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ASSOCIAZIONE BANCARIA ITALIANA 18/01/05 1/51 La gestione del rischio nelle piccole e medie imprese e negli enti locali 18 gennaio 2005 Il presente documento è stata elaborato quale contributo alla “Indagine conoscitiva sulle problematiche relative alla diffusione di strumenti finanziari derivati” promossa dalla VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati

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La gestione del rischio nelle piccolee medie imprese e negli enti locali

18 gennaio 2005

Il presente documento è stata elaborato quale contributo alla “Indagine conoscitivasulle problematiche relative alla diffusione di strumenti finanziari derivati” promossadalla VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati

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INDICE

EXECUTIVE SUMMARY .................................................................................... 3CAPITOLO 1 - IL FINANZIAMENTO DELLE PMI E DEGLI EE.LL. ................................ 5

1.Tipologia di finanziamenti concessi alle PMI e agli EE.LL. e rischi associati........... 5CAPITOLO 2 - DERIVATI: NOZIONE E LORO UTILIZZO......................................... 9

1. Origine e funzione dei derivati.................................................................... 92. Gli strumenti derivati: inquadramento normativo generale .............................113. Principali tipologie di derivati e loro utilizzo ai fini di copertura ........................124. Esempi di utilizzo di derivati a fini di copertura .............................................145. Il ruolo degli intermediari nella copertura ....................................................196. Gli scambi di contratti derivati...................................................................217. Il trattamento contabile degli strumenti derivati ...........................................27

CAPITOLO 3 - I FATTI..................................................................................331. Un’analisi del quadro macroeconomico-finanziario degli ultimi anni..................332. Il ricorso delle PMI a strumenti di copertura.................................................353. Derivati agli Enti Locali ............................................................................40

CAPITOLO 4 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO E LA PRASSICONTRATTUALE............................................................................................41

1. La disciplina positiva................................................................................412. La finanza locale .....................................................................................443. La prassi contrattuale .............................................................................46

CAPITOLO 5 – CONCLUSIONI..........................................................................49

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EXECUTIVE SUMMARY

L’analisi che segue si incentra sui contratti derivati stipulati dalle banche con le piccolee medie imprese (PMI) e gli enti locali (EELL), essendo su queste due tipologie diclientela che si è concentrato l’interesse della Commissione Finanza.

L’attenzione viene posta, nel primo capitolo, sul rapporto di credito fra banca e clientePMI/EELL, attraverso l’indicazione di dati aggregati sulla sua entità e sulle differentitipologie di finanziamento concessi; l’analisi passa poi ad esaminare i rischi tipici ditale rapporto che restano a carico del cliente PMI ovvero delle banche, e che sonoprevalentemente legati a movimenti del mercato quali il rialzo dei tassi di interesse el’apprezzamento del dollaro sull’euro, mostrando le possibili tecniche di copertura pergiungere fino alla nozione di derivato e all’illustrazione di come un tale strumentofinanziario possa essere utilizzato per immunizzare il cliente dai rischi delfinanziamento.

Nel secondo capitolo, si provvede a definire cosa sia, da un punto di vista finanziario,uno strumento derivato, affrontando tale tematica dapprima secondo un approcciogenerale, volto a descrivere le funzioni che un derivato può assolvere, i luoghi in cuitali strumenti vengono prevalentemente scambiati, le modalità con cui sono negoziati,nonché i relativi ammontari (nozionali di riferimento); successivamente, si focalizzal’attenzione sulle caratteristiche di quegli strumenti derivati effettivamente utilizzatiper la copertura dei rischi delle PMI e degli EELL. Viene quindi presentatol’inquadramento normativo/regolamentare dei contratti derivati e le relative regolenazionali e internazionali di contabilizzazione (IAS), attuali e prospettiche.

L’analisi procede, nel terzo capitolo, esaminando quanto accaduto, al fine di chiarireche quanto si è verificato, cioè l’andamento fatto registrare negli ultimi tempi daiderivati sottoscritti da PMI/EELL, non è un fenomeno patologico legato ad un usodistorto di tali strumenti finanziari, bensì un evento inatteso causato da unimprevedibile mutamento del quadro macroeconomico mondiale, europeo, italiano,che ha sconfessato le aspettative presenti al momento in cui tali strumenti sono statisottoscritti. Si precisa tuttavia che la decisione di sottoscrivere un derivato a copertadelle proprie posizioni di rischio non origina unicamente dalle proprie aspettativesull’andamento del mercato, ma anche da una valutazione prospettica della gestionedei flussi interni e dell’andamento economico. Si va poi a illustrare, sulla base dei datidisponibili, l’ampiezza del fenomeno, che appare abbastanza circoscritto, provvedendoad esaminare il comportamento tenuto dalle banche nella vendita di tali strumenti, e aricostruire gli altri aspetti della prassi seguita.

Nel capitolo quarto viene esaminata la disciplina dei servizi di investimentoconcernente la vendita dei contratti derivati, con riferimento alla natura, qualificata omeno, della controparte, e ai doveri di diligenza e correttezza in capo agli intermediari.Viene poi presentata un’analisi della disciplina inerente la vendita di tali strumenti aglienti locali, che si conclude con un esame dell’impatto del nuovo decreto ministeriale inmateria. Quindi, sulla base dei dati disponibili, si va ad illustrare la prassi contrattualetenuta dalle banche nella vendita dei prodotti derivati, nonché i comportamenti postiin essere per identificare la clientela qualificata.

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Infine, nel capitolo cinque, si traggono le conclusioni, che sono volte ad evidenziarecome le banche abbiano fornito ai loro clienti utili strumenti per il contenimento delrischio, nell’ottica dell’ottimizzazione del rapporto banca-impresa, comportandosisecondo criteri di professionalità e diligenza ed ottemperando pienamente agli obblighiprevisti dalla vigente normativa.

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CAPITOLO 1 - IL FINANZIAMENTO DELLE PMI E DEGLI EE.LL.

1.Tipologia di finanziamenti concessi alle PMI e agli EE.LL. e rischi associati

Le imprese, nell’esercizio della loro attività hanno necessità di reperire mezzi finanziaritramite il ricorso a capitale di rischio e capitale di debito. Ancorché negli ultimi anni ilricorso alle operazioni di venture capital e private equity siano aumentate, il credito“tradizionale”, ossia i finanziamenti bancari, rappresenta la principale fonte diindebitamento delle imprese (soprattutto quelle di più piccole dimensioni).

Quest’ultimo si distingue principalmente in due macro comparti in relazione alladurata: credito a breve termine e credito a medio e lungo termine. La gamma dioperazioni di finanziamento che ricadono nella categoria di credito a breve termine èmolto ampia; alcune di quelle più tipiche sono: l’apertura di conto corrente, lo scontodi cambiali, le anticipazioni bancarie, i finanziamenti a breve termine (c.d. operazionidi ”denaro caldo”, in genere con scadenze inferiori ai tre mesi)

Quanto invece agli strumenti di finanziamento a medio e lungo termine, i più comunisono i finanziamenti assistiti o meno da garanzie, come i mutui ipotecari, il leasing, ifinanziamenti in pool, nonché l’emissione di prestiti obbligazionari. Tolti questi ultimi,nei quali l’impresa è il soggetto attivo che emette i titoli finanziandosi attraverso laloro vendita (sottoscrizione) ai risparmiatori e agli investitori professionali,l’ammontare a giugno 2004 di finanziamenti a breve e a medio/lungo termine concessidalle banche alle PMI era pari a oltre 293,3 miliardi di euro, in costante aumentorispetto ai precedenti valori, come si può evincere dalla tabella sottostante.

Tab. 1Finanziamenti bancari alle PMI* a breve e m/l termine

Dati in milioni di euro dic-02 dic-03 mar-04 giu-04PMI 268.273 280.106 288.089 293.269* Le informazioni sui finanziamenti bancari alle PMI sono desunti rielaborando idati classificati in base alle grandezza del fido. In particolare, sono assunte esserePMI tutte quelle imprese aventi una classe di fido inferiore ai 5 milioni di euro.Fonte: Elaborazioni ABI su dati Banca d'Italia - Bollettino Statistico, 2004.

Anche i prestiti concessi dalle banche alle Amministrazioni Locali, seppur di minorentità, sono comunque importanti perché costituiscono circa metà del totale delle fontidi finanziamento a debito da queste impiegate per finanziarsi.

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Tab. 2Consistenza del debito delle Amministrazioni Locali

Dati in milioni dieuro

1999 2000 2001 2002 2003

Debito 32.662 38.87440.633 45.331 70.411

di cui: titoli4.321 6.928 8.788 13.425

16.817

prestiti di IFM1

28.22331.828 31.728

31.906 31.153

altri2

118118 118

- 22.441

Fonte: Banca d'Italia - Relazione Annuale, 2003.

Oltre alla durata, i finanziamenti bancari si distinguono in relazione alla tipologia ditasso di interesse applicato (cioè se variabile o fisso) ovvero alla valuta.

In relazione a ciò, i principali rischi - sostenuti dalle imprese - connessi al loro debitobancario sono essenzialmente:

- rischio di tasso, derivante dalle fluttuazioni dei tassi di interessi inerenti debiti (ade.: mutui) accesi a tasso variabile;

- rischio di cambio, riveniente dai finanziamenti o flussi commerciali3 regolati invaluta.

Appare opportuno esaminare più da vicino i rischi di tasso e di cambio e come questipossono concretizzarsi e ripercuotersi economicamente sull’impresa.

Per quanto riguarda il tasso di interesse, ipotizziamo che l’impresa abbia acceso unfinanziamento a cinque anni a tasso variabile per un ammontare pari a 1.000.000Euro. Oltre alla restituzione del capitale, che avverrà secondo il piano diammortamento concordato con la banca, l’impresa è tenuta a versare periodicamentegli interessi sul debito residuo, calcolati utilizzando un tasso di mercato, preso ariferimento (ad esempio, il tasso Euribor a 6 mesi4) di volta in volta rilevato.

1 Istituzioni Finanziarie e Monetarie: vi rientrano le banche e le altre istituzioni finanziarieresidenti. Non è inclusa la Banca d'Italia in quanto le è vietato, in base alle normativecomunitarie, di concedere qualsiasi forma di facilitazione creditizia alle Amministrazionipubbliche (art. 101 del Trattato che istituisce la Comunità Europea).2 Nella voce "altri", a partire dal 2003, sono imputati i debiti delle amministrazioni locali verso laCassa Depositi e Prestiti a seguito della trasformazione di quest'ultima da ente pubblico asocietà per azioni. Si rammenta, infatti, che nel debito delle amministrazioni locali sono imputatisolo i finanziamenti ricevuti da settori istituzionali di natura privata: per tal motivo i debiti versola Cassa Depositi e Prestiti, nel periodo in cui questa era di emanazione pubblica, non possonoessere rilevati in tali statistiche.3 Ad es.: commesse, forniture o contratti stipulati nell’ambito di rapporti commerciali legatiall’attività di import o di export.4 Il tasso di interesse potrebbe anche prevedere una maggiorazione o riduzione rispetto al tassodi riferimento: ad esempio potrebbe essere previsto il pagamento del tasso Euribor + 1% (vienespesso espresso in basis points o bps, pari ciascuno ad un centesimo di punto percentuale e

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In un finanziamento a tasso variabile, l’impresa, come accade per i mutui a tassovariabile concessi alla clientela privata, nel momento in cui accende il finanziamentoconosce esclusivamente l’importo della prima rata da pagare, ma non può essere aconoscenza della misura degli interessi futuri e, quindi, del costo totale delfinanziamento acceso.

La variabilità dei tassi di interesse costituisce, quindi, un elemento di incertezza che,tuttavia, può rappresentare una opportunità ma anche un rischio per l’impresa, inrelazione al concreto andamento del tasso di interesse di riferimento. In particolare,laddove negli anni successivi al primo periodo, i tassi dovessero salire, l’impresa sitroverà a dover sostenere flussi per interessi crescenti, con un incremento del costototale del finanziamento. Diversamente, se il tasso di interesse preso a riferimentodovesse restare ai livelli iniziali (o, addirittura, scendere), gli esborsi rimarrebberoinvariati (o, nella migliore delle ipotesi, si ridurrebbero nel tempo).

Una impresa, invece, che decide di finanziarsi a tasso fisso, stabilisce fin da subito gliesborsi futuri per interessi sul finanziamento accesso, dando certezza in questo modoai flussi di cassa futuri, qualunque sarà l’andamento dei tassi di mercato. Tuttavia, ilrischio per l’impresa è rappresentato dalla possibile perdita di opportunità di risparmiodi interessi laddove i tassi di mercato dovessero ridursi nel tempo rispetto allecondizioni di finanziamento concordate con la banca. Diversamente, laddove i tassidovessero salire, l’impresa sosterrà un costo per interessi inferiore a quello cheavrebbe avuto se avesse acceso un finanziamento a tasso variabile Si ricorda, però,che fin dall’inizio dell’operazione il tasso fisso pagato è maggiore rispetto a quellovariabile iniziale, poiché incorpora il premio per il rischio richiesto da chi finanzia atasso fisso.

Una posizione debitoria, dunque, qualunque sia la sua tipologia, può essere perl’impresa un rischio oppure un’opportunità, dipendendo dall’andamento futuro deitassi di interesse.

Nella maggior parte dei casi, l’obiettivo dell’impresa, quando decide di finanziarsi amedio-lungo termine, è di avere certezza circa le future rate da pagare alla banca,perché in questo modo riesce più facilmente a calcolare i ricavi necessari a coprire icosti del finanziamento5, In altri termini, il finanziamento a tasso fisso semplifica dimolto il problema della programmazione economica e finanziaria dell’impresa.Al fine di meglio comprendere le differenze tra un indebitamento a tasso fisso e uno atasso variabile, ipotizziamo due imprese che ricorrono ad un finanziamento bancarioper il medesimo importo di 1 milione di Euro, da restituire in cinque anni. La primaimpresa (Impresa A) decide di finanziarsi a tasso variabile, pari al tasso Euribor a sei

rappresentano la unità di misura delle frazioni di punto percentuale nei tassi di interesse,nell’esempio Euribor + 100 bp).5 Si pensi alla necessità di effettuare previsioni di investimento connesse alla realizzazione diprogetti industriali/commerciali e calcolare correttamente i flussi di cassa e l’orizzonte temporaleper raggiungere il punto di pareggio (break-even point). Tale obiettivo, ovviamente, è condivisoanche dalla banca finanziatrice, la cui finalità è programmare correttamente i flussi economici daparte dell’impresa e, per tale verso, la solvibilità della stessa nel tempo. Da questo punto divista, come peraltro anticipato, l’assunzione di una posizione debitoria a tasso fisso garantisceprotezione dall’incertezza delle future condizioni di mercato.

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mesi con una maggiorazione di 0,8%, mentre la seconda azienda accendere unprestito al tasso fisso del 5,5 per cento.

La tabella che segue riporta, a posteriori, gli esborsi sostenuti dalle due imprese perrestituire il capitale alla banca e per corrispondere alla stessa gli interessi dovuti.

Tab. 3Esempi di finanziamento a tasso fisso e a tasso variabile

IMPRESA A IMPRESA BAnno/mese

QuotaCapitale

Debitoresiduo

Tassovariabile

QuotaInteressi

Tassofisso

QuotaInteressi

DifferenzaA – B

1 200.000 1.000.000 4,3% 43.000 5,5% 55.000 -12.0002 200.000 800.000 5,6% 44.800 5,5% 44.000 8003 200.000 600.000 4,0% 24.000 5,5% 33.000 -9.0004 200.000 400.000 3,6% 14.400 5,5% 22.000 -7.6005 200.000 200.000 3,0% 6.000 5,5% 11.000 -5.000

Tot. 1.000.000 132.200 165.000 -32.800Importi espressi in Euro - Il Tasso Variabile è pari al tasso Euribor a 6 mesimaggiorato di 80 bps. Il tasso fisso è pari al tasso dell’IRS a 5 anni maggiorato di 80bps.

In definitiva, dato l’andamento dei tassi nel corso dei cinque anni, l’impresa A,scegliendo di finanziarsi al tasso variabile ha ottenuto, a posteriori, un risparmio perinteressi rispetto all’impresa B, che diversamente ha scelto di indebitarsi a tasso fisso.Quest’ultima, tuttavia, ha potuto programmare fin da subito le uscite da sostenere perinteressi.

Il livello di incertezza associato ad una esposizione debitoria di una impresa – e quindiil valore di rischio associato – aumenta quando al rischio di tasso di interesse, appenadescritto, è associato un rischio di tasso di cambio.

Tale situazione si realizza concretamente quando l’impresa si finanzia in una valutadiversa da quella domestica. L’incertezza sui tassi di cambio futuro condiziona, inquesto caso, non solo gli esborsi periodici relativi agli interessi ma anche il rimborsodello stesso capitale. Infatti, sia i primi (anche se calcolati a tasso fisso) che i secondidovranno essere convertiti in valuta estera al tasso di cambio del momento in cui sonopagati/rimborsati. Un incremento nel tempo dei tassi di cambio della valuta estera,comporta, quindi, un aumento non prevedibile dei flussi di cassa connessi al rimborsodel finanziamento.

Negli ultimi decenni, con l’evoluzione del sistema finanziario, si sono sviluppatetecniche e strumenti di gestione del rischio (risk mangement) che permettonodimitigare o annullare l’assunzione dei rischi connessi ad una posizione debitoria, cosìcome altre tipologie di rischio che può assumere una impresa (ad esempio il rischio delprezzo delle materie prime).. Al riguardo, è sana prassi gestionale per le imprese“coprirsi” adeguatamente da tali tipologie di rischi, mediante gli strumenti finanziariderivati, che possono di volta in volta riguardare i tassi di interesse (IRS o opzioni deltipo cap, floor e collar) ovvero le valute, con contratti di tipo currency swap.

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CAPITOLO 2 - DERIVATI: NOZIONE E LORO UTILIZZO

1. Origine e funzione dei derivati

I contratti derivati, in via generale, sono strumenti finanziari che consentono diacquistare/vendere una determinata attività sottostante ad una data futura e ad unprezzo prefissato. Il valore di un derivato (e quindi il loro prezzo) dipende o èdeterminato (quindi “deriva”) dal valore, o dal cambiamento di valore, dell’attivitàsottostante, nonché da altre variabili, la cui rilevanza e influenza cambia a secondadella struttura e della complessità del derivato. Queste variabili sono combinateinsieme sulla base di modelli matematici (i c.d. modelli di pricing), che vengonoutilizzati dagli operatori e dagli investitori per stimare in un qualunque momento ilvalore teorico di mercato (o fair value) del derivato ed effettuare le proprie scelte diinvestimento/disinvestimento.

L’innovazione finanziaria negli ultimi decenni ha inoltre prodotto tipologie di strumentiderivati, con livelli di complessità e caratteristiche strutturali diverse tra loro. Dai primicontratti forward si è passati, con la moderna finanza, agli swap e ai contratti diopzione, fino a strumenti dalle strutture più articolate. Quando si parla di strumentiderivati, quindi, ci si riferisce ad un insieme molto eterogeneo di strumenti concaratteristiche e meccanismi di funzionamento differenti6.

L’attività sottostante un contratto derivato può avere natura reale o finanziaria. Nelprimo caso possono aversi prodotti derivati su merci agricole (mais, grano), prodottienergetici (petrolio, gas naturale, energia elettrica, ecc.), merci alimentari (olio, succodi arancia surgelato, ecc.), merci animali e materie preziose (oro, argento, ecc.).Quanto alle attività finanziarie, si annoverano strumenti derivati su titoli azionari, titolidi Stato, obbligazioni, tassi di interesse, tassi di cambio e indici azionari. I derivati sutali strumenti, sia reali che finanziari, sono utilizzati per immunizzarsi dai rischi divariazione avversa dei prezzi, cioè dai rischi c.d. di mercato. Negli ultimi anni, poi, èandato crescendo l’interesse anche per strumenti di gestione di altre tipologie dirischio, quali quello di credito, derivante dal possibile inadempimento o fallimento diun determinato soggetto, nonché i rischi meteorologici, connessi a eventi o indicatoriatmosferici (ad es. pioggia, temperature elevate, grandine, ecc.).

Si è quindi di fronte ad un crescere dell’importanza e della rilevanza degli strumentifinanziari derivati, situazione riconosciuta anche a livello europeo; non è certo un casose la nuova Direttiva Europea sui Mercati di Strumenti Finanziari (MiFID) tiene conto dinuove, numerose, tipologie di strumenti finanziari derivati, sia con riferimento allanatura del sottostante che alla struttura di funzionamento, rispetto alla precedenteDirettiva sui Servizi di Investimento (ISD), che andrà a sostituire dal 30 aprile 2006.

6 I primi derivati nascono nelle piazze borsistiche americane nella seconda metà del 1800, perconsentire ai produttori di merci agricole e di bestiame di assicurarsi un prezzo certo per lavendita futura delle proprie mercanzie. Più di recente, negli anni settanta, con lo svilupparsidelle transazioni finanziarie e, soprattutto, con l’abolizione dell’accordo di Bretton Woods, chestabiliva tassi di cambio fissi tra le valute, nasce l’esigenza di disporre di efficaci strumenti digestione del rischio, contro la volatilità dei tassi di cambio. Nascono così i primi contratti derivatifinanziari, utilizzati appunto per svolgere attività di hedging su portafogli azionari edobbligazionari, su tassi di interesse e tassi di cambio. Nel 1972 si avviano le negoziazioni sulChicago Mercantile Exchange (CME) e solo nel 1992 apre le porte il primo mercato italiano diderivati (MIF), oggi non più in attività.

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La struttura del contratto derivato può prevedere che, alla scadenza, la consegna fisicadell’attività sottostante possa essere sostituita dalla liquidazione di un differenzialemonetario (c.d. cash settlement). Tale modalità è utilizzata, oltre che in tutti i casi incui sia previsto nelle caratteristiche del prodotto, laddove l’attività non è, per le suecaratteristiche, consegnabile. Si pensi ad esempio ad un derivato su indice azionario ealla difficoltà, per non parlare della conseguente onerosità, di consegnare, nella giustaproporzione, i differenti titoli presenti nel paniere dell’indice.

Un’altra caratteristica molto importante dei contratti derivati è la loro capacità diimpegnare rilevanti importi, ad esempio per effettuare attività di copertura, utilizzandosomme relativamente ridotte. In pratica, attraverso i prodotti derivati, anzichéversare/ricevere il controvalore complessivo dei titoli (come avverrebbe nel caso diinvestimento diretto), si versa solo una frazione di questo (a titolo di garanzia o diacquisto della facoltà futura), impegnandosi, ora per allora, a comprare o a vendere oriservandosi di farlo (opzione). Tale capacità è definita “effetto leva” o “leverage”.Naturalmente, l’effetto leva comporta che le oscillazioni di prezzo dell’attivitàsottostante si ripercuotano sul prodotto derivato in maniera sovra-proporzionale,amplificando i guadagni ma anche le perdite.

Per avere un’idea di cosa questo significhi, si consideri, ad esempio, che, peracquistare un contratto future sul titolo azionario FIAT, pari ad un valore nozionale dicirca 3000 euro 7, è sufficiente anticipare poco più di 300 euro 8. Gli effetti economicisaranno quindi riferiti al capitale nozionale, e pertanto, ad esempio, un movimentofavorevole del 5% del prezzo delle azioni FIAT si tradurrà in un flusso positivo pari a150 euro, con un guadagno netto sul capitale effettivamente investito del + 50%circa. Ovviamente, questo varrà anche nel caso di movimenti al ribasso del titolo.

Quando si parla pertanto di valore nominale o nozionale del contratto derivato si fariferimento al valore dello stesso in termini di attività sottostante. Tuttavia, proprio perl’effetto leva, il valore nominale di un derivato non corrisponde necessariamenteall’effettivo esborso sostenuto dal compratore, come normalmente avviene per lamaggior parte degli strumenti finanziari non derivati (ed esempio azioni eobbligazioni).

I derivati, quindi, nascono per assolvere alla funzione fondamentale di protezione dairischi. Con i derivati, infatti, un soggetto avverso al rischio si immunizza da variazioniavverse, ad esempio, dei prezzi di un titolo azionario, o di un tasso di interesse,trasferendo tale rischio ad un altro soggetto. Tale attività viene comunementedenominata “copertura” e si realizza affiancando alla posizione o al portafoglio che sivuole immunizzare una operazione in derivati di segno opposto. In tale modo, leeventuali perdite sulla posizione da coprire, che si determinano in caso di variazionesfavorevole dei prezzi, saranno neutralizzate dai corrispondenti profitti derivanti dallaposizione in derivati.

I contratti derivati, oltre che consentire il trasferimento dei rischi, svolgono anche unaimportante funzione informativa per il mercato. Essi, esprimendo il prezzo futuro di unbene o di una attività finanziaria, contribuiscono a completare lo stock informativo,

7 Calcolato come il prodotto tra il numero di titoli sottostanti il future (500 azioni) e il prezzo dimercato del titolo FIAT (circa 5,8 euro).8 Il margine iniziale richiesto dalla Cassa di Compensazione e Garanzia è, infatti, stabilito pari al12,5 % del controvalore del contratto (Fonte CCG - novembre 2004)

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dando indicazione del valore (atteso) a termine dei beni o delle attività finanziarie acui sono correlate (c.d. attvità sottostanti), migliorando in tale modo il processo diformazione dei prezzi.

Per le funzioni svolte, quindi, i contratti e i mercati derivati sono stati riconosciuti dallateoria economico-finanziaria elemento di fondamentale importanza per l’efficienzacomplessiva del sistema finanziario. In particolare, le contrattazioni a terminecontribuirebbero al miglioramento dell’efficienza di “completezza”, assicurando lapossibilità di effettuare scambi relativi a tutte le scadenze future, e dell’efficienza“allocativa”, contribuendo a distribuire proficuamente le risorse a disposizione. Inparticolare, la completezza dei mercati assume un ruolo determinante per ilraggiungimento dell’efficienza complessiva dell’economia. L’innovazione finanziaria,introducendo nuovi strumenti sempre più idonei ed efficaci, svolge un ruolofondamentale poiché consente di trasferire e ripartire il rischio nel tempo e tra idiversi soggetti economici.

2. Gli strumenti derivati: inquadramento normativo generale

L’art. 1, comma 3 del testo unico dell’intermediazione finanziaria (d. lgs. 24 febbraio1998, n. 58 – Tuf) definisce “strumenti finanziari derivati” gli strumenti finanziariprevisti dal comma 2, lett. f), g), h), i) e j) dello stesso art. 1.

In particolare, quindi, sono strumenti derivati:

“f) i contratti "futures" su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, sumerci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamentodi differenziali in contanti;g) i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute,su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvengaattraverso il pagamento di differenziali in contanti;h) i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi d'interesse, a valute, amerci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamentodi differenziali in contanti;i) i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedentilettere e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, sumerci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamentodi differenziali in contanti;j) le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere”.

Tale disciplina mostra che il tentativo di codificare gli strumenti finanziari derivati9 èprobabilmente operazione priva di utilità. L’esperienza dell’ultimo decennio ha infatti

9 Va chiarito che in questa sede si userà indifferentemente l’espressione strumento finanziarioderivato o contratto derivato, considerandosi che la stipulazione di un contratto derivatocostituisce ad un tempo atto negoziale e mezzo di generazione dello strumento, “con laconseguenza di infondere alle parti la doppia posizione di contraenti e di creatori di un’autonomaentità finanziaria. Le parti che stipulano un contratto di swap non si limitano a negoziare unostrumento finanziario già esistente: è la loro stessa attività negoziale che produce la creazionedello strumento. Il che non accade, ad esempio, in occasione della stipulazione di un ordinariocontratto di compravendita di azioni, nel quale le parti nulla tolgono e nulla aggiungono al titolofondamentale, preesistente al loro negoziare”: così GIRINO, I contratti derivati, Milano, 2001, p.9.

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dimostrato come il mercato cerchi nel derivato non soltanto l’alternativa a strumenti“tradizionali”, ma anche il veicolo per pervenire alla creazione di nuove forme diinvestimento, di speculazione o di copertura, specificamente concepite per nuovepeculiari esigenze. Il bisogno di pervenire a soluzioni sempre più confacenti allenecessità degli operatori e dei mercati ha indotto ed induce la moderna ingegneriafinanziaria ad un continuo sforzo di perfezionamento. Il risultato è una progressiva edincessante sofisticazione dei modelli in uso e, di frequente, una complessacombinazione di una o più unità contrattuali.

Non appena si abbandoni l’analisi degli “archetipi” previsti dal Tuf10 per intraprenderel’indagine delle loro innumerevoli sottoclassificazioni e filiazioni, la certezzaclassificatoria viene meno. Prova ne sia l’art. 18 Tuf, ai sensi del quale il Ministro delTesoro (ora, dell’Economia), sentite la Banca d’Italia e la Consob, “può individuare, alfine di tenere conto dell’evoluzione dei mercati finanziari e delle norme di adattamentostabilite dalle autorità comunitarie, nuove categorie di strumenti finanziari, nuoviservizi di investimento e nuovi accessori”.

Il derivato, infatti, non si riconnette solo alle fattispecie-base, riconducibili alle figuredi forward/future, option e swap, di seguito illustrate, ben potendo manifestarsi inulteriori ed imprevedibili forme, frutto della combinazione di uno o più modelli ovverodi loro versioni più “raffinate”. Tale principio è stato, come accennato, prudentementeaffermato nell’art. 1, comma 2, lett. j) Tuf, laddove si afferma che fra i derivatirientrano anche “le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere”.

3. Principali tipologie di derivati e loro utilizzo ai fini di copertura

Si è detto che non è semplice fornire una panoramica completa delle varie tipologie distrumenti derivati, poiché varie sono le loro caratteristiche e quello dei derivaticostituisce uno dei settori della finanza in cui l’innovazione finanziaria, più che in altri,ha trovato fertile terreno. E’ possibile tuttavia operare una distinzione di base,differenziando i prodotti con strutture “semplici” – quali forward, future, opzioni eswap - da quelli più complessi, spesso nati quale evoluzione e/o combinazione dellepredette strutture, che sono correntemente denominati prodotti esotici.

Tra i prodotti derivati “semplici”, anche detti plain vanilla, si annoverano tre principalifamiglie di strumenti: i contratti forward/future, i contratti di opzione e gli swap.

Con un contratto forward l’acquirente si impegna ad acquistare dal venditore allascadenza del contratto una determinata quantità di attività sottostante ad un prezzostabilito. Quando questi contratti sono scambiati su di un mercato regolamentato essiprendono il nome di contratti future.

10 Al di là dell’elencazione contenuta nel Tuf, non vi sono definizioni legali relative ai contrattiderivati, fatta eccezione di quella contenuta nel Regolamento del 2 luglio 1991 (Istruzioni divigilanza per gli Intermediari del Mercato Mobiliare) adottato nel vigore della abrogata leggeSIM n. 1 del 2 gennaio 1991, successivamente modificato e, quindi, riadattato e rivisitato insede di emanazione del Regolamento 4 agosto 2000, ove la Banca d’Italia definisce il futurecome “il contratto derivato standardizzato con il quale le parti si impegnano a scambiare ad unacerta data prestabilita determinate attività” (punto 5.11, comma 2, n. 1).

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Il contratto di opzione, invece, prevede che l’acquirente acquisisca la facoltà, dietropagamento di un “premio”, di ritirare alla, o entro la, scadenza dal venditore, che neha diversamente l’obbligo, una determinata quantità di attività sottostanti ad unprezzo concordato (c.d. “prezzo di esercizio”). Questa tipologia di opzione si chiama“opzione call”. Quando invece oggetto della facoltà dell’acquirente è la consegna alvenditore dell’attività sottostante alle medesime condizioni di cui sopra, l’opzione ènominata “opzione put”.

I contratti cap, floor e collar, sono ugualmente contratti di opzione (tipicamente sutassi di interesse) ma prevedono dei limiti agli esborsi o agli incassi. In particolare,l’opzione cap consente al possessore di pagare un tasso di interesse massimo, pari alprezzo di esercizio, su un ammontare nominale e per un periodo di tempo predefiniti.L’opzione floor, invece, permette di incassare un tasso di interesse minimo, pari alprezzo di esercizio, su un ammontare nominale e per un periodo di tempo predefiniti.Infine l’acquisto di un collar consente di fissare un tasso minimo e di un tassomassimo di indebitamento.

Infine, nel contratto swap, i contraenti si impegnano a scambiarsi, per un periodo ditempo predefinito, due flussi di pagamenti periodici, uno di importo fisso e l’altrovariabile (o entrambi variabili), con o senza scambio del capitale di riferimento.

Come detto tali contratti possono essere utilizzati per immunizzarsi dai rischi. Adesempio, se si detiene una posizione debitoria a tasso variabile, e non si vuolerischiare che eventuali rialzi dei tassi di mercato determinino un aumento nel costo deldebito, è possibile comprare un future su un capitale nozionale pari all’entità deldebito. Su tale ultima posizione, il rialzo dei tassi di mercato determina un profitto cheneutralizza i maggiori oneri del debito. Viceversa, nel caso di un diminuzione dei tassidi mercato, il minor costo del debito sarà compensato dalle perdite generate sullaposizione derivata.

Una altra possibilità è invece offerta dai contratti di opzione, il cui funzionamento èmolto simile a quello dei contratti assicurativi. Ad esempio, per immunizzare dalrischio di cambio un flusso commerciale in valuta estera, è possibile acquistare uncontratto di opzione call su un capitale nozionale pari al flusso atteso; tale strumentoderivato, dietro pagamento di un premio iniziale, consente di scambiare la valutaestera (es. USD) con quella domestica (es. EUR) ad un tasso di cambio prefissato. Incaso di apprezzamento dell’EUR sul USD, e quindi di salita del tasso di cambio dimercato EUR/USD sopra il tasso di cambio concordato nell’opzione, il diritto verràesercitato e consentirà di limitare le perdite. Nel caso, invece, in cui il tasso di cambionon dovesse salire, l’opzione non verrà esercitata, con il solo costo sostenuto per ilpagamento del premio.

Se un soggetto detiene, invece, un finanziamento a tasso variabile – poiché adesempio si è finanziato per cinque anni al tasso Euribor – e intende proteggersi dalrialzo dei tassi di interesse che determinerebbero esborsi per interessi crescenti, puòtrasformare la propria esposizione in una a tasso fisso, attraverso un contratto diswap. In particolare, con tale contratto, il soggetto in questione si accorda di ricevereperiodicamente dalla controparte flussi d’interesse variabili (calcolati applicando iltasso Euribor) e di pagare alla stessa flussi calcolati applicando al capitale diriferimento un tasso di interesse fisso prestabilito. In altre parole, ad ogni scadenzaperiodica verrà regolata tra le parti la differenza tra i due tassi, tale che, laddove iltasso variabile Euribor superi il tasso fisso, riceverà dalla controparte la differenza tra

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il tasso Euribor e il tasso fisso; quando diversamente il tasso Euribor scende sotto iltasso fisso, sarà tenuto a pagare alla controparte la differenza tra il tasso fisso e iltasso variabile. In tale modo, pur mantenendo in essere il finanziamento a tassovariabile, l’abbinamento di un tale contratto swap consente di dare certezza ai flussi dicassa originati dalla propria esposizione debitoria.

In definitiva, dunque, va osservato che l’immunizzazione dai rischi attraverso l’utilizzodi derivati si concretizza in maniera differente in relazione allo specifico prodottoutilizzato o combinazione di prodotti utilizzati. Infatti, mentre con un contratto diopzione si realizza effettivamente una sterilizzazione dal rischio, con il contratto diswap si effettua solo una trasformazione della tipologia di rischio. Nel caso sopradescritto, si passa da un indebitamento a tasso variabile ad una posizione debitoriacomplessiva a tasso fisso, con l’effetto che se prima il rischio era che i tassi diinteresse crescessero nel futuro, dopo il rischio è che i tassi possano invece diminuire.Va però precisato che il contratto di opzione, rispetto ad un contratto di swap, prevedeun esborso iniziale da parte del contraente che si immunizza, costituito dall’importodel premio.

La protezione dai rischi, poiché svolge una funzione economica, è una attività nonpriva di costo per chi la pone in essere. Tuttavia, la natura di tale costo differisce aseconda della tipologia di derivato utilizzato. Nel caso dell’opzione, il costo dellacopertura è costituito dal “premio” corrisposto al venditore per acquistare la facoltà diacquistare nella call e vendere nella put). Tale onere è assimilabile al costo di unapolizza assicurativa.

Diversamente, quando si utilizzano altre tipologie di contratto, quali future e gli swap,il costo della copertura non è di immediata determinazione, poiché non è previsto nelmeccanismo contrattuale un esborso iniziale come per il contratto di opzione. In questicasi, dunque, il costo della copertura può essere ragionevolmente individuato nel c.d.“costo opportunità”, rappresentato dal possibile mancato guadagno a cui si rinuncia incaso in cui le previsioni iniziale dovessero risultare disattese. Inoltre, diversamente daicontratti di opzioneil costo non è determinabile a priori.

4. Esempi di utilizzo di derivati a fini di copertura

Al fine di comprendere il meccanismo con cui un derivato può essere utilizzato a fini dicopertura, appare utile riprendere l’esempio descritto nel Capitolo 1: l’impresa A sifinanzia per un ammontare (nozionale N) di 1 milione di Euro al tasso (variabile)Euribor + 0,8%, mentre l’impresa B si indebita, per il medesimo importo e orizzontetemporale, al tasso (fisso) del 5,5%.

4.1 Interest Rate Swap

Si ipotizzi che l’impresa A, indebitata a tasso variabile, dopo aver pagato la secondarata, di importo maggiore della prima a causa dell’aumento dei tassi verificatosi nellaseconda annualità, decida, temendo un rialzo ulteriore, di cambiare la propriaposizione finanziaria, passando dalla sua attuale posizione a tasso variabile ad una atasso fisso. Per realizzare ciò, sceglie di aprire un’operazione di interest rate swap(IRS) con la Banca 2 come controparte.

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L’operazione di IRS viene strutturata come segue: l’impresa A si impegna a pagarealla Banca 2 un flusso di interessi al tasso fisso del 5,5%, e per contro riceverà dallaBanca 2 un flusso di interessi al tasso variabile pari al tasso Euribor maggiorato dello0,8%.

L’impresa A quindi, compensando i flussi di interessi in entrata (Euribor + 0,8%) e inuscita (5,5%) dell’IRS con quelli in uscita (Euribor + 0,8%) del debito, giungerà adavere un unico flusso in uscita a tasso fisso (5,5%), raggiungendo così lo scopo che siera prefissata di cambiare la propria posizione debitoria da variabile a fissa per ladurata residua del finanziamento. Nella tabella 4 sono rappresentati i flussi dell’IRS edel debito per tutti i 5 anni di durata del finanziamento, ipotizzando che l’IRS vengaavviato a partire dal 3° anno.

Tab. 4Esempio di finanziamento a tasso variabile con annesso IRS (fisso contro

variabile)Costo Finanziamento Flusso SwapAnno Tasso

variabile

(Euribor+ 0,8))

Debitoresiduo

Quotainteressi(var.)[A]

Flussoentrata(var.)[B]

Flussouscita(fisso)

[C]

FlussoNetto(var. –fisso)

[B-C=D]

CostoTotale

Finanz.to +

Swap[A-D]

1 4,3% 1.000.000

43.000 n.a. n.a. n.a. 43.000

2 5,6% 800.000 44.800 n.a. n.a. n.a. 44.8003 4,0% 600.000 24.000 24.000 33.000 -9.000 33.0004 3,6% 400.000 14.400 14.400 22.000 -7.600 22.0005 3,0% 200.000 6.000 6.000 11.000 -5.000 11.000

Tot. n.a. n.a. 132.200 44.400 66.000 -21.600 153.800

Nella metà sinistra della figura 1 sono rappresentati i flussi descritti per la terzaannualità, in particolare con linea continua quello relativo al tasso fisso originatodall’IRS (flusso 3) e con linea tratteggiata i due inerenti il tasso variabile, ovveroquello originato dall’IRS (flusso 2) e quello originato dal debito (flusso 1). Come si puòevincere dalla tabella 4 e dalla figura 1, nella terza annualità il tasso variabile (Euribor+ 0,8%) è stato pari a 4,0%.

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ImpresaA

Banca2

Banca1

Banca3

ImpresaB

(3) Tassofisso

[5,50%]

(5) Tassofisso

[5,50%]

(4) Tassofisso

[5,50%]

(6) Tassovariabile

Euribor + 0,9%

[4,10%]

(2) Tassovariabile

Euribor + 0,8%

[4,00%](1) Tassovariabile

Euribor + 0,8%

[4,00%]

Interest rate swap(s)

opzione collar[floor 2,50% - cap 4,10%]

Fig. 1

Consideriamo ora anche l’altra impresa (l’Impresa B), che ha in essere unfinanziamento a tasso fisso [flusso (4)] con la Banca 3 di analogo ammontare e duratadel finanziamento dell’impresa A. Contrariamente all’Impresa A, l’Impresa B prevedeun calo dei tassi di interesse e preferirebbe pagare un tasso variabile. A tale scopo,entra in un’operazione di swap (variabile contro fisso) con la Banca 2 al fine di ricevereun flusso di interessi a tasso fisso [flusso (5)] a compensazione di quello corrispostoalla Banca 3 [flusso (4)].

Successivamente alla stipula, può essere particolarmente utile conoscere il valorecorrente dell’IRS, determinato sulla base delle condizioni di tasso espresse dal mercato(c.d. mark-to-market). La conoscenza del valore corrente assume particolareimportanza in caso di estinzione anticipata, nel qual caso tale valore viene riconosciutodalla parte debitrice alla parte creditrice.

Durante la vita del contratto è possibile determinare il valore dell’IRS considerando ladifferenza tra gli interessi futuri da ricevere e gli interessi futuri da pagare, attualizzatisecondo le condizioni di mercato dei tassi di interesse relativi alle varie scadenzeresidue. L’attualizzazione consente di calcolare il valore ad oggi di somme di denaroesigibili/pagabili in futuro, così da essere confrontabili.

Il valore dell’IRS durante la sua vita è quindi strettamente legato al concretoandamento dei tassi di interesse di riferimento rispetto alle assunzioni di partenza. Inmaniera semplicistica, possiamo considerare che quando i tassi di interesse di mercatorisultano inferiori al tasso fisso concordato nell’IRS, il valore di mercato dello swapsarà negativo per il contraente che paga il tasso fisso (poiché sta pagando interessipiù alti di quelli di mercato) e positivo per la parte che paga il tasso variabile (e quindiriceve un tasso fisso più elevato di quello di mercato). Nello scenario opposto,ovviamente, il valore corrente dello swap sarà positivo per chi corrisponde il tassofisso e negativo per l’altra parte.

Al momento iniziale del contratto, il suo valore corrente è pari a zero poiché i flussirelativi alla parte fissa e quelli relativi alla parte variabile del contratto si equivalgono.

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4.2 Interest Rate Option

Invece che entrare nell’operazione di swap, l’impresa A avrebbe potuto immunizzarsitotalmente dal rischio di una discesa dei tassi acquistando un’opzione cap, checonsente al possessore di pagare un tasso di interesse massimo, pari al tasso diesercizio prestabilito nel contratto di opzione (c.d. cap rate), su un ammontarenominale e per un periodo di tempo predefinito, a fronte del pagamento di un premioper l’acquisto dell’opzione.

Supponiamo quindi che l’impresa A, per l’intera durata del finanziamento (5 anni),decida di acquistare un’opzione cap con tasso di esercizio del 5,0%, su un capitalenozionale pari al debito residuo, a fronte del pagamento di un premio annuo dello0,1% del capitale nozionale 11. Tale premio si aggiunge al tasso variabile delfinanziamento (Euribor + 0,8%), per un esborso complessivo pari a Euribor + 0,9%.

L’opzione verrà esercitata il 2° anno, quando il tasso di mercato sarà superiore al caprate (del 5,0%) dell’opzione. L’impresa A, quindi, invece di pagare il tasso di mercato,pari a 5,6%, corrisponde il livello massimo fissato contrattualmente del 5%.

Tab. 5Esempio di finanziamento a tasso variabile con annessa opzione Cap

Costo Finanziamento Flusso Opzione CapAnno Tassovariabil

e(Euribor+ 1,3)

Debitoresiduo

Quotainteressi(var.)[A]

Premio(0,1%debito

residuo)[B]

Mancato flussoin uscita

(per eserciziocap)[C]

Costo TotaleFinanz.to +

Cap[A-B-C]

1 4,3% 1.000.000

43.000 1.000 0 44.000

2 5,6% 800.000 44.800 800 - 4.800 40.8003 4,0% 600.000 24.000 600 0 24.6004 3,6% 400.000 14.400 400 0 14.8005 3,0% 200.000 6.000 200 0 6.200

Tot. n.a. n.a. 132.200 3.000 130.400

L’opzione si configura quindi come una vera e propria “assicurazione”, a fronte dellaquale l’impresa A versa alla controparte, anno per anno, un premio, a prescinderedall’effettivo utilizzo o meno della copertura.

La differenza fra la copertura con un’opzione e quella con uno swap risiedeprincipalmente nel fatto che, con l’opzione, l’impresa A acquista una vera e propriaassicurazione che la copre totalmente dal rischio di un movimento avverso dei tassi, e,a fronte di ciò, paga alla controparte un premio fissato a priori. Con lo swap, invece,l’impresa A cambia il proprio profilo di rischio, passando da un tasso variabile ad untasso fisso, senza sostenere un costo iniziale, come nel caso dell’opzione.

11 L’intera entità del premio può anche essere corrisposta alla controparte in unica soluzioneall’inizio dei cinque anni.

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4.3 Interest Rate Swap con Collar

Per soddisfare esigenze di copertura più articolate, le imprese possono utilizzare glistrumenti appena descritti in maniera combinata, attraverso prodotti più complessi,come accade per l’impresa B nella figura 1, che sottoscrive un Interest Rate Swap conl’aggiunta di una opzione collar (c.d. embedded); in tal caso il derivato che vienecostruito ha caratteristiche particolari che coniugano quelle dei due derivati base sopradescritti.

Riprendiamo l’esempio dell’Interest Rate Swap, ipotizzando che la Banca 2, a fronte diuna specifica commissione, offra un’ulteriore protezione all’Impresa B attraverso uncontratto aggiuntivo di opzione collar sul tasso di interesse variabile [flusso (6)]. Comegià spiegato, l’opzione collar è un accordo tra la Banca 2 e l’Impresa B sul valoreminimo (c.d. floor rate) e massimo (c.d. cap rate) del tasso variabile che l’Impresa Bpagherà alla Banca 2. Pertanto, l’opzione collar consente all’Impresa B di trarrebenefici da una possibile discesa dei tassi di interesse fino al livello del floor, e nellostesso tempo di limitare al livello del cap gli esborsi futuri per interessi.

4.4 Cross Currency Interest Rate Swap

Consideriamo ora l’impresa C che esporta all’estero i propri prodotti. In particolare haun contratto pluriennale di fornitura di beni alla Impresa D, con sede negli Stati Uniti,la quale paga periodicamente il corrispettivo dei beni in dollari [flusso (7)]. L’ImpresaC, pertanto, ha un fatturato in dollari e, pertanto, si assume il rischio che unariduzione dei tassi di cambio EUR/USD (cioè un rafforzamento dell’Euro sul dollaro)abbia un impatto negativo sui propri ricavi.

L’impresa C, pertanto, decide di coprirsi da tale rischio, concludendo con la Banca 4 uncontratto di cross-currency swap (del tipo fisso contro fisso) in forza del quale, afronte del pagamento periodico di flussi denominati in USD, essa riceve flussidenominati in EUR, calcolati secondo un tasso di cambio pattuito. Si noti che in questocaso può esserci o meno lo scambio del nozionale al termine del periodo. Taleoperazione, dunque, consente all’impresa di ridurre notevolmente l’incertezza deifuturi tassi di cambio EUR/USD e di immunizzare i propri ricavi futuri dal rischio dicambio.

Dall’altro lato, l’Impresa D statunitense ha in essere un finanziamento con la Banca 5a tasso fisso, denominato in Euro, necessario per far fronte agli acquisti dalla ImpresaC. Essa ha, tuttavia, aspettative di rialzo del dollaro rispetto all’Euro, che avrebbe laconseguenza di rendere più cari pagamenti per interessi dovuti alla Banca 512 epertanto, intende coprirsi da tale rischio. Essa inoltre ritiene che i tassi di interesse inEuropa siano destinati in futuro a scendere, pertanto intende trasformare la propriaposizione di indebitamento a tasso fisso in una posizione a tasso variabile. A tal fine,conclude con la Banca 4 un cross-currency swap (del tipo fisso contro variabile), con ilquale riceve da questa periodicamente interessi in Dollari, calcolati su un tasso fisso, epaga interessi in Euro calcolati a tasso variabile.

Nella fig. 2 sono schematizzati i flussi scambiati tra le controparti dello swap (con lineacontinua quelli relativi al tasso fisso e con linea tratteggiata quelli variabili). 12 L’impresa D, infatti, per pagare le somme in Euro deve cambiare la valuta domestica (ilDollaro) a tassi di cambio più elevati.

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Fig. 2

Vale la pena accennare che la Banca 4, controparte di entrambe le operazioni di swapsvolge un ruolo importante nel trasferire il rischio tra le due imprese. Tuttavia,nell’esempio considerato, essa riceve un flusso in Euro calcolato sulla base di un tassovariabile dall’impresa D, mentre paga all’impresa C un flusso in Euro a tasso fisso.Essa, pertanto, è a sua volta esposta al rischio di riduzione dei tassi di interesse:laddove, infatti, il tasso variabile di riferimento dello swap concluso con l’Impresa Dscendesse sotto il tasso fisso concordato nello swap con l’Impresa C, la Banca 4avrebbe una perdita. Essa pertanto, gestirà tale rischio, coprendosi a sua volta ovveromantenendolo, nell’ambito del proprio portafoglio.

5. Il ruolo degli intermediari nella copertura

I contratti derivati, dunque, costituiscono lo strumento con cui si trasferisce il rischioda soggetti avversi a soggetti disposti ad assumersi tale rischio. E’ chiaro dunque chea fronte di un soggetto che intende ridurre il proprio grado di rischio dovrà esserci unsoggetto che, invece, desidera assumersi coscientemente rischi di maggiore entità,eventualmente per aumentare il livello dei potenziali guadagni. Gli intermediari, daquesto punto di vista, svolgono un ruolo fondamentale perché offerta e domanda dirischio possano incontrarsi. In particolare essi operano in qualità di mediatori,ricercando la controparte per i propri clienti, ovvero assumendosi in proprio talerischio, al fine di gestirlo in maniera professionale e secondo sofisticati modelli di riskmanagement.

ImpresaC

Banca4

(9) USD tasso fisso

Cross currency swap(s)

ImpresaD

(7) USDpagamenti

periodici fissi

(10) EUR tasso fisso

(13) EUR tasso variabile

(12) USD tasso fisso

Banca5

(11) EUR tasso fisso

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Le esigenze di copertura delle imprese coinvolgono mediamente importi non rilevanti,mentre il mercato derivati, soprattutto quello over-the-counter, è per la maggior partecaratterizzato da negoziazioni per valori nominali elevati (c.d. mercato all’ingrosso).Gli intermediari, quindi, svolgono anche il compito di consentire alle imprese,soprattutto a quelle di piccole e medie dimensioni, di accedere a prodotti di gestionedei rischi altrimenti non utilizzabili. Ciò è possibile, poiché, le banche si rivolgono almercato professionale, spesso a banche estere, per importi rilevanti e offronostrumenti alle imprese di taglio inferiore, con il risultato di “frazionare” grossi importi afavore della propria clientela.

L’attività svolta dagli intermediari viene remunerata attraverso l’applicazione di un c.d.“mark-up” sul prezzo del contratto derivato offerto. Ad esempio per il contratto diswap, il tasso di interesse che viene pagato dall’impresa è determinato considerando iltasso di interesse di un equivalente contratto di swap con pari durata offerto sulmercato all’ingrosso più un ulteriore “spread”, nel quale viene ricompreso un premioper il rischio di controparte assunto dalla banca13 più la remunerazione per l’attivitàsvolta dalla banca.

In definitiva, dunque, le imprese e gli intermediari possono avere una visionedifferente dei derivati: per i primi questi assolvono l’importante funzione di coprirsi dairischi, mentre gli intermediari svolgono la fondamentale funzione di gestireprofessionalmente tali rischi, assumendoli in proprio, completamente o in parte,ovvero di ricercare la controparte disposta a farlo.

Come indirettamente sottolineato in precedenza, la rilevanza operativa degli strumentiderivati assume specifico significato anche nell’ambito della definizione del correttorapporto banca-impresa. Infatti, un derivato permette di ridurre l’impatto dei rischifinanziari nell’ambito delle valutazioni relative all’affidamento bancario, diminuendoquindi la rischiosità complessiva dell’impresa, con benefici sia per la banca, sottoforma di un minor rischio di credito associato all’impresa, sia per l’impresa stessa,migliorando l’accesso al credito. Sotto questo profilo lo strumento derivato, rispettoalle forme tradizionali di garanzia (pegno, ipoteca, fideiussione), con cui si pone in unrapporto di complementarietà, presenta minori oneri economici e amministrativi.D’altra parte deve essere chiaro che essi, per i contraenti, generano incassi (flussipositivi) od esborsi (flussi negativi). Tuttavia, è altrettanto opportuno chiarire che glieventuali esborsi da parte dell’impresa che ha concluso il derivato, non costituiscono il“profitto” per la banca, ma un flusso positivo che compensa, a sua volta, analoghetransazioni che la banca ha messo in piedi per coprirsi a sua volta, essendo la banca,tipicamente, un risk manager.

Attraverso l’utilizzo di derivati più complessi è possibile, anziché coprirsi totalmentedal rischio, immunizzarsi parzialmente, differenziando il livello di copertura sulla basedel diverso grado di probabilità circa il verificarsi di predeterminati eventi. Talepossibilità consente, ad esempio, di ridurre il costo complessivo di un finanziamento;tuttavia, laddove si dovessero verificare le condizioni meno probabili (per i quali lacopertura agisce in maniera meno efficace) tale costo potrebbe risultare superiorerispetto alla situazione di partenza.

13 La misura del premio di rischio varia in relazione al merito creditizio attribuito dalla banca aciascuna controparte.

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6. Gli scambi di contratti derivati

I contratti derivati possono essere scambiati sia sui mercati regolamentati siadirettamente tra le parti, intermediari o investitori, al di fuori di queste strutture. Ci siriferisce spesso all’insieme degli scambi bilaterali di derivati come al mercato over-the-counter (OTC), termine mutuato dal linguaggio finanziario inglese che indica l’insiemedelle transazioni concluse al di fuori delle strutture organizzate - reali o virtuali - di unmercato.

I contratti derivati scambiati sui mercati regolamentati si differenziano da quelli over-the-counter per l’elevata standardizzazione delle caratteristiche contrattuali,necessaria perché essi possano essere negoziati multilateralmente e in manieracentralizzata in un mercato. Le caratteristiche contrattuali sono pertanto stabilite dalMercato sul quale il contratto è negoziato, senza alcuna possibilità per le parti diapportare variazioni alle stesse. Diversamente, le caratteristiche di un derivato OTCsono stabilite di volta in volta tra le parti e dunque offrono una maggiore flessibilità nelsoddisfare le esigenze di copertura . Spesso, quando il contratto è concluso traoperatori professionali, le reciproche obbligazioni fanno riferimento a schemicontrattuali predefiniti e comunemente approvati (c.d. master agreement), chelasciano alle parti di indicare esclusivamente i termini economici specifici del contrattoche intendono concludere.

Si può quindi affermare che se i mercati OTC offrono maggiore flessibilità di prodotto,sui mercati regolamentati si concentra maggiore “liquidità”, conseguenza dellastandardizzazione dei prodotti, che offre maggiore possibilità di investimento edisinvestimento. Nella scelta di un prodotto derivato regolamentato o over-the-counternon si può, pertanto, prescindere dal valutare il trade-off fra liquidità e flessibilità.

Occorre inoltre evidenziare che non risulta facile quantificare l’attività di scambio diprodotti derivati. In particolare gli scambi di derivati over-the-counter non si prestanoad una precisa rilevazione, tenuto conto che sono prevalentemente conclusibilateralmente e non vengono rilevati in maniera centralizzata come invece accade perquelli conclusi sui mercati regolamentati. Statistiche sugli scambi che avvengono sutali ultimi mercati, inoltre, sono giornalmente diffuse con indicazione dei contratticonclusi e delle posizioni in essere a fine giornata (c.d. open interest). In generale,poi, come visto, nella specie dei prodotti derivati esistono diverse famiglie di strumenticontraddistinte da una elevata eterogeneità delle caratteristiche, che rende difficilel’aggregazione di sintesi dei dati.

Gli scambi di strumenti derivati, come si vedrà di seguito, appaiono molto elevati,soprattutto se confrontati con gli scambi dei rispettivi strumenti sottostanti. Tuttavia,va precisato, che essi sono normalmente misurati in termini di valori nozionali, i quali,per le ragioni prima spiegate sul cosiddetto leverage, sovra-stimano il fenomeno e nondanno una idea delle risorse finanziare effettivamente scambiate.

6.1 Gli scambi sui mercati regolamentati

Le negoziazioni sui mercati regolamentati si svolgono, secondo regole predefinitestabilite dal mercato, attraverso sistemi di negoziazione nei quali i partecipanti almercato inseriscono le proprie proposte di acquisto e di vendita degli strumenti. Il

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sistema, secondo criteri predefiniti di priorità di prezzo e di tempo, provvede acombinare le proposte di negoziazione per la conclusione del contratto.

Sui mercati regolamentati derivati interviene, a garanzia dell’adempimento degliobblighi economici contrattuali, la c.d. controparte centrale, che si interpone tral’acquirente ed il venditore, divenendo la controparte di tutte le transazioni eseguitesul mercato. La controparte centrale, o clearing house, garantisce in proprio il buonfine dei contratti e, a tale scopo, richiedere ai partecipanti al mercato il versamento dimargini di garanzia iniziali (calcolati in percentuale del valore nominale dei contrattiderivati conclusi) e prevede a calcolare giornalmente le perdite/profitti dellecontroparti e a richiederne il regolamento (c.d. marking-to-market).

Sui mercati regolamentati sono scambiati principalmente derivati su tassi di interessee bond, su azioni e indici azionari, in parte minore, anche se rilevante, su commoditiese valute.

In Italia, il solo mercato regolamentato di strumenti derivati è l’IDEM (l’ItalianDerivatives Equity Market) organizzato e gestito dalla Borsa Italiana, nel quale sononegoziati contratti future e di opzione con sottostanti titoli o indici azionari. E’ inoltreattivo un sistema di scambi organizzati, l’E-Mider, nel quale sono scambiati contrattiswap su tassi di interesse.

Gli scambi a livello mondiale di prodotti derivati sui mercati regolamentati nel 2003,secondo i dati pubblicati nel rapporto annuale della World Federation of Exchanges(FIBV), sono ammontati a circa 1,7 milioni di miliardi di Euro, con una fortepreponderanza di scambi, in termini di valore nozionale, di derivati su tassi diinteresse, per circa il 92 percento, e per la rimanente quota di scambi di derivati sutitoli e indici azionari. In termini di volumi scambiati, i derivati azionari hanno, invece,rappresentato oltre il 70 percento degli scambi (cfr. Tab. 6).

ASSOCIAZIONE BANCARIA ITALIANA

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Tab. 6

A livello europeo, sempre secondo la stessa rilevazione, il valore degli scambi inderivati si è attestato nell’ultimo anno (ott. 03 – sett. 04) su valori di poco superiori a365 mila miliardi di Euro, pari a poco più del 21 percento dei scambi a livellointernazionale. Anche in europa i derivati su tassi di interesse rappresentano latipologia di strumenti più negoziata in termini di valore nominale, pari al 95 per cento,seguita dai derivati su azioni ed indici azionari, per il 4 per cento (cfr. Tab. 7).

num. Contratti % USD milioni EUR milioni % num. Contratti %Derivati su tassi di interesse

Tassi di interesse a brevefuture 708.579.956 879.788.549 778.573.937 37.807.409 opzioni 182.999.206 194.014.987 171.694.679 18.150.503

Tassi di Interesse a lungofuture 862.882.430 722.436.427 639.324.272 11.498.566 opzioni 118.915.201 7.006.411 6.200.364 3.213.496

1.873.376.793 23,6% 1.803.246.374 1.595.793.251 92% 70.669.974 15%

Derivati azionariopzioni su azioni 1.470.181.473 2.850.595 2.522.650 317.043.749 future su azioni 86.633.080 257.154 227.570 2.922.862 opzioni su indici 3.356.829.909 13.518.932 11.963.657 48.170.472 future su indici 695.159.273 126.625.129 112.057.636 20.205.588

5.608.803.735 70,8% 143.251.810 126.771.513 7% 388.342.671 82%

Derivati su tassi di cambiofuture 55.648.334 4.313.872 3.817.586 2.071.887 opzioni 13.861.559 495.132 438.170 741.657

69.509.893 0,9% 4.809.004 4.255.756 0,2% 2.813.544 1%

Derivati su mercifuture 321.247.413 2.998.437 2.653.484 5.483.244 opzioni 49.948.894 208.861 184.833 4.423.394

371.196.307 4,7% 3.207.298 2.838.317 0,2% 9.906.638 2%

Totale 7.922.886.728 1.954.514.486 1.725.403.081 471.732.827 Elaborazione su dati della World Exchanges Federation - www.world-exchanges.org

tasso di cambio medio 2003 USD/EUR: 1,13

Volumi negoziati Valore Nozionale Posizioni aperte

SCAMBI DI DERIVATI SUI MERCATI REGOLAMENTATI MONDIALI - anno 2003

ASSOCIAZIONE BANCARIA ITALIANA

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Tab. 7

Per quanto, invece, riguarda gli scambi di derivati sui mercati regolamentati in Italia,sull’IDEM sono stati negoziati, nell’anno 2003, contratti derivati su azioni e indiciazionari per complessivi 777 miliardi di euro. In particolare, il 76 percento del valoredegli scambi ha riguardato i contratti future su indici azionari, anche se la tipologia diderivato che ha registrato il maggior numero di transazioni è stata l’opzione su singolititoli azionari (cfr. Tab. 8).

Tab. 8

num. Contratti % USD milioni EUR milioni % num. Contratti %Derivati su tassi di interesse

Tassi di interesse a brevefuture 190.478.711 217.893.996 192.826.545 3.638.581 opzioni 77.836.576 92.914.489 82.225.212 8.653.157

Tassi di Interesse a lungofuture 526.886.630 74.710.092 66.115.126 2.459.937 opzioni 49.564.404 7.004.641 6.198.797 951.154

844.766.321 38,3% 392.523.218 347.365.679 95% 15.702.829 11%

Derivati azionariopzioni su azioni 500.943.933 848.453 750.843 90.510.404 future su azioni 60.621.984 55.662 49.258 2.729.435 opzioni su indici 226.470.578 5.120.322 4.531.258 24.028.239 future su indici 246.870.784 11.124.250 9.844.469 3.148.158

1.034.907.279 46,9% 17.148.686 15.175.829 4% 120.416.236 85%

Derivati su tassi di cambiofuture 1.735.130 7.939 7.026 173.851 opzioni 138.324 1.640 1.451 27.610

1.873.454 0,1% 9.579 8.477 0,0% 201.461 0%

Derivati su mercifuture 321.247.413 2.998.437 2.653.484 5.483.244 opzioni 4.154.612 147.704 130.711 395.116

325.402.025 14,8% 3.146.141 2.784.195 0,8% 5.878.360 4%

Totale 2.205.075.625 412.818.045 365.325.703 141.997.425 (quota mercati internazionali) 27,8% 21,1% 30,1%

Elaborazione su dati della World Exchanges Federation - www.world-exchanges.org

tasso di cambio medio 2003 USD/EUR: 1,13

SCAMBI DI DERIVATI SUI MERCATI REGOLAMENTATI EUROPEI - anno 2003

Volumi negoziati Valore Nozionale Posizioni aperte

num. Contratti % EUR millioni %

Derivati azionariopzioni su azioni 7.924.078 45% 30.940 4%

future su azioni 468.083 3% 2.050 0%opzioni su indici 2.505.351 14% 153.998 20%future su indici 6.834.124 39% 590.435 76%

Totale 17.731.636 777.423 Elaborazione su dati della Borsa Italiana - www.borsaitalia.it

SCAMBI DI DERIVATI IDEM - anno 2003

Volumi negoziati Valore nozionale

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6.2 Gli scambi di derivati over-the-counter

Diversamente da quanto accade sui mercati regolamentati, nella contrattazionebilaterale over-the-counter, invece, la conclusione dei contratti avviene attraversocontatti telefonici registrati tra le parti, che provvedono poi ad inviarsi conferme scrittedella transazione conclusa. Negli ultimi anni si sono anche sviluppati sistemiinformatici che consentono di esporre proposte di acquisto e di vendita, senza tuttaviaeffettuare la combinazione delle offerte, facilitando la ricerca delle controparti con cuinegoziare. Quanto alla garanzia delle operazioni over-the-counter, le contropartifrequentemente usano scambiarsi titoli o contante (c.d. collateral), a garanzia del loropotenziale inadempimento.

La Bank for International Settlement (BRI), sulla base di rilevazioni trimestralisull’attività in derivati effettuata da un campione di banche, ha di recente stimato cheil turnover giornaliero dei derivati su tassi e valuta negoziati OTC nei 44 Paesi BRI èstato di 1.220 miliardi di dollari, dei quali 140 su valuta (12%) e 1.025 su tasso(88%).

In termini comparativi, il turnover dei derivati su tassi e valuta negoziati sui mercatiregolamentati nei 44 Paesi BRI è stato di 4.543 miliardi di dollari, di cui 22 su valuta(0,5%) e 4.521 su tassi (99,5%).

L’Italia è il 5° Paese fra i 44 censiti dall’indagine BRI per turnover degli scambi diderivati OTC, con una quota di solo il 2,7%. I Paesi con un’attività in derivati OTCsuperiore a quella rilevata in Italia sono, nell’ordine, UK (42,6%), USA (23,5%),Francia (10,2%) e Germania (3,0%).

Tab. 9

Il turnover italiano giornaliero medio è cresciuto di circa il +71% nel periodo 2001-2004, passando da 24 a 41 miliardi di dollari (dati corretti sia localmente che crossborder).

Turnovergiornaliero

%Turnover

giornaliero%

Quota suBRI

(a) (b) (b)/(a)Derivati su tassi di cambio

Currency Swaps 21 0,3Options 117 3,9Altro 2 0,0

tot. 140 12% 4,2 8% 2,98%

Derivati su tassi di interesseFRAs 233 9,6Swaps 621 32,9Options 171 2,6

tot. 1025 88% 45,1 92% 4,40%

Totale 1220 4,1% 49,3 100% 4,04%

Fonte: Elaborazione su dati BRI e UIC – Dati in miliardi di dollari

44 PAESI BRI

SCAMBI GIORNALIERI DI DERIVATI OTC IN ITALIA

Tipologia di derivato

ITALIA

Aprile 2004

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La crescita media dei 44 Paesi coinvolti dall’indagine è stata, per lo stesso periodo, del+97%, con un passaggio da 764 miliardi di dollari a 1.508.

Quanto alla natura della controparte, dai dati contenuti nell’indagine svolta dalla BRI edall’Ufficio Italiano dei Cambi (UIC) su un campione di 46 banche (43 aziende dicredito italiane e 3 filiali di banche estere che complessivamente rappresentano circal'84 per cento del mercato dei derivati), emerge che nelle transazioni di derivati over-the-counter in Italia prevalgono, per quasi l’80 per cento, controparti di naturabancaria (dealers), seguiti da altre istituzioni finanziarie per il 17 per cento. Solo il 4per cento delle transazioni in derivati è concluso con la clientela. Si rileva, inoltre, chenegli scambi interbancari prevalgono le banche estere (mediamente nove su dieci):quest'ultime, infatti, sono in grado di operare intensamente negli scambi interbancaridi titoli derivati grazie alla loro dimensione mediamente superiore a quella degliistituto di credito italiani.

Tab. 10DERIVATI NEGOZIATI OTC - Natura della controparte (Apr. 2004)Tipologia

controparte

Italia –

Percentuale*

Italia Rett.– Perc. BRI –

Percentuale

DealersResidentiNonresidenti

79%8%71%

85,8%9%76,8%

49%18,5%30,5%

Altre ist.finanziarie

ResidentiNonresidenti

17%NDND

12,4%NDND

43%18%25%

ClientelaResidentiNonresidenti

4%NDND

1,8%NDND

8%4%5%

*I dati riferiti al sistema Italia sono calcolati su una base differenterispetto a quelli BRI. Infatti i dati italiani, forniti dall’UIC, comprendonoanche il mercato spot/termine delle valute. I dati italiani depurati di talefattore sono stati ottenuti tramite elaborazioni interne e vengonorappresentati nella colonna “rett.”

Infine, secondo un’indagine condotta lo scorso anno dall’ISDA14, il 92% delle 500maggiori società non finanziarie mondiali utilizza strumenti derivati per copertura. Frai rischi più “coperti”, il rischio di tasso (85% del campione), il rischio di valuta (78%),il rischio legato al prezzo delle commodities (23,5%), il rischio di mercato su azioni inportafoglio (11%).

Dalla analisi di queste cifre è possibile trarre un’importate considerazione. Il mercatoover-the-counter è dimensionalmente inferiore a quello regolamentato. Tuttavia, ilmercato non regolamentato, pur offrendo prodotti più complessi, ha il vantaggio di 14 International Swaps and Derivatives Association, Inc. – “2003 survey of derivatives usage” -www.isda.org . Il campione di imprese prevede, tra le altre, 196 imprese USA, 89 impresegiapponesi, 37 imprese francesi, 35 imprese del Regno Unito e 34 imprese tedesche.

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offrire maggiore flessibilità nel soddisfare le esigenze degli investitori (tailoredproducts).

7. Il trattamento contabile degli strumenti derivati

7.1 La normativa attuale

In materia di strumenti derivati, nell’ambito delle disposizioni dettate dal codice civile,vista l'assenza di una specifica disciplina, si deve far riferimento ai principi generali diredazione del bilancio15. Gli strumenti derivati sono invece disciplinati nell’ambito delledisposizioni dettate per le banche (D. Lgs n. 87 del 1992), mentre per le imprese nonbancarie quotate deve farsi riferimento alla Comunicazione Consob n. 1026875 del2001, che individua nelle disposizioni dettate per le banche una linea interpretativa deiprincipi di carattere generale prima richiamati. Per le imprese non bancarie nonquotate si rileva l’assenza di norme specifiche. Anche la recente riforma del dirittosocietario non ha introdotto disposizioni in materia.

Tutte le imprese, sulla base delle regole generali previste per la redazione dei bilancisopra richiamate, sono tenute a contabilizzare la quota degli oneri e proventi rivenientidagli strumenti derivati, realizzati o maturati alla data di redazione del bilancio(tipicamente nelle voci “Proventi/Oneri finanziari” o “Altri proventi/Oneri finanziari”).La normativa attuale non richiede alcun obbligo specificodi evidenziare separatamentei relativi effetti economici e patrimoniali e di fornire altre informazioni di dettaglio utiliper una migliore comprensione delle operazioni derivate poste in essere dall’impresa.Non si rinviene altresì alcuna norma specifica circa la contabilizzazione dei risultatidella valutazione (plusvalenze o minusvalenze da valutazione) dello strumentoderivato alla data di redazione del bilancio 16. Il trattamento contabile delle valutazionidegli strumenti derivati, per le imprese non bancarie, viene pertanto lasciato al piùgenerico principio della prudenza17.

Lo scenario prima delineato comporta, come conseguenza, l’assenza di informazioniriferibili ai contratti derivati desunti dai bilanci delle imprese non bancarie, censiti dallaCentrale dei Bilanci18.

La possibilità di rinvenire specifiche informazioni sui contratti derivati negoziatidall’impresa non bancaria può dipendere quindi dalla volontà della stessa di darneapposita evidenza, attenendosi, ad esempio, alle sopra citate disposizioni dettate per ibilanci delle banche dal D. Lgs n. 87 del 1992, nonché dalle relative istruzioni divigilanza emanate dalla Banca d’Italia 19. Nel caso l’impresa sia sottoposta a 15 Cfr. Artt. 2423 (principio della rappresentazione veritiera e corretta della situazionepatrimoniale, economica e finanziaria della società) e 2423 bis (principi della competenza e dellaprudenza).16 All’atto della stipula gli strumenti derivati sono registrati tra gli impegni al loro valorenozionale.17 In applicazione del principio della prudenza di cui all’art. 2423 bis del Codice Civile, tutte leimprese devono effettuare rettifiche di valore delle attività o costituire accantonamenti a frontedei rischi ravvisabili alla data di redazione del bilancio.18 La Centrale dei bilanci censisce, tra l’altro, i dati di bilancio delle società italiane di capitale.19 La citata Comunicazione della Consob, oltre alla normativa dettata per i bilanci bancari,richiama anche i Principi contabili internazionali, le cui disposizioni in materia di classificazione inbilancio degli strumenti derivati sono ritenute dalla stessa Consob compatibili con le disposizioni

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certificazione di bilancio (obbligatoria o volontaria), le società di revisione pongonoparticolare attenzione alle operazioni in derivati, al fine della loro correttarappresentazione, prendendo a riferimento la normativa bancaria di seguitosintetizzata20.

La disciplina dettata per le banche prevede che, in presenza di un’operazione instrumenti derivati effettuata per finalità di copertura 21, lo strumento derivato siavalutato coerentemente con lo strumento coperto. Di conseguenza:

1) se lo strumento coperto fa parte del banking book22 ed è pertanto valutato alcosto storico di acquisto, non è prevista la valutazione dello strumentoderivato, ma solo la contabilizzazione dei proventi/oneri (assimilati agliinteressi), realizzati o maturati alla data di redazione del bilancio;

2) se lo strumento coperto fa parte del trading book23 ed è pertanto valutato almercato (se lo strumento derivato è quotato) o al minore fra costo e valore dimercato (se lo strumento derivato non è quotato), i risultati della valutazionedello strumento derivato sono contabilizzati nella voce 60 – Profitti e perdite daoperazioni finanziarie, fino a concorrenza delle oscillazioni di valore registratesullo strumento coperto. Nella voce 60 vanno contabilizzati anche iproventi/oneri realizzati o maturati alla data di redazione del bilancio.

Viceversa, nel caso di operazioni che non rispettano i requisiti previsti per le operazionidi copertura ovvero nel caso vengano meno detti requisiti, lo strumento derivato vaconsiderato di trading ed è pertanto valutato al mercato o al minore fra costo e valoredi mercato. In entrambi i casi, gli eventuali risultati negativi della valutazione dellostrumento derivato (minusvalenze da valutazione) devono essere iscritte nel contoeconomico (voce 60 – Profitti e perdite da operazioni finanziarie).

Tale disciplina prevede che nella nota integrativa sia fornita, tra l’altro, la separataindicazione degli effetti economici e patrimoniali (sia relativi agli oneri/proventi chealle valutazioni) contabilizzati sugli strumenti derivati.

L’applicazione alle imprese non bancarie della normativa dettata per le banchecomporta il rispetto dei requisiti previsti per le operazioni di hedging ai fini dellaclassificazione di un’operazione come di copertura. Pertanto, quando le operazioniclassificate di copertura non risultano simmetriche in termini di caratteristiche econdizioni contrattuali (nozionale, tassi di riferimento, durata, ecc.) rispetto ai relativisottostanti coperti, esse dovranno essere classificate tra le operazioni di negoziazione,

legali italiane ed europee. Si segnala che i requisiti previsti dai Principi contabili internazionali(segnatamente dallo IAS 39) ai fini della classificazione di un’operazione come di copertura,risultano più stringenti rispetto a quelli previsti dalla normativa attuale dettata per le banche.20 Con riguardo ai soggetti a cui è demandata la verifica della corretta contabilizzazione delleoperazioni in derivati, la citata comunicazione della Consob individua gli stessi negliamministratori, oltre che nelle società di revisione.21 Un’operazione di copertura può essere designata come tale solo se l’intento di porre in esserela copertura, così come l’elevata correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie delleattività/passività coperte e quelle del contratto derivato di copertura, sono documentati daevidenze interne.22 Il banking book è rappresentato tipicamente dai finanziamenti erogati e dalle poste chel’impresa intende detenere fino a scadenza.23 Il trading book è rappresentato dalle attività detenute ai fini di negoziazione.

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con la conseguenza di dover procedere alla registrazione nel conto economico deglieventuali risultati negativi della valutazione dello strumento derivato alla data diredazione del bilancio (minusvalenze da valutazione). Infatti, mentre in un’operazionedi copertura i risultati della valutazione dello strumento derivato devono esserecontabilizzati solo nella misura necessaria a compensare le variazioni di valore dellostrumento coperto24, in un’operazione che non rispetta i requisiti (al momento in cui èposta in essere o anche in un momento successivo) per essere classificata di hedging irisultati negativi della valutazione dello strumento derivato devono esserecontabilizzati nel conto economico per l’intero importo.

Nel corso di un’analisi dei bilanci relativi all’esercizio 2003 di alcune società nonbancarie quotate (tra cui una PMI quotata nel segmento Expandi), in materia distrumenti derivati si è rilevato sinteticamente quanto segue:

1) viene specificato l’intento per cui tali strumenti sono detenuti (negoziazione ocopertura);

2) viene fornita l’indicazione delle voci interessate dalla contabilizzazione deiproventi/oneri realizzati o maturati alla data di redazione del bilancio, con laseparata indicazione degli importi relativi agli strumenti derivati;

3) viene fornita l’indicazione delle voci interessate dalla contabilizzazione dellevariazioni del valore degli strumenti derivati detenuti per finalità dinegoziazione.

In conclusione, si può affermare che, nei casi in cui l’assenza di una normativaspecifica in materia di strumenti derivati non sia colmata (facendo riferimento adesempio alla normativa prevista per le banche), la capacità informativa del bilanciopotrebbe risultare notevolmente ridotta, con il rischio di ritardare, a danno di tutti isoggetti che sono a vario titolo interessati all’andamento dell’impresa, la correttapercezione circa l’effettiva consistenza dei riflessi economici e patrimoniali connessi alfenomeno in oggetto.

7.2 Evoluzioni

Riguardo alle informazioni di bilancio, è utile richiamare il D. Lgs. n. 394 del 2003, diattuazione della direttiva 2001/65 (cosiddetta direttiva fair value), le cui previsioni siapplicheranno a partire dal 1° gennaio 2005. Tale provvedimento, che dispone normespecifiche in tema di disclosure degli strumenti finanziari, introduce l’art. 2427 – bisdel codice civile, con il quale viene richiesto alle imprese (quotate e non quotate) chenon valutano al fair value25 gli strumenti finanziari, di indicare in nota integrativa (dei 24 E’ evidente che se lo strumento coperto è valutato al costo non verrà registrata alcunavariazione.25 I Principi contabili internazionali definiscono il fair value come il corrispettivo al qualeun’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione tra particonsapevoli e indipendenti. Lo IAS 39 indica la seguente gerarchia dei criteri di stima del fairvalue:

• l’esistenza di quotazioni pubbliche del prezzo in un mercato attivo;• l’utilizzo di tecniche valutative affidabili e comunemente adottate dagli operatori di mercato;• il prezzo di recenti transazioni di mercato tra parti consapevoli ed indipendenti;• il riferimento ai valori correnti di mercato di strumenti sostanzialmente identici;

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bilanci individuali e consolidati) il fair value dei derivati e, per le immobilizzazionifinanziarie iscritte ad un valore superiore al fair value (nel caso detto valore siadeterminabile), i motivi per i quali dette immobilizzazioni non sono state svalutate;inoltre, all’art. 2428, viene aggiunta una disposizione volta a richiedere che nellarelazione sulla gestione (allegata ai bilanci individuali e consolidati) siano indicate lepolitiche di gestione del rischio finanziario e l'esposizione a tale rischio.

Conseguentemente, dai bilanci redatti dal 31/12/2005 si rinverranno informazioni utilisull’esposizione in strumenti derivati per tutte le classi di imprese.

7.3 I principi contabili internazionali

Il Regolamento comunitario n. 1606/2002 impone l'obbligo, alle società europeequotate, di redigere i bilanci consolidati secondo i principi contabili internazionaliIAS/IFRS, emanati dall’International Accounting Standards Board (IASB) e omologatidalla Commissione europea, a decorrere dall'esercizio 2005. Si precisa che ilregolamento comunitario limita l’ambito di applicazione degli IAS alle impreseorganizzate in forma societaria.

Con l’entrata in vigore dei principi contabili internazionali, lo scenario normativo sopradescritto subirà delle variazioni. Infatti, le disposizioni dello IAS 39 prevedono che tuttii contratti derivati siano iscritti nello stato patrimoniale al fair value, instaurando unsistema specifico di regole contabili a seconda della finalità per la quale il derivato èstato sottoscritto.

In particolare:

• derivati di negoziazione; a differenza della normativa attuale i risultati dellevalutazioni (variazioni del fair value) sono sempre imputati a conto economico26;

• derivati di copertura; il sistema di regole previsto dallo IAS 39 per le operazionidi hedging garantisce la contabilizzazione simultanea degli utili e delle perditerilevabili sullo strumento coperto e su quello di copertura. A tal fine,contrariamente a quanto previsto dalla normativa attuale, è lo strumento dicopertura che detta le regole di contabilizzazione dello strumento coperto (cheviene quindi valutato al fair value);

• designazione di un’operazione di copertura; per designare uno strumentoderivato come di copertura, è richiesta una formale e continua documentazionesia della strategia di risk management sia dell’efficacia della copertura stessa.Solo in presenza di tali requisiti, più stringenti rispetto a quelli previsti dallanormativa attuale27, è possibile applicare il sistema di regole previsto per talioperazioni (cosiddetto hedge accounting).

• l’utilizzo di tecniche basate sull’attualizzazione dei flussi di cassa o sui modelli per il pricing

delle opzioni.

26 Come indicato in precedenza, in base alla normativa attuale nell’ipotesi di utilizzo del criteriodel minor valore tra costo e mercato, il conto economico è interessato solo se il valore dimercato è inferiore al costo.27 In particolare, nella valutazione periodica dell’efficacia della copertura, lo IAS 39 indica limitiprecisi (80-125%) che definiscono quanto di regola uno strumento di copertura può allontanarsi

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Infine, si segnala che le disposizioni previste dagli IAS relativamente alla disclosuresugli strumenti derivati consentiranno agli utilizzatori del bilancio di reperireinformazioni utili per apprezzare l’operatività dell’impresa in tale comparto.

L’estensione dell’applicazione degli IAS a soggetti diversi dai gruppi quotati èdisciplinata dall’art. 25 della Legge Comunitaria 2003, che delega al governo la facoltàdi estendere l’ambito di applicazione degli IAS ad altri soggetti rispetti a quantoprevisto dal Regolamento comunitario 1606/2002; lo schema di decreto legislativo diattuazione dei criteri di delega dettati dall’art. 25 della legge comunitaria 2003,approvato dal Consiglio dei Ministri il 26 novembre scorso e in attesa di ricevere ilparere delle competenti commissioni di Camera e Senato, prevede quanto segue:

1) per le società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati, lesocietà aventi strumenti finanziari diffusi preso il pubblico, nonché le banche e gliintermediari finanziari vigilati, l’obbligo di applicazione dei principi contabiliinternazionali nella redazione del bilancio consolidato, a partire dall’esercizio 2005,e nella redazione del bilancio d’esercizio, a partire dal 2006 nonché la facoltà diapplicare i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio di esercizio2005;

2) per le società assicurative, l’obbligo di redazione del bilancio consolidato secondo iprincipi contabili internazionali a partire dall’esercizio 2005. Per quanto riguarda ilbilancio di esercizio, invece, è previsto l’obbligo di applicare i principi contabiliinternazionali a partire dall’esercizio 2006 solo nel caso in cui la società sia quotatae non rediga il bilancio consolidato;

3) per le società diverse da quelle sopra indicate e di dimensioni superiori a quelle checonsentono la redazione del bilancio in forma abbreviata è prevista la facoltà diapplicare i principi contabili internazionali. In particolare:

• per le società incluse nel bilancio consolidato delle società quotate, la facoltàpuò essere esercitata già dall’esercizio 2005;

• per le società non quotate che redigono il bilancio consolidato nonché per quelleincluse nel gruppo, la facoltà di applicare i principi contabili internazionali, apartire dall’esercizio 2005;

• per le società diverse dalle precedenti la facoltà di applicare i principi contabiliinternazionali nella redazione del bilancio di esercizio. La fissazione dell’esercizioa partire dal quale tale facoltà potrà essere esercitata è demandata ad unsuccessivo decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e della giustizia.

Alla luce di quanto appena detto, il sistema bancario vede con favore l’applicazione deiPrincipi contabili internazionali (IAS) da parte di tutte le imprese che pongono inessere operazioni in strumenti derivati. Le disposizioni contenute negli IAS, infatti,assicurano un’adeguata rappresentazione in bilancio delle operazioni in strumentiderivati e, quindi, la possibilità di reperire informazioni dettagliate sull’operatività intali strumenti. A tal fine, il sistema bancario auspica l’emanazione in tempi brevi del

dalla copertura perfetta nel compensare le variazioni dello strumento coperto, senza che ciòcomprometta l’efficacia della copertura stessa.

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decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e della giustizia previsto dalloSchema di decreto legislativo (che estende la facoltà di applicazione dei principicontabili internazionali alle imprese di piccole dimensioni) e che l’esercizio delle facoltàpreviste dal citato schema di decreto legislativo da parte delle imprese non obbligateall’applicazione di tali principi, venga incentivato, anche attraverso specificheraccomandazioni, ad opera dei relativi rappresentanti di categoria.

Infine, si segnala che lo IASB (International Accounting Standard Board), l’organismoche emana i Principi Contabili Internazionali, ha avviato un progetto volto a definiredegli standard internazionali comuni per le Small and Medium-sized Entities. Taleprogetto è solo alle fasi iniziali.

7.4 Gli enti locali

Non essendoci vincoli normativi in tema di contabilizzazione da parte degli enti localidelle somme risultanti dall’utilizzo degli strumenti derivati, ogni ente decide il propriometodo di contabilizzazione richiamandolo opportunamente nell’ambito del proprioregolamento di contabilità.

In generale la soluzione più appropriata, a quanto risulta adottata in via generalizzata,è quella di contabilizzare solo i differenziali che si generano nell’operazione anno peranno. Se il differenziale assume valore positivo, la contabilizzazione ha luogo nel TitoloIII, categoria 5, trattandosi di entrate extratributarie; se il differenziale, di contro,assume valore negativo, l’iscrizione interessa il Titolo I della Spesa, intervento 06“interessi passivi ed oneri finanziari diversi”.

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CAPITOLO 3 - I FATTI

1. Un’analisi del quadro macroeconomico-finanziario degli ultimi anni

Andando ad esaminare la dinamica macroeconomica e finanziaria delle principali areeeconomiche internazionali si scopre facilmente che negli ultimi 5/6 anni vi è stato unturbamento dello status quo precedentemente esistente. A tali cambiamenti hannocontribuito sia fattori prettamente economici-finanziari - quali l’eccezionale crescitaindustriale registrata dalla Cina, nonché lo “scoppio” della bolla speculativa suimercati azionari internazionali – ma anche fattori geopolitici – come l’11 settembre ela conseguente lotta globale al terrorismo intrapresa dagli Stati Uniti.

Dopo una tal serie di eventi straordinari la capacità degli analisti e degli operatorieconomici di capire, attraverso i segnali del mercato, quali potessero essere leevoluzioni nei tassi di crescita macroeconomica delle principali economie, nonché deitassi d’interesse e di cambio di riferimento, è andata nettamente indebolendosi.

A solo titolo di esempio, si possono osservare le previsioni sui tassi di crescitamacroeconomica effettuate dal Fondo Monetario Internazionale, relativamente alleprincipali economie mondiali, per l’anno 2001 (cfr. tabella A1). Confrontando le stimedi crescita con le effettive realizzazioni si rilevano degli scostamenti di previsione pari,mediamente, a quasi il 67%.

Forti cambiamenti vi sono stati anche sulla struttura dei tassi d’interesse e su quelladei tassi di cambio, anche e soprattutto a seguito dell’introduzione dell’euro e delconseguente accentramento della politica monetaria presso la Banca CentraleEuropea. In particolare, i tassi d’interesse hanno manifestato, fino a tutto il 2000, unatendenza crescente, per poi invece flettere verso i valori storicamente bassi registratidi recente (cfr. Fig. 4). Tale andamento non è stato previsto dagli operatoriinternazionali: osservando difatti il tasso implicito desumibile dalle quotazioni, relativeal maggio del 2000, del contratto futures sul tasso interbancario a 3 mesi - scambiatosul mercato tedesco dei prodotti derivati (Eurex) – si rileva che gli agenti economiciprevedevano, per la fine del 2001 e del 2002, tassi d’interesse di 2-2,5 punti

Tab. 11

previsioni (a)* dato effettivo (b) Differenza (b-a)

Stati Uniti 3,0 1,2 -1,8

Giappone 1,8 -0,4 -2,2

Germania 3,3 0,6 -2,7

Francia 3,1 2,0 -1,1

Italia 2,8 1,8 -1,0

Media -1,8* Tratte dall' IMF - World Economic Outlook - maggio 2000.Fonte: Elaborazioni ABI su dati Fondo Monetario Internazionale.

Errore di previsione del FMI sulla crescita reale del Pil - dati riferiti al 2001

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percentuali più elevati di quelli effettivamente osservati, quindi con un errore di stimadel 100%.

Per quanto attiene al tasso di cambio dell’euro verso il dollaro si osserva, invece, chequesto ha avuto un andamento cosiddetto ad “U”, cioè fin dall’introduzione dell’euro -avvenuta nel 1999 - questo ha manifestato una svalutazione nei confronti del dollaro;le quotazioni sono scese ampiamente al di sotto della soglia unitaria, valore ritenutoda molti analisti come il livello d’equilibrio tra euro e dollaro. A partire però dalla primametà del 2002 le quotazioni dell’euro hanno avuto una forte accelerazione, fino aregistrare un apprezzamento tra il valore minimo e quello massimo di circa il 50%. Adincidere fortemente sul deprezzamento del dollaro nei confronti dell’euro hanno agitoin particolar modo le scelte di politica economica attuate dagli Stati Uniti, a loro voltalegate all’inaspettata esigenza di dover finanziare una spesa bellica in notevoleincremento dopo gli eventi dell’11 settembre.

Anche l’evoluzione dei mercati azionari ha avuto un importante ruolo nel determinareuno stato di incertezza tra gli operatori economici. Alla forte crescita dei corsi azionariregistrata fino ai primi mesi del 2000 ha fatto seguito una continua diminuzione, cheha toccato il punto di minimo tra la fine del 2002 e gli inizi del 2003 (cfr. Fig. 5).

Fig. 4

Fonte: Elaborazioni ABI su dati Thomson Financial Datastream.

Area Euro: tasso interbancario e tasso di cambio euro-dollaro

1,8

2,3

2,8

3,3

3,8

4,3

4,8

5,3

dic-98 dic-99 dic-00 dic-01 dic-02 dic-030,80

0,85

0,90

0,95

1,00

1,05

1,10

1,15

1,20

1,25

1,30Euribor 3M Tasso di cambio euro-dollaro

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Il forte grado di incertezza indotto sui mercati da un siffatto contesto macroeconomicoe finanziario è ben sintetizzato dall’evoluzione delle quotazioni dell’oro, il bene rifugioper eccellenza, che nell’arco di circa 3 anni ha visto quasi raddoppiare il suo valore(cfr. Fig. 5).

2. Il ricorso delle PMI a strumenti di copertura

L’alea presente sui mercati è andata dunque ampiamente diffondendosi, rendendonegli ultimi anni sempre più difficile prevedere e valutare i futuri andamenti dimercato, generando spesso previsioni che in molti casi si sono rivelate, ex post, deltutto errate. Ad esempio, alcune scelte di investimento, e le relative operazioni dicopertura dai rischi di mercato attraverso i contratti derivati, sono state prese sullabase di aspettative di una ripresa economica vigorosa per l’Italia e l’intera Area Euro;il mancato verificarsi di tali attese ha provocato, in taluni casi, costi – nella forma diperdite finanziarie – sostenuti per la copertura di rischi che si sono rilevati infondati,quali l’innalzamento dei tassi d’interesse o la svalutazione dell’euro.

Anche le piccole e medie imprese non sono sfuggite al quadro di incertezza che hacaratterizzato gli ultimi anni. In particolare, soprattutto le imprese con finanziamenti atasso variabile, per le quali dunque la prevista ripresa dei tassi di interesse avrebbegenerato un costo crescente di indebitamento, hanno iniziato verso la fine dello scorsodecennio a richiedere strumenti di copertura dai rischi di tasso e, seppur in misuraminore, di cambio.

Tali previsioni, suffragate da un lato dalla crescita dei tassi registrata nel periodo1998- 2000 e dall’altro da una curva dei tassi di interesse a termine crescente chemostrava livelli futuri dei tassi più alti di quelli correnti, hanno dunque indotto taliimprese a stipulare contratti derivati con finalità di copertura, ed in particolarecontratti di Interest Rate Swap con i quali le imprese hanno potuto trasformare

Fig. 5

Fonte: Elaborazioni ABI su dati Thomson Financial Datastream.

Andamento del Mibtel e delle quotazioni dell'oro

14.000

17.000

20.000

23.000

26.000

29.000

32.000

35.000

dic-98 dic-99 dic-00 dic-01 dic-02 dic-03250

275

300

325

350

375

400

425Mibtel Oro - Indice Gold Bullion (dollari per oncia - scala dx)

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l’indebitamento a tasso variabile in una esposizione a tasso fisso.A titoloesemplificativo si consideri, infatti, che sino al culmine raggiunto dai tassi di interessenella seconda metà del 2000, il tasso di interesse Euribor a 12 mesi è sempre risultatopiù elevato dei corrispondenti tassi a 3 e a 6 mesi (si veda il grafico sottostante in Fig.6), riflettendo l’opinione prevalente del mercato di una crescita dei tassi nelmedio/lungo periodo.

Fig. 6

Dalla fine del 2000, invece, contrariamente a quanto il mercato si aspettava, i tassi diinteresse hanno mostrato una inversione di tendenza che ha gradualmente portato itassi di interesse ai livelli di oggi. L’andamento non atteso dei tassi ha,conseguentemente, determinato effetti negativi per le imprese con finanziamenti atasso variabile coperti con contratti di swap, in forza dei quali si sono trovate a doversostenere esborsi a tassi fissi elevati anziché a tassi variabili in diminuzione.

Al fine di comprendere il fenomeno sopra descritto, si è ritenuto opportuno avviare,presso un campione di banche italiane attive nell’offerta di derivati alle imprese e agliEnti Locali, una indagine volta a comprendere sia gli aspetti prettamente quantitativinonché conoscere le prassi adottate nei rapporti con le piccole e medie imprese28. Idati e le considerazioni che seguono sono, pertanto, riferiti a tale specifico campione diindagine ma, considerata la sua elevata rappresentatività, si ritiene che rappresentiuna ottima stima della totalità del fenomeno.

28 In particolare, sono stati raccolti dati e informazioni (al 30 giugno 2004) da complessive settebanche, che rappresentano per attivi di bilancio più del 40 per cento del sistema bancario (datiBilBank al 31/12/02). Si stima, inoltre, che esse rappresentino la maggior parte delle bancheattive nell’offerta di derivati alle PMI e agli EE.LL., fornendo quindi un quadro affidabile delmercato dei prodotti derivati.

ANDAMENTO DELL'EURIBOR (1999-2004)

1,500

2,000

2,500

3,000

3,500

4,000

4,500

5,000

5,500

30/12/

1998

30/03/

1999

30/06/

1999

30/09/

1999

30/12/

1999

30/03/

2000

30/06/

2000

30/09/

2000

30/12/

2000

30/03/

2001

30/06/

2001

30/09/

2001

30/12/

2001

30/03/

2002

30/06/

2002

30/09/

2002

30/12/

2002

30/03/

2003

30/06/

2003

30/09/

2003

30/12/

2003

30/03/

2004

30/06/

2004

30/09/

2004

Data

Pun

ti p

erce

ntua

li

1 Month6 Month

12 Month

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Tab. 12DERIVATI ALLE PMI

Numero di PMI con derivati 36.769Percentuale rispetto al totale delle PMI italiane 1%Dimensione media del fatturato 7,87 milioni di EuroAmmontare medio dei finanziamenti erogati 1,1 milioni di EuroPercentuale dei finanziamenti coperti 39,6 %Percentuale di imprese classificate come “operatorequalificato”

91%

Numero di contratti derivati conclusi con le PMI 69.048Valore nozionale 89,4 miliardi di EuroValore nozionale medio 1,3 milioni di EuroPercentuale dei contratti in essere con finalità di copertura 90,83 %

Valore nozionale degli strumenti derivati presso il sistemabancario (fine 2003)

4.367 miliardi diEuro

Percentuale di derivati conclusi con le PMI 2%Fonte: Elaborazione ABI su dati forniti dalle banche al 30/06/04

Il campione delle banche preso in considerazione ha in essere contratti derivati concirca 36.000 imprese di piccole e medie dimensioni29. Si stima che tale insiemecostituisca una bassissima percentuale della popolazione delle PMI italiane, nonsuperiore a circa l’1%30.

In particolare, la dimensione media del fatturato delle imprese considerate nelcampione si aggira attorno agli 8 milioni di euro, con rapporti di finanziamentobancario per un valore medio di poco superiore il milione di euro.

La conclusione di contratti derivati da parte delle imprese ha riguardato circa ilquaranta percento dei finanziamenti erogati, il 90 per cento dei quali ha finalità dicopertura dai rischi tipici (rischio di tasso e rischio di cambio). Due delle bancheintervistate, inoltre, hanno effettuato operazioni con PMI per immunizzare i rischirelativi a finanziamenti concessi da altri istituti.

In particolare, sono stati conclusi circa 69 mila contratti derivati, per un valorenozionale complessivo di 89 miliardi di euro (circa 1,3 mil. di euro il valore medio percontratto). L’ammontare dei derivati conclusi dalle imprese bancarie con PMI è pari acirca il 2 per cento della consistenza di strumenti derivati presso il sistema bancario afine 2003, pari a circa 4.367 miliardi di Euro 31. Se si considera in particolare la parte ditale consistenza conclusa con imprese residenti, pari a 233,7 miliardi di Euro, la partedi derivati conclusi con piccole e medie imprese è di circa il 38 per cento.

29 Ai fini dell’indagine, sono state considerate PMI le imprese aventi al massimo 250 dipendentied un fatturato inferiore a 40 mln di euro, in linea con la definizione della Commissione Europea.30 Il dato costituisce una stima approssimativa ed è stato calcolato considerando il numero diimprese fino a250 addetti esistenti in Italia nel 2002, pari a 4.221.414 unità (Fonte ISTAT)31 Segnalazioni statistiche e di vigilanza – Cfr. Audizione della Banca d’Italia presso laCommissione Finanza del 16 dicembre 2004.

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Le tipologie più utilizzate dalle PMI per la copertura dei rischi sono state, per quantoriguarda i rischi legati ai tassi di interesse, gli Interest Rate Swap (IRS), sia nellaforma semplice (c.d. plain vanilla) che strutturate con opzioni cap, floor e collar o leopzioni su tassi di interesse. Per quanto, invece, concerne i rischi valutari, sono stateprincipalmente utilizzate opzioni su tassi di cambio, sia semplici che strutturate. Perimmunizzare le imprese, in maniera contestuale, dai rischi di tasso e da quelli dicambio, sono stati anche utilizzati Cross Currency Swap.

Le principali politiche commerciali adottate dalle banche nella conclusione di contrattiderivati con le PMI sono prevalentemente orientate ad offrire alla propria clientelaservizi di gestione del rischio ovvero strumenti per limitare l’onerosità associata alleposizioni debitorie.

Tutte le banche intervistate hanno adottato specifiche regole di comportamento eprocedure interne per la vendita dei derivati alle imprese, finalizzate ad accertare lacoerenza dell’offerta con le caratteristiche del cliente.

Il 91 percento della clientela alla quale sono stati offerti prodotti di gestione dei rischiè stata classificata dalle banche “operatore qualificato”. Con l’evoluzione, avvenutanegli ultimi tempi, dell’offerta e il cresciuto interesse da parte delle imprese di prodottiderivati, molte banche hanno apportato miglioramenti alle proprie procedurecommerciali, prevedendo particolari procedure e requisiti per valutare l’affidabilità el’adeguatezza dei clienti con cui concludere contratti derivati. Spesso, accantoall’autocertificazione prevista dalla normativa Consob32, alcune banche hanno iniziatoa richiedere requisiti aggiuntivi, ad esempio, in termini di affidamenti complessivi,totale di bilancio, patrimonio netto, fatturato, forma societaria, espressa previsionenello statuto della possibilità per la società di svolgere attività in derivati. L’utilizzo dicriteri quantitativi da parte delle banche, basati su classi dimensionali, nella decisine dioffrire determinati prodotti alle imprese è stata anche riscontrata dalla Consobnell’ambito dell’indagine svolta e presentata in occasione dell’audizione del 12 gennaiou.s..

Nell’attività pre-contrattuale, le strutture commerciali che gestiscono i rapporti con laclientela hanno normalmente cura di illustrare alle imprese i benefici ed i rischifinanziari potenziali impliciti nell’operazione offerta, valutando la consapevolezza e lacorretta formazione della volontà del sottoscrittore.

Le operazioni in derivati sono assistite da specifiche linee di credito, a garanzia dipotenziali esborsi futuri del cliente con il quale è stato concluso il contratto derivato.Tale garanzia non viene richiesta quando l’impresa abbia acquistato una opzione,considerato che il pagamento iniziale dell’importo del premio costituisce il massimoesborso da parte dell’acquirente, mentre viene normalmente prevista nei casi divendita di contratti di opzione e di contratti di swap. L’ammontare del fido vienestabilito in percentuale del valore nozionale del derivato, generalmente sulla base delladurata del contratto derivato. Le metodologie utilizzate possono variare da sistemi piùsemplici, quali l’applicazione di una percentuale fissa per ogni anno di durata delcontratto a sistemi più sofisticati di valutazione del rischio 33. Nel primo caso, adesempio, un contratto di durata quinquennale di valore nominale di 1.000.000 Euro

32 Si veda il capitolo quarto per una trattazione degli obblighi regolamentari.33 Le metodololgie più complesse si basano sulla determinazione della esposizione potenziale delsoggetto, la c.d. “ future potential exposure”.

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viene garantito attraverso una linea di credito di 50.000 Euro, pari all’1 % per ciascunanno di vita del contratto.

La banca sottopone a verifica periodica l’esposizione potenziale dell’impresa,calcolando il valore corrente del contratto derivato in essere (il c.d. mark-to-market),decurtando, se negativo, la linea di credito aperta per un importo corrispondente.

In particolare, vengono frequentemente utilizzati sistemi informatici on-line dimonitoraggio del valore corrente delle posizioni del cliente, con l’obiettivo diidentificare prontamente eventuali situazioni di criticità e, eventualmente, proporreazioni correttive al cliente. Alcune banche prevedono, al verificarsi di determinatieventi, ad esempio il raggiungimento di un livello di utilizzo della linea di creditoaccordata, la richiesta al cliente di corrispondere ulteriori garanzie ovvero la chiusuradelle posizioni. Riprendendo l’esempio sopra indicato, nel caso in cui il contrattoderivato dovesse presentare perdite potenziali, e quindi avere un valore di mercato(mark-to-market) negativo, per un importo prossimo a 50.000 Euro, pari alla linea dicredito accordata, al cliente verrà chiesto di ricostituire le garanzie iniziali.

Il campione di banche intervistato ha evidenziato un bassissimo livello di reclami, sinoad ora ricevuti, se confrontato con il numero di clienti e di contratti conclusi, pari acirca il solo 0,74% rispetto al numero delle PMI a cui tali contratti sono stati offerti. E’stato riportato un solo caso di contenzioso. Tra i motivi delle lamentele presentatesono stati riscontrati con maggiore frequenza: scarsa comprensione o carenteinformativa sul prodotto ovvero imperfezioni formali nella conclusione dei contratti (ades. mancanza del potere di firma). L’esiguo numero di situazioni critiche è statoperaltro confermato dai dati forniti dalla Consob nella propria audizione, sulla base deiquali si apprende che una bassissima percentuale degli esposti pervenuti dal 2002 (30casi su 9000 relativi alla prestazione dei servizi di investimento) ha riguardato taleoperatività.

Dall’esame dei dati forniti dalle banche è emerso che, in certi casi, operazioni inderivati su tassi di interesse (tipicamente swap) sono state, su richiesta delle impresestesse, oggetto di rinegoziazione. Questo tipo di operazioni rappresenta per l’impresauna opportunità di rivedere la propria posizione, al fine di rimodulare il contrattoesistente in maniera più consona alla propria situazione debitoria ovvero alle mutatecondizioni di mercato dei tassi di interesse o dei cambi.

Dal punto di vista operativo, la rinegoziazione si sostanzia nella chiusura del contrattooriginario e la conclusione di un nuovo contratto, che sostituisce il primo, con diversecaratteristiche. Per l’estinzione del contratto originario, l’impresa dovrebbe saldare allabanca il suo valore corrente di mercato (il c.d. mark-to-market)34. Tale esborso puòessere evitato laddove il nuovo contratto sia concluso a condizioni (di tasso, di duratae/o di ammontare nozionale) tali che esso generi sin dall’inizio un valore di mercatopositivo (c.d. up-front) pari al valore di mercato negativo del contratto estinto.

34 In generale, in caso di chiusura anticipata di un contratto swap il valore di mercato è sempredovuto dalla controparte in perdita (per la quale tale valore assume segno è negativo) allacontroparte in attivo (per la quale il mark-to-market ha segno positivo).

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3. Derivati agli Enti Locali

Dall’indagine compiuta presso il campione di banche italiane maggiormente operativenell’offerta di derivati alle imprese e agli EE.LL. (si veda il precedente capitolo 2) èemerso che gli enti locali che hanno in essere contratti derivati, conclusi con ilcampione di banche interessate, sono poco più di 800 (pari a circa il 10 per cento degliEnti Locali italiani), per complessivi 1085 contratti con un valore nozionalecomplessivo di circa 12,4 miliardi di Euro. L’attività in derivati, finalizzata alla gestionedei rischi di tasso di interesse, si è concentrata su Interest Rate Swap (IRS) strutturaticon opzioni implicite (cap, floor, collar).

Alcune banche del campione hanno comunque evidenziato di aver iniziato ad offrireprodotti derivati agli EE.LL. solo dopo l’emanazione del D.M. 389/03 e della CircolareMinisteriale del 27/5/04. Le politiche commerciali adottate dalle banche e le tipologiedi prodotti offerti riflettono la stringente normativa appena citata.

Come nel caso delle PMI, anche nei confronti degli EE.LL. le banche adottano sistemidi monitoraggio periodico delle esposizioni creditizie e del valore corrente delleoperazioni derivate in essere.

Tab. 13DERIVATI ALLE EE.LL.

Numero di EE.LL. con derivati 831Percentuale rispetto al totale degli EE.LL. italiani 10,3 %Ammontare medio dei finanziamenti erogati 79,7 milioni di EuroPercentuale dei finanziamenti coperti 39,6 %

Numero di contratti derivati conclusi con gli EE.LL. 1.143Valore nozionale 14,813 miliardi di

EuroValore nozionale medio 13 milioni di Euro

Fonte: Elaborazione ABI su dati forniti dalle banche al 30/06/04

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CAPITOLO 4 - IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO E LA PRASSICONTRATTUALE

1. La disciplina positiva

Come precisato nel par. 2.2., il nostro ordinamento considera un contratto derivatonon già un contratto di finanziamento, soggetto quindi alla disciplina contenuta nelTesto unico bancario (d. lgs. 385/1993) ma uno “strumento finanziario”, rientrantenell’elencazione contenuta nell’art. 1 del Tuf.

Questa tipologia di strumenti finanziari, nella prassi, raramente è negoziata tra duesoggetti privati. Le caratteristiche del mercato, che riposa sulla presenza di operatorispecializzati, fanno sì che, in prevalenza, le operazioni si concludano tra intermediari,o con l’intervento di almeno un intermediario. In quest’ultimo e più frequente caso, lanormativa in tema di prestazione di servizi di investimento, contenuta nel Testo Unicodella Finanza (Tuf) (artt. 21-31) e nei Regolamenti attuativi (del. Consob 11522/1998e succ. mod., di disciplina degli Intermediari), trova piena applicazione.

In via preliminare alla disamina della disciplina, tuttavia, si impone un’altraconsiderazione di fondo: per le sue caratteristiche e finalità, il contratto derivato èstipulato prevalentemente con soggetti che possono vantare un livello significativo diesperienza nel settore degli strumenti finanziari. Tali soggetti possono rivestire lostatus di “operatori qualificati” ai sensi dell’art. 31 del citato Regolamento ConsobIntermediari.

Ai sensi del comma 2 dell’art. 31 del Regolamento Intermediari, in particolare, sonooperatori qualificati:

a) gli intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondipensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forzadella normativa in vigore del proprio Stato d’origine le attività svolte dai soggetti dicui sopra, le società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercatiregolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli artt. 106, 107 e 113 delTub, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso deirequisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgonofunzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazionemobiliare, le fondazioni bancarie. Tali soggetti sono considerati di per séprofessionali, salvo che chiedano di essere trattati come non professionali (retail);

b) ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza edesperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari, espressamentedichiarata per iscritto dal legale rappresentante. Questi investitori possono esseretrattati come professionali solo se lo richiedono espressamente.

L’elencazione di cui al punto a) non comprende in maniera inequivoca alcuneimportanti tipologie di controparti con cui l’intermediario può stipulare contrattiderivati e, cioè, le piccole e medie imprese (PMI), le Regioni e gli enti localiterritoriali35. Da ciò, come meglio si vedrà nel prosieguo, l’esigenza per l’intermediario

35 Invero la norma, nel parlare di società e di "enti emittenti strumenti finanziari negoziati inmercati regolamentati", legittima la riconduzione dell'ente locale nell'elenco di cui alla lett. a)dell'art. 31: si ricorda infatti che i richiamati enti sono abilitati ad emettere titoli obbligazionari

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di dotarsi di regole ulteriori rispetto alle indicazioni desumibili dal dato normativoallorché propria controparte sia uno dei soggetti ora indicati.Tornando al contenuto della disciplina Consob, ai sensi del comma 1 dell’art. 31 delRegolamento Intermediari nei rapporti tra intermediari e operatori qualificati non siapplicano una serie di disposizioni relative, in particolare, all’informativaprecontrattuale ed in costanza di rapporto, agli obblighi di best execution, ai doveri direndicontazione 36

Il principio che sta alla base della disapplicazione delle disposizioni sopra indicate ècontenuto nell’art. 6, comma 2 Tuf, ed quello in base al quale le regole dicomportamento cui gli intermediari sono tenuti devono essere graduate tenuto contodelle differenti esigenze di tutela degli investitori, connesse alla loro “qualità edesperienza professionale”. D’altro canto, è intuitivo che trattare un investitore chepossieda un buon livello di esperienza e conoscenza della attività in strumentifinanziari come un cliente “comune” può risolversi nell’applicazione di regole nonnecessarie e, per tale via, costituire fonte di rigidità operative e di incremento dei costidi intermediazione.

Si osservi, tuttavia, che nella disciplina dei servizi di investimento la natura“professionale” del cliente comporta la disapplicazione solo di talune regole dicomportamento, e non già l’intera sottrazione del servizio alla relativa disciplina: irapporti tra intermediari ed operatori qualificati sono pertanto soggetti, oltreché allenorme relative ai singoli servizi non espressamente dichiarate inapplicabili, alleseguenti disposizioni generali.

Doveri di diligenza e correttezza – Senza distinguere la natura della controparte ecome nella vendita di qualunque altro strumento finanziario, anche nell’ipotesi in cui ilservizio prestato abbia ad oggetto un derivato, l’intermediario è tenuto ad osservare ildovere di comportarsi con “diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse deiclienti e per l'integrità dei mercati”, di cui alla lett. a) dell’art. 21 Tuf.

L’art. 21 costituisce un’applicazione specifica della disciplina civilistica di cui agli artt.1175 e 1176 del codice civile 37: trattandosi di disposizioni che avrebbero comunquetrovato attuazione in base a regole di diritto comune, il loro espresso richiamonell’ambito del Testo unico è stato ricondotto alla volontà del legislatore di renderedirettamente perseguibile da parte dell’autorità amministrativa di controllo laviolazione dei predetti canoni.

(Bcc, Bor, Bop) quotabili sui mercati regolamentati. Ciononostante, attesa la particolare naturadel soggetto "ente locale" e le cautele che tradizionalmente circondano l'operatività con tale tipodi clientela, gli intermediari applicano tali indicazioni normative (la possibilità di emettere titoliquotabili) in concorso con altri elementi, desumibili di volta in volta dal caso concreto.

36 In particolare, nei rapporti con “operatori qualificati” non trovano applicazione le disposizionidi cui agli artt. 27, 28, 29,30, comma 1, fatta eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e3, 32, commi 3, 4 e 5, 37, fatta eccezione per il comma 1, lett. d) , 38, 39, 40, 41, 42, 43,comma 5 lett. b), comma 6 primo periodo e comma 7, lett. b) e c) , 44, 45, 47, comma 1, 60,61 e 62.37 L’art. 1175 c.c. recita: “Il debitore ed il creditore devono comportarsi secondo le regole dellacorrettezza”. L’art. 1176 c.c. recita: “Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare ladiligenza del buon padre di famiglia. Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti l’esercizio diun’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attivitàesercitata”.

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Tali doveri permeano l’attività dell’intermediario in senso assoluto e, quindi, la lorosussistenza prescinde dalla circostanza che si versi nell’ambito di un rapporto con unoperatore qualificato oppure no.

Dovere di diligenza – E’ opportuno ricordare che a venire in questione è la diligenzadel professionista, quindi più rigorosa, e non già quella generica del buon padre difamiglia. La giurisprudenza ha interpretato la nozione di “diligenza professionale” inmaniera molto severa, identificandola con quella di perizia 38.

Dovere di correttezza - Più specificamente, il principio di correttezza richiamacomportamenti che devono adeguarsi alle circostanza del caso concreto. La nozione dicorrettezza viene fatta coincidere con quella di “buona fede oggettiva”, dalla quale sifanno discendere obblighi che interessano ogni fase del rapporto con l’investitore.Così:

- nella fase precontrattuale, viene in questione un dovere di lealtà, finalizzato adimpedire che nel cliente siano suscitati falsi affidamenti;

- nelle successive fasi di formazione ed esecuzione del negozio giuridico, viene inquestione un obbligo di protezione da parte dell’intermediario, inteso come dovere ditutelare l’integrità della sfera degli interessi del proprio cliente.

Dovere di comportarsi nell’interesse del cliente e per l’integrità dei mercatiRiprendendo una disposizione già presente nella legge n. 1/1991, anche il Tuf intendei doveri di correttezza, diligenza e trasparenza come funzionali alla cura dell’interessedel cliente.

Quanto al rispetto dell’“integrità dei mercati”, la norma non può certo intendersi nelsenso di porre in capo agli intermediari una responsabilità per il corretto andamentodei mercati nel loro complesso; piuttosto, essa è stata interpretata nel senso dirichiedere all’intermediario un comportamento che non si ponga in contrasto conl’ordinato svolgimento dei mercati su quali opera. La norma primaria è stata attuatasecondo questa interpretazione nella regolamentazione secondaria: secondo l’art. 26Reg. Intermediari, infatti, gli intermediari “rispettano le regole di funzionamento deimercati in cui operano”.

Letta in questa prospettiva, la norma è allora idonea a rafforzare il legame chesussiste tra la disciplina dei comportamenti relativamente ai rapporti con i clienti, daun lato, ed il comportamento osservato dall’intermediario nell’operare sui mercati,dall’altro. I due profili risultano tra di loro collegati: il perseguimento dell’interesse delcliente richiede che il soggetto operi in modo da non violare le regole di ordinatosvolgimento dei mercati.

38 Alla luce delle indicazioni giurisprudenziali in tema, quindi, la mancata diligenzaprofessionale si traduce in imperizia, illustrata con le seguenti massime consolidate:l’imperizia presuppone l’esercizio di una professione o di un’arte e si risponde a tale titoloquando l’agente, essendogli nota la deficiente abilità professionale, agisce mentre sa di nonessere capace di operare;la colpa professionale è ravvisabile nell’errore inescusabile, cioè nel difetto della necessariaabilità tecnica ovvero nella mancata applicazione di quelle cognizioni generali e fondamentaliattinenti all’esercizio della professione;l’omessa adozione di una tecnica, acquisita senza contrasti dalla prassi professionale, integra laviolazione della diligenza professionale del regolato ed accorto professionista.

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Infine, l’accezione “mercato” va intesa in senso lato, non essendo riferita soltanto ai“mercati regolamentati” ma, più ampiamente, al mercato dei capitali.

Come meglio verrà detto nel paragrafo che segue, solitamente nei rapporti con PMI edenti locali si è ritenuto possibile applicare la disciplina sulle controparti qualificate nonin via automatica, ma a seguito di un obbiettivo esame della circostanze del casoconcreto. In questo senso, si sottolinea che le banche, avvalendosi della loroesperienza nel settore, hanno ritenuto opportuno ispirare il loro comportamento arigorosi canoni di correttezza e di diligenza professionale, ponendo in essereaccorgimenti e procedure per apprestare un servizio il più possibile attento alla curadell’interesse di tale tipo di clientela e attribuendo lo status di operatore qualificato –con sottoscrizione della relativa dichiarazione ai sensi della lett. b) del comma 2dell’art. 31 – solo a seguito di una obiettiva considerazione del livello di esperienza econoscenza nel settore delle securities che si manifestava nel caso concreto.

2. La finanza locale

L’utilizzo dei derivati da parte della pubblica amministrazione è un fenomeno piuttostorecente originato dall’esigenza, sempre più avvertita dai soggetti pubblici, di adottarepolitiche di gestione dinamica e manageriale delle attività e passività finanziarie.

In questo senso, tale operatività si inserisce in un processo evolutivo volto allaaziendalizzazione degli enti, che può farsi risalire alle norme che hanno sancito, neldecennio scorso, principi di autonomia statutaria e finanziaria, il passaggio da unafinanza “derivata” dallo Stato ad una fondata su risorse proprie, l’accollo pressochétotale al bilancio degli enti degli oneri di ammortamento dei mutui e prestiti, ilprogressivo superamento del sistema di tesoreria unica con recupero di margini digestione della liquidità.

Gli enti hanno dunque cominciato ad avvertire la necessità di adottare tecniche diristrutturazione del debito pregresso da tempo in uso presso i soggetti privati,realizzando una gestione attiva del debito volta a diminuire gli oneri finanziari delleoperazioni di indebitamento, a coprire il rischio di volatilità dei tassi di interesse, aperseguire una struttura equilibrata e dinamica di portafoglio.

Per l’uso dei derivati si è subito posto il problema della assenza di indicazioninormative, circostanza questa che ha indotto, in relazione alle prime esperienze, adampi dibattiti sulla materia per un suo corretto e cautelativo inquadramento nelladisciplina di finanza locale, regolante, in modo puntuale, la gestione finanziaria econtabile degli enti e, specificatamente, i limiti di indebitamento e i vincoli didestinazione delle risorse pubbliche.

La prima espressione positiva in materia si è registrata nell’ambito dell’art. 41 dellalegge finanziaria per l’anno 2002 (legge 28 dicembre 2001, n. 448) il quale hademandato ad un apposito decreto ministeriale la regolamentazione in materia diutilizzo degli strumenti derivati da parte di enti locale e loro consorzi e delle regioni.

A distanza di due anni dalla legge che lo aveva previsto, è stato quindi emanato ildecreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze 1° dicembre 2003, n. 389 recante il“Regolamento concernente l’accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei

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comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane,nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, ai sensi dell’art. 41, comma 1,della legge 28 dicembre 2001, n. 448”.

Completa il quadro normativo di riferimento la circolare ministeriale 27 maggio 2004,con la quale il Ministero competente ha inteso chiarire alcuni aspetti interpretativinecessari per una corretta applicazione delle norme contenute nel suddettoregolamento.

Con riguardo ai contenuti della disciplina in tema di derivati, occorre anzituttosottolineare che la stessa, come del resto tutte le norme riguardanti la finanza deglienti decentrati di spesa, è particolarmente dettagliata e puntuale essendo in certo qualmodo finalizzata a circoscrivere, in via cautelativa, gli ambiti dell’autonomiacontrattuale dei singoli enti. La disciplina in esame prende quindi con fermezza ledistanze da una possibilità di utilizzo di tali strumenti per finalità speculative in luogodi quelle finalizzate alla rimodulazione dei debiti. Si stabilisce, infatti, il principio inbase al quale le operazioni in discorso possono effettuarsi "esclusivamente incorrispondenza di passività effettivamente dovute39 e possono essere indicizzateesclusivamente a parametri monetari di riferimento nell’area dei Paesi appartenenti alGruppo dei Sette più industrializzati".

Per i profili oggettivi, si prevede la possibilità per gli enti di effettuare esclusivamentele seguenti operazioni:

- swap di tasso di interesse con impegno delle parti contraenti di scambiarsiregolarmente flussi di interesse sul capitale di riferimento (detto nozionale),collegati ai principali parametri del mercato finanziario, secondo modalità, tempi econdizioni contrattualmente stabiliti;

- acquisto di forward rate agreement in cui le due parti concordano il tasso diinteresse che l’acquirente del forward si impegna a pagare su un capitale stabilito ead una determinata data futura;

- acquisto di cap di tasso di interesse in cui l’acquirente viene garantito da aumentidel tasso di interesse da corrispondere oltre il livello stabilito;

- acquisto di collar (acquisto di un cap e contestuale vendita di un floor) di tasso diinteresse in cui all’acquirente viene garantito un livello di tasso di interesse dacorrispondere, oscillante all’interno di un minimo ed un massimo prestabiliti40;

- strutture ricavate dalla combinazione delle precedenti operazioni, in grado diconsentire il passaggio da tasso fisso a variabile e viceversa, al raggiungimento diun valore soglia predefinito o passato un periodo di tempo predefinito;

39 In linea con questa indicazione, si precisa, nell’ambito della circolare ministeriale, che "nonsono ammesse operazioni derivate riferite ad altre operazioni derivate preesistenti, in base allaconsiderazione che nessun derivato è configurabile come passività"; in altre parole, leoperazioni in discorso non sono ammesse in quanto manca il requisito obbligatorio costituitodalla sussistenza di una corrispondente passività.40 Da sottolineare come solo in questo ambito (ed unicamente al fine di finanziare la protezionedal rialzo dei tassi di interesse fornita dall’acquisto del cap) sia consentita all’ente la vendita diopzioni.

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- altre strutture (anch’esse riconducibili a combinazioni delle operazioni già indicate),che non implichino per gli enti, al momento del perfezionamento, un profilocrescente dei valori attuali dei singoli flussi di pagamento relativi alla sottostantepassività41; in via d’eccezione è consentito uno “sconto o premio” non superioreall’1% del nozionale della sottostante passività.

Per i profili soggettivi, la normativa di cui trattasi consente la conclusione dei contratti“con intermediari contraddistinti da adeguato merito di credito, così come certificatoda agenzie di rating riconosciute a livello internazionale”. In materia, la circolareministeriale del 27 maggio 2004 ribadisce innanzitutto che gli intermediari con i qualiè ammesso concludere operazioni derivate devono essere necessariamente dotati diun merito di credito certificato dalle agenzie di rating riconosciute a livellointernazionale (attualmente Standard & Poor’s, Moody’s e FitchRatings”); la medesimacircolare precisa inoltre che rating adeguato possa essere considerato quello noninferiore a BBB/Baa/BBB.

Nell'ambito dell'articolata disciplina di finanza locale non si rinvengono indicazioni intema di qualificazione dell'ente locale quale operatore professionale. Al riguardo siosserva comunque che tale disciplina di dettaglio fornisce ora cautele sostanzialmenteanaloghe a quelle previste dal Regolamento Intermediari della Consob per gli operatorinon qualificati, circostanza questa che, in via di principio, può rendere secondaria laproblematica della qualificazione dell'operatore".

3. La prassi contrattuale 42

Né le PMI né gli enti locali, fatte salve le indicazioni fornite ai precedenti paragrafi 4.1e 4.2, sono compresi nell’elenco degli operatori qualificati di cui all’art. 31, comma 2,Reg. Consob. Si tratta, pertanto, di verificare se ed in quale misura ad essi si applicala previsione di cui all’ultimo comma del predetto articolo, secondo la quale èoperatore qualificato “… ogni società o persona giuridica in possesso di una specificacompetenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziariespressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante”.

Secondo il quadro complessivo ricostruito sulla base delle informazioni assunte pressole banche, può affermarsi che le banche adottano di regola con riguardo agli acquirentiin esame comportamenti contrassegnati da particolare cura e diligenza. Esse, infatti,conducono di norma indagini volte a verificare, caso per caso, la sussistenza inconcreto della “specifica competenza ed esperienza” richiesta dall’Art. 31 Reg. Consobper gli operatori qualificati. A compimento di tale indagine e conclusione del relativoaccertamento, le banche chiedono alla PMI od ente locale di sottoscrivere l’auto-certificazione richiesta dalla predetta norma.

Con particolare riferimento agli acquirenti PMI, è bene sottolineare che le bancheconoscono già tali soggetti, in virtù dei rapporti creditizi in essere anche da molti anni.Le banche vengono in possesso di dati finanziari e di bilancio, sui quali fanno

41 Tale prescrizione, come è stato chiarito nella circolare ministeriale del 27 maggio 2004, “èvolta ad evitare che siano poste in essere operazioni derivate i cui flussi di pagamento da partedell’ente vengano concentrati in prossimità della scadenza”.42 Le considerazioni del seguente paragrafo sono state elaborate sulla base di indicazioni forniteda alcune banche circa la prassi contrattuale da esse seguita nella offerta e vendita di derivati,con particolare riguardo, dal lato dell’acquirente, alle PMI nonché agli enti locali.

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affidamento in quanto forniti dalle imprese, che consentono di valutare in concreto sele singole PMI possiedano o meno i necessari requisiti di competenza ed esperienzaper investire in derivati. Tale valutazione si basa spesso sull’applicazione di parametrioggettivi (ad esempio, volume di fatturato) ed anche sulla verifica effettiva dellacapacità del soggetto di operare una corretta contabilizzazione e valorizzazione delrisultato economico delle operazioni a copertura di rischio.

Quanto alla richiesta di sottoscrizione della dichiarazione ex Art. 31, comma 2, u.p.,Reg. Consob, dalla indagine condotta è emerso che, ad accrescere la consapevolezzadell’acquirente circa l’operazione in corso di finalizzazione le banche adottano unagamma di comportamenti. Alcune inseriscono all’interno del contratto una clausola cheriproduce i contenuti del predetto art. 31 Reg. Consob (per la parte rilevante) erichiedono la doppia sottoscrizione della clausola. Altre affiancano alla predettaclausola un documento separato contenente il testo della dichiarazione, che vienedunque sottoscritto a parte dal legale rappresentante. Altre ancora, adottano un testo,riprodotto in un documento allegato al contratto, dai contenuti più specifici rispetto altenore generico dell’art. 31 Reg. Consob.

Alcune banche richiedono infine, limitatamente agli enti locali, che la sottoscrizionedella dichiarazione formi oggetto di approvazione specifica da parte dell’organodell’ente che ha i poteri di approvare l’operazione nel suo complesso.

Solitamente le banche forniscono sia alle PMI che agli enti locali una informativa pre-contrattuale superiore e più completa rispetto a quella che la legge richiede vengaresa agli operatori qualificati, sia con riferimento ai prodotti che con riguardo alcontenuto ed alle conseguenze della dichiarazione ex Art. 31 Reg. Consob.

Per quanto riguarda la vera e propria documentazione contrattuale, trattandosi difenomeno relativamente recente (le banche hanno indicato una operatività risalente al1999-2000 per le PMI), il know-how in materia contrattuale non è ancora consolidato.Secondo quanto riferito dalle banche consultate, i modelli presi a riferimento nellostilare i propri contratti, sono stati i contratti per prodotti derivati ABI, da un lato, e,anche in linea con la internazionalizzazione del fenomeno derivati, la modulistica ISDA,dall’altro. Con il progressivo espandersi del mercato, le banche hanno affinato lapropria documentazione contrattuale, anche come conseguenza del maggior volume dinegoziazione e dello sviluppo di know-how di prodotto.

Il trend attuale, considerato che oramai le banche offrono agli acquirenti diversi tipi diderivati, privilegia la conclusione di contratti quadro. Questi ultimi recano l’assettocomplessivo dei diritti ed obblighi dei contraenti con riguardo al complesso delleoperazioni che esse potranno porre in essere dopo la conclusione del contratto quadro,che potrà essere successivamente integrato da singoli allegati contrattuali pertipologia di prodotto. Tale documentazione contrattuale adottata dalle banche contienegeneralmente una significativa sezione dedicata alle definizioni, nella quale vengonoriprodotte le informazioni circa i termini di mercato e le caratteristiche dei prodottirilevanti, già fornite come si è rilevato agli acquirenti in sede di informativa pre-contrattuale.

Quanto alla fase di esecuzione, con particolare riferimento alle operazioni conclusedalle PMI con funzione di copertura del rischio, si registra la tendenza delle banche adincludere nei propri contratti clausole che pongono a carico del contraente l’obbligo dicomunicare significative variazioni nel proprio indebitamento. Adempiendo a tale

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clausola, gli acquirenti consentono alla banca di monitorare più da vicino l’andamentodella esposizione dell’acquirente. .

Il complesso delle informazioni fornite evidenzia, dunque, come le banche adottinocautele e forme di protezione specifiche per le PMI e gli enti locali, ai fini della loroidentificazione come operatori qualificati ed anche successivamente alla attribuzionead essi di tale qualifica.

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CAPITOLO 5 – CONCLUSIONI

I contratti derivati costituiscono un utile strumento di gestione e protezione dai rischi esvolgono una importate funzione informativa per i mercati finanziari. La teoriaeconomica ne ha per questo riconosciuto il ruolo di importante tassello per lacompletezza e l’efficienza generale dell’economia.

Lo sviluppo dell’economica mondiale e l’integrazione dei sistemi finanziari che hacaratterizzato gli ultimi decenni, ha determinato una maggiore complessità einterrelazione tra i sistemi economici, sia dal punto di vista geografico che settoriale.In questo ambito, l’innovazione finanziaria ha contribuito a individuare tipologie distrumenti derivati sempre più in grado di soddisfare le esigenze sofisticate ecomplesse degli investitori, coprendo nuove aree di utilizzo. Gli scambi di talistrumenti sono ormai da anni in costante crescita a livello mondiale, anche se l’Italiaha ancora margini di sviluppo rispetto agli altri paesi industrializzati.

Anche le imprese hanno dovuto affrontare maggiori sfide, indotte dalla competizioneglobale, e hanno conseguentemente visto crescere la complessità della propria attivitàe l’esposizione a nuovi rischi.

In questo ambito, le banche svolgono un ruolo di mediazione, ricercando lacontroparte per i propri clienti, ovvero assumendosi in proprio tale rischio, al fine digestirlo in maniera professionale e secondo sofisticati modelli di risk management.L’attività della banca non si limita, dunque, alla conclusione di strumenti derivati conl’impresa, ma ha il più ampio obiettivo di dar vita ad un approccio integrato e dinamicoalla finanza d’impresa, mettendo a disposizione delle aziende il proprio know-how e leproprie strutture professionali. In realtà aziendali, come le piccole e medie imprese,dove la gestione autonoma e professionale dei rischi risulta non economicamentesostenibile, tale funzione assume un ruolo ancora più importante.

Dopo anni di progressiva riduzione del costo del denaro in Italia, l’andamento al rialzodei tassi di interesse successivo all’avvio della moneta unica europea, ha indottoalcune imprese, con strutture finanziarie e di indebitamento particolarmente sensibilialla variabilità dei tassi e del dollaro, a ritenere probabile un ulteriore rialzo di talivariabili economiche. Sulla base di tale previsione, peraltro diffusa e condivisa da ungran numero di attori economici e da primari istituti di ricerca, tali imprese hannoritenuto opportuno, in un logica di sana e prudente gestione, premunirsi dai potenzialiimpatti negativi che l’atteso scenario avrebbe potuto determinare sul proprio equilibrioeconomico. Ciò ha generato, a partire dal 1998 in poi, una crescente domanda distrumenti di immunizzazione dal rischio e il riscorso ad operazioni in strumentiderivati. Tale esigenza è stata sentita non solo da imprese di grandi dimensioni maanche da realtà aziendali di piccole e medie dimensioni. L’industria bancaria a rispostoa tale richiesta offrendo servizi e prodotti di gestione del rischio, sino ad allorariservati alle imprese con strutture finanziarie più articolate ed esigenze piùcomplesse.

Ciò che è accaduto successivamente ha tuttavia disatteso le previsioni formulate.Eventi macroeconomici e geopolitici di carattere internazionale hanno determinato unsostanziale, quanto inatteso, trend al ribasso, dei tassi di interesse europei e unrafforzamento dell’euro sul dollaro. Le imprese con contratti derivati (per la maggiorparte swap) sottoscritti per immunizzarsi dai rialzi dei tassi di interesse e della valuta

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statunitense, hanno conseguentemente dovuto sostenere un maggiore esborso perinteressi. Cio ha anche avuto riflessi negativi sul valore corrente dei contratti in essere(c.d. mark-to-market).

In tale scenario, la mancanza per le imprese di piccole e medie dimensioni di regole dicontabilizzazione dei derivati, ha reso probabilmente più difficoltosa l’effettiva etempestiva percezione del fenomeno sopra descritto.

Ciò premesso, va comunque precisato che, sulla base della rilevazione effettuata sulleprincipali banche italiane attive sui derivati, è emerso che il ricorso da parte di piccolee medie imprese italiane a strumenti di gestione del rischio, pur coinvolgendo più di 36mila aziende, rappresenta un fenomeno dai contorni limitati. Si stima che solo l’unopercento delle piccole e medie imprese utilizza strumenti derivati. Inoltre, l’ammontaredi tali strumenti rappresenta solo il due percento della consistenza di strumentiderivati in essere presso il sistema bancario italiano.

Quanto ai rapporti contrattuali intrattenuti con le imprese controparti di strumentiderivati, le banche hanno adottato cura e diligenza nel verificare, caso per caso, che leimprese potessero essere considerate operatori qualificati, prevedendo in alcuni casirequisiti aggiuntivi, ad esempio, in termini di affidamenti complessivi, totale dibilancio, patrimonio netto, fatturato, forma societaria, espressa previsione nellostatuto della possibilità per la società di svolgere attività in derivati.

L’utilizzo dei derivati da parte della pubblica amministrazione è, invece, un fenomenopiù recente e certamente ancor più limitato di quello delle piccole e medie imprese,originato dalla esigenza di adottare politiche di gestione dinamica e manageriale delleattività e passività finanziarie. L’emanazione della specifica disciplina in materia diutilizzo dei derivati da parte degli enti locali ha certamente contribuito a fare maggiorechiarezza e dare precise indicazioni, anche al mondo bancario, sulle prassi da adottaree i limiti di utilizzo di tali strumenti.

In conclusione siamo di fronte a fenomeni fisiologici dovuto al libero dispiegarsi delleforze di mercato. Le criticità registrate fanno anche esse parte del mercato.

Riteniamo che l’enfasi attribuita al fenomeno, ancorché sotto il profilo quantitativoforse eccessiva rispetto alla realtà delle cose, abbia contribuito ad accrescere lapercezione e la consapevolezza nell’ambito del variegato mondo della piccole e medieimpresa circa l’utilizzo di strumenti di gestione del rischio, aspetto questo senzadubbio positivo, in una economia sempre più globale e finanziarizzata che rende anchele piccole medie imprese soggette ai rischi in precedenza non percepiti e lontani dallaloro sfera di attività.

In questo contesto, la richiesta da parte delle imprese (si veda l’audizione dellaConfindustria) di un rapporto con il sistema bancario votato alla trasparenza apparecertamente condivisibile, cosi come l’auspicio espresso dagli organi di vigilanza di unrafforzamento della relazione banca-impresa (si veda l’audizione della Banca d’Italia).

Un importate passo è stato compiuto con il recente protocollo d’intesa siglato dall’ABIe dalla Confindustria, che stabilisce una serie di misure di semplificazione dei rapportioperativi tra imprese bancarie e degli altri settori produttivi. In questo ambito vienericonosciuto l’importante ruolo nel nostro paese delle piccole e medie imprese e la

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necessità di studiare e avviare specifiche soluzioni per l’aumento delle dimensioniaziendali e la creazione di nuove imprese.

Su questa strada, si ritiene che specifiche possibili iniziative di sistema da partedell’industria bancaria potrebbero essere intraprese efficacemente, al fine di migliorarela comprensione dell’uso dei strumenti derivati da parte delle piccole e medie aziende.