“Aspetti Legali, Etici e relativi alla Privacy” Indice · dei poteri riconosciuti al titolare...

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design” “Aspetti Legali, Etici e relativi alla Privacy” Indice 1. Il diritto alla privacy: tutelare la persona umana nella società della sorveglianza 1.1. Tutela della privacy come tutela dell’identità 1.2. I diritti dell’individuo nello spazio virtuale. L’identità nel tempo di internet 2. Il diritto alla privacy e il diritto all’oblio 3. Privacy, Big data, profilazioni 1

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”

“Aspetti Legali, Etici e relativi alla Privacy” Indice

1. Il diritto alla privacy: tutelare la persona umana nella società della sorveglianza1.1. Tutela della privacy come tutela dell’identità1.2. I diritti dell’individuo nello spazio virtuale. L’identità nel tempo di internet

2. Il diritto alla privacy e il diritto all’oblio

3. Privacy, Big data, profilazioni

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”1. Il diritto alla privacy: tutelare la persona umana nella

società della sorveglianza

Nell’ analizzare sub specie iuris l’attività di ricerca il c.d.

diritto alla privacy ha una rilevanza certamente centrale,

per una ragione tecnologica: la privacy costituisce la

principale strategia con cui il diritto fronteggia il problema

della tutela della persona umana nella c.d. società della

comunicazione digitalizzata e della sorveglianza. Cerchiamo

di argomentare questa affermazione.

I nessi tra la fenomenologia della comunicazione e la

privacy sono intuitivi. Come è noto, è lo sviluppo delle

tecnologie della comunicazione e dell’informazione che,

modificando la prassi e la realtà vitale, ha orientato la

costruzione giuridica della privacy conformandone la natura

e il significato. Il primo profilo è la trasformazione della

natura giuridica del diritto alla privacy, che da privilegio di

una classe sociale è divenuto un diritto inviolabile

dell’uomo. Il secondo riguarda l’arricchimento del contenuto

dei poteri riconosciuti al titolare della privacy quale

situazione giuridica soggettiva: al right to be let alone si è

affiancato il diritto alla protezione dei dati personali. Detto

altrimenti: la privacy ha oggi due nuclei semantici; due

“anime”, anche formalmente distinte in due diverse

disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione

Europea. Entrambe sono interpellate dalla finalità e

dall’oggetto della ricerca. “Diritto al rispetto della vita

privata e familiare” (art. 8) costituisce una formula

linguistica capace di evocare una pluralità di istanze di

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”riservatezza e tranquillità individuale eterogenee ma iscritte

in un contesto normativo unitario: il diritto dell’individuo di

costruire la sfera del la propria privatezza e di

autodeterminarsi liberamente in quest’ambito, nello

svolgimento della vita quotidiana, al riparo da intrusioni

indesiderate. Dal punto di vista che più ci riguarda, è

intuitivo che il diritto alla privacy del fanciullo tutela in

questo senso un profilo essenziale del diritto al pieno e

libero sviluppo della personalità: la possibilità di agire

spontaneamente, esprimendo se stessi senza doversi

limitare in forza di misure autocensorie.

1.1. Tutela della privacy come tutela dell’identità

Il “diritto alla protezione dei dati personali” (art. 9) consiste

invece in un plesso di poteri volti a soddisfare un’esigenza

dinamica dell’individuo: controllare la circolazione delle

informazioni che lo riguardano e quindi la propria identità.

È –questo- un aspetto del valore giuridico della persona

umana assolutamente centrale nella società della

sorveglianza. Perciò per comprendere la tecnologia

normativa della privacy e la sua relazione con la tutela

dell’identità personale occorre definire il significato del

sintagma “società della sorveglianza”.

In modo certamente riduttivo ma funzionale ai suoi compiti,

il diritto utilizza questa espressione per richiamare un

peculiare modo di essere della società dell’informazione che

sa rebbe de f i n i t o da due ca ra t t e r i s t i che de l l a

contemporaneità:

1) la diffusione massiccia e capillare delle tecnologie della

comunicazione, dell’informazione e dell’informatica produce

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”un effetto di sorveglianza della vita quotidiana che

prescinde da ogni intenzionalità (nel senso che la rende

irrilevante), è generalizzato (coinvolge chiunque) e ha ad

oggetto “networked person”: “corpi profondamente

modificati dall’immersione nel flusso costante delle

comunicazioni elettroniche” (S. Rodotà);

2) la “datizzazione” del mondo: la scomposizione di ogni

fenomeno in “dati”; unità che lo rendono misurabile,

conoscibile, “processabile”.

In questa situazione, i nessi tra privacy e fenomenologia

della comunicazione appaiono più stretti: le ICT non

soltanto sono strumenti dell’agire umano, ma “cose” che

modificano in modo essenziale lo stesso “stare al mondo”

delle persone. Perciò non sembra affatto azzardato parlare

di un mutamento dell’antropologia giuridica che non può

non incidere il problema della tutela della persona umana

come problema giuridico fondamentale. Come vedremo,

anche il nuovo linguaggio dei diritti fondamentali sembra

riflettere questo cambiamento. Il profilo che è più rilevante

per la nostra indagine concerne i mutamenti che sono

avvenuti nei processi di costruzione e di controllo

dell’identità personale quale immagine, proiezione sociale

dell’individuo.

1.2. I diritti dell’individuo nello spazio virtuale.

L’identità nel tempo di internet

Per comprendere di cosa si tratta, basta osservare che si è

ormai compiuta la dislocazione di una parte imponente e

importante della vita individuale e di quella sociale dallo

spazio materiale a quello c.d. virtuale. È –quest’ultimo- uno

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”spazio che non è irreale, essendo divenuto una componente

pienamente costitutiva della realtà della vita. E’ per questa

ragione che l’accesso a internet è considerato un diritto

fondamentale della persona umana. In questo orizzonte,

anche la giurisprudenza costituzionale europea, avendo

compreso l’importanza della rete per lo sviluppo e

l’esplicazione della personalità dell’uomo, ha riconosciuto la

centralità del diritto all’autodeterminazione informativa: in

altri termini, il diritto di decidere quali informazioni su di sé

appartengono alla sfera privata e quindi sono riservate e

quali invece sono conoscibili pubblicamente e dunque

dirette a proiettare l’immagine della persona –la sua

identità- nella vita sociale. È il nucleo della c.d. information

privacy, desunto da due principi costituzionali fondamentali

ed espliciti: il diritto al libero svolgimento della personalità

individuale e l’inviolabilità della dignità umana. È

importante osservare che proprio questi principi

costituiscono la base di un altro nuovo diritto, individuato

dalla Corte Costituzionale tedesca, che è connesso

evidentemente all’autodeterminazione informativa: il diritto

alla riservatezza e all’integrità dei sistemi in formatici cui la

persona affida i propri dati personali. Il punto decisivo è che

questo diritto è considerato un diritto inviolabile dell’uomo:

un uomo dotato di un corpo elettronico oltre che fisico,

profondamente modificato dall’interazione con le tecnologie.

Si parla un nuovo linguaggio dei diritti, quasi a suggerire

l’idea di un mutamento antropologico: il problema giuridico

è quello di coniare poteri capaci di proteggere la condizione

umana nella sua nuova complessità; seguire l’uomo anche

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”nel suo corpo elettronico e tecnologizzato e garantirne i

diritti e le libertà fondamentali.

Parallelamente all’espansione della vita nel cyberspazio, si

stanno registrando mutamenti sul piano della identità

personale che incidono direttamente sull’oggetto e sul

contenuto dell’identità come diritto della persona;

mutamenti impliciti nell’affermazione per cui nella c.d.

società dell’informazione l’identità della persona sarebbe

data dalla sintesi dei dati informativi che la riguardano e

che sono reperibili nella pluralità multiforme dei luoghi

della comunicazione sociale. Con altre parole: l’affermazione

–enfatica e provocatoria- “tu sei quello che Google dice che

sei”. Il problema giuridico è capire l’importanza nella vita

quotidiana dell’identità personale che ci viene restituita

dalla rete. Una identità che non è affatto meramente

virtuale, capace di “funzionare” in una dimensione separata

dalla vita reale delle persone. Neppure si tratta di un

“doppio virtuale”, cioè di una duplicazione esatta di quella

identità che l’individuo si è autonomamente costruito in

virtù della sua azione nella dimensione “materiale” della

realtà vitale. Si tratta invece del profilo (o della pluralità di

profili) che viene costruito attraverso l’aggregazione di una

molteplicità di dati personali variamente diffusi e

disseminati nella rete, per effetto della combinazione tra le

tecnologie dell’informazione e quelle dell’informatica. Questo

profilo costituisce un formante essenziale dell’identità della

persona: è intuitivo comprendere che nella società

dell’informazione proprio questo è il termine di riferimento

di una pluralità di decisioni che hanno effetti importanti

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”nella vita della persona (credito, lavoro, salute), e che

possono essere prese all’insaputa della persona dai poteri

che possiedono i suoi dati. In altri termini: le informazioni

che si riferiscono alla persona e che, in questo senso,

definiscono la sua identità sono il parametro di decisioni

altrui che incidono nella vita della persona anche sul piano

dei suoi diritti e delle sue libertà fondamentali.

Il processo di costruzione dell’identità che in questo modo si

pone in luce sfugge al potere di autodeterminazione della

persona e al suo controllo. L’individuo infatti può ignorare

chi sono i soggetti che utilizzano il suo profilo; come questo

profilo è stato ricostruito; per quali finalità viene impiegato;

quali sono le informazioni che lo riguardano che sono

possedute ed elaborate.

Questa situazione può costituire una grave criticità: basti

pensare che nella massa delle informazioni personali che

circola nella rete ve ne possono essere alcune non veritiere

o inesatte, incomplete o decontestualizzate che comunque

potranno andare a comporre l’identità, l’immagine sociale

della persona, distorcendola.

A ben guardare, i danni alla persona derivanti dalla

diffusione in rete di informazioni personali riservate e/o

diffamatorie presentano caratteristiche nuove, che riflettono

le caratteristiche peculiari della rete: innanzitutto quella di

essere un contesto “sconfinato”, al quale non sono

applicabili né le coordinate di spazio e di tempo che da

sempre hanno limitato l’azione dell’uomo nel mondo, né la

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”tradizionale distinzione pubblico-privato. È intuitivo capire

che l’informazione immessa nella rete è resa accessibile:

-immediatamente;

-universalmente (all’intero popolo dei naviganti);

-facilmente (è indicizzata dai motori di ricerca);

-per sempre (la memoria della rete è tendenzialmente senza

limiti, perpetua.

2. Il diritto alla privacy e il diritto all’oblio.

È’ importante qui anticipare alcune considerazioni decisive

per la costruzione giuridica dell’attività di ricerca. Le

caratteristiche delle memoria della rete rinviano a quella

rivoluzione copernicana nei problemi della tutela della

persona che è il c.d. diritto all’oblio: il diritto dell’individuo

di cancellare dalla memoria sociale quei fatti del suo

passato il cui ricordo lo disturba e che non presentano più

alcun interesse attuale per l’opinione pubblica (con altre

parole: che non è “socialmente utile” conoscere). Un tale

interesse personale si afferma nel momento in cui la società

ha a sua disposizione strumenti, tecnologie che assicurano,

con una memoria perpetua, l’attualizzazione perenne del

passato. La rivoluzione –nell’uso della memoria collettiva -

sarebbe questa: una volta l’oblio costituiva una vera e

propria pena che la società poteva infliggere all’individuo: la

damnatio memoriae; oggi la condanna è invece quella di una

società che ricorda per sempre ciò che tu vuoi dimenticare

e-soprattutto- farle dimenticare. Si comprende, da questa

prospettiva, l’importanza del problema della cancellazione

dei dati personali (per esempio: quelli che i minori

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”depositano nei social network) e quindi della possibilità di

conformare modi e livelli diversi di accesso e quindi di

conoscibilità.

Il caso Google vs AEPD recentemente deciso dalla Corte di

Giustizia dell’UE ha riguardato proprio la peculiarità del

processo di circolazione delle informazioni e quindi della

“conoscenza” che i grandi motori di ricerca realizzano. La

Corte ha riconosciuto il diritto dell’individuo di ottenere –

alla condizione che tra breve vedremo- la «soppressione,

dall’elenco dei risultati che appare a seguito di una ricerca

effettuata a partire dal suo nome, dei link verso pagine web

pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a

questa persona». La Corte riporta questo potere al c.d.

diritto all’oblio: il diritto dell’individuo di inibire la

circolazione generalizzata, nello spazio mediatico pubblico,

di informazioni della sua vita passata che –anche se in

origine pubblicate legittimamente - non sono più

socialmente utili (sono irrilevanti per il diritto del cittadino

ad essere informato). Questo limite è importante: costituisce

il risultato del bilanciamento tra le ragioni dell’individualità

e quelle della società democratica. Alla stessa ratio dell’oblio

è legato il potere di ottenere la cancellazione dei propri dati

personali una volta realizzato lo scopo che ne ha legittimato

la raccolta e il trattamento da parte di terzi: perciò, secondo

la disciplina richiamata dalla Corte, non è lecito conservare

dati per esigenze future –salva la perdurante attualità delle

finalità storiche, statistiche e scientifiche.

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”Questo è un aspetto determinante per l’attività di ricerca

che stiamo cercando di disciplinare. Nel nostro caso, infatti,

la preminenza giuridica dell’interesse del minore fa sì che,

una volta conseguita la finalità della ricerca, il profilo

ricostruito delle sue competenze sia esclusivamente affidato

alla disponibilità dei titolari della responsabilità genitoriale.

3. Privacy, Big data, profilazioni

Il discorso teorico ha evidenziato problemi che l’evoluzione

dei big data non potrà non rendere più acuti, se non sarà

adeguatamente governata. Si possono immaginare

facilmente gli effetti sulle libertà e i diritti fondamentali

dell’individuo di profilazioni e di connesse decisioni

effettuate secondo la logica delle correlazioni e delle

valutazioni predittive affidate al calcolo delle probabilità.

Tra i rischi per l’individuo e le sue libertà ne accenniamo

uno soltanto, che almeno dal punto di vista giuridico

segnala una possibile regressione della condizione umana.

È a tutti noto che il diritto moderno (quello che si sviluppa

in occidente dopo le rivoluzioni francese e americana) ha

inteso liberare l’individuo dai vincoli delle appartenenze

feudali; dai legami che derivavano dal nascere in uno status

sociale che determinava l’identità e, in un certo senso,

anche il destino in virtù della inesorabile titolararità del

sistema dei diritti e degli obblighi propri di quello status.

Oggi, il rischio più evidente che deriva da profilazioni e

connesse valutazioni predittive è quello di rinchiudere

nuovamente gli individui in una gabbia: non più quella degli

status ma quella del profilo di identità; della categoria di

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”persona a cui si viene ricondotti. Si finirebbe per negare, in

questo modo, l’irripetibile singolarità di ogni individuo e la

libertà di autodeterminarsi. Con altre parole: il principio

dell’inviolabilità della dignità umana.

Un principio giuridico decisivo per l’impostazione di questo

problema è quello dell’art.14, comma 1, cod. privacy:

«nessun atto o provvedimento giudiziario o amministrativo

che implichi una valutazione del comportamento umano

può essere fondato unicamente su un trattamento

automatizzato di dati personali atto a definire il profilo o la

personalità dell’interessato». La norma è destinata a

svolgere un ruolo di assoluta centralità nella strategia

giuridica di tutela della persona nella società della

comunicazione. La nostra analisi, funzionale al trattamento

dei dati nell’attività di ricerca, è orientata da una ragione

strumentale evidente: la norma intende ridurre il rischio di

quelle distorsioni dell’identità personale che costituiscono

l’effetto di classificazioni generalizzanti. Il codice della

privacy considera, questo, un rischio tipico della c.d. società

della sorveglianza quale forma attuale della società

dell’informazione. Come si è detto, la peculiarità della

circolazione dei dati personali e la costruzione, attraverso

l’aggregazione informatica dei dati, di identità «elettroniche»,

da un lato, riconfigurano i termini del problema della

privacy nel riferimento ai nuovi assetti dei poteri che la

dinamica della sorveglianza istituisce. Dall ’altro,

prospettano in modo nuovo questioni antiche come quella

del controllo dei sorveglianti e della tutela delle identità

rispetto a fenomeni di discriminazione e di omologazione

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”sociale. Dal primo punto di vista, si pone in luce quella

peculiare connessione che è stata individuata quale

«paradosso della privacy»; il fatto, cioè, che la libertà di

costruire la propria sfera privata non costituisce soltanto

un’espressione della personalità dell’uomo e del suo bisogno

di separazione all’altro, ma rappresenta una condizione

indispensabile perché la personalità possa esplicarsi con

pienezza ed effettività nei contesti aperti della vita di

relazione. Si spiegano in questo senso sia le previsioni

contenute nell’art. 8 dello Statuto dei lavoratori, sia il

peculiare regime che la legge 675/1996 ed ora il Codice

della privacy prescrivono per i c.d. dati «sensibili»; i dati –

cioè- che potrebbero generare forme di discriminazione

della persona.

Dal secondo punto di vista si pongono in luce quei fenomeni

richiamati –come si è visto- dalla affermazione per cui nella

c.d. società dell’informazione l’identità della persona

sarebbe data dalla sintesi dei dati informativi che la

riguardano e che sono reperibili nella pluralità multiforme

dei luoghi della comunicazione sociale.

In quest’ambito, a fronte della unicità irripetibile delle

identità soggettive, l’art.14 cod. privacy non preclude il

ricorso ad elaborazioni automatizzate delle informazioni

iden t i t a r i e , ma vuo l e ev i ta re che a l r i su l ta to

dell’applicazione di tali strumenti sia dato un valore

definitivo e autosufficiente. Detto altrimenti, che esso sia

automaticamente trasferito e direttamente trasformato nel

giudizio sull’identità. Emergono a tal fine due condizioni di

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”validità: a) la capacità di significazione delle informazioni

(ad esempio, predizione di una determinata attitudine

soggettiva) non costituisce un dato a priori ma una

conclusione da argomentare; b) il profilo identitario

«suggerito» dal modello va integrato in un giudizio più ampio

e complesso sulla personalità che, sebbene orientato da

leggi statistiche, deve essere concreto e, perciò, individuale.

Da questo discorso si ricava una conseguenza importante

per la programmazione e l’esecuzione della ricerca e della

sperimentazione: la finalità della ricerca preclude la

possibilità di elaborare legittimamente profili

dell’identità bambini che non siano quelli delle

competenze finalizzate alla costruzione dei percorsi

didattico-formativi individualizzati. In particolare, non

possono essere costruiti profili psicologici.

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”

Adozione della “Privacy by Design” Indice

1. Tutelare la persona. Privacy by design

2. Il principio di necessità nel trattamento dei dati

3. Il principio di liceità e il principio di correttezza

4. Il principio di finalità4.1 Pertinenza e non eccedenza4.2 Esattezza e completezza delle informazioni

5. Consenso al coinvolgimento di minori e al trattamento dei dati personali

6. Consenso, obblighi di informazione, diritti dell’interessato

7. Dati sensibili

8. Obblighi di sicurezza

1. Tutelare la persona. Privacy by design

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”È osservando attentamente questo scenario che vanno

determinate le esigenze da soddisfare nella progettazione e

nell’esecuzione delle attività di ricerca e sperimentazione,

secondo la filosofia della architectural privacy o privacy by

design. Come si è detto, la realizzazione della specifica

finalità scientifica implica costitutivamente la raccolta e il

trattamento di una grande quantità di dati personali e la

elaborazione di quei profili delle competenze che siano

necessari al la definiz ione dei percorsi didatt ic i

individualizzati. Proprio alla luce di questa finalità

considerare tendenzialmente il dato come personale e cioè

non anonimo sembra una precauzione ragionevole, tenuto

conto che la qualificazione di un dato come anonimo ai fini

della regolamentazione giuridica e deontologica sembra

un’operazione assai complessa:

-si considera anonimo il dato che in origine, o a seguito di

trattamento, non può essere associato ad un interessato

identificato o identificabile (art. 4, lett. n, Decreto Legislativo

196/2003);

-un interessato si ritiene identificabile quando, con

l’impiego di mezzi ragionevoli, è possibile stabilire

un’associazione significativamente probabile tra la

combinazione delle modalità delle variabili relative ad

un’unità statistica e i dati identificativi della medesima (art.

4 Codice deontologico).

In particolare, la qualificazione ai fini della comunicazione e

diffusione dei dati (art. 4 Codice deontologico) viene legata

a l rischio di identificazione, da valutare in virtù di un

giudizio probabilistico che ha natura complessa e che deve

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”seguire una pluralità di criteri individuati analiticamente

dall’art. 5 del Codice deontologico.

È evidente perciò che il fondamentale parametro normativo

è il D.lgs. 30 giugno 2003, n.196 (c.d. codice della privacy).

Come è noto, la finalità di tale codice è: «garantire che il

trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei

diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità

dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza,

all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati

personali» (art. 2).

Per assicurare questa finalità, il codice dà vita ad un

sistema che regola in modo organico tutte le attività di

trattamento dei dati personali, mediante il concorso tra

disposizioni generali e disposizioni particolari: nel nostro

caso gli artt. 97 ss.

Le prime pongono regole rivolte a chiunque si trovi ad

effettuare attività di trattamento di dati personali, a

prescindere dalla natura privatistica o pubblicistica di tale

soggetto. Tra queste, è opportuno richiamare quelle che

costituiscono parametri fondamentali della liceità delle

attività che realizzano il trattamento.

2. Il principio di necessità nel trattamento dei dati

L’art. 3 prescrive il principio di necessità nel trattamento

dei dati: impone che i sistemi informativi e i programmi

informatici siano configurati riducendo al minimo

l'utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”modo da escluderne il trattamento quando le finalità

perseguite nei singoli casi possono essere realizzate

mediante, rispettivamente, dati anonimi od opportune

modalità che permettano di identificare l'interessato solo in

caso di necessità. In altre parole: laddove le finalità della

ricerca possono essere perseguite anche senza trattare dati

personali, oppure dati identificativi, il trattamento deve

riguardare solo dati anonimi (che non riguardano, cioè,

interessati ident i f icat i o identi f icabil i ) , oppure,

rispettivamente, dati non identificativi (che permettono,

cioè, di identificare direttamente un interessato).

3. Il principio di liceità e il principio di correttezza

L’art. 11 ha una funzione regolativa plurale e più

complessa: in primo luogo, prescrive come si ricostruisce

l’insieme delle norme che incidono nel giudizio di liceità. A

tal fine, da un lato, detta prescrizioni specifiche; dall’altro,

richiama tutte le disposizioni tematicamente pertinenti

poste da altri strumenti regolativi e le riqualifica come

canoni di liceità del trattamento di dati personali. Ne

consegue che il trattamento, per essere lecito, deve essere

conforme non soltanto alle regole introdotte ex novo dal

codice della privacy, ma anche a quelle ad esso esterne, di

volta in volta richiamate dal problema principale che la

attività di ricerca pone alla legge: la protezione dei minori

nei lori diritti e nelle loro libertà fondamentali.

Un aspetto importante da considerare è questo: il rinvio

effettuato dal codice della privacy include e ricontestualizza

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”anche queste norme “esterne” in un «nuovo» e specifico

sistema rimediale. Infatti nel sistema del codice, la

violazione dei canoni di liceità ha un doppio effetto: a)

l’inutilizzabilità dei dati (art. 11, comma 2); b) la

responsabilità extracontrattuale per il danno patrimoniale e

per quello esistenziale (art. 15 cod. privacy) secondo il

modello dell’art. 2050 cod. civ.

Sono opportune, a questo riguardo, alcune specificazioni:

l’art. 2050 cod. civ. predispone un modello di responsabilità

aggravato rispetto a quello ordinario (art. 2043 cod. civ.),

che collega alla natura “pericolosa” dell’attività: “chiunque

cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività

pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi

adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere

adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”.

Esistenziali sono definiti i danni che non sono in alcun

modo riconducibili alla perdita o alla diminuzione della

capacità reddituale, né si esauriscono nei costi necessari a

reintegrare la salute, ma consistono nella lesione della sfera

esistenziale dell’individuo. Attengono a beni e/o utilità che

non sono sostituibili con il valore patrimoniale puro del

denaro ma che secondo l’apprezzamento sociale condiviso

possono essere “compensati” con il denaro. In questo senso,

la quantificazione del risarcimento è affidata alla

valutazione equitativa del giudice. Nel caso del trattamento

di dati personali, questi danni alla persona coincidono con

la lesione di quei diritti che, come la riservatezza, la privacy

e l’identità personale tutelano l’individuo nel suo “essere”

umano.

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”

Il rinvio alle norme incidenti nella qualificazione di liceità

del trattamento si completa nel riferimento alla correttezza,

secondo l’art. 11 comma 1, lett. a). Questo riferimento ci

pone due problemi: definire il significato dell’espressione

“correttezza”; applicare la regola di correttezza

specificamente concretizzata. Per risolverli, è utile osservare

che nel ragionamento giuridico la correttezza opera come

uno standard valutativo; un dispositivo, cioè, diretto ad

adattare gli effetti giuridici alle caratteristiche peculiari del

fatto accaduto nella fenomenologia della realtà materiale.

Detto altrimenti, lo standard serve ad adeguare, quanto più

possibile, la risposta del diritto alla identità del problema

che il fatto della vita gli prospetta, temperando il carattere

formale della legge e dunque riducendone quella distanza

dalla realtà vitale che è imposta dalla sua astrattezza.

L’espressione correttezza è semanticamente vaga in vista di

una funzione: definirne il significato nella concretezza della

prassi. Per comprendere meglio questo aspetto, occorre

distinguere analiticamente i due ruoli dello standard: a) lo

s t a n d a r d c o m e medium d i i n d i v i d u a z i o n e d e i

compor tament i e s i g ib i l i ne l l e c i r cos tanze che

contestualizzano in concreto l’accadere del fatto nella realtà

empirica; b) lo standard come parametro di valutazione

secondo il canone della liceità delle attività effettivamente

esplicate. I due profili tornano a coincidere nella risposta al

quesito: che cosa significa correttezza? La specificità del

procedimento interpretativo di uno standard sta in ciò:

l’interpretazione ha luogo come recezione e appropriazione

da parte della legge ordinaria di significati costituiti

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”direttamente dalla prassi sociale, quale luogo eminente

dell’elaborazione dei valori delle azioni umane. Si compie

così la mediazione propria degli standard valutativi come

«concetti valvola»: collegare il sistema «diritto» ai sistemi

culturali esterni al diritto ma coinvolti dalle situazioni di

interesse che stanno alla base delle norme giuridiche.

La prima conseguenza è il recupero di valutazioni di ordine

sostanziale e la loro inclusione nel giudizio di liceità. Si

comprende, in tal modo, che il contenuto precettivo più

immediato del principio di correttezza si esprime come

proporzionalità: l’interprete, di fronte ad ogni singola

operazione del trattamento, è chiamato a operare un «leale»

bilanciamento di interessi: deve individuare, cioè, secondo

standard di ragionevolezza espressivi della «normalità» della

prassi, qual è la misura tollerabile di sacrificio della sfera

privata che il potere informativo –legittimato, nel nostro

caso, dalla finalità della ricerca scientifica- può imporre alla

persona (titolare dei dati personali).

In secondo luogo, il riferimento alla concretezza serve a

richiamare le norme del codice deontologico proprio del tipo

di attività: il Codice di deontologia e di buona condotta per

i trattamenti di dati personali per scopi statistici e

scientifici che è in vigore dal 1 ottobre 2004 e regola

“l’insieme dei trattamenti effettuati per scopi statistici e

scientifici –conformemente agli standard metodologici del

pertinente settore disciplinare- di cui sono titolari università,

altri enti o istituti di ricerca e società scientifiche nonché

ricercatori che operano nell’ambito di dette università, enti,

istituti di ricerca e soci di dette società scientifiche” (art.2)

20

Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”“indipendentemente dalla sottoscrizione del codice stesso da

parte dei rispettivi enti e società scientifiche” (Preambolo al

Codice di deontologia, comma 2).

Quest’ultima specificazione relativa all ’ambito di

applicazione del Codice deontologico è di grande importanza

perché il rispetto delle disposizioni dei codici di deontologia

e buona condotta diviene condizione essenziale per la liceità

del trattamento di dati personali effettuato da soggetti

privati e pubblici (art. 12, comma 3, Decreto legislativo

196/2003). Secondo l’art. 3 del Codice deontologico, i

“soggetti coinvolti” nella ricerca debbono comunque

sottoscrivere una “dichiarazione di impegno a conformarsi

alle disposizioni del codice deontologico” e “una analoga

dichiarazione è sottoscritta anche dai soggetti –ricercatori,

responsabili e incaricati del trattamento- che fossero

coinvolti nel prosieguo della ricerca”.

4. Il principio di finalità

L’art.11, comma 1, lett. b) introduce il principio di finalità

e vi costruisce la pretesa «generale» di validità del potere

informativo. Questo ruolo fondativo si pone in luce

osservando i due significati in cui si declina la funzione

regolativa del principio: il c.d. «scopo – fine» e il c.d. «scopo -

mezzo». Il primo, richiamando la finalità ultima della

raccolta e del trattamento dei dati personali, istituisce un

doppio vincolo: la legittimità dello scopo-fine e la

coincidenza tra il fine effettivamente perseguito e quello che

giustifica normativamente l’attribuzione del potere

21

Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”informativo. Nel nostro caso, questo comporta la verifica

della sussistenza in concreto della finalità della ricerca:

questa finalità infatti legittima di per sé il trattamento di

dati personali (art. 104 ss. cod. privacy).

Il secondo profilo pone una esigenza di congruità tra tale

finalità (generale) e lo scopo (pratico) che, di volta in volta,

orienta ciascuna singola fase dell’attività. Così si organizza

una relazione strumentale tra mezzo e fine che opera come

condizione di liceità: il mezzo -cioè la ragione per cui si

compie ogni singolo atto del trattamento- deve essere

congruo e quindi proporzionato rispetto allo scopo -che

legittima il potere informativo e, perciò, l’intrusione nella

altrui sfera soggettiva.

4.1 Pertinenza e non eccedenza dei dati

I canoni della pertinenza e della non eccedenza (art.11,

lett. d) identificano requisiti dei dati che specificano il

principio di finalità e operano come criteri di liceità della

raccolta e del trattamento. Infatti, impongono una duplice

valutazione del contenuto informativo del dato in rapporto

alla finalità perseguita: la pertinenza (come modalità

qualitativa) garantisce l’attinenza dell’informazione fornita

dal dato rispetto alla scopo del trattamento. La non

eccedenza limita alla misura minima necessaria l’intrusione

nella sfera della vita privata. Una esigenza di garanzia –

questa- che può così tradursi: non è lecito raccogliere dati

che, quantunque pertinenti in astratto, non siano in

concreto utili perché attengono ad una necessità cognitiva

che è già stata soddisfatta.

22

Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”

4.2 Esattezza e completezza delle informazioni

L’art. 11 manifesta inoltre l’esistenza di un nesso più

profondo tra privacy e identità sul piano delle tecnologie

della tutela giuridica della persona. Questo nesso si pone in

luce proprio a partire dall’idea di immutabilità che

costituisce il nucleo essenziale del concetto normativo di

identità: la non possibilità di un mutamento etero-

determinato. Ciò significa che la tutela dell’identità, quale

affermazione della propria individualità e conservazione

della propria irripetibile singolarità -come differenza

dall’altro-, include in modo necessario il divieto (per gli altri)

di compiere operazioni informative che modifichino il campo

oggettivo delle proiezioni sociali della personalità

individuale. Da questa prospettiva, l’identità personale si

manifesta –anche- come «dispositivo di socializzazione»:

cioè, da un lato, è vista nella sua capacità di comunicare e

produrre conoscenza sulla persona; dall’altro, costituisce il

punto di riferimento della pluralità dei rapporti nei quali si

svolge la relazionalità vitale del soggetto. Questi nessi si

rendono evidenti nella prescrizione dei canoni della

completezza e dell’esattezza delle informazioni (art.11,

comma 1, lett. c) e d). Quali criteri di liceità, questi si

indirizzano ad un obiettivo specifico: garantire (non

l’autorappresentazione di sé ma) la «verità storica» della

rappresentazione della personalità mediata dal trattamento.

Si introduce, così, un aspetto della congruità delle

informazioni diverso da quelli in precedenza esaminati: per

un verso, riguarda l’interesse a vedersi rappresentati per

come si è; o, in modo più preciso, così come si è percepiti

23

Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”all’esterno, nel contesto in cui si esplica la propria socialità;

per l’altro, prefigura l’esigenza di un giudizio (la valutazione

identitaria) che non è mai definitivamente compiuto ma si

riproduce, in armonia con la natura «procedimentale»

dell’identità.

24

Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”5. Consenso al coinvolgimento di minori e al

trattamento dei dati personali

Un profilo importante è quello del consenso, che nell’analisi

giuridica si differenzia in:

a) Consenso al coinvolgimento di persone minori di età

nelle attività di ricerca e sperimentazione;

b) consenso al trattamento dei dati personali.

Questa distinzione riflette la diversità dei problemi giuridici

rispettivamente implicati dalle due manifestazioni di

volontà, che sussiste benché evidentemente l’attività di

ricerca sia qualificabile come trattamento di dati personali

ai fini e per gli effetti del codice della privacy.

Il consenso sub a) (da parte dei titolari della responsabilità

genitoriale sul minore) costituisce i l parametro

fondamentale della legittimità dell’attività di ricerca; deve

rivestire la forma scritta ed essere informato. Quest’ultimo

requisito implica la necessità di una adeguata attività di

comunicazione ed informazione da parte dei soggetti della

ricerca secondo alcuni contenuti minimi: la finalità della

ricerca; le forme e le modalità del suo svolgimento; i tempi

previsti; i soggetti coinvolti. Inoltre, deve essere precisata la

natura libera del consenso e della partecipazione e pertanto

che verranno adottate tutte le misure idonee ad assicurare

che nessuna conseguenza discriminatoria o in altre forme

negativa deriverà ai bambini e alle loro famiglie dalla

mancata partecipazione alla attività di ricerca e di

sperimentazione.

25

Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”

Occorre sottolineare la natura extracontrattuale di tale

consenso. Ciò comporta che esso escluda la antigiuridicità

dell’intromissione nella sfera personale dei bambini attuata

con la sperimentazione ma che sia liberamente revocabile –

salvo il risarcimento dell’eventuale danno. Sembra

opportuno perciò, al fine di garantire l’effettività del

consenso, che i titolari della ricerca si obblighino a tenere

aggiornati i titolari della responsabilità genitoriale dello

svolgimento della ricerca e ad informarli tempestivamente

dei risultati anche parziali che saranno ottenuti e delle

valutazioni effettuate dal Comitato etico sulla rispondenza

dell’attività all’interesse preminente del bambino.

È proprio questo interesse che orienta in maniera decisiva

anche la questione del consenso al trattamento dei dati

personali (b) verso una tutela rinforzata, che prescinde dalla

natura pubblica o privata del titolare del trattamento quale

autore della ricerca. Normalmente, infatti, questa

alternativa è decisiva rispetto alla necessità o meno di

ottenere il consenso dell’interessato (nell’ipotesi di soggetti

minori, ovviamente, il consenso sarà normalmente prestato

dai genitori quali legali rappresentanti), regolato dall’art. 23

del Decreto legislativo e dall’art.7 del Codice di deontologia).

Infatti, i soggetti pubblici –che il Codice della Privacy

legittima a trattare dati personali per lo svolgimento delle

loro funzioni istituzionali- non hanno bisogno di richiedere

il consenso dell’interessato (art. 18 Decreto legislativo

196/2003). Nell’ipotesi di scopi scientifici, ciò vale anche

per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari (art. 4

26

Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”Decreto legislativo 196/2003). Infatti –come si è detto- la

finalità scientifica perseguita da un soggetto pubblico è

considerata dall’art. 98 del Decreto legislativo 196/2003 di

rilevante interesse pubblico ai sensi degli artt. 20 e 21 del

decreto medesimo. Vale a dire: questa norma autorizza i

soggetti pubblici che perseguono scopi scientifici anche al

trattamento di dati sensibili e giudiziari, senza il consenso

degli interessati, nel rispetto delle condizioni previste dagli

art. 20, comma 2 e 22 del Decreto e dall’art. 9, commi 1, 2 3

e 6 del Codice di deontologia.

In conclusione: nonostante la natura pubblicistica dei

ricercatori, la minore età dei soggetti sui quali e con i quali

la ricerca viene svolta impone il consenso al trattamento dei

dati personali da parte dei titolari della responsabilità

genitoriale. Si tratta di un profilo specifico che si distingue

concettualmente e si aggiunge al consenso che questi ultimi

devono esprimere in merito al coinvolgimento dei minori

nell’attività di ricerca ma che dal punto di vista pratico-

operativo potrà trovare una trattazione contestuale.

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”6. Consenso, obblighi di informazione e diritti

dell’interessato

Il consenso sopra descritto deve rivestire la forma scritta ed

essere parametrato al contenuto dell’informativa prevista

dall’art. 13 cod. privacy. Sebbene taluni punti ricalchino la

declinazione del consenso allo svolgimento della

sperimentazione, conviene richiamarli, coerentemente al

ruolo giuridicamente autonomo del consenso al trattamento

dei dati personali:

a) le finalità e le modalità del trattamento cui sono destinati

i dati;

b) la natura facoltativa del conferimento dei dati;

c) le conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere (vedi

supra);

d) i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati personali

possono essere comunicati o che possono venirne a

conoscenza in qualità di responsabili o incaricati, e l'ambito

di diffusione dei dati medesimi;

e) i diritti di cui all'articolo 7;

f) gli estremi identificativi del titolare e, se designati, del

rappresentante nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo

5 e del responsabile. Quando il titolare ha designato più

responsabili è indicato almeno uno di essi, indicando il sito

della rete di comunicazione o le modalità attraverso le quali

è conoscibile in modo agevole l'elenco aggiornato dei

responsabili. Quando è stato designato un responsabile per

il riscontro all'interessato in caso di esercizio dei diritti di

cui all'articolo 7, è indicato tale responsabile;

28

Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”g) la possibilità di prendere conoscenza delle modalità di

conservazione dei dati e delle misure di sicurezza adottate

dai responsabili della ricerca.

Il riferimento ai diritti del titolare dei dati personali si

completa nel rinvio all’art. 7 del codice della privacy,

secondo il quale

1. L'interessato ha diritto di ottenere la conferma

dell'esistenza o meno di dati personali che lo riguardano,

anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in

forma intelligibile.

2. L'interessato ha diritto di ottenere l'indicazione:

a) dell'origine dei dati personali;

b) delle finalità e modalità del trattamento;

c) della logica applicata in caso di trattamento effettuato

con l'ausilio di strumenti elettronici;

d) degli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del

rappresentante designato ai sensi dell'articolo 5, comma 2;

e) dei soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati

personali possono essere comunicati o che possono venirne

a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel

territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.

3. L'interessato ha diritto di ottenere:

a) l'aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha

interesse, l'integrazione dei dati;

b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il

blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli

di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli

scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente

trattati;

29

Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”c) l'attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b)

sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda

il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati

comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale

adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di

mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto

tutelato.

7. Dati sensibili. Principio di indispensabilità

Particolare rigore deve essere osservato per quanto riguarda

l'eventuale raccolta e registrazione di dati sensibili, i quali

sono acquisibili, attraverso una valutazione obiettiva e

selettiva, solo se realmente indispensabili per raggiungere la

finalità della ricerca (art. 22, comma 3, codice privacy).

Inoltre, cautele peculiari sono imposte dall’eventuale

coinvolgimento degli istituti scolastici nelle fasi di raccolta e

di trattamento di dati sensibili. Infatti alcuni presupposti

giuridici per trattare tali i dati sono diversi a seconda che

l'istituto scolastico sia di natura privata o pubblica.

Le istituzioni scolastiche private devono acquisire il

consenso specifico, preventivo e scritto da parte degli

esercenti la potestà; devono poi rispettare le prescrizioni

contenute nelle autorizzazioni generali del Garante al

trattamento dei dati sensibili. Le istituzioni scolastiche

pubbliche non devono richiedere il consenso; devono invece

indicare nell'atto di natura regolamentare che deve essere

adottato in conformità al parere del Garante, i tipi di dati

30

Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”trattabili e le operazioni eseguibili in relazione alla tematica

in esame (artt. 20 e 154 del Codice privacy).

8. Obblighi di sicurezza

Infine, relativamente agli obblighi di sicurezza, i l

dispositivo delle norme fondamentali del codice della

privacy è assai chiaro.

Secondo l’art. 31:

1. I dati personali oggetto di trattamento sono custoditi e

controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in

base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle

specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da

ridurre al minimo, mediante l'adozione di idonee e

preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o

perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non

autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme

alle finalità della raccolta.

Secondo l’art. 32:

1. Nel quadro dei più generali obblighi di sicurezza di cui

all'articolo 31, o previsti da speciali disposizioni, i titolari

del trattamento sono comunque tenuti ad adottare le

misure minime individuate nel presente capo o ai sensi

dell'articolo 58, comma 3, volte ad assicurare un livello

minimo di protezione dei dati personali.

L’art. 34 disciplina il trattamento effettuato on strumenti

elettronici:

31

Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”1. Il trattamento di dati personali effettuato con strumenti

elettronici è consentito solo se sono adottate, nei modi

previsti dal disciplinare tecnico contenuto nell'allegato B), le

seguenti misure minime:

a) autenticazione informatica;

b) adozione di procedure di gestione delle credenziali di

autenticazione;

c) utilizzazione di un sistema di autorizzazione;

d) aggiornamento periodico dell'individuazione dell'ambito

del trattamento consentito ai singoli incaricati e addetti alla

gestione o alla manutenzione degli strumenti elettronici;

e) protezione degli strumenti elettronici e dei dati rispetto a

trattamenti illeciti di dati, ad accessi non consentiti e a

determinati programmi informatici;

f) adozione di procedure per la custodia di copie di

sicurezza, il ripristino della disponibilità dei dati e dei

sistemi.

L’art. 35 si riferisce agli obblighi di sicurezza da adempiere

nel trattamento effettuato senza l’ausilio di strumenti

elettronici:

1. Il trattamento di dati personali effettuato senza l'ausilio

di strumenti elettronici è consentito solo se sono adottate,

nei modi previsti dal disciplinare tecnico contenuto

nell'allegato B) del codice, le seguenti misure minime:

a) aggiornamento periodico dell'individuazione dell'ambito

del trattamento consentito ai singoli incaricati o alle unità

organizzative;

b) previsione di procedure per un'idonea custodia di atti e

documenti affidati agli incaricati per lo svolgimento dei

relativi compiti;

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Deliverable D1.3 (UNISAPIENZA): Rapporto di ricerca “Aspet Legali, Etci e relatvi alla Privacy” e rapporto sull’adozione della “Privacy by Design”c) previsione di procedure per la conservazione di

determinati atti in archivi ad accesso selezionato e

disciplina delle modalità di accesso finali.

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