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Nella pianura delle storie di Sebastiano Vassalli Itinerari letterari novaresi nella terra d’acque narrata dall’autore della Chimera Il “cuore di pietra” di Novara: tra un vescovo e un architetto (p. 6) I luoghi della Chimera: nelle risaie con la strega Antonia (p. 14) Tra i castelli con il brigante Caccetta: memorie manzoniane (p. 22) Lungo il Ticino, fiume azzurro dei cercatori d’oro (p. 30) English abstracts The plain of Vassalli’s stories (p. 36) A cura di Roberto Cicala

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Nella pianura delle storiedi Sebastiano Vassalli

Itinerari letterari novaresi nella terra d’acquenarrata dall’autore della Chimera

Il “cuore di pietra” di Novara: tra un vescovo e un architetto(p. 6)

I luoghi della Chimera: nelle risaie con la strega Antonia(p. 14)

Tra i castelli con il brigante Caccetta: memorie manzoniane(p. 22)

Lungo il Ticino, fiume azzurro dei cercatori d’oro(p. 30)

English abstractsThe plain of Vassalli’s stories

(p. 36)

A cura di Roberto Cicala

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© Novara 2013, Interlinea edizioni© ATL Agenzia di Accoglienza e Promozione Turistica Locale della Provincia di Novarabaluardo Quintino Sella 40, 28100 Novaratel. 0321 394059, fax 0321 631063, [email protected], www.turismonovara.it© I testi citati da La chimera, Cuore di pietra e L’oro del mondo sono pubblicati per gentile con-cessione di Giulio Einaudi Editore spa; per i testi citati da Terra d’acque e Il mio Piemonte: In-terlinea srl edizioniProgetto e ricerca letteraria: Roberto Cicala Centro Novarese di Studi Letterari, [email protected], www.novara.com/letteraturaProgetto turistico dell’Agenzia Turistica Locale della Provincia di NovaraTesti letterari citati: Sebastiano VassalliTraduzioni: NTL Traduzioni, Firenze; i brani tradotti in inglese da La chimera sono tratti daThe Chimera, traduzione di Patrick Creagh, Harvill, London 1993Fotografie: ATL Provincia di Novara; a eccezione di: Centro Novarese di Studi Letterari (6b,36b); Interlinea (da S. Vassalli, Terra d’acque. Novara, la pianura, il riso, 20122: 11a [Archivio Fon-dazione Castello di Novara]; Carlo Pessina da S. Vassalli, Il mio Piemonte, 2002: 3-4, 21, 34, 35a);Andrea Cicala (16-17 sotto, 37); Amici della Bici (36a); fotogramma da Dal riso al Rosa di Al-berto Cicala, Butterfly Cinematografica 2012 (5-6); Musei Civici Novara (9b)Cartine: da Carta turistica della Provincia di Novara, Atl Novara (Legenda) g.c.Si ringraziano i Comuni di Novara, Bellinzago Novarese, Biandrate, Briona, Caltignaga, Ca-meri, Casalbeltrame, Castellazzo Novarese, Galliate, Ghemme, Mandello Vitta, Momo, Re-cetto, San Nazzaro Sesia, San Pietro Mosezzo, Sillavengo, Vicolungo, l’Ente di Gestione del-le Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore, l’Ente di Gestione delle Riserve Pedemon-tane e delle Terre d’Acqua, il Museo dell’attrezzo agricolo ’L çivel di Casalbeltrame, i privatiproprietari di castelli e cascine, l’Associazione Amici della Bici di Novara (presidente FulvioMaberi) e Paola VassalliRealizzazione editoriale: Interlinea srl edizionivia Pietro Micca 24, 28100 Novara, tel. 0321 [email protected], www.interlinea.comStampa: Italgrafica, NovaraProgetto comprensivo di cartelli stradali e pagine internet

In copertina: Carlo Pessina da SEBASTIANO VASSALLI, Il mio Piemonte, Interlinea, Novara 2002

ISBN 978-88-8612-086-3Collana “Le guide”

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Sulle tracce della Chimera nella “terra d’acque” dominata dal Rosa

Dopo il successo dell’itinerario letterario cicloturistico Nella terra degli aironi sulletracce delle storie di Dante Graziosi, cantore del tramonto della civiltà contadina,l’ATL della Provincia di Novara prosegue l’impegno di offrire un valore aggiunto al-la conoscenza e valorizzazione del territorio tramite le suggestioni dei libri dei nostriscrittori. Questa volta sono i romanzi del maggiore autore novarese di sempre, Seba-stiano Vassalli, conosciuto nelle scuole italiane e nel mondo grazie a La chimera, unbest seller del 1990. Il romanzo di Antonia accusata di stregoneria ci conduce dal ca-poluogo al fiume Sesia, mentre L’oro del mondo ci accompagna lungo il Ticino eCuore di pietra gira intorno a Casa Bossi a Novara, lasciando ad altri libri come Ter-ra d’acque e Il mio Piemonte ulteriori spunti, storie e curiosità. Le citazioni di Vas-salli illuminano le risaie allagate, i castelli della pianura e le vie del centro storico, in-vitandoci a visitarli in una prospettiva nuova (in queste pagine le informazioni divisita sono semplici spunti, da approfondire sul sito dell’ATL e sulle pubblicazioni tu-ristiche). L’augurio è che questa guida letteraria, diffusa anche grazie a internet, fac-cia diventare la nostra pianura novarese un libro aperto, le cui storie possano coinvol-gere numerosi viaggiatori italiani e stranieri, anche in occasione di Expo 2015.

MARIA ROSA FAGNONI

Presidente ATL della Provincia di Novara

«Avevo una vecchia bicicletta e con quella mi spostavo sulle strade bianche di polve-re della campagna novarese e anche sulle strade asfaltate: che, all’epoca, si chiamava-no ancora “carrozzabili” ed erano percorse dalle automobili d’allora, piuttosto rare…»ricorda Sebastiano Vassalli nel suo libro autobiografico Un nulla pieno di storie. Neiluoghi percorsi in bici nella giovinezza questo viaggiatore nel tempo e cercatore di sto-rie ha poi ambientato molti suoi libri indimenticabili, che oggi ci aiutano a riscopri-re Novara e la sua pianura ai piedi del Monte Rosa. Il vero scrittore si nota dalla ca-pacità di trovare le parole giuste per dare a storie perdute, come quella di una ragaz-za orfana accusata di stregoneria, oppure a frammenti della natura, come una risaiasorvolata da un airone, il suono più profondo e il senso più pieno per ognuno di noi,quasi un simbolo dell’esistenza, anche se può essere l ’illusione di un sogno (una «chi-mera»). Questa è la letteratura. E questa è la fedeltà di Vassalli alla sua e nostra Ter-ra d’acque, «orizzonte molto vasto, di decine e di centinaia di chilometri… croceviadi vite, di storie, di destini, di sogni». Qui ci accompagna e ci insegna a cercare il no-stro granello di felicità: «il mio – quel granello di felicità che ogni uomo porta con sénel mondo al momento di nascere – era sepolto in questa pianura dove vivo, tra il Ticino e la Sesia. Ancora non l’ho trovato, ma continuo a cercarlo». Noi con lui. E diquesto gli siamo grati.

ROBERTO CICALA

Presidente del Centro Novarese di Studi Letterari

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Guardando questo paesaggio ho capito…

Dalle finestre di questa casa si vede il nulla. Soprattutto d’inverno: le montagnescompaiono, il cielo e la pianura diventano un tutto indistinto… il nulla è unapianura vaporante, con qualche albero qua e là e un’autostrada che affiora dallanebbia… Capita anche di tanto in tanto – diciamo venti, trenta volte in un an-no – che il nulla si trasformi in un paesaggio nitidissimo, in una cartolina dai co-lori scintillanti; ciò si verifica soprattutto in primavera, quando il cielo è blu co-me l’acqua delle risaie in cui si rispecchia… Si vede un orizzonte molto vasto,di decine e di centinaia di chilometri, con le città e i villaggi e le opere dell’uo-mo inerpicate sui fianchi delle montagne, e i fiumi che incominciano là dove fi-niscono le nevi, e le strade…: un crocevia di vite, di storie, di destini, di sogni;un palcoscenico grande come un’intera regione, sopra cui si rappresentano, dasempre, le vicende e le gesta dei viventi in questa parte di mondo. Un’illusione…Guardando questo paesaggio, e questo nulla, ho capito che nel presente non c’èniente che meriti d’essere raccontato. Il presente è rumore: milioni, miliardi divoci che gridano, tutte insieme in tutte le lingue e cercando di sopraffarsi l’unacon l’altra, la parola «io». Io, io, io… per cercare le chiavi del presente, e per ca-pirlo, bisogna uscire dal rumore: andare in fondo alla notte, o in fondo al nulla,magari laggiù, un po’ a sinistra e un po’ oltre il secondo cavalcavia, sotto il «Ma-cigno bianco» che oggi non si vede.

SEBASTIANO VASSALLI

(da La Chimera, Einaudi, Torino 1991)

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Vassalli cercatore di storie nella pianura

Lo scrittore Sebastiano Vassalli, classe 1941, genovese di nascita, fin da picco-lo vive a Novara. Negli anni a cavallo del 1968 svolge attività di insegnante epartecipa, dipingendo e fondando riviste come “Pianura”, alle vicende della co-siddetta neoavanguardia con alcune prose sperimentali, travasando nella pagi-na, attraverso un furore linguistico, le inquietudini politiche e sociali del pe-riodo. Quando si mette alla ricerca di una letteratura pura e di nuovi personaggiincontra il poeta Dino Campana raccontandone la vicenda nella Notte della co-meta. L’interesse del narratore si orienta verso l’indagine del carattere naziona-le degli italiani, fin dal romanzo L’oro del mondo ambientato nel dopoguerra enella pianura tra Sesia e Ticino, dove colloca, in un Seicento di manzonianamemoria, La chimera, premio Strega e successo editoriale tuttora ristampato inItalia e all’estero. Il suo viaggio nel tempo lo porta nel Settecento di Marco eMattio, nell’Ottocento del Cigno oppure di Cuore di pietra, romanzo che ricreal’epopea della storia democratica dell’Unità d’Italia simbolizzata da un grandeedificio di Novara, Casa Bossi dell’architetto Antonelli. La Valsesia è teatro delrecente Le due chiese, edito da Einaudi come gli altri suoi romanzi. Con Inter-linea ha pubblicato Il mio Piemonte, la raccolta illustrata Terra d’acque. Novara,la pianura, il riso e, tra gli altri titoli (come Natale a Marradi), l’autobiografiaUn nulla pieno di storie nata da un’intervista con Giovanni Tesio.Per aggiornamenti si rinvia al sito www.letteratura.it/vassalli.

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«La Novara più soli-da e più vera èuna città che ci

parla di sé e del suo passatoin vari modi: con le sue strut-ture architettoniche, le suestrade…» scrive SebastianoVassalli in Terra d’acque, unlibro interamente dedicatoalla città e alla sua pianura.Qui riserva un capitolo almonumento novarese piùimportante, che saluta dalontano, anche molto lonta-no, chi arriva a Novara, laCupola di San Gaudenzio.Chi osserva da sotto i 121metri della costruzione inmattoni e calce, senza uso diferro, più alta al mondo com-prende l’assoluta arditezzadell’architetto, lo stesso che

Casa Bossi a Novara,opera dell’architettoAntonelli.

6 Nella pianura delle storie

Il “cuore di pietra” di Novara:tra un vescovo e un architetto

1861: l’inaugurazione di Casa Bossi «cuore di pietra»

«Quando gli operai tolsero le grate di canne edemolirono le impalcature, nel sole ancora cal-do di una bella giornata di settembre, la nuovacasa apparve finalmente com’era, troppo gran-de e troppo bianca rispetto al resto della città ealle casupole che la circondavano. Qualcuno, trail non folto pubblico, applaudì; qualcuno andò acongratularsi con il proprietario, che se ne sta-va in disparte e guardava quella che sarebbedovuta diventare la sua nuova abitazione fa-cendo segno con la testa: no, no, no, come perdire che lui non aveva voluto niente del genere.Qualcuno, infine, che aveva pratica del mondoper averlo visto, se non proprio dal vero, alme-

no nelle immagini del “cosmorama” che arrivava tutti gli anni adagosto, con la fiera, paragonò il nuovo, imponente edificio co-struito sul viale esterno della città, dove un tempo c’erano stati ibastioni e i posti di guardia delle sentinelle, al Campidoglio di Washington e al palazzo dell’Ammiragliato di San Pietroburgo;ma, com’è naturale, si trattava di paragoni eccessivi».

(da Cuore di pietra)

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ha dato il nome alla MoleAntonelliana. AlessandroAntonelli (vissuto nella se-conda metà dell’800) è unodei personaggi principali delromanzo che Vassalli dedicaal Cuore di pietra che è CasaBossi, un altro capolavoroantonelliano preso a simbolodella storia dell’Unità d’Ita-lia. Ma l’intero centro stori-co, un vero salotto ottocente-sco con le stradine in acciot-tolato, è un cuore di pietrache batte ancora grazie aimonumenti. Ne segnaliamosoltanto alcuni ispirandoci apagine dello scrittore, senzadimenticare, per iniziare, l’in-terno della Basilica, tardori-nascimentale, con il celebrepolittico di Gaudenzio Fer-rari nella cappella della Nati-vità, la seconda a sinistra, e loscurolo barocco che contienele spoglie del santo patrono.

7Il “cuore di pietra” di Novara: tra un vescovo e un architetto

L’architetto neoclassico e ambizioso:Alessandro Antonelli

«L’Architetto era stato un ragazzo e primaancora un bambino negli anni in cuiNapoleone metteva a ferro e fuocol’Europa, e aveva sognato, come tut-ti i bambini della sua epoca, di di-ventare un generale e un impera-tore più grande dello stesso Napo-leone; poi però, crescendo, si eraaccorto di essere bravo a proget-tare edifici, e da quel momento nonaveva avuto più dubbi su ciò cheavrebbe fatto nella vita. Sarebbe di-ventato il Napoleone dei progettisti, eil principe degli architetti! (Le opere deicondottieri passano, quelle degli architetti ri-mangono). Aveva studiato in tre città: Torino, Milano e Roma, edappertutto aveva stupito i suoi professori con la grandiosità deiprogetti (“Chi li paga?”) e con l’audacia delle soluzioni tecniche…Diventato Architetto, il nostro personaggio aveva chiesto e otte-nuto di mettersi sotto la protezione del suo più grande Collega,cioè dell’Architetto dell’Universo: che lo aveva accolto in una so-cietà, allora potentissima, detta dei “liberi muratori”. Era stato no-minato Architetto di corte, e aveva proposto al Re che regnava sul-le montagne e su una parte della grande pianura, di costruirgli unanuova reggia e una nuova capitale; ma quel Re che pure aveva fa-ma di essere molto ambizioso quando aveva visto i suoi primi di-segni si era spaventato, e aveva ordinato di restituirli all’autore.“Sono il Re di un piccolo Stato di montagna, aveva detto a chi glie-li stava mostrando. I miei sudditi mi si rivolterebbero contro e glialtri sovrani d’Europa riderebbero di me, se mi facessi costruire unaresidenza come questa che mi viene proposta, e che per la sua mo-le e le altre sue caratteristiche sarebbe forse più adatta ad essereabitata dai Faraoni d’Egitto”».

(da Cuore di pietra)

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Edificata tra il 1577 e il1590 su disegno diPellegrino Tibaldi, la

Basilica si pose fin dal princi-pio come emblema della cit-tadinanza novarese contro lapresenza, sempre più oppri-mente, dello Stato assolutoinstaurato dagli Spagnoli. Lacostruzione della Cupola, ac-canto al campanile di Bene-detto Alfieri, raccontata inCuore di pietra, è una vera epropria avventura: infatti gliamministratori volevano«una cupola senza pretese,bassa e larga; perché il lorosanto era un santo di provin-cia, che non aveva mai com-piuto miracoli clamorosi» ma

8 Nella pianura delle storie

Quando il vecchio Antonelli terminò la Cupola

«Tutto si muoveva, nella città di fronte alle montagne, seguendo la logica delprogresso. I quartieri bassi, sotto i bastioni, si espandevano, i capitali della ban-ca si moltiplicavano con gli investimenti, i cittadini si davano da fare anche dinotte, quando erano a letto, e la popolazione cresceva. Soltanto la Cupola del-la Basilica del Santo era rimasta ferma per vent’anni a 75 metri d’altezza, aspet-tando che qualcuno si prendesse il disturbo di finirla. Chi attraversava la vastapianura in ferrovia, o percorrendo uno di quegli stradoni polverosi che costeg-giavano i boschi e le risaie, scavalcavano i fiumi, e nelle giornate serene d’in-verno o di primavera regalavano ai viaggiatori lo spettacolo delle grandi mon-tagne cariche di neve, se volgeva gli occhi verso la città, immancabilmente do-mandava ai compagni di viaggio cosa fosse quello strano edificio che si vedeva

sopra i tetti delle case, alto più o meno come i campanili circostanti, e che sembrava una torre mozzata o unasputacchiera rovesciata; ma non sempre c’era qualcuno in grado di spiegarglielo. Quelli che conoscevano la sto-ria dell’Architetto, e della Cupola, si erano convinti che il grand’uomo non avrebbe fatto in tempo a finirla per-ché ormai era troppo vecchio, e che comunque non gliene importasse poi molto: alla sua età – dicevano – cisono cose più urgenti a cui pensare, che non le cupole delle basiliche! L’Architetto, invece, […] riprese in manoi disegni dell’opera interrotta, come se li avesse lasciati la sera precedente… Alla soglia degli ottant’anni, eraquasi arrivato a identificarsi con il suo più antico e potente Collega, l’Artefice dell’Universo; e gli omuncoli chemisuravano le sue opere in centinaia e migliaia di lire, anziché in secoli e in millenni di permanenza sulla facciadella Terra, gli apparivano sempre più lontani e più piccoli: dei pigmei… La città era diventata ricca; e l’Archi-tetto si rimise al lavoro. Rifece i calcoli di trentacinque anni prima […], e si accorse che la Cupola non avrebbepotuto alzarsi oltre i 130 metri… Fosse stato più giovane, l’Architetto non avrebbe avuto esitazioni.Avrebbe or-dinato di demolire quella parte dell’edificio su cui doveva alzarsi la Cupola, e di ricostruire tutto; ma il suo tem-po di demolire era passato, lui stesso se ne rendeva conto, e poi già stava costruendo un’altra Cupola-guglia inun’altra città, non proprio alta come avrebbe voluto, ma più alta di quella del Santo. Bisognava accontentarsi».

(da Cuore di pietra)

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non riescono ad arginare leambizioni architettonichedell’Antonelli, che cambia dicontinuo i progetti per arriva-re sempre più in alto, ma fer-mandosi quando i soldi fini-scono, finché nel 1888 è ter-minata dopo essere «rimastaferma per vent’anni a 75 me-tri d’altezza, aspettando chequalcuno si prendesse il di-sturbo di finirla».La neoclassica Casa Bossi,«la grande casa sui bastioniche guarda la pianura e lemontagne lontane», è oggi alcentro di un progetto di recu-pero dopo essere stata tra “Iluoghi del cuore” del Fai piùvotati in Italia, grazie all’ini-ziativa di un Comitato d’A-more. È collocata sul baluar-do Quintino Sella in posizio-ne obliqua rispetto alla viacon la facciata elegante im-preziosita da colonne dorichee un frontone triangolare.

Immagini della Cupoladi San Gaudenzio,la più alta costruzionein mattoni del mondo.Sotto a sinistra,piazzetta delle Erbe,salotto della Novaradell’Ottocento in un quadro d’epocaconservati ai MuseiCivici.

9Il “cuore di pietra” di Novara: tra un vescovo e un architetto

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Vassalli nota acutamen-te che «il contrasto traAntonelli e Novara

non avrebbe potuto esserepiù evidente. Antonelli pen-sava “in verticale”; i novaresivivevano, e pensavano, “inorizzontale”: e dovettero pro-vare una sorta di attrazione-repulsione per le opere mo-numentali, che lui gli propo-neva e quasi gli imponeva».Così avviene al Duomo, «unachiesa medioevale, un pocomalandata per il trascorreredei secoli e bisognosa di qual-che restauro. L’Architetto or-dinò di demolirla e la rico-struì dalle fondamenta in sti-le neoclassico, con una quan-tità e una varietà di colonneda far sfigurare, al confronto,qualsiasi tempio dell’anticaGrecia». Del precedente edi-ficio romanico rimangonotracce nella torre campanaria

e nel pavimento a mosaicodel presbiterio tra i più pre-ziosi in Europa (all’internodella cattedrale anche quadridi Gaudenzio Ferrari, di Ber-nardino Lanino e la cappelladi San Siro). Di fronte sta ilBattistero a pianta ottagona-le, tra i più antichi del nordItalia, che si fa risalire al VIsecolo con affreschi romanici.I romanzi di Vassalli ci ac-compagnano in alcuni luoghidella città dentro una lettera-ria macchina del tempo, peresempio nel Castello viscon-teo-sforzesco, in fase di ri-strutturazione (dove durantela Grande Guerra è rinchiu-so il poeta Dino Campana,rievocato nella Notte della co-meta) oppure nelle vie attra-versate secoli prima dal ve-scovo Bascapè, già segretariodi san Carlo. Se andiamo in-dietro nel tempo, fino nel Sei-cento della Chimera, nella stessapiazza Duomo possiamo trova-re il mercato: «gli artigiani ma-novravano con forza le ramazzedavanti alle botteghe,o istruiva-no i garzoni, o riattaccavano leinsegne;i venditori di verdura,odi pesce, o d’altre mercanzie,gridavano la loro merce». Èquesta la situazione quando lagiovane protagonista Antonia ela madre adottiva entrano daPorta San Gaudenzio, l’attualeBarriera Albertina, in fondo acorso Italia,superando le guardiespagnole che sorvegliano la cittàdentro i bastioni,ora alberati,co-struiti dopo che l’imperatoreCarlo V fece occupare la città.

10 Nella pianura delle storie

Sopra, il Duomo ricostruito in stileneoclassico da Alessandro Antonellidemolendo la chiesaromanica precedente.Di fronte alla facciatail colonnato ottocentescosi apre al Battisteropaleocristiano, a piantaottagonale.

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11Il “cuore di pietra” di Novara: tra un vescovo e un architetto

Un giorno nella Novara del Seicento

«In un giorno di mercato era un luogo pieno di traffici, di gen-te, di discorsi, di grida; c’era ressa di contadini e di venditoriambulanti con muli e asini e carretti carichi di merci che i sol-dati del presidio, una volta dentro, si divertivano a metterglisottosopra nonostante il dazio fosse già stato pagato rovi-standoci con tutt’e due le mani... Se il mal capitato non erasvelto a allungare una moneta, o se la moneta veniva giudi-cata insufficiente, tutta la mercanzia finiva per terra, in mez-zo al fango e agli escrementi dei muli. “Qué es esto?”, dice-vano i soldati. Si passavano di mano in mano la moneta, fin-gendo di scandalizzarsi perché s’era cercato di corromperli…Oltre la Porta San Gaudenzio c’era la via carrabile la via“granda”, acciottolata e lastricata nel mezzo e le nostre don-ne proseguirono per quella, verso la piazza del Duomo. Soprale loro teste, in mezzo ai tetti, le nuvole finalmente s’eranoaperte e un solicello malato, un po’ velato, si rifletteva nei ve-tri dei palazzi, accendeva i colori degli intonaci, il rosso vivodei mattoni e dei fregi in terracotta, gli smalti delle Madonnee delle altre immagini devote nelle nicchie dei muri. C’era mol-ta gente per strada, e anche molta animazione… Di quellaNovara dei primi anni del Seicento tre cose forse colpirebberoun visitatore d’oggi, se mai una simile visita potesse compier-

si: l’affollamento, il rumore e gli escrementi… Passarono sotto la Mi-nistreria dei Poveri, più nota al volgo come “minestreria” perché, intempi di calamità, vi si dava da mangiare ai senza cibo…»

(da La chimera)

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All’interno stanno moltecaserme ed edifici sacri,tra cui la barocca chiesa

di San Marco, in via Negroni,fondata dal «venerabile» vescovoBascapè, discepolo e segretariodel Borromeo,entrambi raffigu-rati da Moncalvo (durante laprocessione con la reliquia del“Santo Chiodo”verso il Duomodi Milano) nel quadro della cap-pella di San Carlo.Nel romanzo le due donneattraversano le “contrade”«puzzolenti e strette» dietrola Canonica (dove Petrarcaarringò i novaresi per contodel signore di Milano), arri-vando infine alla piazzetta diSan Quirico (oggi piazzaGramsci, dai più conosciutacome piazza del Rosario), ilquartiere generale dell’In-quisizione novarese all’iniziodel Seicento quando è co-struita la chiesa di San Pie-

Luoghi sacri della cittànel Seicento al centro del romanzo La chimeradi Vassalli: a destra, chiesadel Rosario in piazzaGramsci, dove aveva sedel’Inquisizione; sopra,la facciata della chiesa di San Marco, dove èsepolto il vescovo Bascapè(il primo a destra nel quadro con san Carloche porta la croce del Santo Chiodo).

12 Nella pianura delle storie

Il vescovo della Controriforma: Carlo Bascapè

«Dietro i canonici veniva il vescovo:vestito tutto di bianco, sotto un bal-dacchino dorato sorretto da quattroseminaristi che camminavano a tem-po con lui e che lui sovrastava d’unaparte del capo; magrissimo, con lapelle del colore della cera, la barbagrigia e i capelli anch’essi grigi sottola mitria. Nonostante il viso fossesciupato e precocemente vecchio, ap-pariva però evidente, a chi lo guar-dava, che questo vescovo Bascapè dagiovane doveva essere stato un uo-mo vigoroso e dotato d’un certo fa-scino anche della persona; e che a

quarantanove anni, quanti allora ne aveva, non era ancora quel“cadavere vivo” di cui avrebbe parlato lui stesso di lì a poco, inau-gurando in Novara la chiesa di San Marco Apostolo. Fu in quellacircostanza – scrivono i biografi – che Bascapè si rivolse ai nova-resi indicando il suo corpo: “Questo cadavere che voi ora vedetevivo, gli disse, e che vi sta parlando, voi tra poco lo rivedrete mor-to in questo stesso luogo, dove io voglio che sia sepolto”. […] Granpersonaggio, il vescovo Bascapè! Personaggio emblematico di un’e-poca, ormai lontana nel tempo e in sé conclusa; ma anche di unmodo di intendere la vita e il destino dell’uomo, che non cessa diriproporsi e che certamente durerà, ben oltre il nostro secolo ven-tesimo... Nobile per nascita, raffinato per educazione e per cultura,buon conoscitore del latino e dello spagnolo, cioè delle due lingueinternazionali dell’epoca, brillante scrittore in latino e in italiano,esperto di diritto ecclesiastico e civile e dotato, in più, di un natu-rale talento di organizzatore e di “manager”: Bascapè aveva tuttele carte in regola per aspirare a cambiare il mondo naturalmente inmeglio e per presumere di riuscirvi».

(da La chimera)

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tro al Rosario con laprima pietra collocatada Bascapè nel 1599,che ospiterà anche ilmonumento funebre diAmico Canobio. ScriveVassalli: «vi si affacciava-no da una parte la chie-sa di San Pietro Marti-re, allora ancora in via dicostruzione, e il conven-to dei Domenicani; dal-l’altra, il tribunale delSant’Uffizio». È qui cheAntonia viene interroga-ta: «avvicinandosi alportone in legno scuro,con due leoni di bronzo perbattenti, Antonia ebbe pau-ra: si fermò; allora la signoraFrancesca, che la teneva perun braccio, la rincuorò e lasospinse. “Su, su”, le disse,“coraggio! Ormai ci siamo:non possiamo mica ritornareindietro! Prima entriamo eprima usciamo: non averpaura!”» Invece Antonia saràcondannata ingiustamente,torturata e incarcerata nel pa-lazzo dei Paratici dentro ilBroletto, dominato a norddal duecentesco palazzo del-l’Arengo con atrio porticato,decorato da un fregio cavalle-resco della metà del 1200. Èaffiancato a sud dal palazzodel Podestà in stile gotico (al-l’interno la Galleria d’artemoderna Giannoni). Imma-giniamoci qui una delle scenemadri della Chimera: «Quan-do la “strega di Zardino” ap-parve in alto sulla Torre deiParatici, nella prima ora po-

meridiana di quel sabato 11settembre in cui morì, c’eragià in piazza Duomo una fol-la di sfaccendati che con ilcaldo e i discorsi avevano in-cominciato a eccitarsi, grida-vano: “Dateci la strega! Labruciamo noi!”»

13Il “cuore di pietra” di Novara: tra un vescovo e un architetto

Due immagini del Broletto di Novara.

La strega Antonia nella prigione del Broletto

«Antonia fu trasferita, il 21 agosto, nella Torre dei Paratici che eral’antica torre del Broletto, cioè del palazzo del Comune di Novara pri-ma che questo si riducesse ad essere com’è ora: soffocato dagli edi-fici che gli sono cresciuti addosso nel corso dei secoli, e senza torre.All’epoca della nostra storia, invece, il Broletto era un palazzo indi-pendente, attorno a cui correvano le strade; e la Torre dei Paratici,che s’alzava a sud, nella sua parte superiore era una prigione... ae-rea, di due stanze sovrapposte e raggiungibili per mezzo di una sca-la esterna, piuttosto ardimentosa. Speciali immagini devote, in quel-le due stanze, avevano il compito di redimere i detenuti. Al piano su-periore, destinato alle donne, era dipinto un Cristo Morto in braccioalla Madonna, mentre al piano di sotto, dov’erano tenuti prigionierigli uomini, c’era il patrono dei carcerati, san Leonardo: entrambi gliaffreschi, però, erano ricoperti di nomi, date, graffiti osceni, ed en-trambi si vedevano poco, perché non c’erano finestre in quelle duestanze, soltanto feritoie che d’inverno venivano chiuse con la paglia,e allora buonanotte! Si restava al buio. D’estate poi le feritoie si ria-privano, e ci si tornava a vedere: ma chi entrava ai Paratici, qualun-que fosse la stagione in cui ci arrivava, doveva attendere un po’ ditempo prima che i suoi occhi s’adattassero alla penombra; e così an-che successe ad Antonia».

(da La chimera)

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«Una sto-ria, unagrande

storia, d’una ragaz-za che visse fra il1590 e il 1610 e chesi chiama Antonia»è quella della Chi-mera. Dal Broletto,dove è incarcerata

prima del rogo (vedi a pagi-na 13), con un flash back lavediamo bambina sul carret-to dei genitori adottivi chel’hanno appena scelta all’or-fanotrofio ed escono dallacittà: «Passo dietro passo,costeggiando le mura, caval-lo e carro vennero a PortaSan Gaudenzio che si trova-va, all’incirca, dov’è oggi laBarriera Albertina (nella fo-to): un ingresso monumen-tale costruito nella primametà dell’Ottocento in ono-re di Carlo Alberto di Sa-voia, re di Sardegna e prin-cipe di Piemonte. Comesempre nei giorni di merca-to c’era un gran transito dicarri e Bartolo dovette at-tendere alcuni minuti primadi potersi immettere nellastrada principale, per cuiuna scritta sul muro dellacasa del dazio, sotto a unafreccia, spiegava: Va a Vercel-li, al Po, e poi a Tortona». Se-guiamo il carretto lungocorso Vercelli svoltando, or-mai fuori dalla città, a Ca-salgiate, dopo aver superatol’Agogna.Ci dirigiamo verso la casci-na Pregalbè e poi fino aGionzana, dove accanto allacascina Canta sorge in mez-zo alle risaie l’oratorio cam-pestre della Madonna delLatte, uno dei luoghi piùpopolari, fin dai tempi anti-

14 Nella pianura delle storie

I luoghi della Chimera:nelle risaie con la strega Antonia

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chi, legati alla fede dellagente della pianura novare-se: «un piccolo porticatoserviva, in caso di necessità,a offrire riparo al viaggiato-re che fosse stato sorpreso inquei paraggi dalla notte o daun acquazzone improvviso».La chiesetta merita una visi-ta almeno per gli splendidi

affreschi del XV secolo cherappresentano i santi, la Ma-donna col bambino e alcunescene della vita di Cristo, inparticolare nell’abside e nel-

l’arco trionfale (grazie all’at-tività artistica di TommasoCagnola, Daniele De Bosise altri pittori novaresi delQuattrocento).

15I luoghi della Chimera: nelle risaie con la strega Antonia

Sul carretto l’orfana Antonia scopre il mondo della Bassa

«Antonia aveva smesso di piangere: i ragazzi hanno questo vantaggio sugli adul-ti, che anche nei momenti di disperazione riescono a distrarsi. Se ne stava là, ran-nicchiata in mezzo ai sacchi, voltando le spalle a chi le parlava e guardava con gliocchi spalancati quel paesaggio che non aveva mai visto prima d’allora, con le Al-pi bianche nel blu del cielo, e, tra le Alpi, il macigno del Rosa. Uno scenario indi-menticabile; e lei,Antonia, era vissuta dieci anni a San Michele, dall’altra parte del-le mura di Novara, senza nemmeno sapere che esistevano quelle montagne da cuil’intera regione dove lei stessa era nata prendeva nome: Piemonte! Ben presto,però, altre cose attirarono l’attenzione dell’esposta, oltre al paesaggio. Quell’ag-glomerato di tettoie, di case, di recinti per il bestiame e di magazzini era il sobbor-go San Gaudenzio, risorto abusivamente a qualche centinaio di metri di distanza dalla porta omonima… eraanche il luogo dove le strade s’incrociavano e si riunivano: a sinistra, uscendo dal sobborgo, s’andava verso Ver-celli e verso il Po; a destra, s’andava verso Biandrate e verso i paesi della valle del Sesia. Era lì che sostavano iconvogli diretti in città, che si contrattavano le merci e che si trovavano i sensali di tutto: delle granaglie, dei ter-reni, dei matrimoni, dei famigli e degli schiavandaj... Lungo la strada, a ogni incrocio, c’erano edicole votivededicate alla Madonna, a Sant’Anna, a San Martino, a San Rocco, al Sacro Cuore di Gesù; sul bivio di Gionza-na, una cappella con annesso un piccolo porticato serviva, in caso di necessità, a offrire riparo al viaggiatore chefosse stato sorpreso in quei paraggi dalla notte o da un acquazzone improvviso. La volta interna del portico, cheun tempo doveva essere stata affrescata, era ormai tutta annerita dal fumo e così pure erano nere di fuligginealcune grosse pietre disposte per terra in modo da formare un rustico focolare. Mentre il carro dei Nidasio pas-sava lì davanti, si sentì venire dal villaggio nascosto tra i boschi un suono festoso di campane: era l’Angelus,che annuncia il mezzogiorno e la signora Francesca si segnò; Bartolo, che sonnecchiava o meditava, assorto inuno di quei pensieri profondi che il dondolio del carro e la monotonia di un tragitto fin troppo noto gli ispira-vano sempre, si riscosse, si raddrizzò; disse: “Ah! Va là!”, schioccando anche la frusta per incitare il cavallo adandare più in fretta. Attraversarono un boschetto di betulle e di querce e quando ne uscirono Antonia si accor-se che il paesaggio era cambiato, da terrestre che era stato fino a quel momento, d’un tratto s’era fatto acqua-tico. Era il paesaggio della risaia: una laguna abbagliante nel riverbero del sole, suddivisa in una serie innume-revole di scomparti a forma di quadrato, di triangolo, di trapezio, di rombo; un mosaico di specchi che però pre-sentava, qua e là, delle zone opache: dove l’acqua si fermava e imputridiva diventando palude».

(da La chimera)

Scorcio esterno e affrescointerno dell’oratoriocampestre della Madonnadel Latte a Gionzana.

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Ora si segue la stradasterrata che costeg-gia la roggia Biraga,

realizzata nel 1424 indiriz-zando lì le acque del fiumeSesia per far azionare le pa-le di vari mulini della zona edare acqua a cascine come laVisconta, che si lascia sullasinistra. Di fronte all’ingres-so della cascina Marangana,un tempo tanto grande daavere una scuola e una chie-sa (nell’adiacente canonicavive lo stesso Sebastiano

Vassalli), una fontanella sulciglio della strada fa sgorga-re acqua sulfurea termale.Dopo un tratto di stradaasfaltata, verso Ponzana, ilprimo sentiero a destra ci in-vita a passare dall’Oasi dellaPalude di Casalbeltrame e,prima di attraversare le casci-ne Bosco e Falasco, scorgere,nella stagione calda, quantovede la piccola Antonia: «unairone ritto in mezzo a unarisaia, un volo d’anatre, unaserpe che attraversava a nuo-to un rigagnolo o addiritturail martirio d’un santo (sanLorenzo) raffigurato in unapittura di un’edicola con lagraticola, i carnefici, gli An-geli in cielo...» Lo scrittorecommenta: «Anche agliadulti, assai spesso, capita divivere i grandi mutamentidell’esistenza – magari lun-gamente attesi, o presagiti, otemuti – in una sorta di as-senza, e di stupore, che nonlascia spazio alla concatena-

Sopra, la cascinaMarangana;sotto, scorcio presso l ’Oasidella Palude di Casalbeltrame.

16 Nella pianura delle storie

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17I luoghi della Chimera: nelle risaie con la strega Antonia

zione logica dei pensieri; inun vuoto di volontà: quasi inun sogno». La Palude è unariserva naturale al centro diterreni coltivati a riso: è unhabitat naturale frequentatoda uccelli migratori e da altrespecie palustri come tarabu-sino, sgarza ciuffetto, folaga egallinella d’acqua, che rag-giungono le vicine rive delSesia per riprodursi (per visi-te e birdwatching contattarel’Ente Parco Lame Sesia eRiserve: 0161 73112).Ci dirigiamo a Calsalbeltra-me, che ha un castello-ricet-to di fronte alla villa Braco-rens Savoiroux con giardinodominato da un monumen-tale Ginkgo biloba. Qui tro-va sede Materima, cittadelladella scultura con opere diPomodoro, Vangi, Messina ealtri artisti. Poco distante stail cascinale dei Nobili, doveha sede il Museo dell’attrez-zo agricolo ’L çivel, ricco dianimazioni.

Ora la direzione daprendere è Biandrate,borgo importante nelMedioevo perché feu-do dei potentissimiconti di Biandrate diorigine sassone, estesodal Sesia al Ticino e fi-no all ’Ossola e allevallate dei Walser. I contiospitarono il Barbarossa e perquesto la Lega Lombarda di-strusse il comune nel 1168.

Sopra, interno del Museodell’attrezzo agricolo a Casalbeltrame e un airone cinerino.

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Èda visita-re la par-rocchiale

di San Colom-bano con cicli diaffreschi e unGiudizio univer-sale datato 1444.Una stradina dicampagna con-duce da Bian-drate verso SanNazzaro Sesia,dove tappa d’ob-bligo è l’anticocomplesso del-l’Abbazia bene-

dettina dei Santi Nazario eCelso, tra le più significativedella pianura padana, fonda-ta nel 1040 dal vescovo Ri-prando e frequentata daipellegrini diretti a Roma.Sono caratteristiche le mu-rature degli edifici, in ciot-toli di fiume disposti a spinadi pesce e laterizio: un qua-

driportico in-vita a entrarenella chiesa(la facciata è acapanna, instile goticolombardo) enel chiostrolaterale deco-rato in cotto eaffrescato conle storie disan Benedet-to. Poco di-stante si trovaun esempio diantica ghiac-ciaia comuna-

le. In zona si segnala poi ilsantuario della Madonnadella Fontana. Un percorsociclabile contrassegnato daln. 8 (“Vie verdi”) conduceall’Ente Parco Lame del Se-sia e Riserve che tutela unterritorio contrassegnatodalle continue mutazionifluviali del fiume: le “lame”sono tipiche anse del fiume

che si trasformano in stagnitranquilli quando il fiume èin piena e sono ricche di avi-fauna con specie anche rareche nidificano, tra cui l’airo-ne bianco maggiore e cineri-no, il barbagianni e l’ibis sa-cro del Nilo.Tornando verso il paese sitransita dall’oratorio campe-stre di San Rocco e di lì siprende la direzione di Re-cetto, dove per prima cosa sivisita ciò che rimane dell’e-dificio che dà il nome alpaese, il ricetto dei signori diArborio del XII secolo.

18 Nella pianura delle storie

Giudizio Universale in San Colombano a Biandrate.Sotto, la facciatadell’antica Abbaziadi San Nazzaro Sesia,tra le più importantidella Pianura Padana,tappa dei pellegrinimedioevali verso Roma.

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Non distante, in prossimitàdell’autostrada, si trova l’o-ratorio della Madonna delleGrazie dietro cui sorgeva ilborgo di Zardino dove viveAntonia con la famigliaadottiva. Vassalli ricorda chenel Seicento «il mercato sifaceva sulla piazza dellachiesa, due volte al mese, ilprimo e il terzo lunedì; arri-

vavano gli ambulanti daNovara e dai paesi della val-le del Ticino: Trecate, Oleg-gio, Galliate ed esponevanole loro mercanzie di terre-cotte, di attrezzi per l’agri-coltura, di lettiere e d’altristrumenti per allevare i bi-gatti, di trappole per gli ani-mali selvatici e di reti per ipesci, di calzature, di tessu-ti». Su un dosso vicino, cheoggi si può immaginare a estdel cavalcavia dell’autostra-da, venne appiccato il rogo:«poi tutte le voci tacqueromentre il fumo incomincia-

va a diradarsi, tutti gliocchi si fissarono ol-tre il fumo, dove c’erala strega. Le fiammecrepitarono alte, lanotte diventò chiaracome il giorno, le lin-gue di fuoco si uniro-

no in un’unica vampata chesalì nel cielo non ancorabuio, altissima».

19I luoghi della Chimera: nelle risaie con la strega Antonia

Zardino, centro della Chimera

«L’automobilista che oggi si fermasse in prossimità del viadotto delfiume Sesia, sull’autostrada tra Torino e Milano, affacciandosi ver-so sinistra e verso sud potrebbe ancora vedere in mezzo ai boschialzarsi il fumo dei fuochi di Zardino, se Zardino esistesse: ma nonc’è. Nella primavera del 1600 Zardino invece esisteva, ed era an-zi del tutto inconsapevole di dover scomparire entro pochi anni:un piccolo borgo come tanti altri piccoli borghi della Bassa, col suopaesaggio di vigneti e di boschi verso le paludi e gli argini del fiu-me; di prati e di baragie (terreni incolti, brughiere) verso Biandra-te; di campi di granoturco, di grano e di risaie verso Cameriano everso Novara. Con le sue due collinette, dette dossi, formate daidepositi del Sesia…»

(da La chimera)

Resti medioevali della rocca di Recetto.A centro pagina:visione aerea del fiume Sesiacon le “lanche” tipiche.

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20 Nella pianura delle storie

Due immagini del luogo,presso Recetto, dove sorse Zardino,il villaggio vicino al fiume Sesiaabitato dalla giovaneAntonia protagonistadella Chimera,condannata al rogo nel 1610 con l’accusa di stregoneria.

Lasciando il luogo delrogo finale della Chi-mera, che commuove e

mette ancora i brividi, si se-gua fino al capoluogo il corsodel canale Cavour. È il se-condo canale italiano, volutodal conte Camillo Benso diCavour, che prende le acquedal Po a Chivasso e arriva alTicino nel comune di Gallia-te, costruito in soli tre annidopo l’Unità d’Italia. Lungouna delle piste ciclabili realiz-zate sulle alzaie del canale delconsorzio irriguo Est Sesia sifa ritorno a Novara; ad Ago-gnate il Cavour si interrompeper un breve tratto con neces-sario attraversamento ferro-viario incustodito, ma sonovarie le deviazioni possibili.

I soldi della spiumatura

«In quei giorni, l’Osteria della Lanterna di fronte alla chiesa diven-tava un locale animatissimo, un vero e proprio mercato nel merca-to per ogni genere di trafficanti, dal bacialè (sensale di matrimoni)al cavadenti, dal barbiere che tra una barba e l’altra s’occupava an-che d’affari di salute e di cuore, al venditore di grasso di marmot-ta per curare le artriti, al pénat: che era un eroe di queste contra-de della Bassa, l’individuo più odiato e più adulato dalle comari. Sulsuo conto, correvano voci incontrollabili che gli attribuivano vizi emalvagità tali da far impallidire la memoria di Erode, o di GiudaIscariota, o di Nerone; ma quando poi le comari lo incontravano perstrada, gli si appianavano tutte le rughe del viso e gli occhi gli bril-lavano di felicità. Era lui, il pénat, che gli comprava la spiumaturadelle oche pagandola al minor prezzo che riusciva a strappargli, mapagandola in contanti: e l’amore e l’odio che le comari provavanoper lui si può capire soltanto se si pensa che la vendita di quellepiume, per le donne della Bassa, era l’unico modo di guadagnaredel denaro, indipendentemente dai mariti; e che quelle berlingheche gli dava il pénat, per antica consuetudine le donne non le di-videvano con nessuno, erano soldi loro; il principio della loro auto-nomia economica, il primo passo dell’emancipazione femminile inquesta parte di pianura e di mondo».

(da La chimera)

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21I luoghi della Chimera: nelle risaie con la strega Antonia

Che la festa abbia inizio: il rogo della strega

«Il frate alzò il crocefisso sopra le ultime braci del tramonto, rivolgendolo verso Antonia. Le gridò: “lngi-nocchiati! Chiedigli perdono!” Lei rimase immobile per qualche istante, forse anche stordita da ciò che ave-va bevuto: poi fece l’atto di abbracciare il frate, che la respinse. Barcollò come ubriaca. Allora il boia le bendògli occhi con un fazzoletto nero e l’accompagnò sotto la scala del patibolo, dove c’era Bartolone. Tutta lascena ormai era perfettamente illuminata e visibile a distanza perché i cavalieri di San Giovanni Decollato,disposti tutt’attorno, facevano luce con le loro torce. Bartolone afferrò Antonia per le ascelle, la tirò su co-me se fosse stata senza peso, la legò al palo: per le braccia, per le caviglie, perfino per la vita. Diede fuo-co alla legna, tornò giù. Proprio in quel momento la processione stava arrivando ai piedi del dosso, la ri-sposta della folla a don Teresio sembrava un vento di tempesta: “Ora pro nobis”… Ci fu un gran fumo epoi tutte le voci tacquero mentre il fumo incominciava a diradarsi, tutti gli occhi si fissarono oltre il fumo,dove c’era la strega. Le fiamme crepitarono alte, la notte diventò chiara come il giorno, le lingue di fuocosi unirono in un’unica vampata che salì nel cielo non ancora buio, altissima: addirittura più alta – disseropoi gli abitanti di Zardino e dei paesi attorno – di quell’albera che era vissuta mille anni su quel dosso, eche ormai non c’era più. Si videro i capelli della strega che svanivano nella luce e la sua bocca che s’apri-va in un grido senza suono. La veste rossa si dissolse, il corpo si scurì e si raggrinzì, gli occhi diventaronobianchi, Antonia non fu più. Esplose il giubilo della folla: i tamburi, le raganelle, le trombe, le collane di ba-rattoli quasi non si sentivano, sopraffatti com’erano dal frastuono di migliaia di voci che gridavano la gioiairripetibile di quel momento e di quell’ora: “Evviva! Evviva!” Esplosero i fuochi d’artificio: da Borgo Vercel-li a Biandrate e ancora più su, per almeno dieci miglia lungo il corso del Sesia questa sponda del fiume, laripa milanese, s’illuminò di cascate, di razzi, di girandole, di artifici di luci e di colori che si riverberarono sul-le acque e sui borghi della bassa; che si videro dal Monferrato, e dal Biellese, e dalla ripa del Ticino. Allora,finalmente, incominciò la festa».

(da La chimera)

Tramonto sul canaleCavour, via del ritornoda Recetto-Zardino,dove resta la memorialetteraria del rogo finaledella Chimera (sotto, una stampa anticadi strega bruciata viva).

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Nel Seicento dellaChimera, durantel’occupazione spa-

gnola del Novarese, a con-trollare e proteggere le pro-prietà locali ci sono molti ca-stelli, piccoli e grandi. Daquello del capoluogo, conampio fossato, usciamo dallacittà, ricordando che «le po-che fonti storiche che ci par-lano di Novara nel Seicentoci descrivono la città comeun luogo assediato dai mia-smi, dove gli abitanti della

pianura circostante, se pote-vano permetterselo, veniva-no di tanto in tanto a “rom-pere l’aria”: cioè, nel linguag-gio dell’epoca, a respirareuna boccata d’aria pulita».Ci dirigiamo, lungo corsoRisorgimento o strade paral-lele come via delle Rosette,verso Vignale, che aggiriamoa ovest seguendo per un trat-to la roggia Mora e, dopol’antica cascina Avogadro, isentieri tra coltivazioni di ri-so e mais. Dopo la cascinaIsarno, testimoniata già nel840, con un grazioso oratorioromanico in mezzo ai campidedicato ai Santi Cosma eDamiano, ci immettiamonella strada che porta al lagod’Orta e all’Ossola (la roma-na Via Settimia); sulla sini-stra della provinciale notia-mo frammenti di muri di unacquedotto romano prima diarrivare a Caltignaga, checonserva i resti di un castelloa pianta quadrata. Trasfor-mato nei secoli in residenzadi campagna, mantiene peròi mattoni a vista secondo latipica tradizione costruttivadelle fortificazioni di pianu-ra. Sopra l’arco della porta diingresso uno stemma gentili-zio, secentesco, rappresenta ilmatrimonio di un Caccia conuna gentildonna. Nel cimite-ro esterno del paese si veda ilbell’oratorio di San Salvato-

22 Nella pianura delle storie

Tra i castelli con il briganteCaccetta: memorie manzoniane

La cascina Isarno appenafuori la frazione di Vignale con l’oratorioromanico dedicato ai Santi Cosma e Damiano immerso nelle risaie.Sotto, le mura di acquedotto romano che si scorgono dalla strada prima di Caltignaga.

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re dell’XI secolo. Con la pos-sibilità di fare una deviazionefino a Momo (per ammiraregli affreschi con oltre 300immagini che impreziosisco-no l’interno della chiesa del-la Ss. Trinità, tappa di risto-ro per i pellegrinisulla via Francige-na), l’itinerario pro-segue verso ovest.Fuori Caltignaga ol-trepassiamo l’Ago-gna e dobbiamo im-maginare di esserenell’estate afosa del1610 quando, «nellecampagne inariditedal caldo e rese ina-bitabili dalle zanzare», simoltiplicano le processioniper far piovere e si verificanoalcune visioni. Una di queste,narrate nella Chimera, avvie-ne a Morghengo, sede di unarocca molto rimaneggiata: asettembre «una giovinettaandando “in baragia a farespine”, cioè raccogliere roviper recintare l’orto e i terreniseminati, incontrò un giova-ne a cavallo con una luce in-torno al capo: costui s’intrat-tenne benevolmente con lei esvelò d’essere san Martinoritornato sulla terra per alle-

viare le tribolazionidel genere umano».Siamo in un terri-torio che è moltocambiato nei secoli,come segnala Vas-salli: «la pianura,

tanto per cominciare, era on-dulata, come sono tutte lepianure del mondo; le acquedei fontanili correvano se-guendo la conformazione delterreno, e qua e là formavanopaludi e piccoli laghi».

23Tra i castelli con il brigante Caccetta: memorie manzoniane

Gli antichi boschi dell’Agogna

«Oltre i boschi della valletta dell’Agogna, «ombrosa d’alberi fitti» co-me ebbe a scrivere in latino un poeta della Bassa, il Merula, la cam-pagna che oggi appare piatta come un tavolo da bigliardo era allo-ra ondulata e colorata con tinte a tratti vivacissime, dal giallo acce-cante del ravizzone al blu celeste del lino, passando per tutte le va-rietà di verde: verde smeraldo della segale, verde luminoso del gra-no, verde azzurro dell’avena, verde tenero delle fave e dell’erba... Piùavanti invece, dove la terra ancora non era stata mossa dall’aratro,erano i fiorellini del marrubio, che è una pianticella selvatica, a rav-

vivare la tavolozza primaverile formandograndi macchie irregolari d’un colore violet-to che s’accendeva per contrasto attorno algiallo sulfureo dei taràssachi o alle chiazzedorate dei ranuncoli; mentre già i primi irissi specchiavano nelle pozzanghere e le de-licate infiorescenze dei salici sembravanorabbrividire, sopra i fossi, non appena unabrezza leggera arrivava a sfiorarle».

(da La chimera)

Sopra, affresco della Natività nella chiesa della Ss.Trinità di Momo;a lato, resti del castello di Morghengo.Sotto, il corso dell’Agognatra i boschetti della piananovarese.

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Nella «Terra d’ac-que» del Nova-rese (dove le ac-

que sono varie: fiumi, la-ghi, fontanili, canali, ri-saie…) incontriamo dinuovo la roggia Mora, ilcui nome deriva da Lu-dovico il Moro. In loca-

lità San Bernardino ini-ziamo a costeggiarla finoa Proh: accanto al cimi-tero un ponte medievale,o forse più antico, aschiena d’asino, dove ve-niva esercitata la riscos-sione delle gabelle, con-duce idealmente alla roc-chetta voluta dagli Sforzae poi abitata dai Caccia.Sono loro i signori che ciaccompagnano fino alcentro di Briona, che faparte dell’associazione“Città del vino” (con due

vie possibili: lungo la provin-ciale asfaltata oppure il piùsuggestivo sentiero tra i vi-gneti, in leggera salita): qui ilbel castello domina la cam-pagna da una collinetta allu-vionale formata da depositidel torrente Strona. Fondatodai conti di Biandrate come

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Le trasformazioni del paesaggio

«Guardando il paesaggio che vedo dalla finestra del mio studio, a volte cerco di immaginare come fosse lacampagna novarese prima della coltivazione del riso. Anche i paesaggi hanno le loro storie, e la storia diquesto a cui noi siamo abituati e che vediamo ogni giorno è una storia lunga e complicata, perché la re-gione in cui viviamo è una delle più modificate dall’opera dell’uomo che esistano. Ancora cinque o sei se-coli fa, che per noi sono molti ma che nella storia del pianeta sono un battere di ciglia, la campagna no-varese era completamente diversa da com’è adesso. La pianura, tanto per cominciare, era ondulata, comesono tutte le pianure del mondo; le acque dei fontanili correvano seguendo la conformazione del terreno,e qua e là formavano paludi e piccoli laghi. C’erano grandi foreste, di alberi che ormai, tra le risaie, sonoquasi scomparsi. C’erano anche molti prati, che producevano il foraggio per allevare il bestiame. I campierano piccoli, e vi si coltivava la vite, il grano, i fagioli. Le case dei villaggi, piùche di mattoni, erano fatte di quei ciottoli che oggi vengono chiamati, sbri-gativamente, “ciottoli di fiume”. In realtà, erano gli stessi sassi che i contadi-ni avevano dovuto tirare fuori dal terreno, si può immaginare con quanta fa-tica, per renderlo coltivabile. C’erano molti pesci nell’acqua e molta selvaggi-na nei boschi, per la gioia dei feudatari che potevano cacciarla apertamente,e dei contadini che la cacciavano di notte e di frodo. La coltivazione del risoè passata come un rullo compressore sopra quel paesaggio, cancellandolo espianandolo».

(da Terra d’acque)

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postazione all’imbocco dellaValsesia, fu dei Visconti e de-gli Sforza per essere poi deiTornielli e quindi abitato daGiovan Battista Caccia, det-to il Caccetta, personaggioviolento, attivista antispa-gnolo, giustiziato a Milanonel 1609. È stato riportato inauge dalla letteratura nellepagine della Chimera in cuiSebastiano Vassalli trova pa-ralleli con il don Rodrigo deiPromessi sposi di Manzoni,scoprendo anche la figura diun don Abbondio locale.Vassalli ricorda anche storiedi paesi vicini, che segnalia-mo come possibili deviazioni:Sillavengo, feudo dei Caccia

dove si può visitare l’oratoriodi Santa Maria Nova (qui«una vedova vide la Madon-na, sorridente sopra il pozzodov’era andata per attingerel’acqua e da lei ricevette lapromessa d’essere guaritad’un suo male d’ossa») eGhemme. In questa capitalenovarese del vino, dove siproduce la docg che prende lostesso nome, segnaliamo unsuggestivo castello-ricetto, lachiesa dell’Assunta in piazzaAntonelli (l’architetto è natoqui) con lo scurolo della Bea-ta Panacea. All’ascolto del«racconto della Beata Pana-cea, Antonia quasi senza ac-corgersene si lasciò prendere

25Tra i castelli con il brigante Caccetta: memorie manzoniane

Nella pagina di fianco:sopra, il castello di Proh,sotto, l’antichissimo pontea dorso d’asino, nellevicinanze, che attraversala roggia Mora.In questa pagina: in alto,il castello di Briona; quisopra, l’oratorio di SantaMaria Nova di Sillavengo;sotto, una visione dai campi intorno.

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e trasportare dal flusso e dal-la musicalità di quella voce; elo stesso accadde anche allamaggior parte delle personeche erano in chiesa e che del-la predica del vescovo capiro-no soltanto alcune parole ealcune frasi, o addiritturanon capirono niente: e ciò,per il semplice motivo che ilvescovo predicava in lingua,mentre i contadini parlavanoin dialetto. La storia dellaBeata Panacea – che Ba-scapè, in quei giorni, andavaraccontando ai contadini del-la Bassa – è la storia di una di-sgraziata pastorella nata nel1368 in un villaggio della col-lina novarese, e morta in te-nera età… venne uccisa aquindici anni dalla sua matri-gna, infuriata con lei perchénon faceva nient’altro chepregare: non aveva il morosocome le sue coetanee, nonbadava al gregge e alla casa,non filava. Non faceva nien-te. Pregava dalla mattina allasera e la matrigna la bastona-va finché lei morì».

26 Nella pianura delle storie

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Riprendiamo l’itinerario e, daBriona, andiamo in un’altrarocca dei Caccia, a Castellaz-zo Novarese, con una torremerlata. A Mandello Vitta,altra sede fortificata, vi è lachiesa di San Lorenzo, moltorimaneggiata ma con l’origi-naria struttura tardoromanicae parte di muratura esternarealizzata in ciottoli di fiumedisposti a spina di pesce, in-tervallati da corsi di mattone

(nella navata sinistra, sul fon-do, si scorgono parte diun’Annunciazione, lo stem-ma della famiglia feudaleCaccia, una Madonna con ilBambino e particolari di san-ti). Un altro castello, con roc-chetta, è a Vicolungo, nelcentro dell’abitato, adiacenteall’antica parrocchiale di SanGiorgio: si sviluppa con gliannessi corpi di fabbrica e ledue corti lungo un asse nord-

27Tra i castelli con il brigante Caccetta: memorie manzoniane

Nella pagina a fianco:la torre di MandelloVitta, la rocca di Castellazzo Novarese e, sotto, il castello di Vicolungo.

Il Caccetta, il don Rodrigo della Bassa

«Entrambi i protagonisti di quella storia appartengono alla miglioresocietà novarese dell’epoca. Giovan Battista Caccia, nato il 22 luglio1571 nel castello di Briona ai piedi delle Alpi, incontra non poche dif-ficoltà quando cerca di ripristinare i suoi privilegi feudali, nei confrontidei singoli e della comunità locale. In più, deve sopportare il peso el’umiliazione di un aspetto fisico miserello, tale da giustificare quel no-mignolo di “Caccetta” che i contemporanei gli hanno affibbiato eche, in mancanza di altri ritratti, ci serve da ritratto. Lo scontro tra Gio-van Battista Caccia e Agostino Canobio [nella foto] avviene nella Lom-bardia governata (si fa per dire) dagli spagnoli, in un contesto socia-le e umano assolutamente simile a quello descritto da Manzoni neiPromessi sposi… A vent’anni, sposa la nobile novarese Antonia Tor-nielli, che gli dà un figlio: Gregorio. Siamo nell’ultimo scorcio del se-colo XVI. Agostino Canobio, che in quel momento è il giovane più ric-co e il miglior partito di Novara, si mostra in società in compagnia diuna donna il cui nome, negli atti del processo, risulta essere «Mar-gherita Casata vidua». Era bella? Probabilmente sì; e probabilmente, oltre alla bellezza che è un fatto ab-bastanza comune, aveva quel qualcosa di più raro che noi chiamiamo sensualità, perché il Caccetta ne ri-mane folgorato. Il suo primo pensiero, quando la vede in compagnia del Canobio, è: «Questo matrimonionon s’ha da fare», o qualcosa del genere. La prima vittima della passione improvvisa di Giovan Battista Cac-cia per Margherita Casati è la nobildonna Antonia Caccia nata Tornielli, che muore da un giorno all’altrosenza malattie. A Novara, si parla di certe focacce avvelenate che le sarebbero state servite per pranzo; manessuno sporge denuncia e la cosa finisce lì. Chi invece si rivolge al tribunale per chiedere di essere protet-to è il canonico Serafino de’ Conti, che doveva celebrare il matrimonio tra Agostino Canobio e MargheritaCasati e non lo ha celebrato perché è stato minacciato di morte da un certo Tomaso Crabbia, uomo del Cac-cetta. Poi c’è l’ammazzamento di un amico del Canobio, Sebastiano Cattaneo, ad opera di alcuni scheranidi Giovan Battista Caccia che si rifugiano nel convento dei Cappuccini a Novara. Infine, viene assassinato aMilano il nobiluomo Ottavio Canobio, zio di Agostino. Siamo nel 1600. Il Caccetta, condannato a morte perquest’ultimo omicidio, si libera della condanna consegnando alla giustizia due teste di banditi, come gli per-mettono di fare le leggi dell’epoca; e, per essere più sicuro, si trasferisce… Poi muore Agostino Canobio, nel-l’aprile del 1602, senza essere riuscito a sposarsi; e poi il Caccetta viene tradito dai suoi amici piemontesi,il duca di Savoia e il conte di Gattinara, che se ne liberano consegnandolo agli spagnoli. Verrà decapitato incorso di Porta Tosa, a Milano, nel settembre del 1609».

(da Terra d’acque)

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sud, dal 1687 di proprietàdell’Ospedale della Carità diNovara. Sono ancora benconservate alcune parti dellarocca, come il torrione qua-drato sull’angolo sud-est e le

finestre a sesto acuto in corri-spondenza dei vari piani. Inpaese si segnalano anche lechiesa di Santa Maria delleGrazie (dei Palazzi) e, neipressi del cimitero, di San

28 Nella pianura delle storie

Sopra, archetti sull’absideesterno della chiesa di San Martino a Vicolungo;a destra, ingresso della tenuta Torre di Gargarengo.Sotto, una forma di formaggio gorgonzola.

Il gorgonzola, con la muffa ma il re dei formaggi

«La gastronomia novarese non ha grandi tradizioni, per lo meno in epoca recen-te. La monocultura del riso, così come ha impoverito il paesaggio, ha impoverito anche la cucina locale, che al-l’epoca delle foreste e dei castelli dovette avere la sua base, per i signori, nelle carni degli animali domestici eselvatici, e per i poveri, in molte specie di legumi e di verdure, anche spontanee, che oggi non si usano più (eforse non si troverebbero nemmeno). Le specialità della gastronomia novarese, oggi, sono essenzialmente tre:la “paniscia”, il “salam d’la duja” e il gorgonzola. La “paniscia”è un risotto cucinato con i fagioli e con le co-tiche del maiale; nata probabilmente nel XVI secolo, è stata a lungo il pranzo domenicale (piatto unico) dei con-tadini e delle persone meno abbienti. Il “salam d’la duja” (salame del doglio o orcio di terracotta) è un salameconservato sotto grasso o sott’olio, perché il clima umido della pianura è poco adatto ad altri tipi di conserva-zione. Il gorgonzola, infine, è il “formaggio con la muffa” che tutti conoscono e che è originario delle Prealpi edella pianura milanese. Da più di un secolo, però, la maggior parte della produzione di questo formaggio si fadi qua dal Ticino. Chiedersi chi ha inventato il gorgonzola è un po’ come chiedersi chi, e quando, ha inventatola pizza. Sono cibi nati per caso. La pizza è nata quando qualcuno ha cercato di insaporire il pane con degliavanzi di pomodoro e di pesce, e il gorgonzola è nato quando ci si è accorti che un certo tipo di formaggiobianco, fatto dai pastori lombardi, era più buono ammuffito che sano. Quando è stata fatta questa scoperta?Chissà! Per gioco, io ho voluto far risalire l’origine del gorgonzola ai tempi di sant’Ambrogio, vescovo di Mila-no e dell’imperatore Teodosio; e l’ho fatto nascere da un miracolo. I personaggi della mia leggenda sono il Dia-volo, il buon Dio e un eremita di nome Concordio: che, per non morire di fame, teneva in un angolo della suagrotta un pezzo di formaggio bianco locale… Re dei formaggi il gorgonzola? Sissignore! Quando si parla digorgonzola, bisogna volare alto».

(da Terra d’acque)

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Martino riccamente affresca-ta. Verso la roggia Busca sta labella tenuta Torre di Garga-rengo fiancheggiata da unlungo filare di pioppi cipres-sini, con chiesa settecentesca,piccolo cimitero, ghiacciaiacon pareti e volta in mattoni,ruota del mulino con partedegli antichi ingranaggi e ciòche resta di una pila del risoin granito.Fuori dall’abitato si incontra-no i Palazzi, forse di origineromana, ai margini dell’anti-ca strada Biandrina.Da lì si passa (prima del ri-torno a Novara lungo il cana-le Cavour secondo le indica-zioni del precedente itinera-rio), per andare a Recetto, ilcentro del romanzo La chime-ra con il borgo di Zardinooggi distrutto (si vedano leindicazioni alle pagine 19-20): «il lavatoio, cioè il puntodove le acque della Crosaerano più profonde e più lim-pide, si trovava proprio difianco alla strada per Novara,tra il villaggio e il mulino “deitre Re”; di lì, a ogni ora delgiorno e soprattutto alla mat-tina, passavano carri e carret-

ti, muli e asini e cavalli dicontadini che portavano i lo-ro grani al mulino, per maci-narli: melga e melghetto (gra-noturco e grano saraceno), se-gale e perfino alcuni legumi,come i ceci, dovevano essereridotti in farina per farne ci-bo per gli uomini e mangimeper gli animali, ma sempre inpiccole quantità; la farinanon si conserva, i grani sì».

29Tra i castelli con il brigante Caccetta: memorie manzoniane

Il canale Cavour (nelle fotografie qui sotto)offre sentieri ciclabili che attraversano l’interapianura novarese.

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«La domenica e igiorni di festa sipartiva all’alba,

in bicicletta perché quelloera il mezzo di locomozionedegli anni che precedetteroil “miracolo economico”, e siritornava quando già erabuio, ubriachi di immagini efelici. C’erano ancora i cer-catori d’oro, sul Ticino; c’e-rano gli ultimi pescatori dimestiere» ricorda Sebastia-no Vassalli accompagnando-ci nelle sue pagine verso il“fiume azzurro”. Lungo unadelle “Vie verdi” che seguo-no il canale Cavour, appenafuori Novara, a Vignale oappena dopo Veveri, ci diri-giamo verso est a Cameri,

che nel 1909 vide costruirenella baraggia a nord dell’a-bitato un importante campod’aviazione. Tra le chiese se-gnaliamo l’oratorio di SanGiuseppe con affreschi diPeracino e il piccolo oratorio

30 Nella pianura delle storie

Sotto, un tratto del canale Cavour.Al centro e in alto nella pagina a fianco,due immagini della villaPicchetta a Cameri.

Lungo il Ticino, fiume azzurrodei cercatori d’oro

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di San Rocco. Si entra nelParco Naturale del Ticinoraggiungendo villa Picchetta,complesso del XVI secolo: unsentiero pedonabile e ciclabi-le, che passa dietro l’edificio,conduce al Bosco Vedro, en-tro cui scorre il Ticino, chenasce dal lago Maggiore. Unabreve discesa sulla stradaasfaltata conduce alla Quer-cia, sede di ristoro con picco-

31Il fiume azzurro dei cercatori d’oro

Sotto, il fiume Ticino.

Le estati all’Osteria del Genio sul fiume

«All’“Osteria del Genio con Locanda” ci arrivai all’inizio dell’estate dell’ormai lontano 1956; avevo quasiquindici anni, una valigia di cartone ed ero molto orgoglioso di affrontare il mondo, per la prima volta, dasolo. Ero convinto d’esser bello. Avevo orecchie prominenti del tipo “a sventola”, capelli corti e rasati sul-la nuca fino alla punta dell’occipite, calzoni a tubo strettissimi che tutt’a un tratto finivano, qualche centi-metro più su delle caviglie. Aumentavo di peso e di statura di giorno in giorno, a vista d’occhio; fiorivo inviso di foruncoli, ero una tempesta di ormoni dentro un corpaccio sgraziato. Avevo mani grandi come zap-pe che non riuscivo a nascondere da nessuna parte e piedi enormi, che occhieggiavano attraverso certi scar-pacciuoli di felpa comperati per strada, ad una bancarella. Indossavo un impermeabile violaceo – colore al-lora di moda… Così equipaggiato scesi alla stazione ferroviaria di O. e camminai per chilometri, raggiun-si il fiume… Vidi i boschi a perdita d’occhio nella valle e l’ampio greto del fiume, i mucchi bianchi di pie-tre della cava come ossa d’un animale preistorico che fosse andato a morire laggiù, tra le acque e i boschi;vidi l’edificio dell’“Osteria del Genio con Locanda”, le casupole che l’attorniavano e il ponte detto “del-l’autostrada” che chiudeva il paesaggio verso valle. (L’autostrada, all’epoca, era una strada asfaltata comesono oggi le strade provinciali e la sua unica singolarità consisteva nel fatto che non potevano transitarcii carri agricoli, le biciclette, i pedoni). E tutt’a un tratto, mentre guardavo quel paesaggio, gli occhi mi siriempirono di lacrime: che avevo fatto di male – mi chiesi tra i singhiozzi – per finire in un posto come quel-lo, fuori dal mondo?»

(da L’oro del mondo)

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la spiaggia estiva; una viabianca suggestiva prosegue anord e con Vassalli notiamoancora «i mucchi di sassibianchi lungo le rive» e pos-siamo ricordare «gli uominisui barconi in ferro ritti inmezzo alla corrente che fa-cevano forza con i pali, inuna posizione non molto di-versa da quella dei gondolie-ri a Venezia. L’avventura, al-lora, era ancora dietro l’an-golo. Il Ticino era il grandefiume Terek dove lo zio Je-roska andava a caccia di cer-vi e di fagiani, e anche untorrente casalingo comel’Agogna poteva diventare ilfavoloso Black River bruli-cante di trote, sospeso daqualche parte tra le monta-gne che sovrastano il lagoSuperiore».Il greto del fiume, prevalen-temente ghiaioso, è costitui-to da materiali provenientidall’erosione glaciale, che lavorticosità delle acque, in oc-casione delle piene, continuaa spostare a valle. Si tratta diciottoli, sabbie, quarziti, mi-

32 Nella pianura delle storie

Conobbi pian piano la vita del fiume

«Conobbi pian piano la vita del fiume. (Allora, i fiumi eran vivi). C’e-rano i barcaioli con i loro barconi in ferro che raccoglievano pietrebianche e le portavano a Pavia dove gli venivano pagate – così, al-meno, diceva lo zio Alvaro “quattromila lire al quintale”. C’erano icosiddetti bracconieri che venivano al “Genio con Locanda” unavolta alla settimana, il martedì: con calma, mettevan giù certe retilunghissime denominate “tramagli”, le ritiravano piene d’alborellee d’altri piccoli pesci, le ripulivano, se ne andavano. C’erano le guar-die, implacabili nella consumazione mattutina dei “grappini” e de-gli “anicini”; terribili, quando giocavano tra di loro a “scopa” o a“briscola chiamata”. Perlustravano anche le due rive del fiume: lestrade di accesso, gli argini, gli acquitrini. Cercavano i bracconieri,che naturalmente non c’erano (per tutto il tempo che io rimasi sulfiume, le guardie e i bracconieri non si incontrarono mai). Alla fine,s’accontentavano d’infierire su gente innocua: quello che s’era ap-partato in un angolo di bosco per provvedere alle sue necessità cor-porali; quello che al fiume ci veniva per fare il bagno, d’estate; quel-lo che s’aggirava per i boschi cercando funghi, in autunno».

(da L’oro del mondo)

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nerali vari, tra cui anche pa-gliuzze d’oro. La professionedei raccoglitori di sassi bian-chi, un tempo raccolti per es-sere inviati alle vetrerie diMurano o dei laboratori diceramica di Laveno, è ormaisparita, come quella dei cer-catori d’oro (è stato calcola-to che il fiume trasporta ognigiorno pagliuzze d’oro perun valore tra i 5 e i 10 000euro). Prima dei cercatori delsecolo scorso narrati in L’orodel mondo, in epoca romana,come scrive Plinio il Vec-chio, 30 000 schiavi veniva-no impiegati nell’estrazionedell’oro.Nel Bosco Vedro sono pre-senti numerose piante comeontano nero, betulla, carpinobianco, castagno, orniello,pioppo, pino silvestre, cilie-gio tardivo, pioppo tremolo,cerro, roverello, farnia, salice,robinia (questa, pur essendouna pianta molto invadente,fornisce un ottimo combu-stibile per il riscaldamento egioca un ruolo fondamenta-

le per l’apicoltura, che trae,dalla sua abbondante fioritu-ra, un ottimo miele). I boschidel Ticino sono anche ricchidi funghi. Si giunge così alMulino Vecchio di Bellinza-go, ricostruito nell ’anno1718 sulla roggia Molinara,oggi Centro regionale dieducazione ambientale.Tornando a sud si ripercorrel’itinerario percorso in prece-denza e si arriva a Galliate.Restando nel Parco Naturaledella Valle del Ticino, supe-rata la località Dogana si ar-

33Il fiume azzurro dei cercatori d’oro

L’oro di uno sguardo in riva al fiume

«Nella memoria e nel sogno tutto deve restare inalterato e la Fernanda soprattutto; perché è lei la reginadel mio sogno. Mi sembrò bella, e lo era; ma non al modo in cui, di solito, si dice di una donna che “è bel-la”. Era troppo acerba, per questo: con lunghe braccia sottili da bambina, e forme appena accennate. Ave-va i capelli raccolti in una treccia color ebano, la pelle scura come quella degli zingari, le labbra carnose egli occhi neri. A quell’epoca, io ancora non capivo cosa ci fosse al fondo dei suoi occhi, quel misterioso ba-gliore che s’accendeva nel suo sguardo finché compresi: era... oro! Era lo stesso pulviscolo che si deposi-tava sul fondo della ciotola di ferro, laggiù sul fiume, d’estate; il sole già era sceso sotto l’orizzonte e lo zioAlvaro era un’ombra che si spostava pian piano contro la striscia luminosa del cielo, che mi chiamava: “Se-bastiano!” Mi avvicinavo. Spalla a spalla, ci piegavamo sulla ciotola: stavamo a lungo lì curvi sul nostropiccolo tesoro, assorti in quel firmamento di luccichii e di brillii che si muoveva lontanissimo tra le sue ma-ni, palpitando di vita propria, brillando di luce propria. Laggiù, nel cuore della tenebra...»

(da L’oro del mondo)

Gallate: sopra, castello con fossato e interno del santuario del Varallino; sotto,località Sette Fontane.Nella pagina a fianco,Mulino Vecchio di Bellinzago.

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riva a Villa Fortuna, comples-so di probabili origini cinque-centesche che sorge sulla pri-ma balza del fiume e si affac-

cia sulla vallata sottostante esul Naviglio Langosco. Non èlontano il bel sito di SetteFontane, da cui si imbocca la

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Pescatori lungo le rive del Ticino(nella fotografia sopra,anch’essa di Carlo Pessina,un piatto usato un tempodai cercatori d’oro sul fiume).Sotto, lanche del Ticinopresso Cameri.

I cercatori d’oro

«Questa dei cercatori d’oro sul Ticino è una pagina di cultura locale poco co-nosciuta e poco documentata, comunque non del tutto scomparsa. Alla finedegli anni settanta i giornali locali riportarono la notizia che sul Ticino c’eraancora un cercatore d’oro professionista; ricordo di avere letto che operavacon tecniche particolari che naturalmente non aveva voluto dichiarare. E an-che dei vecchi cercatori d’oro, di quelli che furono attivi fino alla fine deglianni cinquanta, qualcuno è senz’altro in vita (ce n’erano di giovani che an-darono a lavorare in fabbrica appena fu data loro questa possibilità). Docu-menti attestano che in passato il lavaggio delle sabbie aurifere (del Ticino, maanche della Sesia) era regolamentato da particolari concessioni dei “signori”e delle autorità locali, come la pesca».

(da Il mio Piemonte)

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strada a ovest verso il santua-rio del Varallino, nome concui è nota la chiesa di SanPietro in Vulpiate per la so-miglianza con il celebre SacroMonte di Varallo Sesia (qui èritenuta miracolosa l’immagi-ne della Vergine nell’atto diporgere al Bambino una pe-ra). Attraversando il centro diGalliate, si può visitare il ca-stello visconteo-sforzesco,ben ristrutturato, che ospita labiblioteca, l’aula del consigliocomunale e una sezione per-manente dedicata ad AchilleVarzi e il museo Angelo Boz-

zola nella torre nord-est.Quindi si esce dalla cittadinalungo via Buonarroti, che co-steggiando l’autostrada portaa una rotonda in zona SanRocco a Novara.

35Il fiume azzurro dei cercatori d’oro

L’ambulante del Ticino

«Cico (Francesco) Trombetti era un ambulante. Arrivava al fiume, al “Genio con Locanda”, tutti gli anni al-l’inizio della primavera su un’automobile Aprilia carica in modo inverosimile di quell’“articolo” o merce chelui appunto trattava in quel periodo e che avrebbe continuato a vendere fino ad esaurimento delle scorte,dovunque andasse. Aveva un altoparlante piazzato sopra l’automobile e gridava a tutta forza venendo giùper la discesa: “Due per uno!” (Che era sia il nome della ditta che la sua formula per vendere). E anche:“Popolo bue! Paghi uno, compri due!” Un anno furono scope, strofinacci e grembiuli da cucina, e si ven-dettero. Un altr’anno furono mantelle e stivalacci di gomma, scomodi e orrendi. Cico ne calzò tutta la val-le del fiume, dal lago fino alla confluenza nel Po: io stesso ne acquistai due paia e fui costretto poi a usar-li, con non poche sofferenze e vesciche. Un anno, infine, memorabile (forse il ‘58 oppure il ‘59, chissà: lamemoria comincia a affievolirsi), Cico piombò tra di noi con una partita di pentole a pressione “in ante-prima mondiale”: e fu un successo senza precedenti, un vero e proprio trionfo».

(da L’oro del mondo)

Due altre immaginidel fiume Ticino.

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IntroductionFollowing the success of theliterary cycling itinerary Inthe Land of the Herons, onthe trail of the stories byDante Graziosi, this timewe have Novara’s greatestauthor, Sebastiano Vassalli,whose fame came thanks toChimera, a 1990 best seller.This novel revolves aroundAntonia, a young orphan ac-cused of witchcraft, andtakes us from Novara to theSesia river. While L’oro delmondo (The Gold of theWorld) takes us along theTicino, Cuore di Pietra(Heart of Stone) revolvesaround Casa Bossi, whilethe other books such as Ter-ra d’acque (The Land of Wa-ter) and Il mio Piemonte (MyPiedmont) contain other sto-ries and curiosities.Our hope is that this literaryguide will help our Novaraplain become an open book.

MARIA ROSA FAGNONI

President ATL Province of Novara

«I had an old bicycle and Iused that to get around onthe dusty white roads of theNovara countryside as well ason paved roads. At the time,they were still called “vehicu-lar” and were travelled by thecars of that period, ratherrare...», Sebastiano Vassallirecalls in his autobiographicalbook Un nulla pieno di storie(A nothing full of stories). Thistime traveller and seeker ofstories has set many of hisunforgettable books in theplaces where he biked in hisyouth, and today he is help-ing us to rediscover Novaraand its plain at the foot ofMount Rosa. He writes: «Mygrain – that grain of happi-ness that every man carrieswith him into the worldwhen he is born – was buriedin this valley where I live, be-tween the Ticino and theSesia. I still haven’t found it,but I keep on searching forit». And we search with him.

ROBERTO CICALA

Novara Centre for Literary Studies

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ABSTRACTS

The plain of Vassalli’s storiesLiterary itineraries in the land of water described by the author of The Chimera

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37Itineraries in the land of water described by the author of The Chimera

Looking at this landscape I understood...

From the windows of this house you look out on nothingness. Especially in winter, when the mountains van-ish, the sky and the plains merge into one great blur, the motorway no longer exists, nothing exists. On sum-mer mornings, or on autumn evenings, this nothingness becomes a vaporous plain with a few trees dottedabout and the motorway surfacing above the mist to straddle a couple of by-roads, twice. Over there onthose flyovers tiny cars are in motion, and trucks no bigger than models in a toyshop window. It also hap-pens from time to time – say twenty or thirty times a year – that this nothingness is transfigured into a crys-talline landscape, into a glossy coloured picture postcard. Generally this happens in spring, when the sky isas blue as the water of the paddy-fields it is mirrored in, the motorway seems close enough to touch, andthe snow-covered Alps abide there in such a way that it gladdens the heart just to look at them. At thesetimes the horizon is a vast expanse: tens and even hundreds of kilometres, with towns and villages and theworks of man clambering up the mountainsides, and rivers that begin where the snows leave off, and roads,and the momentary spark of imperceptible cars on those roads; a crisscross of lives, of histories, of destinies,of dreams; a stage as huge as a whole region, upon which the deeds and the doings of the living in this partof the world have been acted out since time immemorial. An illusion…

Sebastiano Vassalli(from The Chimera, Harvill, London 1993)

Vassalli seeker of storiesin the plain

Sebastiano Vassalli, born in1941 in Genoa, has lived inNovara since his childhood.In the years around 1968, heworked as a teacher and par-ticipated, by painting andfounding magazines such as“Pianura”, in the events of theso-called neo-avant-gardewith some experimentalprose, pouring the politicaland social unrest of the peri-od onto the page with a lin-guistic fury. When he went insearch of a pure form of liter-ature he met the poet DinoCampana, and recounted thestory in the Notte della cometa(Night of the Comet). His in-terest moved toward investi-gating the national characterof the Italians, and culminat-ed in the novel L’oro del mon-do (The Gold of the World) setin the plain between the Sesiaand the Ticino rivers, where

he gave the Chimera its sev-enteenth-century Manzo-niesque setting. The Chimera,a publishing success whichwon the Strega Prize, is stillbeing reprinted. His journeythrough time takes him fromthe eighteenth century withMarco e Mattio (Marco andMattio), to the nineteenthcentury of Cigno (Swan) orCuore di Pietra (Heart ofStone), a novel that recreatesthe history of the unificationof Italy. The Sesia Valley isthe setting for his recent workLe due chiese (The TwoChurches), published by Ein-audi like his other novels.With Interlinea he publishedIl mio Piemonte (My Pied-mont), the illustrated Terrad’acque. Novara, la pianura, ilriso (Land of Water. Novara,the Plain, the Rice) and his au-tobiography Un nulla pieno distorie (A nothing full of stories).For updates, visit: www.let-teratura.it/vassalli.

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«The more solidand real Novarais a city that tells

us about itself and its past inseveral ways: with its archi-tecture, its streets...» writesSebastiano Vassalli in Terrad ’acqua (Land of Water), abook entirely dedicated tothe city and its plain. Herehe devotes a chapter to themost important monumentin Novara, the Dome of SanGaudenzio, which hailsthose who arrive in Novarafrom far away. Those wholook up at the 121 meters ofbrick and plaster construc-tion, built without the use ofiron, the tallest in the world,will understand the absoluteaudacity of the architect, thesame architect who built theMole. Alessandro Antonelli(who lived in the secondhalf of the 1800s) is one ofthe main characters in thenovel that Vassalli called theCuore di Pietra (Heart ofStone), which is Casa Bossi,another Antonelli master-

piece that is usedas a symbol of thehistory of Italianunification. Butthe entire historiccentre, a truenineteenth cen-tury salon withcobbled streets, isa heart of stone

that still beats thanks to themonuments. We mentionjust a few of these, takinginspiration from the writer’spages, not forgetting, to be-gin with, the interior of thelate Renaissance Basilicawith the famous polyptychby Gaudenzio Ferrari in theChapel of the Nativity, thesecond on the left, and thebaroque crypt containingthe remains of the patronsaint. Built between 1577and 1590 and designed byPellegrino Tibaldi, from thebeginning the basilica isposed as an emblem by theNovara citizens against themore oppressive presence ofthe absolute state estab-lished by the Spaniards. Theneoclassical Casa Bossi, «thebig house on the rampartsoverlooking the plains andthe distant mountains», cur-rently undergoing restora-tion, overlooks the QuintinoSella bulwark at an obliqueangle to the street with itselegant façade embellishedwith Doric columns and atriangular pediment. An-tonelli also rebuilt the cathe-dral. The remaining tracesof the previous Romanesquebuilding, which was demol-ished, include the bell towerand the mosaic floor of themost precious presbytery inEurope (inside it are paint-

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The “heart of stone” of Novara:between a bishop and an architect

Novara, the Dome by the architectAlessandro Antonelliand the plain all around.Below, Casa Bossi, maincharacter in the novelCuore di pietra (Heartof Stone) by SebastianoVassalli, one of the mostbeautiful neoclassicalbuildings waiting for renewal.

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ings by Gaudenzio Ferrariand Bernardino Lanino andthe chapel of San Siro). Infront is the octagonal Bap-tistery, one of the oldest innorthern Italy, which datesback to the sixth centurywith Romanesque frescoes.If we go back in time to theChimera, set in the seven-teenth century, in the samepiazza Duomo we can findthe market, when the youngprotagonist Antonia and heradoptive mother come fromPorta San Gaudenzio, thecurrent Barriera Albertina atthe end of Corso Italia. Theypass the Spanish guards whoguard the city inside theramparts, now lined withtrees, built after the Emper-or Carlo V occupied the city.Within them are many bar-racks and sacred buildings,including the baroquechurch of San Marco, in ViaNegroni, founded by the“venerable” Bishop Bascapè,disciple and secretary ofBorromeo, both depicted byMoncalvo (during the pro-cession with the relic of the“holy nail” toward the MilanCathedral) in the painting inthe chapel of San Carlo. Inthe novel, the two womenpass through the «stinkingand narrow» contrade orneighbourhoods behind theParsonage (where Petrarchharangued the people of No-vara on behalf of the Dukeof Milan), eventually comingto the small piazza of San

Quirico (now Piazza Gram-sci, better known as the Pi-azza del Rosario), the head-quarters of the Novara In-quisition in the early seven-teenth century when thechurch of San Pietro inRosario was being built, withthe first stone placed by Bas-capè in 1599. Antonia is un-justly convicted, tortured andimprisoned in the Palazzodei Paratici in the Brolettocomplex. This is dominatedin the north by the thir-teenth-century Palazzo del-l’Arengo with a large atriumportico, decorated with achivalric frieze dating to themid-1200s, and flanked tothe south by the gothicPalazzo del Podestà (insideis the Giannoni Modern ArtGallery). This is before sheis burned at the stake in thesummer of 1610.

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The witch Antonia in the “Broletto” prison

«Antonia was transferred on August 21st to the Guild Tower,the ancient tow-er of the “Broletto”, i. e. the municipal palace of Novara before this was re-duced to what it is today, bereft of tower and submerged by buildings thatin the course of the centuries have come to dwarf it. But at the time of ourstory the “Broletto”stood aloof, ringed by roads.The Guild Tower rose on thesouth side of the building, the upper storeys constituting an aerial prison oftwo chambers one above the other, accessible by way of a hazardous out-side staircase. In these two chambers religious frescos were assigned the taskof redeeming the prisoners. In the upper room, reserved for women, was adepiction of the Dead Christ in the arms of the Madonna;below,in the men'squarters,St.Leonard,patron saint of prisoners.Both these frescos were how-ever scrawled over with signatures, dates and obscene graffiti, and neitherwas easy to see because there were no windows, only narrow slits which inwinter were stuffed with straw and there you were – in the dark. In summerthe loopholes were reopened and you could see again, but for anyone en-tering the Guild Tower at any time of year it was a while before their eyesgrew accustomed to the obscurity.And so it was with Antonia…»

(from The Chimera)

The “Broletto” in Novara.

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Chimera is «a story, agreat story about agirl named Antonia

who lived between 1590 and1610». From the Brolettoprison, where she is incarcer-ated before being burnt (seepage X), with a flashback wesee her as a child in the cartof the adoptive parents whohave just chosen her at theorphanage and are leavingthe city. We follow the cartalong Corso Vercelli and turnout of the city, toward Casal-giate, where we pass theAgogna. We head toward thePregalbè farm and then toGionzana, where next to theCanta farmhouse, situated inthe middle of rice paddies, isthe oratory of the Madonnadel Latte, one of the most

popular places since ancienttimes. It is very connected tothe faith of the people of theNovara plain: «when needed,the small portico was used tooffer shelter to travellers whohad found themselves in thatneighbourhood by night ortrapped by a sudden down-pour». The church is worth avisit at least for its splendidfifteenth-century frescoes de-picting the saints, the Virginand Child and some scenesfrom the life of Christ, par-ticularly in the apse and thetriumphal arch (thanks to thework of the artists TommasoCagnola, Daniele De BosisNovara and other fifteenth-century painters).Now we follow the unpavedroad that runs along the Bi-raga canal, built there in1424 to direct the waters ofthe river Sesia for operatingthe blades of various mills inthe area and water to farmslike La Visconta, which wepass on the left. Opposite theentrance of the Maranganafarm, at one time so largethat it had a school andchurch (in the adjacent par-sonage where the same Se-bastiano Vassalli lives), adrinking fountain on theroadside overflows withspring water. After a stretchof paved road, a path to theright invites us to go from

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The places of The Chimera:in the rice fields with Antonia

In summer, Novara’s ricefields turn green, thanksto the growing riceseedlings, after being bluedue to the flooding in the fields and beforebecoming golden yellowwhen the rice ripens.

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the Sanctuary of the Casal-beltrame Marsh, and crossthrough the Bosco andFalasco farms and see, in hotweather, what little Antoniasaw: «a heron standingstraight in the middle of arice paddy, a flight of ducks, asnake swimming across astream or even the martyr-dom of a saint (St. Lawrence)depicted in a painting withina shrine with a grating, theexecutioners, the angels inheaven...» The writer says,«Even adults sometimes, orrather, often, experience thegreat changes of existence -

perhaps long-awaited, orforetold, or feared - in a kindof absence, and wonder, thatleaves no room for the logi-cal concatenation ofthoughts, in a void of will, al-most in a dream». TheMarsh is a nature reserve in

On the cart the orphan Antonia discovers the world of La Bassa (the Lowland)

«The fact was, however, that Antonia had already stopped crying. Children have this edge on grown-ups: thateven at moments of desperation they manage to get distracted. There she was hunched up among the sacks,her back turned to Francesca, gazing wide-eyed at the landscape she had never seen before, with the snowyAlps in the blue of the sky and among them the mass of Mount Rosa. An unforgettable sight – and she, An-tonia, had lived ten years at San Michele, on the other side ofthe walls of Novara, unaware of the existence ofthose mountains which gave their name to the whole region where she herself was born – Piemonte! Verysoon, however, not only the landscape but other things began to attract the attention of our foundling… Thishuddle of houses and sheds, of storehouses, of pens for livestock, was the suburb of San Gaudenzio which hadsprung up again without authorization a few hundred yards from the gate of that name.… It was the pIacewhere all the roads converged: bearing to the left on leaving San Gaudenzio you were on the way to Vercelliand the Po, whereas the right-hand fork led off towards Biandrate and the villages of the Sesia valley. This wasthe halting-place for all the baggage trains coming to the city, and here was all the bargaining and here werethe brokers for every sort of merchandise, be it corn, land, brides, flunkeys or slaveys...At every crossroads alongthe way was a little shrine dedicated to the Madonna, to St Anne, St Martin, St Rock, to the Sacred Heart ofJesus. Where the road forked at Gionzana a chapel with a miniature portico provided an emergency shelter fortravellers surprised in those parts by nightfall or an unexpected cloudburst. The vaulted ceiling of the portico,which must at one time have been frescoed, was by now totally black, and sootblackened also were the largestones arranged to form an improvised fireplace. As Bartolo’s cart passed the chapel they heard from the vil-lage deep buried in the woods a gladsome peal of bells sounding the midday Angelus. Signora Francescacrossed herself, while Bartolo, in vacant or in pensive mood, rapt in one of those deep meditations that therocking of the cart and the monotony of the all-too familiar route always provoked in him, shook himself,straightened his back, called “Giddy up now!”, and cracked the whip to urge the horse on faster... They passedthrough a wood of birch and oak, and as soon as she emerged on the other side Antonia realized that thelandscape had changed. No longer terrestrial, as up till then, but aquatic. This was the country of the paddy-fields, a lagoon dazzling with reflected sunlight, subdivided into countless compartments, square, triangular,rhomboid, trapezoid... A mosaic of watery mirrors with, here and there, a few dun-coloured patches where thewater had got blocked up and turned brackish and boggy».

(from The Chimera)

The frescoe in the oratoryof the Madonna del Lattein Gionzana.

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the middle of a land cultivat-ed with rice: it is a naturalhabitat frequented by migra-tory birds and other marshspecies such as bittern,squacco, coots and moorhens,which reach the nearby banksof the Sesia to reproduce (fortours and birdwatching con-tact the Parco Terre d’Acqua:0161 73112).We head toward Calsalbel-trame, which has a castle-shelter in front of the VillaBracorens Savoiroux with agarden dominated by amonumental Ginkgo biloba.Here we find Materima, thecitadel of sculpture withworks by Pomodoro, Vangi,Messina and other artists.Not far away is the Nobilifarmhouse, home to thehighly entertaining “L çivel”Agricultural Tool Museum.Now we have to go towardBiandrate, a village that wasimportant in the MiddleAges for being an important

fief of the very powerfulCounts of Biandrate of Sax-on origin. It extends from theSesia and Ticino to the Os-sola and Walser Valleys. Thecounts also housed Bar-barossa and for this reasonthe Lombard League de-stroyed the town in 1168.Well worth a visit is theparish church of San Colom-bano with frescoes and a Fi-nal Judgement dated 1444.Backtracking for a bit, we gotoward San Nazzaro Sesia,where there is an obligatorystop at the ancient complexof the Benedictine Abbey ofSaints Nazario and Celso,the most important in the PoValley, founded in 1040 bythe bishop Riprando and fre-quented by pilgrims on theirway to Rome. The walls ofthe buildings are characteris-tic, with river pebblesarranged in a herringboneand brick pattern: a four-sided portico invites us to en-ter the church (the facade isa hut in Lombard Gothicstyle) frescoed with the sto-ries of St. Benedict and witha side cloister with decoratedfloors. Not far away there isalso an example of a town icehouse. In the area there is al-

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The cloister of the abbeyof San Nazzaro Sesia,a place you must see for its art and historywhen you are in the Sesia River area.

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so the sanctuary of theMadonna della Fontana. Acycle path marked no. 8(“Via Verde”) leads to theLame del Sesia RegionalNatural Park that protects anarea marked by the ongoingfluvial mutations typical ofthe river: the name comesfrom “lame”, typical riverbends that turn into tranquilbackwaters when the river isfull, with a wealth of bird lifewith rare species that nest,including the great egret andheron, the barn owl and thesacred ibis of the Nile.Going back, we cross the vil-lage from the country orato-ry of San Rocco, and fromthere we go in the directionof Recetto, where, first of all,we visit what remains of thebuilding that gives the vil-lage its name, the shelter ofthe twelfth century lords ofArborio. Not far away, nearthe motorway, is the oratoryof San Rocco near which thevillage of Zardino whereAntonia lived with heradoptive family once stood.On a hill nearby, which to-day we could imagine as be-ing east of the highway over-pass, was where she wasburnt at the stake. “Then all

the voices fell silent as thesmoke began to thin out. Alleyes stared through thesmoke, where the witch was.The flames crackled higher,the night became as brightas day, the tongues of firemerged into a single blazethat leapt very high into thesky that was not yet dark.”The final page of Chimera ismoving and on rereading,still gives the reader goosebumps, before departingagain to head for Novara fol-lowing the Cavour canal tothe capital (the second Ital-ian canal, commissioned byCount Camillo Benso diCavour, which takes waterfrom the Po at Chivasso andgoes as far as the Ticino inthe municipality of Galliate,built in just three years justafter the unification of Italy)along cycle tracks made onthe towpaths of the irriga-tion channels by the EstSesia consortium.

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Rice weeders in Novara’s rice fields.

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In the seventeenth-centu-ry setting of Chimera,during the Spanish occu-

pation of the Novara area, tocontrol and protect the localproperties there were numer-ous castles, large and small.We are going toward Novara,along Corso Risorgimento, toVignale. After the Isarnofarm, whose existence was al-ready known in 840, with alovely Romanesque oratoryin the middle of fields dedi-cated to the Saints Cosmasand Damian, along the roadthat leads to Lake Orta andthe Ossola (the Roman ViaSettimia; on the road, left ofthe provincial road, are frag-ments of walls of a Romanaqueduct), is Caltignaga,

which houses the remains ofa square castle. With the pos-sibility of making a detour atMomo (to admire the fres-coes with over 300 imagesadorning the interior of thechurch of the SantissimaTrinità, a stop for pilgrims onthe Via Francigena), theroute continues to the west.Once we have left Caltigna-ga, we go beyond the Agognaand have to imagine the sul-try summer of 1610 when,«in the countryside parchedfrom the heat and made un-inhabitable by mosquitoes»,the processions praying forrain multiply and there aresome visions. One of these,narrated in Chimera, takesplace in Morghengo, the site

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Among the castles with the brigand Caccetta

The landscape transformations

«Looking at the landscape that I see from the window of my study, I sometimestry to imagine how the country manor was before the cultivation of rice. Land-scapes also have their own stories, and the history of that to which we are accu-stomed and which we see every day is a long and complicated history, becausethe region in which we live is one of the most altered by man that exists. Another

five or six centuries ago, which for us are many, but that in the history of the planet are a blink of an eye,the Novara countryside was completely different than it is now. The plain, for one thing, had undulations, ashad all the plains of the world. The waters from the springs followed the shape of the land, and here andthere formed swamps and small lakes. There were great forests, and trees that now, because of the rice fields,have almost disappeared. There were also many meadows, producing fodder for raising cattle. The fields were small, and the grapevine was cultivated there, as well as wheat and beans. The houses in the villages,rather than brick, were made of those pebbles which are now called, dismissively, “river stones”. In fact, theywere the same stones that the peasants had to pull out of the ground, and you can imagine how much effortit took to make it cultivable. There were many fish in the water and a lot of wild game in the woods, to thedelight of the feudal lords who could hunt it openly, and the peasants who hunted at night and poached it.The cultivation of rice has come through here like a steamroller over the landscape, erasing and smoothing».

(from Terra d’acque, Land of Water)

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of a fortress that has under-gone major alterations: inSeptember, «a young girl wasgoing» to gather thorns forfencing the garden and thesown land, when she met ayoung man on horsebackwith a light around his head.He conversed with her, andgraciously revealed himself tobe St. Martin returned toearth to alleviate the suffer-ings of mankind. In the«Land of Water» in the No-vara area we come to theMora canal, whose namecomes from Ludovico il Mo-ro, in the locality of Proh.Next to the cemetery a me-dieval humpback bridge leadsto the fortress built at the be-hest of the Sforza family andthen inhabited by the Cacciafamily. Briona is part of the“City of Wine”, where thelovely castle overlooks thecountryside from the hillformed by the alluvial de-posits of the river Strona.Founded by the Counts ofBiandrate, it belonged to theVisconti and Sforza, then theTornielli, and was then in-habited by Giovan BattistaCaccia, called Caccetta, a vi-olent, anti-Spanish activistwho was executed in Milanin 1609. In the pages of theChimera, Sebastiano Vassallidraws parallels to him withDon Rodrigo in Manzoni’sThe Betrothed, also discover-ing a local figure in the per-son of Don Abbondio. Wecontinue the journey and

from Briona gointo another Cac-cia fortress inCastellazzo No-varese, with acrenulated tower.At Mandello Vit-ta, another forti-fied site, there isthe church of SanLorenzo, alteredmany times butwith the originallate-Romanesque structure(in the left aisle, on the bot-tom you can see part of anAnnunciation, the emblem ofthe feudal Caccia family, aMadonna and Child with de-tails of Saints. There is an-other recently renovated cas-tle, with a fortress, in Vicol-ungo, in the centre of town,adjacent to the ancient parishchurch of San Giorgio. In thevillage there is also thechurch of Santa Maria delleGrazie and, near the ceme-tery, a finely frescoed SanMartino. Towards the Buscacanal is the beautiful TenutaTorre di Gargarengo flankedby a long row of poplars, withan eighteenth-centurychurch, a small cemetery, anice house with walls andvaulted ceiling in brick, a millwheel with part of the an-cient gears and what remainsof a granite millstone for rice.We return to Novara alongthe Cavour canal, to go toRecetto, the centre of thenovel Chimera with the nowdestroyed village of Zardino.

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Above, the Mora canal.Below, the apse of the church of San Martino in Vicolungo.On page 44,the Briona castle.

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«On Sundays and feast dayswe left at dawn, cycling be-cause that was the means oflocomotion in those yearsthat preceded the “economicmiracle”, and returned whenit was already dark, drunkwith images and happy.There were still the goldprospectors on the Ticino.There were the last profes-sional fishermen» recalls Se-bastiano Vassalli, accompa-nying us in his pages to the“blue river”. Along one of the“Vie Verdi (Green Ways)”following the Cavour Canal,just out of Novara, at Vignaleor just after Veveri, we headeast to Cameri, which in1909 saw the building of amajor airfield in the drymoorland to the north of thetown. Some churches worthmentioning are the oratoryof San Giuseppe with fres-coes by Peracino and the lit-tle oratory of San Rocco. Weenter the natural park of Ti-

cino arriving at Villa Pic-chetta, a sixteenth-centurycomplex. A pedestrian andbicycle path that runs behindthe building leads to BoscoVedro, through which theTicino flows, with its sourcein lake Maggiore. A shortdescent on the paved roadleads to Quercia, where thereis a restaurant and a smallsummer beach. A pic-turesque white street contin-ues to the north and withVassalli we can again see «thepiles of white stones alongthe banks», and we can recall«the men on the iron boatsstanding in the middle of thecurrent and pushing on polesin a position that was notvery different from that ofthe gondoliers in Venice. Ad-venture, then, was stillaround the corner. The Tici-no was the great river Terekwhere Uncle Jeroska wenthunting for deer and pheas-ants, and even a little streamlike the Agogna could be-come the fabulous BlackRiver teeming with trout,suspended somewhere be-tween the mountains thatoverlook Lake Superior».The riverbed, mainly gravel,is made up of material fromglacial erosion that the vor-ticity of the water, duringflooding, continues to movedownstream. It consists of

Along the Ticino, the “blue river”of the gold prospectors

Gravelly banks of the endof the Ticino River at Cameri.Below, the Cavour canalwith bicycle paths.

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pebbles, sand, quartzite, andvarious minerals, includinggold flakes.The profession ofgathering white stones, oncecollected to be sent to theMurano glass or ceramicsworkshops in Laveno, hasvanished, like prospecting forgold (it has been calculatedthat the river carries specksof gold worth between 5 and10,000 euro every day). Be-fore the gold prospectors de-scribed in L’oro del mondo(The Gold of the World), inRoman times, as Pliny theElder wrote, 30,000 slaveswere used in gold mining.In the Bosco Vedro there arenumerous plants such asblack alder, birch, hornbeam,chestnut, ash, poplar,sylvester pine, late cherry, as-pen, Turkey oak, Rovere oak,English oak, willow, blacklocust (this, despite being avery invasive plant, is excel-lent as heating fuel and playsa key role in bee-keeping,giving excellent honeythanks to its abundant blos-soms). The woods of the Ti-cino are also rich in mush-rooms. This leads to the OldMill of Bellinzago, rebuilt in1718 on the Molinara canal,now a regional centre for en-vironmental education.Returning south, we back-track along the route andcome to Galliate. Stayingalong the Ticino river, pass-ing the locality of Doganaand going on to Villa Fortu-na. This complex probably

dates to the sixteenth centu-ry, and is located on the firstterrace of the river, over-looking the valley below andthe Naviglio Langosco(canal). Not far away is thebeautiful site of SetteFontane (Seven Fountains),at which point we take theroad west towards the sanc-tuary of the Varallino, thename by which the churchof San Pietro in Vulpiate isknown, because of the simi-larity with the famous SacroMonte di Varallo Sesia (herethe image of the Virgin inthe act of offering the childa pear is believed to bemiraculous). Crossing thecentre of Galliate, visitingthe carefully restored castle,which houses the town li-brary and the city councilhall, we leave the town alongVia Buonarroti, which runsalong the highway leadingto a roundabout in the SanRocco area in Novara.

47Itineraries in the land of water described by the author of The Chimera

Gold prospectors

The page of history that regards gold prospectors on the Ticino isa little known and poorly documented page in the history of thelocal culture, though they have not vanished entirely. At the endof the seventies, the local newspapers reported the news that onthe Ticino there was still a professional gold prospector. I remem-ber having read that he worked with special techniques that ofcourse he didn’t want to talk about. And even among the old goldprospectors, those who were active until the end of the fifties,someone is definitely alive (and there were young people whowent to work in the factory as soon as they were given this pos-sibility). Documents show that in the past the gold-panning (on theTicino but also on the Sesia) was regulated by special concessionsfrom the “noblemen” and local authorities, like fishing.

(from Il mio Piemonte, My Piedmont)

Not far from the TicinoRiver, the castle of Galliate, a chance for a break between the Middle Ages and the Renaissance.

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Page 48: Associazione Cicloculturale Novarese - La pianura delle storie imp · 2017. 6. 6. · Centro Novarese di Studi Letterari, infocentro@letteratura.it, ... Dopo il successo dell’itinerario

Per approfondire…È possibile continuare a viaggiare nella “pianura delle storie” consultando alcune tra le edizioni di ieri e di og-gi che offrono approfondimenti culturali: su Vassalli, oltre ai titoli citati, si vedano anche gli studi in La chi-mera. Storia e fortuna del romanzo di Sebastiano Vassalli, a cura di Roberto Cicala e Giovanni Tesio (Centro No-varese di Studi Letterari-Interlinea, Novara 2003) e il numero della rivista “Microprovincia” n. 49 (2011) daltitolo La parola e le storie in Sebastiano Vassalli. Sui luoghi di Vassalli sono stati girati due documentari: Cer-cando Zardino di Mario Tosi e Dal riso al Rosa di Alberto Cicala. Di Dante Graziosi, cantore della memoriadella civiltà contadina nella Terra degli aironi, come s’intitola un suo libro (si veda l’itinerario letterario Nellaterra degli aironi promosso dall’ATL nel 2012), meritano d’essere lette Le storie della risaia (Interlinea, Nova-ra 2012). Antologia letteraria ampia di queste zone è in Il Novarese – pianura, laghi e monti, a cura di Rober-to Cicala e Giovanni Tesio, Regione Piemonte-Centro Studi Piemontesi, Torino 1998. Sul versante storico:La Bassa novarese (Camera di Commercio, Novara 1981, in particolare la definizione di Bassa riportata daAngelo Stoppa, gli studi su La campagna novarese di Mario Crenna e su L’agricoltura nella campagna novaresedi Giampietro Morreale); poi Le cascine. Un patrimonio da recuperare. Indagine sulle strutture agricole di Nova-ra e dell’Ovest Ticino (Provincia di Novara, Novara 2003), Percorsi. Storia e documenti artistici del Novarese (Pro-vincia di Novara, Novara 1993); ELISABETTA PELLI, Le parole della risaia (Interlinea, Novara 1998, per esem-pio su flora e fauna) e ANTONIO RUSCONI, I parlari del Novarese e della Lomellina (Tip. Rusconi, Novara 1878).Questi e ulteriori approfondimenti si possono fare presso la Sezione Novarese della Biblioteca Civica Negro-ni (con un fondo specializzato in geografia letteraria a cura del Centro Novarese di Studi Letterari, con con-sultazione e consulenza su appuntamento: [email protected]; www.novara.com/letteratura). Sui castel-li novaresi resta fondamentale di GIANCARLO ANDENNA Andar per castelli. Da Novara tutto intorno, Milvia,Torino 1982. Si segnala infine la recentissima guida ai percorsi architettonici e figurativi L’abbazia di San Naz-zaro Sesia. Per una panoramica delle guide dedicate al territorio (come Novara e provincia. Arte, cultura e na-tura tra il Ticino e il Sesia, Touring Club Italiano, Milano 2009) si rinvia al servizio informazioni dell’ATL.

ATL Agenzia di accoglienza e promozione turistica locale della Provincia di Novarabaluardo Quintino Sella 40, 28100 Novara (NO)

tel. 0321 394059, fax 0321 631063, e-mail: [email protected]

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