assassina dei - portalasporta.it · ni i dati che dicono che l’80% dei rifiuti in mare proviene...

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giugno VELA 89 88 VELA giugno Il resoconto agghiacciante di ciò che sta accadendo nei mari di tutto il mondo (anche nelle coste di casa nostra) invasi dagli indistruttibili rifiuti plastici che mettono a rischio la salute di tutti gli abitanti della terra, anche di noi umani. Ecco cosa sta accadendo, cosa si può fare, chi sta lottando per farci capire che così non si può andare avanti rovate ad immaginare. Avete regatato col vo- stro catamarano alle Hawaii e state tornan- do a casa, a Long Beach, in California. Sta- te navigando sotto il sole, la giornata è bel- la, l’acqua color zaffiro. Ad un certo punto, decidete di fare rotta più a nord. È una de- cisione insolita: quella è una direzione in- consueta, che vi porta dritti nelle acque mor- te. I marinai d’un tempo la chiamavano “rotta dei cavalli”, perché ci sarebbero volute schiere di questi animali per schiodare i velieri da quelle “piatte”. È una zona poco battuta, da cui probabilmente virano via anche i grandi squali. È una zona di venti e correnti calme, di vortici d’aria e d’acqua generati da un Moloch d’alta pressione che tiene schiacciato sotto i suoi piedi l’Oceano. Voi lo sapevate, ma siete andati avanti lo stesso. Sapevate che lì, da- vanti alla vostra prua, c’era il Vortice subtropicale del Nord Paci- fico, l’immensa corrente oceanica a forma di mulinello che si esten- de tra l’equatore e – più o meno – i 50 gradi di latitudine Nord. Un “maelstrom” gigantesco, che occupa circa 34 milioni di chilome- tri quadrati, si muove in senso orario ed è alimentato da quattro correnti oceaniche che scorrono dai quattro principali punti car- dinali. Voi lo sapevate che in mezzo a tutto questo, al “Gyre”, c’era la zona delle calme. Eppure, vi ci siete infilati ugualmente. Così, adesso, state navigando nel nulla. E c’è qualcosa che non vi torna. No, non sono i venti deboli e le correnti ammosciate. C’è che attorno a voi è tutta una sfilata di plastica. Penne, bambole, spaz- zolini da denti, recipienti, buste, bottiglie, pezzi di pneumatici, coni spartitraffico... Cos’è, un flash tipo “Stati di Allucinazione”? E al- lora quelle sono alcune delle 29 mila paperelle gialle che finiro- no in mare nel 1992. Ricordate? Erano state fabbricate a Hong Kong ed erano dirette alla “The First Years Inc.” di Tacoma, P assassina dei MARI di Fabio Pozzo >> >> che facciamo?

Transcript of assassina dei - portalasporta.it · ni i dati che dicono che l’80% dei rifiuti in mare proviene...

giugno VELA 8988 VELA giugno

Il resoconto agghiacciante di ciò che sta accadendo neimari di tutto il mondo (anche nelle coste di casa nostra)invasi dagli indistruttibili rifiuti plastici che mettono a

rischio la salute di tutti gli abitanti della terra, anche di noiumani. Ecco cosa sta accadendo, cosa si può fare, chi sta

lottando per farci capire che così non si può andare avanti

rovate ad immaginare. Avete regatato col vo-stro catamarano alle Hawaii e state tornan-do a casa, a Long Beach, in California. Sta-te navigando sotto il sole, la giornata è bel-la, l’acqua color zaffiro. Ad un certo punto,decidete di fare rotta più a nord. È una de-cisione insolita: quella è una direzione in-consueta, che vi porta dritti nelle acque mor-te. I marinai d’un tempo la chiamavano“rotta dei cavalli”, perché ci sarebbero volute

schiere di questi animali per schiodare i velieri da quelle “piatte”. È una zona poco battuta, da cui probabilmente virano via anche igrandi squali. È una zona di venti e correnti calme, di vortici d’ariae d’acqua generati da un Moloch d’alta pressione che tieneschiacciato sotto i suoi piedi l’Oceano.Voi lo sapevate, ma siete andati avanti lo stesso. Sapevate che lì, da-

vanti alla vostra prua, c’era il Vortice subtropicale del Nord Paci-fico, l’immensa corrente oceanica a forma di mulinello che si esten-de tra l’equatore e – più o meno – i 50 gradi di latitudine Nord. Un“maelstrom” gigantesco, che occupa circa 34 milioni di chilome-tri quadrati, si muove in senso orario ed è alimentato da quattrocorrenti oceaniche che scorrono dai quattro principali punti car-dinali. Voi lo sapevate che in mezzo a tutto questo, al “Gyre”, c’erala zona delle calme. Eppure, vi ci siete infilati ugualmente.Così, adesso, state navigando nel nulla. E c’è qualcosa che non vitorna. No, non sono i venti deboli e le correnti ammosciate. C’èche attorno a voi è tutta una sfilata di plastica. Penne, bambole, spaz-zolini da denti, recipienti, buste, bottiglie, pezzi di pneumatici, conispartitraffico... Cos’è, un flash tipo “Stati di Allucinazione”? E al-lora quelle sono alcune delle 29 mila paperelle gialle che finiro-no in mare nel 1992. Ricordate? Erano state fabbricate a HongKong ed erano dirette alla “The First Years Inc.” di Tacoma,

Passassina deiMARI

di Fabio Pozzo >>

>>che facciamo?

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Washington, ma il cargo che le trasportava era finito inbocca ad una tempesta. Tre container si erano sganciati, era-no finiti in acqua e le “Friendly Flottiees “ anziché termina-re il loro viaggio in un bagnetto per bambini s’erano trovatea nuotare nel Pacifico e, da lì, cavalcando le correnti, aveva-no cominciato il loro giro del globo.

UN MASTODONTICO VORTICE DI SPAZZATURALa fantasia può giocare brutti scherzi. Quello che però ha vi-sto Charles Moore, un imprenditore californiano nel setto-re arredi, nell’agosto del 1997, mentre stava rientrando a LongBeach da una regata alle Hawaii con il suo catamarano “Al-guita”, non è stato il frutto della più fervida delle fantasie. Erala pura realtà. Moore stava navigando in un’enorme, gigan-tesca, mostruosa discarica. Un mastodontico vortice dispazzatura, che si allungava nell’Oceano per miglia e miglia.Un mostro che era alimentato soprattutto da rifiuti di pla-stica.Da quell’agosto del 1997, Charles Moore non è stato più lostesso. Ha cambiato vita, dedicandosi a farci sapere che esi-ste “quella cosa là”. Che non si può nemmeno misurare, per-ché i satelliti non riescono a catturare i suoi confini: qualcu-no dice che è grande due volte il Texas, chi quattro volte ilGiappone. In verità, nessuno può dirlo. Perché il “Pacific Trash Vortex”, il vortice di spazzatura delPacifico, è come un iceberg: il grosso è sotto. Sotto quegli og-getti di plastica galleggianti, quegli avanzi di civiltà affioranti,si nasconde il peggio. Una enorme nube di spazzatura. Unminestrone di rifiuti, il grande blob, che il Gyre mescola len-tamente, costantemente. Immergendolo nell’Oceano sino aprofondità che variano dai 10 ai 30 metri. Ecco perché il gi-gante non si vede in tutta la sua mostruosità dai satelliti. Sen-za contare che questo “continente di plastica” in realtà nonè tutt’uno, ma si compone di due tronconi: una massa orien-tale, a Sud-ovest del Giappone, e un’occidentale, a Nord-ovestdelle Hawaii. Cifre? Quasi inutile, ma facciamole: dai 700 milaai 15 mila chilometri quadrati di superficie, 4 milioni di ton-nellate di rifiuti plastici. Si può dire che tutta la plastica cheabbiamo gettato in mare dagli Anni Cinquanta ad oggi è ar-rivata qua. È un minestrone pericoloso, credetemi. La pla-stica si disintegra, ma non scompare. Si sbriciola in minuscolipezzettini, così piccoli da raggiungere le dimensioni di unamolecola. Una molecola che mantiene però le caratteristi-che di polimerica. Queste particelle galleggiano, si muovo-no nell’acqua, sembrano aver vita. Tanto che ai pesci e mol-luschi appaiono come zooplancton. La conseguenza è sem-plice: le molecole diventano il loro cibo, e così facendo i pe-sci e i molluschi aprono a queste porcherie le porte della ca-tena alimentare. Quella che arriva sino all’uomo.Non vorrei fare l’uccello del malaugurio, ma c’è poco da sta-re allegri. La plastica in mare agisce come una spugna, atti-

rando tutte le sostanze chimiche idrorepellenti. Ad esempio,quelle raggruppate nella categoria degli inquinanti organi-ci persistenti. Ma attira anche metalli pesanti come mercu-rio, zinco e piombo che sono assorbiti dalla superficie dei de-triti plastici in concentrazioni fino ad un milione di volte su-periori a quella contenuta nell’acqua marina. Sostanze cheresistono per anni alla decomposizione e mantengono per annile loro peggiori caratteristiche tossiche. Aggiungerei, poi, an-che gli ftalati, che sono additivi chimici impiegati nella la-vorazione della plastica per produrre pellicole, giocattoli ooggetti in PVC. E' stato dimostrato che questi contaminantipossono migrare nei cibi, specialmente quelli grassi o con-tenenti alcol e che con il passare degli anni si accumulano neitessuti degli organismi viventi, alterandone il sistema ormonale,causando tumori, danni a fegato e reni, disfunzioni del sistemariproduttivo e alterazioni del sistema immunitario.C’è anche un danno più diretto e immediato: sono almeno143 le specie marine vittime di “entanglement”, un termi-ne che avrebbe anche un bel suono se non avesse un signi-ficato macabro: indica quando gli animali rimangono im-brigliati in sacchetti, reti o rifiuti plastici e muoiono di fame,soffocamento, annegamento. Sono invece 177 le specie cheinghiottono plastica. Tra queste, c’è la quasi totalità delle tar-tarughe marine, che scambiano i sacchetti per meduse. Ci-fre? Quasi inutile, ma facciamole: un milione di uccelli ma-rini e 100mila mammiferi marini e tartarughe muoiono ognianno per “entanglement” o perché inghiottono plastica.

DI CHI E’ LA COLPA DI TUTTO QUESTO?Okay, chi ha gettato questa montagna di plastica nel Paci-fico? C’è una teoria, piuttosto empirica, sulla provenienzadelle porcherie del “Pacific Trash Vortex”. Dando per buo-ni i dati che dicono che l’80% dei rifiuti in mare provieneda terra, sospinto dal vento o trascinato dagli scarichi d’ac-qua e fiumi (del restante 20% sarebbero colpevoli le navi),e che il 95% di questi rifiuti è costituito da plastica, alcuniricercatori hanno stabilito che la spazzatura mescolata e con-centrata dal Pacific Gyre non può che provenire dal Nord,dal Mare di Bering. E quali Paesi si affacciano su questa di-stesa d’acqua gelida? L’Alaska e la Federazione Russa. Ora,l’Alaska è molto attenta all’ambiente, perché è uno dei più gran-di forzieri di pesce dell’industria statunitense. Vara politichesevere in tema di rispetto ambientale, ha istituito zone di ri-spetto come le Pribilof Island, una sorta di “Galapagos delNord”. Dunque, andrebbe scartata dalla lista dei sospettati.Resta, quindi, la Russia.A pensarci, però, è una conclusione troppo facile. Vuoi direche tutta questa spazzatura l’hanno gettata a mare i russi, scam-biano lo stretto di Bering per un contenitore della differen-ziata? Se fosse, come la mettiamo col fatto che le grandi di-scariche galleggianti di plastica potrebbero essere almeno cin-que? Tante quante i Gyre, i vortici subtropicali: Nord e Suddel Pacifico, Nord e Sud dell’Atlantico, Indiano (date un’oc-chiata su www.5gyres.org). Nell’Atlantico un’isola di rifiu-ti è stata individuata nel Mar dei Sargassi, dove i ricer-

“Il Pacific Trash Vortex in realtà sono duecontinenti di plastica grandi quattro volte ilGiappone con una immersione dai 10 ai 30

metri. Si stima che radunino 4 milioni ditonnellate di rifiuti, come se tutta la plasticagettata in mare dagli anni ‘50 fosse finita lì”

“Anche il Mediterraneo non è immune dall’attaccodella plastica. La maggior concentrazione è nel

nord Tirreno, nella zona chiamata Santuario deicetacei, per l’elevata presenza di questi mammiferi.La concentrazione di rifiuti è nove volte superiore

alla media, 892.000 frammenti per km2”

In lotta contro la plasticaC’è chi ha deciso di dedicare la propria vita alla battaglia

contro l’invasione della plastica nei mari. Haabbandonato il proprio lavoro precedente e ne ha creatouno nuovo per studiare i fenomeni, sensibilizzare l’opinionepubblica e cercare di risolvere questo immenso problema.

Charles MooreNel 1997 con un catamaranosi imbatte nell’ Oceano diplastica, rimane sconvolto.Molla il lavoro per salvare imari. Il 10 giugno è partitoper le Hawaii per studiarel’impatto della plastica suglianimali della zona.

David de RotschildCon un catatamaranocostruito con 12.500 bottigliedi plastica e senza alcunmotore ha attraversato ilPacifico, da San Franciscoall’Australia, a caccia del“Pacific Vortex” studiando isuoi nefasti effetti.

Roz SavagePer dare il suo contributo allabattaglia per la tutela dei marila 43enne britannica RozSavage, sta attraversando conuna barca a remi l’OceanoIndiano dopo aver navigatogià l’Atlantico e il Pacifico.Prima faceva il banchiere.

Tom JonesCaliforniano, abbandona laThai Boxe (era campione delmondo) per pagaiare su unatavola da surf dalla Florida aNew York e raccogliere fondiper la salvaguardiadall’inquinamento dellaplastica nei mari.

Rebecca HoskingRealizza un documentario perla BBC sulla morte di unatartaruga soffocata da unsacchetto di plastica. InInghilterra diventa un casoche contribuisce a proibirel’uso di sacchetti di plasticanei negozi.

Curtis EbbesmeyerOceanografo statunitenseche si dedica allo studiodegli spostamenti dellemasse della plastica neglioceani. Dice:”la massa diplastica si divincola come ungrosso animale senzaguinzaglio”.

Vortice delnord

Pacifico

O C E A N O P A C I F I C O

Hawaii

GiapponeAmerica

MASSA DI RIFIUTI

OCCIDENTALI

MASSA DI RIFIUTIORIENTALI

PERICOLOFRAMMENTI

PLASTICI

ANCHE IL MARENOSTRUMRISCHIAGROSSOIl Mediterraneonon è immunedall’invasionedei rifiutiplastici. NelMare Nostrumgalleggiano 500tonnellate dirifiuti di plasticache rischiano di saldarsi, come è accadutonell’OceanoPacifico. Ironiadella sorte, la zona con la più altaconcentrazionedi filamenti dimateriali plasticiè l’area che parte dallaLiguria/CostaAzzurra e finisce incorrispondenzadella Corsica edell’ArcipelagoToscano. Vienechiamata“Santuario deicetacei” perchèc’è la più altaconcentrazionedi capodogli edelfini.

SI SALVI CHI PUÒ1. Il 95% deirifiuti in mareproviene dallplastica. 2. Il catamaranoPlastiki haattraversato ilPacifico senzaprodurre alcunrifiuto e inautonomiaenergetica. 3. Anche i delfinimediterraneiinghiottono laplastica.4. La plastica èpraticamenteindistruttibile. 5. La navigatriceRoz Savage cheattraversa glioceani a remi acaccia delle isoledi plastica.

ItaliaI cetacei

scambianola plastica percibo e muoiono M A R

T I R R E N OSANTUARIO DEI CETACEI

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che facciamo? plastica assassina>>

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catori dell’americana Sea Education Association tra il1986 e il 2008 hanno raccolto 64 mila pezzettini di plasti-ca, meno di un centimetro di superficie e meno di 0,15 gram-mi, di peso, ma con una concentrazione paragonabile a quel-la del continente di plastica del Pacifico settentrionale, quel-lo di Moore (dai 20 mila ai 200mila frammenti per km qua-drato). E come la mettiamo, ancora, col fatto che la plasti-ca invade anche altri mari, interni, come ad esempio il Me-diterraneo? Lo avete già letto sul Giornale della Vela: unaricerca della francese Ifremer e dell’Università di Liegi hastimato la presenza nel Mare Nostrum di 240 miliardi di fram-menti di plastica per quasi 500 tonnellate di rifiuti. Cos’è,sono stati sempre i russi?

NON C’E’ PIU’ NULLA DA FARE?Il lato spiacevole di tutta questa faccenda è che pare che al-meno per ora non ci sia più nulla da fare per la plastica già ver-sata. “Sarebbe come setacciare il deserto del Sahara” rispondeCharles Moore a chi gli chiede se si può raccogliere la por-cheria del Pacific Trash Vortex. Sì, qualche idea ci sarebbe an-che: alcuni ricercatori dell’Università di San Diego, insiemea una società britannica di riciclaggio di rifiuti urbani, la Nex-tex, sono andati a vedere se parte del minestrone di plasticapuò essere recuperato per ricavarne carburante (gas illumi-

nante). Ma siamo nel campo delle ipotesi.Possiamo, invece, fare qualcosa per la plastica che

finirà in mare oggi, domani, tra un mese, tra un anno. E sì,perché mentre io scrivo, mentre voi leggete, l’industria del-la plastica produce a tutto spiano. Siamo a quota 240 milio-ni di tonnellate l’anno, con un incremento del 3,5% annuo,che significa che ogni 20 anni la produzione raddoppia. Diquesta montagna di plastica, che assorbe l’8% del petrolioestratto nel mondo, ne ricicliamo soltanto il 3%. E ne but-tiamo tanta, se è vero che la metà dell’intera produzione mon-diale se ne va in oggetti usa-e-getta e imballaggi destinati adessere eliminati, buttati entro un anno. Come dire, un pro-blema in rapida crescita.L’appello di ambientalisti, scienziati, gente comune e fuori delcomune è quello di diminuire l’uso di prodotti in plastica mo-nouso, cambiare comportamenti, riciclare, usare oggettiriutilizzabili come il vetro nel caso delle bottiglie di plastica(l’Italia è il primo consumatore di acque minerali d’Europa,9 miliardi di bottiglie l’anno, solo il 30% riciclate) o le spor-te di fibre vegetali anziché i sacchetti di plastica…

QUELLI CHE CI DEDICANO LA VITAUtopie? Non so. Però, ci sono tanti che ci credono, che ci pro-vano. Charles Moore, ad esempio. Ha mollato la sua impre-sa, per dedicarsi alla sua fondazione, l’Algalita Marine Rese-arch Foundation, alle spedizioni nel Pacific Gyre. Oppure, ilbarone David de Rotschild, l’hippy-milionario che ha attra-versato il Pacifico dalla California all’Australia con “Plastiki”,il catamarano di 18 metri costruito con 12.500 bottiglie di pla-stica e materiali di scarto e riciclati. Perché lo ha fatto? Peraccendere anche il suo faro sul Pacific Trash Vortex.Vi vorrei citare anche Roz Savage, una donna britannica di43 anni che sta remando tra l’Australia e Mumbai per por-tare il suo contributo alla battaglia per la tutela del mare. Rozaveva già impugnato i remi nel 2005, per attraversare l’Atlan-tico. E lo aveva rifatto tre anni dopo, per vincere il Pacifico.Adesso, è la volta dell’Indiano. E ancora, vi parlo di Tom Jo-nes, californiano, campione del mondo di Thai boxe, che l’an-no scorso s’era messo in testa di pagaiare in piedi su una ta-vola da surf da Key West, in Florida sino a New York, per rac-cogliere fondi a favore del Plasticfree Ocean, un progetto sul-l’inquinamento pervasivo che la plastica arreca ai mari.Che dite? Gente fuori dal comune? Rebecca Hosking è unadocumentarista inglese, di un paesino del Devon, Modbury,che nel 2007 va alle Hawaii per girare un documentario perla Bbc e s’imbatte in uno scenario sconvolgente: piccole iso-le disabitate sono inondate da frammenti e oggetti di plasti-ca che provengono dal Pacific Trash Vortex scoperto da Moo-re (Curtis Ebbesmeyer, un oceanografo, paragona il “mine-strone” alle membra di un gigantesco organismo vivente che“si divincola come un grosso animale senza guinzaglio” e che,quando approda sulla terra, come è successo e succede alle Ha-waii, “è come se vomitasse confetti di plastica sulle spiagge”).

Rebecca filma la morte di una tartaruga, soffocata da un sac-chetto di plastica e intitola il suo lavoro “Message in the wa-ves”, il messaggio che gli animali con il loro sacrificio ci con-segnano. Tornata a casa, proietta il documentario. Sono im-magini così shoccanti che i commercianti decidono di non di-stribuire più sacchetti di plastica. Da allora, nel Devon si uti-lizzano soltanto buste riutilizzabili. E il messaggio di Rebec-ca ha influenzato altre città della Gran Bretagna.Come dite? Gente fuori del comune? La torinese Silvia Ric-ci ha lasciato il suo lavoro perché “doveva fare qualcosa” e halanciato una campagna – Porta la sporta – per mettere al ban-do dai negozi i sacchetti di plastica. Una campagna che è di-ventata nazionale e che ha visto l’adesione di cento comunie 19 gruppi della grande distribuzione.“Cinquant’anni fa, quando iniziai ad esplorare l’Oceano, nes-suno s’immaginava che potessimo mai danneggiarlo. Sembrava,all’epoca, un mare di Eden” racconta la scienziata Sylvia Ear-le, fondatrice di Deep Search. “Ma adesso lo sappiamo e cisi prospetta un paradiso perduto… Sono tormentata dal pen-siero di quello che Ray Anderson chiama “i figli del doma-ni”, che chiederanno perché, quando eravamo di guardia, nonsiamo intervenuti a salvare l’Oceano vivente quando erava-mo ancora in tempo…”.PS. La plastica alla sua scoperta, a fine Ottocento, era de-finita “l’unico materiale che la natura si è dimenticata dicreare”. �

“Nel 1992 finiscono in mare 29.000 paperellegialle stipate in tre container che si sganciano

da un container durante una tempesta.Anzichè terminare il loro viaggio nei bagnettidei bambini hanno intrapreso un viaggio di

17.000 miglia e sono finite sulle coste inglesi”

“La plastica si disintegra, ma non scompare. Si sbriciola in minuscoli pezzettini sino a diventareuna molecola. Le particelle si muovono nell’acqua,

sembrano vive. Tanto che pesci e molluschi lescambiano per plancton. la catena alimentare siapre a queste porcherie, che arrivano all’uomo”

Dieci buoni eco-consigli per chi va in barcaContribuite anche voi a salvare il mare quando andate in

barca. Basta poco per attuare a bordo comportamenti che sono anche principi di buona educazione.

1.Fate la spesa solocon shopping-bag

lavabile eriutilizzabile: fatefinta che i sacchettidi plastica nonesistano.

2.Al bando lebottiglie di

plastica; ildissalatore è una buonasoluzione (da 30 a 90 litril’ora). Diversamentedotatevi di contenitori bioper fare scorta di acquapotabile ad ogni approdo,tenete in considerazione iprodotti potabilizzanti –additivi a base di salid’argento - di ultimagenerazione.

3.Evitare prodotti conimballaggi

ingombranti, prediligerel’acquisto di prodotti locali.

4.No alle stoviglie usa egetta. Nell’ordine

lavate bicchieri e posate,piatti, pentole per evitare diungere ciò che unto non è.L’acqua di cottura dellapasta a base di amido è unottimo detergente e unammorbidente per le mani.

5.Limitate il consumo dienergia e che sia

energia pulita, appenapossibile: pannelli solari,eolico e generatori eco-compatibili. Le pile solo sericaricabili, durano sino a500 volte di più.

6.Prodotti detergenti(creme solari

comprese) biodegradabili,da utilizzare in quantità

minime giàdiluiti conl’acqua inflaconiformato

vacanza. Usate spugne inmicrofibra, funzionano solocon l’acqua. Bicarbonato,aceto e limone glisgrassatori naturali piùefficaci.

7.Manutenzionecostante

del motore e del vanomotore (aiuta a prevenireperdite inquinanti). No aitravasi di gasolioimprovvisati, sì alle pompemanuali.

8.Non sprecate l’acqua,sciacquate la barca

con quella non potabile esolo se necessario.

9.Fate carena solo convernici bio, le micro

particelle che vengonodisperse in mare sono assainocive per l’ambiente.

10.Raccolta oculatadei rifiuti, non

gettate nulla a mare. Ognioggetto che usiamo diventarifiuto, impariamo a riparareo riciclare ogni oggettopossibile. Tenete a bordoun retino, se avvistateplastica recuperatela eportala a terra.

LA PLASTICASI NASCONDESOTT’ACQUA1. La zona allargo dell’isolad’Elba è la zonamediterranea piùinquinata dallaplastica con unaconcentrazionenove voltesuperiore allamedia. 2. La plasticasminuzzatatende aconcentrarsi inisole dispazzatura. 3. I mammiferisono tra le speciepiù a rischio.4. Le isole Hawaiisono le più vicineal Pacific Vortexoccidentale. 5. Ecco come irifiuti plasticitendono aconcentrarsisviluppandosisott’acqua. Apelo d’acquasono quasiinvisibili.

E POI ARRIVASINOALL’UOMOLa plastica agiscecome una spugnaattirando sostantenocive e tossicheper la saluteumana. è statodimostrato chequesticontaminantipossono migrarenei cibi e con ilpassare degli anninei tessuti degliorganismi viventi.

1.29.000 paperellecostruite ad HongKong cadono inmare nel 1992.

2. 19.000 finisconosulle spiagge diAustralia, Indonesiae Sud America.

3. Dopo unviaggio di 17.000miglia le paperellerimaste finisconoin Inghilterra.

IL VIAGGIO DELLE PAPERE DI PLASTICA

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92 VELA giugno

Silvana
Evidenziato