Ascoltoecclesiale: unaprospettivacomunicativa diteologiapastorale · 2016-11-25 · volezza critica...

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___ 79 Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale di Gabriele Bordoni A «La parola deve essere in qualclae misura riportata alla bocca da cui /aa avuto origine. ››1 «Sull'ascolto poggia Yidentità della Chiesa»:6 affermazio- ne che, come frutto sintetico della prima fase del cammino sinodale della chiesa veronese, si rivela a mio avviso assai stimolante. E ciò appare ancora di più se mettiamo in ten- sione una domanda, che sembra sorgere spontanea rispetto a tale affermazione, con l'esperienza ecclesiale concreta che l°ha generata. Infatti credo sia legittimo chiedersi come può l°ascolto essere così essenziale per llidentità. Sembra infatti più ade- guato a prima vista individuare nell'ascolto un atteggia- mento preliminare o casomai una fase, più o meno passiva, di acquisizione di contenuti; dove l”identità sembra piut- tosto essere il frutto di cammini formativi, di elaborazione di ideali, di scelte, di azioni, ecc. e quindi in definitiva di una prassi attiva. D°altra parte rimane inequivocabile ed ineliminabile il dato della consapevolezza della fondamentale importanza dell°ascolto nella :delineazione dell°identità della Chiesa, proprio in quanto frutto concreto e condiviso di una ben precisa esperienza ecclesiale: «i cristiani della Chiesa di Ve- 1 \X7.]. ONG, Interfacce della parola, Il Mulino, Bologna 1989, 273. 6 E. BIEMMI, Al centro del tema sinodale: una cbiesa cloe accetta di rivede- re la propria identità, Quaderni del Sinodo n. 6,-'Verona 2002, 2.

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Ascolto ecclesiale:una prospettiva comunicativadi teologia pastoraledi Gabriele Bordoni A

«La parola deve essere in qualclae misurariportata alla bocca

da cui /aa avuto origine. ››1

«Sull'ascolto poggia Yidentità della Chiesa»:6 affermazio-ne che, come frutto sintetico della prima fase del camminosinodale della chiesa veronese, si rivela a mio avviso assaistimolante. E ciò appare ancora di più se mettiamo in ten-sione una domanda, che sembra sorgere spontanea rispettoa tale affermazione, con l'esperienza ecclesiale concretache l°ha generata.

Infatti credo sia legittimo chiedersi come può l°ascoltoessere così essenziale per llidentità. Sembra infatti più ade-guato a prima vista individuare nell'ascolto un atteggia-mento preliminare o casomai una fase, più o meno passiva,di acquisizione di contenuti; là dove l”identità sembra piut-tosto essere il frutto di cammini formativi, di elaborazionedi ideali, di scelte, di azioni, ecc. e quindi in definitiva diuna prassi attiva.

D°altra parte rimane inequivocabile ed ineliminabile ildato della consapevolezza della fondamentale importanzadell°ascolto nella :delineazione dell°identità della Chiesa,proprio in quanto frutto concreto e condiviso di una benprecisa esperienza ecclesiale: «i cristiani della Chiesa di Ve-

1 \X7.]. ONG, Interfacce della parola, Il Mulino, Bologna 1989, 273.6 E. BIEMMI, Al centro del tema sinodale: una cbiesa cloe accetta di rivede-

re la propria identità, Quaderni del Sinodo n. 6,-'Verona 2002, 2.

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Esperienza e Teologia 16(2003) 79-109

Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale

rona riconoscono una crisi della propria identità, un sensodi smarrimento di fronte ai grandi cambiamenti ir1 atto.Per questo sembrano dire che torna decisivo ascoltare.Non primariamente un ascolto funzionale, quindi, in vistadel compito di testimoniare e annunciare il vangelo, ma unascolto per ridefinire la propria identità e per ritrovare unvolto più vero di Chiesa».5

Tale tensione tra domanda esistenziale e presupposizioniritlessive rimanda in maniera chiara alla complessità del te-ma. Complessità in cui mi sembra possibile entrare attra-verso una prima analisi delle dinamiche a cui il titolo ri-manda.

Una prima dinamica rimane tutta interna al tema dell5a-scolto e risulta disegnata dalla tensione tra Pesperienzapreritlessiva dell'ascolto e la fatica dell°elaborazione riflessi-va dell'identità dell'ascolto stesso.

Da un lato infatti tutti sappiamo in maniera spontaneacos°è l°ascolto e altrettanto spontaneamente sappiamo met-tere in atto criteri adeguati per gestirlo; inoltre sentiamo ildisagio per esperienze inadeguate di ascolto; infine, ne fac-ciamo esperienza in continuazione, tanto che Iaffermazio-ne che siamo immersi nell°ascolto risulta quasi banale.

Dall°altro lato quando cominciamo a riflettere sull'ascol-to, sulle molteplici forme e sui vari livelli in cui si attua,sulla sua qualità e sui criteri per definirla, sull'influsso cheha sull°uomo e sul suo senso antropologico o sociologico ofilosofico o culturale o pedagogico, subito ci ritroviamosmarriti in un mare magnum di percorsi riflessivi possibili.

Tale prima dinamica rimanda cosi ad una domanda: èpossibile ritrovare un punto sorgente da cui far iniziare lariflessione, e un punto sorgente che abbia a che fare conlaquotidiana esperienza spontanea dell5ascolto?

Una seconda dinamica che il titolo evoca rimanda alrapporto tra ascolto e campo comunicativo e disegna cosila prospettiva specifica della nostra riflessione.

5 BIEMMI, Al centro del tema sinodale, 2.

Ascolto ecclesiale una prospettiva comunicativa di teologia pastorale W 81

E anche in questo ambito, di primo acchito, sembra chela soluzione sia semplice, in quanto spontaneamente rico-nosciamo come senza che ci sia qualcuno in ascolto nonha senso alcuna forma di comunicazione.

Da°altro canto è facile accorgersi che tale delineazionepassiva dell'ascolto risulta troppo povera e riduttiva pro-prio rispetto a tante esperienze e situazioni di ascolto vis-sute la cui qualità ha spesso, in qualche vario modo, segna-to la nostra esistenza, rivelando nell°ascolto una forza attivache non è assolutamente riducibile alla mera condizione dipassività del ricevente rispetto al messaggio comunicato.6

Tale seconda dinamica, quindi, ci rimanda all”esigenzadi mettere in chiaro, oltre ogni inadeguata concezione dicomunicazione, a quali modelli, dinamiche e criteri dellacomunicazione tunana l”analisi dell”ascolto, condotta secon-do una prospettiva comtmicativa, ci può aprire.

Abbiamo così delineato nell°orizzonte di complessitàdell'ascolto la formalità del nostro approccio: l”ascolto col-to all'interno della prospettiva comunicativa come vieneelaborata dalle scienze della comunicazione.5

La terza dinamica presente nel titolo sta nella triplicerelazione tra l'ascolto, il cammino storico attraverso cui lachiesa realizza se stessa in fedeltà alla propria identità ori-ginaria e alla propria missione, e la riflessione teologico pa-storale. ) E 5

Anche a questo livello occorre subito guardarsi dall'ac-cettare la semplicità insensata di un approccio minimalistache risolve iproblemi eliminandoli. Sarebbe infatti allet-tante delineare il compito della teologia pastorale con iltrovare formule pratiche per coltivare nei fedeli l°atteggia-mento di ascolto affinché le indicazioni pastorali elaboratedai pastori siano favorevolmente accolte e messe in pratica;oppure ritrovare nell'imperativo dell'ascolto un I praticofondamento per interpretare la fedeltà alla tradizione come

6 Cfr. G. SAVAGNONE, Parola e silenzio, «Evangelizzare›› 3 1 (2002/7)390.

5 È chiaro che . ciò non esclude la possibilità di altri approcci quali, peresempio, quello filosofico o pedagogico 0 socioculturale, ecc.

Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa-Wdgi teologia pastorale

riproposizione pedissequa o, all”-inverso, per interpretare lafedeltà all”uomo come criterio di efficienza funzionale.

Occorre invece accettare la 'fatica di rimanere all°internodella complessità della triplice relazione indicata dal titolo;cosa che chiede di chiarificare alcuni presupposti fonda-mentali a livello teologico pastorale.- Innanzitutto l5orizzonte della riflessione è quello dellapastoralità, cioè dell'agire ecclesiale rispetto al concretocontesto storico-sociale in cui tale agire si configura comeincarnazione dell'esperienza di fede (evangelica. Ciò chiamaincausa in particolare la teologia pastorale come consape-volezza critica dell5adeguatezza e dell'efficacia dei .criterisecondo cui tale agire ecclesiale si attua, sia rispetto al datofondante ecclesiogenetico sia rispetto alle domande e alleesigenze dell°attuale contesto.6 6

La collocazione dell°oggetto da indagare sullo sfondodella pastoralità configura così tteologicamente, o meglioecclesiologicamente, la fonnalità comunicativa sopra indivi-duata. Non si tratta perciò solo di compiere un°analisi so-cio-descrittiva di tipo comunicativo delle modalità dell°a-scolto in atto nell”-agire ecclesiale. Tale analisi, comunquepossibile e. per certi versi interessante, rimane ancora fuoridel campo teologico in quanto configura il dialogo tra teo-logia pastorale e scienze della comunicazione in termini diappalto dell°analisi stessa e in termini di acquisizione acriti-ca da parte della riflessione teologica di modelli elaboratidalle -scienze della comunicazione.

Mi sembra, invece, che sia possibile trattenere la forma-lità comunicativa dell°approccio all'interno dell°orizzonteteologico pastorale configurando la riflessione come elabo-razione di una criteriologia teologica, in riferimento all'agi-re comunicativo ecclesiale e in vista del compito di discer-nimento, per delineare la qualità “ascoltante” delle dinami-che comunicative e comunionali/comunitarie ecclesiali. Ciòrimanda quindi non solo al compito analitico della prassi,

Cfr. S. LANZA, La teologia pastorale: identità e compiti, in La teologiapastorale. Natura e compiti, a cura di F. Marinelli, Dehoniane, Bologna1990, 29-60. . - '

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Ascolto ecclesiale una prospettiva comunicativa di teologia pastorale 83

ma anche alla necessità di porre la domanda pastorale sul-l'identità teologico pastorale della figura di chiesa.

A monte di tale formalità dell°approccio teologico pasto-rale in prospettiva comunicativa sta un doppio presuppo-sto.7 6 " 6 1

Da un lato infatti sta il riferimento fondante al dato ec-clesiogenetico della rilevanza essenziale della comunicazio-ne della fede per il costituirsi dell”identità e dell°agire ec-clesiale.6 Ciò significa non solo che la dinamica comunica-tiva non è estranea al campo ecclesiologico, ma anche esoprattutto che esiste una competenza teologica sulla co-municazione proprio in forza della singolarità dell'espe-rienza comunicativa ecclesiale.6

Dall'altro lato poi sta il dato, che è insieme genuinamen-te antropologico e quindi anche teologico in base alla dina-mica dellfincamazione, che le modalità della dinamica co-municativa non sono indifferenti rispetto alla qualità rela-zionale er quindi comunionale delle mediazioni ecclesiali.Ciò comporta che è non solo possibile ma anche necessa-rio sviluppare una competenza comunicativa sul campo ec-clesiologico.16

. Con ciò mi r -sembrano sufficientemente delineati i con-torni del cammino riflessivo che vogliamo compiere.

6 Un completo sviluppo di tale doppio presupposto, pur estremamenteimportante per Fepistemologia della teologia pastorale, esula dai confini delpresente contributo per cui rimando agli articoli e studi citati al riguardo.

6 Cfr. S. DLANICH, Ecclesiologia della parrocclaia. Comunicare il vangelo,<<Il Regno/Attt1al.ità›› 48 (2003/12) 420-421.

5 Cfr. S. DIANICH, Questioni di metodo in ecclesiologia, in Sui problemidel metodo in ecclesiologia. In dialogo con Severino Dianicla, a cura di A.Baruffo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2003, 21-53.

16 Cfr. G. BORDONI, Comunicazione e partecipazione nel consiglio pastora-le: sfide e opportunità per l'ecclesiologia_, <<Studia Patavir1a›› 49 (2002/3)369-403.

84 Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale

1. Primo passaggio:dall5ascoltoall'orizzontecomtmicativo

Il primo passaggio che sembra importante fare all5inter-no della prospettiva comunicativa è quello di cercare dichiarire che cosa comporta per la delineazione dell°oriz-zonte del campo comunicativo il fatto di porre al centrodell'attenzione non le dinamiche della trasmissione delmessaggio, come normalmente viene fatto nelle analisi del-la comunicazione" ma quelle dell”ascolto.16

Nonostante la nostra cultura, caratterizzata dall'alfabe-tizzazione, ci abbia abituato ad una molteplicità di usi delverbo “ascoltare”, per cui è possibile per esempio ascoltareanche un libro ola situazione sociologica, Yoriginaria espe-rienza dell'ascolto rimanda sempre e comunque al contestosonoro delfinterrelazione dell'uomo con se stesso, con glialtri uomini e con il mondo, di cui il linguaggio è interfac-cza.15 .

Se a prima vista Faffermazione sembra banale e sconta-ta, in realtà risulta estremamente significativa nel momentoin cui si riconosce che il sensorio prevalente nell”approccioalla realtà struttura con i propri caratteri sia la modalitàdell'interrelazione comunicativa che l°intera cultura, tantoche «è utile pensare alle culture in termini di organizzazio-ne del sensorio».16 Risulta pertanto evidente che scoprirecome il contesto a cui rimanda l°esperienza originaria del-l°ascolto è quello sonoro, significa anche riconoscere «l'im-portanza primaria del suono e del mondo orale-aurale nel-la comunicazione».15 Si tratta, quindi, di cercare di delinea-

11 Basta sfogliare un qualsiasi manuale di scienze della comunicazione,come ad es. il pur pregevole U. VOLLI, Il liaro della comunicazione. Idee,strumenti modelli, Il Saggiatore, Milano 1994, in cui la voce “Ascolto” ri-manda solo ad un paragrafo dedicato al silenzio (p. 118), mentre in altrimanuali neanche risulta un qualche rimando esplicito al tema dell5ascolto.

16 Cfr. G. MARCI-1IE1'ITI, Ifascolto. Per una accezione integrale del dialogo,in I fondamenti del comunicare, a cura di G. Piana, Gregoriana, Padova1994, 251.253.

15 Cfr. W.I. ONG, Conversazione sul linguaggio, Armando, Roma 1993,28. '

16 W.]. ONG, La presenza della parola, Il Mulino, Bologna 1970, 12. Cfr.anche i vari saggi, alcuni critici, presenti in Alfabetizzazione e oralita, a curadi D.R. OLsoN-M. TORRANCE, Raffaello Cortina, Milano 1995.

15 ONG, La presenza della parola, 9.

Ascolto ecclesiale: una prospettiva comtmicativa di teologia pastorale 85

1.1 Dinamiclaetemporali

re con quali caratteri si configura il campo comunicativodando priorità alla dinamica dell'interrelazione sonora equindi della relazione comunicativa orale.16 Sembra suffi-cientemente chiaro che affrontare l'ascolto dal punto di vi-sta orale-aurale non significa destituire di valore le altreforme di ascolto che si possono sviluppare in una culturaalfabetizzata o caratterizzata dai nuovi media come la no-stra. Tali altre forme comunque non sostituiscono assoluta-mente Ioriginaria importanza dell°ascolto orale-aurale, macasomai si pongono in tensione dinamica con esso nellacostituzione della complessità del campo comunicativo”

A questo punto mi sembra che sia possibile, sulla basedi queste premesse, abbozzare tale configurazione dell'0-rizzonte comunicativo a cui l6ascolto rimanda delineandonesinteticamente tre dinamiche.

I Il primo carattere della dinamica del suono, che sembrasignificativo esplorare rispetto alla delineazione del campocomunicativo, è la particolare relazione che esiste tra suo-no e tempo.16 Mentre la parola scritta può essere conserva-ta nel tempo, la parola parlata, vive solo nell'attimo delpresente in cui accade come suono e non può essere cometale conservatawz il suono non può essere fermato e rima-nere evento sonoro. Per questo la parola parlata e ascoltataè evento dinamico nel presente, carico di tutta la forza diun5azione.66 Inoltre, proprio per tale carattere di evento, ilsuono può permanere solo come eco nella memoria, e se-gna così il divenire del tempo scandito proprio dal passaredel suono che muore appena è prodotto.

16 Cfr. W. . ONG, Oralità e scrittura. Le tecnolo ie della arola, Il Muli-g Pno, Bologna 1986, 61.

16 Cfr. ONG, Oralita e scrittura, 25-26.66 Cfr. ONG, Oralita e scrittura, 59.15 I meccanismi digitali. o analogici di registrazione del suono in realtà

non “registrano il suono”, ma operano una conversione del suono in qual-che altro codice memorizzabile a cui segue un qualche processo di “ri-pro-duzione” più o meno fedele dell'evento sonoro memorizzato.

66 Cfr. ONG, Oralita e scrittura, 60.

Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale

Vivere Iesperienza dell°ascolto, quindi, significa vivereIesperienza di una comunicazione che è radicalmente se-gnata dalla presenza e dall°accadere della parola e insiemedalla memoria come ciò che, nella continuità tra la presen-za e l'eco, rende significativa la comunicazione stessa.65 In-fatti, ciò che è memorizzato come eco della parola orale-aurale non è mai una registrazione oggettiva, ma una com-prensione operata dal soggetto rispetto al proprio contestoesistenziale e significativo. L°ascolto, nella dinamica orale-aurale, è sempre quindi azione e reazione cioè evento in-terpretativa che ristruttura tanto l°eco del suono quanto ilsoggetto stesso che ascolta.

Ora appare chiaro che, senza cadere in una “misticadella presenza”,66 partire dal carattere orale-aurale dell5a-scolto significa configurare il campo comunicativo con icaratteri della compresenza e interrelazione reciproca e _ im-mediata tra i soggetti comunicanti, dove il loro “esserci”,con tutto il bagaglio di significati del loro presente, costi-tuisce il vero contesto significativo della comunicazione. Inquesto sensoogni ascolto e ogni comunicazione non puòridursi a trasmissione asettica di informazioni oggettive,ma è sempre evento che non solo accade tra i soggetti, maaccade ai soggetti, coinvolgendoli in una relazione che licambia reciprocamente.65

Inoltre, dato il coinvolgimento della dinamica della me-moria, la psicodinamica orale-aurale dell”ascolto configurala comunicazione non come conservazione passiva di unpassato oggettivato, ma come continua rielaborazione dina-mica dell”esperienza vissuta, coscientizzata e condivisa, aconfronto con i significati e le esigenze del presente dallavita dei soggetti.66

65 Cfr. G. CORRADI FIUMARA, Filosofia dell"ascolto, Jaca Book, Milano1985, 190.

66 Criticata da Derrida come fonocentrismo, accanto al logocentrismo,nella sua opera di decostruzione della nostra cultura alfabetizzata: Cfr. peresempio I. DERRJDA, Della grammatologza, Jaca Book, Milano 19986; Cfr.VUJ. ONG, Oralita e scrittura, 231-232.

65 Cfr. MARCHETTI, L'ascolto, 254-255.66 Cfr. ONG, Oralita e scrittura, 61.77.92.

Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale 87

1.2 Dinamiclaerelazionali ~

\

_ E ancora una volta, anche da questo punto di vista, lacomunicazione .si -rivela come evento della storia viva deisoggetti, non .quindi una storiacome esterna ed estraneacodificazione- del passato, ma come reale perché vitale tra-dizione che costituisce la risorsa di significati esistenzialiper il presente eper- llesserci dei soggetti.65

. 1, , ,

Il secondo' aspetto ègia stato in parte introdotto e ri-guarda il modo in' cui la > comunicazione orale-aurale in-fluenza la qualità delle relazioni tra in soggetti comunicanti.

Infatti, a differenza diuna parola scritta che, come se-gno grafico consegnato* allo spaziovisivo, ha in sé una pro-pria oggettività,66 la parola orale-aurale non vive fuori dellarelazione dei soggetti comunicanti. Così il suono mette inrelazione in una * maniera tutta particolare rispetto a tuttigli altri possibili' canali comunicativi. In qualche modo sipuò ben dire che la relazione è l°efficacia vera della parolaparlata e ascoltata, -proprio in quanto tale parola non puòesistere senza una interrelazionediretta tra i soggetti.65

' Inoltre l°esperienza del (suono presenta una relazioneparticolare con lo spazio, non in termini di fissità spazialema di orizzonte dinamico dell'accadere: il suono non èqualcosa che sta in un punto.preciso,66 ma genera oriz-zonte comune e coinvolge in un unico ambiente tanto chiparla quanto chi ascolta.65 In questo senso l°esperienza .co-municativa orale-aurale è sempre un°esperienza coinvolgen-te e totalizzante, inserendo il soggetto in un “ambiente-mondo”, che ha sempre le dimensioni e la qualità dell'oriz-zonte esistenziale a 360 con tutta la complessità che in es-so è inscritta. Possiamo quindi dire che Iesperienza dellaparola parlata e ascoltata è esperienza di condivisione del

_ Cfr. A. PIERET1"I,~Le condizioni trascendentali della comunicazione, in Ifondamenti del comunicare, 131. 6 ~ '

' 66 Cfr. ONG, Oralita e scrittura, 134. '' 65 Cfr. ONG, Oralita e scrittura, 101. - '. -.66 Occorre naturalmente non confondere il suono con la fonte sonora.

65 Cfr. ONG, La presenza della parola, 146.149. '

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88 Ascolto ecclesiale: una prospettiva coinunicativa di teologia pastorale

1.3 Dinamic/ae dielaborazione deisignificati

mondo comune generato dal suono come espressione del-l'interazione tra i soggetti e tra loro e la realtà.

Infine la parola parlata orale-aurale è vissuta come ilmanifestarsi di una interiorità che, espressa nel suono, flui-sce verso un'altra interiorità.56 Non è, come per la vista, lapercezione di una superficie di qualcosa che, come diversoda me, posso considerare un oggetto a me estraneo. D5al-tra parte non è neanche come il tatto che sperimenta larelazione attraverso la percezione di confini spaziali corpo-rei invalicabili e insieme come tentativo sempre frustratodi violazione intrusiva di tali confini.

Così nella comunicazione orale-aurale non ci sono og-getti o destinatari di comunicazione, ma solo soggetti coin-volti dialogicamente, dalla medesima parola parlata e ascol-tata, a riconoscersi come soggetti e come persone tese allaunificazione armonica reciproca.51 Si comprende quindicome la parola parlata e ascoltata stabilisce una dinamicacomunicativa che genera comunità di soggetti estroversi,dialogicamente interrelazionati e che trovano non tantonell°opposizione verso l°oggetto, ma nella condivisione co-mune il senso della propria identità soggettiva.56

Il terzo aspetto sintetico di come il campo comunicativoumano è disegnato dalla dinamica orale-aurale dell'ascoltoè relativo alla modalità con cui è vissuta l5elaborazione deisignificati nella comunicazione. E chiaro che qui non èpossibile far altro che accennare, tra le tante possibili, adun paio di direzioni di riflessione sulle quali sarebbe peral-tro possibile e necessario procedere molto più a lungo.55

56 Cfr. ONG, Oralità e scrittura, 104-105.55 Cfr. ONG, La presenza della parola, 140.56 Cfr. E. BACCARINI, La soggettività dialogica, Aracne, Roma 20026.55 Soprattutto se si tiene conto dei tanti condizionamenti e pregiudizi

chirografici della nostra cultura alfabetizzata basata sulla scrittura alfabeticae sulla stampa: Cfr. WJ. ONG, Oralità e scrittura, 20; I. ILLICH, Un incorag-giamento alla ricerca sulfalfabetizzazione, in Alfabetizzazione e oralità, a curadi D.R OLsoN - M. TORRANCE, Raffaello Cortina, Milano 1995, 31-49.

Ascolto ecclesiale una prospettiva comunicativa di teologia pastorale 89

Se infatti la I scrittura e la stampa ci hanno abituati aprocessi cognitivi di tipo oggettivante e analitico,56 inquanto la parola scritta è sempre in qualche modo astrattain quanto decontestualizzata, la parola orale-aurale, comegià accennato, vive solo rispetto al contesto esperienzialein cui e per cui è detta.55 Ed è proprio questo caratteresituazionale della parola parlata e ascoltata a definire econtinuamente modificare il significato del dialogo comu-nicativo come comprensione della realtà56 e quindi i signi-ficati che nel dialogo comunicativo vengono elaborati escambiati. Significati quindi che non presentano mai carat-teri di assolutezza definitoria, ma che ricavano la loro forzaproprio dalla loro capacità di essere significativi per l5espe-rienza concreta vissuta dagli interlocutori.56 Tale contestoesperienziale spiega e .delinea così il carattere sapienzialenarrativo, più che analitico assertivo, della parola parlata eascoltata e configura il campo comunicativo come situazio-nale e partecipativo, più che oggettivo e astratto.

Tutto ciò ci apre almeno ad un°altra dimensione. Comegià accennato, la parola orale-aurale esiste solo nel dialogocomunicativo: in tale dialogo re nell”interrelazione personaletra i dialoganti ogni pensiero nasce, vive e si sviluppa co-me significativo per la vita.56 Così, se la scrittura permettedi consegnare all°archiviazione pensieri e conoscenze indi-pendentemente dalla qualità del loro rapporto con la con-cretezza esistenziale, la parola parlata ed ascoltata evoca einvoca continuamente la relazione significativa con la storiae Pesperienza delle persone; dall'altro lato il disagio nell°a-scoltare discorsi insignificanti di conoscenze autoreferen-ziali rimanda alla percezione della preziosità esistenzialedella parola.

L”attenzione continua che la parola-suono genera e col-tiva rispetto alle persone e alla loro vita disegna così un

56 Cfr. R. NARASIMHAN, L'alfabetizzazione: caratteristicbe e implicazioni, inAlfabetizzazione e oralità, 187-206.

55 Cfr. ONG, La presenza della parola, 146.56 Cfr. ONG, Conversazione sul linguaggio, 24.56 Cfr. ONG, Oralità e scrittura, 108.56 Cfr. ONG, Oralità e scrittura, 77.

90 V_g Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa-di teologia pastorale

1.4 Um: rzpresa inc/azkwe teologico-pastorale

campo comunicativo dove l°ascolto non può mai esserepassiva recezione, ma atteggiamento attivo di comune ri-cerca, nell”abolizione della distinzione tra emittente e rice-vente, in cui i significati possono nascere ed essere elabo-rati in una reale interazione dialogica e quindi esistenzialetra i vari soggetti” t

Insieme., l'ascolto come attenzione personale configuralo scambio comunicativo non tanto come trasmissione diinformazioni, a cui corrisponde la passività de].l°assenso,del rifiuto o delfindifferenza, ma come comune apprendi-mento e discepolatom della sapienza dell°esistenza e comecontinua rielaborazione, personalizzazione e adattamentodei significati. z

Si riconosce in ciò come il campo comunicativo orale-aurale è continuamente posto in tensione dinamica di rin-novamento, tensione che costituisce il vero cuore pulsantedella tradizione del sapere comune,41 che non può maiquindi essere ridotta i-a pura conservazione statica del de-posito di parole fissate oggettivamente fuori del contestocomunicativo e perciò in qualche maniera morte rispetto alfluire della vita. s

Anche se le brevi note elaborate non esauriscono lacomplessità de]l”approccio ai caratteri della comunicazione

42orale-aurale, mi sembra però che possano sufficientemen-te delineare l”orizzonte di un campo comunicativo adegua-to al valore dell°esperienza fontale dell”ascolto.

Inoltre tale delineazione di criteri comunicativi dell°a-scolto43 mi sembra possa iniziare a far uscire dalfincertezzaFaffermazione da cui siamo partiti: «sull”ascolto poggia l”i-dentità della Chiesa». Infatti la configurazione fatta delcampo comunicativo può costituire una adeguata base per

39 Cfr. CORRADI FIUMARA, Filosofia delfascolto, 194.4° Cfr. ONG, Oralità e scrittura, 27.41 Cfr. CORRADI FIUMARA, Fzlosoƒia dalfascolto, 75.42 E in più pongono quasi per scontato il confronto con i caratteri del-

Yalfabetizzazione. “ «43 Genitivo da intendere più in senso soggettivo che oggettivo.

Ascolto eccles1ale una prospettiva comtmicativa di teologia pastorale 91

una elaborazione interdisciplinare teologico pastorale inprospettiva comunicativa di Lma criteriologia per la deli-neazione dell'identità della comunità cristiana a partire dal-l°ascolto.

La prima constatazione da fare è che le modalità comu-nicative messe in atto non solo non sono indifferenti ri-spetto al costituirsi dell°identità delle relazioni comunitarie,ma addirittura sono parte fondamentale dell”agire comuni-cativo, e quindi anche ecclesiale, a tutti i livelli, relazionale,cognitivo, di significati. .

, Tale consapevolezza ci porta cosi a poter definire più indettaglio la precedente affermazione riconoscendo come ladelineazione fatta del campo comunicativo a partire dall°a-scolto sembra adeguata a comprendere la dinamica eccle-siale dell'ascolto non primariamente come momento deiprocessi comunicativi tra le varie componenti della comu-nità ecclesiale, ma come elemento essenziale della configu-razione dell'identità stessa della chiesa.

Sinteticamente si possono così riprendere le tre dinami-che delineate, per riconoscere in esse caratteri distintivi enon marginali dalla modalità dell'essere chiesa.

Si tratta cioè in primo luogo di cogliere l°essere chiesache si esplica nell'esperienza in atto della dinamica di unacontinua reincarnazione nei contesti e nelle trasformazionidella storia come evento presente di una parola di salvezza,continuamente ridonata agli uomini, e come memorialedell°efficacia di tale parola, incarnata e testimoniata dall”e-sperienza concreta di quanti, ascoltandola, le hanno per-messo di generare in loro, tra di loro e attorno a loro ilRegno di Dio. Tutto ciò esclude la possibilità di compren-dere l°ascolto ecclesiale come semplice, quanto impossibile,conservazione oggettiva, assoluta e immutata del depositotramandato, e come passiva recezíone e sterile riproposi-zione di messaggi codificati, forme e strutture cristallizzate.

In secondo luogo è possibile descrivere l°essere chiesanell”esperienza in atto di una parola parlata e ascoltata chegenera la comunità non primariamente nella definizionedelle strutture, ma nella qualità delle interrelazioni dialogi-che personali come comunicazione della fede, nella com-partecipazione e nella condivisione tra tutti i soggetti eccle-

92 Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale

siali. Cosi l'ascolto ecclesiale, tanto come ascolto della Pa-rola quanto come ascolto reciproco comunitario, e insiemecome interrelazione tra i due, si configura come positiva eattiva dinamica relazionale che genera la comunità comeorizzonte del vivere la fede, che pur personale, non puòmai darsi in forma individuale assoluta. Anzi, proprio laqualità ascoltante della relazione comunitaria ci fa intuirecome il carattere personale del vivere la fede non si elabo-ra nella opposizione tra i soggetti ecclesiali, ma nella co-mune dinamica comunicativa di partecipazione all°1micopopolo di Dio generato dall°ascolto della Parola.

Infine, in terzo luogo, l°essere chiesa si esplica nell°espe-rienza in atto di una continua rielaborazione di significatidella fede rispetto all°esistenza concreta dei credenti equindi rispetto ai relativi contesti socio-culturali. E ciò ri-manda proprio alla dinamica comunicativa testimonialedella fede. Dinamica che si muove tra il discepolato rispet-to alla sapienza della Parola ascoltata, Pattualizzazione ri-spetto all”evolversi e alle domande della storia personale ecomunitaria, Fattestazione credente come elaborazione deisignificati della fede, e la continua ri-narrazione della Scrit-tura, fatta così rivivere nel dialogo comunitario di fede.Così l”ascolto ecclesiale trova la sua piena espressione nelladinamica comunicativa comunitaria del generarsi, trasmet-tersi e attualizzarsi del consensas fidez', e insieme il consen-sas ƒídez' è sottratto al rischio di scadere in passivo assensoimpersonale a contenuti assoluti e in-significanti in quantoastratti. ”

Appare così, in tutto ciò, sufficientemente indicata, purin maniera sintetica, la fondamentale importanza dell°ascol-to ecclesiale rispetto all°identità stessa della comunità cri-stiana come comunità di comtmicazione della fede, proprioin quanto rimanda alla fontale rilevanza del dono della Pa-rola per la chiesa: la tensione dinamica istaurata tra Parolaconsegnata, come vissuta e parlata e come scrittura conti-nuamente “ri-oralizzata”,44 e Parola ascoltata come accolta,

44 Cfr. ONG, Interfacce della parola, 271-273.285.

Ascolto ecclesiale una prospettiva comunicativa di teologia pastorale 93

condivisa e testimoniata, genera, e continuamente rigeneralungo la storia, la comunità cristiana nelle variegate dina-miche comunicative ecclesiali.

E chiaro a questo punto che ognuno dei tre aspetti sin-teticamente indicati costituirebbe un percorso di possibiliapprofondimenti teologico pastorali nell°elaborazione dipassaggi di discernimento che permettano sia di compren-dere meglio l'attuale variegato agire ecclesiale, soprattuttonelle sue relazioni con le diverse modalità di configurazio-ne del campo comunicativo,45 sia di individuare percorsi dipossibili decisioni progettuali da elaborare in vista di unapiù adeguata ed efficace qualità comunionale dell”ascoltoe, reciprocamente, di una più adeguata ed efficace qualitàascoltante dell°agire ecclesiale.

Tale percorsi, però, non solo travalicano i limiti delpresente contributo, ma soprattutto ne superano le possi-bilità, in quanto esigono il riferimento reale a prassi con-crete di comunità e, di conseguenza, richiedono soggettiecclesiali disposti a maturare tali percorsi di discernimentopastorale. g

Come conclusione di questo primo passaggio riflessivoteologico pastorale in prospettiva comunicativa mi sembra,comunque, possibile elaborare una prima, e ancora genera-le, domanda pastorale proprio a partire di nuovo dal riferi-mento all°esperienza sinodale della nostra chiesa. L'espres-sione che ha dato l°avvio alla nostra riflessione rimanda,infatti, all'esperienza della significatività dell'ascolto fattada comunità parrocchiali o gruppi ecclesiali che, proprionel vivere in maniera variamente adeguata le stimolazionidella prima fase ascoltante del sinodo, hanno cominciato aritrovare e a riconfigurare in maniera più piena la propriaidentità ecclesiale.

Ora appare pastoralmente chiaro che non è possibilesemplicemente archiviare tutto questo come fase prelimi-

45 Cfr. per esempio G. PANTEGI-HNI, Quale comanicazz'one nella chiesa?Una c/aiesa tra ideali di comunione e problemi di comunicazione, EDB, Bolo-gna l993; oppure W. BARTOLOMÃUS, La comam'cazz'one nella chiesa. Aspettzdi un tema teologico, «Concilium» 14 (1978/1) 165-187.

94 , Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale

nare, rischiando di negare nei fatti il dichiarato valoredelliascolto, ma occorre riconoscere in tali esperienzefrutti già in atto del sinodo stesso, indipendentemente daisuccessivi approfondimenti e pronunciamenti. Tenendopur presente che, attraverso i canali di raccolta dei dati,il fulcro significativo di tali esperienze confluisce ad ali-mentare la stessa dinamica assembleare, è possibile peròporre la domanda pastorale su come dare effettivo spazioecclesiale di ascolto a tali esperienze non solo nella sintesidei dati, ma nella concretezza della vita pastorale parroc-chiale e diocesana. Mi sembra perciò possibile precisaremeglio tale domanda: pastorale individuando due possibilipercorsi. "

Il primo è orientato ad una ben più precisa comprensio-ne delle dinamiche comtmicative che hanno portato tali si-tuazioni ad essere così significative. Per converso ciò si ri-fletterebbe anche in una più chiara analisi delle situazioniecclesiali che, invece, hanno segnato fallimenti più o menovistosi proprio della medesima fase di ascolto. Operandocosì un reale discernimento teologico pastorale come anali-si valutativa della qualità ascoltante del concreto agire ec-clesiale in atto, emergerebbero tanto le potenzialità quantoi reali ostacoli per la delineazione di nuovi tratti di unarinnovata immagine di chiesa.

Il secondo percorso dovrebbe invece porsi nell'otticadella preoccupazione pastorale per il futuro di tali espe-rienze, in modo da non archiviare insieme ai dati anche laricchezza di una rigenerazione ecclesiale attuata e vissuta.Ciò significa ancora attuare un ascolto ecclesiale di tiposignificativo e partecipante e cosi riconoscere come la no-stra chiesa sta già crescendo per una sinodalità in atto invarie comunità e gruppi; una sinodalità quindi che vaascoltata e perciò riconosciuta, condivisa e compartecipata“sul campo” come adeguata edefficace modalità di esserechiesa oggi a Verona. Si tratta, cioè, di compiere un realediscernimento pastorale come progettazione della qualitàecclesiale del possibile, perché sperimentato, agire comuni-cativo comunitario e quindi della adeguatezza della figuradi chiesa in atto e in progetto, nella linea di campi comu-nicativi meno lineari gerarchici e più partecipativi e comu-

Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale

2. Dal campocomunicativo alledinamiche 8comunicative 1dell°ascolto

2.1 Ascolto e modelli ali - 1comam'cazz'one

nionali generati da forme di ascolto più adeguate alla rile-vanza della Parola per l°identità della chiesa.

In questa linea si potrebbe cominciare ad intuire comela sinodalità può essere non solo una temporanea strutturadell”agire ecclesiale, ma una permanente modalità de]l'esse-rechiesa, presente in tutte le forme e le strutture pastora-li46 e continuamente mantenuta attiva dalla qualità dell°agi-re comunicativo ecclesialef" s

La delineazione fatta del campo comunicativo in base aicaratteri dell”esperienza fontale orale-aurale dell”ascolto,permette ora di analizzare Fadeguatezza o meno delle di-verse dinamiche di ascolto messe in atto nei diversi modellicomunicativi possibili.

Ciò permette di passare dal piano più generale, anchese non generico, dello* sguardo sull°orizzonte dell°esperien-za comunicativa al piano più dettagliato degli elementi checompongono la dinamica della comunicazione, delle lororeciproche interazioni e delle funzioni comunicative che nedeterminano la qualità. Tale analisi offre quindi la possibi-lità di elaborare più precisamente una possibile criteriolo-gia48 dell°ascolto, tanto comunicativa quanto teologico pa-storale, con cui sostanziare la domanda pastorale sull'iden-tità e sulle concrete figure di chiesa.

Il primo modello a cui fare riferimento è l°oramai~ tradi-zionale modello lineare della trasmissione dei messaggi daun”emittente ad un ricevente.49 E indubbio il contributo ditale modello nella individuazione delle elementari compo-nenti del processo comunicativo. L”interazione dinamica

46 Cfr. H. ZIRKBR, Ecclesiologia, Queriniana, Brescia 1987, 190.200.-47 Cfr. M. KEHL, La Claiesa. Trattato sistematico di ecclesiologia cattolica,

S. Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 1995, 189. .48 Certamente ancora allusiva' più che esaustiva.49 Cfr. B. ZANI - P. SELLERI - D. DAVID, La comimicazz'o›ze. Modelli teoreti-

ci e contesti sociali', Carocci, Roma 1998, 18-19. _

96 Ascolto ecclesiale: una prospettiva comtmicativa di teologia pastorale

tra tali componenti è giocata dal fondamentale doppioprocesso della codifica e decodifica del messaggio.5° Taleevidenziazione mette in luce il criterio fondamentale dellanecessaria condivisione del codice comunicativo tra emit-tente e ricevente affinché si possa attuare un”efficace ascol-to del messaggio trasmesso. D°a.ltra parte proprio l'atten-zione unica al processo di codifica-trasmissione costituisceanche il limite di tale modello, poiché tende a ridurre l°a-scolto a passiva recezíone del messaggio elaborato in quan-to al ricevente rimane solo il compito e la responsabilitàdella decodifica” ' C

E facile perciò riconoscere Yinadeguatezza di tale moda-lità comtmicativa rispetto' a tutti e tre gli aspetti individuatinel primo passaggio: un ascolto asettico eastorico, incapa-ce di generare relazioni soggettive e ininfluente 'nell°elabo-razione dei significati. In questo senso il modello li.nearedella trasmissione dei messaggi ha ben poco a che fare, inrealtà, con la complessità della comunicazione Lunana”

E altrettanto facile riconoscerne Pinadeguatezza teologi-co pastorale in quanto tale modello si presenta come ten-denzialmente generatore di una figura di chiesa di tipoverticistico con una dinamica comunitaria e di elaborazio-ne dei significati della fede basata sulla permanentementedistinzione gerarchica tra i soggetti ecclesiali”

Elaborare la domanda pastorale rispetto a tale modellomi sembra, allora, che voglia dire compiere almeno duetipi di processo di discernimento.

Il primo, che rimane interno al modello stesso, consistenel verificare la qualità del processo di codificazione deimessaggi ecclesiali rispetto agli effettivi destinatari: non èpossibile chiedere ascolto e adesione di fede senza preoccu-parsi delle precondizioni che li possano permettere, a meno

5° Cfr. P.E. RICCI BIIT1 _ B. Z-ANI, La comumlcazioize come processo sociale,Il Mulino, Bologna 1983, 22-52. - ' -

51 Cfr. ZANI - SELLERI _ DAVID, La comaizz'cazione, 20.52 Cfr. ONG, -Oralità e scrittura, 242.53 Cfr. PANTBGI-HNI, Quale comunicazione nella claiesa, 93.

Ascolto ecclesiale una prospettiva comunicativa di teologia pastorale W 97

dinon richiedere un ossequio incosciente e incomprensibile,magari fondato sul carattere di mistero della fede.54Il secondo, che invece supera il modello stesso metten-

dolo _ in s questione, si attua nel riconoscere le concrete si-tuazioni ecclesiali in cui tale modello permane come formaprioritaria di comunicazione e, quindi, nell”esplicitare le ca-renze dell'agire ecclesiale e della relativa figura di chiesache I tale *modello genera”

Prendere sul .serio il limite della modalità lineare t tra-.smissiva della comunicazione significa assumere nella dina-mica comunicativa la preoccupazione della reale, e nonsupposta, condivisione dei codici e quindi della reale, enon supposta, f competenza comunicativa del soggetto rice-vente. Ma proprio Pintroduzione di tale preoccupazione difatto rompe la linearità semplice del modello, e quindi del-le strutture comunitarie da esso generate e mantenute, conl'allargamento, del processo comunicativo a due -livelli.

I Il primo livello sè quello delfintroduzione del processodi feedßack, che in realtà non è altro che la verifica dell°at-tuazione del processo comunicativo -stesso.56 ll secondo li-vello è quello dell'espansione della relazione comunicativain varie complessi processi di interscambio, volti a far na-scere, -ampliaree verificare la corrispondenza dei codici co-municativi, attraverso la condivisione e l'attenzione al con-testo esistenziale dei -soggetti "comunicanti, in vista della co-stituzione di un unico comune contesto comunicativo, checostituisce l°orizzonte di significato dei messaggi e dellostessointerscambio.57

Con ciò, in realtà, si è già delineato un secondo modellocomunicativo di tipo maggiormente dialogico, configuratocome reciproca alternanza comunicativa tra gli interlocuto-ri, che scaturisce dall'assunzione del criterio che una reale

54 Con una evidente .degenerazione della stessa categoriadimistero.55" 'Cfr. M. .KEI-IL, l Dove 'va la Chiesa? Una diagnosi' del nostro tempo,

Queriniana;-Brescia. '1998. -56-._'Cfr.f 'P.E;. -RICCI:.BIT1'I -"B. ZANI, La rcomunicazz'oize comeprocesso -sociale,

29.957- . Cfr..: -;. S. <-SICA,: La _ ~co†:›zaizicazione' -interamaaa, Franco

19965,-ao.

Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale

possibilità di ascolto esige una reale capacità di parola intutti gli interlocutori. Alla coppia emittente e ricevente sisostituisce così la interrelazione dialogica tra soggetti co-municanti, costituiti nella loro identità proprio dalla lorocapacità di .parola .e di ascolto reciproco come capacità diesprimere, comprendere e quindi condividere contesti e si-gnificati esistenziali.58 5 -

Riconoscendo una maggiore adeguatezza di tale secondomodello rispetto al campo comunicativo dell'ascolto, misembra che sia cosi possibile dettagliate la domanda pasto-rale attorno a tre nuclei criteriologici.

- Il primo è relativo ai soggetti, certo in termini di atten-zione alla loro storia e identità personale, ma soprattuttocome discernimento della qualità dei tempi, forme ev spazidella formazione comunicativa -dei soggetti ecclesiali: Taleformazione trova il suo fulcro non nella trasmissione dicontenuti, ma nell°abilitare capacità linguistiche e teologi-che per narrare in modo significativo l'esperienza di fedecome interazione tra Parola ascoltata e accolta, nella testi-monianza ecclesiale, ed esperienza esistenziale personale ecomunitaria. _ , '

Il secondo aspetto è relativo al contesto e si può deli-neare, in maniera semplice, come discernimento della qua-lità delle modalità ,comunitarie con cui tale contesto escedall°essere presupposto e -diventa -esplicita consapevolezzacondivisa; diventa *cioè stimolazione continua alla ridefini-zione dell'interazione tra fede e vita e quindi della ridefini-zione della stessa domanda pastorale. In tale attenzione di-scernente al contesto esistenziale rientra anche la capacitàdi riconoscere come il contesto stesso, tanto ecclesialequanto* sociale, è anche fonte di rumore rispetto alla comu-nicazione e quindi all'ascolto. Saper, individuare tali aspettidi disturbo diventa infatti indispensabile per mettere in at-to strategie adeguate di correzione”

58 Cfr. VOLLI, Il libro della comunicazione, 35-37.59 Per un approccio al problema .della comunicazione disturbata Cfr. il

capitolo terzo di ZANI - SELLERI - DAVID, La comaizicazione, 91-119.

Ascolto ecclesiale una prospettiva comunicativa di teologia pastorale _ W 99

s Il terzo aspetto, relativo ai contenuti, rimanda a quantogià evidenziato relativamente all”importanza del processodi codifica e decodifica; nell°ambito di questo secondo mo-dello di comunicazione però interessa porre l”attenzionenon solo sulla correttezza della elaborazione, ma soprattut-to sulla verifica d'ell'efficacia rispetto alle possibilità diascolto: in pratica un ascolto dell'ascolto.

, La :sinergia tra i tre aspetti, che sostanzia questo secon-do modello comunicativo, mi sembra che possa curare inmaniera almeno inizialmente sufficiente la possibilità chel'agire comunicativo ecclesiale si configuri sempre più se-condo una qualità ascoltante tanto rispetto ai soggetti ec-clesiali quanto rispetto alla Parola.

Ma se è vero che tale modello presenta un più ampiospettro criteriologico, è anche altrettanto vero che rivela illimite di essere ancora centrato sulla trasmissione del mes-saggio, anche se non più formauniditezionale, piuttostoche sulla relazione tra i soggetti. In pratica si può ricono-scere che la relazione tra gli interlocutori, e tutti i criterirelativi, vengono considerati ancora come funzionali adoperare la trasmissione dei contenuti.

In tale configurazione, nonostante tutti gli ampliamentipossibili, l°ascolto asstune tutto sommato ancora un carat-tere di precondizione rispetto al messaggio trasmesso.Semplificando e forzando un po' i toni si potrebbe direche l°ascolto è in realtà lo stato di silenzio, pur comunicati-vamente formato e reso competente, dei soggetti nell°alter-nanza del ping-pong della trasmissione dei messaggi e deifeedbacl<.6°

In realtà si può riconoscere in ciò la congenita instabilitàrelazionale di tale modello comunicativo, data dal fattoche, se esso non evolve in una comunicazione centrata sul-la relazione, tende a decadere nel modello lineare appenaaumenta la disparità tra i soggetti della competenza comu-nicativa e quindi dell°autorevolezza, per cui progressiva-mente i soggetti più deboli vengono progressivamente ri-

6° Cfr. Zam _ SELLERI _ DAVID, La comunicazione, 20.

Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale

dotti allo stato di “in-fanti” comunicativi e quindi di passi-vi ascoltatori come obbedienti recettori.

Credo che tale instabilità del modello possa aiutare adiscernere pastoralmente tante situazioni di dialogo eccle-siale che, pur iniziate con le più buone intenzioni, evolvo-no nel disagio di esperienze di partecipazione carente omancata proprio a causa della non attenzione ai processidegenerativi che la comunicazione può subire in mancanzadi una esplicita e programmata cura delle dinamiche co-municative relazionali.

Tutto ciò sposta Pattenzione I pastorale dal piano deicontenuti e della conseguente valutazione, più oi meno mo-ralistica, degli atteggiamenti di ascolto, al piano relazionaledel costituirsi delle strutture e delle forme comunitarie del-l'agire ecclesiale, della loro» interdipendenza con le formedell”agire comunicativo e della loro .adeguatezza rispetto al-l°identità comunicativa- sinodale ecclesiale. Cosi veniamo ri-mandati ancora alla .necessità di sostanziare la . domandapastorale di un costante discernimento interdisciplinaredell”agire comunicativo ecclesiale. i 2

L”esplicitazione dei limiti del secondo modello ci ha difatto già introdotto nella necessità, tanto dal punto di vistadelle scienze della comunicazione quanto da , quello- pasto-rale, di delineare un terzo modello della dinamica comuni-cativa a partire proprio dalla messa. in tensione della tra-smissione dei messaggi rispetto all'attuarsi della relazionetra i soggetti comunicanti. Tale nuovo modello può esseresinteticamente delineato attraverso Tidentificazionse dellacomunicazione come «scamlaio aatropologico>>,61 in cui isoggetti coinvolti «siano contemporaneamente (e non inmomenti diversi) emittenti e riceventi durante l°interazio-ne».62 In questo senso la comunicazione non è più intesacome qualcosa che un soggetto fa ad un altro, ma come ilcondividere i vari mondi personali, per costruire insieme

61 VOLLI, Il libro della comunicazione, 38.62 ZANI _ SELLER: _ DAVID, La com~anicazz°oae, 21.

Ascolto ecclesiale una prospettiva comunicativa di teologia pastorale IOI

una relazione in cui <<creare congiuntamente il significatodegli scambi›>,63 all'interno dell”unico progetto comunicati-vo condiviso. In tale modello dialogico i soggetti sonocoinvolti in una reale interazione dialogica in quanto en-trambi agiscono attivamente,64 col loro comunicare, nellacostruzione del significato condiviso nei messaggi. In talecondivisione, inoltre, progressivamente vengono essi stessimodificati e resi sempre più capaci di dialogo perché piùricchi di quelle risorse comunicative che insieme contribui-scono a generare. Tutto ciò approfondisce anche il signifi-cato del contesto in cui si attua la comunicazione, facendo-lo passare da semplice sfondo comune di codici e significa-ti che permette lo scambio di informazioni, a spazio dicondivisione esistenziale generato e progressivamente am-pliato dalfinterazione dialogicastessa, spazio in cui i sog-getti si ritrovano sempre più reciprocamente in relazione.

Particolarmente stimolanti al riguardo risultano gli studielaborati sulla dimensione contrattuale della comunicazio-ne e sulfarchitettura dell'intersoggettività65 che analizzanolo scambio comunicativo come fenomeno sociale in cui isoggetti si riconoscono nelfinterazione dialogica come dia-loganti/interlocutori disposti a condividere nel dialogoqualcosa delle proprie identità le del proprio universo sim-bolico, nella creazione di contesti relazionali condivisi e disempre più ampi universi di significato. In questa prospet-tiva la comunicazione è riconosciuta come un «fatto rela-zionale irriducibile, all'interno del quale gli individui si co-noscono e si fanno conoscere, dando vita a quella intersog-gettività che è elemento fondamentale della ,vita sociale eche si fonda sulla cooperazione>>.66

E facile intuire come tale modello comunicativo permet-te di riconoscere nell°ascolto non tanto il passivo recepiresilenzioso del destinatario del messaggio, ma l'altra faccia,

ZANI - SELLER1 _ DAVID, La comumcazione, 21.64 Cfr. M.C. PEITIGIANI - S. SICA, La comunicazioize zìzteramana, 82-83.65 Come gli studi realizzati da Rommetveit e da altri: Cfr. ZAN1 _ SELLERI

_ DAVID, La comunicazione, 35-42; RICCI BITII _ ZANI, La comzmicazione co-me processo sociale, 125-130 e relative bibliografie.

66 ZANI _ SELLER1 _DAvID, La comum`cazione, 46.

63

102 Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale

2.2 Ascolto eƒanzz'om` dellaC077ZØt72ZC6lZZ07'l€

inestricabilmente connessa, della parola: parlare è in realtàoriginariamente un ascoltarsi rispetto alla parola, all°altro eal contesto; un ascoltare l°altro raggiunto dalla parola; unascoltare la significatività della parola accolta, o rifiutata,dall'altro; ascoltare l'ascolto dell'altro che configura la pa-rola donata all”altro; ascoltare il nascere e il modificarsi delcontesto proprio `a causa della parola e il nascere e il mo-dificarsi della parola proprio a causa del contesto; ascoltarein tale contesto il nascere, il crescere o il morire della rela-zione insieme come fonte e come frutto della parola stessa;e cosi via per tutte le complesse interrelazioni multidimen-sionali, e non certo lineari, tra tutte le componenti e lefunzioni del processo comtulicativo. Detto in sintesi: lapriorità dell”ascolto in termini di filogenesi del linguaggio67rimanda alla rilevanza ontogenetica dell”ascolto nella comu-nicazione.66 A I I I 2 .

Sulla base dei caratteri del modello appena individuatoè possibile, a mio avviso, esplicitare in maniera più detta-gliata aspetti una criteriologia dell°ascolto analizzandomaniera pragmatica69 Finterrelazione dinamica delle funzio-ni della comunicazione interpersonale.76

Il primo passo da compiere è la delineazione pragmaticadel campo comunicativo attraverso l°intersezione dei dueassi costituiti dalle dinamiche relative ai contenuti e di

67 Si impara a parlare ascoltando.66 Cfr. CORRADI FIUMARA, Filosofia dell'ascolto, 239-244.69 Nel senso della pragmatica della comunicazione che trova un riferi-

mento cardine nelle ricerche della Scuola di Palo Alto: P. WATZLAVHCK. _].H. BBAVIN _ D.D. JACKSON, Pragmatica della comafzicazione umana. Studiodei modelli interattivi; delle patologie e dei paradossi, Astrolabio, Roma1976.

7° Senza qui voler entrare nella complessa questione dei problemi teore-tici e metodologici relativi all'elaborazione. di una tassonomia delle funzionidella comunicazione, rimando al capitolo secondo di RICCI BIITI - ZANI, Lacomzmicazione come processo sociale, 53-71, di cui assumo lo schema dellefunzioni. Per un diverso schema, elaborato da R Jakobson sulla base dellecomponenti strutturali dell'atto comunicativo (emittente, destinatario, mez-zo, messaggio, ecc), Cfr. VOLLI, Il lilarodella comunicazione, 23-26.

Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teolo °a- pastorale I 03

2.3 Ascolto edinamica dellefunzioni sull"asse `dei contenuti .

gl

quelle relative alle relazioni. La comprensione e il manteni-mento della tensione :dinamica trai due assi costituisce lacomplessa funzione di metacomunicazione.

6 L'asse dei contenuti viene disegnato ed tiene in tensionedue funzioni: la funzione referenziale o rappresentazionale,che elabora i riferimenti tra i contenuti e la realtà del mon-do in cui si colloca l'evento comunicativo; la funzione in-terpersonale o espressiva che cura i riferimenti ai soggetticoinvolti nello scambio comunicativo.

A L”asse delle relazioni, dall°altro lato, pè costituito e tienein tensione altre due funzioni-: la funzione di auto ed eteroregolazione che si esplica nel reciproco influsso sulla rela-zione della .presenza degli interlocutori; la funzione di coor-dinamento delle sequenze ~interattive che si attua nella co-mune e condivisa organizzazione del comportamento co-municativo. ~ 2 .

Ciò che interessa notare è che tutte queste funzioni nondescrivono momenti., separati. del processo comunicativo,ma dinamiche continuamente, e il più delle volte sponta-neamente, in atto nelfinterazione comunicativa umana, einoltre che ogni funzione è costantemente in tensione contutte le altre, di-modo che uno sbilanciamento degli assiinfluisce non su singoli aspetti, ma sulla complessità delcampo comunicativo intero. . D°altra parte ,però .l°esplicita e consapevole analisi dellesingole funzioni e delle loro interazioni risulta necessariaper la comprensione della complessità dello scambio co-municativo antropologico e, quindi, della possibilità dell°e-laborazione di efficaci criteri capaci di generare e salva-guardare la qualità dello scambio stesso, e, dal nostro pun-to di vista, della dimensione ascoltante della comunicazio-ne. Sembra utile allora, .provare a tracciare alcuni aspettidell°ascolto proprio a partire dalle singole funzioni.

È abbastanza facile cogliere come tenere insieme la fun-zione referenziale e la funzione interpersonale significhimettere in atto un ascolto che si sforzi continuamente dirapportare icontenuti con la realtà esistenziale delle perso-ne coinvolte ,nell°interazione dialogica.

Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia. pastorale-

Ciò significa elaborare le forme della comunicazione. se-condo alcuni criteri..

- L'ascolto del messaggio . non può prevalere sull”.-ascoltodelle persone; quest'ultimo, con tutta la sua. carica-«di .pro-vocante asistematicità e alterità, deve essere A continuamenteconsiderato , comelo spazio cuiinterpretarela significati-vità dei contenuti."

- Si tratta cioè di coltivare .ascolto caratterizzato daun atteggiamento di empatia nei confronti dell”altro; atteg-giamento che non è un blando -sentimento buonista, ma ilconcreto modo di porsi consapevolmente nell°orizzontesimbolico esistenziale dell'altro e quindi, comunicativamen-te, il positivo sforzo di acquisne e condividere il codicecomunicativo dell'interlocutore.72

- Contrariarnente a... quanto a prima .vista -può apparire,quanto abbiamo detto non 1 significa. rinunciare a criteri dioggettivitàr dei contenuti, ma casomai 2 preferire . a criteri dioggettività astratta, criterimolto più ampi di capacità. valu-tativa critica, che sanno cogliere nei contenuti tutto ilbackground di significati esistenziali di cui sono nutrititanto positivo quanto in negativo”

- Tutto ciò rimanda poi a riformulare l'ascolto non co-me ricerca nell'altro di conferma del proprio pensiero, macome attenzione er attesa delliinaudito che proviene dall'al-.terità, con la disponibilità a lasciarsi modificare propriodall°ascolto; ciò -richiede la: capacità di attuare un°apertu-radisponibile nei confronti dell”altro e insieme di rilanciarecontinuamente nel dialogo proprio 'ciò che è. sentito comepiù lontano. da sé. e, in qualche modo, destabilizzante lecertezze del proprio, pensare, in una dinamica maieutica diascolto tesa -a configurare la comunicazione come genera-trice di novità.74

71 Cfr. CORRADI F1u1\/LARA, Filosofia delfascolto, 194. .72 Cfr. H. FRANTA _ G. SOLONIA, Comunicazione interpersonale, LAS, Ro-

ma 1979, 64-67. '73 Cfr. FRANTA _ SOLONIA, Comunicazione interpersonale, 75-77. I74 Cfr.- CORRADI-FIUMARA, Filosofia dell'ascolto, 188.218.

Ascolto ecclesiale: una prospettiva commiicativadip teologia pastorale 7 _ I 05

2.4 Ascolto edinamica dellefunzioni sull'assedelle relazioni

- Infine risulta altrettanto necessario abbandonare un at-teggiamento comunicativo di tipo direttivo e quindi colti-vare la capacità- di formulare i propri messaggi già in par-tenza in forma ascoltante, rispetto tanto al proprio quantoall'altrui vissuto, attenzione che si esplica nel fare dell”a-scolto che l'altro mioffre la forma del mio parlare”

In sintesi, mi sembra che, a partire da tali criteri comu-nicativi, Pelaborazione dei significati della fede, tra codifi-cazione canonica, riflessione teologica, attestazione creden-te e testimonianza personale e comunitaria, possa trovareun'adeguata criteriologia per una positiva configurazioneteologico pastorale.

Senza dimenticare Fimpossibilità di separare in manieraassoluta l'asse delle relazioni da quello dei contenuti, misembra che porre l'attenzione riflessiva sulle relazioni dalpunto di vista dell'ascolto significhi delineare almeno que-sti criterí.76

- Il primo, che si colloca come basilare, è che la relazio-ne tra gli interlocutori costituisce sempre il contesto chedetermina la modalità di ascolto e di interpretazione deimessaggi. Riformulando l'oramai classico adagio mcluha-niano,77 potremo dire che “la relazione è il messaggio”.Verificare continuamente il procedere o il recedere delladisponibilità reciproca degli interlocutori alla relazione èquindi indispensabile per verificare tanto le effettive possi-bilità di ascolto reciproco quanto le reali e diversificatemodalità di comprensione reciproca. Quante volte si giudi-

75 Cfr. W.]. ONG, Innterfacce della parola, Il Mulino, Bologna.1989, 293-294.

76 Qui facciamo riferimento soprattutto agli assiomi pragmatici della co-municazione elaborati dalla Scuola di Palo Alto: Cfr. WYATZLAVUICK - BEAVIN- IACKSON, Pragmatica della comunicazione umana; P. WATZLAVHCK, La realtàdella realta. Comunicazione - dz'sz°nformazione_ - confusione, Astrolabio, Ro-ma 1976.

- 77 «Il-' medium è il messaggio››; cfr. M.. MCLUHAN, Gli strumenti' del co-municare. Mass media e società moderna, NET, Milano 2002.

106 Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale

ca, anche a livello ecclesiale, cattiva volontà di ascolto ciòche in realtà è A carenza di contesto relazionale!

' - Ciò comporta tanto che si dia attenzione esplicita agliimpliciti scambi metacomunicativi che si attuano nel corsodelfinterazione, quanto che si predispongano tempi e mo-di in cui insieme si esplicita .et verifica la qualità della rela-zione .messa in atto fe quindi si concordano i necessari ag-giustamenti. Da un punto di vista pastorale può esseremolto interessante rileggere in senso metacomunicativo at-teggiamenti passivi, indisponibilità alla partecipazione, si-tuazioni di abbandono, ecc-

- Tale attenzione metacomunicativa rimanda cosi all'esi-genza di concordare e verificare le intenzioni e le aspettati-ve reali degli interlocutori, tenendo presente 'che tali inten-zioni e aspettative possono. variare nel corso dell°interazio-ne stessa. A 'livello ecclesiale non si possono sostituire. conuna generica presupposta 6 intenzione di fede le concretemotivazioni che sottostanno alle specifiche situazioni inte-rattive comunitarie. S . ,

g -. Accanto alla verifica delle intenzioni, è necessarioesplicitare, concordare e quindi anche verificare i ruoli ef-fettivi messi in atto dagli interlocutori nelfinterazione. Ciòsignifica essere consapevoli che non solo le possibilità, masoprattutto le modalità ,dell'ascolto dipendono fortementedal ruolo e dalla connessa autorità, competenza e autore-volezza dei vari soggetti dello scambio comunicativo. Oc-corre cioè rendere ,_ effettiva la consapevolezza che una per-manente strutturazione gerarchica dei ruoli in primari e se-condari, abbinata alfidentificazione tra autorità, competen-za le autorevolezza, fa degenerare le interazioni comunicati-ve su modelli di tipo lineare caratterizzati da un ascolto ditipo passivo. Tale consapevolezza, dal punto di vista pasto-rale, fa porre come estremamente delicata e problematica,ma anche essenziale la riflessione sulla struttura gerarchicaministeriale ecclesiale, soprattutto rispetto ad una identitàsinodale della partecipazione _e del discernimento nellachiesa. N

- Collegata alla valutazione dei ruoli è la gestione dellesequenze, delle interazioni comunicative, cioè dei tempi emodi di intervento- e di ascolto degli interlocutori e del co-

Ascolto ecclesiale una prospettiva comunicativa di teologia pastorale 7 I 07

me e da chi tali sequenze vengono punteggiate, definite erelazionate le une alle altre. Tutto ciò, che spesso è lasciatoall”organizzazione spontanea del dialogo comunicativo, ri-veste una importanza primaria rispetto tanto alla definizio-ne dei ruoli e delle autorità reali e non ufficiali quanto al-Passegnazione implicita di importanza e priorità a contenu-ti e prospettive nell'evoluzione dell'interazione, generandodi conseguenza situazioni di costrizione dell'ascolto. Credoche l'esperienza fallimentare di tante strutture ecclesiali dipartecipazione, segnata dall°amara constatazione che “tantotutto è già deciso”, interpreta eloquentemente Pimportanzadell'attenzione alle sequenze comunicative.

- Infine mi sembra importante sottolineare la necessitàche la relazione possa essere valorizzata indipendentementedagli obiettivi contenutistici da perseguire. Si tratta cioè diassicurare spazi vitali alla gratuità della relazione come sal-vaguardia dal predominio della funzionalità contenutisticadella comunicazione e insieme come modalità per alimen-tare quel contesto esistenziale comune che sostiene l”effica-cia vera dell”elaborazione dei significati.

A questo punto non mi sembra troppo difficile. far inte-ragire tali criteri con la domanda pastorale sulla qualitàascoltante dell°agire comunicativo ecclesiale e quindi sull”i-dentità sinodale delle -figure di chiesa.

Le attenzioni delineate devono essere collocate da un la-to a monte come cura formativa della competenza comuni-cativa relativa all”ascolto, sia come acquisizione di atteggia-menti e di capacità critica, che dopo si riversano nell'inte-razione dialogica vera e propria, sia come progettazione diforme, tempi, spazi e figure che possano assicurare la mes-sa in atto dei criteri nell°interazione stessa.

Le stesse attenzioni naturalmente devono poi essere ri-prese a valle dell°interazione come verifica e insieme possi-bilità di approfondimento dell°ascolto stesso attuato nel-l°interazione comunicativa.

108 s Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale

3. s Conclusione a Mi sembra che , ai questo punto la nostra riflessione siagiunta ad una conclusione, senza per questo pensare diaver esaurito tutta la problematica comunicativa dell”ascol-to. Infatti sarebbe ora possibile intraprendere altri tipi dipassaggi riflessivi, come per esempio quello di analizzarel”ascolto dal punto di vista dellìntegrazione tra quanto giàevidenziato e i caratteri di una cultura alfabetizzata basatasulla scrittura; oppure il passaggio che porta ad approfon-dire maggiormente la dinamica ermeneutica dell”ascoltonell°interazione metacomunicativa tra asse dei contenuti easse della relazione; o anche l”analisi dei disturbi comuni-cativi e di come conseguentemente si generano forme de-generare di ascolto. Inoltre sarebbe sicuramente interessan-te sviluppare e verificare laaportabilità di tali criteri in am-bito pastorale-nell'analizzare concrete situazioni ecclesiali.

Ciò che comunque è interessante notare da un punto divista pastorale è che Fattenzione a tali criteri non è signifi-cativa solo per il campo comunicativo ma anche, e soprat-tutto, per lo sviluppo dell'identità ecclesiale, là dove si ri-conosce che un°adeguata capacità di ascolto delle personee delle loro parole. genera progressivamente una sempremaggiore capacità di ascolto di quella Parola che, donataalla comunità, non vive fuori di essa e fuori del consemusfz`dez'che la sostanzia. Dall'altro lato proprio la dimensioneorale-aurale della Parola, continuamente coltivata nell°agirecomunicativo ecclesiale, genera ambiti, forme e dinamichecomunicative che si rispecchiano nelle modalità delle rela-zioni comunitarie ele configurano in termini di capacità sedi qualità di ascolto comunitario.

Rispetto a tutto ciò lfanalisi comunicativa sdell'ascolto invista di un discernimento pastorale mi sembra una interes-sante e fruttuosa porta ,di accesso per corretti percorsi dirinnovamento ecclesiale che sappiano immaginare, ma an-che progettare, nuove figure di chiesa, proprio in quantosi ,presentano capaci di ricucire la frattura tra parole, signi-ficati e contenuti da un lato e persone, contesti esistenzialie relazioni dall”altro, frattura che, frutto di un”esasperatalogica chirografica, non sembra assente dalla comunicazio-ne ecclesiale e neanche dall°ascolto della Parola di Dio. Unimmaginare e progettare che però parta dal saper ricono-

Ascolto ecclesiale: una prospettiva comunicativa di teologia pastorale 109

scere e ` adeguatamente valorizzare, attraverso strumenti chepermettano un corretto discernimento, i frutti di novitàche varie esperienze ecclesiali, tra cui è sicuramente il sino-do, stanno già facendo nascere.