divorziati passa dallo 0,7% al 4,3%. La maggiore fragilità dei matrimoni è una conseguenza delle modificazioni intervenute nei com-portamenti individuali e familiari che disegnano, secondo alcuni, una vera e propria “seconda transizione demografica”. Con tale definizione

si indica quel processo di cambiamento relativo sia ai comportamenti demografici in senso stretto, sia ai modelli di family formation, che ini-zia nel Nord dell’Europa nella seconda metà degli anni Sessanta e poi si diffonde verso il Sud dell’Europa (Lesthaeghe,1991; Van de Kaa; 1987). Si tratta di un processo caratterizzato non solo da un aumento delle frequenze di rottura del matrimonio, ma anche dalla diminuzione dei saggi di natalità e nuzialità, favorita dall’affermarsi di valori libertari, individualistici e anti-autoritari, che determina un indebolimento della centralità del nucleo matrimoniale standard (genitori con due o tre fi-gli) come forma dominante della vita familiare (Paci, 2005; Ranci, 2002; Mingione,1999).

Grafico 8. Popolazione del centro storico per Stato civile 1981-2011 (val.%)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

1.4. Un centro storico più vecchio

Il decremento demografico che interessa il centro storico negli ul-timi anni è accompagnato da un graduale processo di invecchiamento della popolazione residente. L’invecchiamento demografico rappresen-ta uno dei più importanti cambiamenti che tutte le società occidentali si trovano oggi a fronteggiare e che pone problemi sia di ordine sociale, come l’esigenza di garantire una maggiore offerta di servizi socio-sani-tari e di cura, sia di ordine economico, dal momento che lo squilibrio che può ingenerarsi tra classi produttive (adulti e giovani) e classi an-ziane (economicamente passive e con un costo in termini pensionistici ed assistenziali) rischia di mettere a dura prova la sostenibilità dei siste-mi di welfare contemporanei (Stranges, 2013).

Le cause del processo di invecchiamento della popolazione sono so-

Page 19: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

36 37

stanzialmente due: la denatalità, cioè la riduzione della nascite, conse-guenza dei cambiamenti socio-culturali che hanno interessato le nuove generazioni (Lesthaeghe e Moors, 2000; Coale e Watkins; 1986) e l’allun-gamento della durata della vita, determinato dai considerevoli progres-si medico-scientifici raggiunti e da una migliore qualità delle condizioni di vita (Christensen e Vaupel, 1996).

Se si osserva la distribuzione della popolazione del centro storico di Cosenza nelle tre fasce di età fissate, a livello convenzionale, per indicare approssimativamente le varie fasi della vita di un individuo – infanzia (0-14 anni), età adulta (15-64 anni), età anziana (65 anni e oltre) – si può rile-vare come siano le classi estreme di età a subire le variazioni più rilevanti.

L’azione congiunta dell’invecchiamento dall’alto (longevità) e dal basso (per denatalità) determina, infatti, nel centro storico una pro-gressiva crescita dell’incidenza della popolazione anziana (65 anni è più), che rappresenta nel 2011 il 19,7% del totale dei residenti rispet-to all’11,6% del 1981 (si veda grafico 9). Di segno opposto è, invece, la variazione registrata dall’altra fascia estrema della popolazione, quella dei giovanissimi (0-14 anni), che tende ad assottigliarsi e costituisce nel 2011 soltanto il 13% della popolazione (nel 1981 è il 25,3%).

Grafico 9. Popolazione residente nel centro storico per classi di età 1981-2011 (val.%)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

I cambiamenti intervenuti nella composizione per età della popola-zione del centro storico si possono cogliere graficamente dalla forma di-

versa che assume la piramide dell’età ad ogni censimento. La piramide dell’età relativa al 1981 (si veda grafico 10) è tipica di una popolazione “giovane”, con una base ampia che sta ad indicare un livello di natalità elevato e un vertice ristretto in corrispondenza delle ultime classi d’età. Il progressivo invecchiamento demografico modifica la morfologia del-la piramide relativa al Censimento del 2011. Il restringimento che inte-ressa la base della piramide e la minore ripidità del suo vertice sono le caratteristiche tipiche di una popolazione “matura” che rafforza la sua componente adulta e anziana e indebolisce la sua fascia “giovanile” (si veda grafico 11).

Grafico 10. Piramide dell’età del centro storico del 1981 (val.ass.)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Page 20: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

38 39

Grafico 11. Piramide dell’età del centro storico del 2011 (val.ass.)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Al Censimento del 1981 i giovani (0-29 anni) costituiscono la metà dei residenti del centro storico di Cosenza, nel 2011 la loro presenza si riduce a meno di un terzo degli abitanti (29,9%). Cresce invece il “peso” degli ultrasettantenni che raddoppiano la loro incidenza sulla popola-zione residente nell’area, passando dal 7,4% del 1981 al 15,1% del 2011.

Lo squilibrio generazionale caratterizzante la popolazione del cen-tro storico di Cosenza è evidente dai valori che assumono gli indici di struttura. L’indice di vecchiaia, dato dal rapporto (moltiplicato per 100) tra anziani (65 anni e più) e giovanissimi (0-14 anni), le fasce di età più sensibili all’evoluzione dei fenomeni demografici (De Sarno Frignano

e Natale, 1994) e che fornisce un’adeguata misura della polarizzazione della popolazione verso i segmenti estremi, raggiunge, infatti, nel 2011 il valore di 151,1 (151 anziani ogni 100 giovanissimi), nettamente supe-riore a quello assunto nel 1981 pari a 45,8% (si veda grafico 12).

Grafico 12. Indice di vecchiaia 1981-2011 (Val.%)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Una più rapida crescita caratterizza, invece, l’indice di vecchiaia re-lativo alla popolazione di Cosenza, che in trenta anni passa dal 43,4% del 1981 ad un rapporto percentuale tra anziani e giovanissimi nel 2011 pari a 190,8%. Un rilevante contributo all’invecchiamento della città provie-ne, probabilmente, dagli elevati flussi in uscita di popolazione che negli anni interessano Cosenza, visto che la tendenza a migrare è una carat-teristica soprattutto di coloro che appartengono alle classi di età più giovani.

Un altro indicatore dei cambiamenti intervenuti nella struttura per età della popolazione è rappresentato dall’indice di dipendenza struttu-rale, che si ottiene rapportando le classi di età dei “consumatori” (0-14 anni e 65 anni e più) alla fascia di età dei “produttori” (15-64 anni) cioè di coloro che sono potenzialmente attivi. L’indice, che misura appros-simativamente il carico sociale dei gruppi economicamente inattivi su quelli in età attiva e produttiva, tende nel centro storico progressiva-mente a ridursi, assumendo nel 2011 un valore pari a 48,8% rispetto al

Page 21: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

40 41

58,3% registrato nel 19813 (si veda grafico 13). Una tendenza diversa ca-ratterizza l’indice di dipendenza di Cosenza che, invece, a partire dal 2001 tende a crescere e raggiunge nel 2011 un valore nettamente supe-riore, pari a 56,6%.

Grafico 13. Indice di dipendenza strutturale del centro storico e di Cosenza 1981-2011 (val. %)

Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

La scomposizione dell’indice di dipendenza in due indicatori parzia-li, un indice di dipendenza degli anziani e un indice di dipendenza dei giovanissimi, consente di valutare in maniera più adeguata la natura del carico sociale, visto che il contingente degli anziani e quello dei giova-nissimi si differenziano per tipo di bisogni e quindi per tipo di costi che impongono. Nel primo caso i costi che gravano sulla componente atti-va della popolazione sono costi di mantenimento mentre, nel secondo caso, possono essere considerati costi essenzialmente di investimento. L’analisi dei dati censuari, relativamente al centro storico, mostra come

3 Non vi è contraddizione tra il graduale alleggerimento del carico sociale indicato dalla riduzione dell’indice di dipendenza e il progressivo invecchiamento eviden-ziato dalla crescita dell’indice di vecchiaia, dal momento che si tratta di rapporti cal-colati in maniera diversa. Nell’indice di dipendenza il numeratore è costituito dalla somma di due componenti (classe di età 0-14 anni e classe di età 65 anni e più) le cui variazioni tendono ad equilibrarsi, mentre il denominatore (classe di età 15-64 anni) tende ad essere pressoché costante. Nell’indice di vecchiaia, invece, alla crescita del numeratore (classe di età 65 anni e più) corrisponde un denominatore (classe di età 0-14 anni) che tende a diminuire.

negli anni sia mutata la natura del carico sociale, in virtù di trend op-posti che hanno caratterizzato i valori assunti dai due indici parziali. Se nel 1981 l’indice di dipendenza dei giovanissimi del centro storico (40%) è più alto di quello degli anziani (18,3%), nel 2011 la situazione si rove-scia e la parte più rilevante del carico sociale proviene dalla popolazio-ne “improduttiva” degli anziani, il cui indice di dipendenza raggiunge il valore di 29,4%; l’indice di dipendenza dei giovanissimi scende, invece, a 19,4% (si veda grafico 14).

Grafico 14. Indice di dipendenza di anziani e giovanissimi del centro storico 1981-2011 (val.%)

Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Il progressivo invecchiamento della popolazione determina, in pri-mo luogo, un aumento delle persone anziane che vivono sole a seguito del decesso del coniuge. Si tratta, soprattutto, dopo la soglia degli ottan-ta anni, a causa della maggiore longevità femminile, di donne vedove. In secondo luogo aumenta, con l’età, anche il periodo di tempo in cui gli anziani vivono avendo perduto, totalmente o parzialmente, la loro autosufficienza fisica o psichica. Cresce dunque la domanda di cura e di un sostegno assistenziale continuativo nel tempo che accompagni l’an-ziano in un processo caratterizzato dalla perdita progressiva dell’auto-nomia. In un sistema di welfare di tipo familista come quello italiano, la famiglia assume da sempre un ruolo centrale nell’offrire la cura e l’assi-

Page 22: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

42 43

stenza alla popolazione in stato di bisogno come gli anziani, mancando un’adeguata offerta di servizi da parte delle agenzie pubbliche.

I profondi mutamenti che interessano negli ultimi anni le forme di convivenza familiare tendono, purtroppo, ad indebolire la famiglia nella sua funzione fondamentale di tutela dei soggetti più deboli. In al-tri termini la familizzazione dei compiti di cura, cioè l’internalizzazione entro la cerchia familiare dei carichi di assistenza, trova oggi maggiori difficoltà ad essere adottata. Viene così a svilupparsi una nuova doman-da sociale di cura, intorno alla quale emergono nuovi profili di rischio, come il fenomeno degli anziani soli e non autosufficienti.

Ad essere maggiormente penalizzati e ad essere esposti al rischio di sperimentare forme gravi di emarginazione sociale sono, in particolar modo, gli anziani che non possono attivare risorse familiari di sostegno e che, in assenza di un efficace sistema di assistenza pubblica, sono im-possibilitati a rivolgersi al mercato per acquistare i servizi (Ranci, 2002).

1.5. Famiglie sempre meno numerose

L’analisi dei dati censuari sulle famiglie residenti evidenzia come nel tempo tenda a trasformarsi la struttura delle famiglie cosentine. Si trat-ta di cambiamenti che affondano le radici nelle profonde trasformazio-ni socioeconomiche e culturali e che interessano, in misura maggiore e minore, tutte le società occidentali.

Tra il 1981 e il 2011 al flusso demografico in uscita dal centro storico si accompagna una continua riduzione del numero di famiglie residenti. Nel 2011 vivono nella parte vecchia della città 4.167 famiglie, un terzo in meno rispetto a quelle censite nel 1981, pari a 6.137. Nella città di Co-senza la diminuzione del numero di famiglie residenti, che da 32.620 del 1981 diventano 29.622 nel 2011, è invece nettamente più bassa (-9,1%), grazie all’incremento, pari a +7,8%, registrato nell’ultimo periodo inter-censuario, tra il 2011 ed il 2001 (si veda grafico 15).

Grafico 15. Variazione % del numero di famiglie residenti Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

La diminuzione del numero di famiglie residenti nel centro storico è accompagnata da una graduale riduzione della loro ampiezza. Il nume-ro medio di componenti per famiglia del centro storico, che non si dif-ferenzia sostanzialmente da quello relativo alla città, infatti scende da 3,2 registrato al Censimento del 1981 a 2,4 nel 2011 (si veda grafico 16).

Grafico 16. Numero medio di componenti per famiglia (1981-2011)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Page 23: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

44 45

Una delle cause della riduzione dell’ampiezza delle famiglie è rap-presentata dalla caduta della fecondità da imputare, innanzitutto, all’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro. L’ad-dossamento delle responsabilità familiari e di acquisizione del reddi-to sulla donna ha, infatti, come effetto quello di riversare gran parte delle difficoltà sulle generazioni più giovani, determinando un ritardo nell’acquisizione dell’indipendenza e nella formazione della famiglia. Di conseguenza l’età media a cui una donna ha il primo figlio si è no-tevolmente innalzata, generando una divaricazione tra tempi biologici e tempi sociali della maternità (Gasbarrone, 1992), causata anche dalla maggiore autonomia delle donne nel determinare le tappe fondamen-tali della propria vita e nel decidere se e come controllare la propria capacità riproduttiva. Questa discrepanza tra tempi sociali e biologici limita la fecondità delle donne, dal momento che la loro capacità di ge-nerare tende a ridursi con il progredire dell’età (Stranges, 2013, Ranci 2002). Ad influire, inoltre, sul calo continuo della fecondità è il cambia-mento intervenuto nella valutazione economica dei figli. Nelle società tradizionali i figli sono considerati come una risorsa per la famiglia, da utilizzare per la sua sopravvivenza. Si tratta del modello di famiglia produttiva e feconda in cui i figli rappresentano un serbatoio flessibile da cui attingere forza lavoro (Saraceno e Naldini, 2001). Col processo di modernizzazione questa visione cambia per la presenza di un atteg-giamento strategico nei confronti della fecondità e dei figli, che sono considerati non più come soggetti da utilizzare semplicemente entro la solidarietà familiare, ma come soggetti sui quali investire. Oggi la na-scita di un figlio significa per i genitori il sostenimento di costi, sia in termini di investimento di tempo e di rinuncia a possibilità di guadagno dovuta ad una riduzione dalle partecipazione al mercato del lavoro, che ricade generalmente sulla madre, sia in termini di reddito speso per il loro mantenimento. Entrambi i costi aumentano al crescere del numero dei figli. Dato un livello di reddito disponibile, si può immaginare che genitori particolarmente interessati al destino sociale dei propri figli, nella scelta procreativa tengano conto delle opportunità di vita che vo-gliono assicurare ai loro discendenti; di conseguenza è da prevedere che i coniugi che si preoccupano di più della qualità della vita dei loro eredi scelgano di avere un numero limitato di figli (Nicoletta, 2014).

La tendenza alla riduzione del numero medio di componenti per fa-miglia è, inoltre, una conseguenza anche della grande crescita del nu-mero di famiglie unipersonali residenti. Come mostra il grafico 17, tra il 1981 e il 2011 aumenta nel centro storico soltanto la presenza delle fa-miglie composte da un unico componente (+31,7%), mentre diminuisce quella delle famiglie più numerose. Se si considerano le famiglie con 6 o più componenti, i dati rilevati al Censimento del 2011 evidenziano come la loro presenza si sia ridotta dell’87,9%; più contenuta è, invece, la ridu-zione delle famiglie con tre persone, che è pari a -23,1%. Una tendenza sostanzialmente analoga caratterizza la città, in cui si assiste, però, ad una crescita ancora più rilevante delle famiglie unipersonali che, rispet-to ai dati del 1981, quasi raddoppiano la loro presenza (+93,7%).

Grafico 17. Variazione % delle famiglie per numero dei componenti (1981-2011)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Il calo del numero delle famiglie residenti, in particolar modo di quelle più numerose, determina, quindi, nel centro storico un raddop-piamento, tra il 1981 e il 2011, dell’incidenza della famiglie unipersonali (si veda grafico 18), che adesso costituiscono il 36,3% di tutte le famiglie che vi risiedono (nel 1981 sono il 18,7%). Una lieve variazione positi-va interessa anche l’incidenza delle famiglie composte da due e da tre componenti che, complessivamente, nel 2011 rappresentano 4 famiglie su 10 (nel 1981 sono il 37,7% del totale). Si restringe, invece, la fascia di

Page 24: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

46 47

famiglie presenti del centro storico composte da almeno 4 componenti: dal 43,6% del 1981 diventano nel 2011 il 23,1% del totale.

Non presenta sostanziali differenze la composizione percentuale delle famiglie per numero di componenti relativa a Cosenza. Il modello di famiglia unipersonale prevale anche nell’intera area della città. Alla rilevazione censuaria del 2011 più di una famiglia cosentina su tre è composta da una sola persona (35,3%) rispetto al 1981 quando le fami-glie unipersonali costituiscono il 16,5% del totale. Cresce anche l’inci-denza delle famiglie composte da due persone, che raggiunge il 24,7% nel 2011, mentre il peso delle famiglie più numerose, quelle cioè compo-ste da almeno 4 componenti, si assottiglia notevolmente, passando dal 44,2% del 1981 al 21,2% del 2011.

Grafico 18. Famiglie del centro storico per numero di componenti 1981-2011 (Val. %)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Il grande e progressivo aumento del numero di persone che vivono sole, le cosiddette “famiglie unipersonali”, costituisce una delle princi-pali manifestazioni del cambiamento che interessa le forme di vita fa-miliare nella nostra società (Zanatta, 2003; Saraceno, 2003).

Dal punto di vista delle trasformazioni della famiglia il vivere soli è la manifestazione estrema del processo di nuclearizzazione, cioè di ridu-zione delle sue dimensioni. Dal punto di vista del soggetto, invece, esso rappresenta l’espressione massima del processo di individualizzazione,

cioè di quel fenomeno che vede l’individuo assumere un ruolo sempre più autonomo, affrancato da regole e appartenenze prefissate, e alla ri-cerca della propria autorealizzazione (Paci, 2005).

A comporre questo tipo di famiglia sono individui che si trovano in condizioni personali diverse e che provengono da percorsi di vita anche radicalmente differenti. Accanto agli anziani che vivono da soli in con-seguenza della morte del coniuge, vi sono altri soggetti che vivono da soli per una scelta di vita intenzionale o subita da altri, come i giovani che decidono di andare a vivere da soli o coloro che interrompono un percorso matrimoniale o, ancora, coloro che scelgono di non sposarsi né di convivere (Saraceno, 2003). Vivere da soli poi acquista un signi-ficato diverso a seconda se si sia giovani o anziani. Se per un giovane vivere da solo segna l’inizio dell’autonomia dalla famiglia di origine in attesa di costituirne una nuova, per l’anziano questa esperienza rappre-senta invece la tappa finale del ciclo della vita.

Il fenomeno delle famiglie unipersonali in Italia coinvolge soprat-tutto persone anziane vedove, il cui aumento è dovuto essenzialmente a tre fenomeni: innanzitutto al venir meno della coabitazione tra ge-nerazioni, tipico della società contemporanea. In secondo luogo all’al-lungamento della durata della vita, per cui gli anziani vivono ancora a lungo dopo che i figli sono usciti di casa. Infine la crescita del numero di anziani vedovi è da porre in relazione anche alla maggiore longevità delle donne che sposandosi, tra l’altro, in età più giovane degli uomini, sopravvivono mediamente qualche anno in più dei loro mariti.

Probabilmente la crescita delle famiglie unipersonali residenti nel centro storico, così come nella città, è una conseguenza del graduale processo di invecchiamento che interessa tutta l’area urbana, accompa-gnato, come abbiamo visto, da una crescita negli anni della presenza di persone vedove. Meno probabile è l’ipotesi che a determinare l’aumen-to delle famiglie unipersonali sia stato il numero crescente di giovani che decidono di andare a vivere da soli. In Italia, e in particolare modo nel meridione, prevale, infatti, la tendenza dei giovani, sia per motivi di natura strutturale sia per ragioni di natura culturale, a prolungare la permanenza nella famiglia di origine e quindi a ritardare l’inizio di una nuova vita familiare.

Page 25: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

48 49

1.6. Le difficoltà occupazionali

Il mercato del lavoro è stato investito negli ultimi decenni da profon-di cambiamenti. La globalizzazione e l’innovazione tecnologica hanno comportato una profonda ristrutturazione della produzione, che si è tradotta in un aumento della disoccupazione e della precarietà lavorati-va. Negli anni Settanta la realizzazione del modello di sviluppo fordista generava crescenti livelli di occupazione stabile in rapporto ad una cre-scita dell’economia e a un consolidamento della classe operaia garanti-ta sindacalmente. Questo processo di consolidamento di settori stabili dell’occupazione negli anni Ottanta ha cominciato ad interrompersi e negli anni Novanta è completamente svanito (Morlicchio, 2000). Con la fine della società salariale l’aumento dell’instabilità lavorativa tra-sforma il lavoro da risorsa ad elemento di vulnerabilità sociale. Disoc-cupazione e precarizzazione dei rapporti di lavoro diventano elementi fortemente destabilizzanti per le famiglie e quando si cumulano uno sull’altro si possono trasformare in fenomeni di esclusione (Mingione, 1999).

I dati censuari sulla condizione occupazionale degli abitanti del cen-tro storico evidenziano come una rilevante fascia di popolazione resi-dente sia interessata a situazioni di instabilità lavorativa.

Prima di esporre i risultati dell’analisi dei dati occupazionali del cen-tro storico, è opportuno fare una precisazione di natura metodologica. A partire dal 1993 l’Istat e tutti gli uffici statistici degli Stati dell’Unione Europea adottano una nuova definizione, più restrittiva, di disoccupa-to. Di conseguenza i dati sul mercato del lavoro (tassi di disoccupazio-ne, tassi di attività, etc.) relativi agli anni antecedenti al 1993 non sono comparabili con quelli rilevati negli anni successivi. Nello sviluppo della nostra analisi, pertanto, teniamo conto dell’introduzione nelle rileva-zioni statistiche di questa innovazione metodologica4.

4 A partire dalle rilevazioni trimestrali delle forze lavoro del 1993 l’autocollocazione dell’intervistato, la cui età minima per far parte della forza lavoro passa dai 14 a 15 anni, non è più sufficiente per definire il suo stato di occupato o di disoccupa-to. Alle rilevazioni censuarie del 1981 e del 1991 ogni soggetto con almeno 14 anni viene, infatti, classificato occupato, disoccupato o inattivo in base allo stato in cui si autocolloca. Successivamente l’Istat, recependo le direttive dell’Eurostat, adotta una definizione più ristretta di disoccupato, in base alla quale è censito come disoc-cupato solo chi, essendo senza lavoro, si sia impegnato a cercare un’occupazione

I dati sul tasso di attività, che misura il grado di partecipazione dei residenti al mercato del lavoro5, evidenziano, nei due periodi intercen-suari considerati, una crescita della fascia di popolazione attiva (si veda grafico 19). Si tratta di un incremento a cui contribuisce certamente la maggiore presenza della donne sul mercato del lavoro, favorita dai profondi cambiamenti intervenuti negli ultimi decenni nei modelli di comportamento femminili (Semenza, 2004; Reyneri, 2002; Saraceno, 2003). Nel centro storico il tasso di attività femminile, tra il 1981 e il 2011, cresce dal 23,6% al 33,4%; analogamente nella città il grado di par-tecipazione delle donne al mercato del lavoro passa dal 28,9% al 38,1%.

A modificare le aspettative delle donne contribuisce in maniera de-terminante la crescita dell’istruzione superiore femminile, che interessa le nuove generazioni dalla fine degli anni Sessanta. Nella scuola, infatti, le donne trovano nuovi valori e nuovi modelli di riferimento che ali-mentano il loro desiderio di autonomia personale. Il lavoro diventa così l’unico mezzo per realizzare questa aspirazione, che rompe con una tra-dizione di casalinghità strutturale (Reyneri, 2002), solo interrotta, a volte, da occasioni temporanee di lavoro in età prematrimoniale. La crescita della presenza femminile nel mercato del lavoro, oltre che determinata da fattori culturali, è da porre in relazione anche alle accresciute diffi-coltà economiche delle famiglie, soprattutto di quelle di nuova costitu-zione (Ranci, 2002). L’instabilità lavorativa, che coinvolge sempre più anche i capifamiglia maschi e lo stress economico a cui sono sottoposte le famiglie negli ultimi decenni, in seguito anche alla progressiva ridu-zione del loro potere di acquisto determinata dalla contrazione delle retribuzioni medie (Golinelli e Mantovani, 1998), hanno portato alla ne-cessità di aumentare l’offerta di lavoro delle componenti secondarie e di innalzare il numero di redditi familiari. Il tradizionale modello familiare mono-reddito tende sempre più ad essere sostituito da un modello di

nelle quattro settimane antecedenti la rilevazione censuaria e che sia immediata-mente disponibile a lavorare. Si tratta di una nuova definizione di disoccupato che risponde al nuovo paradigma, secondo cui si ritiene che l’offerta del lavoro non sia totalmente dominata dalla domanda di lavoro. Di conseguenza per valutare la disoc-cupazione è necessario l’adozione di un criterio in grado di tener conto dell’effettiva volontà-disponibilità a lavorare degli individui.

5 Il tasso di attività è calcolato come rapporto tra l’insieme degli occupati e dei disoc-cupati e la popolazione residente in età lavorativa, moltiplicato per 100.

Page 26: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

50 51

famiglia con redditi plurimi, che garantisce una maggiore protezione dal rischio di sperimentare forme di disagio economico.

Grafico 19. Tasso di attività del centro storico e di Cosenza 1981-2011Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Il tasso di attività del centro storico, più contenuto del tasso di atti-vità di Cosenza, cresce dal 42,9% al 46,2% nel corso degli anni Ottanta e aumenta tra il 2001 e il 2011, passando dal 41,2% al 44%. Probabilmente l’adozione della nuova definizione restrittiva di disoccupato contribui-sce alla differenza esistente tra i tassi di attività dei due periodi.

I dati relativi alla composizione percentuale della popolazione inat-tiva6 del centro storico evidenziano come il processo di invecchiamento della popolazione determini un netto aumento dell’incidenza dei ritirati dal lavoro che, al Censimento del 2011, costituiscono più di un terzo degli inattivi del centro storico (si veda grafico 20). In corrispondenza della crescita del tasso di attività femminile si ha, invece, un continuo decre-mento della percentuale delle casalinghe, che nel 2011 rappresentano il 25,9% della popolazione inattiva (nel 1981 sono il 53% degli inattivi).

6 La popolazione inattiva o non attiva comprende le persone da 15 anni in su che non fanno parte delle forze di lavoro ovvero quelle non classificate come occupate o disoccupate. È costituita dai pensionati, dagli invalidi, dagli studenti in età lavora-tiva, dalle casalinghe e da quanti altri non hanno, per varie ragioni,volontà o non possono offrire il proprio lavoro.

Grafico 20. Composizione percentuale della popolazione non attiva del centro storico (val.%)

Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

L’analisi dei dati sugli occupati mostra una prima fase caratterizzata da una diminuzione del tasso di occupazione7, che al Censimento del 1991è pari al 26,2% nel centro storico e 31,6% nella città

A questo decremento fa seguito una crescita della percentuale degli occupati nelle rilevazioni censuarie successive. Al Censimento del 2011 il tasso di occupazione relativo al centro storico raggiunge il 33,6%, mentre il tasso di occupazione di Cosenza sale al 38,1% (si veda grafico 21).

Ad un tasso di occupazione contenuto corrispondono elevati livel-li di disoccupazione nell’intera area urbana. Come emerge dal grafico 22, il fenomeno della disoccupazione assume dimensioni rilevanti ne-gli anni Ottanta e, in particolare modo, nel centro storico di Cosenza. Al Censimento del 1991 il tasso di disoccupazione8 della popolazione residente nella parte antica della città raggiunge il 43,2%, rispetto al valore medio di Cosenza che è pari al 33%. A determinare livelli così elevati di disoccupazione, probabilmente, non è soltanto la riduzione della domanda di lavoro, ma anche la crescita dell’offerta di lavoro che

7 Il tasso di occupazione è calcolato come rapporto tra gli occupati e la popolazione residente in età lavorativa, moltiplicato per 100.

8 Il tasso di disoccupazione è calcolato come rapporto tra i disoccupati e la forza la-voro o popolazione attiva, composta da disoccupati e occupati. Il rapporto viene quindi moltiplicato per 100.

Page 27: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

52 53

caratterizza, in questa fase storica, il mercato del lavoro italiano. I fat-tori fondamentali che determinano tale incremento della forza lavoro sono due: un fattore demografico connesso all’entrata del mercato del lavoro delle coorti, frutto del baby boom degli anni Sessanta, e un fattore di natura comportamentale connesso all’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro (Ranci, 2002; Reyneri, 2002). La conse-guenza di questo forte aumento di forza lavoro è una disoccupazione di massa che colpisce, in particolar modo, giovani e donne, a causa delle caratteristiche del mercato del lavoro italiano in cui sono tutelati so-prattutto gli insiders (gli occupati).

Grafico 21. Tasso di occupazione del centro storico e di CosenzaFonte: nostra elaborazione su dati Istat

Grafico 22. Tasso di disoccupazione del centro storico e di CosenzaFonte: nostra elaborazione su dati Istat

Come indica il grafico 23, la disoccupazione degli anni Ottanta nel centro storico di Cosenza riguarda, quindi, prevalentemente i giovani in cerca di primo lavoro, che rappresentano il 33,7% della forza lavoro nel 1991. I disoccupati in senso stretto, cioè coloro che sono alla ricerca di una nuova occupazione, invece, costituiscono soltanto il 9,5% della popolazione attiva residente nel quartiere.

Grafico 23. Tassi di disoccupazione del centro storico Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Page 28: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

54 55

Oltre ai giovani, ad essere penalizzati nel mercato del lavoro sono le donne. La crescita dell’offerta di lavoro femminile determina un au-mento delle probabilità delle donne attive di restare disoccupate. Al Censimento del 1991 il 52,5% della forza lavoro femminile del centro storico è senza lavoro rispetto al 38,6% della popolazione attiva maschi-le (si veda grafico 24). Non muta la situazione nelle rilevazioni censuarie seguenti, che confermano la maggiore difficoltà delle donne del centro storico, rispetto agli uomini, a trovare un impiego. Al Censimento del 2011 il tasso di disoccupazione femminile scende al 28,6%, mentre la percentuale maschile di disoccupati è pari al 20,3%.

Grafico 24. Tasso di disoccupazione maschile e femminile del centro storicoFonte: nostra elaborazione su dati Istat

A partire dal 2001 si assiste ad un ridimensionamento del tasso di di-soccupazione del centro storico e di Cosenza. Nell’ultimo periodo inter-censuario, tra il 2001 e il 2011, il tasso di disoccupazione del centro stori-co passa dal 30,1% al 23,6%, mentre il tasso di disoccupazione di Cosenza dal 22,2% scende al 19, 3% (si veda grafico 22). È ragionevole supporre che a contribuire alla riduzione del valore del tasso di disoccupazione, nel centro storico così come nella città, sia la nuova definizione di di-soccupato che esclude dalla popolazione attiva coloro che non cercano attivamente un lavoro, pur essendo disponibili a lavorare. Esisterebbe quindi una fascia di forza lavoro potenziale che si nasconde nella popo-lazione inattiva. Si tratta della componente secondaria dell’offerta di

lavoro, composta prevalentemente da giovani e donne che, soprattutto nei momenti di depressione congiunturale, possono non cercare attiva-mente un’occupazione per l’azione di un “effetto scoraggiamento”. Ciò può spiegare, probabilmente, il ridimensionamento, a partire dal 2001, del tasso di disoccupazione dei giovani in cerca di prima occupazione residenti nel centro storico rispetto alla percentuale dei disoccupati in senso stretto (si veda grafico 23). Analogamente si può supporre che tale meccanismo operi anche sul lento declino registrato dal tasso di disoccupazione delle donne negli ultimi venti anni (si veda grafico 24).

La presenza nel centro storico di una rilevante fascia di popolazione che sperimenta situazioni di precarietà lavorativa accresce il numero di persone esposte al rischio di vulnerabilità sociale, che configura una situazione in cui l’autonomia e la capacità di autodeterminazione dei soggetti sono costantemente minacciate da un inserimento instabile dentro i principali sistemi di integrazione sociale e distribuzione delle risorse (Ranci, 2002). Ciò che caratterizza la vulnerabilità non è la scar-sità di risorse tout court, ma la difficoltà di utilizzarle e finalizzarle alla realizzazione di ciò che si desidera (Sen, 1998; Olagnero, 1998). Il lavoro, infatti, non costituisce soltanto un rapporto tecnico di produzione ma una struttura di integrazione sociale, un supporto per l’acquisizione di una piena cittadinanza sociale. Con la precarizzazione della forza lavo-ro, di conseguenza, viene ad indebolirsi uno dei principali meccanismi di protezione della popolazione dal rischio di impoverimento e di esclu-sione sociale (Ranci, 2002).

Una risorsa fondamentale per ridurre il potenziale vulnerante delle diverse forme di instabilità lavorativa è costituita dalle relazioni fami-liari. La familizzazione dei rischi sociali correlati alla disoccupazione, in-fatti, costituisce tradizionalmente nel nostro Paese la modalità più dif-fusa di risposta al problema della mancanza di lavoro. Sull’estensione delle responsabilità familiari è stato anche costruito il sistema italiano di welfare fondato in gran parte sui trasferimenti monetari alle famiglie anziché sull’offerta di servizi aventi funzioni sostitutive o complemen-tari all’attività di sostegno e di cura svolta dalle famiglie stesse (Ranci 2004, 2002; Mingione, 1999). I processi di trasformazione in atto nelle famiglie, tuttavia, tendono ad indebolire anche la funzione integratrice della famiglia. La maggiore fragilità dei legami familiari, come dimostra il crescente aumento di divorzi e separazioni e la tendenza delle fami-

Page 29: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

56 57

glie ad avere dimensioni minori, hanno come effetto un restringimento della rete di relazioni familiari e, quindi, una riduzione di quel sostegno che la famiglia fornisce e che si rivela spesso cruciale nelle situazioni di bisogno. A fronte di un sistema di welfare incapace di offrire protezioni adeguate, i legami familiari diventano quindi un fattore di sperequazio-ne tra i lavoratori che non sempre possono contare su un nucleo fami-liare in grado di proteggerli (Fullin, 2004).

Per i vulnerabili, cioè per coloro che hanno una posizione instabile nel mercato del lavoro (disoccupati o precari) e che dispongono di un inadeguato supporto delle reti familiari e comunitarie, diventa maggio-re il rischio di cadere in una situazione ancora più degradata di disaf-filiazione (Castel, 2002; 1997), caratterizzata da uno sganciamento dai contesti collettivi di appartenenza (Morlicchio, 2012). La disoccupazio-ne o la precarietà lavorativa, la scarsa dotazione di risorse e di relazioni sociali, le difficoltà di accesso ai servizi possono dunque alimentare cir-cuiti viziosi, in cui le deprivazioni si cumulano e causano il precipitare in condizioni di povertà non solo economica. In una situazione in cui gli individui non riescono più a far fronte ad eventi negativi e sperimenta-no stati di disagio sempre maggiore, da cui diventa sempre più difficile risollevarsi, le condizioni di deprivazione e di marginalità rischiano così di essere trasmesse da generazione in generazione e di riprodursi nel tempo (Vicari Haddock, 2004).

La concentrazione spaziale in alcuni quartieri della città di sogget-ti che vivono situazioni di insicurezza sociale dovuta alla mancanza di lavoro e alla debolezza dei legami sociali può, talvolta, costituire un’ag-gravante, nel senso che può diventare un fattore che favorisce il proces-so di riproduzione delle disuguaglianze sociali, soprattutto quando ad essa si associa un disimpegno, in quell’area della città, delle istituzioni sociali, comunitarie e religiose (Morlicchio, 2000). La concentrazione in un’area ristretta della città di una popolazione con un’ampia fascia di disoccupati e l’assenza di adeguati “stabilizzatori sociali” (istituzioni e associazioni) possono infatti generare quelli che Wilson (1993, 1987) definisce “effetti di concentrazione”, per cui un giovane abitante di un quartiere svantaggiato, sempre più isolato dal contesto economico e so-ciale cittadino, difficilmente avrà l’opportunità di entrare in relazione con soggetti che possono rappresentare un modello di ruolo positivo nello sviluppo della sua identità o che siano in grado di trasmettere in-

formazioni utili nella ricerca di un lavoro. Egli sarà piuttosto portato a sviluppare rapporti con altri soggetti svantaggiati che non sono in gra-do di aiutarlo ad uscire dalla disoccupazione e dal contesto segregante del quartiere (Morlicchio, 2012, 2000; Morlicchio e Pratschke, 2004).

1.7. Lo svantaggio educativo

L’istruzione costituisce una risorsa che incide in modo rilevante sui destini sociali degli individui. L’acquisizione di un titolo di studio eleva-to amplia notevolmente le opportunità di un individuo di raggiungere le posizioni occupazionali e sociali più remunerative. Al di là delle con-seguenze positive che può avere dal punto di vista economico e sociale per ogni individuo, il livello di istruzione raggiunto, inoltre, ha impor-tanti implicazioni anche sul piano personale, in quanto può modificare le «capacità di funzionare» o capabilities di un individuo (Sen, 2000). Le capabilities rappresentano la libertà dei singoli di scegliere consapevol-mente e ottenere ciò a cui attribuiscono valore. Ciò che gli individui possono o non possono fare, quello che possono o non possono acqui-sire, non dipende soltanto dal reddito disponibile – come afferma Sen (1998, p.30), «si potrebbe essere agiati senza stare bene» – ma anche dalla loro capacità di trasformare le risorse possedute in acquisizioni a cui danno valore. L’istruzione, quindi, acquista rilevanza per lo star bene di in un individuo anche perché incide sulla sua libertà sostanziale, cioè sulla libertà di fruire concretamente delle opportunità disponibili e di scegliere di condurre la vita che preferisce (Sen, 2003).

L’analisi dei dati relativi all’istruzione degli abitanti del Centro Sto-rico indica una crescita del livello medio di istruzione del quartiere tra il 1981 e il 2011. Come mostra il grafico 25, la quota di residenti che rie-scono a terminare almeno la scuola elementare, nel giro di tre decenni, aumenta dal 71,7% all’88%; analogamente sale la percentuale di coloro che completano almeno la scuola media inferiore che passa dal 36,2% del 1981 al 68,7% rilevata all’ultimo censimento. Salendo di livello, si può osservare come aumentano progressivamente sia la probabilità di conseguire il diploma sia la laurea. I diplomati nel 2011 rappresentano, infatti, il 29,2% dei residenti del centro storico con almeno 6 anni (nel 1981 sono l’11,1%), mentre i laureati sono il 10,4% rispetto al 2,1% del 1981. Si assottiglia, infine, la presenza di soggetti privi di titolo di studio

Page 30: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

58 59

(alfabeti e analfabeti), la cui percentuale rispetto al 1981 si riduce dal 28,3% all’11,9%.

Dalla comparazione con i dati sull’istruzione relativi a Cosenza emerge come la situazione educativa degli abitanti del centro storico, nonostante la crescita del livello medio di istruzione, non abbia colmato il gap rispetto alla città. Le differenze sono più evidenti nella parte alta della stratificazione educativa, come indica la presenza di una percen-tuale più alta di laureati e diplomati nella città, pari rispettivamente al 19,5% e al 33,2% nel 2011 (si veda grafico 26).

Grafico 25. Il grado di istruzione dei residenti del centro storico 1981-2011 (val%)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

La distanza tra il centro storico e la città tende a restringersi, invece, nella parte bassa della stratificazione educativa. Come evidenzia il gra-fico 27, tende a colmarsi la differenza tra i residenti nel centro storico e nella città che hanno conseguito almeno la licenza media, a fronte della presenza di una differenza rilevante che rimane tra coloro che hanno conseguito un titolo di studio superiore (diploma e laurea). Questa ten-denza alla riduzione progressiva della differenza tra quanti riescono ad ottenere la licenza media è sicuramente da porre in relazione all’a-zione di fattori di natura strutturale come l’innalzamento dell’obbligo scolastico alla licenza media inferiore introdotto dalla riforma del 1962 (Shavit e Westerbeek, 1997). La progressiva perequazione delle oppor-

tunità di conseguire la licenzia media non genera, tuttavia, un analogo processo nella parte alta della stratificazione educativa, dove perman-gono disuguaglianze nelle opportunità di istruzione, sulla cui formazio-ne, probabilmente, svolgono un ruolo rilevante le origini sociali della famiglia di appartenenza.

Altrettanto vero che le decisioni scolastiche di interrompere o pro-seguire gli studi possono, talvolta, essere influenzate anche dal contesto sociale di riferimento. Gli individui non sono atomi che agiscono isola-tamente, ma sono attori socially embedded (Granovetter, 1985), cioè in-seriti all’interno di reti di relazioni sociali, che sono innanzitutto quelle ereditate dalla famiglia di origine.

Grafico 26. Il grado di istruzione della popolazione di Cosenza 1981-2011 (val%)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Page 31: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

60 61

Grafico 27. Soggetti con almeno il diploma e con almeno la licenza media 1981-2011 (val.%)

Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Nelle reti sociali di cui fanno parte, gli individui costruiscono i propri progetti, definendo le loro preferenze, scegliendo lo stile di vita e quindi imparando negli anni chi sono e chi vogliono essere (Bianco, 2001). Le stesse aspirazioni scolastiche si sviluppano nel tempo proprio attraver-so l’interazione con gli altri, nel gruppo socialmente rilevante per cia-scun individuo. Si tratta di cerchie sociali che, di solito, sono fortemente omogenei al loro interno, dal momento che una caratteristica genera-le delle reti sociali è l’omofilia, cioè gli individui tendono a interagire con propri simili (Follis, 1998). Finché si è inseriti in reti socialmente omogenee, il capitale sociale disponibile può essere utile per realizzare progetti omologhi alla situazione della famiglia di origine. Per coloro che provengono da famiglie poco agiate e con scarso capitale cultura-le, dunque, sarà più difficile realizzare progetti di mobilità sociale ed educativa per i quali, al contrario, servono risorse eterogenee rispetto alla situazione di partenza. Di conseguenza, quanto meno le reti sono segregate e più varie dal punto di vista sociale, tanto più possono esse-re efficaci nel favorire prima la formulazione e, poi, la realizzazione di progetti scolastici più ambiziosi.

Vivere in un quartiere popolare può, dunque, accrescere le difficoltà di sperimentare percorsi di mobilità educativa ascendente dal momen-to che i soggetti si trovano a dover vivere, per così dire, «intrappolati»

entro reti sociali altamente segregate, costituite da individui che vivono un’analoga condizione sociale ed educativa.

1.8. Uno sguardo al patrimonio immobiliare

La rilevazione censuaria del 2011 relativa agli edifici e alle abitazioni indica la presenza nel centro storico di 2223 edifici e complessi di edifi-ci9, pari al 30,5% del patrimonio edilizio della città. Il 93,8% degli edifici presenti è utilizzato per uso residenziale o destinato ad altre funzioni; la parte restante (6,2%) rimane inutilizzata dal momento che si tratta di immobili cadenti, in rovina o in costruzione.

Gran parte dello stock immobiliare utilizzato, censito nel centro sto-rico, è destinato ad uso residenziale (4 immobili su 5), mentre gli altri im-mobili sono destinati prevalentemente ad uso produttivo, commerciale o utilizzati per servizi di tipo turistico-ricettivo e direzionale-terziario.

Dal punto di vista dell’epoca di costruzione, più di metà degli edifici residenziali della città (55,9%) risalenti al periodo antecedente il 1919 sorgono nel centro storico. Essi rappresentano un terzo (32,9%) degli edifici abitativi presenti nell’area (si veda grafico 28). Un’altra parte ri-levante delle costruzioni per abitazioni presenti nasce tra gli anni Venti e la fine della seconda guerra mondiale (22,8%). Pochissimi sono, invece, gli edifici di recente costruzione. Negli ultimi venti anni (dal 1991 ai poi) nascono soltanto il 5,7% degli edifici censiti nel centro storico.

9 Per complesso di edifici si intende un insieme di costruzioni, edifici e infrastrutture, normalmente ubicati in un’area limitata, finalizzati in modo esclusivo (o principa-le) all’attività di un unico consorzio, ente, impresa o convivenza, come i complessi ospedalieri, le città universitarie, centri commerciali, complessi religiosi, i comples-si industriali con i capannoni, etc.

Page 32: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

62 63

Grafico 28. Edifici e complessi di edifici del centro storico per anno di costruzione 2011 (val.%)

Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Gli edifici presenti, in gran parte, sono strutture residenziali di di-mensioni contenute (si veda grafico 29). Più della metà (57,1%), infatti, sono costituiti da non più di due interni e sono composti da uno o due piani (56,3%).

Al Censimento del 2011 ammontano a 5272 le abitazioni censite nel centro storico; il 75,9% risulta occupato da almeno una persona resi-dente, il restante 24,1% è costituito da abitazioni vuote o occupate solo da persone non residenti. I dati (si veda grafico 30) evidenziano un de-cremento progressivo della percentuale delle abitazioni occupate (dal 93% nel 1981 al 75,9% nel 2011), da porre in relazione al rilevante calo demografico che interessa l’area. Analogamente la quota complessiva di abitazioni occupate presenti nella città tende a ridursi, seppure in misura meno intensa, passando dal 92,2% all’82,5%.

Grafico 29. Edifici residenziali del centro storico per numero di interni e di piani 2011 (val.%)

Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

Grafico 30. Abitazioni occupate nel centro storico e a Cosenza 1981-2011 (Val.%)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

La carenza di politiche abitative adeguate oggi ha sicuramente au-mentato il rischio abitativo di molte famiglie, strette tra un mercato della proprietà ampio ma difficilmente accessibile per redditi più bas-si e un mercato dell’affitto di dimensioni più contenute e scarsamen-te supportato dall’intervento pubblico. Il problema della casa, dunque,

Page 33: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

64 65

costituisce uno dei fronti più problematici per le famiglie italiane e può costituire un fattore specifico di vulnerabilità. I costi dell’affitto, in crescita negli ultimi anni, così come i costi inerenti l’acquisto della prima casa, possono, infatti, incidere profondamente sui bilanci fami-liari e comprimere in maniera rilevante il tenore di vita di una famiglia (Ranci, 2002).

Il problema dell’affordability non è, comunque, l’unica componente del disagio abitativo. L’inidoneità e l’inadeguatezza delle abitazioni in termini di dotazioni e di spazio rappresenta un altro aspetto del feno-meno. Il primo aspetto riguarda la presenza di un deficit di qualità delle abitazioni determinato dall’assenza di servizi considerati fondamentali, come i servizi igienici interni all’alloggio, il riscaldamento o anche il collegamento telefonico. Il secondo aspetto riguarda la disponibilità li-mitata di una superficie abitativa (Tosi, 1994).

Dai dati censuari disponibili sulle abitazioni possiamo trarre infor-mazioni unicamente sul titolo di godimento delle abitazioni e sulle di-mensioni abitative. Per quanto riguarda il primo aspetto, i dati del 2011 mostrano come la maggior parte delle famiglie del centro storico di Co-senza vive in abitazioni di cui è proprietaria (il 63%), mentre solo il 20% delle famiglie residenti paga un affitto; la parte restante (17%) usufrui-sce dell’abitazione ad altro titolo (si veda grafico 31).

Grafico 31. Famiglie del centro storico per titolo di godimento dall’abitazione 2011 (val.%)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

In relazione al secondo aspetto, dall’analisi dei dati emerge come la superficie media delle abitazioni occupate del centro storico, censite nel 2011, è pari a 95,7 metri quadrati, rispetto alla superficie media delle abitazioni di tutta la città pari a 103,6 metri quadrati. La superficie pro capite delle case abitate nella parte antica, dove vivono in media 2,5 abi-tanti per abitazione, invece, è di 38,2 metri quadrati, un valore inferiore a quello relativo a Cosenza, che è pari a 42,9 metri quadrati.

Page 34: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

66 67

Riferimenti bibliografici

aMaturo E. (a cura di), Profili di povertà e politiche sociali a Napoli, Liguo-ri, Napoli, 2004.

Bianco M.L. (a cura di), L’Italia delle disuguaglianze, Carocci, Roma, 2001.

castel R., Disuguaglianze e vulnerabilità sociale, in Rassegna Italiana di Sociologia, 1997, n.1, pp. 41-56.

iD., The Road to Disaffiliation: Insecure Work and Vulnerable Relationships, in International Journal of Urban and Regional Research, 2002, vol. 24, 3, pp. 519-535.

cersosiMo D., La modernizzazione economica, in Mazza F. (a cura di), Co-senza. Storia, cultura, economia, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1991, pp. 279-317.

coale A.J., Watkins S., The decline of fertility in Europe, Princeton Univer-sity Press, Princeton,1986.

costaBile A., Modernizzazione, famiglia e politica. Le forme del potere in una città del Sud, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1996.

christensen K., Vaupel J.W., Determinants of longevity, environmental and medical factors, in Journal of Internal Medicine, 1996, 240, pp.333-341.

creMaschi M., Narrazioni e cambiamento dei quartieri, in creMaschi M. (a cura di), Tracce di quartieri. Il legame sociale nella città che cambia, Franco Angeli, Milano, 2008, pp. 7-29.

iD. (a cura di), Tracce di quartieri. Il legame sociale nella città che cambia, Franco Angeli, Milano, 2008.

De sarno Frignano A., natale M., Il processo di invecchiamento delle po-polazioni a sviluppo avanzato e le sue implicazioni, in natale M. (a cura di), Economia e popolazione. Alcuni aspetti delle interrelazioni tra sviluppo demo-grafico ed economico, Franco Angeli, Milano, 1994.

Fantozzi P., licursi S., Marcello G. (a cura di), A partire dagli anziani. La solidarietà fra generazioni. Una ricerca in Calabria, Edizioni LiberEtà, Roma, 2013.

Follis M., (a cura di), La forza dei legami deboli e altri saggi, Liguori, Na-poli, 1998.

Fullin G., Vivere l’instabilità di lavoro, il Mulino, Bologna, 2004.

gasBarrone M., Demografia e cultura: il caso delle donne italiane, in Politica ed economia, 1992, n.4, pp.17-19.

golinelli R., MantoVani D., Il quadro macroeconomico e la distribuzione del reddito, in rossi N. (a cura di), Il lavoro e la sovranità sociale 1996-1997. Quarto rapporto CNEL sulla distribuzione e redistribuzione del reddito in Italia, il Mu-lino, Bologna, 1998, pp.37-90.

granoVetter M., Economic action and social structure: the problem of em-beddedness, in American Journal of Sociology, 1985, 91, pp. 481-510.

lesthaeghe R.J., The Second Demographic Transition in Western Countries: an interpretation, IPD Working Papers, Bruxelles, 1991, n.2.

lesthaeghe R.J, Moors G., Recent Trends in Population and Fertility and Household Formation in the Industrialized World, Review of Population and Society, 2000, n.9, pp. 121-170.

Magnier A., russo P., Sociologia dei sistemi urbani, il Mulino, Bologna, 2002.

Mazza F. (a cura di), Cosenza. Storia, cultura, economia, Rubbettino, So-veria Mannelli, 1991.

Mingione E., La questione dell’esclusione e la riforma del welfare, in Mingio-ne E. (a cura di), Le sfide dell’esclusione: metodi, luoghi e soggetti, il Mulino, Bologna, 1999, pp.7-32.

Page 35: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

68 69

iD. (a cura di), Le sfide dell’esclusione: metodi, luoghi e soggetti, il Mulino, Bologna,1999.

Morilicchio E., Sociologia della povertà, Bologna, il Mulino, 2012.

iD., Povertà ed esclusione sociale: la prospettiva del mercato del lavoro, Edi-zioni Lavoro, Roma, 2000.

Morlicchio E., pratschke J., La dimensione territoriale della povertà a Na-poli, in aMaturo E. (a cura di), Profili di povertà e politiche sociali a Napoli, Liguori, Napoli, 2004, pp. 1-29.

natale M. (a cura di), Economia e popolazione. Alcuni aspetti delle interre-lazioni tra sviluppo demografico ed economico, Franco Angeli, Milano,1994.

nicoletta V., La scuola è per tutti? Uno studio sulle disuguaglianze educati-ve nella città di Crotone, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2014.

olagnero M., I muri e le barriere. Il disagio abitativo tra crisi del welfare, crisi del mercato e trasformazioni della famiglia, in Rassegna Italiana di Socio-logia, n.1, 1998, pp.43-73.

paci M., Nuovi lavori, nuovo welfare, il Mulino, Bologna, 2005.

pintalDi F., I dati ecologici nella ricerca sociale. Usi ed applicazione, Caroc-ci, Roma, 2003.

ranci C., Politica sociale . Bisogni sociali e politiche di welfare, il Mulino, Bologna, 2004.

iD., Le nuove disuguaglianze sociali in Italia, il Mulino, Bologna, 2002.

reyneri E., Sociologia del mercato del lavoro, il Mulino, Bologna, 2002.

rossi N. (a cura di), Il lavoro e la sovranità sociale 1996-1997. Quarto rap-

porto CNEL sulla distribuzione e redistribuzione del reddito in Italia, il Mulino, Bologna, 1998.

saraceno C., Mutamenti della famiglia e politiche sociali in Italia, il Mulino, Bologna, 2003.

saraceno C., nalDini M., Sociologia della famiglia, Bologna, il Mulino, 2001.

seMenza R., Le trasformazioni del lavoro. Flessibilità, disuguaglianze, re-sponsabilità delle impresa, Carocci, Roma, 2004.

sen A., La libertà individuale come impegno sociale, Laterza, Roma-Bari, 2003.

iD., La diseguaglianza . Un riesame critico, il Mulino, Bologna, (ed. or. 1992), 2002.

iD., Il tenore di vita. Tra benessere e libertà, Marsilio, Venezia, (ed. or. 1991), 1998.

shaVit Y., WesterBeek K., Istruzione e stratificazione in Italia: riforme, espansione e uguaglianza delle opportunità, in Polis, a. XI, n. 1, 1997, pp. 91-109.

stranges M., La geografia dell’invecchiamento demografico: la Calabria nel quadro italiano ed europeo, in Fantozzi P., licursi S., Marcello G. (a cura di), A partire dagli anziani. La solidarietà fra generazioni. Una ricerca in Calabria, Edizioni LiberEtà, Roma, 2013, pp. 45-71.

tosi A., La casa: il rischio e l’esclusione. Rapporto IRS sul disagio abitativo in Italia, Franco Angeli, Milano, 1994.

Van De kaa D., Europe’s second demographic transition, Population Bulle-tin, 42, 1987, pp.1-57.

Vicari haDDock S., La città contemporanea, il Mulino, Bologna, 2004.

Page 36: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

70 71

zanatta A.L., Le nuove famiglie. Felicità e rischi delle nuove scelte di vita, il Mulino, Bologna, 2003.

Wilson W.J., (a cura di), The ghetto underclass . Social Science Perspectives, Sage, London, 1993.

iD., The truly disadvantaged, The inner city, the underclass, and public poli-cy, University of Chicago Press, Chicago, 1987.

Stradario del Centro Storico

SEZIONE N. 1

piazza Berardi Marcocorso Garibaldivico I –II –III –IV S. Luciasalita Messer D’Andreavia Messer D’Andreavia Grotte S. Francesco d’Assisivia S . Luciavicoletto S . Luciagradoni S . Luciavico I S . Tommasocorso Telesiopiazza Valdesi

SEZIONE N. 2

via B . Bombinivia Campagna G.piazza Duomogradoni Gaetavia Gaetavico Gaetavicoletto Gaetavia Galeazzo di Tarsiavico Galeazzo di Tarsiavicoletto Galeazzo di Tarsiavico I Spirito Santovia Lungo Crati D. Micelivia Lungo Crati De Setarotonda Lungo Crati De Setavia Martiranovico Postierlapiazza S. Giovanni Gerosolomitanovico S. Giovanni Gerosolomitanovico Sertorio Clausicorso Telesio

Page 37: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

72 73

SEZIONE N. 3

via Abate GioacchinoVico Abate Gioacchinovia Alessandro Manzonitraversa Alessandro Manzonivia Cafaronecontrada Castagnavico Cornelio Tommasovia Cornelio Tommasovia F .Petrarcavia G. Carduccivico I - II Spirito Santovia Lungo Crati D. Alighierivia Pezzullovia R . Benincasapiazza Spirito Santovia Spirito Santocorso Telesiopiazza V. Federici Capobianco

SEZIONE N. 4

via R . Benincasavia A.Toscanovia Cafaronevico Cafaronevia Campagna G.piazza Duomopiazza G.Parrasiovia Martiranovico Martiranovia Spirito Santocorso Telesiopiazza Toscano via Antonio Toscano

SEZIONE N. 5

via Abate Salfisopportico A. Casinivia A. Casinivico II S .Luciavico I -II – III S . Tommasovico IV S. Luciavia Messer D’Andreavico Messer D’Andrearampa Messer D’Andreapiazza Piccolavia S . Luciavico S . Tommasovia S . Tommasolargo S . Tommasovicoletto S . Tommasotraversa S . Tommasocorso Telesio

SEZIONE N. 6

sopportico Abate Salfivico I Padolisivia A. Casinivia Abate Salfivico Abate Alfonso Salfipiazza Berardi Marcosopportico Berardi Marcopiazza Duomosalita G. B. Savellivico II Timpone Donnicivia Messer D’Andreatraversa Padolisivia Padolisivico I – II Padolisivia S. Francesco d’Assisivia del Seggiocorso Telesiogradoni Timponevia Timponevico II Timpone

Page 38: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

74 75

SEZIONE N. 7

via dell’Accademiavia A.Siniscalchivia Antonio Serrapiazza Archi di Ciacciosalita Archi di Ciacciovia Archi di Ciacciovia Argento G.via D. Bisciegliavico D. Bisciegliavia D.Maurovico D.Maurovia F .Petrarcapiazza G.Parrasiovico II Padolisivia Liceovia P .Schettinitraversa Padolisivia Padolisivicoletto Padolisivia Paradisovia Pezzullovia Portapianacorso Telesiolargo Verginipiazza XV Marzo

SEZIONE N. 8

via Della Valle Lucreziavico 1 -2 Giostra Vecchiavia B . Miragliavico B . Miragliasalita G.B. Savellivia Giostra Vecchiacontrada Grottevico II Timpone Donnicisalita Mottavia PadolisiArchi S. BiaseArchi S. Francesco d’AssisiGrotte S. Francesco d’Assisivia S.F rancesco d’Assisivia Timponecorso Vittorio Emanuele II

SEZIONE N. 9

via Argento G.piazza Archi di Ciacciovico Argento G.via B .Miragliavia Castellovico Castellovia Coste del Castellovia Lucrezia Della Valle gradoni Della Valle Lucreziavico I –II S. Giovanni Battistapiazza Mons . Carusovia Mottavico Mottavia Normannivia P . Schettinivia Portapianavia S. Giovanni Battistacava S. Giovanni Battistastrada statale delle Calabriecorso Vittorio Emanuele IIlargo delle Vergini

SEZIONE N. 10

piazza Mons . Carusovia Portapianasopportico Portapianacava S. Giovanni Battistastrada statale delle Calabriecontrada Coste del Castellocontrada Guarassanocontrada Monte Chiricocontrada Porta di ferrocontrada Timpone degli Ulivi

Page 39: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

76 77

SEZIONE N. 11

contrada Badessa Caricchiocontrada Caricchiovia Donato Bendicentivia Casalivia Dei Martirivia Falcone B .via Salerno P .contrada Serra Sopranavia Serra Sottanacontrada Serra Sottanacavarella Serra Sottanapiazza Stazione Casalicontrada Timpone Casalicontrada Vallone Rovitocontrada Venneri

SEZIONE N. 12

contrada Fratelli Bandieravia Bendicenti D.via D’Aquino C.vico D’Aquino C.via Dei Martirivia dei Tribunalipiazza Fratelli Bandieravico I-II-III-IV Serra G.M.via S. Agostinovico S. Agostinovicoletto S. Agostinotraversa S. Agostinosalita S. Agostinosopportico S. Agostinovia Serra G.M.salita Tribunali

SEZIONE N. 13

via Alfonso Salfivia A. Salfivia Arenellapiazza Arenellavia Colle Mussanovia dei Tribunalivia G. V. Gravinacontrada Gramaziocontrada Grotte Piscopanivico II Serra G.M.via Lungo Crati N. Saurocontrada Madonna Stellacontrada Mussanovia Paparellevico Paparellecontrada Paparellecontrada Piscopanicorso Plebiscitovia S . Francesco di Paolavia Serra G.M.strada Silana 107via Stozza Mussanopiazza T . Ortalevia Trigliocontrada Triglio

SEZIONE N. 14

via D. Andreottivia Alaricopiazza Crispipiazza dei Bruzivico I Rivocativico II Rivocativico III Rivocatipiazza M . Misasivia Marco Aurelio Severinivia Monte Baldovia Rivocativicoletto Rivocatisopportico Rivocativia S. Nicolavico S. Nicolavia Sertorio Quattromanipiazza Tommaso Campanellavia Trentocorso Umberto

Page 40: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

78 79

SEZIONE N. 15

via D. Andreottivia Bengasivia Busentovico Busentopiazza Crispivico II Rivocativico IV Rivocativia Lungo Crati Busento Tripolivia Milellivia Rivocatisopportico Rivocativia S . Martinovia Trentocorso Umbertovico V Rivocati

SEZIONE N. 16

via D. Andreottivia Bengasivia Cirenevia Lungo Crati Busento Tripolivia Milellivia Montegrappavia Pasubiovia Rivocaticorso Umberto

SEZIONE N. 17

piazza Amendolavia Asmaravia Cirenevia Fiumevia Lungo Crati Busento Tripolivia Massauavia Milellivia Montegrappavia R . Montagnapiazza Riformavia Rivocativia Rodivia Somaliacorso Umberto

SEZIONE N. 101

via Lungo Busento Oberdancorso Garibaldicontrada Villanello Sottanocontrada Macchia della Tavolavia Badessa di Portapianacontrada Badessa di Portapianacontrada Cozzo Monacocontrada Cozzo San Lorenzocontrada Diodatocontrada Frattinellacontrada Iassacontrada Pantano Badessacontrada Pantano Diodatocontrada Pignacontrada Teminentovia SS delle Calabrie 19

SEZIONE N. 115

contrada Badessa di Mussanocontrada Cannuzzecontrada Gergerivia Lungo Crati Gergerivia S .Francesco di Paolavia S.Antonio dell’Ortocontrada Vallone di Rovella

Page 41: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

80 81

Parte Seconda

Page 42: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

82 83

2. I quartieri storici della città di Cosenza nelle trasformazioni urbane

di Antonella Coco

2.1. Cambiamento e regolazione sociale nei quartieri urbani

Leggere una realtà come quella dei quartieri storici di una città con un approccio sociologico vuol dire indagarne i processi sociali, cioè comprendere e spiegare la direzione assunta dai cambiamenti che li hanno interessati, le forze in campo e gli attori in gioco. Per far questo è necessario inquadrare la realtà dei centri antichi nelle trasformazioni che interessano la città nel suo complesso. È altresì importante stabi-lire, in via preliminare, cosa s’intende per centro storico di una città. Solitamente, come precisano Mazzette e Sgroi (2007), esso corrisponde all’area centrale più antica della città contemporanea, ma questa acce-zione, secondo gli stessi autori, non è priva di ambiguità. La tendenza policentrica delle grandi città, in termini spaziali e in termini funzionali, il trasferimento e la dispersione di strutture corrispondenti a funzioni importanti della vita urbana, mettono in discussione l’idea di centralità. Allo stesso modo, si potrebbe discutere della qualifica di “storico”. Pos-siamo utilizzare l’espressione “centro antico”, per riferirci al «nucleo originario della città, [cioè], un insieme costruito di manufatti pubbli-ci e privati di valore storico-artistico, un impianto urbano […] spesso coincidente con i confini della vecchia città murata, a volte anche una tradizione produttiva e di regolazione sociale, un vero “cuore” della città che conserva […] la memoria della civitas e ne ospita il genius loci, anche quando la città moderna [gli è cresciuta intorno], decentrandone le funzioni, proponendo nuovi e antitetici modelli di edilizia e di arredo urbani, promuovendo stili di vita che privilegiano una diversa organiz-zazione dello spazio» (ivi, p. 89).

Nelle città, i centri storici continuano ad esistere, mostrando traiet-torie di cambiamento differenti. Essi appaiono degradati e impoveriti, oppure manomessi da interventi edilizi, rifunzionalizzati attraverso i

Page 43: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

84 85

processi di gentrificazione, o, ancora, restaurati ed esibiti in termini di monumentalità (Mazzette e Sgroi, 2007). La trasformazione dei singoli quartieri (storici e non) delle città non corrisponde a modelli univoci di cambiamento, ma presenta fattori e modalità variabili. I mutamenti dei quartieri possono essere interpretati attraverso l’analisi delle forme di regolazione sociale che si producono a livello locale (Cremaschi, 2008). Nelle realtà urbane, infatti, «si consolidano svariate forme di regolazio-ne e spazi corrispondenti» (ivi, p. 27). Con riferimento ai quartieri urba-ni, Cremaschi (2008, p. 26) intende per regolazione sociale «un processo di mutuo aggiustamento, che presuppone un certo grado di reciproco riconoscimento e legittimazione, che consente di distribuire risorse simboliche e materiali. Un processo non rigidamente normato, anzi continuamente riscritto e reinterpretato dagli attori che vi prendono parte». Questa definizione rimanda alla teoria della regolazione sociale di Polanyi (1944), inerente ai soggetti e ai principi regolativi dell’allo-cazione delle risorse, non solo quelle di natura economico-finanziaria, ma anche quelle culturali, istituzionali, affettive. I principali soggetti di regolazione sociale sono la comunità, il mercato e la politica, a cui, rispettivamente, corrispondono i criteri della reciprocità, dello scambio e della redistribuzione.

Il carattere ibrido dei quartieri – in parte esito dei processi razionali e istituzionali, in parte generato da dinamiche informali – esemplifica bene, secondo Cremaschi (2008, p. 26), ciò che si intende per regolazio-ne sociale, in quanto rappresenta una condizione sociale «che non si dà in condizioni di elevata anomia e individualizzazione. Ma che non si tra-duce necessariamente in una forma sociale per eccellenza, e tantomeno in forme comunitarie, ma piuttosto in una rete di pratiche sovrapposte e intrecciate con elementi più formalizzati e altri meno». Ciò rimanda alla combinazione delle forme razionali, da un lato, e informali, dall’al-tro, che si esplicitano nei processi di governance contemporanei (Le Galés, Vitale, 2015). Così, alle forme di regolazione istituzionale, attra-verso regole formali, se ne contrappongono altre, mediante pratiche informali e forme di disordine. Ne costituiscono degli esempi le forme di regolazione particolaristica degli spazi urbani in contrapposizione agli utilizzi universalistici, rilevabili sia nell’operato delle élites politi-co-istituzionali urbane, attraverso comitati d’affari e gruppi trasversali

(Costabile, 1996), sia nell’azione dei gruppi criminali nei quartieri delle città (Cremaschi, 2008; 2007).

Tenendo conto di questo quadro interpretativo, nelle pagine che seguono, proviamo a leggere i cambiamenti che hanno interessato il centro storico della città di Cosenza, contestualizzandoli rispetto allo sviluppo dell’intera città. Nella nostra analisi, non consideriamo l’ampia area della città antica (indicata come centro storico) nei termini di un unico quartiere1, ma facciamo riferimento ai quartieri storici o antichi, consapevoli dell’eterogeneità crescente nello spazio urbano, così come messo in luce dall’analisi sociologica (Magatti, 2007) e come emerge dal-la nostra indagine. Proviamo, inoltre, ad evidenziare il modo in cui si è articolata l’azione delle élites locali, per capire il ruolo dei protagonisti dello sviluppo urbano e le loro scelte principali. Pertanto, delineiamo brevemente le principali direttrici della modernizzazione del capoluo-go cosentino nel Novecento, per comprendere meglio la condizione odierna della sua parte storica. Facciamo questo sulla base della lettera-tura esistente, privilegiando i contributi dell’analisi sociologica ed eco-nomica, senza tralasciare gli studi storici e quelli urbanistici.

L’indagine presentata in questo e nei successivi capitoli si basa su tre fonti principali di analisi. Innanzitutto i lavori già svolti sulla città di Cosenza. Riferimento principale sono le ricerche sui processi politici ed economici nella città di Cosenza condotte dagli studiosi dell’Univer-sità della Calabria. Inoltre, soprattutto con riguardo agli ultimi decenni, integriamo l’analisi con le rappresentazioni dei testimoni privilegiati intervistati nel corso della ricerca. L’indagine svolta, infatti, ha previsto la realizzazione di venti interviste semi-strutturate a soggetti che, per i ruoli che ricoprono e per il proprio vissuto esperienziale, sono portatori di una conoscenza approfondita della realtà indagata. La maggior par-te di essi opera, lavora o vive nei quartieri storici della città. Si tratta, in particolare, di soggetti afferenti alle istituzioni pubbliche (esponenti delle amministrazioni locali, dirigenti scolastici, professori universi-tari), alle professioni (architetti, ingegneri, medici, farmacisti, giorna-listi), al settore economico (titolari di esercizi commerciali), alla sfera

1 I quartieri possono essere definiti in maniera differente, a seconda dei diversi livelli di osservazione. In letteratura, essi sono intesi prevalentemente come spazio di vita, spazio di organizzazione dei servizi locali, oppure quadranti di relazioni territoriali più dense in un sistema metropolitano (Cremaschi, 2008).

Page 44: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

86 87

religiosa ed a quella associativa. Infine, a sostegno delle analisi, sono stati utilizzati alcuni dati raccolti presso l’Amministrazione comunale.

2.2. Oltre la confluenza. L’espansione urbana nella prima metà del Novecento

L’insediamento originario della città di Cosenza, oggi il cuore della sua parte storica, si situa in collina, sul fianco orientale del colle Pan-crazio, delimitato a destra e a sinistra dai fiumi Busento e Crati, circon-dato da altri colli che fanno da cintura alla confluenza dei fiumi, domi-nando, da Sud, la valle del Crati. Cosenza rimase per molti secoli entro questi confini territoriali e tendenzialmente isolata rispetto ai territori più distanti, a causa della difficile raggiungibilità. Fino alla fine dell’Ot-tocento, essa era ancora sulle fiancate del colle Pancrazio, oltre a tre piccoli borghi, quello di Porta Piana, a monte del centro storico, quello di Rivocati, lungo la sponda sinistra del Busento, e quello dei Pignatari, ai piedi del colle Triglio, senza superare la confluenza dei fiumi a valle (Cersosimo, 1991). Le alluvioni e le febbri malariche, infatti, rendevano pericoloso spostarsi e vivere in pianura. Il vincolo della barriera posta dai fiumi e il loro straripamento in occasione delle piene fecero sì che Cosenza si ampliasse con costruzioni sviluppate in altezza, ancora oggi visibili, in cui la convivenza sociale era caratterizzata dalla presenza delle persone più benestanti ai piani superiori dei palazzi e da quella delle persone di rango più umile nei cosiddetti “bassi”. Vi erano, poi, edifici di dimensioni minori oltre a case fatiscenti sia nei quartieri più poveri del centro urbano sia verso le frazioni.

Sono numerose le fonti storiche che evidenziano il bisogno della cit-tà di spingersi al di là dei suoi limiti storici. Agli inizi del Novecento, cioè nel 1901, la città contava 20.857 unità, che divennero più di 30.000 nel 1921. La crescita demografica, con l’inurbamento di popolazione proveniente dai piccoli centri circostanti, a fronte di un limitato stock abitativo esistente, costituì sicuramente una forte spinta a favore dell’e-spansione della città. Poi, il verificarsi dei terremoti, in particolare quel-lo del 1905, rese evidente la pericolosità dell’elevazione in altezza degli edifici esistenti. L’emanazione di alcune leggi speciali per la Calabria, da parte del governo centrale, in conseguenza di questo evento sismico, consentì la realizzazione delle opere di arginatura dei fiumi e di bonifica delle aree in pianura. Inoltre, la realizzazione d’infrastrutture viarie e

ferroviarie di collegamento con i territori vicini, sia sul Tirreno sia sullo Ionio, tesero a rompere l’isolamento della città e aprirono l’economia urbana verso spazi di mercato più ampi, favorendo la vocazione di città commerciale (Stancati, 1988; Costabile, 1989; Cersosimo, 1991).

Dal punto di vista economico, il centro cosentino, per molto tempo, si contraddistinse per una certa vivacità commerciale, legata preva-lentemente agli scambi con i comuni dei casali cosentini2 e ai prodotti agroalimentari provenienti dalle campagne vicine, a quelli artigianali di fabbri, falegnami, produttori di utensili. Particolarmente caratteriz-zanti, inoltre, erano le attività di produzione della seta e della lana, la lavorazione delle pelli e l’oreficeria realizzata nei piccoli laboratori lun-go il corso principale della città, l’attuale corso Telesio. La città costituì un punto di riferimento per le attività economiche rispetto a tutta l’a-rea della valle del Crati, comprensiva dei casali, e attraversata dalla via Popilia. Inoltre, essa presentava anche una connotazione e una valenza culturale, legata principalmente alla storia dell’Accademia Cosentina. Con l’unità d’Italia, Cosenza si sviluppò anche come centro amministra-tivo. Essa diventò, infatti, sede della prefettura, la quale costituiva, a quel tempo, la principale diramazione locale del sistema amministrati-vo proprio dello Stato nazionale (Bevilacqua e Placanica, 1985; Stancati, 1988).

Con l’inizio del XX secolo, iniziò a realizzarsi l’espansione della cit-tà, oltrepassando i fiumi ed estendendosi, verso Nord, sulla pianura del Crati, che intanto veniva bonificata. Nel 1912 la città si dotò del primo strumento urbanistico, il Piano Camposano. Esso prevedeva lo sviluppo di quattro nuovi quartieri lungo i fiumi e in direzione Nord: quartiere suburbano (zona Casali), quartiere Lungo Crati (rioni Pietà e Castagna), quartiere Lungo Busento (Piazza Amendola), quartiere Carmine (tra le vie Rivocati, V. Veneto, Isonzo e XXIV Maggio), i quali saranno comple-tati dopo la prima guerra mondiale (Fatica, 1982).

L’élite cittadina, all’unità d’Italia, era costituita dai proprietari di vasti terreni. I casati agrari traevano la loro ricchezza economica dai possedimenti terrieri e utilizzavano il loro potere economico per con-quistare quello politico. «La rappresentanza politico-parlamentare co-sentina era stata caratterizzata dalla netta prevalenza dell’aristocrazia

2 I casali cosentini sono piccoli centri agricoli disposti sotto forma di insediamento puntiforme sulle colline che delimitano la valle del Crati.

Page 45: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

88 89

fondiaria, in un contesto politico contrassegnato dall’assenza della par-tecipazione operaia e popolare e con un sistema elettorale fondato sul censo, che favoriva i ceti più abbienti. Potere politico e potere economi-co tendevano a coincidere ed erano simboleggiati dal notabile agrario» (Costabile, 1996, p. 25). La figura del notabile fondiario divenne centrale nel sistema sociale attraverso l’instaurazione di relazioni verticali ed asimmetriche e rapporti di dipendenza e subordinazione tra patroni e clienti (Fantozzi, 1993).

Come spiegano Fantozzi (1993) e Costabile (1996), nel tempo, l’aristo-crazia fondiaria spostò la propria residenza in città e avviò le generazio-ni più giovani all’esercizio delle libere professioni. Esse conservarono la proprietà dei terreni in campagna e, al contempo, acquisirono, in città, reddito e prestigio dalle professioni private, per poi conquistare ruoli politici. Inoltre, gli esponenti dell’aristocrazia agraria, in alcuni casi, si legarono ai notabili professionali, anche attraverso le reti matrimoniali. Nei primi anni del Novecento emersero, pertanto, nuove figure politi-che, i notabili professionali, cioè professionisti affermati che riuscirono a conquistare spazi di potere sempre maggiori fino al secondo dopo-guerra, divenendo protagonisti dell’espansione in pianura della città. Anche la rete clientelare si riconfigurò intorno a questa nuova figura del notabile cittadino, proveniente dalle attività professionali e in grado di offrire favori e servizi ai clienti, sulla base di rapporti di dipendenza personale di questi ultimi nei loro confronti.

È durante il regime fascista che si realizzò la prima vera espansione e la prima modernizzazione della città. Come in altre parti del Mezzogior-no, infatti, il fascismo si caratterizzò in senso urbano e amministrativo, in contrasto con l’antiurbanesimo ufficiale del regime, teso ad impe-dire spostamenti della popolazione dalle campagne nelle città. Cosen-za, sebbene non venne risparmiata dalla violenza e dalla repressione delle forme opposizione al regime, iniziò proprio in questo periodo il suo cammino di modernizzazione e di trasformazione sia dell’impianto urbanistico sia dei servizi, portando con sé la contraddizione del legame tra un regime violento e repressivo e la prima forma di modernità rego-lata conosciuta dalla città.

All’insegna del razionalismo architettonico tipico del regime, Cosen-za assunse il volto di una città moderna, mantenendo le caratteristiche di un centro commerciale e amministrativo. Ne sono una testimonianza

gli interventi di edilizia pubblica, gli insediamenti di case popolari e di edilizia privata, con le relative opere di urbanizzazione (Giannattasio, 1986). Come suggerisce Costabile (1989), il confronto tra la pianta della città redatta nel 1906 e quella del 1940 mostra con evidenza l’espan-sione urbana a valle dell’insediamento collinare originario. Dall’inizio dell’attuale corso Mazzini, la città si estese fino alle altezze dell’odierna piazza XI Settembre, sullo stesso corso, e fino a quelli che oggi sono i giardini pubblici e la chiesa di Santa Teresa sulla parallela via Misasi. Nel periodo tra le due guerre, grazie soprattutto alle capacità delle due figure principali del regime fascista a Cosenza – Michele Bianchi e Tom-maso Arnoni – di ottenere finanziamenti di denaro pubblico, vennero realizzati nuovi quartieri e numerose opere pubbliche: l’acquedotto del Merone; il palazzo degli uffici finanziari su corso Mazzini; il palazzo del-le corporazioni o casa littoria; il nuovo ospedale; il palazzo del Consiglio provinciale dell’economia corporativa (oggi Camera del Commercio); la casa della madre e del bambino (onMi); il palazzo oggi sede della cgil; il palazzo dell’Istituto nazionale fascista per l’assistenza degli infortuni sul lavoro (inail); il mercato coperto dell’Arenella sul Lungo Crati; nuovi edifici scolastici; la pavimentazione e l’ornamento di piazze e strade, la sistemazione delle sedi della Biblioteca Civica e dell’Accademia Cosen-tina. In direzione nord, sorsero nuovi quartieri urbani: il quartiere di “case economiche per i ferrovieri”, tra via Piave, via Isonzo, via Monte Grappa, e via Monte S. Michele; il rione Michele Bianchi, comprendente le abitazioni costruite dall’Istituto Case Popolari per i dipendenti delle poste e telegrafi; il rione Torre Alta e altri nuclei insediativi. Così, già prima del secondo conflitto mondiale, apparve evidente anche nella fi-sionomia urbana la cesura tra la città vecchia e quella nuova caratteriz-zata da strade ampie e dritte, edifici pubblici, la stazione ferroviaria, le strutture sanitarie, le residenze professionali, gli insediamenti popolari, gli esercizi commerciali, le banche e gli studi professionali (Costabile, 1989; Cozzetto, 1991).

È in questo periodo, inoltre, che la città si dotò di un secondo piano urbanistico generale, il Piano Gualano, redatto nel 1935, il quale però non venne mai approvato, lasciando in vigore il vecchio Piano Camposano. Ciò determinò un vuoto di regolamentazione proprio nel periodo di maggiore crescita della città, dal dopoguerra alla metà degli anni Ses-santa, concorrendo a generare un’espansione senza alcun controllo sul-

Page 46: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

90 91

le destinazioni d’uso, sulle tipologie d’edilizia, sulla salvaguardia degli spazi per il verde e per le attrezzature pubbliche (Giannatasio, 1989). Ci vorrà il 1972 per l’approvazione di un nuovo Piano Regolatore Generale (redatto da Marcello Vittorini), il quale, però, non riuscirà a regolare la crescita edilizia, che, nel frattempo, aveva già raggiunto i confini con i comuni limitrofi.

2.3. La grande espansione urbana e il declino dell’abitato storico. Gli anni Cinquanta e Sessanta

All’indomani della seconda guerra mondiale, gran parte della po-polazione urbana, pari nel 1945 a circa 50.000 abitanti, viveva ancora negli insediamenti del centro storico. Le disuguaglianze sociali erano evidenti sebbene la crescita del ceto medio impiegatizio e commerciale evidenziava processi di mobilità sociale. Le condizioni di povertà mate-riale erano diffuse soprattutto tra la popolazione inurbatasi di recente e occupante le abitazioni più degradate del centro storico. Come docu-menta Cersosimo (1991), tra la popolazione attiva, vi erano manovali, braccianti, piccoli artigiani e tanti lavoratori precari disposti a svolgere qualsiasi lavoro pur di ottenere un salario per i bisogni di sussistenza. Inoltre vi erano circa 5.000 persone senza lavoro, di contro agli impren-ditori e ai liberi professionisti pari a 641. La forza lavoro occupata in agricoltura era alquanto esigua, il che conferma il carattere urbano del comune cosentino. L’apparato industriale, seppure sottodimensionato rispetto alle città industriali del Centro-Nord e rispetto a tante altre città meridionali, contava più di 600 unità produttive (con più di 2.000 lavoratori), di cui alcune molto importanti, come gli impianti di ma-nufatti in cemento della Mancuso e Ferro e le fabbriche del tannino di Morelli e Marola, site nei pressi dell’abitato storico.

La prima giunta comunale democratica, formata nel 1945, e guidata dal socialista Vaccaro, non riuscì ad elaborare un nuovo piano regolato-re sebbene il governo centrale inserisse Cosenza nel secondo elenco dei comuni italiani danneggiati dalla guerra che avrebbero dovuto adotta-re un piano di ricostruzione. Successivamente, alle votazioni del 1946, che avrebbero eletto i primi consigli comunali dell’Italia democratica, si formò la giunta guidata dal sindaco Adolfo Quintieri (democristiano, in carica fino al 1948, appartenente ad un’influente famiglia), che pose gli indirizzi per la ricostruzione. L’idea guida della sua Amministrazione fu

quella di lasciare ai privati la massima libertà d’azione nello sviluppo di Cosenza, ribadendo i principi del liberismo economico e della limi-tazione dell’intervento pubblico, finalizzati, poi, nel concreto, ad una gestione clientelare dell’espansione urbana, delle attività edilizie, com-merciali e artigianali urbane (Costabile, 1989). Il Piano Tavolaro, elabora-to nel 1949 dall’ufficio tecnico comunale, non venne mai approvato, per cui, come si dirà, l’espansione urbana si realizzò in assenza di normati-ve, secondo le modalità, i tempi e le convenienze del blocco economico formatosi in città, dominato dai proprietari terrieri.

A questo punto è utile delineare brevemente la direzione assunta dai processi politici ed economici e il passaggio dalla rendita fondiaria alla rendita urbana. Costabile (1996), nella sua ricerca sul potere poli-tico nella città di Cosenza, spiega e analizza dettagliatamente questo passaggio. Come già detto, il potere si era progressivamente spostato dalla vecchia aristocrazia terriera al notabilato cittadino, che, afferma-tosi nel passaggio dall’Ottocento al Novecento, assunse completamente il potere in città nel secondo dopoguerra. I grandi proprietari terrieri, infatti, dopo la fine della guerra, mantennero inizialmente posizioni di rilevo nella vita cittadina, e accumularono ingenti ricchezze grazie alla speculazione sui suoli, ma, progressivamente, abbandonarono la vita politico-amministrativa. Negli anni Cinquanta, il processo di sviluppo della città ruotò intorno al possesso e all’utilizzo dei suoli urbani. Tale processo si svolse sotto la direzione di una élite cittadina composta dai maggiori proprietari dei circa 750 ettari di terreno nella zona nord della città, dagli amministratori locali e dagli uomini politici più influenti, da imprenditori edili, da professionisti e da burocrati pubblici. Lo svilup-po edilizio venne indirizzato sui terreni delle famiglie più influenti, ap-partenenti alla borghesia fondiaria, favorendo così, in particolar modo, alcuni dei proprietari terrieri. A trarre maggiori vantaggi furono coloro che si erano schierati con le forze politiche vincenti. Essi ottennero age-volazioni da parte di amministrazioni ed enti pubblici controllati dalla borghesia fondiaria stessa, traendo, così, ingenti profitti dallo sviluppo edilizio. I grandi proprietari terrieri riuscirono ad ostacolare l’adozione di un nuovo piano regolatore, il quale, come già detto, venne, poi, redat-to nel 1972, da Marcello Vittorini3, ratificando sostanzialmente l’edifi-

3 In merito al centro storico, il Piano di Vittorini delegava la definizione al piano parti-colareggiato, che, però, non è stato mai realizzato.

Page 47: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

92 93

cazione urbana già avvenuta. Essi, inoltre, riuscirono a condizionare le decisioni delle istituzioni politiche e amministrative, a favore dei loro interessi privati.

L’orientamento particolaristico dell’azione delle istituzioni pubbli-che fu reso possibile dal peso predominante delle appartenenze fami-liari nella vita politica. Infatti, a Cosenza come in altre città del Sud, con l’avvento dello Stato democratico, le catene familiari penetrarono nei partiti e nelle strutture burocratiche, occupandole e depotenziando il contenuto universalistico delle istituzioni pubbliche. Le strategie di potere delle élites, d’ora in poi, a Cosenza, corrisposero a quelle delle famiglie politiche che acquisirono il potere in città. Le appartenenze primarie divennero criterio di selezione delle élites politiche e fattore di legittimazione. Anche la clientela si ricostituì intorno alle famiglie politiche e, in particolare, intorno alla figura dei notabili politici, corri-spondente a dirigenti di partiti, banche o enti pubblici, che utilizzavano il potere politico per acquisire quello economico. Inizialmente, attra-verso le forme del clientelismo popolare e, poi, soprattutto attraverso il clientelismo categoriale e di rete, le classi dirigenti cittadine seleziona-te appunto su base familiare, regolarono la trasformazione urbana nei decenni successivi al secondo dopoguerra, manipolando, come detto, in senso particolaristico le funzioni delle istituzioni pubbliche (Piselli, 1981; Fantozzi, 1993; Costabile, 1996).

Il ventennio compreso tra il 1950 e il 1970 corrispose al periodo di maggiore crescita demografica ed edilizia della città. Nel primo decen-nio, la popolazione di Cosenza passò da 57.086 a 78.941 abitanti (+38,3%) e nel decennio successivo, 1961-1971, aumentò di oltre 23.000 unità (+29%), raggiungendo così nel 1971 la quota di 102.080 residenti. Questo incremento fu dovuto al saldo naturale di segno positivo e soprattutto al saldo migratorio, cioè all’inurbamento di quote crescenti di popola-zione proveniente dalle aree rurali. Nello stesso arco temporale, si veri-ficò la più estesa espansione edilizia della città. Infatti, dal 1951 al 1961, furono costruiti circa 4.000 fabbricati e, successivamente, dal 1961 al 1971, altri 8.500 (con una crescita dell’edilizia convenzionata e coopera-tivistica) (Cersosimo, 1991). Si può dire che gli anni Cinquanta segnano una vera e propria frattura nello sviluppo urbano, nel momento in cui la spinta all’espansione e le rendite di posizione dei terreni generarono

un ribaltamento di quelle che sono le funzioni e i rapporti tra la città storica e il resto del territorio urbano.

Le analisi sociologiche ed economiche, a cui si è fatto riferimento in queste pagine, illustrano analiticamente i molteplici fattori esplicativi della crescita demografica e dell’espansione urbanistica. Innanzitutto, l’inurbamento della popolazione proveniente dai paesi della provincia; questa propensione è da collegare alla riduzione della popolazione atti-va in agricoltura, ai processi di mobilità sociale e comunque alle nuove opportunità di lavoro offerte in città sia nel settore dell’edilizia e nel suo indotto, sia nella pubblica amministrazione e nel commercio, e, an-cora, agli standard di vita e di servizi proposti dalla città. A tutto questo si legò l’interesse speculativo dei proprietari dei suoli urbani. Come già detto, il possesso e l’utilizzo dei suoli costituirono un importante fattore di potere in città. In concomitanza con l’espansione urbana si verificò la tendenza, soprattutto da parte delle famiglie più benestanti, ad abban-donare il centro storico e a spostarsi nei nuovi quartieri in costruzione a valle. Ciò determinò dei cambiamenti nella popolazione del centro storico, il quale venne abitato soprattutto dalle persone e dalle famiglie inurbatesi dalla provincia circostante, prendendo il posto degli abitanti originari sempre più attratti dal nuovo sviluppo della città. Negli anni Cinquanta e Sessanta, pertanto, il centro storico era ancora abbastanza popolato. La popolazione era perlopiù costituita dai nuovi strati sociali inurbatasi, mentre le élites cittadine si spostarono nei quartieri di più recente edificazione.

Come in diverse città del Sud d’Italia e in contraddizione con il mo-dello classico della modernizzazione in Occidente, la crescita urbana si è realizzata in assenza di un autentico processo di industrializzazione e si è basata sempre di più sulla presenza del settore pubblico nell’e-conomia. Il circuito di interessi che si determinò in città risultò fun-zionale allo sviluppo del settore delle costruzioni ma non favorì l’avvio di altre dinamiche produttive. Lo sviluppo del terziario, nei comparti delle attività commerciali, di quelle creditizie e assicurative, nei servizi pubblici e nella pubblica amministrazione, ha reso Cosenza un centro commerciale e burocratico (Cersosimo, 1991). Alla base della crescita del commercio, delle strutture creditizie e assicurative e degli altri ser-vizi vi sono stati i flussi di spesa pubblica (cioè i trasferimenti monetari sotto forma di salari e stipendi a dipendenti pubblici, pensioni, sussidi e

Page 48: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

94 95

contributi a persone e imprese), spesso oggetto, come si è già detto, di manipolazione e di distribuzione clientelare.

Sembra rilevante porre l’attenzione brevemente sullo sviluppo dell’edilizia sociale. Come evidenzia Costabile (1996), l’Istituto Autono-mo Case Popolari svolse un ruolo significativo nello sviluppo edilizio ur-bano, sia per la localizzazione dei terreni sia per la quantità di abitazioni costruite. La sua attività non fu esente da logiche speculative, per la scelta strategica dei suoli, e da dinamiche clientelari legate alle abitazio-ni da occupare e alla selezione delle famiglie destinatarie degli alloggi. A metà degli anni Sessanta, con la prima giunta di centro-sinistra, guidata dal sindaco democristiano Mario Stancati, furono approvati il program-ma di fabbricazione, il regolamento edilizio e le norme di attuazione per l’implementazione della legge 167 del 1962 sull’edilizia economica e popolare. L’edilizia pubblica diventò un settore rilevante nel corso degli anni Sessanta e continuò ad esserlo negli anni Settanta, dopo l’approva-zione del Piano Regolatore della città, il quale tese a ridurre gli spazi di discrezionalità in materia urbanistica.

Nel complesso, nel ventennio cruciale per lo sviluppo della città, quello che intercorre tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del No-vecento, si realizzò una crescita intensa della città, in assenza di rego-lamentazione urbanistica secondo logiche di massimizzazione delle rendite e dei profitti legati all’edilizia, in cui la speculazione edilizia ha sfruttato senza limiti le nuove aree di espansione, generando, spesso, zone che sono più simili ad agglomerati che a quartieri urbani funzio-nali per una buona qualità della vita.

2.4. L’abbandono ed il degrado della città antica. Gli anni Settanta e Ottanta

Il ciclo di sviluppo urbano caratterizzato dagli alti indici di crescita demografica ed edilizia iniziò a concludersi alla fine degli anni Sessan-ta. Gli anni dal 1971 al 1981, infatti, corrisposero ad un periodo di sta-si demografica e di rallentamento dell’attività edilizia. Dagli inizi degli anni Ottanta ebbe inizio un’inversione di tendenza, ossia una contra-zione demografica (dal 1981 al 1991 la popolazione si ridusse da 106.801 a 86.664 unità), dovuta sia all’attenuazione della crescita naturale della popolazione sia al saldo migratorio negativo (-11.300 abitanti), che in-

dica l’abbandono del capoluogo cosentino come zona di residenza, per spostarsi verso i piccoli centri vicini.

Iniziò a configurarsi sul territorio un’estesa area urbana compren-siva dei comuni limitrofi, che cominciarono a crescere velocemente e intensamente. Infatti, mentre Cosenza, tendeva a perdere la sua capaci-tà di attrazione della popolazione, persone e famiglie si insediavano nei comuni dell’hinterland urbano, come Rende, Mendicino, Castrolibero, Carolei, Rovito, protagonisti una fase di espansione demografica ed edi-lizia, a cui si accompagnava una crescente dotazione di servizi per la popolazione.

La perdita di quote di popolazione e la crescita dei comuni circostan-ti si tradussero, per il capoluogo cosentino, anche in una sottrazione di molte funzioni direzionali e quindi in una riduzione del suo ruolo dirigente nei confronti delle altre realtà territoriali. Infatti, diverse fun-zioni legate all’economia, all’istruzione universitaria, alla rete commer-ciale e dei servizi vennero spostate in periferia. A tal proposito, non si può non menzionare l’insediamento, nel 1972, dell’Università della Calabria nel comune di Rende, generatrice, in questo territorio, di una forte spinta residenziale ed edilizia, continuata nei decenni successivi, fino a realizzare una conurbazione lineare con il capoluogo cosentino.

Nello stesso periodo, dal punto di vista economico-produttivo, Cer-sosimo (1991) evidenzia l’ulteriore diminuzione delle attività industria-li, in particolare quelle manifatturiere, con la sola eccezione del settore edilizio, in attivo per la crescita urbana dei comuni limitrofi. A crescere, come suddetto, erano le attività di commercio, trasporti, credito e assi-curazioni, le quali poggiavano sulla crescita del reddito e della doman-da, a sua volta legata alla grande espansione del settore pubblico e ai trasferimenti monetari del welfare state nazionale.

L’attività edilizia diventò pertanto prevalentemente pubblica e gli insediamenti vennero realizzati nelle zone più estreme del territorio, ad Est in via Popilia, a ridosso del fiume Crati, e ad Ovest, nella zona collinare e nella piana di San Vito. Gli effetti dei progetti di edilizia so-ciale in città sono così esplicitati da Cozzetto (1991, pp. 226-227): «Si crearono, quartieri popolari del tutto staccati dal resto della città nuo-va, poiché raggiungere via Popilia era reso difficile dalla presenza del rilevato ferroviario che portava alla stazione cosentina, emarginando dalla vita civile decine di migliaia di persone, appartenenti ai ceti meno

Page 49: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

96 97

abbienti. Si perse così uno dei caratteri più tradizionali della vita sociale nella città vecchia: nei vari piani degli edifici (dal basso fino alla soffit-ta) famiglie appartenenti a ceti sociali diversi costituivano una tela di rapporti e di solidarietà con positivi effetti in termini di aggregazione sociale. La nuova identità urbana, con una divisione per quartiere forte-mente classista, si produsse peraltro anche nella città vecchia, in cui alla fuga dei ceti borghesi verso la città nuova, corrispose l’insediamento nei vecchi edifici di famiglie di recenti immigrati, in orbita di parcheg-gio in attesa di una sistemazione nei nuovi quartieri popolari. Le scelte del centro-sinistra, sul piano dell’edilizia popolare, ebbero perciò effet-ti contraddittori: soddisfecero in buona misura la fame di case a basso prezzo dei ceti popolari, ma crearono le premesse per gravi problemi di degrado urbano e di emarginazione sociale nei nuovi quartieri popola-ri». Espressione di questo disagio, nei decenni successivi, fu la crescita dei fenomeni di criminalità che aveva le sue radici proprio nell’emargi-nazione dei quartieri di via Popilia e di via degli Stadi e si alimentava sia attraverso il taglieggio delle attività commerciali sia mediante il merca-to degli stupefacenti (Arlacchi, 1983 in Cozzetto, 1991).

Negli anni Ottanta, al crollo demografico, alla perdita della capacità produttiva e di molte delle funzioni direzionali, si aggiunsero fenome-ni di degrado crescente riguardanti il peggioramento della qualità dei servizi e della vita urbana in generale e consistenti nello scarso funzio-namento dei servizi pubblici, nelle condizioni del traffico e dell’inqui-namento, nelle carenze degli spazi pubblici e delle strutture ricreative che peggiorarono la qualità della vita in città. I fenomeni di degrado ur-bano interessarono, in particolar modo, alcune aree della città. Infatti, soprattutto in questi anni si rese evidente il fenomeno della decadenza, in senso urbanistico e sociale, dei quartieri del centro storico e delle periferie. Costabile (1996, p. 119) evidenzia come «questi quartieri nei quali [risiedevano] molte migliaia di persone [vivevano] in uno stato di quasi abbandono dal punto di vista delle strutture e dei servizi pubblici; in essi [erano] presenti abitazioni popolari di recente costruzione, ma già degradate, insieme a vecchie costruzioni, per lo più fatiscenti. In tale contesto, la criminalità organizzata [era] riuscita a mettere radici, accumulando ricchezze provenienti da diversi reati, come l’estorsione, l’usura, il traffico di armi e di droga, la prostituzione». Contemporane-amente alla modernizzazione che ha interessato la parte nuova di Co-

senza, la città vecchia fu progressivamente abbandonata (Bevilacqua, Placanica, 1985). La città storica si svuotò della sua popolazione residen-te, delle attività produttive e degli interessi pubblici. Gli spazi pubblici storici subirono un evidente degrado, furono emarginati dalla program-mazione dei nuovi servizi e dalla vita urbana che si svolgeva fuori dal vecchio centro (Melia, Minervino, 2015).

2.5. La rinascita del centro storico e i limiti del processo di rigenerazione. Gli anni Novanta e gli inizi del Duemila

Agli inizi degli anni Novanta, con il crollo, a livello nazionale, dei partiti tradizionali di centro-sinistra, attraverso cui si erano riprodotte le élites cittadine per circa un cinquantennio, a Cosenza, dopo un perio-do d’instabilità governativa, nel 1993, in occasione delle prime elezioni con il nuovo sistema elettorale basato sull’elezione diretta del Sindaco, furono nuovamente i sistemi familiari, con i loro esponenti, ad essere protagonisti della competizione politica. A vincere fu Giacomo Mancini senior, sostenuto da due liste civiche e da alcuni settori del pDs e del psi, dimostrando ancora la tenuta dei legami tra famiglie e politica. La sua posizione venne riconfermata alle consultazioni elettorali del 1997, che gli permisero di continuare l’attività amministrativa (Costabile, 2009; Montesanti, 2010).

La sua elezione e la sua sindacatura si inseriscono nella “stagione dei nuovi sindaci”, successiva alla legge n. 81 del 1993, che introdusse l’ele-zione diretta del primo cittadino. Dalla riforma è scaturito un processo di innovazione relativo al sistema politico subnazionale e alle modalità di azione del governo locale. In particolare, la riforma istituzionale ha dato una nuova valenza alla dimensione locale, come contesto regola-tivo capace di incentivare processi di sviluppo (Burroni et. al., 2009). Più in generale, si tratta di un processo su scala europea che vede un ridimensionamento dello Stato a fronte di un ritorno sulla scena delle città, che sono fulcri delle politiche di sviluppo locale. Per le città, an-che quelle medie e piccole, si sono aperte nuove opportunità di diveni-re protagoniste attive, soggetti di azione politica, attori protagonisti e propositivi di sviluppo, spazi significativi dell’organizzazione politica e sociale (Le Galès, 2006; Piselli, 2005; Sebastiani, 2007).

L’orientamento dominante nell’azione delle istituzioni politiche ur-bane divenne la riqualificazione, attraverso cui le città provarono a ri-

Page 50: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

98 99

pensare il proprio patrimonio territoriale e quello edilizio. Emerse una logica di intervento basata sui progetti. I programmi di riqualificazione riguardarono spesso le periferie, con progetti spesso puntuali, concer-nenti singole funzioni, luoghi specifici, singoli gruppi di residenti (Mar-tinelli, 2007). In questo quadro l’Amministrazione comunale di Cosenza diede inizio ad un’azione di recupero dell’insediamento storico, pro-muovendo diverse iniziative, puntando sulla riacquisizione del senso identitario che passava attraverso il patrimonio storico della città, sul recupero dei valori e delle funzioni del centro storico e provando a cata-lizzare gli interessi intorno a questa idea di rigenerazione urbana.

Già negli anni Ottanta era iniziato il recupero di alcuni beni archi-tettonici importanti, come la sede della Provincia, il vecchio tribunale, diventato sede della Galleria Nazionale, e un antico edificio dove fu isti-tuita la Biblioteca Nazionale. La Sovraintendenza, compatibilmente con la disponibilità dei fondi ministeriali distribuiti sulle provincie calabre-si, aveva avviato azioni di recupero dei beni architettonici sottoposti a vincoli, attivando anche piccoli interventi per recuperare le urgenze. Sulla base dei finanziamenti disponibili, furono restituiti alla fruizio-ne pubblica importanti plessi architettonici sottoposti a tutela, come quelli menzionati. L’assenza di vincoli sulla proprietà privata impedì l’intervento istituzionale sul patrimonio immobiliare privato, la cui estrema parcellizzazione della proprietà non facilitava le possibilità di intervento. Ancora oggi, il grosso rischio per il centro storico è proprio costituito dagli edifici privati: la proprietà suddivisa tra numerosissimi proprietari che non hanno disponibilità finanziaria o interessi a concor-rere alla spesa di riqualificazione fa sì che gli edifici restino abbandonati a se stessi, pur avendo bisogno di continui interventi manutentivi e di riparazione, di tipo preventivo (t.p4.1).

L’opinione degli intervistati è tendenzialmente unanime nel ricor-dare gli anni Novanta, sotto la guida di Giacomo Mancini quale Sinda-co della città, come un momento di cambiamento e, in particolare, di rivitalizzazione per il centro storico di Cosenza. Il recupero della città antica fu, infatti, al centro dell’attività del sindaco Mancini, il quale tor-nò egli stesso ad abitare nel cuore antico della città, comunicando in tal modo un forte segnale anche di natura simbolica e mantenendo una re-

4 La sigla t.p. sta per testimone privilegiato.

lazione più vicina con gli abitanti dei quartieri storici. Il tema del centro storico della città diventò oggetto di dibattiti, richiamando l’attenzione di diversi interlocutori. Venne realizzata anche un’indagine analitica di rilievo storico-architettonico, che, però, non diventò, poi, riferimento per la pianificazione degli interventi da realizzare e per l’elaborazione di un progetto complessivo di recupero dell’abitato storico. Evidenza di un rinnovato interesse per il centro storico di Cosenza, considerato nelle sue valenze storico-culturali e nelle sue potenzialità di generare un indotto economico per la città, fu la proposta di legge in Parlamento (n.2308, 25 settembre 1996), per la tutela, la ristrutturazione e la valoriz-zazione dell’insediamento storico, riguardante in particolare il recupe-ro del patrimonio edilizio pubblico e degli edifici di proprietà di privati cittadini. A fronte dello stato di abbandono e di degrado in cui versava la città antica e della frammentarietà della normativa esistente in materia di urbanistica ed edilizia, venne avanzata la richiesta di un intervento normativo necessario e urgente e la proposta di un programma di in-tervento, la cui regia sarebbe spettata all’Amministrazione comunale, di concerto con gli altri attori istituzionali e con il coinvolgimento degli operatori privati, anche per la sostenibilità finanziaria degli interventi.

Una delle prime iniziative intraprese dall’Amministrazione guidata da Mancini, già nel dicembre del 1993, fu quella di assegnare delle ri-sorse finanziarie, sotto forma di contributi (per un massimo di trenta milioni di lire ciascuno), a chi volesse acquistare o intervenire con ope-re di ristrutturazione nel centro storico, sia come residenze sia come esercizi commerciali. Il successo di questa iniziativa, inizialmente sulla base di una delibera di impegno di spesa, contrariamente a quanto era avvenuto in passato, quando la disponibilità di incentivi ad intervenire nel centro storico non era stata recepita con la stessa intensità, è da ricondurre – secondo il racconto dei nostri interlocutori – al senso di vicinanza da parte dell’istituzione pubblica e all’efficacia della comu-nicazione relativa all’idea di voler recuperare il centro storico, quale parte costitutiva della città, con una serie di interventi “cumulativi”, rivolti sia agli spazi pubblici, come le strade e le piazze, sia ad importan-ti contenitori culturali, unitamente alla notevole semplificazione pro-cedurale per poter ottenere i finanziamenti disponibili. Altro elemento significativo fu quello dell’insediamento di un presidio di sicurezza sul corso Telesio, con la caserma dei carabinieri, la quale rappresentò un

Page 51: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

100 101

segnale di legalità molto importante, in un quartiere caratterizzato, so-prattutto negli anni Ottanta, da fenomeni di delinquenza e criminalità. Pur non potendo costituire certamente un intervento risolutivo di que-sti problemi, si trattò sicuramente di un elemento che comunicava la credibilità dell’Amministrazione pubblica rispetto all’impegno e ai pro-grammi di intervento nel centro storico.

Nello stesso periodo, Cosenza venne ammessa nel PicUrban che, ne-gli anni successivi, costituì «il motore finanziario dell’attuazione del programma dell’Amministrazione e lo strumento per il rilancio d’im-magine della città» (Soda, 2002). I programmi Urban furono approvati per la prima volta dall’Unione Europea nel 1994 e interessarono città e quartieri con maggiori rischi di povertà ed esclusione sociale. Essi si basavano su un approccio integrato, che, accanto al recupero edilizio, prevedeva lo sviluppo di nuovi servizi, rivolti a fasce di popolazioni svantaggiate, implementando attività educative e di formazione pro-fessionale. È opportuno, dunque, soffermare l’attenzione sul Programma Urban nella città di Cosenza (Cremaschi, 2000). Lo facciamo principal-mente attraverso il racconto di alcuni intervistati, i quali spiegano le ragioni alla base delle scelte operate dall’Amministrazione comunale. Il riferimento principale è alle indicazioni provenienti dall’Unione Euro-pea per la realizzazione di interventi circoscritti ad un’area limitata del-la città e tali da ottenerne gli effetti in un arco di tempo relativamente breve. La scelta operata non riguardò soltanto un quartiere o una parte circoscritta della città come il centro più antico, ma venne proposto un piano riguardante una fascia continua che comprendeva l’insediamento storico e si prolungava lungo l’asse di via Popilia.

Il Programma Urban costituì un’importante occasione per acquisire finanziamenti. Secondo il racconto di un nostro intervistato, l’ipotesi di concentrare la programmazione solo sul centro storico fu considerata rischiosa, temendo una regressione dei processi avviati e un’incidenza limitante rispetto agli effetti che avrebbero potuto esserci tra il centro storico e il resto della città. Inoltre, emerse la necessità di dare una for-ma complessiva alla città, che, pur essendo stata oggetto di molti piani, era cresciuta in assenza di regolazione, poiché gli strumenti di pianifi-cazione non erano stati mai attuati5. Per espandere la città in modo da

5 Nel 1995 venne approvato il Piano regolatore generale, il quale «chiude la lunga fase di crescita senza governo degli anni ’60 e ’70 e il successivo decennio di blocco

raggiungere una dimensione tale da darle maggiore rilevanza, la zona ancora disponibile in piano era quella corrispondente al lato est, com-presa tra un antico rilevato ferroviario e il fiume Crati. Con le parole di un nostro interlocutore, una zona degradata e talmente incidente negativamente sul resto della città che sembrava essere addirittura l’e-sigenza principe per avviare il cambiamento (t.p.2). C’è anche da dire che alcuni intervistati hanno ricordato l’avvio, precedente al Programma Urban, di una serie di iniziative di riqualificazione di alcuni spazi pub-blici nei quartieri popolari esistenti sulla via Popilia, successivamente inglobate e finanziate attraverso il Programma Urban.

L’attenzione dell’Amministrazione comunale si concentrò sul re-cupero del centro storico e sulla realizzazione del nuovo asse di colle-gamento nord-sud, lungo il quale la nuova espansione avrebbe dovuto completare l’area urbana. Il centro storico e la via Popilia rappresenta-vano due quartieri problematici della città, «investiti da processi di spo-polamento, disfacimento fisico, regresso sociale ed economico, degrado edilizio ed urbanistico (il centro storico), emarginazione, assenza di ser-vizi, criminalità, esclusione sociale, squallore (via Popilia)» (Soda, 2002).

I lavori, dunque, iniziarono con la realizzazione del viale Parco e con l’eliminazione della barriera ferroviaria che, dal lato della via Popilia, impediva l’accesso alla città, diminuendo la connessione del quartiere rispetto alla città. Alcuni anni dopo l’avvio degli interventi nel centro storico, ebbe inizio in città un’ulteriore espansione edilizia, che diede origine all’edificazione lungo il nuovo asse viario, viale Parco, concepi-to come «ambito di riqualificazione, elemento di ricucitura (del tessu-to urbano), spazio di relazione tra i quartieri centrali e la periferia est, piuttosto che come direttrice di ulteriore espansione monodirezionale» (Soda, 2002). La città acquisiva così una nuova morfologia, con la crea-zione di un asse stradale di collegamento e l’edificazione di nuovi edifici residenziali.

C’è da aggiungere che, contemporaneamente al Piano Urban, l’Am-ministrazione comunale intraprese un programma di recupero urbano attraverso fondi regionali e riguardante ancora la fascia lungo la via Popilia, il fiume e la zona di Sant’Antonio dell’Orto, dove vennero av-

dell’edilizia e delle trasformazioni, codificando dal punto di vista normativo la visio-ne manciniana del futuro della citta» (Soda, 2002).

Page 52: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

102 103

viati interventi. La disponibilità finanziaria, inizialmente limitata, non costituì più un limite, visto che ci fu un ulteriore e notevole afflusso di risorse (t.p.2).

I Programmi di iniziativa comunitaria Urban, in generale, prevede-vano interventi di riqualificazione degli spazi aperti, di recupero a fini sociali di edifici pubblici e azioni di sostegno alle imprese. Oltre al re-cupero strutturale di diversi edifici, si possono indicare, quali attività principali promosse e sostenute dall’Amministrazione comunale nel centro storico, la ripresa della vita culturale, creando una rete di con-tenitori culturali, e la movida notturna, favorendo l’apertura di negozi, bar, pub, ristoranti. L’attività di recupero degli edifici si svolse princi-palmente lungo la direttrice principale, il corso Telesio, dove vennero aperti, grazie alla formula dei finanziamenti, locali rivolti soprattutto alla vita notturna. Ebbe inizio un’intesa frequentazione del centro stori-co, con una grande flusso, soprattutto di giovani, che si riversava lungo il corso principale. Alcuni intervistati ricordano e descrivono quel pe-riodo di vivacità in questo modo:

La sera era difficile non trovare giovani, c’era un continuo via vai in quelli che potevano essere anche solo i percorsi principali, ma, comunque, un momen-to di attenzione, di attivazione di un interesse soprattutto nelle fasce giovanili. Cosa che poi si è perduta, qualcosa si riesce ad attivare anche oggi, però è venuto meno lo spirito partecipativo (t.p.1).

Quella vita notturna che comunque una volta c’era, che consentiva perlome-no di fare sapere ai ragazzi che quella parte esisteva e che tu potevi andarci, che non ti dovevi spaventare ad andarci (t.p.12).

Dal punto di vista culturale (Dionesalvi, 2008), simbolo del centro storico quale polo culturale attivo, fu sicuramente la Casa delle cultu-re, inaugurata nel 1997, nella sede ristrutturata del vecchio Municipio, sempre lungo il corso Telesio. La Casa delle culture (il sostantivo “cultu-re”, declinato al plurale, indicava la moltiplicazione dei linguaggi, l’in-crocio tra culture diverse) divenne il luogo in cui potevano incontrarsi tutti i circoli culturali e artistici della città, attraverso un uso polivalen-te e un meccanismo di rotazione della disponibilità delle sale, che favo-riva, in maniera positiva, l’interscambio, l’incontro tra gruppi diversi,

l’incrocio tra fermenti e culture differenti. Questa idea d’interculturali-tà era anche al centro del Festival delle invasioni, inteso, anch’esso, come occasione di incontro e contaminazione tra culture diverse, lanciando un messaggio in antitesi rispetto ad ogni tipo discriminazione (etnica, religiosa, territoriale, ecc.).

Il modello Casa delle culture è diventato qualcosa di cui si è parlato in quegli anni, proprio per questo discorso che la Casa delle culture è di tutti e di nessuno, in cui tutte le culture hanno diritto di accesso ma nessuno ha la predominanza . Questo modello un po’ paritario, di interscambio, di contaminazione tra tutte le culture è una cosa che ha funzionato. E la festa delle Invasioni si è mossa un po’ lungo la stessa linea, su un piano più spettacolare ovviamente, sul tempo libero, […] però cercando sempre di mantenere questo discorso delle contaminazioni culturali, delle etnie diverse che lavorano insieme, che s’incontrano, che scam-biano contenuti, idee, progetti (t.p.4).

Ad ospitare le iniziative culturali cittadine erano poi le sedi degli altri presidi culturali ubicate nel centro storico come le biblioteche, i teatri, i musei. Presero avvio, inoltre, alcuni tentativi di trasferimento di attività universitarie nei quartieri storici, destinando ad esse alcuni importanti edifici storici, ristrutturati come residenze universitarie o per altri usi, promuovendo degli accordi con l’Università della Calabria.

Dal punto di vista infrastrutturale, è opportuno menzionare alcune opere avviate in quegli anni, di cui alcune sono ancora in fase di comple-tamento Tra queste, le scale mobili, il ponte progettato dall’architetto Calatrava e il Planetario, la ristrutturazione dell’ex stazione di piazza Matteotti, il parco fluviale del Crati. Il nuovo ponte sul Crati collegherà il centro città con la zona est, Gergeri, sede di interventi di riqualifica-zione urbana, originariamente occupata dall’insediamento della comu-nità rom cosentina, trasferita in altre zone della città.

Come si è detto, il Programma Urban prevedeva interventi di riqualifi-cazione sociale relativi contemporaneamente a strutture e popolazioni residenti. Di particolare rilievo fu, dunque, l’integrazione degli inter-venti succitati con l’integrazione di politiche di welfare locale, rivolte all’inserimento lavorativo, attraverso la costituzione di cooperative in convenzione con il comune, attraverso cui soggetti svantaggiati aveva-no la possibilità di svolgere attività lavorative per la pulizia e la manu-

Page 53: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

104 105

tenzione del verde, al fine di qualificare e specializzare successivamente i soci lavoratori e favorire la collocazione delle cooperative nel mercato del lavoro. Una forma di coinvolgimento delle persone che coniugava l’inserimento lavorativo con la cura dello spazio pubblico.

Nel complesso, l’investimento, da parte dell’Amministrazione co-munale, nel recupero dei quartieri storici venne considerato come una scommessa difficile. «Luogo leggendario, marcatore di identità della città, ricca di valori storici e artistici, spopolata, degradata e senza at-tività economiche, ma ancora sede di funzioni urbane importanti (la Prefettura, l’Amministrazione provinciale, il Teatro comunale, il Liceo classico Telesio, la direzione della Cassa di Risparmio), la città vecchia [appariva], quando Urban [venne] lanciato, come uno spazio senza fu-turo e senza interesse » (Soda, 2002). Da parte degli analisti, nell’im-mediato, il bilancio fu positivo (Sebastiani, 2007; Soda, 2002). Alla chiu-sura del Programma Urban, nel 2001, il centro storico era ravvivato da attività commerciali e di ristorazione lungo il corso Telesio, come già detto, animato soprattutto nelle ore notturne. «È un mutamento delle prospettive e delle rappresentazioni. Per la città, la riconquista del cen-tro storico, che Urban lascia solo intravedere ma che fino a pochi anni prima non era nemmeno concepibile, significa reinvezione del milieu, ricostruzione dell’identità, civicness. Ovviamente molti problemi riman-gono sia nella città vecchia sia nella periferia» (Soda, 2002).

Verso la fine degli anni Novanta, inoltre, si acquisirono i finanzia-menti per la realizzazione di un contratto di quartiere che corrispose al quartiere Santa Lucia, uno dei nuclei originari di Cosenza sul colle Pancrazio, un’area corrispondente ad una superficie di 5.870 metri qua-drati. I contratti di quartiere sono strumenti urbanistici, programmi fina-lizzati ad incrementare, con la partecipazione di investimenti pubblici e privati, la dotazione infrastrutturale di quartieri degradati in zone con disagio abitativo e occupazionale. I piani di recupero consentivano ope-razioni di restauro conservativo di singoli edifici, manutenzione degli stessi, interventi di consolidamento, bonifica idro-geologica, realizza-zione di servizi a rete, adeguamento tecnologico. Le destinazioni d’uso ammesse erano quelle di residenze, servizi pubblici e privati, attività direzionali, culturali e religiose, commerciali e artigianali, ricreative. L’intervento oggetto del progetto riguardò, in particolare, cinque edifi-ci di tipo residenziale, di cui tre da destinare alla realizzazione di alloggi

di edilizia sovvenzionata pubblica, uno ad una destinazione polivalente legata alla rivitalizzazione del tessuto sociale del quartiere, e, infine, un altro da demolire, poiché in stato di pericolo, e per poter realizzare una piazza nello spazio rimanente. Il progetto ottenne un finanziamento pari a circa otto miliardi di lire. A questo finanziamento e agli interventi suddetti si aggiungevano risorse e interventi da parte dell’amministra-zione comunale stessa (per un importo di circa due miliardi di lire) e dall’aterp (per una somma di cinquecento milioni di lire)6. Il contratto di quartiere Santa Lucia rappresenta un progetto di rigenerazione urbana avviato ma non completato dall’Amministrazione comunale.

Negli anni successivi, questo processo di rinascita e rivitalizzazio-ne del centro storico si interruppe. La vivacità culturale che animava il centro storico perse l’intensità propria di quel periodo7. Non si riuscì, infatti, ad invertire il flusso in uscita degli abitanti, riportando nuovi residenti (l’unica eccezione riguarda la zona delle Paparelle e quella nei pressi del Liceo Classico Telesio). La popolazione giovanile si spostò in altri luoghi della città. Le opere di ristrutturazione degli edifici si ferma-rono. Molte attività commerciali non riuscirono a sopravvivere. Il con-tratto di quartiere, nella zona di Santa Lucia, dove era stato avviato e in parte realizzato il recupero di importanti palazzi, si bloccò. Sono queste soltanto alcune evidenze della perdita d’intensità dell’azione propulsi-va di sviluppo avviata negli anni Novanta. Il processo di periferizzazio-ne, di cui si delineeranno i tratti nel prossimo capitolo, continuò, con un’ulteriore perdita di popolazione, di funzioni urbane, di servizi, con l’impoverimento progressivo degli abitanti.

Non entriamo nel merito di una valutazione degli interventi realiz-zati e descritti in precedenza. Ci limitiamo ad esporre le opinioni degli intervistati rispetto ai principali limiti e alle difficoltà che hanno impe-dito l’innescarsi di un processo di recupero dell’insediamento storico della città e di rigenerazione del suo tessuto sociale.

Diversi intervistati hanno evidenziato la durata dell’esperienza am-ministrativa, cioè l’arco di tempo in cui ha governato il sindaco Manci-ni, come fattore determinante dell’arresto del cambiamento nella zona

6 I dati sono tratti dalla documentazione fornitaci dall’Amministrazione comunale.7 In particolare, l’attività della Casa delle culture si è impoverita e l’edificio stesso non

è stato oggetto dei necessari interventi di manutenzione, per cui oggi alcune delle sale sono chiuse.

Page 54: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

106 107

storica. Sarebbe stato necessario più tempo per far sì che esso si au-toalimentasse e si estendesse a quegli aspetti, come la residenzialità, l’offerta di servizi, il disagio sociale esistente nei quartieri del centro storico. La variabile tempo costituisce, secondo gli intervistati, anche la motivazione principale per cui la maggior parte delle attività di re-cupero e rivitalizzazione si concentrarono lungo direttrice principale dell’insediamento storico, ossia il corso Telesio, sebbene sia stato fatto notare che gli interventi di riqualificazione fossero iniziati anche sulle traverse, allo scopo di penetrare all’interno dell’abitato storico (t.p.2).

Un altro dei fattori menzionati è la mancata sinergia tra gli attori pubblici e quelli privati, in particolare gli imprenditori edili. Una delle difficoltà incontrate dall’Amministrazione comunale fu quella di solle-citare maggiormente l’intervento degli imprenditori edili, nonostante – secondo le parole di uno dei nostri intervistati – un’azione “pressan-te”, da parte dell’allora sindaco Mancini. Fu proprio la mancata parte-cipazione dei costruttori nell’opera di recupero dell’insediamento sto-rico – sempre nella visione del nostro interlocutore – uno dei principali motivi dell’inversione di tendenza e della regressione del processo di rivitalizzazione del centro storico iniziata con la fine dell’Amministra-zione Mancini.

Ci si aspettava che, una volta avviato il meccanismo di recupero del centro storico, tutto avvenisse in maniera automatica e, soprattutto, i costruttori si sentissero stimolati a fare interventi pesanti […] anche su grandi contenitori di qualità, come i palazzi nobiliari, i monasteri, i palazzi istituzionali (t.p.2).

All’attività dell’Amministrazione comunale non si è coniugato l’inte-resse imprenditoriale autonomo per il recupero del patrimonio edilizio.

È difficile individuare una sensibilità […] si è visto anche negli anni più re-centi, con la crisi, quando è stato approvato il nuovo piano regolatore, quindi parliamo del Febbraio 1996, sono partite le operazioni di costruzione sulla parte nuova della città, in maniera anche eccessiva tanto è vero che ne stanno pagan-do le conseguenze pesantemente, quindi diciamo che la sensibilità culturale non albergava in maniera particolare (t.p. 2).

Così, l’intervento realizzato lungo il viale Parco ha rappresentato il

tentativo di ricostruire un’immagine di città moderna, recuperando le aree del rilevato ferroviario e dotando la città di un asse funzionalmen-te idoneo a collegare il territorio, ma, in realtà l’antica via romana, via Popilia, la direttrice originariamente utilizzata per il controllo militare e politico del territorio e, soprattutto, dal punto di vista economico, per il transito e lo scambio di risorse, è diventata un discorso di tipo im-prenditoriale (fermandosi ai confini di Rende, a causa delle difficoltà di costituire delle relazioni intercomunali) contemporaneamente agli incentivi per il recupero del patrimonio abitativo nella città antica, è ac-caduto che l’antica via romana, originaria direttrice per il controllo mi-litare del territorio e utilizzata per il transito delle risorse economiche, è diventata oggetto di un discorso di tipo imprenditoriale (t.p.1), e luogo su cui è stata realizzata un’edilizia di dubbia qualità e scarsa innovazio-ne. Se, infatti, da un punto di vista urbanistico, la città ha acquisito una morfologia più completa, in termini di qualità degli interventi realizzati il risultato è inferiore alle aspettative degli stessi pianificatori (t.p.2).

C’è da aggiungere, che le iniziative promosse dall’Amministrazione comunale affinché si riacquisisse la consapevolezza di quello che poteva essere il significato e il valore dell’abitato storico, sebbene siano state rilevanti, probabilmente anche a causa del fattore tempo, non riusciro-no a sollecitare a generare una spinta alla residenzialità, la cui doman-da avrebbe poi potuto invogliare gli operatori del settore dell’edilizia a trasferire le loro attività sul recupero degli edifici storici. Inoltre, la possibilità di ottenere gli incentivi finanziari non era vincolata alla de-stinazione d’uso e ciò ha costituito un limite rispetto allo sviluppo della residenzialità, dando spazio, tra l’altro, a forme speculative di investi-mento su edifici e appartamenti.

Quello della residenzialità rimane, dunque, uno dei grandi nodi irri-solti del centro storico. Nel complesso, si può dire che la nuova espan-sione edilizia sul viale Parco (quindi l’offerta di nuove abitazioni) e il tentativo di recupero dell’abitato storico appaiono come due forme di sviluppo urbano contrastanti e difficilmente realizzabili contemporane-amente, rendendo prevedibili la maggiore resa e facilità di investimen-to per gli operatori edili in pianura, nonché la maggiore accessibilità, in termini di costi, per gli acquirenti, in un contesto urbano situato in prossimità dei servizi e privo degli svantaggi logistici che caratterizza-no il centro storico. A ciò si aggiungeva la rappresentazione diffusa dei

Page 55: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

108 109

quartieri storici come i luoghi della malavita cosentina, in cui era pre-sente un certo livello di criminalità organizzata. Appaiono dunque più difficili le opportunità di rigenerazione di un quartiere della città, come quello storico, e le possibilità di favorire la concentrazione degli inte-ressi in quella parte della città, nel momento in cui allo stesso tempo si offrono, in alternativa, nuove zone di espansione residenziale. Inoltre, sono state messe in luce le maggiori difficoltà nel recupero dell’abitato storico intervenendo direttamente al suo interno, come, per esempio, si pensò di fare individuando il quartiere Santa Lucia come area idonea per la realizzazione del contratto di quartiere, mentre, sarebbe potu-to essere più efficace iniziare un programma di recupero a partire dai quartieri più esterni per poi, progressivamente, penetrare all’interno dell’insediamento.

Altro aspetto, di portata più generale, fatto rilevare, riguarda la suc-cessiva crisi che ha interessato gli enti locali, soprattutto attraverso la diminuzione di trasferimenti monetari dallo Stato agli enti locali, che li costringe a circoscrivere l’attenzione sempre più sulla garanzia dei ser-vizi minimi. All’avvio della stagione dei nuovi sindaci, in cui molte città furono caratterizzate da processi di cambiamento attraverso un’azione incisiva delle amministrazioni comunali (Burroni, 2009), è seguita, ap-punto, una fase di crisi e difficoltà per i comuni, conseguente ai tagli dei trasferimenti. Pertanto, le risorse finanziare disponibili divennero successivamente insufficienti per sostenere quei meccanismi di vitalità che avevano contraddistinto gli anni Novanta (t.p.2).

2.6. Il centro storico nella pianificazione strategica urbana

La rilevanza acquisita dalle città si è esplicitata, innanzitutto, nei nuovi compiti che esse hanno assunto, nella relazione che sono state chiamate a stabilire con il livello politico sovranazionale europeo, nella possibilità di creare reti con altre città, nelle risposte che i governi urba-ni sono stati in grado di offrire alle domande di partecipazione da parte dei cittadini ed alle loro richieste di efficienza nella fornitura di servizi. Funzioni importanti sono state trasferite dallo Stato ai comuni, relati-vamente alla definizione del territorio e della cittadinanza, all’ordine interno e alla sicurezza, alle relazioni internazionali, al reperimento dei mezzi finanziari, alla definizione ed alla gestione del welfare municipale.

A partire dalla seconda metà degli anni Novanta, da parte dell’Unio-

ne Europea è stata data particolare attenzione alla pianificazione del territori ed è stata attribuita particolare responsabilità ai livelli inferio-ri di governo, tra cui i comuni, in termini di scelte e azioni da intrapren-dere. La pianificazione strategica urbana rappresenta una delle moda-lità di istituzionalizzazione di forme di azione collettiva e di decisione al pari di altre forme di concertazione e di partenariato che mirano alla ricomposizione degli interessi e alla formazione di scelte collettive uni-tarie e coerenti (Le Galés, 2006). La pianificazione strategica può esse-re considerata come «la costruzione collettiva di una visione condivisa del futuro di un dato territorio, attraverso processi di partecipazione, discussione, ascolto; un patto fra amministratori, attori, cittadini e par-tner diversi per realizzare tale visione attraverso una strategia e una serie conseguente di progetti, variamenti interconnessi, giustificati, va-lutati e condivisi; e infine come il coordinamento delle assunzioni di responsabilità dei differenti attori nella realizzazione di tali progetti» (Camagni, 2003). La pianificazione è orientata alla realizzazione di nuo-ve forme di governance urbana, intesa come meccanismi di negoziazio-ne e coordinamento tra pluralità di attori collaborativi (Le Galés, 2006), come nuovo modello di governo caratterizzato da minore controllo ge-rarchico e maggiore grado di cooperazione tra attori pubblici e privati all’interno di reti decisionali miste (Mayntz, 1999).

Il Piano Strategico Cosenza-Rende e Area Urbana 2020 fu approvato nel marzo 2009. Il piano si pone come opportunità d’integrazione fra le città di Cosenza e Rende. L’obiettivo è quello di dotare il territorio di una vi-sione strategica in grado di accompagnare la realizzazione di politiche condivise, finalizzate alla valorizzazione delle risorse e al miglioramen-to delle condizioni di vita degli abitanti. La visione futura della città è ricondotta a quattro ambiti strategici di intervento: territorio, assetto urbano e ambiente; welfare e mercato del lavoro; l’economia e sviluppo locale; cultura e le istituzioni della conoscenza.

Nel piano, il centro storico costituisce uno degli elementi d’atten-zione nelle scelte politico-istituzionali. L’intervento prospettato punta al superamento delle azioni di carattere puntuale a favore di una logica di sistema, in direzione di un miglioramento della vivibilità nei quartie-ri storici e di un loro sviluppo sociale ed economico. Al centro storico è posta attenzione soprattutto con riferimento al primo ambito stra-tegico del piano, relativo a “territorio, assetto urbano e ambiente”, al

Page 56: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

110 111

centro storico di Cosenza (Cosentia Urbs Magna Bruttiorum). Le linee di intervento previste riguardano la realizzazione di interventi dei beni di importanza storico- architettonica e di valorizzazione dei manufatti del patrimonio pubblico8; la realizzazione di nuovi accessi e di potenzia-mento di quelli esistenti rispetto alle attività del territorio. Per il detta-glio relativo ai singoli interventi progettati si rimanda alle indicazioni contenute nel piano d’azione.

In questa sede, non entriamo nel merito dell’analisi sul percorso di costituzione, sui contenuti e sugli esiti del piano perché sarebbe al-quanto complessa. Evidenziamo, però, che il discorso sulla pianificazio-ne strategica non compare nell’agenda politica della città. Alcuni degli interventi descritti nel piano, con riferimento al centro storico, sono portati avanti dalle amministrazioni comunali, ma manca del tutto l’e-laborazione della visione strategica in un’ottica sistemica e il coinvol-gimento dei diversi attori. Ciò può essere ricondotto a diversi fattori. Tra questi, un aspetto da rilevare riguarda il fatto che il piano strate-gico non è nato da una volontà espressa dal basso o dalle istituzioni stesse, ma è nato come adempimento di indicazioni normative imposte dall’alto. A ciò si può ricondurre la difficoltà ad avviare nuovi processi di governance aperti agli attori socio-economici e ai cittadini nella produ-zione di beni pubblici locali. Inoltre bisogna tener conto di altri fattori, quali la riduzione delle risorse economico-finanziarie e la discontinuità amministrativa.

2.7. Gli interventi promossi e realizzati negli ultimi anni

Nelle ultime decadi, il centro storico di Cosenza non è stato al centro dei programmi delle amministrazioni che si sono succedute né è stato oggetto di un programma organico di recupero, nei suoi aspetti archi-tettonici e sociali, in funzione di una visione complessiva di città. Sono state intraprese singole iniziative, spesso eventi estemporanei, e sono stati realizzati interventi puntiformi, non inseriti in un piano organi-co d’insieme, basato su un’idea e su una strategia integrata di recupero (Vitale, 2008). Ancora una volta, i tentativi messi in campo sono stati quelli legati ad un’utilizzazione degli spazi e dei contenitori culturali

8 Sono previsti interventi sul patrimonio edilizio pubblico e privato per la riduzione del rischio sismico e interventi relativi ai sottoservizi.

del centro storico, in assenza di discorsi e tentativi rivolti ad una riqua-lificazione del quartiere. In particolare, non sono mai state oggetto di riflessioni le problematiche sociali esistenti nei quartieri storici, quindi le forme di disagio sociale e le difficoltà vissute da ampie fasce della popolazione. Una povertà, quella del centro storico, che si preferisce ignorare. Ciò che appare particolarmente carente è, dunque, la dimen-sione del welfare locale, con iniziative rivolte ai percorsi di integrazione sociale, ai servizi alla persona, alla partecipazione.

La cronaca, in questi anni, ha riferito, da un lato, le emergenze archi-tettoniche, i crolli e i rischi per gli edifici e per gli abitanti, dall’altro, ha riportato i singoli interventi e le iniziative, alcune di carattere econo-mico, altre di taglio ludico-ricreativo o culturale, promosse nel centro storico e, di volta in volta, capaci di richiamare numeri più o meno ampi di partecipanti.

Dal punto di vista economico, le iniziative promosse hanno riguarda-to la rivitalizzazione delle attività commerciali. Il centro storico di Co-senza costituisce, inoltre, una delle sette zone franche urbane istituite in Calabria, secondo quanto disciplinato dal Decreto interministeriale del 10 Aprile 2013, concernente agevolazioni, per le piccole e medie im-prese, sotto forma di esenzioni fiscali e contributive, finanziate attra-verso fondi europei, per un importo di sette milioni e mezzo di euro. Considerata capace di dare impulso allo sviluppo economico in territori svantaggiati, sulla base di esperienze simili realizzate in altre città euro-pee, la zona franco urbana, nel centro storico di Cosenza, tenendo pre-sente il tessuto economico urbano, si è rivolta soprattutto alle categorie commerciali e agli ordini professionali, le cui attività ricadevano nell’a-rea territoriale delimitata dalla confluenza dei fiumi Crati e Busento e comprendente i quartieri di Gergeri, S. Antonio dell’Orto Colle Triglio e Casali, Vallone di Rovito, via Bendicenti, Lungo Busento Oberdan.

Al fine di rivitalizzare la città antica, nella primavera del 2012, sono stati istituiti i temporary stores9, recuperando alcuni locali per l’avvio di attività commerciali a tempo (attualmente sono 21), le quali, inizial-

9 Sulla funzione dei temporary store nei centri storici è interessante il contributo di Fioroni (2013), che evidenzia le potenziali opportunità di questo format commercia-le nell’attrarre consumatori, grazie ad un palinsesto ricco e alternato, con variazioni di proposte in tempi ristretti, favorendo così la frequenza di visita attraverso propo-ste volte a soddisfare bisogni di curiosità, innovazione e convenienza.

Page 57: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

112 113

mente, prolungando la loro apertura fino alla mezzanotte, avevano ri-chiamato un pubblico numeroso lungo il corso Telesio, nelle ore serali e notturne. Sembra ritornare, in questo caso, tra gli amministratori, l’idea di fare del centro storico un luogo di divertimento notturno, sostenen-do, soltanto a livello comunicativo, l’idea di un centro-turistico cultu-rale, che, però, non trova risvolti concreti in una città che certamente non mostra una vocazione turistica. Va nella medesima direzione, il lancio, molto discusso, del brand turistico dedicato al tesoro di Alarico e, recentemente, l’approvazione da parte del governo centrale, per la realizzazione di alcuni lavori volti al ritrovamento dell’ipotetico tesoro. Difficile, dunque, pensare che le attività dei temporary store potessero reggersi grazie al flusso dei turisti in città. L’attività, pertanto, ha perso vitalità e interesse.

Contemporaneamente, nel 2012, è stata promossa un’iniziativa d’in-trattenimento, lungo una delle sponde del fiume, il cosiddetto Lungo Fiume Boulevard, favorendo l’apertura di piccole attività di ristorazione e intrattenimento, per un periodo complessivo di circa trenta giorni nel periodo estivo. Questa iniziativa riscontra il parere favorevole da parte dei titolari degli esercizi, dando loro la possibilità di intensificare l’atti-vità ma non sembra favorire nessuno sviluppo nel tempo, né in termini commerciali né culturali. Queste due iniziative, in realtà, si sono poste in contraddizione l’una rispetto all’altra, con la penalizzazione delle at-tività lungo il corso Telesio, nuovamente deserto nelle serate estive, a favore dello spazio lungo il fiume. Lungo lo stesso percorso corrispon-dente all’iniziativa del Lungo Fiume Boulevard, per un tratto di tre chi-lometri, è stata realizzata la via degli Artisti, con la predisposizione dei cosiddetti bocsart, spazi attrezzati per ospitare laboratori di artisti. La via degli Artisti, prosegue, in direzione sud, fino al cosiddetto parco ac-quatico, nella zona di confluenza tra il fiume Crati e il torrente Cardone, dove ancora non sono stati completati i lavori per la realizzazione di un impianto di piscine sportive, che si inserisce nel più ampio program-ma di riqualificazione naturalistica dei fiumi Crati e Busento, avviato dall’Amministrazione comunale. Questo programma prevede opere di riqualificazione naturalistica dei fiumi, con la realizzazione (con fondi della Provincia) di un progetto pilota, che prevede lavori, per un tratto di 250 metri, al fine di rendere fruibili le sponde dei fiumi e, al tempo stesso, realizzare opere di regimentazione per preservare l’habitat flu-

viale, evitando interventi di manutenzione invasivi per la messa in si-curezza in occasione delle piene. L’idea degli amministratori è quella di estendere, successivamente, questo progetto, risalendo lungo entrambi i fiumi, Busento e Crati, e rendendo un tratto del Crati navigabile. Lungo il percorso dei fiumi, inoltre, è prevista la costruzione di un complesso museale nella sede del cosiddetto ex Hotel Jolly, di cui verranno demoliti i piani superiori e ristrutturati quelli inferiori.

Sul piano architettonico, dopo la già citata ricognizione dell’edifi-cato esistente realizzata negli anni Novanta, non è stato riaggiornato un quadro comprensivo sia dell’esistente (manca, ad esempio un’ana-lisi dettagliata del patrimonio abitativo esistente, delle condizioni sta-tiche, dei sotto-servizi) sia degli interventi da realizzare. L’assenza di linee guida corrisponde, dunque, alla mancanza di un piano organico di intervento, sebbene diversi lavori siano stati realizzati o sono in fase di realizzazione. Tra questi, alcuni avviati dalle precedenti amministra-zioni comunali e portati avanti da quella attuale, si ricordano il restauro del Castello Svevo, il restauro dei complessi di S. Domenico e di S. Ago-stino, il rifacimento del corso Plebiscito e della piazza XV Marzo, la ri-strutturazione dei ponti della città antica, lavori di recupero degli spazi nella Villa Vecchia, opere interne di restauro nella Biblioteca Civica, la costruzione del planetario e del ponte progettato da Calatrava. Palazzo Gervasi, nel cuore del centro storico, a seguito dei lavori di ristruttura-zione, dovrebbe diventare, secondo quanto riporta la stampa, sede di un centro polifunzionale per l’integrazione degli immigrati.

In particolare, l’attenzione dell’Amministrazione comunale attuale si è concentrata sul recupero dei finanziamenti inerenti il contratto di quartiere S . Lucia, che, come detto in precedenza, era stato avviato alla fine degli anni Novanta, ma non era stato completato. Poniamo, quindi, maggiore attenzione a questo intervento. Esso prevedeva due finanzia-menti, uno da parte del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, l’al-tro da parte della Regione Calabria, a cui corrispondeva la realizzazione di due lotti di edifici, attraverso la ristrutturazione e il consolidamento di quelli esistenti, e la realizzazione di una piazzetta, ricavata dall’ab-battimento di un rudere, che costituisce sia un elemento di riqualifi-cazione urbana sia un’area d’attesa funzionale per la protezione civile, in situazioni di pericolo. I lavori, avviati agli inizi del Duemila, hanno riguardato solo il lotto riferito ai finanziamenti ministeriali con la re-

Page 58: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

114 115

alizzazione di due edifici sui quattro previsti. Dei due edifici realizzati, uno è diventato sede di uffici comunali, l’altro, rivolto all’edilizia socia-le, è stato occupato prima che venissero elaborate le graduatorie per gli aventi diritti e l’assegnazione degli alloggi. I lavori furono poi interrotti con una rescissione contrattuale rispetto all’impresa che li stava svol-gendo. A distanza di sei anni da tale rescissione, i tecnici del comune di Cosenza ci raccontano di un’intensa e difficile trattativa con il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e con la Regione Calabria, al fine di recu-perare quel che restava dei finanziamenti previsti, per poter completa-re i lavori, tenendo presente che l’aumento dei prezzi delle lavorazioni, il peggioramento delle condizioni degli edifici, la normativa antisismica più rigida introdotta nel 2008, rendono oggi, è più difficile realizzare gli interventi previsti con la medesima disponibilità finanziaria di allora. I finanziamenti sono stati, dunque, recuperati con l’ottenimento di una proroga per completare i lavori, con l’aggiunta, inoltre, di risorse eco-nomiche dell’Amministrazione comunale. Per quanto riguarda i fondi ministeriali, su quattro milioni di euro complessivi, erano rimasti da spendere un milione e seicento mila euro, in base ai quali è stato pre-sentato un progetto di rimodulazione e completamento, già approvati dai vari enti preposti, per cui si è in attesa del bando di gara. Relativa-mente al finanziamento regionale, sono stati recuperati quattro milioni di euro, visto che i lavori non erano mai iniziati, essendo stata aggiu-dicata la gara d’appalto con un ribasso eccessivo. Allo stato attuale, il progetto di rimodulazione è sottoposto ai pareri finali del Genio civile e della Sovraintendenza. Di particolare rilevanza, secondo i tecnici comu-nali, oltre riqualificazione edilizia e urbanistica del quartiere, sarebbe la creazione di condizioni di accessibilità e sicurezza, con la possibili-tà di realizzare, a partire dalla piazza, una strada che si colleghi con la viabilità principale, a monte del centro storico, passando per alcuni terreni abbandonati e demolendo alcuni edifici in stato di abbandono e irrecuperabili. La creazione di quest’arteria di penetrazione nel centro storico, secondo gli intervistati, determinerebbe condizioni di accesso dei mezzi più favorevoli per le iniziative di ristrutturazione da parte dei privati e consentirebbe, inoltre, di collegare un’area di attesa, quale la piazza, con la grande viabilità, creando una via di accesso in caso di eventi calamitosi.

Dal punto di vista architettonico, una delle emergenze principali del

centro storico è legata allo stato degli immobili privati e ad una carenza delle condizioni di intervento per la protezione civile, mentre l’edilizia pubblica è stata in gran parte ristrutturata e riqualificata. In passato le pratiche di esproprio si sono scontrate con tempi molto lunghi a causa della elevata frammentazione della proprietà privata, laddove spesso i proprietari sono irreperibili, a volte inconsapevoli di essere gli eredi di certe abitazioni. Di fronte all’emergenza legata ai numerosi crolli veri-ficatisi nel centro storico, la risposta dell’Amministrazione comunale attuale si è concretizzata sostanzialmente nell’emissione di ordinanze contingibili e urgenti, per pubblici proclami, che intimano di procede-re alla messa in sicurezza. Esse si rivolgono ai proprietari che, a volte, come già detto, non sono reperibili, altre volte non hanno la disponibi-lità finanziaria per eseguire i lavori. Laddove i proprietari non agiscano, è previsto l’intervento da parte dell’Amministrazione comunale, con la possibilità di recuperare dai privati le spese sostenute, o di rifarsi sul bene stesso. Sembra che queste procedure al momento siano in corso per almeno una decina di edifici. L’Amministrazione comunale, una vol-ta acquisiti gli immobili, ne diventa responsabile, per cui è chiamata ad intervenire per la messa in sicurezza. Qui, dunque, al momento, il pro-cesso si interrompe, a causa della scarsità delle risorse finanziare per eseguire i lavori. L’ipotesi prospettataci dai tecnici comunali è quella di un’apertura all’intervento degli imprenditori privati, favorendo una sinergia con il pubblico, che si sostanzierebbe nell’emanazione di bandi per l’acquisto di interi edifici (e non di singole parti), da ristrutturare, a cui si assocerebbe la realizzazione delle opere di urbanizzazione neces-sarie. L’intervento dei privati sarebbe dunque favorito dalla possibilità di acquisire l’intero immobile e, poi, dalla possibilità di accedere, anche solo per il tempo di realizzazione dei lavori con i mezzi, creando arterie di accesso, che resterebbero vietate al traffico ordinario, ma sarebbero utilizzate per lavori straordinari o in caso di emergenza.

2.8. Le scelte politiche che hanno penalizzato il centro storico

In questo paragrafo soffermiamo l’attenzione sulle opinioni degli in-tervistati in merito alle scelte politiche che hanno penalizzato la vitalità del centro storico. I nostri interlocutori, infatti, attribuiscono grande rilevanza alle scelte operate dalle classi dirigenti locali, considerando

Page 59: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

116 117

tali scelte come responsabili dell’attuale condizione in cui versa la parte storica della città.

Rispetto al passato più lontano, come già illustrato in precedenza, gli intervistati evidenziano la propensione a privilegiare uno sviluppo verso Nord del territorio cosentino, facendo sì che l’insediamento sto-rico diventasse nell’arco di pochi decenni la periferia della città. Osser-vando il sistema orografico e la morfologia dell’abitato storico si può notare come esso costituisca una cerniera tra la valle del Crati, a Nord, e le aree rivolte verso l’originaria Calabria Ultra, a Sud, e l’altopiano del-la Sila, verso Est. Ovviamente, la valle del Crati poneva una maggiore facilità per lo sviluppo in termini di residenze e impianti. Afferma un intervistato:

Le politiche non hanno sostenuto adeguatamente quello che poteva essere un equilibrio delle zone a Sud o, quanto meno, una comprensione integrata di quelle che erano le capacità produttive del territorio e come rapportarsi alle potenzialità costruttive, per cui si è costruito ad oltranza (t.p.1).

Oggi, pertanto, continua l’intervistato, si pone una nuova scelta, quella di ripensare l’abitato storico, alla luce delle nuove politiche na-zionali urbanistiche, finalizzate a porre un limite alle nuove costruzioni per recuperare quelle esistenti. In collegamento con la propensione a privilegiare lo sviluppo verso Nord, promuovendo un’espansione della città non programmata e basata soprattutto sull’edilizia privata, vie-ne più volte menzionato il disinteresse da parte delle élites politiche ed economiche nei riguardi dell’insediamento storico urbano e quindi l’averlo trascurato, abbandonandolo alla spontaneità dei fenomeni che lo avrebbero interessato. Pertanto, tale trascuratezza viene proprio in-dicata come volontà politica, come una scelta da attribuire alle classi dirigenti locali che, nel corso del tempo, hanno rivolto la loro atten-zione ad altre zone ed altri aspetti della città. I testimoni privilegiati sono concordi nell’indicare come unico momento di arresto della spira-le di abbandono che interessava il centro storico quello corrispondente dall’Amministrazione guidata da Giacomo Mancini, di cui si è detto in-nanzi, suscitatrice di un nuovo segnale di interesse, di un nuovo deside-rio ad impegnarsi per il cambiamento.

Diversi intervistati si sono soffermati sulla scelta di localizzare l’U-

niversità della Calabria nella zona di Arcavacata di Rende, consideran-dola fortemente penalizzante per l’intera città di Cosenza e per i suoi quartieri storici. Tra le diverse proposte allora elaborate per la localiz-zazione del campus universitario viene ricordata quella che prevedeva l’insediamento universitario nei pressi del centro cittadino (nella zona di Gergeri), evidenziando quanto questa scelta avesse potuto mutare l’aspetto urbanistico e le caratteristiche economiche e sociali della città, favorendo la vitalità del centro storico. Inoltre, a tal proposito, è ritenu-ta sfavorevole la successiva mancata integrazione tra il polo universita-rio sito a Rende e la zona storica del capoluogo cosentino, pensando che sarebbe stato opportuno trasferire alcune facoltà universitarie nel cen-tro storico e promuovendo una loro simbiosi con il territorio. Negli anni Novanta sono state intraprese diverse iniziative da parte dell’Ammini-strazione comunale per consentire all’Università di avere dei riferimen-ti nel centro storico del capoluogo cosentino, con la ristrutturazione di alcuni edifici da destinare a residenze universitarie o a laboratori di ri-cerca. Così, alcuni palazzi storici ristrutturati (tra cui l’albergo Bologna, Palazzo Bombini, Palazzo Vaccaro) sono stati concessi in gestione all’U-niversità della Calabria e pensati come foresterie, ritenendo che la pre-senza degli studenti avrebbe potuto rivitalizzare i quartieri storici, ma probabilmente i limiti relativi ai trasporti e ai servizi presenti nell’area hanno scoraggiato la scelta del centro storico come residenza universi-taria. A ciò si aggiunge la determinazione dell’Università della Calabria a mantenere unite e localizzate in un’unica sede le sedi universitarie. Alcuni palazzi ristrutturati dall’aterp, inizialmente destinati ad edilizia sociale, poi, in accordo con l’Unical, indirizzati ad edilizia studentesca, al termine dell’accordo, sono stati occupati prima che intervenissero gli enti preposti per definirne la nuova destinazione d’uso.

Tra le scelte concrete che possono aver penalizzato la vitalità dei quartieri storici è stata indicata quella della localizzazione della stazio-ne ferroviaria nella zona di Vaglio Lise anziché lasciarla nel centro cit-tadino, così come avviene in altre città. Tale spostamento, infatti, ha impedito la possibilità di collegare con un unico treno la zona compresa tra il centro della città di Cosenza e l’Università della Calabria a Rende. È opportuno, però, tenere presente che la scelta di delocalizzare la stazio-ne ferroviaria era legata a programmi diversi che non si sono realizzati. Infatti, sul finire degli anni Ottanta, venne realizzato un progetto per

Page 60: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

118 119

le ferrovie che prevedeva il traffico passeggeri sulla tratta tirrenica e quello commerciale sulla ionica, continuando lungo l’asta appenninica o sub-appenninica per poi arrivare alla frontiera con l’Austria e la Ger-mania e collegarsi con i grandi porti del nord Europa. Questo program-ma avviato dalle ferrovie non venne realizzato. La stazione di Cosenza, che avrebbe costituito uno snodo tra la ionica e la tirrenica, è rimasta sostanzialmente priva di funzioni, impedendo anche il collegamento menzionato tra Rende e il centro città, in quanto, terminando nella sta-zione di Vaglio Lise lo scartamento ridotto, è necessario cambiare tre-no per proseguire lungo il tragitto. La centralità della stazione a piazza Matteotti, probabilmente, avrebbe potuto sostenere e incoraggiare la residenzialità e gli investimenti nel centro storico della città (t.p.2).

I testimoni qualificati segnalano la mancanza di una riflessione com-plessiva sul centro storico e sulla intera città, seguita da un’azione gui-data e coordinata a favore del suo recupero.

Non esiste un piano organico che possa servire ad avviare soprattutto un modo di ripensare all’abitato storico, non solo al recupero in sé, perché sarebbe molto oneroso e difficile, ma un modo di recuperare delle iniziative, comunque delle tendenze che possano servire a dire in maniera molto chiara, fermiamoci con la nuova edificazione del territorio esterno, mettiamo un punto fermo per-ché case ce ne sono abbastanza, la popolazione tende a diminuire. Di conseguen-za cosa vogliamo fare? Vogliamo restituire un’altra dimensione esistenziale ba-sata su esperienze del passato che possono servirci come riferimento? (t.p.1).

In generale, ripercorrendo quanto presentato in questo capitolo, si può dire che, per il centro storico di Cosenza, gli anni Cinquanta e Ses-santa sono stati quelli del declino, gli anni Settanta quelli dell’abbando-no, gli anni Ottanta quelli del degrado esplosivo (con la presenza della criminalità). Dagli anni Novanta ad oggi, periodi di “ripresa puntifor-me” si susseguono e si mescolano con nuove forme di degrado (ambien-tale, edilizio, vedi crolli ecc.). Le scelte e le azioni compiute non sono riuscite ad innescare processi nuovi di sviluppo urbano. Agli inizi del Duemila, infatti, la frequentazione del centro storico era legata ad alcu-ne funzioni, come quelle culturali o del divertimento, ma non si è riu-sciti a generare processi di riqualificazione, rivitalizzazione economica, residenzialità, integrazione sociale. Al contrario, in parte per le ragioni

esposte in precedenza, le tendenze di spopolamento, abbandono e per-dita di funzioni, che sembravano interrompersi, sono, poi, continuate nel tempo. Il centro storico, ancora oggi, come si proverà a delineare in seguito, mostra i tratti di un quartiere svantaggiato da molti punti di vista.

Gli interventi “puntiformi” che hanno caratterizzato gli anni Novan-ta e continuano tuttora a fasi alterne (dai Piani Urban ai più recenti pro-getti di recupero) hanno avuto indiscutibili meriti (recuperare alcuni immobili di pregio, favorire la ripresa di alcune aree specifiche, come il quartiere delle Paparelle, sostenere un certo dinamismo commerciale nell’area di corso Telesio, che in verità negli ultimi anni è pur esso sce-mato, costruire il parco fluviale ecc.), ma, nel complesso, si è trattato di interventi frammentari, incapaci (anche nei momenti di maggiore successo) di invertire la tendenza al degrado e di favorire un diffuso aumento dei residenti, delle attività, e un consistente recupero del pa-trimonio edilizio pubblico e privato.

Spesso, al contrario delle meritorie intenzioni, si è riscontrata la ri-proposizione della logica del “mordi e fuggi”, dell’utilizzazione a fini speculativi delle azioni di sostegno (mutui agevolati, finanziamenti age-volati ad attività commerciali ecc.), che, al contrario, dovevano servire alla rivitalizzazione del centro storico. Ancora oggi, i tentativi messi in campo, come suddetto, sono maggiormente volti ad un utilizzo della città antica, ma non sono rivolti a progetti più ampi di rigenerazione. Anche le iniziative di rivitalizzazione commerciale non appaiono fina-lizzate ad uno sviluppo che si sostiene attraverso l’offerta di servizi alla popolazione residente, piuttosto a fruitori esterni, frequentatori più o meno occasionali dei quartieri antichi. Vent’anni di interventi isolati, seppur meritori, di movida e di speculazioni private non hanno inter-rotto il circuito del degrado (crolli, rifiuti, sicurezza e criminalità), che si presenta sempre più minaccioso, anche dal punto di vista dell’inde-bolimento dei legami sociali. I quartieri storici non hanno costituito il campo d’azione di politiche integrate (Tosi, 2001; 2008). L’interruzione del contratto di quartiere S . Lucia e il suo recupero, in assenza comunque di un programma di politiche da realizzare nel quartiere, evidenziano l’incapacità di realizzare politiche integrate rivolte specificamente a “quartieri difficili” (Cottino, 2008), come quelli oggetto di questa analisi. Al momento, infatti, non ci è stata illustrata nessuna azione di contrasto

Page 61: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

120 121

alla povertà e di promozione sociale programmata in correlazione con la riqualificazione degli edifici.

La sociologia urbana ha messo in luce come i centri storici costitu-iscano sedi primarie per la realizzazione di manifestazioni finalizzate ad attrarre un pubblico composito, dove musei, opere di risanamento o costruite ex-novo, luoghi tradizionali della cultura (come teatri e uni-versità), nuovi luoghi di produzione culturale si mescolano ai luoghi del consumo e del divertimento, per diventare prodotti da esibire e ven-dere (Ingersoll, 2004, in Mazzette e Sgroi, 2007). Il passato, da ingom-brante e residuale, come fanno notare Mazzette e Sgroi (2007, p. 96), «è diventato una risorsa immediatamente spendibile in termini simbolici e materiali, un elemento che rende unico e riconoscibile il paesaggio ur-bano, grazie ai suoi contenuti fatti di opere d’arte, manufatti di interes-se storico e artistico, antiche e nuove architetture, industrie culturali, attività tradizionali per lo più recuperate e/o reinventate, e così via)» (Mazzette e Sgroi, 2007, p. 96). In questi termini, però, continuano gli autori, bellezza e cultura sarebbero fattori «usa e getta», forti elemen-ti attrattori delle città, che, a loro volta, diventerebbero produttrici di eventi, ma non per questo capaci di rigenerazione urbana. Alcuni casi italiani, come Napoli e Palermo, interessati da politiche urbane di nuovo corso, hanno mostrato come l’immagine di una città possa essere rico-struita positivamente a partire proprio dalla valorizzazione del suo vol-to più antico, ma, al tempo stesso, evidenziano come «il successo della rivitalizzazione del centro storico non può essere affidato soltanto alle politiche culturali sia nel senso del ripristino e della maggior fruibilità del patrimonio artistico ed architettonico esistente sia nel senso delle politiche di animazione culturale e di offerta di servizi per il tempo libe-ro. […] Finché il centro storico rimane, pur nelle sue restaurate qualità estetiche, un contenitore di vecchie povertà, ereditate generazional-mente ed aggravate dal progressivo sfilacciarsi delle reti di solidarietà primaria, e di nuove povertà, perché il suo degrado favorisce l’insedia-mento di quei nuovi soggetti urbani (immigrati clandestini o irregolari) cui la città socchiude – ma non apre – la porta della cittadinanza, finché il centro storico si offre come territorio privilegiato dell’economia in-formale e del lavoro nero, finché il centro storico conserva aree sottrat-te al controllo statuale del territorio, ospitando nuclei di attività illecite o criminali, esso rimane un “buco nero” delle sviluppo metropolitano»

(ivi, p. 94-95). Anche dalla prospettiva economica, è stato messo in luce come il fascino artistico, architettonico e culturale dei centri storici, con una domanda addizionale di consumi attivata da eventuali flussi turistici, può costituire un’esternalità positiva, a favore degli operatori economici, ma, fatta eccezione per alcuni casi, essa non è sufficiente a sostenere la vitalità economica e a compensare la riduzione della do-manda locale di servizi commerciali (Ferrucci, 2013). Appaiono neces-sari approcci integrati, cioè di riqualificazione multidimensionale, a li-vello edilizio, sociale e culturale, comprensivi di interventi eterogenei e basati sulla complementarietà tra attori pubblici e privati, attinen-ti sia al mondo imprenditoriale sia alla società civile. In riferimento a quest’ultimo aspetto, le istituzioni politiche sono chiamate al confronto costruttivo con i diversi soggetti presenti sul territorio e a sviluppare capacità di innovare e sollecitare la partecipazione dal basso, svolgendo ruoli di coordinamento (Martinelli, 2007).

La formazione delle città come attori collettivi e spazi di organiz-zazione è una costruzione in divenire (Le Galés, 2006, p. 260). L’analisi delle città come società locali è legata alle forme di istituzionalizzazione della regolazione sociale, strettamente connessa alla presenza di élites politiche in grado di favorire le innovazioni mediandole con gli elemen-ti preesistenti, rispondendo efficacemente ai problemi e alle richieste emergenti (Eisenstadt, 1974). La costruzione di reti di relazione tra élites politiche e i soggetti appartenenti alle diverse sfere istituzionali contribuisce a determinare la qualità e l’efficacia di priorità e strate-gie funzionali al miglioramento dell’area considerata. Nel complesso, come emerge dall’analisi svolta, rispetto al centro storico della città di Cosenza, la caratteristica che maggiormente contraddistingue l’agire delle élites, innanzitutto quelle politiche, è la scarsa attenzione istitu-zionale ai quartieri storici e al loro vissuto, nel senso di un progressivo abbandono, fatta eccezione per alcune fasi di vita politica della città. Le élites politico-istituzionali hanno tendenzialmente abbandonato il centro storico, scegliendo di andare a vivere nei nuovi quartieri del-la città. L’élite politica, a partire dal secondo dopoguerra, ha scelto la strada di uno sviluppo edilizio senza strumenti urbanistici regolativi, ha ignorato il centro storico e ha massimizzato gli interessi dei proprietari dei terreni situati nell’area nord della città, spesso imparentati con gli amministratori locali. È mancata una riflessione costruttiva sul rappor-

Page 62: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

122 123

to tra tradizione e modernità, e, successivamente, è apparsa debole la capacità di elaborare un progetto di recupero complessivo, attento alla difesa dei beni collettivi situati nel centro storico.

3. “Cosenza Vecchia”: un centro diventato periferia

di Antonella Coco

3.1. Il processo di periferizzazione

Oggetto di questa indagine è il processo di cambiamento che ha in-teressato i quartieri storici della città di Cosenza. I quartieri cambiano nel tempo, e le trasformazioni – piccole e grandi, spesso lente, a volte più veloci nel loro generarsi – riguardano una pluralità di aspetti. L’a-nalisi dei dati censuari esposta nei capitoli precedenti, la ricostruzione delle azioni e delle scelte delle classi dirigenti consentine nell’indiriz-zare lo sviluppo urbano, le rappresentazioni dei testimoni privilegia-ti, evidenziano in maniera convergente il processo di periferizzazione, quale principale direzione assunta dal cambiamento, attraverso forme progressive di abbandono e di degrado, relative a diversi ambiti della vita urbana. I processi di periferizzazione «tendono a dividere i quar-tieri dagli altri contesti urbani […] ridisegnano disuguaglianze e divari-cazioni sociali, formano nuove dipendenze, acuiscono l’incrinarsi della socialità, rafforzano marginalizzazioni e impoverimento di pezzi della società» (Magatti, 2007, p. 10).

Il concetto di periferia non è univocamente definibile e, soprattutto, è bene precisare che la riorganizzazione delle città ha reso obsoleta l’i-dea tradizionale corrispondente all’edificazione delle periferie operaie e impiegatizie intorno al cuore storico o decisionale della città borghese (Cremaschi, 2008). Anche Magatti (2007) sottolinea che sarebbe limita-tivo ritenere periferie soltanto le zone costruite ai margini della città moderna. Forme di impoverimento, marginalizzazione, segregazione, disgregazione, infatti, possono verificarsi anche in aree centrali. Pertan-to, consideriamo l’espressione “quartieri di periferia” «non solo in senso geografico, ma anche sociale e spesso umano, quartieri fragili e sensibili, collocati in alcuni casi al di fuori della città, in altri dentro la città stessa, quasi prossimi al suo centro, eppure marginali rispetto a quest’ultimo e

Page 63: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

124 125

alle sue dinamiche, proprio mentre divengono a loro volta centro per al-tre “periferie”» (Magatti, 2007, p. 9). I “quartieri” o “aree sensibili”, dun-que, si caratterizzano, «a prescindere dalla loro collocazione topografica sulla pianta della città, per la presenza simultanea, anche se variabile, di una molteplicità di fattori di debolezza: dal punto di vista abitativo, con quote elevate di edilizia popolare; da quello sociale, con un’alta inciden-za di gruppi deboli e collocati al margine per il grado di disagio esperito; da quello culturale, con la concentrazione di popolazione a basso titolo di studio; da quello infrastrutturale, con una scarsa dotazione di strade, trasporti e istituzioni pubbliche; da quello economico, con la diffusione di economia informale e illegale» (ivi, p. 33).

Come evidenziato nel precedente paragrafo, attraverso la breve ri-costruzione dello sviluppo della città di Cosenza,il cammino di perife-rizzazione del centro storico cosentino attraversa, con differente inten-sità, l’intero secondo dopoguerra, in particolare dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Le ricerche storiche già citate (Bevilacqua, Placanica, 1985; Stancati, 1988) hanno dimostrato come l’insediamento cosentino sia rimasto per lunghi secoli confinato sulle colline senza oltrepassare la confluenza dei fiumi, sia per ragioni strategiche di sicurezza (l’arroc-camento sulle colline poste alla confluenza del Crati con il Busento faci-litava, infatti, la difesa dalle incursioni nemiche) sia per motivi igienici (nella valle del Crati e anche nella zona più vicina al centro urbano e corrispondente oggi alla piana che va da Rende a Montalto, è stata dif-fusa a lungo la malaria, a causa della mancata regimentazione dei fiumi, realizzata solo all’inizio del Novecento). La popolazione e le classi diri-genti cosentine hanno successivamente aspirato a superare la barriera costituita dai fiumi e a sviluppare la città in pianura, che, anche per ragioni sismiche, si presentava più sicura e potenzialmente dinamica (Costabile,1989). La città, pertanto, si è estesa in direzione nord. Oggi, risultano chiaramente distinguibili tre principali zone di espansione ur-bana: il centro antico, plurisecolare, luogo della memoria e dell’identità urbana, che ha mantenuto nei secoli il suo impianto estetico, con carat-teristiche di omogeneità in termini architettonici e urbanistici (Melia, Minervino, 2015); la zona fascista, sviluppatasi tra gli anni Venti e Qua-ranta del Novecento, riconoscibile, da un punto di vista urbanistico, per il suo impianto ortogonale con isolati a scacchiera; la zona “moderna” realizzata dagli anni Cinquanta in poi, all’insegna della speculazione

edilizia, disordinata, non governata da strumenti urbanistici, gestita dai titolari della rendita fondiaria urbana e dalle lobby dell’industria edi-lizia (amministratori, funzionari, mediatori, progettisti, imprenditori) (Soda, 2002).

La decadenza del centro storico cosentino, che lo accomuna alla sto-ria di tanti altri centri storici in Italia e in Europa, ha assunto un caratte-re geografico particolarmente evidente e dirompente: il vecchio centro è rimasto isolato a Sud, mentre il nuovo centro, in termini di residenti e di attività urbane, si è spostato sempre più a Nord, lungo l’asse che va da corso Mazzini a via Panebianco, a Campagnano, per poi ricon-giungersi senza soluzione di continuità con i nuovi quartieri di Rende e ramificarsi nei paesi circostanti. In altre parole, con la modernizzazione della città, il suo centro originario ha perso centralità, poiché tutta l’ur-banizzazione si è diretta verso Nord. Il centro è diventato periferia. Lo sviluppo della città in senso lineare verso Nord ha generato la periferiz-zazione, in senso territoriale, del suo centro storico. Difatti molti altri centri storici, in città medio-piccole del sud Italia, sono stati interessati da fenomeni di declino o abbandono (per esempio, Catanzaro, Crotone, Reggio Calabria, Potenza, Matera, Benevento, Avellino), tuttavia sono rimasti geograficamente situati nel cuore della città, in conseguenza di uno sviluppo urbano realizzatosi in cerchi concentrici via via più ampi. Evidenziando proprio questo processo, alcuni degli intervistati, con maggiore precisione, preferiscono utilizzare espressioni differenti da quella di centro storico, e cioè, ad esempio, città antica, oppure abitato o insediamento storico. Già questo elemento di perifericità geografica recente, combinato con la grandezza del centro storico cosentino ri-spetto alla totalità dell’area urbana, offre subito una prima misura della gravità e profondità della questione che stiamo affrontando.

Il processo di periferizzazione in senso geografico, verificatosi in po-chi decenni, si è intersecato con una spirale di abbandono della città an-tica consegnata a un destino di spopolamento, di degrado, di margina-lità sociale, preservata dal cemento ma deserta di abitanti e di socialità (Soda, 2002). Come si è visto nel capitolo precedente, le élites della città hanno lasciato il centro antico per trasferirsi nei quartieri nuovi. L’at-tenzione istituzionale per le zone storiche si è affievolita, concentran-dosi sulle nuove aree dello sviluppo urbano. Ciò ha intensificato la dimi-nuzione degli abitanti e ha innescato dinamiche di degrado che hanno

Page 64: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

126 127

reso la città antica una periferia sociale. I quartieri storici di Cosenza sono sempre più interessati da una diminuzione della popolazione resi-dente e, in particolare, dalla riduzione del numero dei bambini, dalla ra-refazione dei servizi pubblici e privati, da fenomeni di degrado sociale, come diffusione dell’abbandono scolastico dopo la scuola dell’obbligo, elevata disoccupazione, fragilità della condizione anziana, problemati-che legate alla devianza, spazi di economia illegale legata allo spaccio di stupefacenti. In particolare, come si dirà, l’intreccio tra i fenomeni di impoverimento, legati alla mancanza di lavoro, di opportunità, di servizi, e l’indebolimento dei legami di prossimità, intesi come assot-tigliamento della vita di quartiere, costituiscono i fattori principali che spiegano le condizioni di vita degli abitanti del centro storico.

Nel capitolo precedente abbiamo provato ad illustrare la traiettoria di cambiamento del centro antico rispetto allo spazio urbano comples-sivo. Nei paragrafi che seguono proviamo a delineare le linee principali del processo di periferizzazione, cioè quei meccanismi che hanno con-corso ad assimilare il centro storico ad una periferia urbana. Così come per i processi di marginalizzazione, è opportuno sottolineare la natura processuale dei cambiamenti, contrapposta alle condizioni di staticità, e pertanto suscettibile di modificazioni nel tempo (Vitale, 2009). Sof-fermiamo l’attenzione sul depauperamento delle funzioni svolte nel centro storico e delle strutture in esso presenti, sulla tendenza allo spo-polamento, sui processi d’impoverimento, sull’indebolimento dei lega-mi comunitari, sui fenomeni di devianza e criminalità, sul ruolo delle istituzioni operanti al suo interno.

3.2. L’immagine dell’abbandono

Il processo di periferizzazione del centro storico di Cosenza si è rea-lizzato attraverso un progressivo abbandono. In altri termini, possiamo dire che l’abbandono del centro storico ha fatto sì che esso acquisisse i caratteri di una periferia urbana. L’abbandono diventa, dunque, una categoria che può spiegare la periferizzazione dei quartieri storici della città.

Cosa s’intende per abbandono? Magatti (2007), parla di una spirale di abbandono, in riferimento ai quartieri sensibili e alle città in generale, distinguendo due prospettive. Da un lato, «l’abbandono è soggettiva-mente vissuto da chi vive in queste enclaves come il sentirsi prigionieri,

nel non avere via di scampo, nel cogliere dallo sguardo esterno l’idea che si è solo un problema, nel vedere concretamente che le istituzioni hanno sempre minore interesse nei confronti dei quartieri difficili» (ivi, p. 495). L’indebolirsi dei legami istituzionale, l’immobilità fisica e socia-le degli abitanti, il senso d’irrilevanza dei propri mondi vitali rispetto ai contemporanei alimentano questo sentimento di abbandono. Dall’altro lato, dal punto di vista di chi è esterno (sia in senso abitativo sia dell’in-vestimento soggettivo), l’abbandono «significa la presa di distanza e la separazione dei destini propri da quelli altrui. Un atteggiamento che, alla fine, determina indifferenza e indisponibilità a farsi carico dei pro-blemi della vita comune e a porre le questioni sociali nell’unica chiave di lettura della sicurezza. Anche da questo punto di vista si genera una crisi dell’idea di spazio pubblico e una sottrazione alla responsabilità del bene comune» (ibidem). Queste due dinamiche, continua l’autore, si combinano l’una con l’altra, generando una spirale negativa, in cui l’abbandono si traduce in una “messa al bando” dei quartieri e degli abi-tanti. La distanza tra chi sta dentro e chi sta fuori tende a crescere, la città diventa sempre meno luogo di socialità e cittadinanza.

Nelle interviste condotte durante lo svolgimento della ricerca, la rappresentazione più diffusa è proprio quella relativa all’idea di ab-bandono, mettendo in luce aspetti diversi ma convergenti. Lo scenario dell’abbandono si può descrivere attraverso diverse immagini. Esso as-sume molteplici tratti, alcuni dei quali visibili esteriormente altri meno, i quali si rinforzano reciprocamente, generando, appunto, un circui-to che alimenta il degrado complessivo. Lo stato di abbandono in cui versa il quartiere risulta, innanzitutto, visibile al visitatore che arriva dall’esterno, per le condizioni fatiscenti di gran parte del patrimonio immobiliare. Molti dei cosiddetti “contenitori culturali” e diversi palaz-zi nobiliari, nel corso degli anni, sono stati oggetto di opere di restauro e ristrutturazione, ma il patrimonio abitativo è in condizioni di profondo degrado e d’inagibilità complessiva, oltre che di grave rischio in caso di eventi sismici. In merito alle condizioni strutturali dei sottoservizi urbani, così si esprime un intervistato che abita e lavora nel centro sto-rico:

Nel centro storico abbiamo ancora un sistema fognario che risale non so a quale anno, quello antico fatto con i mattoni, sono dei cunicoli e la rete fognaria

Page 65: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

128 129

viaggia assieme con la rete idrica che porta l’acqua potabile nelle nostre case. Non c’è un piano urbanistico per quanto riguarda la rete idrica, quindi se viene un idraulico o uno del comune non sa dove mettere mani, non sa dove sono le chiavi d’arresto per chiudere l’acqua per poter fare un intervento. Se c’è un incendio, ed è capitato, nel mio quartiere c’è una casa che si è bruciata, i mani-cotti non si potevano aprire, perché non c’è manutenzione. Per poter prendere l’acqua le autobotti dei vigili del fuoco non potevano arrivarci perché non ci pas-sano, quindi noi siamo stati lì ad aspettare… qualcosa di allucinante (t.p. 15).

L’abbandono si concretizza, come si mostrerà in seguito, nella perdi-ta di importanti funzioni urbane, che prima venivano svolte nel centro storico. Ciò si sostanzia nel trasferimento di sedi istituzionali signifi-cative, nella diminuzione delle attività produttive e commerciali, nella scarsità dei servizi.

Qui non ci sono né servizi né attività economiche, quindi, alla fine le persone se ne sono andate perché non ha senso vivere dove non hai servizi ed attività economiche (t.p. 12).

L’abitato storico, abbandonato e privato dei servizi per la popolazione, verrà sempre più considerato come una zona in fase di degrado, dimenticandone sem-pre più i contenuti originari (t.p. 1).

Nell’immagine dei nostri interlocutori, oggi, il centro si presenta come una zona ignorata e non conosciuta dal resto della città, un gran-de quartiere interessato da forme di degrado in aumento e da uno spo-polamento graduale.

Il centro storico ha tantissimi problemi perché è stato spopolato. È colpa no-stra perché ce ne siamo andati. E quando una casa viene abbandonata ci sono problemi non solo per quella casa, ma anche per le case vicine, per le strade, per il contesto sociale. […] Spostarsi verso Nord, sulla valle del Crati, e andare a costruire e a consumare territorio, su quelli che erano terreni agricoli, ha com-portato che il centro storico è stato abbandonato (t.p. 5).

L’abbandono, dunque, è anche spopolamento, cioè perdita delle ri-sorse umane che costituiscono il tessuto vivo dei quartieri e delle città.

Le famiglie hanno gradualmente lasciato il centro storico e questa per-dita di presenze si rivela più pesante quando a diminuire sono le gene-razioni più giovani e in particolare i bambini.

[…] io pensavo al ’75 quando c’era lo Spirito Santo invaso di bambini. Adesso sono pochi. [...] Anche a scuola sono pochi i bambini. E sono pochi perché nel centro storico ci sono alcune famiglie tra virgolette vecchie, per vecchie intendo persone più anziane, e quando possono se ne vanno in un appartamentino dove c’è più caldo, c’è più comfort. Hanno pure ragione. […] Un anziano come fa? Io certe volte vado a fare visita agli anziani senza ascensore, stanno nel letto. Ma come si fa? Come fanno queste persone ad avere accesso ai servizi? (t.p. 9).

Infine, ma non per minore importanza, nelle rappresentazioni degli intervistati, l’idea di abbandono riguarda la dimensione istituzionale, riferita all’attenzione da parte innanzitutto delle istituzioni politiche, perlopiù assenti e disinteressate alla vita degli abitanti del centro stori-co, individuando un unico periodo di discontinuità, come segno di una possibile inversione di tendenza, seguito da un nuovo peggioramento delle condizioni strutturali e di vita nel centro storico, quasi a segnare un ritorno indietro nel tempo.

Un posto abbandonato . È come se ci fosse il muro di Berlino dal comune in poi, dal ponticello Mario Martire, un altro mondo. […] Ha avuto due picchi. Il primo picco quando io sono arrivata qui, il centro storico era completamente degradato. La gente aveva paura. Anche io da ragazzina avevo paura ad avvici-narmi. Poi c’è stata l’era Mancini che un po’ aveva scartavetrato questa imma-gine, per poi ritornare esattamente alla stessa condizione pre-Mancini. Siamo di nuovo ritornati a trenta anni fa (t.p. 12).

L’aspetto politico-istituzionale conferma quanto abbiamo provato ad illustrare nel capitolo precedente, in riferimento al ruolo delle élit-es, nel senso più ampio del termine, progressivamente disinteressatesi alla città antica e poco capaci di proporre forme efficaci di regolazio-ne sociale, al fine di mantenere un equilibrio e una connessione, anche in termini funzionali, tra città antica e città nuova. Nel paragrafo che segue, poniamo attenzione appunto alla perdita di funzioni, iniziata con le scelte politiche riguardanti il trasferimento di alcune importanti

Page 66: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

130 131

funzioni urbane in quello che è diventato il nuovo centro della città di Cosenza.

3.3. La perdita delle funzioni urbane

Nel quadro delle trasformazioni urbane, può accadere che alcune porzioni di territorio subiscano un processo di depauperamento-svuo-tamento delle funzioni che le hanno caratterizzate in precedenza (Ma-gatti, 2007). Questa dinamica può essere intesa o con riferimento alla corrispondenza tra specifiche funzioni e territori, nel senso della diffe-renziazione funzionale dei luoghi (come ad esempio può essere il caso dei quartieri operai sorti intorno alle fabbriche in cui la deindustrializ-zazione costringe a ricercare una nuova funzione) oppure, nel nostro caso, può riguardare un insieme composito, come nel caso dei centri storici, coincidenti in passato con l’intera città e per questo sedi delle principali funzioni urbane. Uno degli aspetti dell’abbandono del centro storico di Cosenza è, appunto, la perdita di queste funzioni, progressiva-mente trasferite nella città nuova. Il centro antico coincideva in passato con l’intera città e per questo racchiudeva al suo interno tutte le funzio-ni fino ad allora sviluppate in ambito urbano.

Come si è provato a descrivere nel capitolo precedente, ancora alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso (quando l’espansione edili-zia aveva raggiunto all’incirca l’attuale piazza XI Settembre), nel cen-tro storico viveva la maggioranza della popolazione cosentina e, quindi, questa parte di Cosenza svolgeva ancora funzioni abitative di massa e residenziali di lusso (i palazzi delle più importanti famiglie cosentine erano vicini e situati lungo corso Telesio e nelle vie circostanti). In esso, erano collocate le funzioni commerciali (negozi di vendita di vario tipo di merci, da quelle alimentari, agli utensili, alla materie pregiate) e ar-tigianali (botteghe), quelle istituzionali principali (sia civili sia religio-se), quelle finanziarie (le banche), alcune funzioni di natura industriale (come talune imprese), quelle scolastiche più prestigiose (pubbliche e private) e quelle culturali, legate alla presenza di istituzioni ed enti di antico e riconosciuto valore. Infine, la centralità funzionale era ribadi-ta anche dal punto di vista delle professioni private (molti importanti studi professionali erano lì ubicati), delle comunicazioni e dei trasporti (quando ancora l’era dell’automobile privata non era iniziata e il treno

era il mezzo di collegamento più utilizzato) e delle funzioni di pubblica sicurezza.

Negli stessi anni, traducendo le suddette funzioni in strutture, pos-siamo ricordare che nella città vecchia avevano sede il Municipio, la Provincia, la Prefettura, il Tribunale, il Carcere, i Vigili del Fuoco (isti-tuzioni e servizi civili), la Diocesi, l’industria Mancuso e Ferro, la Dire-zione Generale della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania (destinata a diventare una delle più grandi del Mezzogiorno e dell’intero paese), il Liceo Classico Telesio e il Convitto Nazionale insieme a una rete di istituti scolastici minori, il Teatro Rendano, l’Accademia, la Biblioteca Civica, l’Archivio di Stato e, inoltre, che le Poste Centrali, la Caserma dei Carabinieri, la stessa stazione ferroviaria erano situate ai piedi della città vecchia e contribuivano, così, a sottolinearne la funzione di bari-centro urbano, anche nei confronti dei comuni limitrofi.

L’insieme di queste funzioni e strutture faceva sì che, a metà del se-colo scorso, dopo i decenni di crescita urbana legata alle leggi speciali per la Calabria successive al terremoto del 1908 e dopo l’espansione in epoca fascista, con l’edificazione in pianura dei nuovi viali (corso Um-berto, viale Trieste, corso Mazzini) e dei nuovi quartieri popolari e per i lavoratori e per servizi (via Piave, via Isonzo, la zona di piazza Cap-pello, l’area ospedaliera ecc.), ancora la maggioranza della popolazione cosentina gravitasse nel centro storico perché vi abitava, vi si recava a lavorare, o a comprare, o a svolgere adempimenti burocratici e profes-sionali di varia natura.

Gli anni Cinquanta e Sessanta hanno corrisposto all’esplosivo e di-sordinato sviluppo urbano a Nord, senza un piano regolatore. Ciò si è tradotto nel raddoppiamento della popolazione di Cosenza in un solo ventennio (dai cinquantamila abitanti circa a fine anni ’40 ai 102.000 al censimento del 1971), frutto dell’inurbamento di quote ingenti di nuovi cittadini provenienti dalla provincia, che hanno trovato lavoro e alloggio nella parte nuova della città (all’inizio degli anni Settanta, infatti, l’espansione urbana aveva già raggiunto la caserma in via Pa-nebianco, cioè il confine nord della cinta urbana). Servizi, funzioni e strutture hanno seguito questo andamento dello sviluppo urbano e si sono, nel loro complesso, riposizionati, abbandonando il centro stori-co e spostandosi gradualmente laddove viveva ormai gran parte della popolazione. Riportiamo in seguito la lunga citazione estratta da un’in-

Page 67: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

132 133

tervista ad un testimone privilegiato, che descrive in maniera articolata questo processo:

[…] nel secondo dopoguerra c’era stato, come è successo in molte città so-prattutto del Centro-Sud, la corsa alla città nuova, alla nuova edilizia residen-ziale, al nuovo stile, e quindi diciamo che per la borghesia cosentina abitare nel centro storico era diventato una specie di disonore . Bisognava andare a Cosenza nuova. Cosenza nuova era la zona della borghesia. Per questo è successo che vi è stato uno spopolamento e anche un cambio di popolazione, cioè, quelli che sono rimasti, alla fine, sono stati gli ultimi, i più poveri. E naturalmente se ne sono an-date anche le attività economiche. Questo è stato un depauperamento progres-sivo del centro storico dagli anni Cinquanta […] siamo arrivati negli anni 70 con il municipio che se ne va, quindi anche questo centro della vita anche pratica, perché è un punto di riferimento, la gente ci va tutte le mattine, scompare, cioè se ne va nella città nuova, a piazza dei Bruzi. Il municipio vecchio ha una serie di usi strani, cioè prima viene usato come scuola, poi, ad un certo punto, viene completamente abbandonato, per cui c’è questa struttura, che era anche una struttura storica della città, in stato di progressivo abbandono. Viene abbando-nata ai topi, al marciume, a deposito di spazzatura, ecc. E questa cosa purtroppo succede in diversi edifici, nel 30-40% del territorio storico cosentino. Poi progres-sivamente succede che anche le attività culturali cominciano a deperire. Resiste per fortuna la Biblioteca civica, resiste la Provincia, mentre anche il Teatro Ren-dano comincia ad andare in crisi e a chiudere, un po’ apre un po’ chiude. Quindi a questo punto la vita si impoverisce. Io ricordo – questo è proprio un ricordo personale – a metà degli anni 80, una rivista di poesie che si chiamava Inomia, che vuol dire utopia in russo, e la faceva Fasano editore. […] La sede era proprio a corso Telesio. Noi ci riunivamo lì la sera, ma poi era una cosa curiosa perché quando uscivamo non c’era anima viva che passasse a piedi. C’erano solo queste macchine che scorrevano a velocità folle, per cui era veramente un bel rischio. Era davvero una cosa ai confini della realtà fare una rivista di poesia nel centro storico in quegli anni . In sostanza sono stati anni di abbandono progressivo del centro storico (t.p. 4).

Infatti, se pensiamo alle funzioni e alle strutture corrispondenti, possiamo agevolmente evidenziare le dimensioni del depauperamento in senso funzionale del centro storico, distinguendo le funzioni pubbli-che, quelle economiche, quelle religiose e culturali. Per quanto riguarda

le sedi delle istituzioni pubbliche e i servizi civili, rileviamo che il Mu-nicipio, la Provincia, il Tribunale, il Carcere, la sede dei Vigili del Fuoco, sono stati trasferiti nella città nuova. La stazione ferroviaria, come si è specificato in precedenza, è stata trasferita dal centro della città alla zona periferica di Vaglio Lise.

L’impoverimento delle attività economiche ha come simbolo il tra-sferimento della sede di quella che è stata una delle principali banche del Mezzogiorno, la Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania, poi di-ventata Carime. La diminuzione rilevante riguarda le attività produtti-ve esistenti nel centro storico. Con riferimento all’area territoriale da noi considerata (v. capitolo I), i dati dei Censimenti Istat sull’industria e sui servizi (tab.1), indicano una diminuzione delle unità locali da 979 nel 2001 a 614 nel 2011 (285 unità locali in meno, pari al 29,1%). Appare particolarmente consistente la riduzione del numero di addetti, pari a 3.145 nel 2001 e a 1646 nel 2011 (1.499 addetti in meno, pari al 47,7%).

In particolare, una variazione consistente riguarda le attività indu-striali (pari a 106 nel 2001 e diventate 78 nel 2011, con una variazione pari a -26,4%) e il relativo numero di addetti ( corrispondente a 426 nel 2001 e diminuito a 78 nel 2011, con una variazione pari a -66,9%). Anche le attività afferenti al terziario (commercio e altri servizi) sono notevol-mente diminuite nell’arco di tempo considerato. In termini di addetti, le variazioni percentuali corrispondono a -21,2% per il commercio e a -58,3% per quanto riguarda gli altri servizi).

Page 68: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

134 135

N. unità locali

Agric. Ind . Com . Al. servizi N. ad-detti

Agric. Ind . Com . Al.servizi

C e n t r o storico

2011 614 1 78 285 330 1.646 2 141 784 719

2001 979 1 106 294 578 3.145 1 426 995 1.723

Cosenza 2011 6.456 5 705 2.017 3.729 17.621 7 1.719 5.717 10.178

2001 6.304 10 856 1.779 3.659 18.272 29 2.733 5.356 10.154

Tab.1. Numero di unità locali e numero di addetti presenti nel centro storico e nell’intera città, anni 2001 e 20111

Fonte: nostra elaborazione su dati Istat. Censimenti dell’industria e dei servizi, 2001, 2011.

La diminuzione delle attività produttive è visibile nella chiusura del-le industrie che erano ai piedi della città antica per ultimo la Mancuso e Ferro, di cui rimane, come testimonianza, l’edificio in stile liberty, sede degli uffici amministrativi, nel quartiere dello Spirito Santo. Hanno chiu-so le loro attività anche molte botteghe, negozi e studi professionali. Nel centro storico, oggi, ne sono rimasti pochi. Sono pochi i professionisti, gli ingegneri, gli architetti, gli avvocati che hanno scelto il centro stori-co come sede dei loro studi e solo alcuni di loro hanno scelto di abitarvi. La perdita di vitalità economica è dimostrata, inoltre, dalla diminuzione delle attività commerciali presenti nel centro storico e delle attività ar-tigianali. Le vecchie botteghe, spazi significativi anche per la socialità, hanno progressivamente chiuso e non ne sono state aperte di nuove. Si è persa quella mescolanza degli usi, che, come evidenzia Jacobs (2009), è necessaria affinché un quartiere sia efficiente, vitale, luogo dell’etero-geneità, della differenza e del pluralismo. La mescolanza degli usi, in un quartiere, si riferisce alla coesistenza di residenze e luoghi di lavoro, uf-fici e negozi, biblioteche, musei, attrezzature pubbliche e private. Tutto questo favorisce la presenza continua di persone e permette l’incontro di vite, stili di consumo, culture ed etnie diverse. Inoltre, nei centri sto-rici, la presenza di un’articolata offerta di servizi costituisce una condi-zione importante affinché i centri storici, rimanendo vitali, assolvano la funzione di identificazione sociale, di riconoscimento di una collettività con la sua storia (Zanderighi, 2001 in Ferrucci, 2013). Il livello commer-ciale è, inoltre, connesso con quello residenziale. Si tratta, infatti, di due facce della stessa medaglia. L’impoverimento commerciale rende

1 I dati sono stati elaborati da Vincenzo Nicoletta.

i centri storici meno vitali e di conseguenza meno piacevoli da abitare, determinando possibili migrazioni; al tempo stesso la diminuzione della popolazione residente induce molti operatori commerciali a chiudere le loro attività (Fioroni, 2013).

[…] fino a qualche decennio fa nel centro storico c’erano anche delle attività significative dal punto di vista produttivo. Per esempio, allo Spirito Santo c’era Mancuso e Ferro. Quel posto dava lavoro a tanta gente. […] ricordo il rumore della sirena di Mancuso e Ferro, quindi era una realtà significativa, con tanti operai. Ma c’era anche un’attività commerciale abbastanza intensa. Per esem-pio, tutta la zona di corso Plebiscito, che è il corso che va da San Gaetano a San Francesco di Paola, era stracolma di negozi. Ancora adesso rimane qualcuno, ma prima c’erano negozi da una parte e dall’altra. […] Poi nei quartieri c’erano tanti piccoli esercizi commerciali. C’erano i salumieri […] e questi erano non solo attività commerciali ma erano anche luoghi di socializzazione, erano punti di riferimento, erano elementi di vitalità di un quartiere (t.p. 11).

[…] pochissimi artigiani, uno o due, un calzolaio, un falegname che qui c’è da 40 anni. Di altri artigiani mi sembra non ci sia nessuno e questa è la cosa che più rattrista considerando che questo era anche il corso degli orafi. […] Qui manca proprio questa presenza di artigianato di qualità ma anche di artigianato spic-ciolo come poteva essere il fabbro che ogni sabato portava i suoi manufatti, asce, zappe, tutte le cose per la campagna, forgiate da lui. Oppure gli artigiani della terracotta, i presepisti. Il ponte dei pignatari era il ponte su cui si vendevano, fino agli anni 50, le terrecotte natalizie. Era bellissimo. L’ombrellaio. Si tratta di una perdita notevole (t.p. 14).

Tra coloro che ancora esercitano le loro attività professionali nel centro storico, svolgendo anche funzioni importanti e rappresentando presidi importanti per gli abitanti, alcuni appaiono motivati a porta-re avanti le loro attività soprattutto per un senso di appartenenza al quartiere, altri manifestano l’intenzione di trasferire la propria attività, soprattutto a causa della diminuzione degli abitanti e quindi di coloro a cui destinare i servizi.

Il medico giovane perché dovrebbe venire qui? Io sono la prima che ha fatto

Page 69: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

136 137

richiesta di trasferimento […] Tra sette, otto anni il mio ruolo qui è assolutamen-te inutile perché non ci sarà a chi rivolgerlo (t.p. 12) .

Gli intervistati lamentano la carenza di servizi, sia pubblici che pri-vati. Nel centro storico mancano i servizi (come gli asili, mentre qual-cosa si sta facendo per gli impianti sportivi ed il verde attrezzato) che possono attrarre la popolazione più giovane, l’unica idonea a rigenerar-lo demograficamente (Mazzette e Sgroi, 2007), e quelli atti a sostenere la vita delle persone più anziane (innanzitutto quelli socio-assistenziali e socio-sanitari). Mancano i servizi commerciali elementari; le poche attività commerciali esistenti sono del tutto insufficienti a soddisfare i bisogni degli abitanti.

Come si è detto, i tentativi di rivitalizzazione economica sono stati e continuano ad essere realizzati attraverso gli incentivi ad avviare attivi-tà economiche (commerciali e di ristorazione) sostanzialmente rivolte non ai residenti, ma ai cosiddetti city users (Martinotti, 1993), fruitori di specifiche funzioni, legate, in questo caso, soprattutto all’intratte-nimento, in determinate fasce orarie della giornata. Inoltre, anche in termini di possibilità occupazionali, difficilmente le forme d’incentiva-zione economica promosse possono essere colte dagli abitanti del cen-tro storico, spesso persone o nuclei familiari in difficoltà e con minori disponibilità economiche. E in maniera altrettanto improbabile, alle possibilità occupazionali derivanti, in termini di servizi correlate a tali attività, si coniugano qualità, autorealizzazione e promozione umana; più spesso si genera un’occupazione di bassa qualità e fasce di working poors.

Per quanto riguarda la sfera religiosa, la Diocesi ha trasferito il pro-prio Seminario nel comune di Rende, mentre sono rimaste, nel centro storico, la sede arcivescovile e la Caritas. A rimanere sono soprattutto le strutture corrispondenti a funzioni di carattere culturale, sebbene anch’esse fronteggino, con diversa intensità, periodi difficili. Tra que-ste, vi sono il Liceo Classico, l’Istituto artistico, la Sovraintendenza per i beni architettonici ed ambientali, l’Accademia, la Biblioteca Civica, la Biblioteca Nazionale, la Casa delle culture, il Conservatorio musicale, la Pinacoteca nazionale, il teatro Rendano, il teatro Morelli. Molte di que-ste strutture, come si è detto, sono state restaurate e rivitalizzate ne-gli anni Novanta, e sono considerate, dai nostri intervistati, come il più

importante fattore di rinascita del centro storico. La cultura, secondo alcuni dei testimoni qualificati, potrebbe costituire il principale fattore di sviluppo del centro storico.

Quello che poteva essere e potrebbe ancora essere l’elemento, se non vincen-te, ma ancora un elemento che possa consentire al centro storico di fare passi avanti, per quanto piccoli, è sempre quello di farne una cittadella culturale […] Se fossero le risorse finanziarie per riprendere il discorso da quel punto, pro-babilmente si riuscirebbe a recuperare un’attività auto-alimentantesi perché è chiaro che nel momento in cui dieci, quindici contenitori culturali cominciano a svolgere un’attività forte, quotidiana, importante, attraggono. (t.p. 2)

C’è da evidenziare, come limite, che le sedi culturali presenti nel centro storico costituiscono istituzioni fruibili dall’esterno, in partico-lari momenti della giornata o dell’anno (di fatto, bypassando in questo modo completamente il vissuto quotidiano del centro storico, ignoran-do del tutto chi vi abita e lavora), secondo il succitato modello moder-no dei city users, cioè di coloro che si recano in un luogo specifico per usufruire di un particolare servizio (burocratico, sanitario, culturale, come nel nostro caso), senza interesse ad interagire con l’ambiente cir-costante. Alcuni centri storici, in Italia – come scrivono Mazzette e Sgroi (2007) – grazie a due fattori principali, la bellezza e la cultura, ereditate dal passato e mescolate con il nuovo, hanno ritrovato centralità e sono diventati uno snodo fondamentale delle città, assumendo un ruolo at-trattivo, in termini di attività creative, di nuove popolazioni, di consu-matori, visitatori e turisti. «La bellezza e la cultura sono ormai consi-derate in tutti gli insediamenti urbani (ricchi e poveri, grandi e piccoli) una risorsa economica importante» (ivi, p. 97), ma il successo di questo connubio, secondo questi studiosi, finora è stato possibile soprattutto laddove si sono verificate altre condizioni, come la rigenerazione del patrimonio costruito e il miglioramento infrastrutturale. Infatti, anche per quei centri storici, la cui forma di valorizzazione si è basata sul tu-rismo e su una mera funzione di conservazione, ci si è resi conto che, in generale, la concezione dei centri storici come archivi spaziali della memoria collettiva (attraverso musei, pinacoteche, chiese, edifici stori-ci) non può garantire alla lunga la sostenibilità delle attività economi-che, commerciali e artigianali (Ferrucci, 2013). Soprattutto, il processo

Page 70: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

138 139

di rivitalizzazione dei centri storici, oltre che dalle politiche cultura-li, ha bisogno di essere sostenuto da quelle politiche integrate rivolte alle condizioni di vita degli abitanti, spesso caratterizzate da forme di disagio sociale, disoccupazione innanzitutto, e povertà. Certe politiche culturali da sole «rischiano di avere un semplice effetto cosmetico […] [di] rappresentare una buona misura di marketing urbano ed ottene-re a breve termine un ritorno di immagine e di consenso» (Mazzette e Sgroi, 2007, p. 95). Con ciò, non si intende sottovalutare le potenzialità del patrimonio culturale di cui sono portatori i centri storici lì dove si acquisisce la capacità di coniugare conservazione e innovazione, solle-citando i livelli di partecipazione alle attività culturali e incentivando l’attrattività residenziale (Belardi, 2013).

3.4. Lo spopolamento del centro antico. Chi resta?

I dati socio-demografici dati esposti nel primo capitolo evidenziano la diminuzione progressiva degli abitanti del centro antico, nell’ultimo trentennio, dovuta principalmente ad un flusso in uscita di popolazione dall’abitato storico ai quartieri di recente edificazione. Il centro storico della città ha vissuto, dunque, un processo di spopolamento e, più volte, un parziale ricambio degli abitanti. Infatti, come già evidenziato, a par-tire dagli anni Cinquanta, mentre gli abitanti si spostavano nella città nuova, erano soprattutto gli immigrati provenienti dall’intorno provin-ciale che ripopolavano l’abitato storico. Tra la fine degli anni Settanta e la prima metà degli anni Ottanta, inoltre, alcune famiglie con maggio-ri difficoltà economiche si trasferirono nei nuovi quartieri di edilizia popolare (come San Vito, Stadio e via Popilia). L’abbandono della città storica ha progressivamente interessato tutti coloro che disponevano delle risorse adeguate per trasferirsi, soprattutto le generazioni più gio-vani, che ancora oggi, se possono, tendono a cambiare zona di residen-za. Si tratta spesso di forme di «mobilità forzata», proprie delle periferie (Giaccardi, 2007), che inducono alcune famiglie a spostarsi in altri quar-tieri della città, soprattutto per offrire ai propri figli altre opportunità, evitare forme di stigma ed etichettamento, sfuggire alla paura di vive-re in quartieri con elevata diffusione di fenomeni illegali. Sono pochi i casi di presenze provenienti dalla città nuova o dai comuni contigui che hanno acquistato e ristrutturato un’abitazione nel centro storico. Oggi, come si dirà, si può osservare la presenza di persone e famiglie stra-

niere che abitano le case lasciate vuote, spesso fatiscenti, adattandosi a vivere in condizioni di estrema precarietà sia dal punto di vista statico sia per le condizioni igienico-sanitarie. Si tratta, anche in questi casi, di una mobilità forzata, diretta, questa volta, verso i quartieri storici per la ricerca di un posto in cui ripararsi (ibidem).

Il centro storico di Cosenza non è stato interessato da recenti pro-cessi di gentrification, cioè, dall’arrivo di nuovi flussi residenziali da par-te di ceti medio-alti, attratti, nelle loro scelte residenziali, da aspetti simbolico-culturali, e portatori di nuovi stili di vita e identità culturali, potenziali dissolvitori delle identità collettive tradizionali (Cremaschi, 2008). Non costituisce neppure un’area urbana vissuta intensamente dai cosiddetti city users, persone cioè che utilizzano gli spazi e le strut-ture esistenti soltanto per lo svolgimento di specifiche attività. Soltanto nella breve fase di rivitalizzazione, tra gli anni Novanta e il Duemila, si è verificato, come ricordato più volte, un flusso di popolazione nottur-na perlopiù giovanile che sostanzialmente popolava il corso principale del centro antico per il divertimento serale. Oggi, i fruitori esterni del centro storico sono presenze più attenuate che vi si recano perlopiù in occasione di alcuni eventi culturali, presso i teatri o le altre strutture succitate.

Nel corso delle interviste sono emersi alcuni dei motivi che osta-colano le scelte di residenzialità nel centro storico. La vita nel centro storico è resa più difficile dalla già menzionata mancanza di servizi di ogni genere, pubblici e privati. I prezzi bassi del mercato immobiliare, pertanto, non incoraggiano l’acquisto di abitazioni. Le problematiche e rischiose condizioni di accessibilità, i costi alti delle ristrutturazioni proprio per le difficoltà di accesso alle abitazioni, i possibili conflitti che possono sorgere con gli altri condomini, magari anche abusivi, nell’af-frontare tali lavori sono altri fattori che scoraggiano la scelta di abitare nel centro storico. A ciò si aggiunge l’elevata diffusione delle attività di spaccio di stupefacenti, che, soprattutto per le famiglie con minori, costituisce un fattore di preoccupazione e inquietudine.

Chi rimane ad abitare nel centro storico? Quali sono le ragioni delle loro scelte residenziali? In questo paragrafo, proviamo ad aggiungere all’analisi quantitativa, esposta nei capitoli precedenti, alcuni elementi qualitativi rispetto alla descrizione degli abitanti che oggi tengono in vita la città antica. Se i più giovani, tendenzialmente, quando possono,

Page 71: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

140 141

lasciano i quartieri storici come luogo di residenza, a rimanere nel cen-tro storico sono soprattutto gli anziani, che costituiscono gran parte della popolazione residente e anche quella che incontra i maggiori osta-coli nel vivere in una zona con difficoltà di accesso e scarsità di servizi.

Sono preoccupata del fatto che progressivamente scomparirà proprio il quartiere, perché non venendo ad abitare nuova gente, i vecchi inevitabilmente arriverà il momento in cui […], non ci sarà nessun tipo di ricambio che consen-tirà un continuo rinnovamento della zona. Quindi […] stando così le cose, da qui a dieci anni, non ci sarà più questo quartiere dove io svolgo la mia attività (t.p. 12).

La maggiore evidenza è la mancanza di un tessuto sociale costituito da famiglie con bambini. La riduzione del numero dei bambini è uno dei cambiamenti più vistosi, che ha delle implicazioni significative per il fu-turo dei quartieri storici e che è riconducibile sia agli effetti prodotti dal generale calo demografico dovuto alla riduzione dei tassi di fecondità sia alla tendenza da parte delle giovani coppie a trasferirsi nei quartieri più nuovi della città.

20-25 anni fa questi quartieri pullulavano di bambini. Noi mediamente ave-vamo, soltanto qua, nel garage dove facevamo doposcuola, tra i 30 ed i 40 bam-bini tutti i giorni. C’erano famiglie con 5, 6, 9 figli, famiglie numerose, qui ed un po’ dappertutto. In pochissimo tempo, perché 20-25 anni sono un tempo relati-vamente ridotto, le presenze di bambini si sono drasticamente ridotte. Questo lo si vede, per esempio, andando nelle scuole. La scuola media Tommaso Campa-nella, che è dall’altra parte del fiume, nell’88-89 aveva sezioni fino alla F, adesso ha un solo corso, una prima, una seconda ed una terza media. Aveva 18 classi. Lo Spirito Santo aveva anche diversi corsi, adesso ne ha uno solo di scuola media. Un po’ perché le famiglie più accorte non vogliono che i figli stiano a scuola al centro storico. Ma questa però è una percentuale molto, molto limitata. La mag-gior parte degli abitanti frequenta le scuole dell’obbligo nel centro storico ed i numeri sono questi (t.p. 11).

Dal punto di vista della composizione sociale, le rappresentazioni de-gli intervistati rimandano all’immagine di una popolazione variamente composita in termini socio-economici, che vive in condizioni differenti,

ma con la presenza preponderante di fasce di popolazioni che vanno impoverendosi. Come s’illustrerà in seguito, sono evidenti i fenomeni di disagio sociale e di povertà che coinvolgono strati crescenti della po-polazione. Accanto alla presenza rarefatta di famiglie appartenenti agli strati sociali più alti della popolazione, che vivono in palazzi nobiliari o nella nuova zona residenziale sul lato est, vi sono famiglie riconducibili ai cosiddetti ceti medi, e, poi, in prevalenza, come già detto, soprattutto famiglie che fanno esperienza di situazioni d’impoverimento, famiglie fragili sia per quanto riguarda le opportunità di accesso alle risorse di cui hanno bisogno sia dal punto di vista dei legami e del sistema di re-lazioni che riescono ad instaurare. A loro si aggiungono le persone e le famiglie straniere che nell’abitato storico trovano più facilmente la disponibilità di un rifugio.

C’è una fascia di antiche famiglie che non se ne sono mai andate dal centro storico, hanno anche delle belle case a volte, ed è anche da elogiare perché al-tri avevano anche delle belle case e se ne sono andati via lo stesso. […] Poi c’è una fascia di famiglie normali, come impiegati ecc. Poi ci sono persone disa-giate come anche in altri quartieri. Ce ne sono sempre di più, questo è vero, ma anche le famiglie che prima avevano un lavoro e lo hanno perso adesso hanno aumentato questa schiera di persone che chiedono, chiedono [...] E poi ci sono anche quelli che abitano delle case che dovrebbero essere murate, chiuse, anche perché alcuni di questi proprietari non si fanno scrupolo ad affittare anche un magazzino umido e gli affitti non sono bassi, però non fanno nulla per rendere abitabile il luogo (t.p. 9) .

Chi può, dunque, soprattutto tra i più giovani, secondo i nostri inter-vistati, tende ancora a lasciare l’abitato storico per scegliere soluzioni abitative nelle zone più nuove della città. Per coloro che restano, le ra-gioni che spingono a rimanere nel centro storico sono essenzialmente riconducibili a due fattori prevalenti. Uno di questi riguarda le già men-zionate possibilità economiche. Il costo più basso degli affitti, per coloro che non dispongono di risorse sufficienti per trasferirsi, costituisce uno dei fattori che spinge a rimanere nel centro storico.

Alcuni rimangono perché non possono fare diversamente. Non riescono ad andare altrove perché le strutture particolarmente degradate hanno un costo

Page 72: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

142 143

inferiore. Altri perché ci sono nati o perché abitano in case che sono di loro pro-prietà. Ma chi ci è capitato per necessità vedo che non vede l’ora di andare via (t.p. 10).

L’altro motivo è il senso di appartenenza che sembra permanere e legare alcuni residenti al cuore antico della città di Cosenza. Si tratta, in questo caso, da un lato di alcune famiglie (di estrazione sociale alta o medio-alta) che rappresentano presenze radicate nel centro storico da generazioni, dall’altro, soprattutto persone anziane, che, in alcuni dei quartieri del centro storico, ritrovano ancora un senso di comunità. Con riferimento ad uno dei quartieri antichi, così si esprime un intervistato:

[…] per affetto, per un legame, cioè, chi è nato qui non se ne è andato. I vec-chi sono quelli che sono nati qui, si sentono legati con le radici a questo posto, perché ripeto, indipendentemente dal fatto che siamo dentro Cosenza, questa porzione di città è un paese, è una comunità. Quindi, non se ne vanno perché si sentirebbero strappati dalla comunità (t.p. 12).

Lo spopolamento e l’abbandono dei quartieri storici da parte dei re-sidenti ha favorito, come suddetto, soprattutto negli ultimi anni, le pos-sibilità per le persone straniere di trovare, in quest’area della città, delle dimore o comunque un posto per dormire, sebbene spesso si tratti di al-loggi pericolanti o comunque in condizioni insalubri. Il costo più basso degli affitti e la possibilità di occupare abitazioni abbandonate o magaz-zini umidi e fatiscenti sono i fattori che richiamano la popolazione stra-niera nei quartieri storici della città. Di recente, in conseguenza dello sgombero del campo rom nella zona di Vaglio Lise, da parte dell’Ammi-nistrazione comunale, e del successivo smantellamento della tendopoli allestita nei pressi della stazione ferroviaria, coloro che hanno deciso di rimanere in città si sono diretti perlopiù nei quartieri storici, cercando abitazioni in affitto oppure occupando quelle vuote. In Italia, uno dei cambiamenti più vistosi delle periferie e dei centri storici di alcune cit-tà è proprio costituito dall’arrivo degli immigrati, il che comporta una trasformazione profonda dei quartieri, in termini di valori e stili di con-vivenza, e richiede politiche e forme partecipative non di tipo emergen-ziale e rivolte al “controllo degli indesiderati”, ma finalizzate appunto alla realizzazione di servizi di accompagnamento ed integrazione per la

costruzione di una “nuova urbanità” (Cremaschi, 2008). Nel centro sto-rico di Cosenza, la presenza della popolazione straniera rimanda, nella maggior parte dei casi, ad uno dei volti estremi della povertà urbana. Gli immigrati perlopiù svolgono le loro attività in altre zone o fuori della città e, soprattutto quando si tratta di persone sole senza famiglia, uti-lizzano le abitazioni o i rifugi di fortuna nelle centro storico soltanto come un riparo per la notte ed un posto dove tenere le poche cose di cui dispongono.

3.5. Disagio sociale e povertà

In questo paragrafo soffermiamo l’attenzione su un ulteriore aspet-to del processo di periferizzazione ossia sulle forme del disagio sociale, intese come difficoltà di accesso ai diritti di cittadinanza sociale. Le di-mensioni del disagio sono molteplici e riguardano aspetti diversi della vita delle persone, i quali possono intrecciarsi tra loro, in percorsi di-namici e cumulativi di impoverimento. Questi percorsi sono caratteriz-zati da un’esposizione crescente ai rischi sociali, che genera condizioni comprese tra la vulnerabilità e l’esclusione sociale (Castel, 1997). L’o-rizzonte della vulnerabilità sociale si riferisce a situazioni intermedie, meno visibili, caratterizzate da un elevato grado d’incertezza e da una «situazione di vita in cui l’autonomia e la capacità di autodetermina-zione dei soggetti è permanentemente minacciata da un inserimento instabile dentro i principali sistemi di integrazione sociale e di distribu-zione delle risorse» (Ranci, 2002, p. 24), che sono il lavoro, la famiglia, il sistema di welfare. L’esito finale dei percorsi d’impoverimento, invece, porta alle forme estreme e più visibili dell’esclusione sociale, caratteriz-zata dalla perdita quasi definitiva dei diritti, dalla mancanza di risorse, dalla disaffiliazione (Castel, 2000) rispetto alle relazioni sociali di sup-porto e riferimento affettivo. Una povertà che assume principalmente due volti, quello materiale, riguardante il reperimento delle risorse ma-teriali per condurre una vita dignitosa, e quello relazionale, inerente le reti di prossimità, innanzitutto quelle familiari ed amicali.

I fenomeni menzionati si generano e si riproducono nello spazio urbano che è al tempo stesso uno spazio fisico e uno spazio sociale. Nell’ambito di una città, pertanto, diventa possibile scorgere una «plu-ralità di mondi urbani che coesistono in un rapporto di prossimità fisica ma di forte differenziazione sociale e culturale» (Mazzette, 2003, p. 38).

Page 73: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

144 145

Nelle città si assiste spesso alla contrapposizione tra aree di particolare qualità, ricchezza e prestigio ad aree di povertà, con una concentrazio-ne diseguale di capacità di accesso e di acquisizione delle risorse. Spirali di degrado coinvolgono specialmente quei quartieri in cui si concentra-no i fattori di svantaggio, come esclusione dal mercato del lavoro, isola-mento sociale, discriminazione nella dotazione infrastrutturale (Vicari Haddock, 2009).

I quartieri storici costituiscono zone sensibili della città di Cosen-za in cui da molto tempo si concentrano dinamiche di disagio socia-le e povertà. Dal punto di vista territoriale, si è detto che l’area da noi individuata come città antica è abbastanza ampia e comprende diversi quartieri e rioni con caratteristiche strutturali e sociali differenti. Per quanto riguarda i fenomeni di disagio e di povertà, gli intervistati, at-traverso le loro rappresentazioni, evidenziano la diffusa presenza di fa-miglie in difficoltà nell’intero abitato storico, indicando alcune piccole aree di maggiore concentrazione, come il rione della Massa, quello della Garrubba, quello di Santa Lucia, dove appaiono anche più evidenti i fe-nomeni di degrado delle abitazioni stesse.

Lo spazio può essere inteso come “dotazione contestuale” (Cappel-letti, 2007), e in tal senso esercita un’influenza determinante sulle di-namiche di impoverimento. Infatti, «la ricchezza e la varietà, lo stato di efficienza, l’elemento estetico della struttura urbanistica ed archi-tettonica, dell’articolazione viaria, degli spai verdi e di quelli di socia-lizzazione e di socialità non appaiono affatto neutrali nella valutazione del benessere o, viceversa, del disagio delle popolazione che con quello spazio e le sue dotazioni interagiscono. […] Le dotazioni contestuali – soprattutto quelle legate ai luoghi dell’abitare – si rivelano un parame-tro importante nell’analisi di agio e disagio. […] A questo primo insieme di fattori si aggiungono le risorse della sfera istituzionale ed economica […] elementi strutturali essenziali, dal momento che partecipano am-piamente e in modo sostanziale alla costruzione degli scenari di vita (ivi, p. 288)». Il contesto territoriale può essere inteso come contenitore di opportunità e vincoli economici, culturali e relazionali, per gli indi-vidui che in esso fanno esperienze, intraprendono carriere scolastiche, svolgono attività lavorative, intessono relazioni sociali, elaborano i pro-pri schemi cognitivi ed interpretativi (Bagnasco e Negri, 1994; Bagna-sco, 2003; Introini, 2007).

Della multidimensionalità dei fenomeni di disagio e impoverimento fanno esperienza molti degli abitanti dei quartieri storici della città. In particolare, la mancanza di lavoro e di reddito da un lato, l’indeboli-mento dei legami di prossimità, dall’altro, aumentano i rischi di povertà ed esclusione, a fronte di un’assenza di politiche, in termini di servizi e sostegni al reddito. Le forme del disagio, nei loro differenti aspetti, interessano i bambini, i giovani, gli anziani e spesso accade che le condi-zioni di povertà si tramandino da una generazione all’altra, come unica forma di vita possibile. Le condizioni esistenziali di parte della popola-zione del centro storico sembrano caratterizzarsi da un tendenziale im-poverimento, inteso come perdita delle “capabilities”, cioè delle capacità umane fondamentali adeguate ad acquisire i “funzionamenti” – “stati di essere e di fare” – che corrispondono alle libertà sostanziali, alla pos-sibilità di poter scegliere il modo di condurre la propria vita. Vi sono capacità e funzionamenti essenziali come quello di nutrirsi, di curare la propria salute e altri più complessi come l’istruzione, il tessere relazioni soddisfacenti, la capacità di avere rispetto di sé (Sen, 1994). Riportiamo alcune testimonianze che rappresentano condizioni e aspetti diversi dei fenomeni di impoverimento nel centro storico.

Le famiglie che abitano [nel centro storico] hanno come problema principale sicuramente il lavoro. Difficile trovare famiglie al centro storico con entrambi i coniugi impiegati in una qualche attività lavorativa. E per i giovani la situa-zione è decisamente ancora più drammatica. C’è un’alta dispersione scolastica, anche qui nelle sue diverse manifestazioni […] Le condizioni abitative sono me-diamente abbastanza precarie in tutti i quartieri di Cosenza Vecchia. Questa cosa diventa particolarmente impegnativa per gli anziani perché c’è una per-centuale di anziani che va crescendo . Molti anziani del centro storico sono soli e abitano in case senza ascensore. Insomma, la vita per le persone anziane anche autosufficienti o parzialmente autosufficienti non è una vita facile. Quindi, fare la spesa è un problema, anche perché essendo spariti quasi completamente i sa-lumieri di quartiere, per un anziano fare la spesa diventa un’impresa (t.p. 11).

Noi abbiamo due o tre famiglie che letteralmente assistiamo. I bambini van-no a scuola però conosciamo anche le famiglie, quindi abbiamo anche più di due o tre famiglie le quali sinceramente vengono a prendersi i resti della mensa, chiedono abiti, abitano in situazioni assai degradate e sono quelle che noi let-

Page 74: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

146 147

teralmente assistiamo […] Nella scuola dello Spirito Santo che non è grossissi-ma, io posso immaginare che […] una quindicina di famiglie che hanno davvero difficoltà ci sono. Sulla popolazione dello Spirito Santo che è di 200 bambini, rappresenta appunto un 6-7% (t.p. 13).

Soffermiamo ora l’attenzione sulle diverse forme di disagio che si incontrano nel vissuto dei quartieri storici di Cosenza. Una prima forma è quella legata al percorso scolastico, sin dall’infanzia, con esperienze di abbandono o comunque di difficoltà e, conseguentemente, con la ridu-zione delle aspirazioni personali rispetto alla propria autorealizzazione e la più debole costruzione di quelle capacità adeguate a conseguire sta-ti di benessere (Sen, 1994) e che si definiscono, appunto, in base al dialo-go che l’individuo tesse con gli ambienti di riferimento, sin dall’infanzia (Nussbaum, 2012).

Nel mio tipo di formazione, la scuola è stata sempre vista come un’oppor-tunità importante di promozione umana, di crescita, di riscatto, mentre qui ho notato una sorta di rassegnazione come dire che la situazione è così e non può cambiare, per cui ecco l’impegno del doposcuola era nato proprio per questo, per incentivare un impegno serio che passa attraverso la cultura, attraverso lo studio e invece vediamo che ancora ad oggi sono pochi i giovani che proseguono gli studi, soprattutto in questi ceti più bassi (t.p. 10) .

Dopo gli studi, per le fasce più giovani della popolazione, le forme di disagio principali sono quelle legate all’inserimento nel mercato del lavoro, il che porta con sé innanzitutto la scarsità di risorse materiali, quindi la possibilità di condurre una vita dignitosa, oltre che difficoltà nella costruzione dell’identità personale e nell’integrazione in reti di relazioni soddisfacenti. Il lavoro, infatti, risponde ad un bisogno di rico-noscimento degli individui nella società, che, appunto, riconosce l’altro anche attraverso i ruoli lavorativi ricoperti. Il lavoro emancipa e confe-risce autonomia agli individui, evitando forme di dipendenza. Il lavoro rappresenta un legame fondamentale di integrazione sociale, per sen-tirsi parte della società. La sua perdita e la mancanza cronica relegano le persone ai margini della società e producono sofferenza esistenzia-le per quanti ne fanno esperienza, in assenza di altre reti di sostegno. All’interno dei quartieri del centro storico sono diffuse le problemati-

che sociali relative al difficile inserimento lavorativo, allo svolgimento di occupazioni saltuarie, alla perdita di lavoro, alla percezione di redditi al di sotto del minimo vitale. Risulta fondamentale in questi caso la pre-senza di una rete familiare di sostegno. Accade che attorno alle misure per l’accompagnamento ed alle pensioni degli anziani ruotano anche le vite altri membri della famiglia.

C’è il disagio profondissimo legato alla mancanza di lavoro. Anzi qui, pro-prio, sarebbe più pertinente parlare di povertà. Non so se siamo in grado di quantificarla ma la percezione della percentuale di persone e di famiglie in po-vertà assoluta è davvero molto elevata (t.p. 11).

Siamo dunque nell’ambito della povertà materiale legata alla sfera economica. Al difficile inserimento nel mercato del lavoro e quindi alle condizioni di precarietà lavorativa o di disoccupazione sono connesse, infatti, le difficoltà economiche, che si concretizzano anche nell’impos-sibilità a soddisfare i bisogni primari, come quelli alimentari o legati alla salute.

I bisogni principali riguardano quelli primari, per alcuni di loro, fare la spesa e da questo punto di vista anche l’alimentazione corretta. Ho una famiglia con un bambino diabetico, che adesso ha dieci anni, ma lo è almeno da 4, […] mi vie-ne difficile fargli capire quanto è importante il percorso che facciamo perché mi dice: “Dottorè, io questo posso dargli da mangiare”. Quindi è una cosa davvero importante per me non riuscire a raggiungere un obiettivo perché esiste questo fattore limitante (t.p.12).

Noi abbiamo aderito al banco alimentare. Nel passato erano un numero si-gnificativo ma non così forte come quello di adesso, quindi abbiamo notato che nel corso del tempo c’è stato una richiesta notevole anche da parte di alcune del-le famiglie che fino a qualche anno fa vivevano dignitosamente. [...] Le famiglie italiane che bussano alla Caritas sono aumentate notevolmente. C’è stata questa crisi che ha portato anche ad alcune richieste […] perdita di lavoro o comunque il non riuscire ad arrivare a fine mese, per cui anche superando quella soglia di pudore, di vergogna che poteva esserci, non hanno esitato a venire a chiedere per la bolletta che non riuscivano a pagare, sia per la luce sia per il riscaldamen-to, per delle insolvenze che avevano, per cui con dei fondi che riusciamo, grazie

Page 75: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

148 149

anche alla generosità di alcuni parrocchiani e ad alcune iniziative che la Caritas stessa promuove, cerchiamo di intervenire fin dove è possibile, di rispondere a queste esigenze. Che cosa chiedono? Alcuni dei beni primari, la possibilità anche di un lavoro e devo dire che purtroppo in questi ultimi anni abbiamo notato che la situazione si è invertita, mentre prima erano tante le famiglie che chiedevano referenze su alcune persone come badanti, come cameriere, era maggiore la do-manda di lavoro anche dal resto della città, oggi abbiamo una richiesta notevole di persone che vorrebbero lavorare e non sanno come fare (t.p.11).

Un aspetto molto importante riguarda i bisogni sanitari e le difficol-tà o l’impossibilità a sostenere le cure, a causa della mancanza di risorse economiche e delle inefficienze di alcuni servizi. La povertà economica, infatti, impedisce l’accesso alle cure mediche superiori rispetto a quelle di base previste dal sistema sanitario nazionale.

Noi tutti i giorni abbiamo gente che non ha i soldi per pagare i farmaci, che viene in farmacia e gli facciamo il credito e poi aspettiamo che ci danno i soldi, gente che poi non te li porta, pazienza (t.p.15).

Le cure non di base sono un lusso che non si possono permettere. Non le na-scondo, le sembrerà strano, ma io qui ho la famosa “libretta”, per persone che non hanno la possibilità ed a cui dò la possibilità di pagare quando ce l’hanno la possibilità perché non mi posso rifiutare di sostenerli da questo punto di vista. Mi posso rifiutare di dargli le caramelle ma se hanno bisogno di una medicina, in coscienza, non riesco a farlo. Questo è legato al rapporto che esiste in questa situazione perché probabilmente se fossi nel centro di Cosenza questo problema non me lo porrei. Però siccome io conosco realmente le necessità e le possibilità, mi accollo questo servizio sociale che non dovrebbe spettare a noi . Per questo le dico che politicamente è stato deciso di abbandonare questa cosa (t.p.12).

A questo si aggiungono le inefficienze dell’assistenza sanitaria a livel-lo locale e, soprattutto, della medicina territoriale. Per esempio, rispet-to alle condizioni di non autosufficienza, si riscontrano le inefficienze dei servizi di assistenza domiciliare integrata. Altre carenze riguardano l’accesso alle cure odontoiatriche o a quelle oculistiche.

L’ASL dovrebbe avere degli ambulatori, o comunque, adesso hanno dato a

noi farmacie la possibilità di fare le prenotazioni, funzioniamo come Cup, però sono penalizzati dal fatto che si paga 2 euro e dieci, la prenotazione in farma-cia, quindi l’anziano che non le ha non viene in farmacia ma deve andare a via Popilia che è il posto più vicino per prenotarsi. Telefonicamente un anziano non lo fa perché non lo sa fare ma anche perché non rispondono, quindi non c’è un centro di prenotazione e non c’è un poliambulatorio che garantisce una serie di prestazione. Qui al centro storico non c’è neanche il pediatra (t.p.15).

Ancora più difficili sono le possibilità di cura per gli stranieri:

Loro vengono in farmacia e vengono a chiederci dei farmaci. Quello che pos-siamo dare lo diamo. Perlopiù chiedono antibiotici, antinfiammatori perché poi sono legati a problematiche di vivibilità dei posti, quindi magari vivono in con-dizioni di freddo, di umidità, […] (t.p.15).

Ad offrire cure sanitarie agli immigrati è il gabinetto medico dell’au-ser che ha sede da cinque anni nel centro storico (ora in via di trasferi-mento) e che è diventato un riferimento per tutti gli abitanti del quar-tiere. Esso risponde alla sostanziale carenza di assistenza gratuita da parte dell’asl agli immigrati, sebbene essa sia prevista dall’ordinamento legislativo nazionale. Nell’ambulatorio medico operano medici volon-tari, vari specialisti che ruotano attorno alle figure centrali di medici di base, anch’essi volontari, e che offrono una continuità delle cure alle persone che vi si rivolgono e vi è, inoltre, un ambulatorio odontoiatrico con la presenza costante di odontoiatri volontari che, per più giorni alla settimana, offrono cure dentistiche.

L’abitare costituisce un’altra dimensione attraverso cui si declina il tema del disagio e della povertà. Nei quartieri storici della città di Co-senza il disagio abitativo è molto presente. Ciò è dovuto innanzitutto alle condizioni strutturali degli edifici esistenti nel centro storico e allo stato dei sottoservizi (per quanto riguarda le infiltrazioni di acqua) o degli impianti elettrici, per cui, sono frequenti anche incidenti poiché gli impianti non sono a norma. Vi sono poi le difficoltà ad adempiere a tutte le spese legate al mantenimento di un’abitazione e quindi quelle relative ai servizi, come luce, acqua, gas, e sono diffusi anche gli allacci abusivi alla rete elettrica o a quella idrica.

Un fenomeno sempre più presente nel centro storico è quello dell’a-

Page 76: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

150 151

busivismo residenziale, cioè dell’occupazione di interi edifici o di singole abitazioni da parte sia di un numero crescente di cosentini residenti che non dispongono di una casa sia di persone e famiglie immigrate in cerca di una dimora. Ad essere occupati sono edifici di varia natura, alcuni pubblici, come, ad esempio, il palazzetto dello sport nella zona di Cosen-za Casale, oppure la scuola media, ristrutturata di recente, nel quartiere di Porta Piana, oppure altri palazzi destinati ad edilizia residenziale, ma occupati prima del completamento delle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi, insufficienti comunque rispetto al fabbisogno.

A fianco dei bisogni e delle privazioni materiali, si incontra una po-vertà relazionale, fatta di mancanza di punti di riferimento, di relazioni di aiuto, nei casi più estremi di storie di solitudine. In un quartiere con un’elevata presenza di popolazione anziana, l’indebolimento delle ri-sorse relazionali assume particolare radicalità proprio per questa fascia di popolazione. I testimoni privilegiati che operano nei quartieri del centro storico raccontano storie di abbandono e di emarginazione. Rap-presentativa delle difficoltà che vivono in particolar modo gli anziani e dell’intreccio di diversi fattori di fragilità è la descrizione degli abitanti di un condominio, presso i quali alcuni volontari si recano a far visita.

Allora, entriamo, nell’appartamento di piano terra abbiamo trovato una si-gnora che ci ha fatto entrare ed era in casa col marito che era reduce da un ictus. Il marito che aveva sempre lavorato ma che già da due o tre anni era su una sedia a rotelle, stava smaltendo i postumi dell’ictus. Questi due genitori ci parlavano della figlia disoccupata che abitava con loro. Andiamo al piano supe-riore ed abbiamo trovato un’altra situazione angosciante, cioè marito, moglie a letto con cirrosi epatica ed in casa il figlio sposato, con figli, e disoccupato, tutti in questa stessa casa. Saliamo sopra, nell’appartamento c’erano una mamma e una figlia che abitavano in questa casa di cui loro si erano appropriate perché loro accudivano la proprietaria della casa che era una persona anziana, che però era morta da alcuni anni, quindi a loro era rimasta la casa ma non ave-vano più un reddito, e quindi non sapevano come sbarcare il lunario. Piano di sopra, bussiamo e nessuno apre. Allora andiamo all’ultimo piano ed abbiamo trovato un signore, […] l’appartamento era veramente un campo di battaglia. Chiacchierando, abbiamo capito che questa persona era ritornata da Borgo dei mastri da poche settimane, una persona con disturbi mentali, viveva nel caos in casa e quando gli abbiamo detto che avevamo bussato al piano di sotto e che non

ci avevano aperto, lui ci ha detto che la persona al piano di sotto era la sorella, non ci aveva aperto perché era tornata dal Mariano Santo dove aveva fatto la chemioterapia per un tumore ai polmoni. Ora, questo in un condominio. Quindi, in un condominio c’era l’ictus, la disoccupazione, malattia mentale, in un solo condominio. Se estendi la riflessione a tutto il centro storico […] è una realtà fragile, dove però le forme della fragilità, sono tante, si intrecciano e producono, come in alcune situazioni effetti dirompenti (t.p.11).

Un altro esempio di esclusione e d’intreccio delle diverse forme di disagio sociale è la storia di un bambino e della sua famiglia, segnata da difficoltà economiche gravi, disagio abitativo ed episodi di violen-za familiare che si ripercuotono in modo drammatico sulle vite dei più piccoli.

C’è Luca2, un bambino di terza elementare, il quale […] non voleva entrare a scuola, quindi ogni mattina Luca era steso sul marciapiede e protestava perché non voleva staccarsi dalla madre […] Luca non veniva a scuola, poi piano piano siamo riusciti a farlo entrare, a farlo partecipare alle attività, però ciclicamente ritornavano questi problemi. Poi, appunto, cercando di capire si scopre che Luca si frapponeva fra la madre e il padre, che era un violento. Quindi la sua presenza significava, secondo lui, la possibilità di tutelare la madre. […] Vivevano in una capanna un po’ più su, verso il fiume, quindi disagi di tutti i tipi. E la madre era una di quelle che veniva di nascosto, alle due del pomeriggio a prendersi i resti della mensa. Luca non aveva mai visto uno spettacolo teatrale, non era mai andato in gita, alla fattoria biologica, dove siamo andati con tutti gli altri compagni (t.p.13).

La storia di Luca evidenzia la multidimensionalità dei vissuti di po-vertà e la forte correlazione che intercorre tra i diversi aspetti. I feno-meni di povertà e le forme ineguali dell’integrazione sociale sono spie-gati da Paugam (2013; 2014) a partire da differenti tipi di legami sociali, i quali rinviano a sistemi normativi specifici e che legano gli individui ai gruppi e alla società nel suo insieme. Questi legami costituiscono il tes-suto sociale che avvolge l’individuo, la cui identità può essere declinata in riferimento alla sua nazionalità (legame di cittadinanza, comprensi-

2 Luca è un nome fittizio.

Page 77: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

152 153

vo dei diritti e dei doveri), alla sua professione (legame di partecipazio-ne organica), ai suoi gruppi di appartenenza (legame di partecipazione elettiva) e alle sue origini familiari (legame di filiazione). Un legame è forte quando assicura all’individuo protezione di fronte ai rischi e sod-disfa il suo bisogno di riconoscimento, origine della sua identità e della sua esistenza in quanto essere umano. La forza cumulativa dei quattro tipo di legami, la loro interconnessione e complementarietà conducono ad un’integrazione sociale stabile. Al contrario, la loro fragilizzazione oppure la rottura si traducono in deficit di protezione e di riconoscimen-to, dando origine a condizioni sociali disuguali. Anche la già menzionata teoria della regolazione sociale (Polanyi, 1944), intesa come processo di allocazione delle risorse materiali e immateriali, offre una spiegazio-ne delle dinamiche di povertà, aventi origine dall’indebolimento dei soggetti (comunità, mercato e politica) e dei rispettivi meccanismi re-golativi (reciprocità, scambio e redistribuzione). Nel Sud Italia, come spiega Fantozzi (2012), la debolezza regolazione sociale è rilevabile nel-la fragilizzazione e manipolazione delle relazioni comunitarie, nelle di-storsioni del mercato del lavoro nonché nei fenomeni clientelari, nella propensione a forme di istituzionalizzazione e sussidiazione che hanno contraddistinto la sfera politica.

Nel prossimo paragrafo prendiamo in considerazione i legami comu-nitari, in particolare le relazioni di prossimità che s’instaurano nell’am-bito dei quartieri e le loro forme di erosione. Per relazioni di comunità, facciamo riferimento alla definizione di Weber (1995, p. 38), secondo cui «una relazione sociale deve essere definita comunità se, e nella misura in cui la disposizione all’agire sociale poggia su una comune apparte-nenza soggettivamente sentita (affettiva o tradizionale) degli individui a cui essa partecipano». L’elemento fondante della comunità è, dun-que, l’appartenenza, ossia il “comune sentire” in base al quale i soggetti coinvolti in una relazione orientano reciprocamente il proprio atteggia-mento. I contenuti dell’appartenenza sono gli affetti (gli elementi sim-patetici di compartecipazione) e le tradizioni (cioè che è valido da sem-pre e si trasmette attraverso le generazioni). I quartieri urbani, come ha dimostrato la sociologia, non costituiscono delle comunità, ma al loro interno è possibile rilevarne delle tracce (Bagnasco, 1999), in termini di presenza più o meno intensa di relazioni comunitarie.

3.6. Socialità urbana e legami di prossimità

Nella più volte citata ricerca sulle periferie italiane, Magatti (2007) mette in luce come la tradizionale funzione della socialità tipica della città sia sottoposta a processi di erosione: «Contrariamente ad alcune fasi del passato, quando la solidarietà di vicinato e la cultura del quar-tiere erano in grado di rappresentare una scialuppa di salvataggio nei momenti difficili dell’esistenza, oggi per gli individui che vivono nei quartieri sensibili sembrano venire meno anche queste risorse: l’ato-mizzazione e la solitudine pervadono tutte le pieghe della vita quoti-diana ed in modo macroscopico intaccano il benessere e la qualità della vita» (ivi, p. 490-491). In generale, come evidenzia Giaccardi (2007, p. 213), nella stessa ricerca, «la vita urbana contemporanea sembra segna-ta un po’ ovunque da una tendenziale rarefazione dell’esperienza della socialità e dell’integrazione, funzioni che appaiono sempre più residua-li, secondarie». Il ritrarsi della socialità corrisponde ad una chiusura nel proprio privato e all’abbandono degli spazi comuni, come la strada, la piazza, il negozio di prossimità.

Per quanto riguarda la realtà da noi analizzata, le rappresentazioni degli intervistati evidenziano, la fragilizzazione dei legami di prossi-mità, innanzitutto quelli di vicinato, rispetto alle consuetudini tipiche della vita di quartiere nei decenni precedenti. Il tessuto sociale ha perso la vivacità relazionale che un tempo caratterizzava l’abitare nella città antica. La prossimità fisica non trova corrispondenza nella prossimità relazionale.

Manca quella armoniosa vitalità che c’era sul piano economico. I mercatini che c’erano nelle piazze, le botteghe tutte aperte. Ogni androne che era abitato e quindi quello faceva festa. Non ci sono più bambini che schiamazzano in mezzo alla strada. Una volta si giocava qui, oggi non più. Oppure non senti la signora che chiama la comare […] voci, colori, suoni, i panni stesi, che oggi non ci sono più. […] ci sono cose che sono cambiate sul piano dei costumi, delle abitudini […](t.p.14).

Questo processo d’indebolimento delle relazioni all’interno dei quar-tieri non coincide con la totale scomparsa dei legami di solidarietà e di aiuto reciproco, spontanei o promossi dalle istituzioni presenti nel cen-tro storico, come la scuola o la chiesa, ma evidenzia un indebolimento

Page 78: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

154 155

profondo vita di quartiere così come si esprimeva nel passato più recen-te e la perdita di molti degli elementi che la distinguevano:

Relazioni di vicinato abbastanza intense, vere e proprie relazioni di comu-nità, quindi la possibilità di frequentarsi, nella vita quotidiana, tra persone che abitavano in un stesso contesto, non solo nello stesso condominio, ma proprio sulla stessa strada, e poi la vita all’esterno, la vita sulla strada. I bambini e gli adolescenti facevano molta vita di strada, si auto-organizzavano, la loro pre-senza era percepibile nei quartieri e poi c’erano luoghi di socializzazione che venivano frequentati, come la piazza. La piazza dello Spirito Santo era un punto di riferimento per tutti gli adulti, soprattutto a primavera ed in estate, e nella seconda parte del pomeriggio . […] Ma anche in questo quartiere che non ha una piazza, quando noi siamo venuti e abbiamo iniziato a lavorare con i ragazzi, noi siamo stati accolti da un quartiere e bastava poco per poter sollecitare dinami-che di coinvolgimento che vedevano coinvolte tutte le famiglie anche quelle di questo quartiere che era il più incasinato già all’epoca. Quindi, questa dimen-sione di vita di quartiere si è molto, molto rarefatta, per cui c’è stato un ripie-gamento delle famiglie o di quello che rimane delle famiglie un po’ all’interno (t.p.11).

Gli intervistati fanno notare come anche la chiusura dei servizi com-merciali esistenti nell’abitato storico abbia comportato un perdita non solo dal punto di vista economico, ma anche in termini di relazioni, di piccoli riferimenti nella vita quotidiana.

Nei quartieri c’erano tanti piccoli esercizi commerciali. C’erano i salumieri, cioè lungo la strada che va da San Francesco d’Assisi a Largo Vergini ce n’erano almeno 5, forse anche 6, e questi erano non solo attività commerciali ma erano anche luoghi di socializzazione, erano punti di riferimento, erano elementi di vitalità di un quartiere (t.p.11).

Nei casi più estremi, quando la fragilizzazione dei legami interessa sia quelli familiari sia quelli amicali o attinenti alla sfera lavorativa, si incontrano storie di solitudine e di isolamento.

Ho molti casi di alcolismo femminile […] donne che nell’alcol, che è anche la cosa più immediata, forse più semplice da reperire, si abbandonano per sfuggi-

re, per stordirsi, per non affrontare soprattutto solitudini, perché in genere sono persone di una certa età, più avanti negli anni, quindi quel senso di abbandono, di solitudine (t.p. 10).

Emerge, dunque, un ripiegamento all’interno della vita privata, che diventa un’esistenza di solitudine quando la fragilizzazione riguarda anche i legami familiari. La chiusura rispetto alle relazioni nell’ambito del quartiere, secondo i testimoni privilegiati, può essere riconducibile anche al senso di insicurezza e al sorgere di sentimenti di paura, legati soprattutto alla diffusa attività di spaccio di stupefacenti nel quartiere. Non si rilevano forme di pericolo legate alla presenza criminale, come avvenuto in passato, durante gli anni Ottanta, quando, l’esecuzione di omicidi nei quartieri rendevano pericolosa la vita sulla strada. È lo spac-cio di stupefacenti ciò che oggi maggiormente spaventa gli abitanti, li spinge a rimanere in casa, ad evitare che i figli trascorrano il loro tempo fuori casa.

Le organizzazioni dedite allo spaccio di stupefacenti hanno operato un’oc-cupazione materiale degli spazi strategici, per cui anche per questo la vita di strada è diventata un po’ più complicata. Cioè, i genitori più consapevoli hanno paura che i figli stiano per strada (t.p.11).

A ciò si aggiunge il senso di insicurezza percepita legata alla presen-za degli stranieri. Il centro storico è da alcuni percepito come un luogo insicuro:

Lo sentiamo così, può darsi che non lo sia ma lo sentiamo. Io prima volentieri lavoravo fino alle due anche le quattro di notte. Non avevo paura, lavoravo con il portone aperto e le mie due porte aperte. C’erano i carabinieri dove adesso c’è la biblioteca provinciale. Poi i carabinieri sono andati via. Da allora in poi io non ci lavoro più. […] certe volte resto perché ho bisogno di finire un lavoro, […] si vengono a sedere sotto la finestra dall’altra parte o di qua, si ubriacano, lasciano le bottiglie di birra. Non ti senti più tranquillo. Mi creda, io vengo al centro storico e sto qui sopra, non porto soldi, questi sono i soldi che io porto in tasca e li tengo a portata di mano. Non posso rischiare di perdere la pelle per una rapina (t.p. 20).

Page 79: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

156 157

La chiusura nel proprio privato talvolta si concretizza in storie di so-litudine, che interessano soprattutto le persone anziane. È proprio nelle periferie che le possibilità ridotte di mobilità, per la scarsità di mezzi di trasporto, e anche all’interno stesso del quartiere o dei palazzi stessi (per la mancanza di ascensori, accessi dedicati), insieme alla mancanza di luoghi di aggregazione e di spazi di socialità, costringono gli anziani a vivere situazioni di solitudine e di isolamento (Giaccardi, 2007). Nelle abitazioni, come si è illustrato in precedenza, si racchiudono storie di esistenze dolorose e di isolamento. A tal proposito è molto interessante la testimonianza di un operatore sanitario, il quale mette in evidenza, innanzitutto, il bisogno di socialità e di riferimenti.

Qui c’è una malattia di solitudine. Forse questa è la malattia sociale più evi-dente, qui. Un anziano quando va dal medico vuole essere ascoltato […] I medici, qui, dopo tanti anni, magari pure a ragione, non se la sentono, non ce la fanno a soddisfare questo bisogno che invece la popolazione presenta. Qui hanno biso-gno di qualcuno che li ascolti, li segua, li capisca, che magari anche li sostenga, non economicamente, ma che sia partecipe delle loro difficoltà e delle loro vite (t.p.12).

Successivamente, lo stesso interlocutore descrive l’importanza di svolgere il suo lavoro e offrire servizi attraverso la costruzione di rela-zioni con i clienti:

Qui ancora il prete, il farmacista, il medico rivestono quel ruolo talmente importante che sono un punto di riferimento, per cui, in questo senso, per me personalmente, è molto facilitata la mia opera, rivolta socialmente a loro perché riesco a fare prevenzione, perché mi ascoltano, con me ci parlano, mi ascoltano e riesco a seguirli. […] io ho dei clienti di cui so veramente tutto, quindi riesco a parlare con loro a farmi capire da loro ed a farmi seguire. Poi li seguo nel tempo, mi interesso sempre a loro […] Se fossi a Cosenza nuova ovviamente […] sarebbe un rapporto tipicamente professionale . Invece io con i miei riesco ad avere un rapporto più personale. […] se passano, tutti si fermano a parlare con me. E’ la capacità di relazione che tu devi applicare perché hanno bisogno di essere sostenuti, molto spesso emotivamente, quindi hanno bisogno di sapere che c’è quel contatto personale che li rende diversi, che non sei un numero, che non sei uno qualsiasi. In questa zona, è così, ci conosciamo tutti e con il termine ci cono-

sciamo tutti significa veramente che io so la storia di ognuno di loro nelle varie fasi della vita. Io ho bambini che ho visto nascere e che li sto seguendo. Quando passano da qui mi preoccupo di quello che fanno a scuola, se sono fidanzati, ma non perché mi voglio interessare dei fatti loro, ma per dimostrargli che hanno comunque un punto di riferimento diverso dalla strada, un consiglio un po’ di-verso […] hanno bisogno di sapere che c’è un punto di riferimento onesto, puro, corretto che si interessa a loro (t.p.12).

Questa lunga citazione mette in evidenza la rilevanza delle funzioni di socialità nei quartieri. Ricreare i legami di vicinato, a questo punto, richiederebbe un impegno ed uno sforzo nuovo per tessere relazioni e ricostruirle.

3.7. Devianza e criminalità

Si è detto che negli anni Ottanta, il centro antico di Cosenza costi-tuiva uno dei quartieri della città in cui il ruolo della criminalità or-ganizzata era molto visibile. Oggi, l’abitato storico non è più luogo di emergenze che fanno clamore, magari per omicidi legati a faide tra clan della città per il controllo del territorio. Esiste una realtà di devianze e micro criminalità, certamente correlata a quelli che sono i fenomeni di disagio economico e sociale che interessano, come già detto, una parte rilevante degli abitanti del centro storico. La percezione più diffusa tra gli intervistati corrisponde ad una consapevolezza rispetto alla diffusio-ne di alcuni tipi di devianza e di criminalità, presenti anche in altre zone della città. Così si sono espressi alcuni testimoni qualificati:

Sì, questi fenomeni esistono. […] Io ho avuto sei rapine […] Non nascondia-moci dietro un dito. Ma non credo che questo sia una particolarità del centro storico. Credo che questo sia diffuso un po’ in tutto il tessuto sociale sul territorio di Cosenza. Qui diciamo ci può essere una vitalità più intensa per il tessuto so-ciale che c’è […] è più comune che succeda rispetta a tanti altri, ma non è la cosa straordinaria, secondo me è un fattore comune in tutta la città (t.p.12).

Abbiamo avuto alcuni casi. Noi abbiamo dei bambini che abbiamo dovuto trasferire perché sottoposti a programma di protezione da parte della Dia e sono scomparsi letteralmente dai nostri database, siccome erano figli di testimoni di giustizia, ovviamente pure per tutelare noi, non sappiamo assolutamente nulla.

Page 80: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

158 159

[…] Appunto, ci sono, ma credo che rientrino tutti quanti in una media, non ci sono casi particolari, oppure, ripeto, ci sono ma siamo appunto in un quartiere che ha quelle caratteristiche, sono quasi fisiologici (t.p. 13).

Ciò che, invece, assume proporzioni crescenti e nuove forme orga-nizzative è lo spaccio di stupefacenti, un’attività larvata, silenziosa, ma capillare, con strategici punti di distribuzione e di controllo del territo-rio, favorita dalla conformazione fisica dell’abitato storico. Essa genera una vera e propria forma di economia illegale. L’organizzazione è ba-sata sulla partecipazione di interi nuclei familiari e non più sull’attivi-tà di singoli. La figura dello spacciatore isolato, spesso consumatore e spacciatore proprio per potersi procurare la droga, è sempre più rara, poiché nella maggior parte dei casi alle sue spalle vi è la sua famiglia. Le abitazioni spesso costituiscono un deposito ed in caso di arresto l’at-tività di spaccio procede grazie alla collaborazione dei diversi membri della famiglia.

Mentre prima c’era lo spaccio da parte di un giovane e la mamma magari combatteva contro, adesso, se tu vai a fare la manifestazione contro la droga, la mamma, invece, non partecipa perché pensa che quello è l’unico reddito che le arriva. Perché adesso sono proprio le famiglie impiegate nella droga (t.p.9).

Intere famiglie, oggi, sono coinvolte perché talvolta per esse lo spac-cio è l’unica fonte di reddito. L’escalation dei fenomeni di spaccio di stupefacenti è correlata dunque ad un cambiamento organizzativo e, in particolare, ad un modello quasi imprenditoriale dell’attività di spaccio, che costituisce una vera e propria attività economica. Secondo alcuni intervistati, sembra mancare, da parte di alcune famiglie, la consapevo-lezza di agire nell’illegalità, per cui, in un contesto privo di opportunità, questa attività diventa normalità.

La pervasività della criminalità organizzata, come già detto, genera paura tra gli abitanti, i quali tendono chiudersi sempre più nella sfera privata, evitando forme di socializzazione al suo esterno, e, ancor di più, quando possono si allontanano dall’abitato storico, specialmente da al-cuni suoi quartieri, trasferendosi altrove.

A fronte di queste situazioni, i testimoni privilegiati, come si speci-ficherà in seguito, fanno notare l’assenza delle istituzioni politiche, il

silenzio rispetto a questi temi e la mancanza di azioni volte a fronteg-giarli. In particolare, dagli intervistati è stata più volte menzionata la chiusura della caserma dei carabinieri nel centro storico, quale presidio di sicurezza importante per gli abitanti.

[…] manca un posto di polizia nel centro storico. L’ultimo l’hanno chiuso sei o sette anni fa . La presenza delle istituzioni è importante […] se in un quartiere che ha quelle caratteristiche manca un pronto soccorso, un posto di polizia, in-somma, ha capito, è come se dessimo campo libero (t.p. 13).

L’assenza delle istituzioni politiche, dunque, secondo gli intervistati, concorre in maniera significativa ad accrescere il processo di spopola-mento e di abbandono in atto e favorisce uno scivolamento progressivo verso situazioni di sempre maggiore perifericità e marginalità. Questo aspetto ci introduce al tema del rapporto con le istituzioni presenti nel centro storico, che verrà affrontato nel prossimo paragrafo.

3.8. La presenza delle istituzioni e delle associazioni

Le spinte disgregative e la spirale di abbandono potrebbero essere contrastati da istituzioni politiche locali attive, istituzioni pubbliche, come la scuola, particolarmente impegnate, reti associative vivaci. In merito al rapporto con i soggetti istituzionali, gli intervistati percepi-scono, in particolare, l’assenza delle istituzioni politiche nei confron-ti del centro storico. Tale assenza si concretizza nella poca attenzione verso i bisogni del centro storico e nella mancanza di politiche quali strumenti di risposta ai bisogni stessi, attraverso la creazione di servizi che modifichino il vissuto nell’abitato storico. Come si è provato ad illu-strare nelle pagine precedenti, la debolezza istituzionale e la percezione di abbandono da parte delle istituzioni politiche si sostanziano, in par-ticolare, per gli intervistati, nelle problematiche abitative, nella scarsa offerta di servizi socio-assistenziali per la cura di anziani e disabili, di servizi attinenti all’area pedagogica per il sostegno alla genitorialità, alla scolarità e alla socializzazione dei più piccoli. La percezione dell’as-senza delle istituzioni politiche, inoltre, aumenta il senso d’insicurezza.

Le istituzioni percepite come riferimenti effettivi per gli abitanti dei quartieri storici sono la scuola e la chiesa, entrambe attente ai bisogni del territorio, dove assumono un ruolo di particolare rilievo, in funzio-

Page 81: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

160 161

ne di una pluralità di aspetti, non per ultimi quelli relativi alla sfera della socialità e della solidarietà.

La riduzione della popolazione e del numero di bambini e adolescen-ti nei quartieri del centro storico ha comportato la chiusura di alcune scuole (come l’istituto tecnico commerciale Serra, la scuola media nel quartiere di Porta Piana) e la riduzione del numero e delle classi. Dal punto di vista sociale, sono scuole che, fatta eccezione per il Liceo clas-sico “B. Telesio”, si rivolgono sempre più ad una popolazione di studenti omogenea, cioè sono scuole frequentate soprattutto da bambini e ado-lescenti che appartengono a famiglie in difficoltà, sia dal punto di vista economico sia per quanto riguarda la tenuta dei legami familiari. La se-gregazione scolastica costituisce un meccanismo intermedio di selezio-ne e riproduzione delle disuguaglianze sociali (Oberti, 2007, in Vitale, 2009). A tal proposito è interessante la testimonianza di un genitore che ha fatto parte del consiglio d’istituto di una scuola del centro storico:

[...] abbiamo fatto tantissime iniziative per favorire l’iscrizione dei ragaz-zi del quartiere. Questa è stata una bella conquista perché moltissime famiglie avevano dei pregiudizi sulla scuola […] perché era identificata come la scuo-la dei figli dei delinquenti, dei figli un po’ difficili, quindi molte persone che si ritenevano un po’ più borghesi, diciamo, hanno preferito trasferire i loro figli lontano. Questo è stato un danno sia di immagine per continuare a screditare, se vogliamo, l’ente scuola e sia per i ragazzi stessi perché quando ritornavano nel centro storico si ritrovavano un po’ come pesci fuor d’acqua (t.p.14).

Pure con queste difficoltà, l’istituzione scolastica offre risposte ai bi-sogni dei bambini e degli adolescenti, attraverso progetti, instaurando relazioni di collaborazione con le poche associazioni del quartiere, sol-lecitando forme di solidarietà tra famiglie per favorire la partecipazio-ne di tutti gli studenti alle attività che richiedono contributi da parte delle famiglie stesse (ad esempio, le gite scolastiche), oppure, talvolta, sostenendo le famiglie con maggiori difficoltà. Le famiglie, secondo il racconto di un rappresentante delle istituzioni scolastiche, tendono a delegare totalmente la cura dei propri figli alla scuola per quanto ri-guarda gli aspetti didattici ed educativi, mentre chiedono soprattutto servizi, come la disponibilità dei libri scolastici, la mensa, le terapie ri-abilitative (t.p.13).

Attraverso progetti specifici, la scuola, attenta ai bisogni del terri-torio, si impegna a favorire l’integrazione tra gli alunni, offrendo loro opportunità e perseguendo obiettivi di inclusione. Lo stesso intervistato afferma:

Il progetto che abbiamo finito con i ragazzi dello Spirito Santo, si chiama “Nessuno escluso”. Abbiamo avuto i finanziamenti ed abbiamo pensato di far fare ai bambini questa esperienza . È un progetto di integrazione di alunni stra-nieri e italiani su alcune attività che favoriscono appunto la convivenza, quale il gioco. […] Il progetto “Nessuno escluso” ci ha permesso sostanzialmente di dare appunto un’occasione ai bambini che, o per questioni etniche, o per questioni di disagio economico e sociale, ad alcuni strumenti quali la pallavolo, il triathlon, la piscina, oppure il coro, lo strumento musicale, non ci sarebbero mai potuti arrivare (t.p.13).

La scuola stessa denuncia la debole attenzione delle istituzioni poli-tiche, l’assenza di servizi, la scarsa capacità nel fare rete, la sensazione di operare in assenza di sinergie collaborative e partecipative.

Purtroppo siamo soli. Se ci fosse una politica di inclusione sociale, queste forme si potrebbero organizzare, […] non ci vuole molto, questi progetti non co-stano tantissimo, sono affrontabili. Anche soltanto una rete di scuole, che se facessero rete per mettere in campo strumenti per alleviare disagio, potrebbero farlo, ma non c’è questa cultura neanche tra di noi, e manca una politica di un assessore, di un’amministrazione che mette insieme tutti quanti gli attori, volontariato, le scuole, la chiesa, ecc. per dire “che facciamo”. Questo tipo di politiche che sarebbe necessario avere non ci sono (t.p.13).

La mancanza di politiche sociali rivolte ai minori si evince dall’assen-za di servizi e, quindi, di riferimenti e opportunità, per tutti quei bam-bini che hanno difficoltà e le cui famiglie non dispongono delle risor-se adeguate a sostenerli. Per questi bambini e per queste famiglie, nel centro storico, la scuola e le parrocchie insieme alle poche associazioni presenti nel quartiere, costituiscono le uniche agenzie di riferimento.

Noi abbiamo 138 bambini di origine straniera, 34 bambini che sono allocati in casa famiglia, 34 bambini disabili, 17 bambini con disturbi specifici dell’ap-

Page 82: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

162 163

prendimento. Siamo l’unica istituzione che dà risposte mentre sappiamo che per dare risposte reali ai bisogni di questi bambini, sarebbe necessario che ci fossero politiche comuni. Per capirci, noi abbiamo bambini disabili, i quali avrebbero bisogno di essere seguiti anche dopo la scuola, oppure i bambini delle case fami-glia. Una volta che finiscono la giornata scolastica, dopo che fanno? Non c’è una struttura pubblica dove si possono riunire, non ci sono politiche di accoglienza. La scuola rimane l’unica esperienza che con mille difficoltà cerca di dare rispo-ste, ma fuori dalla scuola nel quartiere non c’è più niente […] c’è il rischio che in quei quartieri si diano meno strumenti ai ragazzi, che invece ne avrebbero più bisogno (t.p.13).

La sola forma di collaborazione di cui ci parla il nostro interlocuto-re “scolastico” è quella instaurata con alcune associazioni presenti nel centro storico che si occupano di recupero scolastico e sostegno alle famiglie.

Noi collaboriamo con un’associazione di volontariato che lavora nel centro storico da sempre, che è la “San Pancrazio”, e, da quest’anno, con un’altra asso-ciazione, che si chiama “Fusi orari”, per il doposcuola che si svolge nella scuola. In buona sostanza, i volontari fanno un’opera sussidiaria perché toccherebbe alla scuola anche offrire la possibilità di recupero pomeridiano ai ragazzi. […] noi, come scuola, oggi non abbiamo più i fondi per fare noi il recupero pomeri-diano perché il recupero pomeridiano va fatto dagli stessi insegnanti che devo-no essere pagati e non le abbiamo più le risorse, per via dei tagli ecc. Quindi, ci è venuta in supporto l’associazione. Quindi, c’è un collegamento, abbiamo avuto delle riunioni preliminari con i ragazzi che facevano volontariato, con gli inse-gnanti e con le famiglie. Diciamo che funziona […] il recupero è importantissimo perché lo stesso ragazzo che di mattina fa saltare la lezione, il pomeriggio con il rapporto uno a uno o quasi, diventa tutt’altra persona, giustamente, c’è un rapporto diretto, quindi funziona. […] Nella scuola dello Spirito Santo c’è il tem-po pieno, i compiti si esauriscono nelle otto ore. Lì non c’è altro da fare. Sarebbe più importante un intervento educativo, ludico, più che di recupero delle com-petenze, come invece nella scuola media. Nella scuola elementare si dovrebbe pensare ad un intervento, secondo me, per dare a questi bambini delle occasioni di socialità fuori dalla scuola, insomma, […] nella scuola media, invece, l’attività pomeridiana ha invece proprio una funzione precisa, doposcuola insomma, che funziona. La stessa cosa stiamo facendo a via Asmara, un’altra scuola abba-

stanza borderline che è la media Tommaso Campanella che è in via Asmara. Lì abbiamo messo in campo un progetto con Cesare Moreno, il maestro di strada (t.p.13).

Nel centro storico, inoltre, ha sede una delle scuole superiori più prestigiose dell’intera città, il Liceo classico “B. Telesio”, la cui presenza, però, appare, secondo i nostri intervistati, slegata dal quartiere. Il liceo è frequentato soprattutto da studenti che risiedono in altri quartieri della città e non frequentano la città antica, fatta eccezione per l’ora-rio scolastico, interponendo una distanza considerevole tra l’ambiente scolastico, lo spazio urbano e il tessuto sociale circostante. Alcuni in-tervistati, abitanti del centro storico, hanno evidenziato le difficoltà di inserimento dei propri figli all’interno della scuola, che pare, dunque, marcare una distanza sociale che passa attraverso differenze sociali. Dall’intervista con un insegnante emerge che i ragazzi che frequentano il liceo classico difficilmente conoscono il centro storico:

Alcune scuole sono molto attente anche al territorio, però […] Soprattutto le scuole elementari, ma non saprei dire fino a quando e come sono incisive sul territorio. C’è il liceo classico, per esempio, che è un bel liceo ma non è incisi-vo sul territorio, assolutamente, non interloquisce con il territorio. Io insegno al liceo classico, una volta ho chiesto ai ragazzi dov’era la parrocchia di San Francesco d’Assisi e non lo sapevano. Il Duomo appena appena. Ho chiesto chi avesse visitato una chiesa del centro storico, non lo sapevano. Cioè i ragazzi del liceo classico non conoscono il centro storico. Quindi non c’è un’interazione con il territorio (t.p.9).

Come suddetto, insieme alle scuole, il riferimento principale per i residenti del centro storico è rappresentato dalle parrocchie, che diven-tano sempre più un presidio a cui rivolgersi per ogni bisogno, in man-canza di altri riferimenti sul territorio. La chiesa opera come un’agenzia di welfare, impegnata sul versante dell’integrazione e della promozione della solidarietà.

La prima istituzione a cui le persone si rivolgono è la chiesa, per qualsiasi tipo di situazione, […] diciamo che diventa un baluardo per quella che è l’emer-genza soprattutto del disagio sociale e qui noi ne abbiamo tanto (t.p.14).

Page 83: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

164 165

Le parrocchie sembrano costituire uno dei pochi ambiti di vitalità. Oltre alle attività della pastorale ordinaria, le iniziative svolte sono di diverso tipo e si rivolgono a fasce diverse della popolazione. Ai bambini e ai ragazzi, ad esempio, attraverso l’oratorio, il doposcuola, le attività ludico-ricreative e sportive soprattutto nel periodo estivo; alle famiglie e soprattutto alle persone anziane attraverso le visite a casa, per offrire sostegno, ascolto, attraverso un lavoro di ricostruzione dei legami in-terpersonali, e poi, promuovendo occasioni di incontro per favorire lo sviluppo di relazioni comunitarie tra gli abitanti stessi, il recupero dei legami solidali.

Si cerca di avere un rapporto personalizzato […] anche attraverso una visita capillare alle famiglie si cerca di fare questo . È l’unica via ormai che si ha per rendere più umana la parrocchia, per rendere umanizzanti i rapporti, perché non c’è un’altra via. E poi la seconda parte, il secondo aspetto, è quello anche di fare interagire le persone, di farle incontrare tra di loro. E questa è una fatica grande perché è lì che poi nasce, piano piano, la comunità. […] L’altro passaggio è quello di cercare di far sì che ci si incontri (t.p.9).

Alla diocesi sono collegate le attività della Caritas, che costituiscono ri-ferimento importante per italiani e stranieri, offrendo loro servizi diversi. Alle parrocchie invece, sono legate alcune associazioni, come gli Scout, impegnati nell’aggregazione di aggregare bambini e ragazzi appartenenti a famiglie più fragili, oppure altri gruppi che offrono sostegno.

Nel complesso, i quartieri del centro storico mostrano una realtà as-sociativa debole. Nelle rappresentazioni degli intervistati, infatti, fatta eccezione per alcune poche associazioni menzionate come realtà signi-ficative, non emerge un ruolo significativo dei gruppi della società civi-le nel contribuire a frenare le dinamiche di abbandono del vissuto dei quartieri della città antica.

4. Lo spazio locale. “Rappresentazioni geografiche e simboliche”

di Antonella Coco

4.1. Il legame territoriale

Una parte della letteratura sulla moderna città occidentale sotto-linea l’importanza, per qualunque comunità urbana, di possedere un senso di appartenenza, un tessuto sano di legami di solidarietà, condi-visione, identità, che le fornisca quei fattori di coesione (tra le classi, le generazioni, i quartieri) adeguati per fronteggiare le sfide di un’epoca come quella attuale, fatta di incessanti cambiamenti, di squilibri demo-grafici, di migrazioni, che pongono domande nuove e alimentano con-flitti inattesi.

Il centro storico della città di Cosenza, che avrebbe dovuto rappre-sentare un fattore di unità e d’identità nel corso dello sviluppo urbano, si è sempre più “slegato” dal resto della città e al suo interno, perden-do popolazione, funzioni, memoria. Alla diminuzione della popolazione preesistente (a partire dalle classi sociali superiori che si sono trasferite in altri quartieri) o al suo invecchiamento e progressivo isolamento, ha fatto riscontro una serie ciclica di inurbazioni caotiche e incontrollate, di soggetti caratterizzati spesso da attività precarie, a volte illegali, di migranti (regolari e irregolari), di fasce di popolazione escluse dai cir-cuiti residenziali e lavorativi della città nuova, a volte ghettizzati dagli altri, altre volte auto-ghettizzati in conseguenza delle loro attività ille-gali.

Cosicché, alla vecchia trama dei legami familiari e parentali su base tradizionale e religiosa (ossatura dei legami quotidiani insieme al vici-nato) e dei legami familistico-clientelari (costituivi dei rapporti politici e di lavoro), entrambi i quali caratterizzavano, in precedenza nel loro insieme, la città vecchia e quella nuova (nelle sue virtù e nelle sue stor-ture e ingiustizie), è subentrata una rottura dei legami interni al centro storico (tra vecchi e nuovi residenti) e la rottura dei legami tra residenti

Page 84: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

166 167

della città vecchia e di quella nuova. Il degrado del centro storico si con-nota come effetto combinato di una perdita convergente di funzioni, strutture, abitanti, legami, che si alimentano vicendevolmente, accele-rando i processi negativi.

Nel loro recente contributo sulla “Grande Cosenza”, Melia e Miner-vino (2015) evidenziano la coesistenza di ambienti urbani contrapposti, e definiscono Cosenza la città dallo “sguardo bifronte”: «Avanti verso un futuro sempre più incerto, che pare caratterizzato unicamente dalla costante espansione e dalla crescita edilizia priva di funzioni comples-se, dall’esorbitanza della città “nuova”, identificata dalla mera funzione abitativa svolta dai quartieri nuovi […]; e indietro verso il suo passato storico e culturale irredento, disatteso e marginalizzato, alle prese con uno spaesamento identitario e civile che si manifesta nella sempre più radicale separazione del suo antico nucleo storico, degradato al rango di città “vecchia”» (Melia, Minervino, 2015, p. 86).

Questo capitolo costituisce soltanto un breve approfondimento sulle “rappresentazioni geografiche e simboliche” (Giaccardi, 2007) espresse dagli intervistati. In particolare, poniamo lo sguardo sulle delimitazioni della città antica e sulle differenziazioni al suo interno, oltre che sui significati che essa rappresenta rispetto alla città nel suo complesso, i quali possono tradursi o meno in pratiche partecipative e di rivitaliz-zazione dei quartieri storici. Inoltre, prendiamo in considerazione la distanza tra la città antica e la città nuova, nell’intreccio tra le sue de-terminazioni correlate allo spazio fisico e sociale.

4.2. Le delimitazioni della città antica e le differenziazioni al suo interno

La più antica raffigurazione del centro storico di Cosenza può essere identificata con la cosiddetta “carta dell’Angelica”, cioè un disegno di dimensioni significative, conservato presso la biblioteca dell’Angelica a Roma. Essa risale al 1500 e fu realizzata da un monaco agostiniano, su invito di un vescovo dell’epoca intenzionato a scrivere un test di geo-grafia, contenente una serie di informazioni rilevate attraverso un que-stionario inviato a tutti i conventi agostiniani d’Italia. Con riferimento al passato più recente, invece, ritroviamo la perimetrazione del centro storico elaborata nel piano regolatore generale di Marcello Vittorini, nel 1972, sulla base di un decreto della Sovraintendenza. Infine, agli

inizi degli anni Novanta, in corrispondenza delle iniziative, in termini di incentivi, per favorire le ristrutturazioni nel centro storico, l’Ammi-nistrazione, guidata da Mancini, estese il perimetro dell’area storica, comprendendo il quartiere della Riforma, il quartiere del Carmine e l’asse di corso Umberto sul lato destro. Alla base di questa scelte vi era-no valutazioni sulle caratteristiche economiche e sociali della zona, che costituiva la porta d’ingresso della città rispetto ai comuni delle Serre cosentine, che era stata per lungo tempo un centro commerciale molto vivace, ma che appariva segnata da elementi di forte degrado. Questa perimetrazione con cui si identificava l’area storica della città costituì, dunque, la zona urbana all’interno della quale ricadevano i quartieri urbani che potevano usufruire dei contributi per intervenire con le ri-strutturazioni degli edifici.

Abbiamo chiesto agli intervistati quale fosse l’area per essi identi-ficabile come città storica, in modo da poter cogliere le rappresenta-zioni degli interlocutori sullo spazio urbano. Sono emerse due visioni prevalenti. Una, quella più estensiva, tende ad ampliare i confini della città storica fino all’edificazione di epoca fascista, utilizzando, dunque, un criterio storico riferibile al periodo di costruzione. L’altra, invece, fa corrispondere la città storica con il suo nucleo centrale, la cui delimita-zione naturale è costituita dal fiume. Quest’area, dunque, comprende-rebbe, sulla sponda sinistra del Crati, il colle Pancrazio, quindi i quar-tieri adiacenti ai lati del corso Telesio, Porta Piana a monte e lo Spirito Santo a valle, mentre, sulla sponda destra, i colli Gramazio e Mussano, quindi il rione San Gaetano, il rione Massa, il rione Paparelle.

Con riferimento ad entrambe le delimitazioni di quello che può es-sere considerato come l’insediamento storico della città (una più ampia comprensiva dei quartieri risalenti all’epoca fascista e una corrispon-dente al cuore del centro antico), si possono individuare delle differen-ziazioni al suo interno. La città antica, cioè, risulta essere una realtà internamente diversificata, in cui i diversi quartieri presentano carat-teristiche in parte differenti. Abbiamo esplorato le rappresentazioni dei testimoni privilegiati sulle disomogeneità esistenti all’interno dell’a-rea individuata come centro storico, provando ad individuare i criteri utilizzati per operare tali distinzioni e per cogliere le differenziazioni interne all’insediamento storico. Nel complesso, si può affermare che, difficilmente, gli intervistati hanno discusso della città antica come

Page 85: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

168 169

un’area omogenea, la maggior parte di essi ha operato delle distinzioni. Entriamo dunque nel merito delle differenze emerse.

Uno dei criteri maggiormente utilizzati è quello riferibile alle ca-ratteristiche socio-economiche dei diversi quartieri, sulla base delle rappresentazioni, che determinano una stratificazione tra quartieri. Tale differenziazione viene anche dal passato, con la distinzione tra i quartieri della borghesia e quelli popolari. Oggi, la tendenza principale, emersa nel corso delle interviste, è quella di distinguere le zone con una composizione medio-alta della popolazione, in termini di posizione sociale, da quelle dove risiedono le fasce sociali più svantaggiate della popolazione. Restano poi i quartieri e i rioni che, secondo le rappresen-tazioni degli intervistati, sono socialmente misti, dove, cioè, convivono persone e famiglie di estrazione sociale differente. Pertanto, vengono indicate le zone dove risiedono alcune antiche famiglie di prestigio che conservano, da più generazioni, la loro residenza nel centro sto-rico. Queste aree corrispondono alla zona più alta di corso Telesio, al Largo Vergini, al colle Triglio e al rione delle Paparelle. A queste zone si contrappongono i quartieri indicati come “più sensibili”, ossia quel-li che presentano innanzitutto maggiore degrado delle abitazioni, con condizioni di rischio per gli abitanti, che, a loro volta, fanno esperienza, nelle loro esistenze, di molteplici disagi e spesso vivono in condizioni di povertà. Tra i quartieri e rioni più fragili, vengono indicati il quartie-re di Santa Lucia, il quartiere di San Gaetano, il quartiere della Massa, quello della Garrubba, Cosenza Casali, Caricchio, via Oberdan, vico San Tommaso. In alcune di queste zone è anche cresciuta, negli ultimi anni, la presenza di famiglie straniere. Le zone indicate dagli intervistati cor-rispondono, in alcuni casi, a rioni di dimensioni molto ridotte. Ciò vale, per esempio, per la zona intorno al Largo Vergini per quanto riguarda le fasce di popolazione più alta, oppure, per il rione della Massa per le fasce sociali più basse. C’è da dire, infatti, che gli intervistati non hanno identificato blocchi omogenei significativi in termini di estensione e di numerosità della popolazione. Piuttosto una «disomogeneità interna a grana più fine» (Giaccardi, 2007), con distinzioni territoriali che richia-mano tratti di strade o anche singoli palazzi.

Un altro criterio in base al quale vengono distinte le diverse zone del centro storico è quello delle funzioni, rappresentate dalle sedi di alcune strutture istituzionali. Le aree indicate sono due: quella di colle Triglio e

la parte alta di corso Telesio. In particolare, la zona di colle Triglio pre-senterebbe una maggiore vivacità grazie alla presenza di diversi presidi culturali.

[…] grazie alla presenza di un’istituzione come la Galleria Nazionale a Palaz-zo Arnone, grazie al fatto di trovarsi su un percorso commerciale di transito tra Cosenza ed i paesi della Sila, quella zona lì ha conservato una vivacità, intanto perché si trova su una via di comunicazione tra Cosenza ed i paesi della Sila e della presila, dall’altra parte c’è il fatto che l’idea di realizzare da quella parte alcuni musei, come il Museo dei Bretti e degli Enotri, come la Galleria d’Arte Nazionale, quindi di invertire il meccanismo che invece si è realizzato da questa parte. Quello lì è un quartiere vivace, ci sono bar, ci sono attività di tutti i tipi. Quella è una parte del centro storico che proprio per la presenza di istituzioni di questo genere, ne ha risentito positivamente (t.p.13).

La zona corrispondente alla parte alta del corso Telesio viene identi-ficata soprattutto come area di rappresentanza istituzionale.

II quartiere del Duomo che va dal Duomo fino alla Prefettura è il quartiere tra virgolette alto, di rappresentanza, possiamo includerci anche la Casa delle culture, è un quartiere istituzionale... L’Episcopio, la Provincia, il Teatro rendo-no comunque il centro storico appetibile per questi motivi, per la presenza di questi siti, ma se non ci fosse nessuna famiglia nessuno se ne accorgerebbe. Se nel centro storico non abitasse nessuno, nessuno se ne accorgerebbe perché sono luoghi usufruiti a prescindere da tutto e da tutti e possono anche vivere senza le famiglie. Questo è il quartiere che rende ancora vivo, […] perché quando parlo con alcuni, per loro il centro storico è soltanto il teatro, il poterci accedere, la pulizia della strada per il teatro o per un servizio alla Provincia (t.p.9).

Infine, un altro criterio è riferibile alle rappresentazioni sulle que-stioni identitarie che distinguerebbero i quartieri portatori di un mag-giore senso d’identità e di appartenenza da parte degli abitanti. Alcuni esempi sono il rione della Massa, oppure il quartiere di Porta Piana, si-tuato più in alto, in posizione più distaccata, con una popolazione re-sidente più stabile nel tempo, meno interessato da flussi di abitanti in uscita.

Page 86: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

170 171

4.3. Narrazioni e significazioni del centro storico. Valori, memoria, identità

Dopo aver esplorato le rappresentazioni dei testimoni qualificati riguardanti le delimitazioni dell’area urbana identificabile come città antica e le differenziazioni al suo interno, soffermiamo l’attenzione sui significati che essa, oggi, assume nell’immaginario dei suoi abitanti.

Come si è detto, il principale processo di cambiamento che ha inte-ressato il centro storico, a partire dalla seconda metà del Novecento, è quello di un progressivo abbandono, su cui si sono innestati processi di degrado, dal punto di vista architettonico e dal punto di vista socia-le. Con la modernizzazione e l’espansione in direzione nord, l’insedia-mento storico si è trasformato nella periferia geografica della città. Le classi dirigenti urbane, attraverso le loro decisioni, hanno rivolto sem-pre meno l’attenzione verso la città antica, per concentrare gli interessi soprattutto sulle nuove aree di espansione e trasferirvi funzioni urba-ne importanti, originariamente ubicate nel centro storico. La perdita di funzioni si è intrecciata con l’indebolimento dei valori e dei significati rappresentati dall’abitato storico. Il maggiore controllo sociale eserci-tato dal vicinato o dal gruppo parentale, la quotidianità vissuta entro spazi urbani più ristretti, una disponibilità limitata di consumi e ser-vizi, sono stati sostituiti, nella città moderna, da spazi più autonomi, da nuovi modelli di relazione sociale e nuovi stili di vita, quindi nuovi consumi, un’alta differenziazione nelle attività svolte e nelle cerchie so-ciali di appartenenza (Simmel, 1995; 1998). I valor iscritti nella “città vecchia” hanno lasciato il posto a quelli della città moderna. In altre pa-role, vecchio e nuovo, tradizione e modernità, non hanno trovato forme efficaci di regolazione sociale. In particolare, le élites politico-istituzio-nali hanno mostrato una scarsa capacità di recepire gli elementi nuovi della modernità mediandoli con quelli del passato e della tradizione (Ei-senstadt, 1974; Fantozzi, 2006). Soprattutto nel Sud Italia, molti centri antichi, come quello di Cosenza, sono stati abbandonati dagli abitanti, che hanno scelto di spostarsi nei quartieri nuovi della città. In generale, come scrivono Mazzette e Sgroi (2007, p. 84), «sotto il profilo, culturale, la mobilità del centro verso la periferia è stata favorita da una sorta di ansiosa proiezione collettiva verso la modernità, per cui tutto ciò che era vecchio era considerato ingombrante. In quest’ottica il centro stori-co non poteva che racchiudere materialmente e simbolicamente questo

ingombro». A tal proposito, con riferimento alle dinamiche inerenti il centro storico di Cosenza, uno dei nostri interlocutori descrive il gene-rarsi della frattura fra la città antica e quella nuova:

[…] negli anni 70 l’abitato storico comincia a perdere la sua funzione, e di conseguenza inizia a disperdere l’identità e la coscienza del sistema comples-sivo e del significato che quell’abitato costituiva e manifestava in rapporto al territorio più vasto, insieme ai contenuti che la società del passato aveva tra-mandato […] è venuto meno lo spirito partecipativo perché probabilmente le nuove generazioni, complici anche la mia generazione e quelle passate, non hanno saputo informare e formare e comunicare il significato e la valenza dei contenuti culturali […] È venuto a mancare questo momento di legame, per cui si è deciso, probabilmente in maniera impropria, per difficoltà di conoscenza, di comunicazione, di preparazione, di abbandonare ad un destino che ritengo non ovvio ma probabilmente determinato in precedenza, considerato che non si era mai cercato di avviare in maniera idonea al recupero di una città che purtroppo presenta ancora problemi notevoli (t.p.1).

Il trasferimento delle funzioni e l’indebolimento dei valori rappre-sentati dalla città antica hanno concorso a determinare, dunque, l’ab-bandono dei quartieri storici da parte di ampi strati della popolazione residente. Al carattere geografico della periferia si è connesso progres-sivamente quello sociale, per cui l’abitato storico è diventato una pe-riferia sociale, uno spazio urbano caratterizzato dai molteplici aspetti di disagio sociale e di impoverimento, che segnano le esistenze di una parte significativa dei suoi abitanti. Come si è visto in precedenza, an-che nelle rappresentazioni degli intervistati l’area storica della città è vista come uno spazio abbandonato, interessato da fenomeni di degrado crescente.

A fronte di questi cambiamenti, abbiamo chiesto agli intervistati cosa rappresentasse oggi il centro antico rispetto alla città nel suo comples-so. Frequente è il richiamo alla storia, al valore culturale, al significato identitario iscritto nel cuore antico della città, al suo valore per la bel-lezza del patrimonio architettonico che gli conferisce unicità. Ciò trova conferma anche in quel che scrivono Melia e Minervino (2015), nel loro lavoro su La grande Cosenza, evidenziando «il carattere di irrinunciabi-le sostrato fisico della memoria storica collettiva che la città vecchia,

Page 87: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

172 173

pur degradata, […] conserva specie nei suoi simboli identitari e nei suoi luoghi topici, anche a dispetto del suo progressivo declino e marginaliz-zazione. Ancora oggi Cosenza […] riconosce unicamente nell’antichità deteriorata e dismessa della città vecchia la sua unità infranta, il suo patrimonio di simboli identificativo, e lì raccoglie e riunifica una sua centralità mitologica e comunitaria altrimenti rinnegata dalla sua vita materiale e dalla sua vicenda urbana concreta e attuale. […] Centro sto-rico, o come viene definita dai più, Cosenza Vecchia, significherà sem-pre memoria della città, ciò che essa ha di autentico, tutto quanto biso-gnerà custodire perché patrimonio comune di un’antica tradizione che ha un suo ruolo preciso: quello di conservare con chiarezza la sua stessa identità» (Melia Minervino p. 90). Questi aspetti, come viene fatto no-tare dai nostri interlocutori, sembrano valere soprattutto per le gene-razioni più adulte, mentre sembrano attenuarsi per quelle più giovani, specialmente quelle che non hanno vissuto il periodo di rivitalizzazione del centro storico tra gli anni Novanta e il Duemila, le quali conoscono sempre meno questa parte della città, con la conseguente perdita anche dei suoi significati storici e identitari.

Il portato di memorie, di simboli, di elementi identitari e di appar-tenenza, espresso nelle rappresentazioni da noi rilevate, non si accom-pagna, però, a consequenziali forme di partecipazione, pratiche, segnali (provenienti dalla società civile o dalle istituzioni politiche) di riappro-priazione dello spazio antico e dei suoi valori, volontà concrete ad in-vestirci per rivitalizzarlo nei suoi diversi aspetti. Sono gli intervistati stessi a mettere in luce quest’ambivalenza. Da un lato, nella narrazione, l’insediamento storico rappresenta qualcosa di molto importante per la città, dall’altro, ciò non si sostanzia in pratiche concrete di partecipa-zione, tantomeno in scelte residenziali.

Abbiamo perso quello spirito di legame con il passato, non come una forma di compassione verso il già vissuto, ma fondamentalmente per tracciare un mo-mento di recupero di esperienze che potessero servire per il futuro . […] per cui facciamo riferimento a quello che può essere un sistema variamente articolato importante, restaurato, comunque impegnativo e di conseguenza ci riempiamo la coscienza di questi cosiddetti miti che ci vengono proposti, però manchiamo a nostra volta di proposizione per quello che si potrebbe fare […] non riusciamo ad affascinare noi stessi ad una idea partecipativa […] Ci sono tanti indirizzi,

tanti contenuti che la storia continua a trasmetterci come se fosse una comu-nicazione continua e costante, di cui ogni tanto pigliamo degli spezzoni, ci af-fasciniamo se il palazzo è interessante e ben restaurato, ad un certo momento rimaniamo addolorati, amareggiati se una parte del palazzo crolla, però poi non interveniamo se non in termini pseudo-estetici, nel definire un rapporto che ci lega all’abitato storico. Non riusciamo a provocare, a sottolineare e a suggerire degli elementi innovativi che servono anche come indirizzo di tipo politico per far si che ci sia un momento di tipo partecipativo comune, tale da essere anche invocato (t.p.1).

Una delle possibili spiegazioni della mancata traduzione del patri-monio simbolico e identitario (di cui il centro storico è portatore) in una partecipazione per ripensare attivamente la città antica può rin-tracciarsi nella distanza delle istituzioni politiche rispetto alla vita del centro storico, messa in evidenza nel corso dell’analisi.

4.4. La distanza sociale tra il centro antico e la città nuova

Nel corso di questo lavoro sono state evidenziate alcune delle dina-miche che hanno concorso alla periferizzazione del centro storico: la direzione dell’espansione urbana verso Nord (che ha fatto sì che il cen-tro antico rimanesse una propaggine geografica a Sud), lo spopolamen-to dei quartieri storici (a partire dalle élites che si sono trasferite nei quartieri della città nuova), il depauperamento delle funzioni, l’indebo-limento dell’attenzione politico-istituzionale verso i quartieri storici e il loro vissuto, l’impoverimento della popolazione residente, la diffusione dei fenomeni di devianza e criminalità.

In questo paragrafo poniamo attenzione alla distanza che intercor-re tra il centro storico e la città nel suo complesso. È nello spazio che si percepisce l’azione reciproca tra gli uomini i quali lo riempiono e lo animano con le loro azioni (Simmel, 1998). Il rapporto con lo spazio as-sume una valenza duplice: «Solo da un lato condizione, dall’altro il sim-bolo dei rapporti con gli uomini» (ivi, p. 580). Lo spazio è, dunque, da un lato condizione fisica, materiale, che influenza le relazioni personali, dall’altro assume una valenza simbolica inerente alle relazioni che si instaurano tra gli individui. Lo spazio della città può essere inteso «sia come spazio fisico sia come spazio nel quale opera una distanza geome-trica (Introini, 2007), risultante dall’intreccio tra la dimensione fisica

Page 88: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

174 175

e quella simbolico-relazionale, messa in essere da collettivi di persone […]» (Bichi, 2008, p. 16).

Si è già evidenziato il processo di periferizzazione che ha interessato il centro storico della città di Cosenza, allontanandolo geograficamente dalle nuove zone di espansione della città (verso Nord), le quali sono diventate, a loro volta, aree centrali urbane, mentre la città antica è rimasta una propaggine periferica (a Sud). Connettività e transitività (Amin e Thrift, 2005) sono due indicatori (oltre che condizioni) della vitalità delle città e che, nella loro combinazione, definiscono il grado di connessione/disconnessione del quartiere rispetto alla città, o ad al-tri territori (Giaccardi, 2007). «La connettività è definita dalla dimen-sione infrastrutturale che collega i vari punti del quartiere tra loro e il quartiere con il centro della città o con altri luoghi. Essa è condizione necessaria ma non sufficiente della transitività, che ha a che fare con la mobilità effettiva e consiste nella mole e frequenza di attraversamenti interni e di flussi di persone in movimento, sia dalla periferia al centro che dalla periferia ad altri luoghi e viceversa: la bidirezionalità dei flussi è un importante fattore che contrasta la marginalità, creando “zone di contatto”» (ivi, pp. 215-216). I quartieri più critici di una città sono quelli “debolmente connessi e fortemente intransitivi” sia per le opportunità di collegamento interno (dovuto alle strade, ai mezzi di collegamento, alle barriere naturali, al monopolio del territorio da parte di gruppi de-vianti o etnici) sia per la mancanza di flussi dall’esterno capaci di appor-tare diversità e mobilità, e di contrastare il senso di isolamento e di ab-bandono. «Il livello di connessione con il resto della città e la frequenza degli spostamenti interni ed esterni si rivelano, comunque, sempre ele-menti di de-periferizzazione del quartiere: promuovendo il movimento e lo scambio, contrastando l’isolamento e la chiusura referenziale del territorio e delle sue popolazioni» (ivi, p. 245).

Il centro storico della città di Cosenza non si configura come un caso estremo di disconnessione, tuttavia esistono elementi di significativo indebolimento. La connettività del centro storico rispetto al resto della città appare indebolita da alcuni fattori, come le condizioni orografiche, la circolazione dei mezzi pubblici, la condizione delle strade.

L’esistenza di barriere naturali è uno dei fattori che indebolisce la connettività tra quartieri. Il corso dei fiumi Busento e Crati rappresenta la barriera fisica che separa quello che viene identificato come centro

storico (non comprensivo dei quartieri di epoca fascista) dalla città nuo-va. In termini di spazio fisico, la distanza chilometrica che intercorre tra la città antica e la città nuova non è ampia. In realtà, più dei fiumi (che rappresentano la linea di demarcazione maggiormente utilizzata dagli intervistati per delimitare l’area antica della città), sono la conforma-zione orografica, con l’insediamento storico che si sviluppa in collina distanziandosi dalla città a valle, e l’infrastrutturazione tipica dei centri antichi (che non consente un accesso agevole ai mezzi di trasporto) ad attenuare le possibilità di interconnessione.

Il livello di connettività1 con il resto del tessuto urbano, poi, può essere misurato in base al numero, alla frequenza e alla puntualità dei mezzi pubblici. Per il centro storico di Cosenza, un altro fattore che in-debolisce la connettività è la scarsa frequenza di mezzi pubblici di tra-sporto che potrebbero facilitare la percorrenza dello spazio intercor-rente e avvicinare i diversi spazi urbani. Il centro storico, per la sua orografia e infrastrutturazione, non è attraversabile dai mezzi pubbli-ci, se non lungo le sue direttrici principali, e questo crea degli impedi-menti. La circolazione ridotta degli autobus impedisce, soprattutto agli abitanti del centro storico sprovvisti di mezzi privati, in particolare gli anziani, di raggiungere con facilità il nuovo centro della città e poi ritor-nare nel proprio quartiere2. Ad essere maggiormente penalizzate sono ovviamente le persone anziane. In tal senso, nell’ambito dei quartieri storici stessi, la realizzazione di percorsi pedonali meccanizzati, come le scale mobili, può assumere un particolare valore funzionale, in quanto facilita la raggiungibilità e il collegamento tra aree diverse, quando il servizio viene assicurato in continuità.

Per quanto riguarda la transitività, quindi i flussi di persone che at-traversano i quartieri, gli intervistati fanno notare che, nel tempo, la mobilità dal centro storico alla città nuova sia aumentata, nel senso di

1 Sul tema dell’accessibilità come presupposto di rivitalizzazione dei centri storici, si veda il saggio di Runfola (2013).

2 Inoltre, è considerata penalizzante, da parte di alcuni intervistati, la scelta di non realizzare una metropolitana che unisse il centro storico di Cosenza con l’Università della Calabria, con un collegamento rapido che scavalcasse il centro del Comune di Rende. La metropolitana, secondo alcuni intervistati, poteva essere la condizione principale per riannodare questi tratti di territorio tra centro storico e Unical. Il centro storico sarebbe potuto diventare uno dei due poli culturali del territorio, con una maggiore frequentazione, mettendo insieme modernità e antichità.

Page 89: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

176 177

maggiori occasioni di spostamento per gli abitanti dei quartieri storici, dovuta anche a motivi di lavoro (la maggior parte di coloro che lavo-rano, non svolge la propria attività nel centro storico) e per mancanza di servizi. Come si è visto, la carenza perfino dei negozi di prossimità induce i residenti ad una “mobilità forzata” (Giaccardi, 2007), per fare gli acquisti o usufruire di servizi.

Non ci sono famiglie che non facciano riferimento ai centri commerciali per fare la spesa e quindi sono costrette comunque ad attraversare questo confine. In passato, tu potevi fare tutto nel quartiere perché c’erano i negozi, c’erano le scuole. […] Quindi, le occasioni per uscire dal quartiere, per grandi e bambini erano più limitate. Adesso le possibilità di connessione con i diversi centri della città sono più ricorrenti. Anche i ragazzini, soprattutto gli adolescenti, mi sem-bra che siano più mobili rispetto a quello che poteva accadere in passato, per cui non mi pare che ci si percepisca da dentro il centro storico distanti rispetto al centro come un tempo. Per altro verso, però, ci sono pezzi di città che sono un po’ abbandonati a loro stessi ed il centro storico è uno di questi pezzi (t.p.11).

Negli anni Novanta, le iniziative di rivitalizzazione del centro sto-rico messe in atto dall’Amministrazione comunale di allora, come si è illustrato nelle pagine precedenti, hanno incoraggiato anche una “tran-sitività” proveniente dall’esterno, sebbene come si è già evidenziato, si trattasse perlopiù di una popolazione di city users.

Dalle rappresentazioni degli intervistati emerge la percezione di una distanza tra il centro storico e il resto della città. L’idea di separazione tra la città antica e la città nuova e la percezione di una distanza intri-sa non soltanto di componenti fisiche, ma anche sociali e simboliche, trovano esplicitazione nell’espressione usata dagli abitanti dei quartieri storici per indicare la mobilità nello spazio fisico, così come viene evi-denziato da diversi nostri interlocutori.

Nella zona di Casali quando devono andare a Corso Mazzini o altro, dicono “andiamo a Cosenza”. Quasi come a dire che Cosenza Casali non è un rione di Cosenza, come se fosse una cosa a parte, “andiamo in città” (t.p.10).

I primi anni, quando facevamo doposcuola ai ragazzi che stavano con noi al pomeriggio, l’intercalare diffuso dei più grandicelli, era “dopo che abbiamo

studiato andiamo a Cosenza”. Andare negli altri quartieri della città per loro era andare a Cosenza. Quindi c’era la percezione chiara, nei piccoli e nei grandi, di un confine invisibile ma reale. C’era un confine tra questa parte della città ed il resto della città, percepita come più evoluta, con più opportunità (t.p.11).

«Esistenza di “un qui e un là”, uno scarto che si esprima anche attra-verso l’uso del “moto a luogo” per indicare la città. Tale differenza non è solo negli occhi dei residenti del quartiere, è anche nello sguardo della città, che esclude le periferie dalle proprie rappresentazioni geografi-che e simboliche. Nell’identità del quartiere sembra pesare, più che la mera lontananza geografica, la percezione di essere liminali, margina-lizzati e più o meno palesemente, svantaggiati rispetto a migliori condi-zioni di esistenza i cui parametri sono dati dal centro-città» (Giaccardi, 2007, p. 243)

La distanza nello spazio fisico si intreccia con la distanza nello spazio simbolico, in un rapporto di co-produzione che dà luogo alla distanza sociale definita come «l’indisponibilità e la chiusura relazionale – d’in-tensità variabile – di un soggetto nei confronti di altri percepiti e rico-nosciuti come differenti sulla base dalla loro riconducibilità a categorie sociali» (Cesareo, 2007).

In un contesto urbano, tra raggruppamenti di popolazione che vi-vono in situazioni di prossimità territoriale si può interporre un’ampia distanza sociale, per cui, l’altro, prossimo fisicamente, può essere per-cepito come “straniero” (Simmel, 1998).

I palazzi del centro storico dove c’erano le famiglie nobili o negli ultimi anni anche quelli che avevano acquistato non vivono il quartiere . Sono nella zona ma è come se non lo fossero. Perché non sono si sono voluti integrare, quindi credo che hanno vissuto una sorta di distacco . È emblematica ad esempio l’esperienza delle Paparelle. Chi visita le Paparelle, si accorge che dopo quella porta d’ingres-so è come se fosse un mondo a parte, un’isola un po’ più felice. Basta scendere e si incontrano poi situazioni anche di bisogno, però è come se uno non se ne curasse più di tanto, come se non interpellassero, perché c’è una sorta di chiusura (t.p. 10).

Questa situazione relazionale di chiusura mostra l’intreccio tra l’or-ganizzazione dello spazio fisico e gli elementi simbolici, ossia i processi

Page 90: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

178 179

della conoscenza, esplicitati nelle categorie costruite e utilizzate dagli individui. Gli intervistati evidenziano come, soprattutto negli anni Ot-tanta, abbia assunto una connotazione negativa, essendo considerato l’abitato storico molto degradato e anche pericoloso, una zona “estra-nea” rispetto alla città. La percezione della distanza sociale tra il centro storico e il resto della città era molto sentita e si alimentava attraverso forme di etichettamento della cosiddetta “città vecchia” e dei suoi abi-tanti. Tale distanza percepita si traduceva in strategie di evitamento. Gli abitanti della città nuova, infatti, evitavano di recarsi nei quartieri storici, precludendo l’instaurarsi di contatti e relazioni con i residenti. Ancora oggi, secondo alcuni intervistati, esistono forme di pregiudizio nei confronti degli abitanti del centro storico.

[…] il fatto stesso di dire che una persona viene dal centro storico automa-ticamente viene etichettata in un certo modo, quindi noi possiamo fare tutti i discorsi belli che vogliamo, però il fatto di dire che si proviene dal centro storico come da via Popilia, automaticamente porta ad una forma di discriminazione . […] questo atteggiamento di pregiudizio c’è nella città (t.p.10).

Il riferimento, da parte dell’intervistato, ai “quartieri sensibili” di via Popilia, segnati da degrado e criminalità, richiama le rappresentazioni sulle somiglianze e differenze tra il centro storico e gli altri quartieri della città. C’è da dire, a tal proposito, che gli intervistati riconoscono l’unicità del centro storico per il suo impianto urbanistico e architetto-nico, ma tendono ad assimilarlo ai quartieri di Serra Spiga, San Vito o, appunto, via Popilia, soprattutto per la presenza di fenomeni di disagio sociale, oltre che per quanto riguarda le caratteristiche contestuali in termini di servizi.

Dal punto di vista delle emergenze, dei bisogni, indubbiamente credo la zona di via Popilia. Lì sono situazioni un po’ diverse però, comunque, ci sono delle urgenze, delle necessità simili. Anche la zona di Serra Spiga. [Ciò che accomuna queste zone] sono le forme del disagio dei quartieri più popolari (t.p.10).

Ciò che assimila i quartieri menzionati sono, dunque, gli elementi di deprivazione contestuale e gli aspetti del disagio sociale, quindi i ca-ratteri delle periferie. Sono, questi, aspetti del generarsi della distanza

sociale tra gli abitanti del centro storico e quelli del resto della città. La distanza sociale, infatti, ha origine nei processi di differenziazione, e nel determinarsi di quelle differenze, nello spazio fisico e sociale, che acquisiscono una significatività tale da innescare dinamiche di distan-ziazione agìta e subìta.

Page 91: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

180 181

Bibliografia

aMin A., thriFt N., Città. Ripensare la dimensione urbana, Bologna, il Mu-lino, 2005.

arlacchi P., La questione criminale a Cosenza, in aa.VV. Criminalità a Co-senza e in provincia, Cosenza, 1993, pp. 20 sgg.

Bagnasco A., Società fuori squadra. Come cambia l’organizzazione sociale, il Mulino, Bologna, 2003.

iD., Tracce di comunità, il Mulino, Bologna, 1999.

Bagnasco A., negri N., Classi, ceti e persone. Esercizi di analisi sociale loca-lizzata, Liguori, Napoli, 1994.

BelarDi P., Kultur-Fabrik-Perugia. Da città museo a museo città, in Ferruc-ci L. (a cura di) I centri storici delle città tra ricerca di nuove identità e valoriz-zazione del commercio. L’esperienza di Perugia, Franco Angeli, Milano, 2013, pp. 333-341.

BeVilacqua P., placanica A. (a cura di), La Calabria, Einaudi, Torino, 1985.

Bichi R. (a cura di), La distanza sociale. Vecchie e nuove scale di misurazio-ne, Franco Angeli, Milano, 2008.

Burroni L., piselli F., raMella F., trigilia C., Città metropolitane e politiche urbane, Firenze University Press, Firenze, 2009.

cappelletti P., Povertà e quartieri sensibili, in Magatti M. (a cura di), La città abbandonata. Dove sono e come cambiano le periferie italiane, il Mulino, Bologna, 2007, pp. 283- 344.

castel R., The Road to Disaffiliation: Insecure Work and Vulnerable Rela-tionships, in International Journal of Urban and Regional Research, vol. 24, 3, 2002, pp. 519-535.

iD., Disuguaglianze e vulnerabilità sociale, in Rassegna Italiana di Sociolo-gia, n. 1, 1997, pp. 41-56.

cersosiMo D. (1991), La modernizzazione economica, in Mazza F. (a cura di), Cosenza. Storia, cultura, economia, Rubbettino, Soveria Mannelli, pp. 279-317.

cesareo V. (a cura di), La distanza sociale. Una ricerca nelle aree urbane, Franco Angeli, Milano, 2007.

coMune Di cosenza, coMune Di renDe, regione calaBria, Piano Strategico Co-senza-Rende e Area Urbana, Marzo 2009.

costaBile A., Percorsi di formazione e di mutamento del ceto politico nel Sud d’Italia, in Costabile A. (a cura di), Legalità, manipolazione, democrazia. Li-neamenti del sistema politico meridionale, Roma, Carocci, 2009, pp. 83-104.

iD., Modernizzazione, famiglia e politica. Le forme del potere in una città del Sud, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1996.

iD., Democrazia, qualunquismo, clientelismo. Cosenza 1943/1948, Effesette, Rende,1989.

cottino P., «Capability approach e politiche integrate di quartiere», in Territorio, n.43, Franco Angeli, Milano, 2008.

cozzetto F., La città contemporanea, in Mazza F. (a cura di), Cosenza . Sto-ria, cultura, economia, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1991, pp. 287-239.

creMaschi M. (a cura di), Tracce di quartieri. Il legame sociale nella città che cambia, Franco Angeli, Milano, 2008.

iD., «Il Pic-Urban, sei casi di studio», n° monografico di EuroPass Dos-sier, 22, 2000.

DionesalVi F., Diritto alla cultura e politiche culturali: le teorie di una prassi, Coessenza, Cosenza, 2008.

Page 92: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

182 183

eisenstaDt S. N., Mutamento sociale e tradizione nei processi innovativi, Li-guori Editore, Napoli,1974.

Fantozzi P., Il welfare nel Mezzogiorno, in Ascoli U. (a cura di), Il welfare in Italia, il Mulino, Bologna, 2012.

iD., Politica e regolazione sociale, in Costabile A., Fantozzi P., Turi P. (a cura di), Manuale di sociologia politica, Carocci, Roma, 2006.

iD., Politica, clientela e regolazione sociale, Rubbettino, Soveria Mannel-li,1993.

Fatica M., La città di Cosenza dall’unificazione alla prima guerra mondiale, in aa.VV., Città e territorio nel Mezzogiorno d’Italia fra ottocento e novecento, Franco Angeli, Milano,1982.

Ferrucci L., Governance e strategie collettive di rigenerazione dei centri sto-rici, in Ferrucci L. (a cura di), I centri storici delle città tra ricerca di nuove identità e valorizzazione del commercio. L’esperienza di Perugia, Franco An-geli, 2013, pp. 17-33.

iD., I centri storici delle città tra ricerca di nuove identità e valorizzazione del commercio. L’esperienza di Perugia, Franco Angeli, Milano,2013.

Fioroni M., Il commercio indipendente e la sfida dell’innovazione, in Fer-rucci L. (a cura di), I centri storici delle città tra ricerca di nuove identità e va-lorizzazione del commercio. L’esperienza di Perugia, Franco Angeli, Milano, 2013, pp. 143-160.

giaccarDi C., Vivere nei quartieri sensibili, in Magatti M. (a cura di), La città abbandonata. Dove sono e come cambiano le periferie italiane, il Mulino, Bologna, 2007, pp. 213-282.

giannattasio G. (a cura di), Cosenza al di là dei fiumi, Boccia, Saler-no,1986.

introini F., «La distanza sociale: dimensioni teoriche e attualità di un concetto», in Studi di sociologia, 21, 2007, pp. 9-29.

JacoBs J., Vita e morte delle grandi città, Einaudi, Torino, 2009.

le galès P., Le città europee, il Mulino, Bologna, 2006.

le galès P., Vitale T., «Disuguaglianze e discontinuità nel governo del-le grandi metropoli. Un’agenda di ricerca» in Territorio, 74, 3, 2015, pp. 7-17.

Magatti M. (a cura di), La città abbandonata. Dove sono e come cambiano le periferie italiane, il Mulino, Bologna, 2007.

Martinelli M., Dall’utopia urbanistica alla città a progetto, in Magatti M. (a cura di), La città abbandonata.Dove sono e come cambiano le periferie ita-liane, il Mulino, Bologna, 2007, pp. 153-211.

iD., Metropoli. La nuova morfologia sociale della città, Bologna, il Mulino, 1993.

Mayntz R., La teoria della governance. Sfide e prospettive, in Rivista Italia-na di Scienza Politica, n. 1, 1999, pp. 3-22.

Mazzette A., sgroi E., La metropoli consumata, Franco Angeli, Milano, 2007.

Mazzette A. (a cura di), La città che cambia, Franco Angeli, Milano, 2003.

Melia F., MinerVino F., La Grande Cosenza, Pellegrini editore, Cosenza, 2015.

Montesanti L., La politica locale . Partecipazione e trasformazioni della rap-presentanza a Cosenza, Pellegrini Editore, Cosenza, 2010.

nussBauM M., Creare capacità, il Mulino, Bologna, 2012.

Page 93: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

184 185

oBerti M., Social and school differantiation in urban space: inequalities and local configurations, in Environment and Planning, n. 39, 2007, pp. 208-277.

paugaM S. (a cura di), L’intégration inégale. Force, fragilité et rupture des liens sociaux, Puf, Paris, 2014.

iD., Le forme elementari della povertà, Bologna, il Mulino, 2013.

piselli F., Capitale sociale e società civile nei nuovi modelli di governance locale, in Stato e Mercato, n. 75, 2005, pp. 455-485.

iD., Parentela ed emigrazione, Einaudi, Torino,1981.

polanyi K., The Great Transformation, New York, Rinehart, 1944; trad.it La grande trasformazione . Le origini economiche e politiche della nostra epoca, Einaudi, Torino, 2010.

ranci C., Le nuove disuguaglianze sociali in Italia, il Mulino, Bologna, 2002.

runFola A., Strumenti e condizioni per l’accessibilità, in Ferrucci L. (a cura di), I centri storici delle città tra ricerca di nuove identità e valorizzazione del commercio. L’esperienza di Perugia, Franco Angeli, Milano, 2013, pp. 161-179.

seBastiani C., La politica delle città, il Mulino, Bologna, 2007.

sen A., La diseguaglianza . Un riesame critico, il Mulino, Bologna,1994.

siMMel G., Sociologia, Edizioni di Comunità, Milano,1998.

iD., La metropoli e la vita dello spirito, Armando, Roma,1995.

soDa G., Politiche e piani in medie città del Sud Italia – Politiche urbane a Cosenza, in Urbanistica, 119, 2009.

stancati E., Cosenza e la sua provincia. Dall’unità al fascismo, Pellegrini Editore, Cosenza,1988.

tosi A., Questione sociale, questione urbana: dentro e fuori dai quartieri in crisi, in Territorio, n. 46, vol. 8, 2008, pp. 99-103.

iD., Quartiere, in Territorio, n. 19, 2001, pp. 7-21.

Vicari haDDock S., La rigenerazione urbana: un concetto da rigenerare, in Vicari Haddock S., Moulaert F. (a cura di), Rigenerare la città. Pratiche di innovazione sociale nelle città europee, 2009.

Vitale T., Processi di marginalizzazione e meccanismi attivi di cambiamen-to, in Torri R., Vitale T. (a cura di), Ai margini dello sviluppo urbano. Uno studio su Quarto Oggiaro, 2009, pp. 128-147.

WeBer M., Economia e Società, vol. I, Edizioni di Comunità, Milano, 2005.

zanDerighi L., Town Centre Management: uno strumento innovativo per la valorizzazione del centro storico e del commercio urbano, Working Paper n.14, Giugno, Dipartimento di Economia Politica e Aziendale, Università degli studi di Milano, Milano, 2001.

Page 94: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

186 187

Parte terza otto domande Su coSenza vecchia

A cura di Vincenzo Divoto, Paolo Palma e Massimo Veltri

Page 95: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

188 189

1) Leggendo la storia di Cosenza ci si imbatte in decine di iniziative attuate negli anni dalle varie amministrazioni comunali, dai partiti e da associazioni di cittadini aventi come oggetto la rivitalizzazione della città vecchia. No-nostante questa ricchezza di iniziative, il degrado sembra inarrestabile. Quali e che tipo di attenzioni concrete ha avuto secondo lei il Centro storico di Cosenza negli ultimi venti anni?

2) Quali sono le principali cause strutturali dell’abbandono e del degrado del centro storico cosentino: sanitarie, carenza di sottoservizi, difficoltà di accessi, insufficienza dei par-cheggi? O altro?

3) Quali sono le misure di prevenzione attuate o da attuare in riferimento ai crolli di edifici? Esiste un censimento delle abitazioni del centro storico riportante per ognuna di esse epoca di costruzione, tipologia costruttiva, stato di conser-vazione, categoria di rischio, ecc.? Quali effetti concreti ha prodotto o potrebbe produrre il censimento, con riferimen-to ad eventuali programmi di recupero e di riqualificazio-ne del patrimonio edilizio esistente?

4) Il recupero del centro storico sarebbe un elemento propul-sivo o frenante rispetto alla ipotesi di realizzazione dell’a-rea urbana?

5) Centro storico e Università della Calabria possono essere i due poli entro i quali costruire, anche culturalmente, l’a-rea urbana di Cosenza?

6) Sempre con riferimento alla città vecchia, quanto incide

Page 96: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

190 191

e/o prevale il ruolo delle istituzioni nello stimolare le ini-ziative degli investitori privati e quale forma dovrebbe as-sumere l’intervento pubblico?

7) L’intervento di recupero e di riqualificazione del centro storico può essere condotto attraverso l’abbattimento se-lettivo di comparti ritenuti di minor interesse storico, ar-chitettonico, culturale e statico-ingegneristico, anche alla luce dei recenti crolli?

8) Cosenza e l’area urbana, in quale misura e con quali inse-diamenti, servizi e infrastrutturazioni possono raccordarsi verso la Presila e i Casali da un lato e Donnici e la direttrice Savuto/Serre dall’altro?

Battista Iacino

ingegnere, già Sindaco di Cosenza

Ritengo che una discussione compiuta intorno al tema di un possibi-le recupero del centro storico di Cosenza richiederebbe ben altro spazio e più completezza di argomentazioni e di riflessioni.Mi sforzerò di fare solo alcune considerazioni ritenendo giusto che la discussione avviata debba proseguire e arricchirsi con l’apporto di varie presenze sociali e culturali. Problemi che interessano in modo così forte l’intera comunità devono avere sollecitazioni e spinte dai più diversi gruppi sociali, per-ché tutto questo aiuta e dà corpo e spessore ad un reale pluralismo della nostra società che deve lasciare aperta la sfida di portare a mediazione e sintesi interessi che spesso sono opposti e contrastanti. Parlare del centro storico significa parlare di povertà, di emarginazione, di disoc-cupazione, il più acuto problema del nostro tempo, sacche di miseria che si contrappongono ad aree di ricchezza. C’è l’incapacità di portare al giusto livello politico e culturale la valutazione di tali contraddizioni. C’è bisogno di un grande sforzo per far crescere una nuova coscienza civile e affermare i valori alti della democrazia e della solidarietà. Il cen-tro storico era la città compiuta dove le varie classi sociali, le residenze, le attività commerciali, quelle artigianali, quelle dei vari servizi com-ponevano un corpo unico. Lo sviluppo della struttura urbana ha deter-minato la rottura del vecchio corpo e le varie particelle hanno creato altre cellule tra loro separate: via degli Stadi, San vito, via Popilia. Tale fenomeno, che ha interessato la gran parte dei centri urbani, sia quelli più piccoli sia quelli di maggiore dimensione, ha difatti impoverito in modo consistente la parte antica della città. Non si tratta ora di avviare unicamente un necessario recupero fisico e strutturale, in quanto po-tremmo creare una città museo, mentre resta un passaggio difficile ma obbligato la riaggregazione di presenze diverse per ridare forza e vita e restituire al centro storico la dignità di città.

Il piano regolatore generale di Cosenza è nato su ipotesi che, a mio

Page 97: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

192 193

avviso, sono ampiamente superate. Già nel 1972, quando fu adottato, mostrava i suoi limiti avendo come criterio base quello dell’espansione e non affrontando in modo significativo e organico gli interventi finaliz-zati alla riqualificazione del patrimonio esistente. Di fronte a tale situa-zione, consapevoli delle difficoltà di varare un nuovo strumento urbani-stico, con l’amministrazione comunale 1975-1980, da una parte abbiamo cercato di dare priorità alla creazione di servizi di interesse generale e dall’altra frenando l’espansione della città evitando così di sciupare de-finitivamente le residue parti di territorio disponibile. Ritenevamo non valida la previsione di una città di circa 150 mila abitanti considerato il limitato spazio disponibile e tenendo conto della nuova realtà che stava crescendo all’esterno del perimetro comunale. Purtroppo queste pre-occupazioni non sono state condivise dalle amministrazioni successive e ora assistiamo alla presenza di molti edifici che restano come corpi separati e non hanno favorito una nuova qualità urbana della nostra città. In una città dove pochissime sono le isole che hanno dignità e valore di un disegno urbano, il problema centrale è quello del recupero e della valorizzazione della maglia urbana esistente. L’amministrazione comunale che mi ha visto Sindaco, cosciente di questa necessità, ha rite-nuto giusto salvare il territorio non compromesso tanto da sospendere oltre venti piani di lottizzazione d’iniziativa privata, consapevoli che, se avessimo consentito l’utilizzazione di queste residue parti libere della città, avremmo compromesso definitivamente qualsiasi ipotesi di una nuova elaborazione di strumento urbanistico. Sulla base di questa scelta abbiamo elaborato e avviato un piano di interventi capace di dotare la città di una vasta quota di servizi qualificanti. Sono state acquisite aree per circa trecento mila metri quadrati da destinare alla realizzazione di verde attrezzato, impianti sportivi, strutture sociali ed edifici per gli anziani e per l’infanzia. Restiamo convinti che la sfida che si apre per la città è soprattutto una sfida alla capacità di incidere in modo forte sulla struttura urbana esistente con particolare attenzione per il centro storico. Si tratta, pertanto, di bloccare ogni ipotesi di espansione dan-do priorità al recupero del tessuto urbano esistente. I problemi legati al recupero della città vecchia sono complessi e richiedono, tra l’altro, consistenti finanziamenti. Su questo punto è richiesto un preciso im-pegno della Regione Calabria (importante l’occasione offerta dai Fon-di Europei) che deve affrontare con provvedimenti legislativi specifici

l’intero problema legato al recupero dei centri antichi con particolare riferimento a quello di Cosenza che conserva, nonostante il suo forte degrado, valori storici, ambientali e culturali di notevole valore. Un cen-tro storico, quello di Cosenza, che non compromesso dalla speculazione edilizia, non ha subito manomissioni e modifiche sostanziali. In questi anni, in più occasioni, è stato affrontato il problema della città vecchia ma sono mancati gli strumenti necessari per intervenire in modo effica-ce per la realizzazione di interventi concreti.

Alla città va affidato ora un ruolo centrale in stretto raccordo con le realtà che sono cresciute fuori dal suo territorio, iniziando dalla riqua-lificazione del tessuto esistente, visto come parte importante e qualifi-cante di un territorio più vasto. La nuova città deve vivere delle sue va-rie parti evitando il rischio di creare nuovi corpi separati, ma puntando, invece, ad una reale unificazione comprensoriale. C’è bisogno che sia avviata, con il contributo di un largo arco di forze politiche, tecniche e culturali, l’elaborazione di un nuovo ragionamento sulla pianificazione urbanistica capace di affidare a Cosenza un ruolo adeguato per la sua composizione sociale e per la sua storia. Dobbiamo sentirci impegnati per superare questo difficile passaggio caratterizzato da una forte crisi di convivenza civile, lavorando per un nuovo assetto economico, cultu-rale e sociale della nostra comunità.

L’attuale situazione, in parte compromessa, ci obbliga a un notevole impegno per le future scelte: si pone in termini urgenti la necessità di superare i limiti comunali e pensare di arrivare in tempi brevi a definire un Piano Strutturale Associato fra i comuni della cosiddetta “area urba-na” (per come previsto dalla Legge Urbanistica Regionale) e che affronti i problemi della città nella sua globalità. Un piano comprensoriale po-trebbe approfondire i problemi posti ipotizzando il modello insediativo di “Città territorio” nella quale alla realizzazione di pezzi di città si so-stituisce un assetto territoriale aperto e, nello stesso tempo, equilibra-to. Cosenza è una città in crisi: crisi di cultura e di identità che investe tutte le attività umane, dall’urbanistica, all’edilizia, alla economia. In questa nuova visione particolare importanza assume la presenza dell’U-niversità che può costituire un momento di sintesi determinante della nuova città nella misura in cui la struttura Universitaria sarà capace di integrarsi con quella urbana. Oggi l’Università è chiamata, anch’essa, a fare un salto di qualità, partecipando attivamente alla costruzione di

Page 98: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

194 195

un nuovo modello di città guardando, in termini di investimenti e di interessi, alla parte antica di Cosenza. D’altra parte la stessa Università senza un rapporto forte con la città capoluogo verrebbe meno al signifi-cato e al valore per cui è nata. Una città così formata potrebbe senz’altro sostenere il ruolo che ad essa compete: città pilota del comprensorio della valle del Crati accompagnato a un solido rapporto con il restante territorio. In questa nuova visione assume un rilievo importante il cen-tro storico, non più concepito come la città vecchia di Cosenza ma come parte qualificante di una realtà più vasta.

Per quanto fortemente citata, nel più ampio contesto della pianifica-zione urbanistica, la “questione” centro storico, rimane ancora margi-nale e sacrificata, rispetto al permanere delle ragioni forti proprie delle aree urbane a forte caratterizzazione edilizia e insediativa.

La storica produzione di atti e normative nella nostra regione, media-ta dal semplicistico riferimento ad esperienze di realtà territoriali non ripetibili, si è limitata, fino ad oggi, alla sola enunciazione di principi e dichiarazioni e, al massimo, alla preconizzazione della necessità di una politica per il territorio e i centri storici, senza soluzioni connaturate alla loro conoscenza e, quindi, alla previsione di tutti i conseguenti atti normativi e pianificatori, capaci di porsi in termini risolutivi dell’intera questione. Troppo a lungo la disciplina della pianificazione urbanistica non ha dato rilievo alle naturali istanze della collettività e non si sono considerati i molti bisogni umani. È il caso, invece, che essa recuperi le proprie finalità sociali ed economiche e si proietti in avanti, non se-condo logiche ormai obsolete. La frammentarietà con la quale, fino ad ora, si è proceduto è stata la naturale risposta all’assenza di criteri e di logiche cui fare riferimento; contribuendo a far divenire il centro sto-rico sacca di spontanea emarginazione. Infrangere i canoni di un modo di concepire il centro storico, sul piano economico, sociale e qualitati-vo, diviene così sempre più un’impresa molto difficile. L’inesorabilità dell’invecchiamento dei manufatti, ma anche il mutare dei modi di vita e la graduale secolarizzazione di molte attività, ha portato nel tempo alla creazione di “vuoti”, in molteplici accezioni, che vengono neces-sariamente a richiedere interventi più o meno radicali e un insieme di opere per adeguare le costruzioni e gli spazi al modificarsi delle istanze della comunità. La consapevolezza che sia necessario ridare nuovo slan-cio agli interventi sul centro storico, a garanzia proprio della qualità

degli stessi, induce ad intraprendere con urgenza nuove fasi operative. Numerosi sono i documenti emanati a livello internazionale, negli ulti-mi sessanta anni, in relazione alla definizione di principi e di criteri a guida degli interventi sul patrimonio storico-architettonico-culturale. Da essi emerge distintamente come, se si vuole perseguire una conser-vazione “integrata” e “globale”, la definizione dei riusi non può certo identificarsi con una valutazione delle capacità di singoli “contenitori”, ma richiede scelte e decisioni relazionate a ruoli e a prerogative dell’a-rea e dell’intero contesto urbano e territoriale.

Il centro storico costituisce il fulcro della nuova Cosenza e dell’intera area urbana e può diventare elemento cardine sia sul piano socio-cul-turale sia economico-funzionale. Uno sguardo a quanto verificato negli ultimi decenni mette facilmente in evidenza i grandi mutamenti che si sono registrati nei modi di utilizzare gli spazi urbani e i sistemi di co-municazione. D’altra parte è logico che la diffusione della innovazione tecnologica, ad esempio, abbia comportato dei cambiamenti nei modi d’uso anche del centro storico. Non si tratta di alterare l’esistente in-tervenendo pesantemente su di esso per adeguarlo alle nuove esigenze del sistema, ma di guardare alle valenze che gli interventi di riuso e di recupero possono assumere per la riqualificazione urbana, riservando il ruolo di centralità a tutto il suo patrimonio culturale ancora in grado, in modo originale e innovativo, di ridare nuova linfa a un processo di riqualificazione urbana. In relazione alla rilettura della ritrovata iden-tità e peculiarità, occorre studiare i modi per ottimizzarne l’uso e per riorganizzare le attività, avendo per obiettivo il miglioramento, anche in termini qualitativi, dei sistemi di vita e di relazione. Bisogni di tipo culturale, di identità sociale, di sperimentazione della realtà circostante e di relazioni umane richiedono spazi e ambienti che possano favorire sviluppi armonici, non rapporti conflittuali; in tal senso il centro stori-co, quale testimonianza concreta della nostra storia, deve rappresenta-re il luogo naturale e privilegiato di ogni riferimento di vita urbana. La valenza che assume il centro storico di Cosenza costituisce un nuovo fattore da riconsiderare attentamente, non solo per evitarne la distru-zione, quanto per individuarne le potenzialità.

Le stratificazioni, di cui è ricco, non è altro che un tangibile segno di ciò, che non deve essere rivisto, come precedentemente è successo, in termini negativi.

Page 99: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

196 197

Soprattutto in relazione allo stato di avanzamento delle teorie di in-tervento, il centro storico non può essere considerato come un elemen-to negativo e limitativo, ma si deve cogliere la nuova valenza che viene a rivestire non solo per ciò che concerne il recupero del patrimonio edi-lizio, quanto per quello culturale, sociale ed economico.

Il centro storico deve rappresentare per noi una certezza e, proprio nell’attuale stato di generale crisi, è importante renderlo realmente no-stro e più rispondente possibile alle odierne esigenze: ancorato cioè al presente, sufficientemente flessibile e adattabile alle istanze future.

Il centro storico di Cosenza è definito da un impianto urbanistico medioevale che si è consolidato, nel corso dei secoli, mediante trasfor-mazioni successive che ne distinguono peculiarità urbanistiche e sto-rico-architettoniche di formidabile valenza culturale, ma anche di un processo di abbandono e di degrado che, specie in alcuni brani del suo tessuto urbanistico, ne minano, in maniera irreversibile, condizioni di accessibilità e di sicurezza per gli stessi abitanti. Lo stato di emergenza urbanistica e delle condizioni di pericolo di diversi edifici, originato sicu-ramente dagli eventi sismici che, nel tempo, hanno interessato il centro storico, ma anche dalle continue trasformazioni edilizie (ampliamenti, sopraelevazioni, ecc.), che insieme a un processo di crescita sullo stes-so, all’interno del proprio perimetro urbano, ne ha configurato l’attuale composizione urbanistica ed edilizia. Le dinamiche di crescita appena accennate hanno determinato la produzione di profonde stratificazioni nel patrimonio edilizio, nonché l’intasamento di ogni spazio inedifica-to, condizionando la stessa stabilità degli edifici, delle loro condizioni igieniche, nonché di assoluta importanza, della capacità di accessibilità e percorribilità nell’intera struttura urbana. Un disegno così ambizioso necessita di significativi interventi per collegare in modo giusto le varie parti del territorio; in particolare per il centro storico è urgente accele-rare i tempi per la realizzazione del nuovo svincolo sud della A3, non-ché un collegamento con la strada statale 107 Cosenza Camigliatello. Dobbiamo mettere in campo nuovi parametri di valutazione: la qualità, la peculiarità, la complessità sociale, le diseguaglianze, le emarginazio-ni. L’impianto progettuale che deve animarci dovrà basarsi sulle realtà locali, vivere in rapporto coi valori nostri ma accettare l’avventura mo-derna e l’esigenza di nuove conoscenze e di nuovi saperi. Tutto questo ci porta a un approccio culturale diverso, è necessario sgomberare il

campo da scorie culturali e da saperi non più idonei; l’importante è defi-nire gli obiettivi, immaginare la costruzione futura definendo un indice ragionato delle cose da fare. Un percorso non facile, un itinerario com-plesso, ma è necessario partire, parlarne, comunicare, discutere, è ne-cessario rispondere alla crisi della città attuale lavorando per costruirne una nuova, fatta di case, di piazze, di verde, di fabbriche ma soprattutto assai ricca di relazioni. Una città nella quale, al recupero del concetto di “Memoria”, si accompagni quello di “Speranza Progettuale”.

Page 100: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

198 199

Alessandro Campolongo

Professore di Architettura tecnica all’Università della Calabria

1) In quanto depositaria della memoria storica della comunità, Co-senza Vecchia è da sempre nel cuore dei cosentini, che la frequenta-no percependone il valore, godendo del fascino che promana dall’ar-chitettura dei suoi luoghi urbani e da un patrimonio edilizio carico di un vissuto emotivamente coinvolgente, ma con la sottintesa profonda distanza che nasce in loro dalla consapevolezza dei disagi dovuti a un sistema urbano rispetto al quale molto poco si è speso nei decenni, al di là delle enunciazioni politiche, per un reale adeguamento funzionale di modelli abitativi che, alla scala del quartiere come degli edifici, avessero la forza attrattiva per richiamare cittadini vecchi e giovani a ridare vita alla loro bella città.

La “città storica per eccellenza della Calabria” è rimasta integra nel-la sua qualità, giacché il suo abbandono ne ha paradossalmente con-servato il generale equilibrio, non presentando nel suo impianto segni d’interventi devastanti o di manomissioni stravolgenti. Ma il valore aggiunto che si guadagna nel vivere la dimensione umana dello spa-zio antico è negativamente compensato dalla mancanza di tutto ciò che rende efficace, e quindi appetibile, la condizione abitativa, dal sistema distributivo e relative dotazioni di servizio degli edifici, alla suscettività dello spazio urbano e delle infrastrutture ad adattarsi, senza una guida pianificata, alle esigenze dell’attuale dinamica urbana.

La scelta, nel corso degli ultimi venti-trent’anni, di sistemare a Co-senza Vecchia la Pinacoteca Nazionale di “Palazzo Arnone”, il Laborato-rio di restauro di S. Francesco d’Assisi, la Biblioteca Nazionale, l’Archi-vio di Stato, i nuovi musei, il Conservatorio di musica, la Soprintendenza per i Beni architettonici e ambientali, l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica, l’Ufficio scolastico provinciale, l’Ordine provin-ciale degli architetti, che costellano la città antica con il loro peso isti-

Page 101: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

200 201

tuzionale, insieme alle emergenze laiche e religiose già storicamente presenti – il Palazzo del Governo provinciale, l’Accademia cosentina con la Biblioteca civica, il Teatro Rendano, il Liceo Telesio, l’Arcivescovado con le altre istituzioni religiose e le antiche chiese – sono certo testimo-nianza di una nuova e importante attenzione. E si è sperato che queste scelte rappresentassero la fase di partenza di una svolta programmatica e operativa che, però, tarda ad arrivare. Una svolta capace di animare con forza il mercato edilizio, crisi economica permettendo, innescando il giusto circolo virtuoso per cambiare nel profondo la condizione abi-tativa di Cosenza Vecchia; invertendo una tendenza rispetto alla quale poco possono fare le ormai numerose iniziative, impegnate ed effimere, colte e popolari, più o meno efficaci nel loro scopo rivitalizzante, e che comunque lasciano la città pressoché immutata nella sua emarginazio-ne non appena si spengono i riflettori. Evidentemente questo tipo di “ricchezza di iniziative” non basta affatto.

2) La condizione attuale di Cosenza Vecchia, che si manifesta in mol-te sue parti con i caratteri propri dell’abbandono e del conseguente de-grado, è da riferire a due situazioni storiche distinte: la fase della nascita e sviluppo di Cosenza Nuova, dai primi del Novecento, e quella della grande espansione dell’impianto urbano moderno nel secondo dopo-guerra.

Il primo aspetto causale è specificatamente legato alla connotazio-ne urbana sette-ottocentesca della città che supera, all’inizio del secolo passato, i confini segnati dai due fiumi, liberandosi dai vincoli geogra-fici che sembravano averla legata nel suo territorio collinare antico, costringendola a crescere su se stessa in un progressivo e pericoloso infittimento del suo tessuto edilizio. Un evento felice, questo, perché fondativo di una condizione nuova della città che si apre al progresso e alla crescita economica, sociale, politico-amministrativa, culturale, della qualità abitativa, dunque alla modernizzazione generalizzata. Un evento allora determinato dalla bonifica dei terreni della Valle del Crati che vengono liberati dalla malaria; dalla costruzione della ferrovia Co-senza-Buffaloria, e della stazione nella grande “spianata del Carmine”, che dal quel momento diventa il luogo-cerniera tra vecchio e nuovo mondo, luogo urbano simbolo della città che si trasforma; dall’appro-vazione, nel 1912, del Piano Camposano, che del nuovo impianto urbano

guiderà il primo ordinato sviluppo; Piano di Ampliamento richiesto dal Governo centrale, preoccupato dello stato in cui versa la città vecchia, come condizione perché Cosenza continui a ricoprire il ruolo di capo-luogo della sua vasta provincia. Una grande svolta nella storia della città che, assumendo progressivamente la sua nuova identità culturale, ten-derà, nel corso del Novecento, a lasciarsi alle spalle l’espressione urbana più antica delle sue tradizioni, non rigettandole, non dimenticandole, ma semplicemente circoscrivendole in quello che diventa il luogo della memoria, un luogo che, però, non viene fatto oggetto nel tempo della giusta considerazione, dunque di un’adeguata attività di conservazione.

Ancora nel corso della prima metà del secolo, mentre Cosenza Nuo-va cresce rapidamente configurandosi nella logica formale e funziona-le del nuovo schema urbano, e nei caratteri architettonici e costruttivi della nuova edilizia, il centro storico continua a ricoprire il ruolo di-rezionale-amministrativo e culturale e, per buona parte, anche econo-mico-commerciale, pur cominciando a condividerlo con la città nuova; mentre il Piano Gualano promuove, nel 1939, una serie di opere di risana-mento della città vecchia, mirate principalmente alla viabilità interna e al miglioramento del collegamento con i nuovi quartieri oltre i fiumi. Gli anni dell’autarchia e il conflitto mondiale determinano una battuta d’arresto nella crescita dalla quale la città sa riprendersi, grazie anche al raddoppio della popolazione e alle grandi potenzialità economiche emergenti nel territorio periferico della Valle del Crati. Ma, nel tempo della ricostruzione, il delicato rapporto delineatosi tra città vecchia e città nuova non può essere gestito di fatto da un approccio urbanistico che, a Cosenza come nel resto del Paese, cerca solo di fornire un minimo di regole per la ricostruzione, producendo uno strumento incapace di rivolgersi all’assetto complessivo dell’impianto urbano.

Nella fase dell’espansione che subentra, si assiste a un progressivo spostamento della popolazione e delle attività produttive nella città del piano, con il conseguente abbandono del centro antico, anche quando la popolazione cesserà di crescere. Nessuno strumento urbanistico vie-ne predisposto, nonostante la Legge Urbanistica del 1942 lo richiedes-se a tutti i capoluoghi di provincia, per controllare e gestire gli esiti di un imponente fenomeno migratorio che fa di Cosenza l’espressione significativa di una condizione che investe il Paese negli anni del boom economico. Una condizione per la quale la perdita delle attività com-

Page 102: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

202 203

merciali e del ruolo direzionale di Cosenza Vecchia è accompagnata da un processo di sostituzione sociale dei residenti, nel senso che subentra nella gestione del patrimonio edilizio storico privato, imponente nel-la sua consistenza e bisognoso di continui interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, un tipo di utenza che, per la sua debolezza finanziaria, non è in grado di sostenere.

E quando, al principio degli anni ’70, la città si dota finalmente del necessario strumento urbanistico, il Piano Vittorini non interviene a cor-reggere lo squilibrio determinatosi, e mentre cerca di dare ordine alla città cresciuta malamente all’insegna dell’arbitrio di pochi, spinta dalla ricerca delle “quantità” piuttosto che della “qualità”, continua di fatto a ignorare Cosenza Vecchia. Ciò avviene proprio nel periodo nel quale la “generazione urbanistica dell’espansione” cede il passo, nelle aree ge-ografiche amministrativamente più organizzate del Paese, alla nuova “generazione urbanistica della trasformazione”, quella che produce, nel corso degli anni ’70 e ’80, i piani che affrontano il tema del riassetto del-la città consolidata e, quindi, del recupero dei centri storici e del relati-vo patrimonio edilizio. Una grande occasione mancata per Cosenza e il suo centro storico, proprio nel momento in cui bisognerebbe riorganiz-zare le relazioni che si vanno determinando fra le trasformazioni delle strutture e infrastrutture fisiche della città, vista nel suo complesso, e le nuove esigenze dell’evoluzione socio-economica.

Da allora le iniziative intraprese dalle amministrazioni pubbliche più sensibili al problema non sono bastate per invertire una tendenza rafforzata dalla cultura della “deregulation” che condiziona la pratica ur-banistica del Paese nel corso degli anni ’80, e dalle sempre più attraenti condizioni economiche offerte dalla grande area urbana che ormai lega Cosenza ai comuni limitrofi, in un processo di inarrestabile “metropo-lizzazione”, nella cui dinamica Cosenza Vecchia tende a rimanere solo un debole riferimento storico-geografico. Un’entità urbana nella quale il processo in atto determina un degrado che si manifesta nel generale decadimento del patrimonio costruito che, alla pericolosità e vulnera-bilità strutturale dei fabbricati, unisce l’abbrutimento dei luoghi urbani, rafforzato dalla percezione di una nobile architettura violentata dall’in-curia.

3) Senza entrare nel merito di quanto già predisposto dall’ammini-

strazione pubblica, le condizioni dell’impianto urbano antico richiedo-no un’azione forte, decisa, ampia, complessa, sostenuta da sincera vo-lontà politica nel tempo, che parta da analisi approfondite mirate alla conoscenza del contesto territoriale urbano in merito alle condizioni idro-geologiche e geotecniche, allo stato delle infrastrutture idrauliche, stradali e di servizio, allo stato immobiliare reale dei fabbricati e delle relative unità abitative; alla conoscenza del patrimonio costruito in tut-ti i suoi aspetti, degli edifici palaziali come dell’edilizia di base, rispetto al quale va avviato un rilievo architettonico e tecnologico-strutturale sistematico, rivolto ai singoli organismi edilizi, come all’articolazione del tessuto costruito da essi formato, visto nel suo insieme. Un rilievo da completare con un’esperta lettura del processo tipologico che ha por-tato nell’armatura edilizia storica di base alla “plurifamiliarizzazione” delle case a schiera (unifamiliari) del tessuto urbano più antico.

Un’analisi importante, quest’ultima, giacché capace non solo di rico-struire come storicamente si sia trasformato il tessuto costruito, infor-mazione essenziale per avviare corretti interventi di recupero morfo-logico, funzionale e tecnologico, ma capace anche di fornire un quadro completo dell’assetto strutturale delle costruzioni, della consistenza e della solidità delle parti di fabbrica, come delle discontinuità strutturali dovute alle loro trasformazioni (aggiunte, superfetazioni, sottrazioni), che hanno sottoposto gli elementi costruttivi a quel lavoro improprio che ne ha determinato, nel tempo, il decadimento funzionale, a volte pericolosamente nascosto, e il più generale degrado dell’assetto statico complessivo, per tratti anche ampi del tessuto edilizio, fino a compren-dere interi isolati urbani.

D’altra parte è ormai scientificamente riconosciuto che la casa pluri-familiare, modello abitativo che subentra alla casa unifamiliare in con-seguenza delle trasformazioni urbane legate agli esiti della rivoluzio-ne industriale, prima ancora di configurarsi nello sviluppo della città dell’Otto-Novecento come nuovo tipo edilizio, s’impone come modello abitativo nel tessuto edilizio preesistente. L’alloggio verticale della casa a schiera, sorta sul frazionamento premoderno della proprietà risalen-te nell’impostazione alla lottizzazione medievale, si presta, quando la contiguità dei fabbricati e l’andamento del suolo lo consentono, a una nuova distribuzione dello spazio abitativo, quella in orizzontale, resa possibile dalla rifusione di due o più case unifamiliari in un unico bloc-

Page 103: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

204 205

co. È in questo accorpamento e nella conseguente suddivisione dello spazio-alloggio in senso orizzontale che si delinea il modello a due o più alloggi per piano nel tessuto edilizio antico; da questo accorpamen-to di edifici di genesi temporale diversa, con caratteristiche costruttive diverse, si arrivano a formare organismi anche di grande mole, le cui parti originarie sono formalmente unificate in una nuova configurazio-ne architettonica. Ma è proprio in questi organismi, apparentemente unitari perché connotati dalla continuità delle facciate ridefinite, che si nascondono le più pericolose discontinuità strutturali, causa della loro labilità statica e della loro vulnerabilità sismica, come c’insegnano gli studi elaborati dopo i terremoti di Irpinia e Basilicata, di Umbria e Mar-che, dell’Aquila.

Ce n’è quanto basta per essere consapevoli che nella prima azione da intraprendere l’amministrazione pubblica non può affidare al singolo utente, proprietario della singola unità immobiliare, l’iniziativa dell’in-tervento, ma dovrà operare direttamente, avendo presente le esperien-ze maturate, negli anni ’70-’80, attraverso i piani della “generazione ur-banistica della trasformazione”, ma col vantaggio di potere impiegare oggi norme e strumenti urbanistici allora non disponibili.

4) Anzitutto bisogna chiedersi che cosa intendiamo per area urbana, che visione attuale e futura abbiamo di questo grande sistema territo-riale che va configurandosi. Osservando che la “città meridionale” non ha recepito generalmente la flessibilità del decentramento urbano de-rivato dalla “generazione urbanistica della trasformazione”, che, come si diceva, ha caratterizzato le scelte nelle aree economicamente più evolute del Paese nell’ultima fase dello sviluppo industriale legato alle nuove tecnologie, c’è da dire che la nuova realtà urbana cosentina non sembra vivere in modo esasperato il fenomeno della “sub-urbanizzazio-ne meridionale ritardata”. Infatti, se in alcune direzioni di espansione si assiste alla formazione di vere e proprie conurbazioni assolutamente dipendenti dal centro cittadino, con ciò confermando detta tendenza, ben diversa è la condizione che si è determinata nel sistema territoria-le Cosenza-Rende; lì dove l’integrazione funzionale interna è proietta-ta verso un crescente progresso, che certo va aiutato, mentre l’attuale disomogeneità si manifesta come fisiologica espressione della crescita

e del processo di modificazione dell’assetto urbano nel complessivo si-stema definitosi.

A fronte della debole armatura urbana regionale, la realtà cosentina si presenta come fatto del tutto nuovo nel contesto calabrese e direi dell’intero Mezzogiorno, delineandosi come modello diverso, già con-cretizzatosi in molti suoi aspetti, che ci permette di sperare in una con-notazione urbana futura di rango più elevato nel contesto meridionale e nazionale. Ma è evidente che ciò potrà avvenire solo a condizione di un approccio pianificatorio e di una politica gestionale consapevoli di affrontare problematiche che riguardano un’unica entità territoriale, un unico impianto urbano, al di là dei campanili che presidiano le due parti. Un’unica città che si deve rapportare con le polarità urbane mino-ri che la circondano, che dev’essere capace di gestire il processo di metro-polizzazione che oggi caratterizza il nostro territorio, con connotazioni che associano Cosenza a una condizione comune alle realtà urbane più evolute del Paese, piuttosto che al fenomeno della “dispersione urbana” proprio della città meridionale e calabrese in particolare.

In questa logica il recupero del centro storico di Cosenza non risulta né propulsivo, né frenante. Cosenza Vecchia si pone come un grande comparto del nuovo sistema urbano, quello della città consolidata della quale fanno parte, ormai, anche i quartieri oltre i fiumi della prima metà del Novecento; un comparto con le caratteristiche proprie del contesto urbano storico, cui dovrà essere attribuito un ruolo. Un ruolo che, come quello di altre significative polarità, emergerà da un’attenta e compe-tente “lettura urbanistica” della “città complessiva”; intendo dallo svi-luppo di analisi ponderate che rispondano a logiche tecnico-scientifiche e non a improvvisazioni condizionate dalla consueta miopia politica, capaci nell’autorevolezza dei dati oggettivi di costituire i presupposti, ovvero le conoscenze di base per una pianificazione che, nel rispetto del confronto politico-ideologico e dell’identità culturale dei luoghi e della comunità, miri effettivamente alla sua crescita e al suo benessere. Il ri-spetto e la conseguente efficacia dei piani cosentini del 1912 e del 1939, come lo sviluppo del Piano di Rende negli ultimi decenni, dimostrano che ciò è possibile anche nel “profondo Sud”.

5) Proviamo a pensare a una lettura nuova della città, quella “unita-ria” che dai sette colli si estende nella Valle del Crati fino ad Arcavacata;

Page 104: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

206 207

abbiamo di fronte un grande sistema dinamico da conoscere a fondo per poterne programmare, guidare e controllare lo sviluppo, anzitut-to individuando le relazioni esistenti e tendenziali tra le sue parti, mi-rando a comprendere come viene vissuta questa nuova realtà urbana, come viene utilizzata quotidianamente, quali sono le dominanti del suo funzionamento per riconoscere il ruolo esercitato dalle sue parti. Sarà necessario osservare i rapporti gerarchici che tendono a istituirsi tra le parti del sistema, distinguendo quelli che svolgono un ruolo positi-vo nella dinamica urbana, alimentando le giuste relazioni, da quelli che svolgono un ruolo negativo (gerarchie sociali, culturali, politiche). Sarà necessario definire le reali relazioni che si sono determinate tra le esi-genze dell’evoluzione socio-economica e le trasformazioni fisiche, ossia strutturali e infrastrutturali, della città vista nel suo insieme, per veri-ficarne e correggerne le disarmonie e le fratture conseguenti; conside-rato che da questa discontinuità derivano spesso situazioni critiche, di disturbo, di penalizzazione, proprio quelle che, ormai da tanto tempo, si sono determinate nella Cosenza storica.

E nell’individuazione degli elementi e delle strutture significanti dell’impianto urbano definitosi, Cosenza Vecchia e il campus universi-tario possono essere riconosciuti, senz’altro, come punti di riferimento fondamentali dello specifico urbano, costituendo le polarità estreme di una direttrice che è già, ormai, asse portante dello sviluppo della città, elemento ideale che nella sua continuità diventa essenziale per la sua stessa riconoscibilità. Una direttrice che è al tempo stesso generatrice della nuova realtà urbana e della sua identità culturale, riferimento per le necessarie relazioni che si determinano tra il nuovo impianto urbano e il territorio, tra la nuova città e i poli esterni circostanti.

6) Se la mancanza di una “pianificazione urbanistica della trasforma-zione” è stata negli anni ’70-’80 una grave occasione perduta per Cosen-za, le condizioni maturate negli anni ’90 rendono disponibili importanti strumenti organizzativi di cui le istituzioni pubbliche possono avvalersi avendone la volontà politica. Primo tra tutti la Legge 179 del 1992, che si rivolge con le “Norme per l’edilizia residenziale pubblica” ai problemi specifici del recupero, fornendo le disposizioni per la programmazio-ne e le necessarie modifiche alla precedente Legge 457 del 1978; e che, aspetto molto importante, istituisce i Programmi integrati.

I Programmi integrati d’intervento sono affidati dalla legge ai Comuni attraverso la programmazione regionale, sono finalizzati a riqualifi-care l’ambiente urbano e il tessuto edilizio, e sono caratterizzati dal-la integrazione di diverse tipologie d’intervento, nonché, fatto nuovo, dal possibile concorso di più operatori e risorse finanziarie pubbliche e private. La strategia sottintesa è efficacemente espressa dalla dimen-sione urbana degli interventi, pensati per proiettare l’attività di recu-pero dalla scala edilizia alla scala urbanistica attraverso la normativa che regola l’attività dell’edilizia residenziale pubblica. Un’impostazione nella cui continuità metodologica si pongono i Programmi di recupero ur-bano (PRU) definiti l’anno successivo dalla Legge 493. Anch’essi affidati all’approvazione dei Comuni, questi programmi prevedono l’obbligato-rietà del concorso di risorse pubbliche e private, individuando tra le finalità principali la manutenzione e l’ammodernamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, senza trascurare la riqualifi-cazione dell’edilizia, vista nella sua generalità e nel ruolo di struttura d’integrazione fisica dei “complessi urbani esistenti”; ciò nel quadro di una proposta di drastica riduzione della nuova edificazione, a vantaggio dell’impiego delle risorse per una consistente attività di recupero edi-lizio diffuso.

A cavallo dei due secoli prende avvio l’era dei cosiddetti Programmi complessi; complessi come il carattere emergente dei sistemi cui essi de-vono fornire risposte: i Programmi di riqualificazione urbana; i Programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio (PRUSST); i Contratti di quartiere; i Programmi innovativi in ambito urbano; e, nella pro-grammazione comunitaria, le varie misure dei Fondi strutturali europei e i Programmi Urban. Programmi accomunati nella loro logica operativa dall’innovazione del rapporto tra istituzioni pubbliche e privati, attra-verso l’impiego di risorse pubbliche e private, per soddisfare le reci-proche convenienze riducendo la spesa pubblica. Dunque gli strumenti normativi non mancano, come non mancano i fondi europei che noto-riamente le nostre istituzioni pubbliche non sono capaci di spendere; quello che manca sembra essere la volontà politica di affrontare i pro-blemi!

7) Ho già detto dei rapporti che si determinano nei tessuti edilizi antichi tra i singoli organismi e l’insieme del costruito generato dalla

Page 105: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

208 209

loro aggregazione nel tempo. E ciò vale sia per le relazioni che si deter-minano tra gli edifici palaziali nel loro fondersi con l’edilizia di base co-stituente l’armatura della città, condizione ricorrente a Cosenza, sia per le relazioni che si determinano tra gli edifici di piccole e medie dimen-sioni, espressione delle unità abitative popolari, maggiormente esposte a un processo di trasformazione che risponde nel tempo a quelle logiche ambientali, economiche, sociali, culturali che ne determinano la con-notazione tipologica, dunque l’uso in rapporto alle dinamiche urbane.

Ed è questa manifestazione tipologica del costruito, in quanto te-stimonianza delle logiche che ne hanno determinato l’evoluzione e la condizione, a costituire l’essenza architettonica dello specifico urbano, espressione nel suo insieme dell’identità culturale della comunità inse-diata. Evidentemente l’architettura del luogo urbano non si manifesta soltanto attraverso la ricchezza decorativa delle partiture prospettiche e la maestosità degli organismi edilizi a carattere monumentale, certo anch’essi espressione di significativi valori culturali che appartengono alla città.

Dunque alle ragioni strutturali-tecnologiche di cui si diceva in re-lazione alla sicurezza dei fabbricati, se ne aggiungono altre, non certo meno importanti e tali da dover considerare il patrimonio edilizio sto-rico, così come l’abbiamo ereditato, nella sua interezza. Si tratta di un impianto plano-volumetrico imponente, configuratosi armoniosamen-te attraverso il tempo, che trova il suo vigore formale e la sua originalità nell’adattarsi alle condizioni ambientali e all’andamento dei terreni, nel valorizzarsi attraverso l’esposizione delle sue facciate, nel determinare nel suo sviluppo gli slarghi, i piazzali, le cordonate, i vicoli, le strade, che completano una struttura ininterrotta, configurando una compagine unica che va conservata così com’è, se vogliamo dare senso all’attività di recupero e riqualificazione. Questo non significa mummificare la città, ma intervenire correttamente per ridarle vita conservandone l’identità.

Non mancano le competenze, le possibilità tecnologiche e le imprese capaci di affrontare problemi strutturali anche complessi.

Detto questo, e nella consapevolezza della delicatezza delle opera-zioni, si devono poter considerare le necessità che emergono da situa-zioni particolarmente gravi sul piano della sicurezza e di certe priorità, nell’adeguamento funzionale urbano soprattutto, che fanno pensare a interventi di sostituzione o di demolizione, dunque anche di dirada-

mento di tratti del tessuto urbano. Ma in questo caso il problema è: a chi affidiamo, e con quali modalità di attribuzione dell’incarico, la re-sponsabilità di intervenire su un patrimonio così prezioso per conto della collettività, seguendo, come peraltro è giusto che sia, una propria interpretazione progettuale? Il fatto è che bisogna mettere in grado il progettista di esercitare il proprio diritto di soggettività affrancando-lo da orgogliosi pregiudiziali punti di vista; e ciò si può ottenere solo creando, attraverso le analisi e gli studi opportuni, le informazioni tec-niche di base perché egli possa operare nella più ampia consapevolez-za dei contenuti e dei valori delle preesistenze sulle quali è chiamato a intervenire. E ciò è tanto più importante in un Paese come il nostro, nel quale la qualifica professionale ostentata non implica necessariamente, purtroppo, una formazione orientata alle competenze che servono nel-la fattispecie.

8) Per rispondere a questa domanda bisognerebbe definire i linea-menti di un piano ed evidentemente non è questa la sede. Ma la que-stione posta è estremamente interessante perché mette in evidenza la sentita necessità di rinnovati collegamenti tra l’impianto urbano e i territori collinari che si estendono nell’area meridionale, quella dei cosiddetti Casali di Cosenza. Piccoli e numerosi poli territoriali fanno da corona alla città antica, avendone costituito storicamente i riferimenti extraurbani più prossimi; centri per lo più urbanizzati che intessono col capoluogo un rapporto costante e intenso, sedi di un pendolarismo quotidiano che li lega funzionalmente alla città, fino a porsi come quar-tieri residenziali periferici dell’area urbana. Una realtà molto gradita ai cosentini, da cui è percepita come la componente territoriale che, per le sue tradizioni antropologico-culturali e per il pregio ambientale e pae-saggistico, contribuisce significativamente a definire i caratteri identi-tari della comunità e del suo territorio di pertinenza.

Una condizione di cui le istituzioni pubbliche sono ben consape-voli, e per la quale bisogna prendere decisioni che, nel contesto della città allargata, ne rafforzino e migliorino il ruolo, anche e soprattutto in virtù della loro prossimità al centro storico; e l’aspetto infrastruttu-rale, stradale principalmente, costituisce senz’altro il primo problema da affrontare. La vecchia Strada Statale delle Calabrie, la nuova Strada Silana-Crotonese, le Ferrovie della Calabria, unitamente all’Autostra-

Page 106: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

210 211

da Salerno-Reggio Calabria, sono i tracciati di riferimento costituenti un’efficace rete di trasporto che, opportunamente collegata con la rete stradale provinciale, può dare risposta alla prospettata migliore inte-grazione.

Il quadro è chiaro, ma hanno prevalso fino a oggi logiche politico-e-conomiche che hanno privilegiato tutt’altra parte del territorio urbano, come abbondantemente precisato nelle risposte precedenti; quest’area ha seguito, per certi versi, la stessa sorte di Cosenza Vecchia, in termini di sottovalutazione delle sue potenzialità e delle sue risorse, anche se sostenuta dalle indiscutibili qualità naturali e dal buon senso dei nostri concittadini presilani e dei casali delle Serre e del Savuto.

Lo strumento di pianificazione disponibile nel quadro normativo italiano per affrontare le problematiche dell’attuale “generazione ur-banistica della metropolizzazione” è senz’altro il Piano territoriale di co-ordinamento provinciale (PTCP), vecchio strumento definito dalla Legge 1150 del 1942, di cui peraltro Cosenza si è dotata. Il piano si fa carico delle necessità infrastrutturali rilevate, che dovranno essere affronta-te nell’ambito dei cosiddetti “comparti territoriali di copianificazione”, definiti per articolare in distretti opportunamente più ridotti anche l’a-rea vasta del territorio meridionale della provincia, a vantaggio di una più snella operatività. A questo punto basta passare dalla programma-zione all’attuazione, e al successivo controllo, operando, in termini di azione politica, perché quanto progettato non rimanga ancora una vol-ta sulla carta.

Si delinea, dunque, tutto considerato, anche nella realtà cosentina, quella quarta generazione urbanistica che sembra rappresentare l’at-tuale fase del cambiamento urbano e territoriale nei paesi più avanzati del vecchio continente, come precedentemente è avvenuto con le ge-nerazioni della “ricostruzione”, dell’”espansione” e della “trasforma-zione”. La formazione della metropoli sembra rappresentare l’ultimo effetto della rendita urbana nello sviluppo del territorio, attraverso il meccanismo per cui le città tendono a espellere e a decentrare le fun-zioni che producono meno rendita (attività produttive e abitazioni po-polari) dal centro, lì dove aumenta il valore immobiliare dei suoli, per trattenere le funzioni urbane con rendita più elevata (attività del terzia-rio e abitazioni di lusso).

In queste realtà urbane si assiste generalmente a un aumento forzato

della produzione edilizia dovuto alla proliferazione insediativa, al de-grado delle fasce territoriali intercomunali, mentre emerge la necessità dell’oneroso rafforzamento dei servizi pubblici che, di fatto, tendono a raddoppiarsi nelle periferie, e fra questi soprattutto dei trasporti collet-tivi che, in Italia, costituiscono il problema principale. Cionondimeno la metropolizzazione, in quanto fenomeno generazionale inevitabile, va governata e non contrastata, affinché essa possa assumere una condi-zione fisiologica, traendo dalla specifica situazione urbana la migliore qualità possibile.

Page 107: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

212 213

Francesco Collorafi

Già ingegnere capo del Comune di Cosenza

1. Sono stato dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Cosenza e posso riferire che i tentativi di valorizzare il centro storico risalgo-no agli anni ’80, dopo che in parte si era esaurita la spinta edificatoria del prg Vittorini. La mia esperienza più viva e propositiva si riferisce agli anni ’90, dopo l’elezione a sindaco dell’on. Giacomo Mancini. Dopo i primi incontri, alcuni non semplici, si è avviato un proficuo rapporto che ha messo in atto una serie di iniziative molto interessanti e in gran parte rivolte alla rivitalizzazione del centro storico. Dopo l’elezione si è subito compreso che il passo stava cambiando.

Si avvertiva una voglia di riscatto e rinascita. Tra le tante idee e pro-grammi avviate, quello più importante è stato senza alcun dubbio il Programma Urban. Programma complesso, transnazionale e molto inte-ressante, finanziato direttamente dalla Comunità Europea. Il program-ma e la sua attuazione hanno messo da subito in evidenza che c’era la impellente necessità di procedere alla riorganizzazione della struttura burocratica per coordinarsi con il programma del Sindaco e le previsio-ni urbanistiche. La nuova impostazione si è rivelata, quindi, di notevole importanza e utilità consentendo di accelerare tutti i processi legati alla programmazione, alla progettazione attraverso le stesse procedure per gli appalti e per la realizzazione delle opere programmate. Tale nuovo processo ha visto la partecipazione di quasi tutta la struttura comunale e il coinvolgimento di ampi strati della popolazione e addirittura di in-teri quartieri.

È stato un fiorire di idee e di iniziative. Tante sono state le attività messe in atto e, seppure non tutte hanno

colto nel segno, le stesse hanno diffuso la convinzione che il recupero e la rinascita del centro storico erano possibili.

Non è semplice in poche righe annoverare tutti i progetti e gli inter-

Page 108: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

214 215

venti messi in atto, ma ritengo che quelle più significativi sicuramente sono stati: lo smantellamento delle baracche lungo il fiume Crati e nella piazza Valdesi (tutti ricordano lo stato ormai comatoso di quelle instal-lazioni fatiscenti che impedivano la stessa fruizione della confluenza dei due fiumi); la riqualificazione del corso Telesio con il rifacimento della pavimentazione e la caratterizzazione degli spazi (piazzette), con il recupero dei sottoservizi compresa la predisposizione di tubazioni per lo smaltimento delle acque reflue e per la posa in opera delle tubazioni per la fibra ottica; il rifacimento di piazza XV Marzo, incluse la nuova pavimentazione, l’eliminazione della recinzione della Villa Vecchia e il suo recupero ambientale e funzionale; la realizzazione delle scale mo-bili che hanno consentito un collegamento più agevole tra la zona dello Spirito Santo e il Teatro Rendano; il recupero del Palazzo della Cultura, destinato a iniziative ludiche e culturali con la creazione del parcheggio sottostante e tanti altri interventi che davano il segno di una presenza forte delle istituzioni.

Esperienza particolare è stata quella dell’ex Albergo Bologna. Lo sta-bile si presentava in forte abbandono, quasi irrecuperabile, ed era lì a testimoniare il totale degrado di tutto il centro storico. Il Sindaco si era convinto della sua demolizione. Forte della sua convinzione e dell’au-torevolezza, chiede un appuntamento al Soprintendente dell’epoca. È stato il Sindaco stesso ad esporre la sua idea al Soprintendente il qua-le, forse per soggezione, forse per convinzione, ha aderito alla richie-sta. Uscendo dall’ufficio di piazza Valdesi ci siamo fermati sul portone proprio di fronte all’ex Albergo Bologna, a questo punto ho ritenuto di esprimere tutte le mie riserve sull’abbattimento dell’edificio conclu-dendo che, da un degrado, poteva avviarsi una rinascita. Mi ha subito detto che forse potevo avere ragione ma voleva pensarci e, comunque, anche nel caso avesse aderito alla mia idea, dovevo indicare modalità attuative e tempi certi. Dopo aver preso un caffè siamo rientrati in uffi-cio con l’impegno di tornare sull’argomento. Fu così che convinsi il Sin-daco con l’impegno ad iniziare i lavori entro il primo agosto dell’anno in corso (1994) e terminarli entro un anno. Tutti ricordano il telo fatto preparare dal prof. Piperno che indicava le date e il percorso stabilito. È stato uno dei primi impegni il cui esito è stato positivo. L’ex Albergo Bologna è stato recuperato ed è stato il testimonial di un centro storico che voleva rinascere.

Grande fu la soddisfazione quando, al portone su corso Telesio, è sta-ta affissa una targa da parte dell’Università della Calabria che intendeva mettere degli uffici all’interno dell’edificio.

2. Il centro storico di Cosenza rappresenta un unicum nel panorama dei centri storici italiani ed europei; innanzitutto per la sua periferiz-zazione causata da uno sviluppo edilizio, commerciale e di servizi tutto proteso verso valle. Tale sviluppo ne ha creato una ghettizzazione so-ciale ed economica, con l’abbandono delle residenze e dei palazzi più importanti, pur mantenendo intatte le architetture storiche.

Spesso, quando si parla di degrado di centro storico, si riferisce alla mancanza di sottoservizi o alla sua carenza. Io posso testimoniare che tale affermazione non è veritiera, tutto il centro storico è dotato di reti per lo smaltimento delle acque reflue funzionanti. Quello che risulta carente o vetusto sono gli allacci ai fabbricati, a causa del loro stato di abbandono.

In tutte le zone ove il Comune è intervenuto, ho potuto riscontrare la presenza di impianti per lo smaltimento delle acque con capacità no-tevoli e ben conservate. Inoltre su corso Telesio è stata realizzata anche una rete aggiuntiva per lo smaltimento delle acque bianche.

Stesso ragionamento vale per il dissesto idrogeologico, non sono convinto della fragilità del centro storico. I casi di crolli che, sempre più spesso si verificano, sono dovuti essenzialmente al degrado strutturale dei palazzi abbandonati, alla mancanza totale di manutenzione sia ordi-naria sia straordinaria e, giammai, causati da dissesti geomorfologici o per cedimenti fondali.

Non vi è dubbio che i cosiddetti vasci, risultano in pessime condizioni igienico-sanitarie dovute essenzialmente a una totale incuria e abban-dono e, forse, per come dicevo prima, alla vetustà degli allacci idrici e fognari.

Inoltre sarebbe interessante procedere a una ricognizione dei ma-nufatti senza pregio storico-architettonico e valutarne un suo abbatti-mento per migliorare almeno la mobilità interna essenzialmente a fini emergenziali.

3. Troppi sono stati gli studi, i censimenti, i piani particolareggia-ti redatti sul centro storico, studi e censimenti spesso scollegati tra di

Page 109: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

216 217

loro. Le attività avviate non sempre hanno tenuto in dovuta considera-zione il lavoro svolto da altri professionisti e non sempre le idee messe in campo proponevano strategie finalizzate al miglioramento dell’habi-tat complessivo. Ogni studio rinviava a un altro studio.

Io non so se ancora risulta reperibile tutto il materiale prodotto, ma sarebbe interessante procedere a una ricognizione puntuale per defini-re una strategia unitaria e complessiva, oggi necessaria. Infatti gli inter-venti puntuali sono importanti se inquadrati in una programmazione generale.

Io penso che il centro storico necessita di una strategia chiara e di lungo corso che preveda interventi coordinati e tutti finalizzati a un unico obiettivo, come peraltro è stato dimostrato nel passato.

Oltre agli interventi pubblici, la strategia che ha dato risultati più si-gnificativi è stata quella orientata al recupero delle botteghe artigianali e commerciali e alla riqualificazione dell’edilizia privata.

Per le prime sono stati concessi contributi pubblici ed è stato favorito il rilascio delle autorizzazioni, con procedure in deroga alle attuali nor-mative. I contributi erano finalizzati all’acquisto e alla ristrutturazione dei locali e degli appartamenti. Trenta milioni di lire venivano erogati per acquisto e ristrutturazione e venti per la sola ristrutturazione.

Cinque milioni invece era il contributo per il recupero dei portoni storici e delle insegne .

Per il recupero concesso ai privati per l’acquisto e il recupero degli appartamenti il contributo riconosceva un bonus di quattro punti per-centuale sull’intero importo del mutuo e per tutta la sua durata.

Questa iniziativa, anche se molto onerosa per le casse comunali, è stata di grande impatto ed è stata molto utilizzata producendo effetti molto importanti e significativi. Penso che bisognerebbe trovare le mo-dalità per un suo ripristino magari attraverso una convenzione con la Regione Calabria o con l’utilizzo di fondi comunitari.

Certamente alcune iniziative hanno prodotto effetti effimeri, forse causate da una moda passeggera, ma ritengo, comunque, che il processo messo in atto sia quello più efficace e sarebbe interessante verificarne la effettiva efficacia. Il centro storico non si recupera in un anno ma occor-re essere tenaci nel tempo con disegni strategici lucidi e lungimiranti. La coerenza delle idee paga sempre.

Non dà risultati il vezzo tutto meridionale di disconoscere il lavo-

ro fatto da altri intervenendo, spesso, con nuove strategie e nuovi pro-grammi vanificando o annullando il lavorio intrapreso. In questo modo infatti si ricomincia sempre dal punto zero.

Posso testimoniare una vicenda vissuta nel lontano fine ’80, e ancora impressa nella mia mente, quando era stato organizzato uno scambio culturale con il Comune di Padova sulla emergente attività di pianifica-zione territoriale informatizzata.

L’incontro fissato con l’assessore competente ritardava ad iniziare. Dopo poco fu lo stesso assessore a scusarsi, dicendo che eravamo in attesa dell’assessore precedente, promotore dell’idea, e riteneva dove-roso che ad illustrare il progetto fosse lo stesso assessore promotore dell’iniziativa. Siamo rimasti tutti attoniti, era un modus operandi a noi sconosciuto, anzi, abituati ad appropriarsi di progetti e idee avviati o predisposti da altri.

È stata una lezione di vita che mi accompagna ancora.Ve lo immaginate, voi, in Calabria, un atteggiamento simile?Occorre, comunque, mettersi in gioco e inventarsi procedure e mec-

canismi nuovi. Il centro storico necessita di fondi e interventi consi-stenti, occorre un piano strategico, con interventi pubblici e privati.

Esempi positivi sono state le iniziative portate avanti dai contratti di quartiere di Santa Lucia e gli interventi edilizi realizzati dall’IACP.

Penso che sarebbe utile modificare e integrare le procedure, sti-pulando nuove convenzioni con il coinvolgimento di tutti gli attori interessati: privati-imprenditori ed enti pubblici, associazioni, ordini professionali, cittadini, predisponendo programmi e progetti che pre-vedano interventi di recupero di aree vaste, modificando i parame-tri e le procedure di assegnazione degli alloggi, ampliando lo spettro di accesso all’edilizia residenziale pubblica, favorendo la integrazione sociale e coinvolgendo strati ampi del tessuto professionale, creando condizioni di vivibilità simili ad altre zone della città, inventarsi quar-tieri per categorie professionali, artigianali o commerciali con processi di integrazione verso soggetti socialmente più deboli. Non è un compito facile ma occorre sperimentare percorsi nuovi e innovativi.

4. Il recupero del centro storico è una questione che attiene alla sto-ria per non affermare alla vita stessa della città. Una città senza storia è senza vita. Per cui ritengo che la rivitalizzazione del centro storico

Page 110: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

218 219

debba essere uno degli obiettivi fondanti di qualsiasi programma di ri-nascita della città di Cosenza. E non vi è dubbio che una valorizzazione del centro storico dà forza a un progetto di area urbana. La arricchisce, la rende adulta e matura per nuove sfide. Tale prospettiva deve trovare posto e attenzione nel nuovo piano strutturale con forme e modi per invertire l’attuale tendenza, limitando anche drasticamente nuove po-litiche espansionistiche. La ricucitura storico-culturale e sociale è un obiettivo imprescindibile se si vuole una città proiettata al futuro. Or-mai sono mature le condizioni per un’area urbana integrata e prope-deutica a un Comune unico.

Il centro storico ha tutte le caratteristiche e le potenzialità per es-sere uno dei massimi poli attrattori dell’area urbana cosentina, della Calabria e del Mezzogiorno.

5. Sono i due poli più importanti e attrattivi dell’area urbana cosen-tina e non vi è dubbio che, entrambe, svolgono e devono sempre di più svolgere un ruolo di primo piano. Come? La risposta non è facile an-che perché la sempre più spiccata residenzialità dell’Unical lascia po-chi margini a una sua integrazione. Un ruolo propositivo l’Università potrebbe svolgerlo, avviando una politica di studio e proposte, facendo diventare il centro storico di Cosenza strategico nella sua attività cultu-rale. L’Università potrebbe avviare una campagna di studi e conoscenze con l’affidamento agli studenti laureandi di tesi specifiche e coordinate su un’idea di rinascita del centro storico, analizzando i diversi aspetti,-storico-culturali. Penso a tesi di tipo urbanistico, sociale, strutturale, di mobilità, tecnologico, avanzato, ecc.

Costituire, di concerto con il Comune, un portale sul quale pubbli-care le tesi di studio e attrezzare un luogo fisico (Palazzo della Cultura) ove aprire un centro ove sia possibile anche la consultazione diretta e ove sviluppare approfondimenti tematici, attraverso convegni e semi-nari di studio.

È un’idea semplice ma credo efficace per riavviare un dibattito vero su tutte le tematiche del centro storico di Cosenza.

6. Moltissimo. Come detto prima occorre inventarsi soluzioni inno-vative e alternative a quelle praticate fino a oggi. Gli interventi devono

essere complessivi e interessare la riqualificazione di interi quartieri, anzi, di aree sempre più vaste.

Ultimamente un progetto molto apprezzato è stato la realizzazione di venticinque murales nelle vie del centro storico che raccontano suc-cintamente i cinque periodi storici (bruzio, normanno, svevo, spagnolo, angioino), progettati e realizzati dall’Associazione per la valorizzazione della città antica.

È un’iniziativa che, senza il coinvolgimento delle istituzioni, non si sarebbe realizzata. Il Comune e gli enti, che interagiscono con il centro storico, devono non solo avviare iniziative autonome ma supportare in un disegno sinergico tutte le altre istituzioni. Tale interessante iniziati-va è stata portata avanti con caparbietà da un’associazione per il centro storico che mi ha visto partecipe.

7. Non sono molto convinto. Sono convinto, invece, che ai fini della mobilità emergenziale qualcosa vada fatta. Occorre essere molto selet-tivi e intervenire solo nelle situazione di acclarata pericolosità e assenza di pregio storico-architettonico.

È comunque un’idea che occore perseguire con molta attenzione.Il centro storico è un unicum che occorre salvaguardare e valorizza-

re nel tempo.

8. È una problematica affascinante e, molte volte, attenzionata e stu-diata. L’interesse della conurbazione di Cosenza con le realtà viciniori è stata sempre viva nei piani e programmi dell’amministrazione comu-nale. Infatti, anni orsono, è stato redatto addirittura uno studio sull’ac-cessibilità esterna alla città. Diverse le soluzioni prospettate a est, a sud e ad ovest della cintura urbana. Una prospettiva particolarmente dibat-tuta è stata quella del costruendo svincolo autostradale a sud. Diverse le ipotesi, anche se personalmente sono stato sempre attratto dall’idea di collocarlo in zona Fiego di Donnici. L’idea era quella di connettere aree importanti a sud della città con la città stessa e il suo centro storico. Cosenza si colloca in un’area strategica per lo sviluppo dell’intera area urbana e non può svolgere una funzione minimale ma deve porsi l’am-bizioso obiettivo di centro propulsore.

L’idea progettuale individuava, oltre allo svincolo, un raccordo au-tostradale da sud ad est. L’dea era quella di collegarsi alla strada sta-

Page 111: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

220 221

tale SS19 Cosenza-Donnici, a quella per i Casali e i comuni presilani, la superstrada silana Paola-Crotone e, quindi, Cosenza dall’imbocco dei Gergeri. La prospettiva era di connettersi al costruendo ponte sul fiu-me Crati dell’architetto Spagnolo Santiago Calatrava e il centro storico. Un’affascinante prospettiva che vedeva al centro dello scenario il ponte Calatrava e il centro storico.

Altre ipotesi valutavano le connessioni con la zona ovest della città ma qui non mi dilungo.

Idea ancor più suggestiva è stata quella di rendere integrato il con-cetto di città, centro storico e i fiumi soffermandosi sulla necessità di re-alizzare una grande area attrezzata attorno alla piazza Matteotti. L’idea, in parte abbozzata nella sua fattibilità, prevedeva il collegamento viario del corso Umberto con il costruendo viale Parco, ramo destro davanti alla stazione delle ferrovie della Calabria e il ponte Alarico. L’opera si completava con l’eliminazione dei due rilevati di raccordo tra piazza Matteotti e ponte Alarico da un lato e via Reggio Calabria.

All’interno dello spazio attrezzato (piazza Matteotti) era prevista l’u-bicazione del centro astronomico (Planetario).

Silvano Corno

Architetto e Presidente dell’Ordine degli Architetti P.P.C. di Cosenza

1. La storia di Cosenza è, per molti versi, simile a quella di tante altre città dove periodicamente si riapre il dibattito su un tema, qual è quello del centro storico, che ha avuto il suo momento più esaltante intorno agli anni ’70 del secolo scorso, a seguito della Carta di Gubbio sottoscritta da architetti, associazioni culturali e ambientaliste nel 1960, nella quale vennero definiti i principi fondamentali di tutela e conservazione dei centri storici. In questo periodo, gli ultimi 20 anni a cui si fa riferimento, oltre alle iniziative dell’associazionismo in generale, bisogna ricordare i due mandati amministrativi del sindaco Giacomo Mancini nel 1993 e nel 1997 che, fra i pochi sindaci d’Italia, riuscì a progettare e utilizzare spendendoli tutti i fondi europei; sono di quegli anni gli interventi nel centro storico con corso Telesio, piazza XV Marzo, il Rendano, la Casa delle Culture.

Tra le altre iniziative degli ultimi anni, ho rinvenuto una proposta di circa vent’anni fa, il DDL n.1351 di iniziativa dei senatori Veltri, Sal-vi, Ferrante, Lombardi Satriani, Marini e Bruno Ganeri comunicato alla Presidenza il 24/09/1996, contenente norme per la tutela, la ristruttu-razione e la rivitalizzazione del centro storico di Cosenza, che se fosse stato approvato e attuato nei suoi 11 articoli avrebbe senz’altro cambia-to positivamente il volto del centro storico.

Oggi il centro storico, definito “Porta culturale” per le innumerevoli bellezze e testimonianze quali il Duomo, le chiese di San Francesco di Paola, San Francesco d’Assisi, San Gaetano, il Teatro Rendano, la Vil-la Comunale, la Biblioteca Civica ecc., sta vivendo una fase nuova con il trasferimento del Centro Studi Telesiano nel Palazzo Caselli Vaccaro che sarà sede della nuova biblioteca Telesiana, Bruniana e Campanel-liana.

Certo dovrà proseguire il lungo processo di tutela e valorizzazione

Page 112: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

222 223

del suo patrimonio storico, artistico e architettonico per confermare il suo ruolo di centro storico tra i più belli d’Italia. Arricchiscono la città vecchia, senza alcun dubbio, alcune realizzazioni pensate dal sindaco Occhiuto degli ultimi tempi, quali i 27 Box Art, lungo il percorso fluviale, un’area già marginalizzata e degradata ampiamente riqualificata, mo-duli prototipali ecosostenibili, tutti in legno lamellare, prefabbricati che ospiteranno altrettanti artisti che si avvicenderanno ogni 2 settimane, lasciando l’opera nella quale si sono cimentati. L’apertura del Castello Normanno Svevo, un maniero tra i più belli d’Italia, aperto nel mese di giugno 2015, dopo 5 anni di lavoro certamente concretizza e caratteriz-za la “Porta culturale” della città.

2 . A tutte le cause elencate, che rimangono comunque responsabili dell’abbandono e del degrado del centro storico, vanno sommate le ot-tuse e miopi politiche urbanistiche degli ultimi decenni che hanno favo-rito uno sviluppo edilizio indiscriminato su aree decentrate a discapito di una urgente e non più procrastinabile politica di riqualificazione dei centri storici. La mancanza di una seria politica nazionale ha creato un “vulnus programmatorio” dando luogo a una indiscriminata espansione della città verso nord con la realizzazione di una serie di edifici pubblici e privati di dubbia qualità architettonica, salvo pochi esempi positivi.

3 . Tale argomento, come già detto, attiene di più alla conoscenza dei tecnici comunali.

È chiaro che se esiste una check list di guida per il tecnico addetto alla identificazione e valutazione dell’immobile ciò consente di effettuare un rilievo del danno in modo omogeneo su tutto il patrimonio in esame e ciò renderebbe più facile una programmazione sul recupero e la riqua-lificazione del patrimonio edilizio esistente.

4 . Né frenante né propulsivo, ma integrativo e inclusivo di un conte-sto urbano in evoluzione, non un fardello rappresentativo di un perio-do storico e che l’urbanistica moderna l’ha tipizzato includendolo nella zona omogenea A (art.2 del D.I. del 2/4/1968 n.1444) ma una indiscuti-bile stratificazione della città assolutamente vitale per il suo identitario segno urbano. Certamente non inciderà in alcun modo sull’esito della realizzazione dell’area urbana anche per la sua posizione decentrata

e non baricentrica, che probabilmente, in questo ultimo caso, avrebbe favorito la sua realizzazione attraverso un effetto di “saldatura” tra Co-senza e Rende.

Quello dell’area urbana meriterebbe un maggiore approfondimen-to in quanto una serie di dinamiche politico sociali, di variabili e altri componenti potrebbero essere alla base di una eventuale e ipotetica sua realizzazione.

5 . In merito a questo punto voglio riportare, confermandolo, quanto fu scritto nel “Documento Volontario dell’Ordine degli Architetti P.P.C. di Cosenza”, presentato in occasione dell’elezione del sindaco di Cosen-za del 2011, che testualmente recita: “Partendo dal ruolo centrale che Cosenza deve avere all’interno della vasta area urbana, con la sua Porta Sud, il Centro Storico, che si affaccia verso la Porta Nord, l’Università...”, punti di forza del Foglio Programma che nel decalogo, il centro storico indicato nel punto 2 descrive:

• Piano Quadro dedicato, sostenuto dall’attuazione di progetti ma-teriali ed immateriali, preceduto dalla conoscenza dello stato dell’arte, attraverso la puntuale ricognizione del patrimonio edilizio, delle aree libere o liberabili, dei sottoservizi.

• Protocolli d’intesa con l’Università per il trasferimento di facoltà umanistiche e residenze.

• Protocolli d’intesa con i privati a sostegno del recupero abitativo e terziario.

6 . Ritengo fondamentale il ruolo politico che deve svolgere un’ammi-nistrazione per stimolare l’economia in una determinata area urbana. Tant’è che, sulla scorta delle indicazioni del Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 10 aprile 2013, è stata istituita, nel centro sto-rico, una ZFU (Zona Franca Urbana), sulla base dell’esperienza francese delle Zones Franches Urbaines, la quale prevede una serie di agevolazioni fiscali e previdenziali per stimolare e incrementare la crescita econo-mica attraverso l’occupazione e nuove attività imprenditoriali, le quali consistono in:

- esenzione delle imposte sui redditi - esenzione delle imposte dell’IRAP - esenzione dell’IMU

Page 113: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

224 225

- esonero del versamento dei contributi previdenziali.

Al momento non si conosce il numero delle aziende che hanno fatto richiesta per beneficiare delle agevolazioni, ma resta comun-que positiva l’iniziativa dell’amministrazione comunale per la for-te spinta economica che si dà alla parte storica della città anche con l’apporto della riapertura delle botteghe di un tempo (temporary shop).

7 . Prioritaria la messa in sicurezza degli edifici per renderli statica-mente efficienti. Quindi un risanamento statico, che diventa urgente e necessario.

Nessun abbattimento di comparti solo perché, non so da chi, rite-nuti di minore interesse storico, artistico e architettonico, in quan-to il bene culturale è considerato tale nella sua complessità, tenendo conto altresì di quanto espressamente indicato dal D.I. del 02/04/1968 n.1444 che così definisce le zone territoriali omogenee di tipo A: le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivesto-no carattere storico-artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti che possono considerar-si parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi. Quindi nessun abbattimento di comparti se non perché “irrecuperabili” sul piano statico.

8 . Alla fine degli anni ’90, a ridosso dell’inizio del terzo millennio, il con-cetto urbanistico dello “sprawl urbano” o città diffusa ha provocato enormi problemi per la crescita della città verso nuovi insediamenti ur-bani che andrebbero evitati. Cosa ben diversa è operare effetti di salda-tura verso realtà urbane preesistenti attraverso la funzionalizzazione di una serie di servizi il cui scopo è quello di rigenerare i centri medio-pic-coli, tenendo conto di quanto indicato nella Dichiarazione di Toledo del 22 giugno 2010 dove la rigenerazione urbana integrata prevede una mobi-lità più sostenibile con mezzi non inquinanti, una gestione concertata dei rifiuti una riduzione del consumo del suolo, anche agricolo.

Considerazioni finali

Al di là dell’indiscussa importanza del valore del patrimonio sto-

rico-artistico e culturale e delle sue innegabili interazioni con il nuovo attraverso i processi consueti dovuti allo sviluppo urbani-stico edilizio, va detto che un’importante parte della città va co-munque considerata, rigenerata, riqualificata e “rammendata” anche funzionalmente con il resto della città. Se tutto questo av-verrà, mantenendo i grandi servizi contigui al centro stesso, si evi-terà il paradosso di relegare – quello che un tempo fu considera-to centro sociale, politico e culturale – a periferia del centro urbano. Non mancano in Italia esempi di recupero integrale dei centri storici, un caso su tutti è quello di Ortigia a Siracusa che, nella seconda metà de-gli anni ’90 del secolo scorso, iniziò un lento, progressivo e inesorabile svuotamento con conseguente aumento del degrado e della criminalità, successivamente contrastate con una serie di interventi di riqualifica-zione che l’ha portata agli antichi splendori.

Ci vorrebbe una vera programmazione nel campo dell’edilizia pub-blica, tenendo conto anche della proprietà privata come ci fu alla fine degli anni ’70 con la Legge 457/1978, meglio nota come “Piano decenna-le dell’edilizia”, i cui articoli 27 – Individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente – 28 – Piani per il recupero del patri-monio edilizio esistente – e 30 – Piani di recupero di iniziativa dei pri-vati – individuavano principi e procedure che consentivano di attuare progetti di riqualificazione urbana.

Page 114: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

226 227

Massimo Cristiano, con il contributo di Francesco De Filippis,

Letterio Gatto e Francesco Guzzo

Ingegneri . Commissione Urbanistica e Governo del Territorio Ordine degli Ingegneri della Provincia di Cosenza

1. Come detto nell’incipit della domanda, le iniziative sono state dav-vero tante, soprattutto nel corso degli ultimi anni. Si ritiene che tutte le idee e i progetti messi in campo possano essere definiti concreti nella misura in cui sia da ritenersi positiva ogni azione che riporti la proble-matica del centro storico all’attenzione del dibattito cittadino. È altret-tanto vero, però, che l’impatto e, soprattutto, le ricadute delle diverse iniziative condotte non sono stati quelli che ci si aspettava. Ciò in quan-to, probabilmente, non si sono riusciti ancora a focalizzare completa-mente quali siano i veri problemi che attanagliano i centri storici (non solo quello di Cosenza, naturalmente): oggi, alla luce delle esperienze negative, si può rilevare che è forse mancata una reale attenzione delle amministrazioni che si sono succedute visto che nessuna si è attrezzata con idonee strutture professionali dedicate prevalentemente (o unica-mente) alla riqualificazione del centro storico.

Certamente, tra le tante, l’iniziativa portata avanti qualche anno fa con il PIC-Urban (era allora sindaco l’on. Giacomo Mancini) aveva con-tribuito, e non poco, a risollevare le sorti, se non di tutto, almeno di una parte del centro storico. La riqualificazione di corso Telesio, di piazza XV marzo, le scale mobili, le continue iniziative culturali promosse, avevano acceso un piccolo barlume di speranza. Ciò in quanto, secondo l’analisi condotta, si era fatto leva, si era agito, su uno dei nodi cen-trali di ogni processo di riqualificazione urbana, ovvero sulla proprietà privata. Il finanziamento a fondo perduto di una parte degli interventi privati, aveva contribuito, se non proprio a riportare abitanti nel centro storico, per lo meno, a non farne migrare altri. Il miglioramento delle

Page 115: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

228 229

condizioni abitative, infatti, è basilare affinché le persone possano con-tinuare a vivere in quel contesto.

2. Tutte quelle elencate nella domanda sono concause che, come detto in precedenza, contribuiscono fortemente ad abbassare la qualità delle condizioni abitative, sia della singola residenza, sia del contesto in cui la stessa è situata. La possibilità di poter disporre di abitazioni igie-nicamente migliori, di poter usufruire di servizi a rete più efficienti, la facilità di raggiungere la propria abitazione con l’autovettura (prima) e con l’ascensore (dopo), il posto auto riservato nel parcheggio condomi-niale, ma anche la maggiore prossimità con tutti gli altri servizi offerti non solo da Cosenza ma dall’intera area urbana inducono una “migra-zione” verso il nuovo costruito che è inevitabile. È dalle sue origini che l’uomo impegna tutta la sua intelligenza per rendersi la vita migliore in tutti i suoi aspetti: non si comprende, allora, perché il campo dell’edili-zia dovrebbe sottrarsi a questa necessità, quasi primaria!

Se poi a tutto ciò si aggiunge che anche le politiche portate avan-ti nel corso degli anni dalle diverse amministrazioni comunali che si sono succedute (e, si ribadisce, non della sola Cosenza) attraverso i loro strumenti di pianificazione urbana, hanno consentito l’edificazione praticamente quasi ovunque, sottendendo condizioni di investimento economico notevolmente più redditizie nel “nuovo” che nel “recupero” dell’esistente, non si farà fatica a comprendere come si sia generata la situazione attuale.

3. Non risulta, almeno dalle ricerche condotte, che esista alcun cen-simento o resoconto tecnico sulla staticità dei fabbricati del centro sto-rico.

È però chiaro che, per poter compiutamente dare risposta alla prima parte della domanda, è inevitabile procedere a una puntuale verifica strutturale di ogni singola costruzione: solo con questo portato infor-mativo, infatti, possono essere date risposte certe in merito alle misure di prevenzione nei riguardi di eventuali possibili crolli. In via del tutto generica, si può affermare che, quasi certamente, ogni singolo edificio potrebbe esser bisognoso di interventi di adeguamento, soprattutto nei confronti di eventi sismici di una certa intensità.

Da tale considerazione può desumersi con semplicità che un cen-

simento puntuale è il punto di partenza imprescindibile per qualsiasi piano, programma o anche semplice azione di recupero statico si debba porre in essere. È altrettanto chiaro, naturalmente, che lo stesso censi-mento debba essere finalizzato a un successivo rapido intervento, nel senso che l’intervallo tra lo studio e l’azione di recupero debba esse-re ridotto altrimenti col passare del tempo anche lo stesso censimento potrebbe rivelarsi poi inutilizzabile perché superato dagli eventi. Detto in altri termini, il censimento dovrebbe essere parte di un’azione più complessiva ed inquadrato già, ab origine, in una piano-programma di recupero.

4. È ovvio che il recupero (leggasi rivitalizzazione e rinascita, con abitanti che vi risiedono per le 24 ore!) del centro storico (leggasi dei centri storici) attiverebbe tutta una serie di effetti diretti ed indotti che non potrebbero che far bene all’economia dell’intero hinterland cosen-tino e, di conseguenza, all’intero processo di costituzione di un’area ur-bana, nei fatti già esistente. Area urbana che non abbisogna di ulteriori volumi edilizi: il mercato è già più che saturo. D’altra parte basta guar-dare quanti cartelli vendesi siano ormai esposti proprio nelle parti più nuove della città: chiaro segno di sovrabbondanza dell’offerta rispetto alla domanda.

Per tornare alla questione dell’area urbana, negli ultimi anni, tra le altre cose, abbiamo potuto assistere ad una timidissima ripresa del tu-rismo proprio nel centro storico di Cosenza: portando avanti una seria politica di recupero, i numeri non potrebbero che migliorare, soprattut-to se proprio quello di Cosenza, potesse essere inserito in un circuito di altri centri storici di pregio presenti nei dintorni del capoluogo bruzio e non solo.

5. La costruzione culturale è davvero cosa molto complessa, soprat-tutto quanto si parte da realtà sì limitrofe ma, proprio culturalmente, diverse. Per spiegarsi meglio: un cittadino di Cosenza potrebbe identi-ficarsi con il castello svevo-normanno. Ben difficilmente il cittadino di Castrolibero (riflettendo un attimo proprio sull’etimologia del nome!) si riconosce nello stesso simbolo; ancor meno, probabilmente, uno di Rende. Centro storico e Università sono certamente due poli dell’area urbana: ma sono solo due come anche altri (il centro storico di Rende,

Page 116: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

230 231

per citarne solo uno) o il fiume Crati, per citarne un altro. Anzi, è for-se proprio nei corsi d’acqua che si potrebbe individuare quella matrice comune che potrebbe fare da collante culturale tra le diverse comuni-tà dell’area urbana (una volta che si sia definita, naturalmente, l’entità area urbana). Sarebbe auspicabile, in questa fase e in questo particolare momento storico, accontentarsi di lavorare sull’aspetto fisico dell’area urbana e sui servizi ai cittadini: riqualificazione di aree degradate, social housing, trasporti e mobilità, sanità, recupero, consumo di suolo, etc.; così facendo la costruzione anche culturale dell’area urbana dovrebbe essere una naturale conseguenza.

6. A questa domanda si è parzialmente data risposta in precedenza. Se si potesse ritornare indietro nel tempo, si dovrebbe forse più cor-

rettamente parlare di disincentivazione ai privati da parte delle isti-tuzioni più che di incentivi. Nel senso che, se con la teoria della città compatta, si è consentito di realizzare degli enormi plus valori derivanti dalla localizzazione di grossi volumi in aree nuove, non era possibile al tempo stesso attendersi investimenti di redditività infinitamente più bassa nei centri storici. Tale considerazione, varrebbe integralmente anche oggi se non fosse che a limitare le nuove edificazioni ci ha pensato la crisi economica più che la disciplina urbanistica o le Amministrazioni comunali. Ed anche quando qualcosa si stava muovendo all’interno del centro storico con gli interventi PIC Urban di cui detto in precedenza, a muoversi non sono mai stati i grossi capitali, i grossi investitori, ma sempre singoli cittadini interessati a migliorare le proprie condizioni abitative.

D’altronde se è soltanto la quantificazione economica a governare qualsiasi fenomeno, se è soltanto con il denaro che si quantifica qualsia-si cosa, allora dobbiamo ammettere che esiste una ed una sola disciplina in grado di orientare (come d’altra parte è stato sino ad oggi!) qualsiasi azione umana: l’economia. E l’urbanistica non si sottrae a questa consi-derazione. Bisogna avere la forza (è vero, la lotta è improba) di ritornare sui propri passi, evidenziare e riconoscere gli errori commessi e rico-struire la nostra storia laddove è stata interrotta con inaudita violenza. Perché è stata una violenza strappare le radici culturali alla comunità dei cosentini tant’è che oggi, privi di quell’identità, si trovano disorien-

tati e privi di riferimenti culturali nel misurarsi con le altre municipali-tà sull’ipotesi di realizzare una più vasta area urbana.

7. Se fosse stato possibile cristallizzare e conservare nei secoli dei secoli senza alcuna modificazione ciò che l’uomo ha realizzato sin dagli albori della civiltà, è pur vero che potremmo ancora godere di splendide testimonianze del passato, ma è altrettanto vero che il suolo di cui oggi disporremmo sarebbe quasi del tutto esaurito. Quindi delle due l’una: o tendiamo al risparmio di suolo oppure miriamo alla museificazione di tutto ciò che è già stato realizzato (se si vuole estremizzare questo concetto si potrebbe anche provocatoriamente proporre un abbando-no completo dei centri storici – o, comunque dell’abbandonato – con lo scopo di creare un polo turistico dalla straordinaria attrattività, simil scavi Pompei!!!). Gli interventi di sostituzione edilizia, di stratificazione delle città hanno da sempre fatto parte della storia dell’uomo. Perché oggi si dovrebbe fare diversamente? Se demolire ciò che non ha alcun interesse può contribuire alla fruizione ed al godimento di ciò che è di maggior pregio, ben venga. È di tutta evidenza, però, che tali azioni dovranno essere misurate e valutate con la massima attenzione e col massimo rigore possibili, onde evitare di innescare fenomeni di incon-trollate reazioni a catena sottese da interessi puramente speculativi o mirate al conseguimento di obiettivi personalistici e non già al beneficio della collettività.

Per completezza è da aggiungersi che il recupero del centro storico dovrà essere portato avanti attraverso tutta una serie di azioni coor-dinate e, se del caso, contemporanee e/o propedeutiche le une con le altre: dovranno essere condotti studi urbanistici, di sicurezza sismica, sulle strutture, di tutela del patrimonio storico-artistico-architettoni-co-culturale-testimoniale, studi per i piani di protezione civile, sugli impianti e sui sottoservizi, sulle infrastrutture, sulla mobilità, sul supe-ramento delle barriere architettoniche, sull’arredo urbano, sulla geolo-gia e l’idrogeologia, sull’idraulica fluviale, sulle misure di contenimento energetico e sulle fonti alternative, sulle tecnologie ICT, etc.

Solo per fare un esempio, il tema dell’accessibilità è certamente tra-sversale a tutti quelli poc’anzi enunciati. Coniugare la logica dei per-corsi di accesso con la ricucitura della trama urbana è tema concreto e reale di pianificazione del riuso urbano, con approcci moderni che

Page 117: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

232 233

devono tendere al recupero di funzioni insediative e dinamiche di vi-cinato sociale proprio per consentire che la “vita” del tessuto storico possa riprendere slancio nel rispetto di orditura e caratura dei luoghi.

8. Dato per assodato quanto detto in precedenza circa il surplus dell’offerta residenziale rispetto alla domanda e, più in generale, che è auspicabile consumare la minore quantità di suolo possibile, si ritiene che il raccordo debba realizzarsi attraverso il potenziamento di servizi ed infrastrutture per la mobilità, meglio ancora se pubbliche o, comun-que, collettive, e ancor di più se su ferro.

La metropolitana di superficie di cui tanto si è dibattuto (e tuttora si dibatte) Cosenza-Università, troverebbe un suo naturale prosieguo nella linea delle Ferrovie della Calabria sia verso Pian del Lago, sia verso i Casali e la Presila (naturalmente con opportuni lavori di riqualifica-zione e ristrutturazione di materiale rotabile e stazioncine intermedie ed una rivisitazione delle cadenze orarie unite ad un’efficace politica di disincentivazione di uso delle autovetture private nell’area centrale).

Si renderebbe altresì necessario, per il successo di una tale azione, anche la realizzazione di un più efficiente sistema di mobilità nell’area centrale (anche mobilità lenta, piste ciclabili e pedonali). Ciò consenti-rebbe, inoltre, una migliore osmosi proprio con il centro storico a tutto beneficio del suo potere di attrazione d’investimenti, anche e soprattut-to di origine privata.

Francesco Fragale

Dr. Geol. e Presidente Ordine Geologi Calabria

1) Negli ultimi anni sono stati diversi i tentativi di rivitalizzazione e valorizzazione di Cosenza Vecchia, attraverso iniziative di vario tipo, tra cui l’organizzazione di eventi culturali, l’apertura di nuove attivi-tà commerciali, ristoranti e botteghe. Ricordo anche la realizzazione di progetti infrastrutturali, come le scale mobili lungo via Pezzullo, per facilitare l’accesso ai pedoni da piazza Cribari verso piazza XXV Mar-zo; e ancora, ricordo i lavori di ristrutturazione di alcuni edifici storici: c’è stato un periodo in cui acquistare un immobile nel centro storico rappresentava un valido investimento. E per un certo arco di tempo, devo dire, c’è stata una certa rivitalizzazione, con la frequentazione del centro storico sia da giovani che da meno giovani, sia nelle stagioni in-vernali che in quelle estive.

Tra le azioni concrete rammento le incentivazioni per l’avvio di nuove attività commerciali e professionali mediante aiuti finanziari, in alcuni casi consistenti anche in forme di defiscalizzazione. Sono stati realizzati alcuni interventi di carattere urbanistico, e forse qualcuno è ancora in corso (Contratti di quartiere).

Però tali iniziative non sono riuscite a raggiungere un risultato stabi-le; non sono riuscite nemmeno nell’integrazione sociale tra centro sto-rico e il resto dell’area urbana, lasciando spazio all’abbandono in favore del degrado.

Attualmente, soltanto alcune zone del centro storico sono ben ma-nutentate e curate, come ad esempio la Villa Vecchia, la succitata piazza XXV Marzo, ove si affacciano il Teatro Rendano, il Liceo Classico Telesio e il Palazzo del Governo, sede della Provincia. Meriterebbe di essere me-glio valorizzata, tra le altre, l’area di “Lungo Crati”, compresa tra Piazza dei Valdesi e il quartiere dello Spirito Santo. Di recente anche il Castello Svevo, dopo i lavori di ristrutturazione e restauro, è tornato a rivivere.

Page 118: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

234 235

Ritengo, infine, che donino una certa vitalità il gioco di luci colorate che illuminano le principali zone monumentali.

Tuttavia quando ci si inoltra nei vicoli e nelle strade più interne del-la città vecchia è evidente un marcato degrado strutturale e un certo disagio sociale.

2) Ritengo che la carenza di parcheggi sia un problema superabile con la previsione di servizi navetta, potenziando quelli già esistenti che partono da piazza dei Bruzi, come il servizio turistico “Scopri-Cosenza”.

In alcune zone del centro storico esistono probabilmente carenze nei sottoservizi, dissesti nella rete fognaria e in quella acquedottistica, origine non soltanto di problemi di carattere sanitario, ma anche di tipo strutturale imputabili alla conseguente umidità per risalita capillare nelle murature degli edifici. Inoltre, esistono, verosimilmente, inade-guatezze della canalizzazione del deflusso delle acque meteoriche che causano cedimenti nel terreno.

Il degrado del centro storico è comunque strettamente legato all’ab-bandono, al suo svuotamento abitativo, quest’ultimo a sua volta legato anche a criticità di tipo sociale.

3) Non credo che attualmente esistano delle misure di prevenzione per il crollo degli edifici. È da diverso tempo che l’Ordine dei Geologi suggerisce di avviare il censimento di tutti gli edifici della città, attra-verso l’istituzione di un “fascicolo del fabbricato”, contenente le carat-teristiche strutturali degli edifici e quelle geologiche e sismiche del sito ove essi sono ubicati. Gran parte degli edifici della città è stata costruita antecedentemente al 1974, prima dell’entrata in vigore della legge n. 64/74 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche), quindi progettati senza alcun criterio antisismico. Nella città vecchia il problema è ancora più delicato, visto che l’edificato esistente non soltanto è vecchio/antico, ma spesso è privo di manutenzione e gli effetti di un forte sisma sarebbero devastanti.

Peraltro Cosenza è notoriamente esposta al rischio sismico, basta ri-cordare alcuni dei terremoti che causarono gravi danni alla città, con scosse d’intensità compresa tra magnitudo 5.5 e 7.0 della scala Richter. In particolar modo il terremoto del 12 febbraio 1854, con magnitudo 6.2, che provocò effetti distruttivi su tutta l’area del cosentino: i morti

furono all’incirca 500 e molti paesi rimasero isolati per decine di giorni. Ci volle molto tempo per ricostruire quanto abbattuto dal forte movi-mento tellurico. E ancora prima, nel 1638, un altro terremoto di magni-tudo 7.0 procurò terrore su tutta la Calabria centrale, provocando circa 15.000 vittime. Il sisma causò la distruzione di tante abitazioni.

Ritengo che sia urgente avviare una seria politica di prevenzione, anche in considerazione dell’elevata sismicità dei luoghi e delle criticità di tipo geo-idrologico: il censimento puntuale e organico degli edifici consentirebbe d’individuare le più efficaci tra le possibili tipologie d’in-tervento da adottare per il loro rinforzo strutturale, per tutelare l’inco-lumità dei cittadini che vi risiedono, oltre che, naturalmente, tutelare il grande patrimonio storico e artistico.

Dotarsi di un quadro completo e aggiornato dello stato strutturale dell’edificato consentirebbe di essere pronti per accedere ai contributi finanziari disponibili, tra cui quelli comunitari; probabilmente si po-trebbe intervenire anche attraverso strumenti per il recupero dei centri storici quali i Contratti di quartiere.

Recentemente diverse Ordinanze della Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno disciplinato i contributi finanziari per gli interventi di prevenzione del rischio sismico, previsti dalla legge n. 77/09, relativi alla redazione di Piani di Microzonazione Sismica comunali e alla rea-lizzazione di interventi strutturali per il rafforzamento locale o miglio-ramento sismico di edifici, sia pubblici che privati.

Mi preme osservare, infine, che la Legge di Stabilità 2015 prevede diversi milioni di euro da destinare alla “Riqualificazione di aree urbane degradate”.

4) Sicuramente il recupero del centro storico sarebbe un elemento propulsivo rispetto all’ipotesi di realizzazione di un’area urbana che si estenda anche al di fuori dei confini comunali. Il centro storico rappre-senta il cuore della città, la sua identità, la memoria storica, e costitui-sce il punto di partenza per lanciare ogni iniziativa, soprattutto di tipo culturale: basta immaginare cosa sarebbero città come Roma, Firenze o Bologna senza centro storico, per comprenderne l’importanza. Allora bisognerebbe promuovere ulteriori iniziative rispetto a quelle già esi-stenti per far decollare il turismo, soprattutto di tipo culturale, preve-dendo anche interventi finalizzati alla ricettività turistica.

Page 119: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

236 237

5) Coniugare l’Università della Calabria e il centro storico ritengo che possa rappresentare un concreto valore aggiunto, fondamentale per costruire culturalmente l’area urbana di Cosenza. Bisognerebbe lo-calizzare nel centro storico nuovi corsi di laurea, residenze per gli stu-denti e altre importanti funzioni, che sicuramente avrebbero un ruolo di traino per il richiamo di investimenti, aprendo nuovi scenari e pro-spettive rilevanti di sviluppo sociale, culturale ed economico, in tutta l’area urbana di Cosenza.

All’uopo sarebbe utile la famigerata “metropolitana leggera”, che agevolerebbe i collegamenti fra il centro storico e il campus di Arcava-cata.

6) Cosenza Vecchia potrebbe ambire ad essere un piccolo gioiello se venisse opportunamente valorizzata e se le istituzioni credessero fer-mamente nel suo potenziale storico e architettonico, sulle ricadute che ne deriverebbero in termini economici e di rilancio turistico.

Il ruolo delle istituzioni è determinante nello stimolare le iniziative degli investitori privati. L’intervento pubblico non dovrebbe limitarsi a defiscalizzazioni e incentivi economici, ma dovrebbe anche fornire in-dirizzi e suggerimenti nelle scelte progettuali, mettendo a disposizione la consulenza di un team di esperti.

È da apprezzare la recente visita nel centro storico del Presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, accompagnato dal sindaco di Co-senza, Mario Occhiuto, per verificare lo stato dei luoghi dopo i crolli verificatisi nella primavera scorsa. Durante la visita, il Presidente Olive-rio ha dichiarato che il centro storico è una risorsa che merita di essere adeguatamente valorizzata e posta al centro dell’attenzione da tutte le istituzioni pubbliche e private. Oliverio ha anche affermato che sul pa-trimonio della città vecchia bisogna investire, credendoci. Auspico che vengano concretizzati questi propositi, che la politica riesca a reperire le risorse economiche adeguate per il recupero e la riqualificazione del centro storico di Cosenza.

7) Ritengo che sia sbagliato classificare il centro storico in comparti di “seria A” e di “serie B” in funzione dell’interesse storico-architetto-nico-culturale: ogni zona della città vecchia (comparto) rappresenta un

“pezzo” di storia della città che non deve essere eliminato. L’eventua-le abbattimento di strutture deve essere esclusivamente limitato alle strutture ormai irrecuperabili, ai fini della sicurezza.

8) Necessiterebbe soprattutto adeguare i collegamenti verso la Pre-sila, i Casali, il Savuto e l’hinterland in genere, potenziando i servizi pub-blici, a basso costo, per incentivarne l’utilizzo, soprattutto nei periodi in cui si prevederà la maggiore concentrazione di iniziative di carattere culturale, enogastronomico, che abbiano come comune denominatore l’attrattiva turistica. Bisognerebbe individuare nuove idee che riescano ad instaurare una certa simbiosi fra l’area urbana di Cosenza e tutti i centri periferici, capaci di attrarre investimenti e di ricreare un nuovo tessuto sociale.

Page 120: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

238 239

Domenico Gimigliano

Ingegnere

1) Il dibattito sulla rivitalizzazione del centro storico è stato abba-stanza vivo a Cosenza soprattutto a cavallo degli anni novanta, anni in cui ad esso si sono accompagnate iniziative concrete la cui efficacia è ancora incisiva, evidentemente nei limiti delle caratteristiche specifi-che.

Tra le iniziative vanno distinte quelle aventi carattere di partecipa-zione/promozione da quelle effettivamente operative sul territorio.

Tra le prime, assieme alle numerose iniziative legate al dibattito cit-tadino, per la verità sempre più sfumato, in tempi più recenti voglio citare 3 accordi (perché più vicini alla mia attività ma anche perché si connotano per il tentativo di coordinare l’azione di diverse amministra-zioni sul centro storico):

- Un protocollo d’intesa per l’innovazione e il trasferimento tecno-logico nei processi edilizi di riqualificazione, stipulato a febbraio 2007 tra l’Università della Calabria e l’ATERP, Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica.

- Un protocollo d’intesa promosso dal Comune e stipulato a marzo 2007 tra le più importanti Istituzioni per l’intervento sul territo-rio1 al fine di “instaurare un rapporto duraturo di cooperazione e promozione dei valori storico-culturali della città e dell’area urbana”. Il protocollo prevedeva la costituzione di un Comitato Tecnico e di un Comitato Scientifico, oltre che di una “officina delle idee” per realizzare un progetto comune sul centro storico.

- Un protocollo d’intesa stipulato nel giugno 2008 tra il Comune, l’Unical e l’ATERP per la ristrutturazione da parte dell’ATERP di

1 Il Comune, la Prefettura, la Provincia, la Soprintendenza Beni Architettonici e Am-bientali, la Soprintendenza per il Patrimonio Storico e Artistico, l’Università della Calabria, l’ATERP e la Fondazione Carical.

Page 121: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

240 241

9 fabbricati nel centro storico e la loro successiva destinazione a residenze universitarie. Meno uno, i fabbricati sono stati tutti ristrutturati.

Non mi pare che queste intese abbiano avuto qualche seguito, a par-te una temporanea utilizzazione da parte dell’Unical del palazzo Bom-bini ristrutturato.

Le azioni operative sul territorio sono state invece più concrete. Ricordo gli ormai numerosi interventi del Comune e della Soprinten-

denza ai Beni Architettonici, l’uno per infrastrutture e servizi, l’altra per il restauro di numerosi monumenti e beni architettonici che costituisco-no ormai per la città una dotazione culturale di tutto rispetto. Ricordo anche i palazzi ristrutturati dall’ATERP, che hanno costituito un signifi-cativo patrimonio abitativo, in grado di contribuire per la sua parte alla qualità urbana. Vanno infine menzionati numerosi interventi privati di ristrutturazione edilizia, che hanno pure rappresentato un tentativo sia pur parziale di rianimare il mercato edilizio nel centro storico.

Ma è sul Programma Urban che mi voglio soffermare, oltre che per le sue dimensioni e importanza, perché ha costituito il primo, ancorché incompleto, tentativo di rivitalizzazione organica.

Urban è stato un programma cofinanziato dai fondi strutturali co-munitari, che per la prima volta ha visto le città europee protagoniste sia nella definizione delle proposte sia nella gestione e nell’attuazione dei progetti.2 Attivato con la programmazione europea del periodo 1994-19993, è stato un programma di rivitalizzazione urbana, con azioni volte a: sostegno alle piccole e medie imprese locali esistenti e incenti-vazione alla nascita di nuove imprese; promozione dell’occupazione a livello locale; potenziamento e adeguamento dell’offerta di servizi so-ciali; miglioramento delle infrastrutture e dell’ambiente.

Cosenza è stata tra le sedici città italiane selezionate. Il Comune si è mosso su due livelli di intervento:

- da un lato con incentivi ai privati per il recupero edilizio, l’in-

2 Proprio l’esperienza Urban (il cosiddetto “Acquis Urban”), e segnatamente il coin-volgimento diretto delle città, è stata assunta, per l’attuale programmazione 2014-2020, a modello di approccio integrato al tema dello sviluppo urbano, previsto dalla Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili.

3 L’esperienza è stata ripetuta per il periodo 2000-2006 con il programma Urban 2

sediamento di attività artigianali e commerciali, l’azione di con-servazione degli edifici storici, il tentativo di riportare all’interno del quartiere importanti funzioni culturali;

- dall’altro con l’individuazione dei punti critici da affrontare al fine di garantire accessibilità e collegamenti tra il centro storico e la città nuova.

Tra gli interventi cofinanziati figurano importanti opere quali:- la riorganizzazione funzionale di tutta la zona che va dalla ex sta-

zione ferroviaria di piazza Matteotti a via Popilia, attraverso un sistema integrato di percorsi, spazi e attrezzature di supporto al centro storico, con il recupero dei vecchi edifici della stazione;

- il recupero e la rifunzionalizzazione dell’edificio dell’ex Munici-pio, oggi sede della Casa delle Culture;

- l’ex Albergo Bologna di piazza dei Valdesi;- il recupero di corso Telesio e di piazza XV Marzo, con la nuova

pavimentazione, l’illuminazione e il rifacimento dei sottoservizi;- le scale mobili, di cui una (quella tra il Duomo e via Padolisi) rima-

sta inattiva.

Senza dimenticare i tratti di viale parco e l’eliminazione della vec-chia barriera ferroviaria che marginalizzava importanti periferie.

È tanto ma, evidentemente, non è stato sufficiente, e soprattutto non ha fermato il degrado. Anzi, la rivitalizzazione che certamente era stata avviata e in parte ottenuta con l’iniziativa Urban sembra ormai definitivamente scomparsa. Aldilà di singole importanti opere comun-que significative, rimane solo la consapevolezza che in ogni caso quella dell’approccio integrato è la strada da seguire.

Tutto ciò porta anche ad una conclusione logica.Se le numerose iniziative dell’ultimo ventennio sono state insuffi-

cienti o inefficaci, ciò significa che bisogna introdurre una diversa stra-tegia, del tipo di quella che proprio in quegli anni le politiche comuni-tarie chiamavano “strategia di rottura” e che a mio avviso a Cosenza mantiene la sua validità4: in pratica occorre creare le condizioni per

4 La “strategia di rottura”, presente nelle precedenti programmazioni dei fondi co-munitari, non lo è più in quella 2014-2020, a mio avviso perché in Europa essa ha svolto il suo compito (vedi il caso Polonia). A Cosenza ciò non è avvenuto, e, pertan-

Page 122: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

242 243

un’inversione di tendenza del contesto urbano, almeno per quei fattori che producono effetti negativi sullo sviluppo. Per far questo, occorre ovviamente indagare questi fattori negativi, ma occorre poi individua-re (e lavorarci) per ciascun fattore le “variabili di rottura”, cioè quelle condizioni o elementi in grado di produrre cambiamenti decisivi nelle tendenze in atto.

Ne vedremo qualcuna in relazione alle altre domande.

2) Indagare sulle principali cause dell’abbandono significa, tra l’altro ma non solo, esplorare i motivi per cui le cose fatte si sono dimostrate insufficienti o inefficaci.

Significa anche superare un apparente paradosso: la tendenza della maggior parte delle persone (di tante città, anche di Cosenza) ad iden-tificarsi con il centro storico, o comunque a preferirlo alle periferie. Questa tendenza forse non è da ricercarsi tanto nella morfologia, nella dotazione di servizi (il centro storico ne è meno fornito) o in elementi fisici determinanti, quanto nell’abbinamento al vivere sociale, desiderato e ricercato: qui la città ha dimensioni più umane, perché costruita in un tempo in cui all’uomo era dato più spazio (la città era in un certo senso prestazionale, cioè finalizzata a soddisfare i bisogni dell’uomo).

Ci sono indubbiamente delle cause “strutturali” del degrado: a mio avviso possiamo distinguerle in cause “fisiche” o “di contesto” da un lato e cause che potremmo definire “strategiche” o “di programma” dall’altro.

A monte voglio però sottolineare un aspetto “culturale” che ritengo incida significativamente.

La cultura urbana si è evoluta passando dalla semplice conservazio-ne dei manufatti storici alla salvaguardia dei centri storici, dalla “tu-tela” alla “tutela e valorizzazione”: a Cosenza ciò non è successo, o è successo solo in parte e per un periodo limitato, forse anche perché lo sviluppo moderno è avvenuto non “intorno” al centro storico, ma da esso allontanandosi verso nord, relegandolo così al ruolo di periferia.

Ciò non è senza significato: non si “salvaguarda” una periferia, al massimo la si “riqualifica”.

In ogni caso ciò che è mancato un po’ dappertutto nel Paese (e cer-

to, ritengo che qui sia tuttora valida.

tamente a Cosenza, nonostante un fatto incisivo come l’abbattimento della vecchia barriera ferroviaria che la tagliava in due) è la ridefinizio-ne della città, del rapporto centro periferia e della periferia stessa: sia l’attuale cultura urbana che gli strumenti urbanistici non sono riusciti a definire e integrare la città, che a questo punto presenta una stratifica-zione per parti, funzionale alla divisone e stratificazione delle funzioni. È il primo grosso ostacolo sulla via della rivitalizzazione.

Tornando alle cause “strutturali”, quelle poste nella domanda sono certamente da annoverare come cause “strategiche” o “di programma”. Ad esse va certamente aggiunta la mancanza, nella pianificazione così come nella programmazione e realizzazione degli interventi5, di un ap-proccio di tipo “integrato”. Manca di sicuro la compresenza e l’abbina-mento reciproco della dimensione sociale, della dimensione economica e della dimensione ambientale. Manca, almeno a livello di consapevo-lezza, la concezione “prestazionale” della città.

Altra causa aggiuntiva, pur’essa strategica, va individuata nel fatto che le politiche urbane, assieme a quelle abitative, si sono andate via via riducendo, fin quasi a scomparire, dagli anni novanta in poi6. Né il tema della qualità urbana può trovare la sua soluzione in una normativa urbanistica, per quanto ben fatta: la qualità urbana, infatti, è prima di tutto frutto di un’attività di governo della città e questa trova nell’azione politica, e non nelle norme, il successo o il fallimento. Anche le leggi regionali intervenute nel tempo non si sono certo caratterizzate per l’impostazione di una politica urbana o anche semplicemente abitativa.

Ma un altro aspetto è da sottolineare. La città rappresenta il bisogno degli individui di riunirsi in gruppi sociali per realizzare un “sistema di relazioni”, cioè svolgere tutte le funzioni che separatamente non po-trebbero svolgere. Questo fa sì che gli “utenti” della città, o di una sua parte, in essa si riconoscano. Ma ciò non può avvenire, l’individuo non può riconoscersi in un ambiente, se non si riconosce nell’ambiente so-ciale: l’esistenza di un tessuto sociale, con le sue relazioni, è il presupposto

5 Salvo, ma solo in parte, nel programma Urban, che infatti ha prodotto una tempora-nea rivitalizzazione.

6 Quanto alle politiche abitative, l’ultimo intervento organico di carattere nazionale è la cosiddetta delibera CER – CIPE del 16 marzo 1994. Quanto alle “politiche urbane”, si sono occasionalmente quanto marginalmente avute in occasione di specifici pro-grammi d’intervento o di finanziamenti, soprattutto europei.

Page 123: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

244 245

del tessuto urbano. Una delle difficoltà è costituita dal fatto che nel cen-tro storico di Cosenza il tessuto sociale ha subito profonde modifiche.

Tutto ciò ha prodotto una mancanza di approfondimento di qualsi-voglia logica strategica. Le iniziative, anche quelle importanti, sono sta-te quasi sempre occasionali e comunque disorganiche o non durevoli. È chiaro che in queste condizioni un’azione di “rivitalizzazione” diventa più difficile.

Altrettanto importanti sono le cause strutturali che ho chiamato “di contesto”.

Lo stesso sviluppo verso nord che ha “periferizzato” il centro stori-co ha prodotto l’abbandono del modello che gli antichi ci avevano tra-mandato: Cosenza centro di attrazione dei Casali, e quindi fulcro del suo territorio. Così, le attività terziarie di più elevato contenuto economico sono migrate verso nord, molte fuori del territorio comunale. In assen-za di politiche urbane, anche le attività direzionali di importanza terri-toriale sovracomunale hanno subito lo stesso fenomeno.

Il risultato è un centro storico svuotato di contenuti economici e di funzioni: quella parte di Cosenza non è più “città”. Non solo, ma questi fenomeni hanno fatto sì che l’esigenza di recupero di centralità per il centro storico fosse solo un aspetto di un’analoga esigenza che interessa tutta quanta la città: i problemi di salvaguardia o di recupero della centralità si identificano e si confondono per il centro storico e per la città nel suo com-plesso.

Altra causa strutturale “di contesto” è l’accessibilità.Il centro storico, come tutte le città fatte “a misura d’uomo”, non è

dotato di un impianto viario in grado di accogliere traffico automobi-listico né di favorire il trasporto privato. La situazione è aggravata da quel modello di sviluppo, che ha amplificato la marginalizzazione urba-na. La debole offerta di trasporto pubblico ha fatto il resto.

La risposta non può che essere diversificata: ampliamento dell’offer-ta di trasporto pubblico su gomma su determinati percorsi, parcheggi esterni, trasporti meccanizzati, in relazione alle varie specificità. Ma, principalmente, il problema dei trasporti va impostato a livello com-prensoriale, perché non è pensabile un recupero di centralità senza una corrispondente strategia territoriale.

L’argomento sarà affrontato anche in seguito, ma voglio qui indicare

una prima “variabile di rottura”, forse la più importante, capace di inver-tire la tendenza di sviluppo disorganico e inefficace.

La forma urbana assunta da Cosenza ha di fatto “allontanato” il cen-tro storico e i suoi valori. Per di più, la “linearità” esasperata della città condiziona pesantemente i problemi del traffico e della mobilità e ab-bassa notevolmente la qualità urbana. Negli anni si è andata consolidan-do, connotandosi come “cultura cittadina” (e oggi pure come strategia politica) la convinzione che l’unico sviluppo possibile sia quello verso nord, l’unico rapporto organico sovraccomunale conveniente sia quello con i comuni a nord.

La prima “variabile di rottura” è proprio questa: Cosenza deve cer-care di liberarsi dalla soggezione totale ai principi e agli schemi della “città lineare”, per rispondere a un bisogno non più sopprimibile di rie-quilibrio territoriale. La città lineare è ormai inadeguata a soddisfare le esigenze complessive dello sviluppo, perché ne privilegia (se pure) solo quelle economiche, perché non assicura la necessaria mobilità, perché non consente la strutturazione gerarchica del territorio né il riequili-brio della qualità urbana.

La nuova forma di Cosenza va ricercata nel suo sistema urbano e nei suoi valori storici, culturali e ambientali, non in un “asse”, comunque finalizzato.

3) Per assicurare un dignitoso modo di vivere, le strategie d’inter-vento sulle costruzioni sono sempre mirate a soddisfare le esigenze dell’utenza. La prima esigenza è raggiungere un adeguato grado di si-curezza statica.

Il grado di sicurezza strutturale nel centro storico di Cosenza è gene-ralmente molto basso, principalmente a causa del degrado di gran parte del patrimonio edilizio, ma anche perché Cosenza è zona sismica ad alto rischio e gli edifici non sono per la maggior parte adeguati a tale fine.

I due elementi si sommano, aumentando di molto il rischio. È proba-bile che si ripetano eventi sismici di intensità pari a quelli già avuti nel passato, anche piuttosto recente: in tal caso gli effetti si moltiplichereb-bero e potrebbero corrispondere a quelli di eventi catastrofici, anche se i terremoti di per sé non lo fossero.

I crolli recenti non sono collegati ad eventi sismici, per lo meno non direttamente. La causa esclusiva è lo stato di degrado che in quegli edi-

Page 124: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

246 247

fici ha raggiunto limiti insostenibili, cosa purtroppo tutt’altro che in-frequente.

Nell’un caso e nell’altro emerge l’ormai ineludibile necessità di ral-lentare l’eccessivo degrado ed elevare il grado di sicurezza delle costru-zioni, principalmente attraverso misure antisismiche.7

Esse sono di tre livelli:- Manutenzione, volta al solo fine di rallentare il progressivo degra-

do soprattutto strutturale;- Miglioramento sismico, volto ad elevare il grado di sicurezza con

interventi puntuali riguardanti i singoli elementi strutturali dell’edifi-cio;

- Adeguamento sismico, volto a rendere l’edificio atto a resistere alle azioni sismiche secondo la normativa vigente mediante l’esecuzione di un complesso di opere.

Che fare? Per evitare i crolli, che sono la parte più appariscente del degrado, spesso basterebbero interventi tampone di manutenzione, o al più di miglioramento sismico, che sarebbero tanto più urgenti quanto più precarie sono le condizioni statiche. Però non sarebbero sufficienti a mettere in sicurezza gli edifici.

Il problema è molto più articolato.È molto importante un censimento delle abitazioni, che non esiste

ma va fatto, riportante i dati caratteristici di tutti gli immobili. Ma la strategia d’intervento va fatta soprattutto sull’effettivo rischio sismico. È quindi necessario valutare tale livello con un’accurata analisi che tenga conto non solo della pericolosità sismica della zona, ma anche della vulne-rabilità sismica degli edifici.8

Occorre innanzitutto effettuare la valutazione della vulnerabilità sismi-ca e della esposizione, che è la conoscenza dei beni e delle persone espo-ste, potenzialmente coinvolti.

Il rischio sismico, determinato dalla combinazione della pericolo-sità (legata alla zona e alla probabilità dell’evento), della vulnerabilità

7 Esistono ovviamente altre cause specifiche, riconducibili comunque al degrado: cause geotecniche, infiltrazioni, dissesti, rischio idrologico in genere. In questi casi i rimedi possono essere più generali e riguardare il risanamento e le condizioni di sicurezza a scala più ampia.

8 La vulnerabilità sismica è la propensione di una struttura a subire un danno di un determinato livello, a fronte di un evento sismico di una data intensità.

(legata alla struttura) e dell’esposizione (legata alle persone), è la mi-sura dei danni attesi. Tale misura va determinata con analisi accurate9.

Con riferimento a ciascuno degli elementi del rischio vanno elabora-te apposite mappe di microzonazione sismica, che danno l’idea del rischio e fanno da guida per tutti i provvedimenti, pre e post terremoto.

Per la loro complessità queste analisi sono molto costose. Esiste però un programma10 per la realizzazione di studi di microzo-

nazione, con finanziamenti statali strutturati per annualità, con indi-cazioni tecnico-amministrative. A livello regionale, come fase attuativa di questo programma, la Regione Calabria con delibera n. 64 del 2011 ha emanato i criteri per la realizzazione degli studi di microzonazione: occorre ora metterli in pratica.

Anche il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha avviato un censimento a scala nazionale dei centri storici esposti al rischio e lo svi-luppo di un metodo di indagine conoscitiva sulla vulnerabilità dell’edi-ficato storico, con la messa a punto di un apposito strumento di rilievo, da condividere con le istituzioni competenti sul territorio.

Sono azioni a cui attingere per cominciare a fare qualcosa.Fin qui la sicurezza sismica. Ma il problema della sicurezza non si esau-

risce con gli interventi antisismici: perché vi siano effetti concreti sulla riqualificazione occorre prenderne in considerazione gli altri aspetti.

Innanzitutto, per il centro storico di Cosenza, è molto rilevante la sicurezza idrologica, che riguarda essenzialmente tre aspetti:

- La sicurezza rispetto al rischio idrologico di piene e allagamenti;- Il corretto funzionamento del sistema di smaltimento delle acque

reflue urbane e la salvaguardia della qualità dei corsi d’acqua; - L’efficienza e sicurezza dei servizi idrici urbani (alcuni dei crolli

sono stati causati da rotture di tubazioni).

Alla domanda va aggiunto però un altro aspetto del problema, in un certo senso correlato con i precedenti. Generalmente si tende a limita-re il concetto di sicurezza ai suoi aspetti antisismici o, al più e se ve ne sono le condizioni, a quelli idrogeologici. Essa invece ha mille aspetti

9 È molto difficile la valutazione della vulnerabilità degli edifici prima che si verifichi un evento sismico. Per essa sono stati messi a punto metodi di tipo statistico, mec-canicistico, o i giudizi esperti.

10 Attivato con l’art. 11 della legge 24 giugno 2009, n. 77, il cosiddetto Decreto Abruzzo.

Page 125: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

248 249

che riguardano tutti in ugual modo la qualità urbana, in particolare nel centro storico.

Non potendo dilungarmi su di essi, provo ad elencarne una parte, certo non esaustiva:

- Sicurezza da prevenzione situazionale (microcriminalità, spaccio di droga)

- Sicurezza da controllo del territorio (sistemi di videosorveglian-za, illuminazione appropriata)

- Sicurezza nei trasporti (allestimento di sistemi di telecontrollo)- Sicurezza nelle scuole (sicurezza degli edifici; controllo esterno)- Sicurezza come accesso ai servizi (efficienza ed efficacia distribu-

tiva dei punti di accesso ai servizi)- Sicurezza da gestione del patrimonio e delle infrastrutture - Sicurezza come partecipazione dei cittadini, anche per categorie-

bersaglio di insicurezza.

Non è questa la sede per sviluppare tutti questi argomenti. Una con-siderazione però va fatta: la sicurezza complessiva è uno dei primi re-quisiti, forse il primo, che la città deve avere perché sia una “città pre-stazionale”.

Io credo che sia stata l’insicurezza nei confronti del mondo circo-stante la prima molla che ha spinto gli uomini ad unire le loro forze e capacità in agglomerati, facendone un importantissimo elemento di qualità urbana.

Non si può pensare di rivitalizzare il centro storico di Cosenza, senza che gli abitanti e gli utenti ne percepiscano condizioni di sufficiente sicurez-za, in tutte le sue declinazioni. È forse questa un’altra decisiva “variabile di rottura”.

4) Se per “area urbana” si intende quella di fatto portata finora avan-ti, cioè lo sviluppo monodirezionale verso nord sull’asse Cosenza-Ren-de-Montalto (la “città lineare”), praticamente centrifugo, è chiaro che rispetto ad essa un recupero di centralità di Cosenza Vecchia avrebbe un effetto, se non frenante, almeno di minor privilegio e in questo senso sarebbe anche difficile da attuare partendo dalle condizioni attuali.

Se però si intende un riequilibrio territoriale secondo la forma ur-

bana a noi pervenuta da tempi remoti, quella di un centro di attrazione con i suoi naturali complementi urbani, allora la valutazione è diversa.

Il discorso diventa necessariamente comprensoriale, coinvolgendo anche, ma non solo, lo sviluppo a sud.

Le radici culturali e la memoria storica, nonostante lo sviluppo urba-no inconsueto, sono ancora forti, e altrettanto lo è l’identità dei luoghi. Esse radici e identità, lungi da risultarne compromesse, non possono che trarre nuova e più forte conferma dalla configurazione di Cosenza come struttura urbana intercomunale, arricchita da quelle di tutti i luo-ghi urbani e non solo, comunque omogenei.

Mi riferisco alle peculiarità derivanti a Cosenza dall’insieme dei co-muni, limitrofi e compresi in un’area omogenea, i quali, insieme alla città, costituiscono un unico sistema urbano complessivo.

Lo si percepisce molto bene di notte: il panorama della vallata in una miriade di luci, con Cosenza che si indovina al centro e i paesi illuminati che le fanno corona in un unico insieme, dà plasticamente l’idea di un sistema policentrico quasi perfetto, perché i 200/250 mila abitanti han-no la possibilità di risiedere a pochi minuti sia dal baricentro sia (vir-tualmente parlando) reciprocamente dai rispettivi centri, in maniera diffusa ed equilibrata sul territorio, in sostanza nel pieno di un sistema verde, conservando i tradizionali valori umani e ambientali.11

L’insieme dei Comuni dell’area cosentina, per la posizione baricen-trica di Cosenza, la sua capacità di attrazione e le reciproche distanze, presenta tutte le condizioni per lo sviluppo di quelle relazioni sociali e di rete che fanno una città. Anzi, le relazioni di rete possono scaturire da una vera e propria strategia territoriale. Questa peculiarità costitu-isce un punto di forza per lo sviluppo urbano e, in particolare, per la rigenerazione del centro storico e a questo punto, vorrei dire, anche degli altri centri storici12.

Simmetricamente, il recupero e la rivitalizzazione di Cosenza Vec-chia sarebbe l’elemento catalizzatore di questo sistema urbano.

11 Rende e la zona ad ovest e a nord, ma anche i Casali, le Serre, Piano Lago. Se si fa un cerchio con centro a Piazza Valdesi e raggio fino a comprendere Quattromiglia, in esso ricadono una ventina di centri abitati, e Piano Lago è ai margini, come pure l’Università.

12 Il discorso vale anche per il centro storico di Rende, che si sta avviando verso lo stesso processo che ha interessato quello di Cosenza.

Page 126: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

250 251

Perché rinunciare a questa risorsa? Come già detto, è la prima e più importante “variabile di rottura”.

Naturalmente si tratterebbe di elaborare una strategia a livello com-prensoriale: sistema viario e collegamenti; la localizzazione di funzioni come strumento di riequilibrio territoriale; politica abitativa compren-soriale; qualità urbana (in termini di dotazioni e servizi) diffusa; rifun-zionalizzazione del/dei centri storici.

Qui voglio solo ricordare che questo comporta un rischio.È vero che le maggiori possibilità territoriali di localizzazione di in-

frastrutture e servizi a fini di riequilibrio urbano conferiscono al sistema urbano, rispetto alla città, maggiore capacità di attrazione delle risor-se, però i comportamenti “settoriali” consolidati delle amministrazioni e degli operatori comportano una minore possibilità di governo delle scelte, e alcune scelte possono essere guidate dalla necessità di compro-messi tra vari interessi o esigenze dei singoli comuni.

È un rischio che bisogna evitare o ridurre con la formazione di stru-menti efficaci di coordinamento.

5) Anche qui vale in parte quanto detto nella domanda n. 4. La “cit-tà lineare” non consente la riacquisizione, da parte del tessuto urbano vivo, di una sua porzione emarginata quale il centro storico di Cosenza.

In questa peculiare conformazione urbana mi sembra difficile im-maginare il centro storico come polo urbano, sia pure in rapporto all’U-niversità: sarebbe inefficace perché in contrasto con la realtà, e di fatto sarebbe come voler inserire in un disegno organico una funzione che periferica è e periferica rimarrebbe.

Di più, l’esclusività della sua utilizzazione “culturale” suonereb-be come una forzatura, soprattutto se si tiene conto della ricchezza di contenuti, quale Cosenza storica ha avuto fino a non molto tempo fa e potenzialmente ancora ha . Proprio la mancanza di requisiti quali la centralità funzionale del quartiere, con permanenza di qualità urbane, si tradurrebbero nella incapacità di costituire uno dei due poli di qual-sivoglia sistema.

Viceversa, in un sistema urbano complesso, con la forma urbana e le funzioni recuperate, i due poli potrebbero costituire un’asse culturale di tutto rispetto.

L’Università è ovviamente, di per se stessa e per definizione, un polo culturale di prima grandezza.

Dall’altro lato, Cosenza storica è fortemente caratterizzata dalla tradizione culturale, tanto da avere avuto la denominazione di “Atene della Calabria” e di “Cosenza la dotta”. È la città di Bernardino Telesio, di Aulo Giano Parrasio, dell’Accademia Cosentina. Le associazioni e isti-tuzioni culturali sono numerose, alcune consolidate. Il centro storico è tra i più belli sia per la sua ampiezza sia per il pregio architettonico, ed è caratterizzato da una discreta concentrazione di strutture monumen-tali, edifici antichi, conventi, chiese; è ben fornito di strutture culturali importanti.13

Cosenza Vecchia ha pertanto tutte le caratteristiche per svolgere la funzione di “polo culturale” assieme all’Università della Calabria, con veri e propri punti di forza:

Da un lato:- polo universitario e di attrezzature avanzate, con elevata poten-

zialità di Ricerca e Sviluppo e di formazione di forza lavoro qualificata;- possibilità e propensione alla ricerca e formazione sul campo delle

attività storico-culturali;- propensione all’innovazione di processo, di prodotto e di organiz-

zazione, per la presenza di un specifica Facoltà di Ingegneria Gestionale.Dall’altro lato:- forte e radicata tradizione culturale; - presenza di rilevante patrimonio storico-culturale e ambientale –

culturale; - disponibilità di contenitori, recuperati e da recuperare, per atti-

vità e servizi culturali, anche a livello universitario (una per tut-te, il laboratorio di restauro a S. Francesco d’Assisi);

13 Per non citare che le più importanti: il Museo Archeologico dei Brettii e degli Enotri, il Museo Civico, il Museo Interattivo di Archeologia Informatica, il Museo Diocesano, il Museo delle Arti e Dei Mestieri, il Museo del Fumetto, il MAB museo all’aperto Bilotti, la Galleria Nazionale di Palazzo Arnone, la Mostra permanente del Laboratorio di Restauro della So-printendenza dei Beni Culturali, La Biblioteca Civica (contiene circa 200.000 volumi, con un grosso fondo d’opere sulla Calabria ed è strettamente legata alla storica Accade-mia Cosentina), la Biblioteca Nazionale, i molti Teatri (il classico Teatro Rendano, il Teatro Morelli, il Teatro Aroldo Tieri ex Cinema Italia, il Teatro dell’Acquario, il Teatro Stabile e d’Innovazione Calabria Centro.

Tutte, meno il MAB, situate nel centro storico.

Page 127: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

252 253

- potenziale di circuiti culturali e di risorse ambientali poco cono-sciute.

In più, il centro storico ha una forte potenzialità di ospitare alloggi per studenti, foresterie universitarie, laboratori e strutture anche legati al territorio.

Per una strategia al servizio del territorio, non è poco. Funzionerebbe?No, se dovesse partire male, senza strategie collaterali, costruita

artificialmente. Un siffatto “asse culturale” sarebbe in tal caso fine a se stesso, avulso dalle funzioni vive della città. Forse nemmeno percetti-bile.

Sì, se si inserisse in una strategia urbana di più ampio respiro, a livel-lo comprensoriale, con un approccio integrato nella dimensione sociale, economica e ambientale della città.

In una visione complessiva di sistema, con le funzioni urbane recu-perate al centro storico (o almeno una parte significativa di esse), con la sua riconnessione al territorio e, soprattutto, con la ricomposizione di un tessuto sociale oggi non più esistente, rivitalizzata da funzioni com-plessive e diversificate, questa parte di città avrebbe un ruolo importan-te, anche come polo culturale.

Così, ma solo così, i due poli avrebbero un senso, e nemmeno da poco.

6) Diciamo subito che i ruoli che attengono alla Pubblica Ammini-strazione e alle Istituzioni sono fondamentali in tutti i processi di tra-sformazione urbana e così è pure per il centro storico di Cosenza.

Tralascio, perché ci porterebbero lontano, i ruoli riguardanti norma-zione/regolamentazione, pianificazione, tutela, gestione e programma-zione, anche se costituiscono (insieme e talvolta anche separatamente) il primo elemento di stimolo per l’attrazione di risorse private. Con una precisazione tuttavia: un corretto esercizio di questi poteri è assoluta-mente condizionante per qualunque tipo di investimento privato che possa essere considerato efficace ai fini generali di rivitalizzazione.

Voglio invece focalizzare l’attenzione sul pubblico come soggetto di interventi, azioni ed iniziative dirette.

Per cominciare, è di evidenza immediata che facilitazioni fiscali, in-centivazioni e agevolazioni hanno un forte ruolo di stimolo nei confron-ti dell’iniziativa privata, soprattutto per lo start up di piccole imprese e

per le altre attività economiche, come ad esempio il mercato immobi-liare.

Il problema è che esse non sono sufficienti forse nemmeno a far par-tire il meccanismo, e certamente non a conservarlo, se non si verificano altre condizioni, in primo luogo le azioni di governo e la realizzazione delle condizioni generali di contesto quali i servizi e la sicurezza.

Tra le prime, le azioni di governo, sono da annoverare quelle che attengono più che altro a funzioni di impostazione generale. Un’azione di coordinamento tra i vari soggetti che intervengono nel processo (non necessariamente solo pubblici) e tra le varie iniziative possibili va di certo nella direzione voluta, perché fa più chiare le politiche attuative a beneficio degli imprenditori, perché rende più mirata, efficiente ed ef-ficace la spesa per investimenti, perché genera condizioni di maggiore trasparenza e consapevolezza dei diritti.

Ho citato prima alcuni protocolli di Istituzioni varie per azioni nel centro storico. Non tutte, o non in tutto, sono state attuate. Ma anche se il problema è far funzionare gli accordi e portarli a compimento, l’im-portanza generale, e anche di principio, c’è. L’efficacia del coordina-mento può rivelarsi decisiva.

Un’altra azione efficace può essere quella di promozione: di condi-zioni favorevoli, di attività ripetitive, di eventi, di partecipazione, di cit-tadinanza attiva. In breve, di attuazione del principio di sussidiarietà.

Poi vi sono gli interventi diretti sul territorio.Innanzitutto gli interventi per le infrastrutture e i servizi, con am-

pie possibilità, soprattutto nell’area urbana complessiva, di localizzare servizi anche primari in coerenza con il principio di sussidiarietà, cioè il più vicino possibile al cittadino-utente.

Inoltre l’amministrazione pubblica14 (che deve assicurare legalità, si-curezza e servizi di qualità ) e le altre istituzioni15, ciascuna nell’ambito delle rispettive competenze se esercitate in modo appropriato, sono in grado di creare quel contesto cittadino di cui ho parlato, che costituisce humus esclusivo per una rigenerazione del centro storico.

14 Intesa qui come Enti locali e soprattutto Comune, a cui spetta la gestione del territo-rio, Sovrintendenze, Prefettura, Questura, Amministrazione della Giustizia, Sanità, Scuole,

15 Camera di Commercio, Enti pubblici, Associazioni di categoria, forze economiche e sociali…

Page 128: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

254 255

Quelli indicati sono interventi che, più che stimolare, possono condi-zionare gli investimenti privati, in positivo o in negativo, a seconda della loro qualità. Vi sono altri interventi che, anche se non condizionanti, possono esercitare un’efficace azione di stimolo. Ne cito due, sostan-zialmente a titolo d’esempio delle due fattispecie citate: la sicurezza e la politica abitativa.

La sicurezza.Ho parlato in precedenza dei mille aspetti della sicurezza, che man-

tengono qui la loro validità. C’è da dire che la sicurezza è il primo biso-gno espresso dagli imprenditori potenziali investitori nella città vec-chia e dai cittadini potenziali abitanti. Di conseguenza, ogni azione delle Istituzioni finalizzata alla sicurezza diventa una forma d’intervento pubblico capace di influenzare fortemente le iniziative degli investitori privati.

La politica abitativa.Quella dell’abitare è la prima delle funzioni che l’uomo svolge nel-

le città. Senza di essa le funzioni “cittadine” non avrebbero motivo di essere e la città non sarebbe città. Se il centro storico non è sufficiente-mente abitato, o non ha un tessuto sociale vario e ricco, anche le attività economiche sono settoriali e limitate.

Il processo di rivitalizzazione del centro Storico non è immaginabi-le senza un’appropriata politica abitativa. L’attuale presenza diffusa di rifugi di emarginati deve essere corretta, e accanto a case ristrutturate e immesse sul libero mercato, debbono essere garantiti alloggi sociali, che possono diminuire le condizioni di disagio abitativo ed essere uno strumento efficace per la lotta alla povertà.

L’intervento pubblico può in tal modo svolgere un ruolo molto in-cisivo per lo sviluppo di Cosenza Vecchia, con indubbia, e in molti casi anche diretta, influenza sugli investimenti privati (si tenga presente che l’azione può riguardare anche l’edilizia agevolata per imprese e co-operative).

Il circolo innescato dall’intervento pubblico diventa virtuoso: inter-vento diretto per il disagio abitativo, influenza diretta per le imprese e

il ceto medio, influenza indiretta, ma efficace, per le imprese e il ceto medio – alto16.

La Dichiarazione di Toledo sulle città europee raccomanda un’attenzio-ne particolare ai quartieri degradati all’interno del contesto cittadino: per realizzare gli obiettivi di coesione sociale ed integrazione nelle città e nelle zone urbane, strumenti efficaci possono essere le politiche di al-loggi sociali ben concepite.

La Carta di Nizza sui diritti fondamentali del cittadino europeo rico-nosce (art. 34) il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti, nonché (art. 36) quello di accesso ai servizi di interesse economico generale, quale la casa è.

La Carta Sociale Europea riconosce: Il diritto della famiglia ad una tu-tela sociale (art. 16); il diritto alla protezione contro la povertà e l’emar-ginazione sociale (art, 30); il diritto all’abitazione (art. 31).

Il Parlamento Europeo17 stabilisce che l’accessibilità ad alloggi ade-guati costituisce uno strumento adeguato per consentire la giustizia e la coe-sione sociale e che l’edilizia abitativa sociale svolge un ruolo fondamentale ai fini del conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020.

Tutto ciò, che contribuisce a far sì che la città sostenga i diritti, è possibile solo con l’intervento pubblico.

Un’ultima considerazione. Sarebbe molto efficace, ai fini della rivi-talizzazione del centro storico più ancora che altrove, dare la giusta ri-levanza nelle politiche d’intervento a quel rapporto pubblico–privato, attivato correntemente nei programmi europei (soprattutto con il par-tenariato), ma molto utilizzato anche nei programmi urbani complessi di “fabbricazione” italiana (programmi integrati, programmi di recupe-ro e riqualificazione urbana, contratti di quartiere, ecc.) che sono stati attuati con successo in molte città anche calabresi. Il tema coniugato in questo caso è: funzione pubblica, risorse pubblico-private.

16 Tra gli anni ’90 e 2000, con la tipologia d’intervento “Acquisto e recupero di alloggi degradati” l’ATERP di Cosenza ha realizzato la ristrutturazione di ben 11 palazzi an-tichi, molti anche tra i più importanti di Cosenza. Per alcuni di essi è stata stipulata una convenzione con l’Università, e gli alloggi sono stati per un periodo di tempo assegnati in locazione a studenti o per foresteria dell’Università stessa. Da notare che il recupero (in alcuni casi vero e proprio restauro) è stato realizzato a prezzi di edilizia popolare.

17 Risoluzione (2012/2293(INI)) dell’11 giugno 2013.

Page 129: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

256 257

7) I maggiori pregi del centro storico di Cosenza sono la conforma-zione, compattezza e integrità del suo borgo e la riconoscibilità del tes-suto storico.

Per questi pregi con decreto del Ministero della Pubblica Istruzione del 15 luglio 1969 è stato dichiarato, con le aree limitrofe, “di notevole interesse pubblico” ai sensi della Legge 1497.18

Con decreto del 26 giugno 1992 il Ministero per i Beni Culturali e Am-bientali ha integrato la “Dichiarazione di notevole interesse pubblico” del 1969, ampliandone i limiti al “territorio collinare sito nel comune di Cosenza”, considerando “che l’area predetta presenta una struttura orografica naturale, costituente un fondale paesaggistico modellato di rilievi, valloni, corsi d’acqua e pendici nel quale esistono ancora valenze ambientali meritevoli di tutela”. 19

Ricordo per inciso che l’area complessiva così integrata costituisce il nucleo centrale dell’area urbana di Cosenza.

L’inclusione come “località” nei beni tutelati dalla Legge 1497 com-porta che il pregio di Cosenza Vecchia è nella complessiva composizio-ne ambientale, più che nelle singole architetture, ancorché alcune siano di notevole pregio. Non significa che con ciò i singoli edifici possono essere modificati, ma essi talvolta consentono, nel rispetto dei vincoli, qualche parziale adattamento, anche urbanistico.

18 La legge 29/06/1939 n. 1497 sulla protezione delle bellezze naturali riguarda, tra l’altro, “i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale” e “le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali”.

19 È interessante la delimitazione dell’area aggiuntiva, proposta dalla soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici di Cosenza: “Il tratto del fiume Crati, a partire dalla confluenza con il torrente Cardona-Ispica, risalendo a monte ad intersecare il confine comunale del comune di Pietrafitta. Da tale punto (A) si co-steggia il termine confinario comunale del territorio di Pietrafitta fino ad incrociare la strada provinciale Cosenza-Pietrafitta costituente ulteriore limite vertice (B) e da qui continuando lungo detta strada fino alla sua intersezione (C) con il tratto di confine comunale sempre di Pietrafitta, seguendo il quale confine si giunge ad incrociare il torrente Ispica (D). Indi da tale punto, costituente il vertice sud della composizione misti-linea, si percorre naturalmente scendendo a valle il torrente Ispica fino alla sua confluenza con il torrente Cardona (E), indi detto torrente fino alla sua confluenza con il fiume Crati (F);

La città “prestazionale” richiede che si soddisfino i bisogni che emer-gono dagli abitanti vecchi e nuovi.

Trattandosi di centro storico e per di più di valenza monumentale come quello di Cosenza, ciò va però inquadrato nel rispetto dei signifi-cati storico-culturali e costruttivi degli edifici e del tessuto urbano.

La struttura edilizia va adeguata alle esigenze abitative, e prima di tutto ai canoni della sicurezza. Ma è pure talvolta necessaria una modi-ficazione delle funzioni urbanistiche.

La complessità che ne deriva va affrontata in maniera differenziata:- per quanto riguarda i crolli, recenti ma anche meno recenti, è dif-

ficile pensare che si possano ricostruire i vecchi volumi, del resto di nessun pregio se non quello di aver fatto parte dell’edificazione com-plessiva;

- un’altra cosa a cui si potrebbe rinunciare tranquillamente è la presenza di superfetazioni, almeno di quelle che stridono con il conte-sto;

- anche la semplice manutenzione, e perfino gli interventi di miglio-ramento sismico o di consolidamento semplice, non dovrebbero porta-re problemi.

Il discorso si fa molto più delicato quando si parla di adeguamento edilizio/urbano, o addirittura di abbattimento selettivo di comparti. Ri-badito che l’intera struttura urbana del centro storico è come tale un luogo significativo per la sua stessa identità culturale, a maggior ragio-ne nel più ampio contesto dell’intero impianto cittadino, vi è da dire che il suo degrado fisico, alimentato e reso più vistoso dalle vicende urba-nistiche e dal suo conseguente abbandono, rende di per sè più difficile intervenire.

Si pone innanzitutto, come più volte sottolineato, un problema di ri-equilibrio urbanistico e di riassetto funzionale, locale e anche della città nella sua interezza. Il recupero del centro storico significa anche, neces-sariamente, adeguamento funzionale, e ciò richiede che qualche qualità urbana, funzionalmente “moderna”, vada inserita o recuperata, tutte le volte che ciò sia possibile e compatibile.

Naturalmente non significa sventrare, o, necessariamente, abbat-tere. Significa semplicemente, approfittando delle opportunità fisiche che la struttura urbana esistente qua e là ci offre, creare dei miglioramenti connettivi, di mobilità o di sosta, o comunque di spazi, magari attraver-

Page 130: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

258 259

so qualche necessario adattamento edilizio (ovviamente lì dove non si tratti di edifici importanti o che connotino il disegno complessivo).

Tralasciando in questa sede gli aspetti procedurali e quelli normativi connessi alla pianificazione urbanistica (nella quale possono certamen-te rientrare degli abbattimenti, difficilmente però di interi comparti), la mia vuole essere una semplice osservazione di carattere culturale, di tipo, appunto, “prestazionale”.

Il processo dovrà essere avviato partendo da una conoscenza pro-fonda del patrimonio edilizio e dei caratteri del tessuto urbano, in modo da individuarne epoca di costruzione, caratteristiche costruttive, fun-zionalità edilizia ed urbanistica (originaria e di possibile futura utiliz-zazione), grado di pregio architettonico (nullo, basso, medio, alto), sta-bilità e sua incidenza sui fabbricati vicini, incidenza nei confronti delle funzioni urbane. Questo si ricollega al censimento di cui alla domanda n. 3, o ne può far parte.

Si potrà così avere una scala di priorità dei “requisiti” e delle “pre-stazioni” che gli edifici o alcune delle loro parti sono in grado di offrire per il soddisfacimento delle “necessità urbane e/o architettoniche”. In sostanza, l’opportunità di operare le scelte in funzione sia della possibilità (fisi-ca e/o procedurale) degli abbattimenti, sia della effettiva efficacia degli abbat-timenti stessi. Poco non mi pare.

Si obietterà che tale procedimento rallenta troppo il processo com-plessivo, ma, in una visione strategica, si potrà sempre in contempo-ranea dar luogo operativamente ad adeguamenti urbanistici ed edilizi.

È stato già fatto: con Urban (opere edilizie ed urbanistiche, incenti-vazioni alla rivitalizzazione) e con gli interventi di “Acquisto e recupero” (adeguamenti abitativi).

8) Ho già considerato, in particolare in occasione della domanda n. 4, l’argomento dell’area urbana complessiva, o più propriamente del “sistema urbano di Cosenza” e quindi dei territori citati. Essi sono in grado di ricreare, anche nello sviluppo urbano, quella centralità della città antica e della città in generale, che nella conformazione territoria-le Cosenza ovviamente non ha mai perduto. La risposta alla domanda sta, appunto, nel sistema urbano complessivo.

Raccordarsi verso la Presila e i Casali da un lato, e dagli altri ver-so Donnici, Savuto e le Serre significa appunto ragionare in termini di

sviluppo urbano e territoriale ampio, di “sistema”, che riacquisisca alla città anche i territori ad est, sud ed ovest: ridare cioè a Cosenza (e al suo centro storico) quel ruolo di polo urbano che una volta aveva. La nuova forma urbana di Cosenza va ricercata nel suo sistema urbano e nei suoi valori storici, ambientali, culturali, che mantengono inalterata la loro influenza sulle potenzialità di crescita civile.

Rispetto a quanto già detto rimane poco da aggiungere, se non tre considerazioni a scala territoriale, che possono essere viste come altret-tante “variabili di rottura”, finalizzate ad eliminare o ridurre quei fatto-ri che producono effetti negativi sullo sviluppo.

La prima variabile di rottura, dal punto di vista del territorio, è quella evidenziata in occasione della domanda n. 2: abbandonare culturalmente lo schema della “città lineare” e cercare un riequilibrio territoriale.

L’attuale sviluppo della “città lineare” non è coerente con il sistema urbano di cui essa fa parte. Per il sistema insediativo territoriale Cosen-za è baricentrica, e quindi il sistema urbano complessivo è a sviluppo “circolare”, mentre la città che si è finora formata, il sistema di mobilità, l’attrazione, sono a sviluppo “lineare”. Le due conformazioni, fatalmen-te, collidono.

Questa contraddizione (che ha effetti rilevanti: la mobilità resa pre-caria, la sproporzione rispetto al ruolo di servizio, la periferizzazione di parti nodali, la rinuncia a risorse territoriali basilari, e altre di siffatta importanza) non può essere rimossa se non con un riequilibrio territo-riale.

Questo riequilibrio si può perseguire con azioni amministrative qua-li Accordi Territoriali, ovviamente risultanti da dibattiti e decisioni par-tecipate. Ma si può ottenere anche meglio con l’unione dei comuni interes-sati, la quale risponderebbe pure, in parte, alle esigenze derivanti dalla soppressione delle Province. Semplice, corretto ed efficace (sempre che non si voglia arrivare alla “fusione di comuni”, il che sarebbe oggettiva-mente più complicato)20.

20 L’unione di comuni è un ente territoriale italiano, e più precisamente un ente locale di secondo grado, disciplinato dall’art. 32 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”. La fusione, che dà luogo ad un nuovo comune, è disciplinata dall’art. 15 della stessa legge. L’una e l’altra sono in-centivate dalla legge 7 aprile 2014 n. 56 (Legge Del Rio).

Page 131: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

260 261

La seconda variabile di rottura è considerare la città, quella com-plessiva, come un sistema di relazioni di rete coerente con il concetto di “città prestazionale”, cioè secondo il percorso interpretazione dei bisogni > determinazione degli obiettivi > definizione delle scelte.

I primi bisogni, dal punto di vista del sistema, sono essenzialmente quelli del collegamento, materiale ed immateriale, di tutti i centri abita-ti compresi nell’area urbana, reciprocamente e con il capoluogo. Questo presuppone innanzi tutto una rete viaria a sud, in grado di differen-ziare le direttrici di traffico, intercettarne una parte, indirizzarne con-venientemente un’altra. Essa rete ha un importante snodo – punto di partenza nell’uscita autostradale di Cosenza Sud, per un certo periodo di tempo ventilata negli anni passati (non a caso quelli della rivitalizza-zione del centro storico), poi non più dibattuta. La rete consente anche il riutilizzo di vuoti urbani (notevoli nell’area complessiva) come siste-ma di verde urbano o come trama di nodi di interscambio e di mobilità. È, naturalmente, prima di tutto un problema di progettazione politica e tecnica.

La localizzazione dei servizi diventa importante in tale ottica. Intan-to, la distribuzione di una serie di servizi “ordinari” può rispondere ai bisogni in maniera più aderente al “principio di sussidiarietà”.

Anche una politica abitativa “comprensoriale” può contribuire a fare sistema.

Ma è lo sviluppo dei servizi avanzati nella nuova ottica di “sistema urbano”21 che può diventare decisivo per il miglioramento della quali-tà urbana complessiva. La città tradizionalmente costituisce un luogo dove alcune funzioni urbane acquistano valenza territoriale anche at-traverso la dotazione di attività e di servizi (pubblici e privati) di carat-tere strategico: il loro sviluppo ne rafforza il ruolo direzionale.

La localizzazione di tali servizi e l’attrazione territoriale vanno di pari passo, anche nei confronti del sistema commerciale e produttivo (vedi Piano Lago). Essi funzionano anche da attrattori di traffico, con conseguente decongestionamento di altre zone.

Obiettivo forte è lo sviluppo delle funzioni terziarie di livello più ele-

21 Attualmente i servizi di questo tipo sono localizzati per lo più nel comune di Rende.

vato (infrastrutture destinate a rafforzare l’apertura della città, servizi ad alto contenuto tecnologico, ad alta intensità di informazione, servizi territoriali strategici, per la Cultura, Ricerca e Sviluppo, per la Sanità, per la mobilità, osservatori territoriali, ecc.) perché in grado di poten-ziare il contesto urbano, di aumentare la capacità di innovazione del sistema produttivo locale, di favorire l’attrazione di investimenti.

Occorrerà quindi, in ottica di “sistema urbano”, perseguire lo svilup-po anche con la localizzazione di tali funzioni. Questa esigenza è natu-rale ed evidente, anche in altre città, ma a Cosenza acquista una pecu-liarità: quella di utilizzare queste localizzazioni a fini strategici di riequilibrio urbano.

In definitiva, tre i principali nodi territoriali: il passaggio dalla “città lineare” alla “città circolare”; la rete viaria a sud; l’utilizzo delle localiz-zazione di servizi avanzati a fini di riequilibrio territoriale. Elementi di una politica urbana finalizzata allo sviluppo e all’attrazione delle risor-se.

Page 132: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

262 263

Fulvio Terzi

Architetto

1) Il periodo di attenzione sul recupero dell’abitato storico copre un arco temporale che non spazia soltanto negli ultimi venti anni, bensì parte dal periodo tra le due guerre fino agli anni ’90 dello scorso secolo. Le cronache storico-urbanistiche riflettono un vasto dibattito costante-mente sostenuto e discusso, in ragione dell’elevato interesse rivestito dall’abitato di storica edificazione. Tenuto conto che esso ha rappre-sentato la base dello sviluppo del territorio e della provincia di Cosenza dall’antichità fino a tempi relativamente recenti, ovvero i primi tre de-cenni del XX secolo.

In pratica, la città e il proprio territorio storico-geografico d’in-fluenza hanno convissuto ininterrottamente per oltre venticinque se-coli, attuando un processo di mutua partecipazione e collaborazione economica, comprendente anche i servizi, le infrastrutture e dotato di caratteri peculiari che richiamano la sostanziale presenza di un’area ur-bana.

Nei primi due decenni del Novecento risulta vigente il Programma di edificazione controllata. Le proiezioni hanno comportato lo sviluppo a nord, con accentuazio¬ne del settore ovest della zona Rivocati-Rifor-ma, la ristrutturazione del quartiere Carmine comprendente l’area della vecchia stazione ferroviaria, la formazione di un asse di espansione ba-sato sull’impianto urbano preesistente e proiettato lungo l’attuale corso Mazzini e l’arteria parallela, via XXIV Maggio.

Non viene meno la necessità di conservare un rapporto con la città storica. Infatti, é anche considerato il recupero a fini edilizi del settore urbano a sud, concretizzatosi con la previsione di sviluppo dell’area Ca-sali lungo la riva destra del Crati, in ragione della presenza della linea ferrata che giunge a Pietrafitta per collegare gli insediamenti pedemon-tani di sud-est. Tale visione comporta anche la realizzazione di attività insediative su entrambe le sponde del Crati, sempre in direzione sud.

Page 133: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

264 265

Condizione che resta sostanzialmente ferma a tali presupposti fino alla metà degli anni ’30 del Novecento, periodo in cui viene redatto il piano urbanistico presentato negli anni 1935-36 e derivato dalle mutate esigenze demografiche, che assistono a un incremento della popolazio-ne a circa 40.000 unità. In sostanza, tale programma completa i conte-nuti del piano precedente, per ampliare ancor di più i limiti dello svilup-po urbano in direzione nord.

Nel piano degli anni ’30 si tiene anche conto dei problemi della vivi-bilità complessiva della città storica, per la quale si propone un piano di sistemazioni riguardante l’allarga-mento dei percorsi interni, la forma-zione di ampi spazi nel settore di colle Pancrazio, la realizzazione di una viabilità complementare interna, oltre a quella interna del corso Tele-sio, con accessi trasversali dal Lungo Crati e formazione di aree di sosta.

Le previsioni non escludono demolizioni mirate e il risanamento complessivo delle aree indicate.

Nulla di fatto, in quanto la forte spinta privata nel settore dell’edi-lizia, dettata dal fenomeno dell’inurbamento che modifica gli originari rapporti tra città e territorio rurale, evidenzia la debolezza della ge-stione pubblica nel controllo dei programmi di espansione dell’abitato. L’insediamento continua a rincorrere le proiezioni di sviluppo a nord, favorite dalle rendite di posizione dei terreni, dalle offerte della nuova edilizia e da una presunta visione di crescita che privilegia le aree di pianura, così da modificare integralmente le originarie vocazioni ter-ritoriali.

Il Piano Regolatore Generale (1972), pensato per migliorare l’asset-to della città e la mobilità interna ed esterna, unire le aree edificate con i quartieri popolari esistenti e in via di formazione, avviare lo sviluppo misurato degli insediamenti collinari (mai compiutamente realizzatosi) e realizzare un asse in direzione Nord in funzione di unione intercomu-nale dei servizi, senza peraltro trovare adeguata partecipazione da par-te dei comuni vicini, non ha risolto le problematiche relative all’abitato storico per il quale, dalla fine degli anni ’80, si é registrato l’allontana-mento delle funzioni amministrative primarie.

Un vasto dibattito, apertosi dieci anni dopo l’approvazione del piano e sostenuto dagli ordini professionali, ha evidenziato i dubbi e le riserve sul piano che, pur con le successive varianti e modifiche (1995-2002), non ha affrontato e risolto i problemi legati alla gestione com-

plessiva del territorio urbano, alla mobilità interna ed extraurbana e, ancor più, al recupero dell’abitato storico. Quest’ultimo ha continuato a perdere interesse e funzione, in rapporto alle ipotizzate e rinnovate esigenze connesse a una adeguata gestione del territorio comunale.

Non sono mancate le attenzioni dei partiti e delle amministrazioni comunali sull’argomento, oltre a un costante confronto tra le diverse visioni politiche sui temi della riqualificazione della città storica, cui hanno attivamente partecipato le associazioni dei cittadini che hanno avuto e hanno a cuore la rivitalizzazione della vecchio abitato. Trat-tandosi di associazioni private e, di conseguenza, non avendo potere decisionale ma solo d’indirizzo, senza capacità di programmazione e promozione economica per grandi interventi, hanno svolto un ruolo comprensibilmente limitato e fondato esclusivamente su presupposti culturali.

Ma la cultura spesso non ripaga nel confronto col contesto reale, in cui le scelte sono determinate da altri interessi ed esigenze che, in più casi, prescindono dagli approfondimenti tematici sulle soluzioni. Le ini-ziative culturali sono state tante e innumerevoli, a indicare una vivezza e un’attenzione evidente che, oltre agli esiti del momento, non hanno raggiunto gli obiettivi pur con dispendio spassionato di una sempre at-tiva e costante partecipazione.

A ciò si aggiunge lo spostamento, nel corso degli anni, delle fun-zioni terziarie e delle attività commerciali, motivate in gran parte dal-la maggiore accessibilità consentita dal sistema del traffico della città “nuova” nella concezione della mobilità privata, non adeguatamente bilanciata dai servizi pubblici. Depauperamento funzionale che è stato in parte sostenuto dalla permanenza e presenza odierna di importanti funzioni culturali (museali, artistiche, librarie e archivistiche).

Dal punto di vista delle scelte politiche, negli anni ’90 si è avviata un’intensa attività di richiamo e coinvolgimento dell’abitato storico nel contesto allargato dell’intera città. Iniziativa finalizzata a richiamare presenze esterne, mediante l’apertura di attività commerciali e di tipo attrattivo, l’offerta di eventi culturali qualificati, l’esecuzione di opere complementari atte a sostenere la mobilità interna. Ciò ha comportato anche l’attivazione di sostegni economici per consentire piccoli ma si-gnificativi investimenti nel settore dell’edilizia privata e della piccola imprenditoria mercantile e artigianale, nonché la predisposizione di re-

Page 134: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

266 267

sidenze universitarie, per confermare la partecipazione dell’università nel tessuto storico.

Le proposte hanno rappresentato l’avvio significativo di una sta-gione che ha avuto interpreti d’eccellenza, estintasi al momento in cui la visione politica ha subito un’interruzione altrettanto storica col veni-re meno degli interpreti che ne avevano sostenuto il recupero, almeno dal punto di vista dell’attenzione preliminare a livello di contenuti e di successive possibili attuazioni.

Il seguito è costituito dall’attuale stato di decadimento che evi-denzia l’assenza di programmi, interventi e iniziative finalizzate al re-cupero che riflettono, in ultima analisi, una carenza di interesse e di programmi operativi nei confronti dell’abitato storico.

Le intenzioni nella proposta del PSC (piano strutturale comunale, equiparabile al nuovo piano regolatore), secondo l’Azione strategica 5, sembrerebbero tener conto delle attitudini dell’area storica in visione di recupero e rifunzionalizzazione complessiva, comprendente anche gli aspetti legati alla cosiddetta premialità per gli imprenditori, al fine di favorire il recupero degli immobili di pregio. Il tutto in attesa delle definizioni normative e degli approfondimenti di merito sulle affettive azioni legate all’esistenza futura del tessuto urbano di storica edifica-zione.

2) Le cause strutturali dell’abbandono e del degrado costituiscono solo il fenomeno indotto e conseguente alle cause funzionali. Esse sono legate ai fattori di credibilità e riabilitazione di un “tessuto” che, im-provvisamente, perde di valore e significato nel solco di un imperante eutanasia che investe non solo gli aspetti umani della società, ma anche il prodotto di una tradizione che non trova posto nella storia contempo-ranea. Il “vecchio” è obsoleto e, in termini di profitto, non consente di trarre i vantaggi che un presunto processo d’innovazione è in grado di offrire. Si tratta di comprendere e intervenire nel confronto con i nuovi modelli di gestione della società e, quindi, del territorio.

A ciò si aggiunge il fattore educativo e formativo che attraversa una crisi profonda e, nello stesso tempo, si vede sostituito dai sistemi co-municativi del “virtuale”, con tutti i limiti delle gestioni che annullano completamente la composizione del reale e la capacità d’introspezione storica per raggiungere una presunta coscienza globale. Condizione to-

talmente avulsa dai problemi contingenti e dalla comprensione della realtà, non più in grado di riflettere la diversità e le particolarità dei processi passati e le potenzialità di quelli futuri.

La prima difficoltà riflette, di conseguenza, il sistema della necessa-rietà di un’azione e di un recupero che trovi posto nelle coscienze, ora molto “distratte”. Nella sostanza si tratta di restituire all’abitato storico un ruolo perduto di cui soffrono gran parte degli insediamenti storici calabresi, anch’essi sostituiti e mutuati, con ovvio diverso significato, dai centri di pianura.

Le cosiddette “cause” strutturali, vale a dire le conseguenze indotte dai fattori cui si è fatto cenno, non possono costituire la giustificazione dell’abbandono e del degrado. Prova ne è la coerenza funzionale e co-stantemente ricercata nei centri storici del Centro-Nord Italia, la prova efficiente e il richiamo manifestato da molti centri calabresi (Altomon-te, Gerace, San Marco Argentano, Morano, Santa Severina e altri ancora ben conosciuti), che riescono a trarre evidenti attenzioni e conseguenti benefici economici e produttivi da tale ruolo che, soprattutto, ne giusti-fica e sostiene il valore.

Per quanto concerne l’abitato storico di Cosenza i problemi non sono solo riconducibili a esigenze di natura sanitaria: agibilità, idonee condizioni di salubrità e di vivibilità sono direttamente rapportate a un altrettanto idoneo recupero che rispetti i parametri normativi e sia completato da una corretta gestione dell’igiene pubblica.

Del resto, i centri storici delle Marche, della Toscana, dell’Umbria e molti insediamenti calabresi continuano a esistere senza evidenti pandemie di sorta o pericolose condizioni sanitarie che, in più casi, si ritrovano in luoghi e ambiti terrestri, lacustri, fluviali e marini, solo apparentemente ameni e di formale interesse ambientale, per evidenti alterazioni dettate da interessi antropici.

Un’interessante ricognizione sulle attenzioni alla salute pubblica a Cosenza si ritrova nei documenti storici (secoli XV-XIX), in cui le au-torità preposte al governo della città imponevano un corretto uso degli spazi e delle vie interne per motivi igienici, oltre a promuovere azioni di risanamento dell’abitato.

Il problema è quindi costante e comune per una sana gestione della città nella sua interezza che riflette, oggi e in maniera palese, soprattut-to le città “nuove”.

Page 135: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

268 269

Appare ovvio che la materia va di pari passo con la gestione dei co-siddetti “sottoservizi”. Si rammenta che per la città “nuova” di Cosenza il piano organico delle fognature e dei servizi idrici è stato affrontato negli anni ’30 e, pur nell’attuale stato dimensionale e di vetustà, conti-nua in parte a svolgere il proprio ruolo. Nell’abitato storico si ritrovano impianti costruiti a partire dal XIII secolo, integrati nell’Ottocento e ri-visitati nella prima metà del Novecento.

Per quanto di conoscenza non risultano analisi approfondite in proposito, se non memorie di lavori pubblici per sistemazioni stradali, esecuzione di “condotti immondi” e condizioni di degrado per “edifici crollanti” risalenti all’800, un’indagine sul risanamento della città dei primi anni del secolo scorso e interventi recenti limitati e localizzati in vari settori dei quartieri storici, in concorso con le sistemazioni viarie e degli spazi pubblici eseguite. Nel frattempo, il sistema dei sottoservizi segnatamente alle acque nere e reflue continua a persistere in condi-zioni si presume deficitarie, con le possibili conseguenze ai fini della stabilità degli edifici.

Segnatamente alla presenza e alla distribuzione dei servizi urba-ni fondamentali (acqua potabile, fognatura, acque reflue meteoriche e bianche, reti dell’energia elettrica, illuminazione privata e pubblica, gas e telecomunicazioni), appaiono funzionanti pur con i limiti strut-turali che andrebbero resi organici mediante una sapiente ricognizione dell’esistente, l’utilizzo dei cunicoli e dei condotti già presenti, oltre al possibile rifacimento delle reti di adduzione e smistamento principali, da programmare in rapporto all’attuazione dei piani di recupero. Non esistono problemi tecnici per la corretta realizzazione, che deve però essere fondata su un’evidente ottimizzazione delle risorse esistenti da coniugare con le nuove opere.

Interessante e proponibile, inoltre, appare il discorso della mo-bilità interna, affrontato e risolto in molti centri storici con attività di meccanizzazione del trasporto interno (si evidenziano gli esperimenti già effettuati con le scale mobili Spirito Santo - Piazza XV Marzo, via Padolisi) e l’uso di mezzi elettrici per esigenze private, attività di ser-vizio assistenziale, sicurezza interna e salvaguardia igienica. La confor-mazione dell’abitato consente di attivare numerosi spazi destinabili alla sosta, ovviamente regolamentata stante la particolare conformazione dell’insediamento, così da evitare che le difficoltà di accesso automobi-

listico comportino l’evidente penalizzazione dei residenti e dei fruitori esterni.

Si tratta di porre in essere le politiche che oggi sono applicate anche nei centri di nuova edificazione, per ridurre l’ingombro degli spazi im-pegnati dagli autoveicoli e limitare l’inquinamento ambientale. In tem-pi recenti (2013) il problema è stato posto e affrontato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, con il Manuale sulle procedure di mitigazione del traffico nei centri storici.

Nel caso della città storica di Cosenza, si disconosce l’esistenza di una rilevazione statistica dei servizi, delle attrezzature, della consisten-za del traffico interno e della mobilità integrata.

Altrettanto, si rende necessaria una coerente comprensione at-tuale delle necessità e delle problematiche complessive dei residenti nell’abitato storico, compreso un’approfondita analisi sociologica sulla popolazione presente, così da costituire una base fondamentale per le scelte future di programma, in ragione delle opportunità connesse al soddisfacimento delle esigenze residenziali interne ed esterne e dei ser-vizi collettivi allocabili.

Analisi da considerare presupposto fondamentale in considera-zione del fatto che, al di là degli aspetti culturali, bisogna tener conto anche e soprattutto di coloro i quali ancora continuano a sostenere la propria permanenza nel contesto storico. Risulta ovvio e doveroso che ad essi andrebbero indirizzate prioritariamente le attenzioni connesse alle attività del recupero.

Appare inoltre evidente il senso dell’emarginazione che oggi si av-verte nel frequentare i luoghi storici, anche per motivi di semplice ri-cognizione di studio, da cui emerge l’evidente condizione di abbandono che rispecchia l’attuale degrado strutturale.

3) Le misure di prevenzione attuate, in rapporto ai crolli di edifici verificatisi recentemente, riflettono le parti e gli immobili da più tempo in stato di abbandono e per i quali sono state emesse le ordinanze di remissione in pristino o di riparazione, al fine di evitare pericoli per la pubblica e privata incolumità.

Si tratta di doverosa necessità amministrativa, da non considerare come attività di prevenzione ma di sequenza operativa obbligata che fa

Page 136: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

270 271

seguito alla perdita di puntuali episodi edilizi la cui scomparsa, poco alla volta, cede porzioni di presenza fisica e storica. La sequenza degli eventi accaduti negli ultimi decenni conferma lo stato di decadimento e l’as-senza di attività manutentoria (da considerare un’attenzione importan-te nel tempo), derivante dall’abbandono totale o parziale degli immobili per cause diverse: nuove e diverse abitazioni più agevoli, suddivisione particellare per trasmissione o cessione delle proprietà, perdita d’inte-resse nel procurare gli interventi necessari a causa dell’ assenza di un mercato immobiliare del tipo, carenza di servizi fondamentali, mutate visioni societarie e altrettante condizioni nella gestione dell’economia urbana.

Una descrizione generale e complessiva, già oltremodo precaria, si desume dalla relazione del Piano Regolatore Generale del 1972, conte-nente i dati del Programma di Fabbricazione del 1965 e in cui si illustra-vano le criticità dell’abitato storico segnatamente alla condizione delle strade interne, allo stato di dissesto degli edifici, alla consistenza degli alloggi in numero di oltre 6.600 (comprendenti semplici vani destinati ad abitazione e “bassi” dalla inesistente condizione igienica elemen-tare), per una popolazione residente di circa 24.000 abitanti (1968). Lo studio prevedeva la possibilità di alloggiare circa 10.000 abitanti in 3.800 alloggi e il trasferimento di circa 14.000 persone.

Alla luce della condizione attuale, drammaticamente storicizza-tasi nel tempo, bisognerebbe attuare nell’immediatezza un adeguato approfondimento al fine di comprendere lo stato sociale e la condizio-ne economica delle persone residenti, la presenza di immigrati stante la dinamica dei flussi esterni attuali, i requisiti abitativi degli edifici, il rapporto vano/abitante, la presenza e la criticità dei servizi pubbli-ci e privati, l’esistenza e qualità delle opere infrastrutturali, il quadro conoscitivo delle esigenze, la disponibilità e potenzialità ricettiva degli alloggi e dei grandi impianti, come già evidenziato in precedenza.

Contestualmente, le misure di prevenzione da attuare, a proposi-to delle condizioni statiche degli edifici, sono ovvie e consequenziali al fine di stabilire un corretto e oggettivo approccio tecnico sulla consi-stenza e lo stato di rischio del costruito esistente. Si tratta di effettuare una ricognizione dettagliata con valutazioni tecniche sintetiche, basa-ta anche su una oculata analisi informativa e compositiva dei luoghi e

completata da una verifica immobiliare relativa allo stato storico delle proprietà.

Ciò consentirebbe di ottenere un quadro reale nell’immediatezza sullo stato oggettivo del patrimonio immobiliare, evidenziandone i li-miti strutturali, i possibili interventi di messa in sicurezza e le principali criticità, al fine di giungere a una comprensione preparatoria sulla con-servazione degli immobili e porre in essere le necessarie misure di pre-venzione connesse all’eventuale successivo recupero. Dati da inserire in un più vasto programma d’intervento che tenga conto delle urgenze operative e delle potenzialità funzionali.

Studi e ricerche puntuali sulla consistenza delle strutture sono innumerevoli, in più casi particolari e approfonditi. Purtroppo non possono riflettere, per precipua natura, la reale consistenza dello sta-to complessivo dell’abitato da finalizzare alla riduzione del rischio e al successivo recupero, i cui termini devono necessariamente rientrare in una visione urbanistica di programmazione tecnico-economica.

Un primo studio analitico sulla consistenza dell’abitato storico è stato effettuato per la redazione del Piano Regolatore del 1972. In tempi recenti il Piano Quadro (2000) ha proposto un’interessante definizione dei ruoli d’ambito e del programma di riqualificazione del settore stori-co della città, contenente anche un’analisi delle fasi storiche dell’edili-zia e dell’assetto urbano.

Un censimento dell’intero abitato storico relativo all’epoca di co-struzione, tipologia costruttiva, stato di conservazione, categoria di ri-schio, cui occorre aggiungere la condizione geo-morfologica e geo-stra-tigrafica dei settori edilizi, oltre alla consistenza tecnico-infrastrutturale dei servizi, sarebbe opportuno e fondamentale al fine di ottenere una banca dati analitica e completa nei contenuti. Analisi da indirizzare in primo luogo a supportare le proiezioni e i programmi strategici per la ricomposizione funzionale e strutturale dell’insediamento, in seguito utile per attivare le provvidenze idonee a ridurre le condizioni di ri-schio passivo o attivo e fornire la base per i futuri interventi puntuali.

Si tratterebbe del secondo passo, dopo la ricognizione preliminare, in grado di riassumere anche i dati diagnostici del complesso sistema con il concorso di diverse professionalità (archeologi, architetti, geo-logi, ingegneri, rilevatori, storici, ecc.) nonché costituire una settore di possibile impiego delle professionalità giovanili e di conseguente inte-

Page 137: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

272 273

resse imprenditoriale prima, durante e dopo le attività di indagine tec-nico-analitica.

4) Occorre considerare un dato importante nella visione comples-siva del problema. Per quanto concerne Cosenza, la città è stata pen-sata e generata non come un centro a sé, con motivazione insediativa originata da fattori specifici quale il centro feudale, la struttura mili-tare territoriale, l’insediamento organizzato di un particolare gruppo etnico o avente una particolare qualità vocazionale agricola nell’ambito del territorio. La sua impostazione è motivata dalla posizione strategica nell’area della Valle del Crati, avente particolare funzione localizzativa in un vasto sistema di traffici interni e di raccordo tra il nord e il sud della Calabria. Localizzazione capace di attrarre e proporre iniziative economiche per la diversità delle produzioni e degli scambi, che ne han-no sempre caratterizzato la funzione nel contesto territoriale.

Del resto, gli interessi esterni delle varie dinastie succedutesi nel corso dei secoli ne hanno ben evidenziato il ruolo. Bisogna anche rileva-re la qualità specifica rivestita da Cosenza quale centro di attrazione per i flussi finanziari, derivanti dall’economia indotta dalle manifestazioni fieristiche, in grado di richiamare un consistente e variegato interesse mercantile anche a livello europeo e consentire lo sviluppo di costanti opportunità economiche. Molte famiglie, che hanno segnato la storia della città, sono state attratte dalle possibilità connesse ai flussi eco-nomici e agli investimenti che alimentavano le attività imprenditoriali.

Il sistema urbano, ovvero l’abitato storico, era relazionato ai centri che si affacciavano lungo la valle del Crati e le pendici collinari a destra e a sinistra dei due fiumi. In sintesi, la città storica costituiva ab-origine il riferimento di una vasta area urbana che rappresentava il dinamico apparato delle interazioni tra gli insediamenti vicini, legati da un pro-cesso di continuo scambio economico assistito dalla compartecipazione integrata degli attori.

Il significato di “area urbana” concerne l’integrazione economica delle attività, dei servizi territoriali, delle connessioni infrastruttura-li, dei servizi sociali e delle relazioni culturali: il tutto da attuare nel rispetto dei ruoli e delle potenzialità dei singoli partecipanti. Sistema teso a esaltare le opportunità di sviluppo tra il comune capoluogo e gli altri comuni che convivono nella medesima area territoriale, dotata di

analoghe caratteristiche e vocazioni, al fine di ottimizzarne le risorse ed esaltarne le capacità di sviluppo.

Va tenuto in conto un’opportunità che spesso viene a essere ne-gata da visioni spesso limitate. Nell’ottica di una rivisitazione del ruolo di Cosenza e dell’area urbana è necessario far presente che il territo-rio in parola ha sempre svolto un ruolo importante a livello europeo e mediterraneo, dal punto di vista delle relazioni politiche, delle capacità economiche e del sistema delle reti di comunicazione e collegamenti. Ruolo che si è interrotto bruscamente dal periodo post-unitario con lo spostamento degli interessi nel Nord del paese, senza trovare valide al-ternative nella conduzione delle amministrazioni comunali interessate, per probabili motivi di autonomia gestionale.

Oggi, le vicende internazionali riaprono la visione verso i rapporti con le aree del Sud Europa, nel settore del grande bacino del Mediterra-neo. Le proiezioni economiche, con le conseguenti possibilità nel campo del lavoro, potrebbero essere notevolmente ampliate in relazione alle nuove e diverse opportunità di sviluppo manifestate dalle nazioni che si affacciano in tale ambito geografico.

Appare ovvio che un indirizzo politico, in grado di richiamare tali interessi, potrebbe costituire una valida occasione da sfruttare per uno sviluppo intelligente e partecipato, a sostegno delle professionalità e delle diverse imprenditorialità nei settori produttivi e di sviluppo.

Il recupero della città storico potrebbe costituire, quindi, un ele-mento propulsivo nel marcare lo sviluppo dell’area urbana per l’inci-denza dei valori culturali che possiede, da unire in rete con le altre va-lenze del tipo presenti negli altri comuni. Molteplici sarebbero, altresì, le opportunità dispiegabili nel sistema organizzativo dell’area urbana:

strutture amministrative, centri per la gestione delle attività eco-nomiche, nuclei di ricerca, luoghi ricettivi per ospitalità esterna, labo-ratori culturali ecc., oltre alle residenze e alle disponibilità funzionale e flessibilità d’uso degli impianti monumentali da destinare ai servizi generali.

In fondo, occorre ripensare non in maniera diversa al futuro della città, bensì di riproporre un modello storico che ha sempre dimostrato una intrinseca validità e che ha avuto come fulcro l’abitato storico, sem-pre connesso nel corso del tempo all’altrettanto vasto e ricco apparato

Page 138: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

274 275

culturale e alle potenzialità degli abitati gravitanti nel territorio dell’a-rea urbana.

5) Il tentativo di accogliere residenze universitarie eseguito negli anni ’90 (Palazzo Gaeta, l’ex albergo Bologna e il palazzo Caselli) non ha sortito effetti. Difficoltà nei collegamenti, insufficiente possibilità di continue relazioni con il centro di Arcavacata e, probabilmente, la scarsa disponibilità nell’allontanarsi dalla sede principale universitaria, hanno segnato i limiti di una relazione tra la città storica e l’Univer-sità della Calabria. Comprensibile dal punto di vista dell’impostazione progettuale e territoriale della cittadella degli studi, in quanto ispira-ta al modello anglosassone del “campus”, pur distante culturalmente dai modelli nostrani. Incomprensibile dal punto di vista della funzione precipua di una centro di studi superiori, il cui riverso dovrebbe essere a servizio e a completamento del territorio quanto più allargato, per rispondere alle esigenze di uno sviluppo integrato, sollecitare e soste-nere le eccellenze intellettuali, la ricerca, la formazione professionale, le potenzialità propositive e innovative.

Oggi il problema dello sviluppo della società calabrese è fondamen-tale e drammatico. Secondo gli ultimi dati contenuti nell’anticipazione del rapporto del luglio 2015 della SVIMEZ (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) i soli titoli di alcuni capitoli della rela-zione preliminare appaiono molto eloquenti: “Mezzogiorno alla deriva - Continua la caduta degli investimenti, specie al Sud - Il mercato del lavoro è il luogo di maggiore allargamento dei divari - I giovani e il lavo-ro: una “frattura” senza paragoni in Europa - Nascite ai minimi storici, emigrano sempre più giovani colti e al Sud il futuro riserva una popola-zione sempre più ridotta e invecchiata”.

In particolare si registra un saldo “[…] migratorio netto di 744 mila unità. Di questa perdita di popolazione il 70%, 526 mila unità, ha riguar-dato la componente giovanile, di cui poco meno del 40% (205 mila) lau-reati. Con riferimento ai giovani migranti in possesso di una laurea si può notare come essi, se pure non costituiscono la maggioranza, rap-presentano comunque la parte degli emigranti più dinamica” (p.47).

A causa della crisi attuale si sta riproponendo il vecchio e dram-matico adagio della migrazione che riguarderebbe anche e soprattutto

i giovani laureti più preparati, molti dei quali formatisi nell’Unical, che andrebbero a migliorare, in più casi, le economie esterne ed estere.

Appare ovvio che nell’attivazione di un processo di ricomposizione dell’area urbana concorre con evidenza l’Università della Calabria, per il ruolo fondamentale, le capacità professionali, le potenzialità della ri-cerca, la presenza di strutture multidisciplinari organizzate e pronte a svolgere il proprio ruolo propositivo e progettuale. A ciò bisogna coniu-gare il giusto rapporto con la città capoluogo e le interazioni con i centri dell’area urbana, al fine di costituire una rete di costante sostegno e produttività. Non si tratta quindi di due poli, bensì di una maglia attiva composta da più insediamenti territoriali, che dovrebbero attivare pie-na disponibilità alla cooperazione e in cui la Cosenza storica potrebbe concorrere nell’ospitare i centri di alta formazione, le rappresentanze degli interessi imprenditoriali nel settore della ricerca, le agenzie di partecipazione dei paesi esteri interessati ai progetti di ricerca e svi-luppo da avviare nell’area urbana e da esportare poi. Si tratta, quindi, di restituire ruoli e funzioni che Cosenza e gli altri centri della Valle del Crati hanno sempre svolto nel territorio, nel grande sistema integrato di comune interesse, per avvalersi del ruolo dell’Università nelle azioni formative e di sostegno alla sviluppo che ne hanno motivato la nascita e giustificato la funzione.

Va anche tenuto in conto il problema fondamentale di un’efficiente mobilità territoriale, ora assente, senza la quale sarebbe vano ricom-porre un quadro di programma che adesso appare come un insieme di “monadi” il cui linguaggio, ovvero la relazione comunicativa, avviene su piani dimensionali diversi.

6) Il ruolo delle istituzioni è fondamentale nello stabilire le motiva-zioni programmatiche che forniscono gli indirizzi urbanistici, con i re-lativi impegni di natura economica. Il compito è quello di attivare gli strumenti operativi fondati sulla comprensione delle realtà e dei biso-gni esistenti, al fine di raggiungere un ottimale sistema urbano integra-to che sia funzionale in termini di servizi, di soddisfacimento abitativo e, soprattutto, tenga conto della qualità della vita e comprenda anche la riacquisizione del patrimonio degradato come fonte economica, oltre che culturale e identitaria.

In termini reali, il virtuosismo delle elaborazioni di piano deve te-

Page 139: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

276 277

ner conto che per Cosenza le esperienze urbanistiche hanno manifesta-to un consistente “consumo” del suolo disponibile. La popolazione, nel frattempo, ha subito un costante decremento dal 1981 (105.000) al 2013 (68.000).

La tendenza attuale è rivolta al concetto, del resto obbligato, di sviluppo edilizio “zero”. Tale visione comporterebbe investimenti non tanto sulle nuove costruzioni pubbliche e private, bensì sul recupero dei valori ambientali e architettonici, sulla qualità delle vita, sulla riconnes-sione e riqualificazione delle aree urbane, sul miglioramento dei servizi e sulla mobilità nell’area urbana ed extra-urbana, con limitazione delle attività edilizie private.

Di conseguenza, lo sviluppo del territorio, in precedenza basato sull’espansione edilizia, rincorsa con affanno dalle infrastrutture di col-legamento, deve necessariamente avviare un processo di riconversione dell’imprenditoria verso settori del tipo e proporre diverse soluzioni nel comparto abitativo con la riqualificazione dell’esistente. Ciò implica una diretta partecipazione istituzionale, un confronto democratico tra le forze politiche e gli interessi in campo, nonché un consenso sociale bisognevole, soprattutto, di una corretta informazione sui temi del re-cupero del territorio.

L’intervento pubblico nel settore specifico deve proporre un qua-dro sinottico di possibilità, del resto conosciuto e applicato in più re-gioni, che prendano il via da una previsione di programma motivata e coerente (PSC o PSA, da realizzare mediante Accordi di Programma Quadro). Si tratta di strumenti operativi e in seguito attuativi concer-nenti le attività e gli interventi da realizzare, che individua i soggetti responsabili e le risorse finanziarie degli stanziamenti pubblici. Le ri-sorse sono individuabili nei fondi europei, statali e regionali, mediante una valida progettualità che non esclude ma, ancor più, investe anche l’iniziativa privata.

Del resto l’attuale presenza di strutture pubbliche, non solo di in-teresse culturale ma anche amministrativo nell’ambito dell’abitato sto-rico, pur se limitate, definisce un sistema di capisaldi importanti per avviare proposte e iniziative finalizzate al recupero.

Un esperimento interessante, nell’abitato storico di Cosenza, ri-guarda l’utilizzo del palazzo Gervasi, già sede di uffici comunali, a cen-tro polifunzionale per attività connesse all’immigrazione. Va tenuto in

conto anche la possibile concessione di mutui agevolati, finalizzati al recupero delle strutture edilizie a uso abitativo, e le cosiddette “premia-lità” nei confronti di imprenditori i quali, in cambio di attività parteci-pativo al recupero possono ottenere crediti edilizi, ovvero una quantità volumetrica riconosciuta da applicare in ambiti adeguatamente norma-ti e in cui si prevede l’impiego di tali opportunità.

Le strade da percorrere sono molteplici; unica è la volontà politica e collettiva nel sostenere un impegno che richiede soluzioni urgenti.

7) Demolire non significa risolvere il problema. Se si possiede coscien-

za del significato dell’azione potrebbe sembrare la soluzione più ovvia. Una tale azione viene però ad annullare non solo una struttura materica ma anche una trasmissione genetica di presenza e di informazioni. La soluzione va trattata con metodo e con adeguata cognizione; cioè con sapienza nel discernere la necessarietà dell’azione rispetto all’entità di un valore che deve prima essere indagato, conosciuto e valutato. Inol-tre, non sempre l’edilizia minore, spesso considerata di scarso interesse storico, architettonico e, quindi, culturale, possiede un marginale signi-ficato rispetto alle cosiddette architetture monumentali.

La riqualificazione deve essere basata sul sistema e sull’interazio-ne degli elementi che servono a raffigurare il significato di un abitato storico, al fine di conservarne i segni distintivi, le qualità urbane, le ge-neratrici di sviluppo, l’evoluzione, la maglia viaria, l’assetto e le ricom-posizione antica e storica. Azione che tende a restituire correttamente la leggibilità urbana dell’insediamento.

Nel caso della città storica, tenuto conto che la più consistente edificazione edilizia si è avuta alla fine del XVI secolo, continuata fino a tutto il XVIII secolo e completata in maniera esponenziale alla fine dell’Ottocento, a causa del fabbisogno di abitazioni scaturito dal consi-stente incremento demografico. Inoltre, si è assistito a ulteriori aggiun-te episodiche del primo quarto del Novecento, in più casi inespressive, scontate, di maniera e totalmente assenti di ogni presupposto architet-tonico.

La predetta condizione, protrattasi per circa tre secoli e ancora ben evidente, ha comportato sopraelevazioni di fabbriche medievali (in più casi costruite su preesistenze antiche) con aggiunte multipiano, inter-posizioni e occupazioni di aree libere, chiusura e interruzione di percor-

Page 140: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

278 279

si viari dell’antica maglia urbana, ricomposizioni strutturali e accorpa-menti edilizi di più fabbriche, aggiunte e superfetazioni di scarsa qualità costruttiva e, in molti casi, di evidente provvisorietà realizzativa.

Condizioni tali da creare palinsesti complessi e staticamente defici-tari, il cui degrado pone indubbiamente problemi altrettanto complessi e delicati nello studio e nella trattazione.

L’abbattimento selettivo di “comparti” ovvero di sistemi conside-rati omogenei per qualità e caratteristiche, ritenuti di sola apparente scarsa qualità architettonica, comporterebbe anche la potenziale e pro-babile perdita di brani ed elementi di elevato valore storico-artistico. Senza escludere, per la mutua interrelazione stabilita nel tempo con le fabbriche contigue, il possibile danneggiamento dei corpi di fabbrica in aderenza che, dal punto di vista statico e strutturale, costituiscono una sequenza senza soluzione di continuità.

Pertanto, andrebbero valutate, in conformità a una corretta e ap-profondita analisi diagnostica e storico-critica degli edifici, le cause del degrado, le condizioni statiche complessive, la presenza e il regime del-le “acque” proprie e del sottosuolo, la natura e le caratteristiche strut-turali, le fasi costruttive e compositive, le qualità intrinseche artisti-co-architettoniche, le preesistenze archeologiche e i segni qualificanti dal punto di vista urbano. Ciò potrebbe anche comportare la possibilità di demolizioni mirate e puntuali, strettamente necessarie alle azioni di risanamento, da coniugare alle esigenze di una lettura corretta dell’e-sistente, senza escludere la possibilità di rinvenimenti e riscoperte di elevatissimo qualità.

In esito, si tratta di stabilire in termini corretti di approccio e di studio le criticità complessive e le possibilità operative connesse alla finalità del recupero, tenendo conto delle preliminari oggettive valuta-zioni e dei conseguenti limiti operativi.

Azioni che, pur potendo apparire eccessive in termini di costi e di impegno, comunque sollecite nei tempi operativi se impostate in ma-niera metodologicamente corretta, riflettono l’esigenza di raggiungere una valida comprensione dell’esistente in finalizzate alle scelte oculate del programma di recupero e riqualificazione, stante l’assenza di una visione attuale concreta e completa sull’argomento.

8) Occorre rammentare che uno dei punti di forza del ruolo di Co-

senza è stato il rapporto stretto e diretto col territorio dei Casali, situati in un vasto territorio che dai settori orografici nord-est e nord-ovest giunge fino a includere il limite della Provincia di Catanzaro, tale da co-stituire un altro fondamento della funzione e del significato della città. Funzione durata fino alla prima trasformazione avvenuta dopo l’arrivo dei Francesi (1806) e la successiva definizione a livello di territori comu-nali in periodo post-unitario.

Cosenza era deputata, in qualità di sede amministrativa, alla ge-stione dei territori collinari che giungevano fino alla Sila da una parte, e alle pendici dell’Appennino costiero dall’altro, di concerto con i “casali” rientranti in un grande sistema territoriale. L’intento era quello di trar-re benefici dalle vaste estensioni dei terreni da destinare a usi agricoli e allevamento del bestiame, oltre alla gestione comune delle risorse bo-schive presenti. Si trattava, quindi, di una economia concorsuale, diffu-sa e condivisa che manifestava i caratteri veri e propri di un’estesa area urbana che includeva anche porzione della Valle del Crati.

Le previsioni in tal senso e in tempi odierni non sono mai state raggiunte, pur con le possibili attenzioni relative alla proposizione di “spazi verdi”, considerati moderni e idonei nel raccordare, per settori, un possibile sviluppo edilizio, in quanto la città ha sempre indirizzato lo sguardo a Nord.

Gli attuali quartieri dell’abitato: Casali, Spirito Santo, e l’altro di Portapiana, di potenziale collegamento con le aree dei Casali posti a sud, a causa dello scarso interesse assegnato dagli strumenti urbanistici esecutivi non hanno sviluppato un’adeguata urbanizzazione, venendo meno a un’importante funzione connettiva; pertanto, tali quartieri an-cora conservano i caratteri urbani di zone marginali.

Geograficamente idonei a far da cerniera con le aree interne col-linari, pur con tutte le possibili enunciazioni programmatiche avviate dal primo Novecento, hanno continuato a persistere nel ruolo di settori periferici, senza mai raggiungere uno stato definito e qualificato nel pa-norama urbano che, nel corso del tempo, ha visto soccombere la città storica.

Le infrastrutture e i collegamenti in tale vasta area territoriale dei Casali esistevano e completavano un sistema di relazioni riconosciu-to e funzionale. I primi tratti ferroviari sono stati realizzati tra la fine dell’800 e i primi due decenni del ’900 (Cosenza - Pietrafitta, Catanza-

Page 141: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

280 281

ro, San Pietro in Guarano, San Giovanni in Fiore). Una conservazione adeguata e una caratterizzazione dei percorsi ferrati avrebbe potuto ri-chiamare flussi turistici con l’indotto della produzione di nicchia, con-sentire il trasporto delle merci e i collegamenti locali veloci, oggi da considerare parziali se non inesistenti.

La direttrice Donnici con l’area industriale di Piano Lago, che apre la porta attraverso il Savuto, riconosciuta per alcune produzioni coltu-rali d’eccellenza, resta confinata in una dimensione locale, pur posse-dendo potenzialità consistenti e attive per la naturale vocazione.

Il percorso di riattivazione di tali insediamenti potrebbe essere po-sitivo nel processo di pianificazione delle risorse, in grado di rappresen-tare una propria specifica identità che tenga conto, in maniera ovvia, della conservazione delle caratteristiche proprie del paesaggio e dalla valorizzazione delle esistenti realtà locali. Per esse andrebbe sollecitato un maggiore sostegno imprenditoriale in settori specifici aventi attitu-dine produttiva, quali l’agricoltura tipica, le aziende vinicole e l’agri-turismo, insieme all’offerta di promozioni culturali presenti e diffuse negli insediamenti dei Casali.

Le iniziative discendono dalla fondamentale carenza di un raccordo idoneo nei collegamenti e da una visione unitaria di sviluppo, da consi-derare soprattutto in relazione a un programma di coinvolgimento de-gli attori e di organizzazione delle attività, che recuperi Cosenza quale centro di attivazione e di diffusione, a livello nazionale e ancor più ex-tranazionale, della qualità delle risorse esistenti.

Si rammenta che la città fin dal XIII secolo era il luogo riconosciuto di un intenso commercio in cui affluivano flussi mercantili dall’ester-no, si sviluppavano iniziative e attività economiche complementari e in cui transitavano gran parte dei prodotti agricoli destinati al consumo e all’esportazione; ruolo favorito e sostenuto dall’apporto consistente e fondamentale delle produzioni agrarie e manifatturiere provenienti dai Casali.

Basterebbe ripercorrere con altrettanta concretezza le vie e i luo-ghi già tracciati da conoscenze secolari, per riattivare un processo eco-nomico di crescita, che è negato dalla incapacità di vedere nel futuro attraverso la forza e l’esperienza del passato.

Page 142: Associazione G. Dossetti - sasus.it bianco Cosenza... · 2 3 Associazione G. Dossetti “Per una nuova etica pubblica” Libro bianco su Cosenza Vecchia per un centro storico non

282