Asperger: talenti speciali, ma esclusi dal mondo del lavoro · «Gli Asperger escono dai parametri...

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Asperger: talenti speciali, ma esclusi dal mondo del lavoro Non esistono monitoraggio e controllo effettivi sull’attuazione della Legge 68. Gli «Aspie» e le loro famiglie vivono una situazione ancora più paradossale di Ruggiero Corcella La Federazione internazionale Autismo Europa ne ha fatto il motto della campagna 2014: «Autismo e lavoro, insieme si può». Il punto è che il diritto al lavoro, per quanti sono affetti da disturbi dello spettro autistico, resta quanto mai un miraggio. Gli studi internazionali dimostrano che tra il 76 e il 90 per cento degli adulti con autismo nel mondo sono attualmente disoccupati. All’interno dei disturbi dello spettro autistico, le persone con sindrome di Asperger e le loro famiglie vivono, se possibile, una situazione ancora più paradossale. «In Italia - spiega Davide Moscone, psicologo e presidente dell’Associazione Spazio Asperger di Roma - manca un’adeguata conoscenza scientifica sulla sindrome di Asperger da parte delle stesse professioni sanitarie: psicologi, neuropsichiatri infantili e psichiatri in primis». Questa mancanza di conoscenza si riscontra purtroppo anche nel tessuto sociale. «Le persone Asperger - continua Moscone -, pur avendo spesso altissime potenzialità intellettive, se non veri e propri talenti in alcuni specifici campi, non vengono riconosciute e rispettate nelle loro particolarità sensoriali, comportamentali, cognitive ed emotive e sono perciò emarginate, derise. E le famiglie vivono drammi immensi». Insomma, come spiega Laura Imbimbo, presidente del Gruppo Asperger Onlus: «Premesso che la diagnosi di sindrome di Asperger non è semplice e spesso arriva in ritardo, siccome sei “intelligente”, non sei un “ritardato”, hai un livello cognitivo buono, parli, cammini, ti vesti, si ha difficoltà a riconoscerti lo status di disabile, se lo richiedi ovviamente». La condizione degli “Aspie”, come vengono chiamati, rende loro quasi impossibile accedere alle liste del collocamento previste dalla Legge 68/99, che impone ai datori di lavoro pubblici e privati l’obbligo di assumere portatori di handicap secondo modalità legate alle dimensioni dell’impresa. «Gli Asperger escono dai parametri della legge - aggiunge Lucio Moderato, psicologo direttore dei Servizi diurni territoriali della Fondazione Sacra Famiglia e direttore scientifico della Fondazione Oltre il Labirinto -, ma non possono accedere ai posti di lavoro normali perché per loro è molto difficile la socializzazione, non riescono cioè ad interagire con i colleghi di lavoro. Proprio per questo avrebbero bisogno di grande aiuto da parte della collettività, anche perché sono persone che entrano facilmente in depressione. Se non fai gli interventi giusti, poi scivolano nelle terapie farmacologiche, che sono molto costose». In realtà , gli “Aspie” possono avere abilità uniche, utilizzabili per produrre lavoro di elevata qualità, che li rende una risorsa preziosa per i loro datori. Inoltre, formazione e occupazione possono consentire loro di assumere ruoli più attivi nella comunità, piuttosto che dipendere dal sostegno della famiglia e della società. «Il fine ultimo dell’educazione permanente necessaria per una persona con autismo - sottolinea Giovanni Marino, presidente della Federazione delle associazioni che si occupano di autismo e Asperger - è l’inserimento lavorativo libero, protetto, assistito secondo le sue potenzialità, l’unico a consentirgli una vita dignitosa per quanto possibile». Il fatto è che non esistono un monitoraggio e un controllo effettivi sull’attuazione della Legge 68. «Intanto, nemmeno il pubblico impiego rispetta le quote e in ogni caso è difficile che si scelga una persona con disabilità intellettiva - dice Marino -. Basta assumere una persona che abbia un certificato di invalidità. Di solito si sceglie il disabile meno “invadente” e più produttivo. Ma é un concetto sbagliato, che va rivisto». Qualcosa però sta cambiando. Le aziende innovative iniziano a utilizzare i punti di forza delle persone con

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Asperger: talenti speciali, ma esclusi dal mondo de l lavoro Non esistono monitoraggio e controllo effettivi sull’attuazione della Legge 68. Gli «Aspie» e le loro famiglie vivono una situazione ancora più paradossale di Ruggiero Corcella La Federazione internazionale Autismo Europa ne ha fatto il motto della campagna 2014: «Autismo e lavoro, insieme si può». Il punto è che il diritto al lavoro, per quanti sono affetti da disturbi dello spettro autistico, resta quanto mai un miraggio. Gli studi internazionali dimostrano che tra il 76 e il 90 per cento degli adulti con autismo nel mondo sono attualmente disoccupati. All’interno dei disturbi dello spettro autistico, le persone con sindrome di Asperger e le loro famiglie vivono, se possibile, una situazione ancora più paradossale. «In Italia - spiega Davide Moscone, psicologo e presidente dell’Associazione Spazio Asperger di Roma - manca un’adeguata conoscenza scientifica sulla sindrome di Asperger da parte delle stesse professioni sanitarie: psicologi, neuropsichiatri infantili e psichiatri in primis». Questa mancanza di conoscenza si riscontra purtroppo anche nel tessuto sociale. «Le persone Asperger - continua Moscone -, pur avendo spesso altissime potenzialità intellettive, se non veri e propri talenti in alcuni specifici campi, non vengono riconosciute e rispettate nelle loro particolarità sensoriali, comportamentali, cognitive ed emotive e sono perciò emarginate, derise. E le famiglie vivono drammi immensi». Insomma, come spiega Laura Imbimbo, presidente del Gruppo Asperger Onlus: «Premesso che la diagnosi di sindrome di Asperger non è semplice e spesso arriva in ritardo, siccome sei “intelligente”, non sei un “ritardato”, hai un livello cognitivo buono, parli, cammini, ti vesti, si ha difficoltà a riconoscerti lo status di disabile, se lo richiedi ovviamente». La condizione degli “Aspie”, come vengono chiamati, rende loro quasi impossibile accedere alle liste del collocamento previste dalla Legge 68/99, che impone ai datori di lavoro pubblici e privati l’obbligo di assumere portatori di handicap secondo modalità legate alle dimensioni dell’impresa. «Gli Asperger escono dai parametri della legge - aggiunge Lucio Moderato, psicologo direttore dei Servizi diurni territoriali della Fondazione Sacra Famiglia e direttore scientifico della Fondazione Oltre il Labirinto -, ma non possono accedere ai posti di lavoro normali perché per loro è molto difficile la socializzazione, non riescono cioè ad interagire con i colleghi di lavoro. Proprio per questo avrebbero bisogno di grande aiuto da parte della collettività, anche perché sono persone che entrano facilmente in depressione. Se non fai gli interventi giusti, poi scivolano nelle terapie farmacologiche, che sono molto costose». In realtà , gli “Aspie” possono avere abilità uniche, utilizzabili per produrre lavoro di elevata qualità, che li rende una risorsa preziosa per i loro datori. Inoltre, formazione e occupazione possono consentire loro di assumere ruoli più attivi nella comunità, piuttosto che dipendere dal sostegno della famiglia e della società. «Il fine ultimo dell’educazione permanente necessaria per una persona con autismo - sottolinea Giovanni Marino, presidente della Federazione delle associazioni che si occupano di autismo e Asperger - è l’inserimento lavorativo libero, protetto, assistito secondo le sue potenzialità, l’unico a consentirgli una vita dignitosa per quanto possibile». Il fatto è che non esistono un monitoraggio e un controllo effettivi sull’attuazione della Legge 68. «Intanto, nemmeno il pubblico impiego rispetta le quote e in ogni caso è difficile che si scelga una persona con disabilità intellettiva - dice Marino -. Basta assumere una persona che abbia un certificato di invalidità. Di solito si sceglie il disabile meno “invadente” e più produttivo. Ma é un concetto sbagliato, che va rivisto». Qualcosa però sta cambiando. Le aziende innovative iniziano a utilizzare i punti di forza delle persone con

autismo. In Danimarca, ad esempio, “Specialisterne”, azienda di Information Technology creata nel 2004 dal padre di un giovane autistico, impiega le persone con autismo per i test dei software, la programmazione e i data-entry per i clienti. In Italia, a Torino, L’Oréal ha avviato un progetto a lungo termine per favorire l’occupazione delle persone con autismo in ruoli come lavorare con i database e l’archiviazione, nonché l’imballaggio e il controllo di sicurezza e di qualità. «È sempre necessario un supporto anche sul posto di lavoro - puntualizza Laura Imbimbo -. Noi lo chiamiamo “job coach”: è una persona che insegna a capire quali sono le regole. Gli Asperger fanno fatica con le regole non scritte e d’altra parte il mondo si muove proprio con queste. Certo, anche questo tipo di sostegno bisogna pagarselo. Se si riesce a sensibilizzare l’ambiente di lavoro e la persona con autismo, il successo è garantito. Ma sono casi singoli». Fonte: corriere.it -2 aprile 2014

Il Comune approva il Piano Sociale di Zona, via lib era all'investimento da 70 milioni Tra gli interventi previsti, l'introduzione del red dito di cittadinanza e misure di

sostegno per le famiglie colpite da sfratto esecuti vo Approvato piano sociale di zona, introdotto reddito di cittadinanza Settanta milioni di euro, di cui 32 del bilancio comunale, da utilizzare per i servizi sociali nel triennio 2014-2016. Il Consiglio comunale ha approvato ieri, all'unanimità, la delibera presentata dall’assessore al Welfare Ludovico Abbaticchio relativa al Piano Sociale di Zona dell’ambito di Bari. Il documento, scaturito da un lungo lavoro di confronto e concertazione tra le istituzioni e il partenariato sociale, individua le priorità strategiche e gli obiettivi da realizzare nell’ambito dei servizi sociali e sociosanitari sul territorio cittadino nei prossimi tre anni. Tra le linee guida del programma, il rafforzamento degli interventi di contrasto alla povertà, le misure per l'inclusione lavorativa e gli interventi a sostegno delle persone disabili. Particolare attenzione dedicata anche ai servizi per l'infanzia e gli anziani; confermato l'impegno a contrasto della violenza di genere. L'approvazione del Piano Sociale di Zona introduce anche un'importante novità: per la prima volta nella storia della città di Bari viene istituita la misura del reddito di cittadinanza. Previste anche risorse da destinare alle famiglie colpite da sfratto esecutivo. Potrebbe interessarti: http://www.baritoday.it/politica/piano-sociale-zona-introdotto-reddito-di-cittadinanza.html Fonti: baritoday.it 3 Aprile 2014

Più di 2 milioni di euro per il Piano Provinciale d i Lecco per i Disabili La Giunta provinciale ha deliberato il nuovo Piano provinciale Disabili, con durata triennale 2014-2016, elaborato dalla Provincia di Lecco in coerenza con le disposizioni regionali. Il Piano prevede importanti novità che, come concordato con la Regione, entreranno a pieno regime con l’inizio del 2015. “Le novità – spiega l’assessore ai Servizi alla Persona e alla Famiglia, Politiche Giovanili, Lavoro Antonio Conrater – riguardano soprattutto l’introduzione del sistema dotale e la possibilità che le stesse vengano erogate dai vari enti accreditati al lavoro che aderiranno a un specifico catalogo provinciale. Per il resto si riconfermano le strategie e le buone prassi attivate in passato, che hanno dato risultati unici nel panorama nazionale e che a volte sono state condivise e divenute oggetto di indirizzo da parte della Regione. Per l’attuazione del Piano provinciale 2014 la Regione, attraverso uno specifico Fondo, ha erogato una somma complessiva di 948.024,81 euro. La Provincia sta inoltre predisponendo le cosiddette azioni di sistema, che consentiranno di consolidare i servizi già in essere, come l’orientamento scuola-lavoro, i finanziamenti per la costituzione di nuove cooperative”. Con il Piano 2013 sono state attivate azioni a favore delle persone disabili iscritte al Servizio, pari a circa 1.100.000 euro, contributi alle cooperative sociali pari a circa 565.000 euro e alle aziende pari a circa 550.000 euro.

Fonti: lecconotizie.com 03 Aprile 2014

Ministero del Lavoro – 750 mila disabili disoccupat i dichiara Franca Biondelli Sottosegretario al lavoro

Sono 750 mila i disabili iscritti alle liste di collocamento obbligatorio nel 2013. E’ quanto si apprende dal sottosegretario al Lavoro, Franca Biondelli, che cita dati Fise secondo cui solo il 16% dei portatori di handicap ha un impiego. Inoltre, siccome le aziende in crisi possono sospendere gli obblighi di assunzione della legge 68/99, ”circa il 25% dei posti previsti per i disabili rimane non assegnato, tanto nel settore pubblico quanto nel privato”, afferma Biondelli. Fonte: periodicodaily.com 07 Aprile 2014

Lavoro impossibile per l'84% dei disabili, faro del l'Ue sull'Italia L'84% dei portatori di handicap in età lavorativa non ha un impiego e i disoccupati iscritti alle liste di collocamento obbligatorio sono 750 mila, secondo dati 2013 del ministero del Welfare. Questa situazione ha portato la Commissione a valutare se aprire una nuova procedura di infrazione contro l'Italia, che ha già subito una bocciatura sul diritto al lavoro dei disabili nel luglio scorso. Dalla prima petizione di Torto alla Commissione europea, il 20 marzo 2013, infatti, sono successe molte cose. La Corte di Giustizia europea ha condannato l'Italia per non aver imposto «a tutti i datori di lavoro l'adozione di provvedimenti efficaci e pratici, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a favore di tutti i disabili» come previsto dalla normativa comunitaria. Inoltre il governo Letta ha rifinanziato il fondo per l'occupazione dei portatori di handicap per 10 milioni di euro nel 2013 e 20 milioni nel 2014. Ma secondo Torto «nella vita quotidiana di tante persone che soffrono non è cambiato niente» e anche la Commissione Europea ha chiesto chiarimenti all'esecutivo su come viene attuata la normativa. «La Commissione ha comunicato che è ancora in corso la procedura di osservazione del nostro Paese per verificare l'efficacia della legge 93/2013 nel garantire la piena inclusione dei disabili nel mondo del lavoro», afferma la presidente della Commissione petizioni dell'Unione Europea, Erminia Mazzoni (Ppe). «Preso atto dell'immobilismo italiano denunciato da Lorenzo Torto, ho invitato il premier Matteo Renzi e il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a dare seguito con urgenza alle disposizioni della Corte», aggiunge l'europarlamentare. Il governo ancora non ha assegnato la delega alla disabilità, ma il sottosegretario al Lavoro Franca Biondelli garantisce «la forte attenzione e la piena disponibilità» dell'esecutivo su queste tematiche. La legge italiana è «unanimemente riconosciuta tra le più avanzate nell'ambito della non discriminazione, ma è anche tra le maggiormente inapplicate», osserva il sottosegretario. E anche la recessione influisce in modo pesante perchè le aziende in crisi possono sospendere gli obblighi di assunzione dei disabili previsti dalla legge 68/99. «In questo modo si calcola che circa il 25% dei posti previsti per i disabili rimane non assegnato, tanto nel settore pubblico quanto nel privato», conclude Biondelli. E così il disagio aumenta, come registra la responsabile della politiche per la disabilità della Cgil, Nina Daita, che racconta: «ormai quasi quotidianamente mi arrivano lettere e telefonate di disabili disperati per la ricerca di lavoro, la solitudine e la paura per il futuro». 365 giorni dopo, un ragazzo di 26 anni, Lorenzo Torto, e la sua sedia a rotelle sono tornati una seconda volta a Bruxelles per chiedere alla Commissione europea com'è possibile che, in Italia, il lavoro è una missione (quasi) impossibile per i disabili. Fonte: economia.ilmessaggero.it 7 Aprile 2014

Assumere persone disabili è giusto e sensato Assumere persone disabili — un vasto bacino di manodopera ampiamente ignorato — è una scelta sensata per le imprese. Ma questo richiede il superamento della paura di ciò che non si conosce e una maggiore attenzione alle capacità piuttosto che alle disabilità. Ginevra. Yves Veulliet, vittima di un incidente che lo ha privato dell’uso delle gambe appena ventunenne, conosce molto bene le barriere che le persone disabili trovano nel mondo del lavoro. Barriere che spesso sono frutto di pregiudizi su ciò che i disabili possono o non possono fare. E quando trovano un lavoro, l’attitudine negativa di colleghi e superiori influenza le loro carriere, anche in quelle imprese più sensibili all’assunzione di persone disabili. «La verità è che siamo tutti spaventati da ciò che non si conosce. La maggior parte delle persone non si sente a suo agio quando ha intorno persone disabili, è normale», afferma Veulliet, che ha dovuto bussare a diverse porte prima di trovare un lavoro 25 anni fa all’IBM, dove attualmente ricopre la carica di Manager globale per la disabilità e l’inclusione. I fatti dimostrano che una volta che un datore di lavoro supera i suoi timori, assumere e lavorare con persone disabili diventa normale. «Come si può parlare della disabilità di qualcuno quando questa è nascosta dalle sue capacità?» si chiede Sean Callaghan, Direttore Generale di Sodexho a Toronto, Canada. Il suo gruppo di lavoro di 36 persone comprende 4 persone portatrici di handicap diversi, «ma la cosa più importante è che hanno differenti capacità».

Abilitare piuttosto che disabilitare Il contesto di lavoro è molto importante, non solo dal punto di vista strutturale, ma anche della cultura del lavoro e di un’atmosfera inclusiva. «In fin dei conti, la funzione del datore di lavoro è quella di offrirmi un ambiente di lavoro favorevole che mi consenta di gestire il mio handicap, mentre il mio compito in quanto impiegato è di gestire il mio handicap e il mio lavoro. I rispettivi ruoli devono essere chiari per entrambi», ha aggiunto M. Veulliet. Quando ha iniziato a lavorare per IBM, racconta il Manager, è come se la sua disabilità scomparisse in quanto i locali erano totalmente accessibili.

Perché assumere? I consumatori tendono a guardare favorevolmente quelle aziende che impiegano persone disabili. Secondo l’esperto di disabilità e redditività d’impresa, Rich Donovan, oltre un miliardo di disabili, insieme ai 2,2 miliardi di parenti e amici a livello globale, controllano circa 8.000 miliardi di dollari di reddito disponibile l’anno. In Indonesia, il principale strumento per garantire l’inclusione è la legislazione secondo la quale almeno l’1% della manodopera dell’azienda deve essere costituito da persone disabili.

Better Work, una partnership tra ILO e International Finance Corporation (IFC), aiuta le aziende indonesiane ad osservare la normativa. «Uno dei nostri lavoratori, Angela Friska, non udente, ha il compito di sensibilizzare i datori di lavoro del settore tessile», racconta Simon Field, consigliere tecnico principale di Better Work Indonesia. Ad oggi, solo tre dei 90 fornitori con i quali Better Work lavora osservano pienamente la legislazione. «C’è ancora molto lavoro da fare», afferma Field. «Ma siamo solo all’inizio». Anche le multinazionali stanno spingendo i loro fornitori ad integrare sempre di più i lavoratori disabili. I datori di lavoro stanno gradualmente diventando più consapevoli che assumere persone con disabilità non è una questione di carità ma un investimento. «Non è solo la cosa giusta da fare, ma la più sensata», afferma Sreela Das Gupta, Manager globale per la diversità e l’inclusione della Tata Consulting Services. Nelle molteplici presentazioni sul tema dell’inclusione delle persone con handicap, Veulliet incoraggia i manager a chiedere a se stessi il perché dovrebbero assumere una persona con disabilità visto che potrebbero assumerne una non disabile. «La risposta è che le imprese non devono assumere un disabile. Piuttosto devono assumere una persona che possieda le competenze richieste per una determinata posizione. Se poi succede che questa persona è disabile, così sia, ma la questione non è l’handicap in sé».

L’ILO e la disabilità Il Programma dell’ILO sulla disabilità promuove l’uguaglianza di opportunità e di trattamento per le persone disabili in materia di reinserimento professionale, formazione e occupazione. L’obiettivo è rafforzare le conoscenze sulla formazione e l’occupazione di persone con disabilità. Il Network globale su imprese e disabilità è uno strumento unico a livello mondiale di cui fanno parte imprese multinazionali, organizzazioni di datori di lavoro, reti d’imprese e organizzazioni di persone con handicap che collaborano per promuovere l’inclusione dei disabili nel mondo del lavoro. Secondo l’ILO, partecipando a questo network, le aziende potranno avvalersi di una manodopera diversificata, migliorare la loro produttività, ridurre il turnover di personale, rendere i luoghi di lavoro più sicuri, migliorare il servizio alla clientela e accrescere la fedeltà al marchio. Fonte: confinionline.it 8 Aprile 2014

Grasso: Handicap, quando la vera disabilità è nella politica

Roma - (Prima Pagina News) "Quando mi hanno detto che c'erano decine di manifestanti dell'Associazione "Tutti a scuola" sotto il Senato ho immediatamente acconsentito alla loro richiesta di incontro. Questa associazione è impegnata da anni per assicurare ai ragazzi disabili una vita alla pari con chiunque altro". Lo scrive il presidente del Senato Pietro Grasso sulla sua pagina FB. "La loro quotidianità è fatta di ricorsi al Tar per avere il docente di sostegno, di battaglie per scavalcare barriere e difficoltà che a noi appaiono piccole ma che per i bambini e i ragazzi disabili sono spesso insuperabili. Mi ha colpito il fatto che, nonostante tutto, la scuola rappresenti per questi ragazzi l'unico vero sostegno perché, una volta terminato il ciclo scolastico, sono le famiglie a doversi fare completamente carico dell'assistenza. Questi genitori mi hanno espresso la loro più grande paura: "chi si occuperà dei nostri figli quando noi non ci saremo più?" Antonio, il presidente dell'associazione, mi ha incalzato con una frase semplice quanto crudele: "la politica non vede i disabili". Devo tristemente prendere coscienza del fatto che troppo spesso la vera disabilità è nella politica, nell'incapacità di mettere al centro della sua azione i più deboli, la cui unica forza risiede nella legge e nella buona amministrazione". Fonte: primapaginanews.it 10 Aprile 2014

L'integrazione della disabilità in Italia e in Euro pa al centro del Convegno ''Niente su di Noi Senza di Noi''

"Niente su di noi senza di noi": il tema della disabilità è stato al centro dell’incontro di ieri, 10 aprile, ad Asti, presso il Centro culturale San Secondo. Associazioni di volontariato insieme a chi si batte sul piano politico ed istituzionale per promuovere nuove strategie sul piano nazionale ed europeo si sono confrontati sullo stato dell'arte dell’integrazione sociale ed economica ai disabili, sia in Europa sia dentro i confini nazionali, cosa che molto viene resa difficoltosa da barriere ambientali, burocratiche e culturali. Secondo i dati regionali, le persone disabili seguite in Piemonte dai servizi socio-assistenziali nell’anno 2012 sono stati in totale 36.979, di cui 6.219 sono minori disabili e 30.760 sono disabili adulti. Nel Comune di Asti sono stati seguiti 62 minori e 449 adulti disabili, per un totale di 511; la CO.GE.SA. di Asti ha seguito 76 minori disabili e 266 adulti disabili, per un totale di 342 disabili; il C.I.S.A. di Asti Sud- Nizza Monferrato ha seguito 163 minori disabili e 135 adulti disabili, per un totale di 298 disabili. Sul fronte occupazionale, in media solo il 50 % dei cittadini europei con disabilità ha un lavoro, rispetto a oltre il 68% delle persone non disabili. Le probabilità che un disabile sia inattivo sono quasi doppie rispetto a quelle di un cittadino non disabile. La Commissione Europea sta cercando di migliorare le condizioni lavorative delle persone con disabilità, con particolare attenzione alle difficoltà dei più giovani. Vengono prese in considerazione le condizioni lavorative e l’avanzamento della carriera, in consulto con i partner sociali. Tra le altre misure vi sono la promozione di una maggiore accessibilità dei posti di lavoro, il supporto alla formazione on-the-job e un maggiore accesso al mercato del lavoro aperto per le persone che hanno un impiego protetto. Conformemente alla strategia Europa 2020, uno degli obiettivi piu importanti è l'aumento del tasso di occupazione tra i circa 80 milioni di persone con disabilità che vivono nell'Unione europea. "Basterebbe un piccolo aiuto aggiuntivo per far entrare, o rientrare, milioni di europei disabili nel mercato del lavoro – dichiara l’Onorevole Oreste Rossi, nella foto a sinistra, che ha redatto la relazione sulla mobilità e l'integrazione dei disabili e la strategia europea in materia di disabilità 2010-2020 e ha firmato la dichiarazione sulla creazione di una direzione della Commissione europea per la disabilità - La strategia Ue per la crescita e l’occupazione mira ad aumentare il tasso di impiego dei disabili in Europa, ad oggi relativamente basso". Su tema delle opportunità di lavoro per disabili Asti è all'avanguardia, con il progetto Download dell'Albergo Etico, il cui Presidente, Antonio De Benedetto, ha aperto i lavori del Convegno. Il modello dell'Albergo Etico ha suscitato l'interesse di altre realtà italiane ed internazionali e sta diventando un modello per fornire opportunità di lavoro a tanti giovani. La questione dell'integrazione della disabilità è fondamentale, se si pensa che la non autosufficienza è ormai, dopo la perdita del lavoro, la seconda causa di impoverimento delle famiglie italiane. Un tema che però non va affrontato in termini di pietismo o commiserazione, bensì di capacità di adattamento da parte della cultura attuale ad una condizione di diversità che non deve escludere le persone affette da problemi pisco-fisici dall'ordinarietà dell'integrazione sociale. Fonte: www.atnews.it 11 Aprile 2014

Persone con disabilità: tutto il valore del lavoro 235mila euro per la promozione dell’inserimento di disabili gravi in contesti

formativi e lavorativi: bando in scadenza il 31 ago sto. Positivo il bilancio dei progetti già realizzati, che hanno coinvolto 126 disabili, i n attesa della nuova

programmazione 2014. Tre filmati realizzati in occasione dell’ultimo Premio sulla qualità sociale d’impresa e capaci di raccontare l’inclusione: quella dell’ingegnere della Dallara, paralizzato a causa di un incidente, che riesce a lavorare con occhi e naso (grazie a un software ad hoc) e muovendo le sole braccia; quella delle persone che hanno “trovato casa” alla cooperativa sociale Biricc@; quella del non udente che ha trovato un contesto pronto ad accoglierlo alla Gennari Vittorio spa. Queste e altre storie fanno toccare con mano gli esiti del lavoro della Provincia, e del suo Servizio inserimento lavorativo disabili (Sild), per il lavoro delle persone con disabilità. Anche i numeri dell’ultimo bando per la transizione al lavoro di disabili gravi parlano chiaro: nel complesso 126 disabili coinvolti, 24 progetti presentati dalle 2 associazioni di persone disabili e 9 cooperative sociali di tipo B che hanno concorso, 17 corsi di formazione e 7 tirocini formativi attivati. Numeri un’iniziativa nata per facilitare il cammino di inserimento al lavoro di persone con gravi disabilità, accompagnandole per alcuni periodi in ambienti formativi adeguati e in situazioni lavorative in cui si svolgono attività idonee. I progetti realizzati nell’ambito del bando hanno spaziato dai corsi di informatica all’apprendimento e pratica del linguaggio musicale, dai corsi di destinazione marketing ai tirocini formativi veri e propri. Il tutto realizzato appunto da due associazioni di persone disabili (Unione Italiana Ciechi, Anmic) e da 9 cooperative sociali (Il Ciottolo, Cabiria, EMC2, Sirio, Arca del Molinetto, il Ponte, Lasse, Cigno Verde, Eumeo). Soggetti proponenti possono essere: a) cooperative sociali (di cui all’art 1, comma 1, lett. b L 381/ 91) o loro consorzi (di cui all’art. 8 della stessa legge) con almeno una unità locale nel territorio della provincia di Parma; b) associazioni delle persone con disabilità, facenti parte della Consulta regionale per le politiche a favore delle persone con disabilità (di cui all’art. 12 della L.R. n. 29/1997) aventi sede nel territorio della provincia di Parma. Destinatari finali dell’intervento sono le persone con invalidità civile non inferiore al 67% ovvero con invalidità di tipo psichico o intellettivo, indipendentemente dalla percentuale, iscritti alle liste di cui all’art. 8 della L 68/99 nella Provincia di Parma. I contributi vengono erogati per la realizzazione di progetti individuali di transizione al lavoro quali formazione e accompagnamento al lavoro, tirocini formativi, a favore delle persone disabili, individuate in concertazione con il Sild della Provincia di Parma e a patto che si tratti di attività per le quali non sono erogati altri benefici. I numeri del Sild Nel 2013 gli avviamenti al lavoro effettuati dal Sild sono stati complessivamente 401 (con un aumento del 6% rispetto a quelli realizzati nel 2012) e hanno interessato 363 lavoratori (di cui il 44% donne). 50 persone sono state collocate a tempo indeterminato. I risultati

nell’arco dell’ultimo triennio sono pari a 1165 avviamenti. Quasi duemila (1.965) gli avviamenti al lavoro nel periodo di mandato (dati 2009-2013). È molto importante rilevare inoltre che il Sild nel 2013 ha promosso ben 102 tirocini formativi (nel triennio sono stati in totale 296, nel periodo di mandato 494). Fondamentale anche il dato della formazione professionale, che ha impegnato 614 utenti nell’arco del mandato e che prevede per l’anno in corso un investimento su ulteriori 250 utenti disabili. Nel complesso i colloqui di orientamento effettuati nel periodo 2009-2012 sono stati oltre 7000. Fonte: parma.repubblica.it 15 Aprile 2014

L'INSERIMENTO LAVORATIVO? NON VA MAI FUORI MODA api, accessori, e molto di più. Dietro a un marchio sociale, un ampio progetto di formazione professionale. Per aiutare gli imprenditori a trasformare in opportunità un obbligo di legge

"Colora et labora". Così, con il riadattamento di un antico motto, si può descrivere una tra le più recenti e positive idee di avviamento al lavoro per le cosiddette "categorie protette". Un'iniziativa che ha coinvolto quaranta ragazzi Down e con disabilità intellettive: hanno appreso una particolare tecnica di pittura e l'hanno applicata su 6.500 teli, usati poi da una nota casa di moda per realizzare scarpe e accessori. Il risultato approda dunque nel mondo dello stile, in tempo per le collezioni primaverili ed estive, ma il principio di base non conosce stagionalità: offrire ai disabili concrete occasioni per realizzarsi, nella professione come nella vita quotidiana.

Capofila dell'iniziativa è Valemour, marchio sociale della Fondazione veronese Più di un sogno Onlus, che sviluppa un Progetto di Vita mirato all'inclusione sociale, all'autonomia e allo sviluppo di abilità delle persone Down e con disabilità intellettive. Attraverso la Cooperativa Sociale Vale un Sogno, presente a Verona e a Torino, vengono proposti percorsi professionali per chi è in età da lavoro. Nel nome del marchio convergono più significati. "Vale" come il valore delle persone coinvolte, delle idee, dei progetti. "Mour" come "glamour", quell'atmosfera affascinante che porta con sé il mondo della moda. Un universo che Valemour conosce bene: attraverso la strategia del co-branding, si lega ad aziende di abbigliamento e accessori note a livello internazionale. Imprese che condividono gli ideali del marchio. Il risultato sono prodotti in edizione limitata, realizzati anche con il coinvolgimento diretto di chi lavora nella cooperativa. Un modo per far conoscere l'impegno di Valemour nell'avviamento alle professioni. Del resto, "La moda offre la possibilità di creare delle relazioni, dei contatti umani. Si riesce a parlare ai giovani, che saranno non solo gli imprenditori di domani, ma anche i futuri compagni di viaggio dei nostri ragazzi", sottolinea Marco Ottocento, amministratore unico della Cooperativa "Vale un Sogno" e responsabile Valemour. Allo stesso modo, si realizza un dialogo tra realtà non profit e profit, come succede in effetti quando si fa inserimento lavorativo.

Già, perché dietro al marchio sociale non c'è solo moda, né un'attività soltanto manifatturiera. Si ha invece un articolato modello di inserimento al lavoro. Un sistema analizzato anche dall'università Bocconi di Milano. "Nella cooperativa offriamo un servizio alle aziende - precisa Ottocento - In genere, un imprenditore non conosce la disabilità intellettiva, e quindi non può immaginare che una persona che si trovi in questa situazione possa ad esempio svolgere dei lavori di segreteria, o altre specifiche attività. Il nostro tratto distintivo, dunque, è che ci avviciniamo all'imprenditore e, dopo aver studiato il contesto aziendale, lo aiutiamo a trovare l'occupazione più adatta al ragazzo che verrà inserito". Una volta scelti i potenziali candidati al posto di lavoro, si entra nel cuore del modello: la formazione simulata in ambito protetto. Nella cooperativa, si insegnano i compiti e gli incarichi da svolgere successivamente in azienda, con un'attenzione anche alla conoscenza di temi come i diritti e i doveri del lavoratore, la sicurezza e la salute nel contesto di lavoro. La persona selezionata entra quindi in azienda, assistita all'inizio da un educatore della cooperativa. Quando la risorsa acquisisce un buon livello di autonomia, l'educatore si separa, ma resta comunque a disposizione dell'azienda per un supporto e per eventuali aggiustamenti agli incarichi del neoassunto. Importante, infatti, è il

monitoraggio di come procede ogni esperienza di inserimento, dal punto di vista produttivo ma anche delle relazioni con colleghi e datori di lavoro.

La cooperativa, dunque, come un hub, termine che riporta alla mente l'immagine di un aeroporto. E in effetti, si accompagna ogni ragazzo in un viaggio verso l'occupazione e l'autonomia. Uno spazio da cui si parte, ma in cui si può anche tornare per apprendere nuove competenze, se un inserimento non dovesse andare bene. Ipotesi, questa, che finora non si è mai verificata. Anzi: emblematici il caso di una ragazza assunta da due anni con mansioni di segreteria, accoglienza e smistamento della posta, oltre a quello di un giovane inserito in un'azienda per compiti di catalogazione e controllo qualità.

"Gli inserimenti finora svolti seguono due direttive: l'interesse di ciascun ragazzo, che noi conosciamo bene, e le necessità delle imprese, quindi le possibilità reali di mercato - sottolinea Ottocento - Evitiamo il salto da un tirocinio all'altro, come capita in altre situazioni. Cerchiamo di realizzare una vera inclusione, termine che preferisco rispetto a "integrazione", perché significa capire le difficoltà dell'altro, e aprire le braccia per cercare una soluzione con cui mettere a proprio agio la persona. L'imprenditore, dunque, svolge un'azione proattiva nei confronti del disabile, includendolo con le sue difficoltà".

Con questo modello di inserimento lavorativo si aiutano gli imprenditori a trasformare un obbligo di legge in opportunità. Le condizioni per estendere questo principio nelle aziende ci sono, secondo Ottocento: "È più facile di quanto si pensi. Non è vero che gli imprenditori non vogliono assumere, a scapito di quanto prevede la legge. Le aziende con cui siamo entrati in contatto, ad esempio, hanno riscontrato che l'inclusione è un'esperienza molto stimolante".

Un'avventura da diffondere e replicare. Già per la pittura dei teli si sono coinvolti 40 ragazzi aderenti, oltre alle due sedi della Cooperativa Vale un Sogno, anche ad altre sei organizzazioni in diverse città italiane. "Il lavoro è servito a capire se si può estendere il progetto di hub formativo - racconta Ottocento - Costruire una rete non è semplice, ma mi piacerebbe che le associazioni la ampliassero, aggiungendovi altre attività lavorative".

Per il futuro, alcune tappe sono già segnate. Ancora rulli e colori su stoffe, per decorare scarpe e accessori autunnali. Nuovi partner per progetti di co-branding. Non mancano, poi, le aspirazioni. Tra queste, lo sviluppo di un percorso formativo ad hoc per le persone con più difficoltà. E la creazione di negozi-laboratorio a marchio Valemour, in cui i ragazzi disabili realizzino i prodotti, e giovani non disabili li vendano. "Questa formula ci piace molto - ammette Ottocento - Un ragazzo disabile potrebbe diventare così motore dell'economia, e quindi di assunzione anche di chi è normodotato".

Un futuro roseo, dunque, che si abbina a idee e sogni promettenti, vivaci come le tinte ideali che li caratterizzano.

Arriva ''Jobmetoo'', prima piattaforma per reclutar e lavoratori disabili

Il servizio consente alle aziende di selezionare il personale secondo le proprie esigenze, per far lavorare le persone con disabilità in mansioni che ne esaltino il valore”. Disponibile anche un sistema di “job alert”.

ROMA – Si chiama Jobmetoo e ha l’obiettivo di facilitare e perfezionare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, in riferimento alle persone con disabilità. Tecnicamente, si tratta della prima società web dedicata al reclutamento di lavoratori disabili, che consente alle aziende di selezionare i candidati in modo mirato. La nascita della piattaforma, che ha origini marchigiane a sede a Milan, è sostenuta da 360 Capital Partners e dal network internazionale U-Start, che a questa “startup” ha destinato un totale di 500 mila euro, per lo sviluppo della piattaforma, l’ampliamento della gamma dei servizi forniti, il lancio delle attività di marketing e comunicazione e il rafforzamento della struttura.

“Jobmetoo ha l’ambizione di diventare il punto di riferimento per le aziende che vogliono inserire nel proprio organico lavoratori appartenenti alle categorie protette per poterle far lavorare in mansioni che ne esaltino il loro valore a vantaggio quindi sia dell’azienda sia della persona con disabilità.”, sottolinea Cesare Maifredi, General Partner di 360 Capital Partners. “L’idea ha un chiaro risvolto sociale – ha dichiarato Daniele Regolo, socio fondatore di Jobmetoo – La persona con disabilità, grazie al proprio lavoro, può infatti perseguire un cammino di autodeterminazione in una società veramente inclusiva, senza dimenticare la diminuzione del costo statale per le pensioni.”

Ma come funziona Jobmetoo? Si tratta di un servizio di inserimento lavorativo dedicato alle persone con disabilità, semplice, efficace e altamente accessibile. Esso consente di compilare gratuitamente il curriculum vitae e creare un profilo estremamente dettagliato; guardare le posizioni lavorative compatibili e candidarsi con un clic; ricevere messaggi di “job alert” per essere sempre aggiornati. Il tutto, con il supporto di un team di professionisti che vivono la disabilità in prima persona. L’azienda, da parte sua, può compilare il proprio profilo e mettersi in contatto con i migliori candidati, inserire le posizioni lavorative aperte, ricercare liberamente nel database dei candidati e salvare i profili più interessanti, con il supporto di un team di professionisti esperti.

Fonte: redattoresociale.it 15 Aprile 2014

Concorso collaboratore amministrativo per disabili L'Azienda sanitaria di Nuoro, in esecuzione della deliberazione del D.G. n. 3280 del 10.03.2014, rende noto che è indetto pubblico concorso per titoli ed esami, finalizzato alla copertura a tempo pieno e indeterminato di 2 posti di Collaboratore amministrativo professionale, cat. D, riservato ai soggetti disabili di cui alla legge n. 68/1999, da destinare al Dipartimento strutturale delle attività amministrative e tecnico logistiche. Le domande di partecipazione, indirizzate al Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria di Nuoro, potranno essere inoltrate nei seguenti modi: • a mezzo raccomandata A/R tramite Servizio pubblico postale da inviarsi al seguente indirizzo: Direttore Generale Asl Nuoro, via Demurtas 2, 08100 Nuoro; • mediante consegna diretta all'ufficio Protocollo dell'Azienda, all'indirizzo di cui sopra; • tramite PEC (posta elettronica certificata): [email protected]. La domanda, a pena di esclusione, dovrà essere presentata entro e non oltre il termine del 12 maggio 2014. Fonte: lavoro-news-concorsi-l68-99edisabili.blogspot.it 16 Aprile 2014

La disabilità del lavoratore si aggrava: è legittim o licenziarlo? Non basta l’aggravamento delle condizioni di salute del disabile per licenziarlo: è necessario che l’aggravamento sia tale da impedirgli di lavorare e che ciò sia accertato dalla commissione sanitaria dell’Asl. L’aggravamento delle condizioni di salute del lavoratore disabile può costituire un legittimo motivo di licenziamento solo se l’aggravamento stesso sia tale da rendere impossibile la prosecuzione dell’attività lavorativa. Più precisamente, il datore di lavoro può licenziare il dipendente disabile quando il peggioramento delle sue condizioni di salute psico-fisica non gli consenta più di svolgere le mansioni di assunzione o mansioni diverse all’interno dell’azienda. Affinché il licenziamento del disabile motivato dall’aggravamento della malattia sia legittimo è dunque necessario che: 1 - l’aggravamento della malattia sia tale da impedirgli la prosecuzione dell’attività lavorativa; 2 - esso non renda possibile neppure un altro impiego all’interno della stessa azienda per cui l’unica misura adottabile è il licenziamento. Ciò vuol dire che il datore, prima di licenziare il disabile, deve assolvere un obbligo di repechage e solo se non è possibile ricollocare il lavoratore in altri uffici, settori o mansioni dell’azienda, il recesso dal rapporto di lavoro è legittimo. Le condizioni di legittimità del licenziamento (cioè aggravamento della disabilità tale da impedire la prosecuzione del rapporto lavorativo, neppure dopo il tentativo di repechage) devono essere valutate non solo dal datore di lavoro ma anche dalla commissione sanitaria istituita presso l’Asl competente. È infatti necessario un accertamento medico delle condizioni di disabilità da parte della suddetta commissione per verificare se effettivamente il dipendente può continuare o meno a lavorare. È quanto precisato dalla Cassazione in una recente sentenza a favore dei disabili, soggetti particolarmente bisognosi di tutela. Il licenziamento del disabile, motivato dall’aggravamento della malattia, è allora illegittimo se il datore di lavoro non ha prima chiesto il parere della commissione sanitaria circa la compatibilità tra la disabilità del lavoratore e le mansioni svolte o le possibili mansioni assegnabili grazie al repechage. In altri termini il datore non può decidere autonomamente se licenziare il disabile solo perché ritiene la sua disabilità tanto impeditiva. Serve sempre l’ok della commissione sanitaria che, valutando lo stato di salute del lavoratore, accerta se le sue minorazioni siano tali da rendergli impossibile continuare a lavorare nell’azienda.

Ovviamente il parere della commissione sanitaria serve soltanto qualora il licenziamento del lavoratore sia giustificato dall’aggravamento delle condizioni di salute, in quanto pericolose per lui stesso e per gli altri colleghi. Detto parere non è necessario, invece, qualora il licenziamento sia motivato da giusta causa o da giustificato motivo (cioè per una condotta più o meno grave del lavoratore che ha incrinato il rapporto con il datore). In queste ultime ipotesi, infatti, il disabile è trattato allo stesso modo degli altri lavoratori e può essere legittimamente licenziato indipendentemente dai controlli sul suo stato di salute. Fonte laleggepertutti.it 17 Aprile 2014

Primo maggio, parte la campagna "Dà un lavoro"

#downlavoro. Iniziativa dell’Aipd che con i protagonisti di “Hotel 6 Stelle” invita le aziende a “dare un lavoro" alle persone con sindrome di Down: 36 finora le disponibilità arrivate sulla scia del programma tv. Da giovedì, in vista della festa dei lavoratori, campagna video sui social network

Si legge “Dà un lavoro”, si scrive #downlavoro. Sull’onda del successo di “Hotel 6 Stelle”, la trasmissione di Rai 3 che ha raccontato il tirocinio in un grande hotel di sei ragazzi, parte ora - in vista del Primo maggio, festa dei lavoratori - una campagna di comunicazione tutta dedicata all’inserimento lavorativo. La lancia l’Associazione italiana persone Down (Aipd), che a partire dal 24 aprile pubblicherà delle clip video in cui i sei protagonisti della fortunata trasmissione di Rai 3, oltre ai rappresentanti di alcune aziende, chiederanno lavoro per tutte le persone con sindrome di Down. Un messaggio, quello che invita a “dare” un lavoro, che su Twitter e Facebook sarà accompagnato dall’hashtag #downlavoro.

La campagna sviluppa il tema del diritto al lavoro riproponendo il medesimo messaggio lanciato con la trasmissione tv: le persone con sindrome Down possono lavorare ma devono essere messe nelle condizioni di poterlo fare. Fondamentale, dunque, la disponibilità delle aziende. In seguito agli appelli lanciati su Rai 3, sono state 36 finora le aziende che hanno contattato l’Aipd per dirsi disponibili ad iniziare un percorso finalizzato all’assunzione di persone con sindrome di Down: ci sono realtà del settore manifatturiero e di quello alberghiero, della ristorazione e del terzo settore, insieme a catene della grande distribuzione e a piccoli chioschi stagionali. Non sono tutte offerte di assunzione a tempo indeterminato: ci sono anche offerte di stage, di lavori stagionali o di contratti a tempo determinato, ma tutti sono in un modo o nell’altro finalizzati all’inserimento lavorativo. Disponibilità che nel corso di queste settimane vengono vagliate dagli operatori dell'Osservatorio sul mondo del lavoro dell’Aipd per poter individuare la persona adatta a svolgerle.

Le 36 disponibilità arrivate finora sono la cartina di tornasole del successo della docu-fiction prodotta da Magnolia e andata in onda a febbraio e marzo scorsi sulla terza rete del servizio pubblico radiotelevisivo: un’affermazione di pubblico e di critica che non rimarrà un caso isolato, dal momento che si è già parlato apertamente di una possibile seconda edizione del programma. Per il momento, i sei protagonisti continuano a distanza di due mesi a partecipare come ospiti a trasmissioni televisive (l’ultima in ordine di tempo è stata la loro presenza a “Domenica In”, su Rai 1, nel giorno di Pasqua), occasioni per raccontare la loro esperienza e promuovere il diritto al lavoro. Di loro, che a stage finito sono tornati alle attività originarie, al momento lavora (part time) solamente Emanuele, cuoco alla “Locanda dei Girasoli” di Roma: gli altri cinque fanno attività formativa in centri di formazione professionale o aspettano nuove occasioni di stage o di lavoro. La stessa situazione di tantissime altre persone con sindrome di Down: in Italia, dove se ne stimano circa 40 mila (l’aspettativa di vita è di 62 anni), il tasso di occupazione è attestato intorno al 13%.

Fonte: redattoresociale.it 23 Aprile 2014

GRAN BRETAGNA, TRATTAMENTI BRUTALI VERSO HANDICAPPA TI ESENTI DAL LAVORO

Una denuncia che sta sollevando durissime polemiche, lanciata da Jeyne Linne, 52 anni, handicappata a causa di due incidenti stradali che nel 2010, a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni, è stata costretta a lasciare il lavoro. Per accertare le sue reali condizioni nel 2012 la donna viene sottoposta ad una visita medica “nessuno mi aveva preparato ad un trattamento così ostile. Uno degli esercizi era quello di mettersi sulle punte dei piedi. Io non sono in grado e l’infermiera mi ha urlato contro accusandomi di non fare alcuno sforzo per riuscirvi” spiega la donna. Risultato del test, zero punti mentre ne sono necessari quindici per aver diritto alla pensione di invalidità. Jayne rischia così di perdere la sua unica fonte di sostentamento e sì rivolge ad un tribunale che, diciotto mesi più tardi, le da ragione. “Il giudice ha letto il mio caso e in tre minuti mi ha dato ragione, vista l’evidenza del mio handicap” spinga la donna. Ma non era che l’inizio. Due mesi dopo la sua vittoria in tribunale Jayne viene convocata per un nuovo esame medico. In tutto è stata richiamata cinque volte in tre anni e ogni volta ha subito violenze psicologiche e maltrattamenti. Scopo di queste visite, richieste dal governo inglese, è quello di scovare i falsi invalidi che invece possono lavorare. Ma la metodologia è sbagliata dato che vengono utilizzate tecniche molto rigide come testimoniano moltissimi casi. Come quello di un uomo che attualmente sì trova in coma o altre persone decedute poco dopo le visite. Oltre il 40% delle persone che dopo questi test sì sono rivolte al tribunale per contestare risultati e trattamento hanno vinto. La decisione finale sull’attribuire o meno gli assegni per disabilità spetta al governo inglese, ma questi esami vengono svolti da una agenzia chiamata Atos, gestita da un gruppo francese, la quale sì è detta pronta a rinunciare all’appalto pur di bloccare le polemiche. “Nessun handicappato sarà triste di sapere che Atos non gestisce più le visite mediche” afferma Richard Hawkes direttore di Scope, associazione in aiuto a persone con handicap, ma ritiene che la sua uscita non cambierebbe le cose dato che è proprio il governo inglese a chiedere di applicare certi standard per decidere se assegnare la pensione. Ora sì attende una risposta concreta alla denuncia proprio da parte del governo inglese. Fonte: news.you-ng.it 29 Aprile 2013

Le aziende cercano lavoratori disabili. Una moda o una vera crescita culturale?

L’associazione ha seguito la realizzazione della famosa docu-fiction prodotta da Magnolia, Hotel 6 Stelle, che ha raccontato le sei settimane di stage di sei ragazzi con sindrome di down al Grand Hotel Meliã di Roma. AIPD dal 1979 è impegnata sui temi della disabilità e in particolare nell’inserimento lavorativo. Nel 2013, secondo i dati raccolti nelle sue sedi territoriali (l’anno scorso erano 43, oggi sono 48) su 1026 soci con sindrome di Down, solo 125 aveva un contratto di lavoro e nel 87,2% lavorava al Centro-Nord. «I piccoli numeri sono dovuti alla scarsità delle offerte da parte delle aziende. Se questi ragazzi non si fanno lavorare una prima volta, non si riesce a innescare un circolo virtuoso», afferma Monica Berarducci, resposabile nazioanle dell'Osservatorio sul lavoro di AIPD. Quest’anno i contatti fra l'associazione e le aziende si sono moltiplicati: solo durante le sei settimane di messa in onda di Hotel 6 Stelle sono state oltre 40 le imprese concretamente interessate. Non solo ai ragazzi lavoratori della serie tv. Di cosa si occupano queste aziende? Settore manifatturiero, alberghiero, ristorazione, catene della grande distribuzione, piccoli chioschi stagionali, gelateria, cosmetica, minuteria metallica. Si trovano in tutta Italia. Dei colloqui se ne occupano le nostre sedi locali che hanno il servizio di accompagnamento al lavoro. Che tipo di aziende sono? Piccole dimensioni, in media hanno una decina di addetti. Quindi non hanno esperienza con il collocamento obbligatorio? No, e nessuna azienda ha prima d’ora lavorato con persone con disabilità intellettiva. Non è la prima volta però che ci capita di inserire una persona con sindrome di Down in un contesto simile. Occorre solo fare un’attenta analisi dell’aspirante lavoratore, delle mansioni e dell’ambiente aziendale. Che tipo di mansioni offrono? La persona con sindrome di Down, in generale, ha bisogno di una mansione chiar. E' un lavoratore che sa seguire regole e procedure. Per loro è molto difficile gestire ad esempio i tempi morti. La loro concentrazione è buona per 5 ore al giorno. per questo i rapporti di lavoro sono quasi sempre part - time con un massimo di 25 ore di lavoro la settimana. Che tipo di contratti hanno offerto? Non sono tutte offerte di assunzione a tempo indeterminato. Ci sono stage, lavori stagionali, contratti a tempo determinato, ma tutti sono finalizzati all’inserimento lavorativo. Dalla sua esperienza, i ragazzi riescono a mantenere il lavoro? Dipende molto dalla qualità del servizio di accompagnamento. È importante capire bene le caratteristiche del lavoratore e del lavoro. Durante questa fase si incontrano, oltre che i vertici aziendali, anche i lavoratori che opereranno con il nostro associato e in particolar modo il tutor scelto dall’azienda. In ogni caso AIPD mette a disposizione un suo educatore che non lascia soli né il lavoratore né l’azienda. Vista l'attenzione mediatica di questo periodo, assumere una persona disabile per le aziende può essere una mera azione di marketing? Non ho avuto questa sensazione per quanto riguarda le aziende che ci hanno contattato. Le imprese che ho incontrato sono consapevoli di aver davanti a loro un vero e proprio lavoratore, una risorsa produttiva, non una persona con disabilità intellettiva a cui far passare del tempo, a cui affidare un lavoretto. Le aziende che hanno contattato AIPD hanno visto Hotel 6 Stelle? Sì. E hanno potuto constatare che è possibile. La trasmissione ha avuto il merito di far vedere che questi ragazzi adeguatamente formati e seguiti sanno lavorare in autonomia. Un ragazzo con Sindrome di Down deve svolgere qualche tirocinio prima di approdare a un lavoro stabile. Per questo è importante dare opportunità e cominciare quando la

persona è giovanissima. I sei protagonisti di Hotel 6 Stelle avendo terminato l'esperienza all'hotel Melia, hanno trovato un nuovo lavoro? Emanuele, il cuoco, lavora alla Locanda dei Girasoli di Roma. Per gli altri sono in corso colloqui. Il programma, che forse avrà una seconda edizione, non aveva come obiettivo quello di trovare un lavoro a questi ragazzi, ma di sensibilizzare le aziende a richiedere come lavoratori i ragazzi con sindrome di Down. Fonte: vita.it 30 Aprile 2014