articoli sul metodo Feldenkrais

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Consapevolezza attraverso il movimento Percepire lo scheletro può aiutare per una più completa consapevolezza del proprio corpo, un esercizio che si avvicina alle pratiche meditative. Sdraiatevi sulla schiena e prendetevi qualche istante per portate l'attenzione al vostro scheletro. Percepite il peso di ogni singola articolazione a partire dall'appoggio dei talloni. A quale distanza si trovano uno dall'altro e come sono orientati i piedi? Osservate le caviglie, lo spazio che avete dietro e notate se diverso a destra rispetto che a sinistra. Risalite lungo le gambe e soffermatevi all'altezza delle ginocchia: come sono girate le rotule, quanto spazio c'è dietro le articolazioni? Giungete al bacino e osservate l'impronta che lascia: è simile a destra e a sinistra? Com'è inclinato? Quanto spazio avete dietro le vertebre lombari ? Notate qual è la prima vertebra dorsale che riprende contatto con il suolo: a che altezza si trova? Percepite lo spazio dorsale tra le due scapole: quante vertebre potete identificare? Come sono appoggiate le due scapole , vi sembrano simmetriche? Notate le spalle: vi sembrano allineate, o una è più sollevata dell'altra? Come si allungano le braccia, sono comode o vi sembra di stare appoggiati

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Diversi contributi sul metodo Feldenkrais

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Consapevolezza attraverso il movimento

Percepire lo scheletro può aiutare per una più completa consapevolezza del proprio corpo, un esercizio che si avvicina alle pratiche meditative.

Sdraiatevi sulla schiena e prendetevi qualche istante per portate l'attenzione al vostro scheletro.

Percepite il peso di ogni singola articolazione a partire dall'appoggio dei talloni. A quale distanza si trovano uno dall'altro e come sono orientati i piedi?

Osservate le caviglie, lo spazio che avete dietro e notate se diverso a destra rispetto che a sinistra.

Risalite lungo le gambe e soffermatevi all'altezza delle ginocchia: come sono girate le rotule, quanto spazio c'è dietro le articolazioni?

Giungete al bacino e osservate l'impronta che lascia: è simile a destra e a sinistra? Com'è inclinato? Quanto spazio avete dietro le vertebre lombari?

Notate qual è la prima vertebra dorsale che riprende contatto con il suolo: a che altezza si trova?

Percepite lo spazio dorsale tra le due scapole: quante vertebre potete identificare? Come sono appoggiate le due scapole, vi sembrano simmetriche?

Notate le spalle: vi sembrano allineate, o una è più sollevata dell'altra? Come si allungano le braccia, sono comode o vi sembra di stare appoggiati sui gomiti? Percepite la lunghezza dell'omero dalla spalla al gomito, e quella dell'avambraccio dal gomito al polso. Quanto spazio avete sotto i polsi e come sono ruotate le mani?

Osservate la curvatura cervicale: quanto spazio avete tra le vertebre e il pavimento?

In quale punto appoggia la nuca e come è organizzato il capo: mettetelo in relazione con il tratto cervicale. Il mento punta al soffitto o in direzione del petto?

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Sentite il peso di tutto il vostro corpo e immaginatene lo scheletro: imparare a percepire la parte più profonda di noi ci aiuta a creare maggior sostegno e a dare "corpo" alla nostra figura che altrimenti rimane un'immagine piatta.

Libertà come caratteristica del movimento umano

"Come esseri umani abbiamo la capacità che gli altri animali non hanno, ed è di sapere ciò che stiamo facendo." ( Moshe Feldenkrais)

L'essere umano si è evoluto in milioni di anni conquistando la capacità di camminare su due gambe.

A differenza della maggior parte degli animali terrestri che possono muovere i primi passi entro poche ore dalla nascita, l'uomo ha bisogno di un anno per imparare a stare su due piedi, e di sette anni circa per apprendere l'ampia gamma motoria a disposizione.

Il sistema nervoso degli animali è pronto, collegato e quasi completo: il loro periodo di apprendimento è breve. I loro movimenti e le reazioni a stimoli differenti sono molto simili per tutti gli animali appartenenti alla stessa specie: non hanno possibilità di scelta.Occorre invece un lungo processo d'apprendimento affinché l'uomo impari a camminare, parlare, leggere, sedersi, scrivere, acquisire il senso del tempo e dello spazio, suonare uno strumento, pensare in termini matematici, ballare, e tante altre azioni si potrebbero elencare.

L'efficacia dei nostri gesti dipende dall'immagine che abbiamo dell'azione e di noi stessi. Questa immagine dipende dall'eredità biologica, dall'ambiente in cui si vive e dall'autoeducazione. E' difficile agire sui fattori ereditari o cambiare l'ambiente, ma l'autoeducazione dipende dalla volontà individuale, permettendoci di cambiare il nostro modo d'agire e di vivere.

Il movimento rivela chi e come siamo: è il supporto delle nostre azioni, dei nostri sentimenti, di sensazioni ed emozioni. I muscoli, comandati dal sistema nervoso, sono solo il mezzo che ci permette di esprimere l'insieme dell'attività biodinamica del sistema nervoso stesso. La qualità dei movimenti rivela lo stato di salute del sistema che li governa e, attraverso il movimento, è possibile raggiungere il sistema nervoso e migliorarne funzionamento e condizioni.

Svincolandoci da schemi posturali inadeguati, offriamo al corpo possibilità alternative al nostro modo abituale di muoverci.Imparare, scoprire il corpo attraverso il movimento e la possibilità di scegliere, rende liberi! Tutto ciò permette di superare la limitazione insita nel possedere un'unica possibilità, spesso dolorosa. Stimolando l'autoconsapevolezza possiamo scegliere liberamente come agire ed essere. Questa è l'essenza della libertà dell'uomo.

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Salute della colonna vertebrale

Considerata nella cultura orientale l'albero della vita, da essa hanno origine i nervi che portano la stimolazione a tutti gli organi interni oltre che ai muscoli e agli arti.

Il corretto funzionamento di tutto l'organismo dipende dalla colonna vertebrale composta da 33 o 34 vertebre alternate a dischi intervertebrali, di forma e dimensioni diverse, secondo la posizione che occupano. Quelle lombari e sacrali sono le più grosse per fornire una base stabile di distribuzione del peso. La colonna è caratterizzata da quattro curve fisiologiche di grande importanza, con funzione ammortizzatrice e di protezione per il midollo spinale, il cervello e gli altri organi vitali.

Con l'attività dolce si può comprendere l'importanza di avere una colonna vertebrale flessibile e allineata, ma non diritta. L'assenza delle curvature può tradursi in dolori cronici e processi di assottigliamento dei corpi vertebrali e dei dischi. In tal caso la colonna perde flessibilità e i movimenti diventano rigidi e limitati, scaricando con fatica il peso del cranio e l'azione della forza di gravità.

La parte muscolare comprende muscoli superficiali lunghi ai lati della colonna che hanno un ruolo dinamico, e muscoli profondi corti con funzione statica.L'azione posturale è svolta dai muscoli profondi e più corti, normalmente dimenticati nel fitness, che tende a sviluppare la muscolatura superficiale già cronicamente contratta e tesa. L'approccio dolce tende a riequilibrare l'azione di questi muscoli: rafforzare la muscolatura profonda perché deficiente, e favorire la distensione di quella superficiale per ottenere eleganza e fluidità nei gesti quotidiani.

I nostri stati emotivi si riflettono in posizioni e atteggiamenti della colonna vertebrale. Classico è l'esempio delle spalle contratte e sollevate per proteggersi, il tratto lombare eccessivamente inarcato a riflettere una posizione infantile, il collo rigido e il torace bloccato. Ammorbidendo queste parti, sedi privilegiate di somatizzazioni, si possono avere anche cambiamenti in diversi piani della vita affettiva.

Consapevolezza di camminare meglio

Come recuperare il piacere di camminare con eleganza e

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senza fatica?

Molte persone non amano camminare o lo fanno male, a volte lamentano dolori alle articolazioni di anche, ginocchia o ai piedi. Altri ancora inciampano spesso, o sentono di non avere un buon equilibrio. Un aiuto ci viene dal Metodo Feldenkrais che portando consapevolezza nell'intenzione può migliorare l'azione.

Eseguite questa lezione tenendo la fronte e gli avambracci appoggiati al muro all'altezza delle spalle, in una posizione comoda.

Portate il peso sul piede destro, lasciando che il sinistro sia appoggiato solo con la punta. Iniziate a spostare il vostro peso sul bordo esterno e poi su quello interno del piede destro. Più volte, sentendo l'articolazione dell'anca destra andare verso l'esterno e verso il centro. Staccate mani e testa e sentite come state in piedi. Posizione iniziale, peso sul piede destro. Spostate il peso dal tallone alle dita immaginando di tracciare una linea sul pavimento, diverse volte sentendo come si organizza l'anca destra, il bacino e, attraverso la colonna, la testa. Quando il peso va sul tallone la schiena si allunga e l'anca destra va un po' indietro e il bacino tende a ruotare un po' verso destra. Quando il peso si sposta sulle dita, il bacino tende a ruotare un po' a sinistra. Vi staccate dal muro e vi riposate facendo qualche passo. Osservate l'effetto del lavoro nei piedi, ma anche nella spalla e nella testa. Spostate il peso a destra e disegnate un cerchio col vostro bacino attorno al piede: andando in avanti, sul bordo interno, sul tallone e su quello esterno. Diverse volte e in direzione opposta. Cosa fanno ginocchio e anca? Staccatevi dal muro e mentre camminate sentite se c'è una differenza tra i due passi: come appoggia il piede destro rispetto al sinistro? Ripetete tutta la sequenza con il peso a sinistra. Fate il cerchio con il bacino attorno al piede sinistro.

Osservate come, camminando, la testa è tenuta alta e la colonna si mantiene lunga.Imparare a sentire i movimenti liberi delle anche ci fa acquisire un'andatura più elegante, permettendoci di andare lontano senza affaticarci.

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Metodo Feldenkrais: consapevolezza del movimento

Un metodo che scoraggia la ripetizione meccanica degli esercizi, dando importanza all'osservazione di come il corpo appoggia e si muove.

Le lezioni, organizzate secondo Feldenkrais, non sortiscono alcun effetto senza reale attenzione da parte degli allievi.

La Consapevolezza Attraverso il Movimento (CAM), consiste in semplici sequenze di movimento, guidate dalla voce dell'insegnante, proposte a gruppi non molto numerosi di persone. Una lezione in genere può durare da 30 minuti a 60, ed ognuna è strutturata intorno ad una funzione specifica. Questa è una peculiarità del metodo, che invece di proporre esercizi ripetitivi fine se stessi, ha un'immediatezza pratica quasi magica.

E' la lezione collettiva che conduce all'esplorazione delle potenzialità di ognuno. Attraverso facili esercizi, l'allievo impara dal corpo messo nelle condizioni di ritrovare varietà di movimenti dimenticati. Grazie ad un'integrazione dolce e intelligente delle diverse parti, unita ad una profonda osservazione, si riscoprono movimenti spariti dall'alfabeto motorio. Questo porta ad un miglioramento generale della postura che, col tempo si riorganizza. Riscopriamo il piacere di muoversi liberamente.Compiere i gesti in modo facile e piacevole, aiuta a muoversi con eleganza, liberi dal dolore che spesso può impedire anche azioni molto semplici come stare seduti o camminare.

Molte lezioni sono basate su movimenti evolutivi complessi e attività funzionali abituali. Altre consistono in esplorazioni astratte di articolazioni, muscoli e relazioni posturali. Gli allievi esplorano il movimento del proprio corpo prestando attenzione alla relazione tra le diverse parti. Questo coinvolge diversi aspetti: pensiero, sensazione, movimento e immaginazione. I movimenti proposti sono agevoli e facili, che poco alla volta diventano più comodi e ampi, ma anche più complessi.

La concentrazione posta sui mezzi e i

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modi con cui raggiungere lo scopo, piuttosto che sullo scopo in sé, è un modo per ridurre la tensione. Tutti gli esercizi ideati mirano a conseguire coordinamento mentale e fisico e in particolare una buona postura eretta, uniti ad un corretto modo di agire.

Consapevolezza Attraverso il Movimento: esercizio 1

Fate questo movimento in qualsiasi momento per sentire il sostegno del bacino e per togliere tensione alle spalle.

Sedetevi sul bordo anteriore della vostra sedia con i piedi separati e posti diritti sotto le ginocchia e spostate lo sguardo verso il soffitto per vedere fino a dove arrivate con facilià:

- cominciate a inclinare il vostro bacino indietro, contraendo un po' l'addome in modo che la bassa schiena vada verso lo schienale e ritornate nella posizione neutra, qualche volta dolcemente;

- andate nell'altra direzione spingendo l'ombelico in avanti e permettendo al bacino di inclinarsi, per qualche volta;

- unite le due direzioni, inclinando il bacino avanti e indietro e notate quello che avviene alla testa. Rimane ferma al centro, oppure segue l'indicazione del bacino?

- Continuate a inclinare il bacino indietro espirando, e in avanti mentre inspirate, provate con gli occhi chiusi in modo che lo sguardo fisso alla schermo non interferisca sul movimento, limitandolo. Fatelo qualche volta rendendolo facile e leggero.

- Notate che quando portate il bacino indietro ed espirate, la testa si piega in avanti e, quando il bacino ruota in avanti mentre inspirate, si allunga verso l'alto. Continuate riducendo il movimento, fermatevi e sollevate la testa per guardare verso il soffitto: lo sguardo va più in là?

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Sentite una piacevole estensione nella colonna?

Osservate come siete seduti ora, è più comodo?

Ricordate che le lezioni secondo il Metodo Feldenkrais non sortiscono alcun effetto senza un'osservazione attenta del modo in cui siamo organizzati e del movimento che stiamo prendendo in considerazione. L'attenzione è posta su come tutto il corpo è coinvolto quando ci muoviamo. Ignorare questo aspetto limita le nostre potenzialità a pochi e faticosi gesti ripetitivi. Consapevolezza Attraverso il Movimento: addominali facili

La tonificazione della parete addominale è talmente importante che spesso è consigliato dai medici ortopedici per proteggere la colonna vertebrale.

Con l'esercizio proposto, l'azione dei muscoli addominali è accompagnata da un funzionale allungamento del tratto lombare, che solo così potrà recuperare la sua normale postura.

Sdraiati sulla schiena, sentite come le diverse parti del corpo sono appoggiate a terra. Quanto spazio c'è dietro la zona lombare? Provate a sollevare la testa per guardare in direzione dei piedi: è pesante, è faticoso per il collo? Attenzione, se la colonna non si flette, l'esercizio oltre ad essere faticoso risulterà addirittura dannoso.

Piegate le gambe, separate i piedi, intrecciate le dita delle mani e mettetele dietro la nuca: iniziate a sollevare la testa chiudendo i gomiti davanti al viso con l'aiuto delle braccia. Diverse volte espirando, tornando con le spalle, la testa e le braccia a terra ad ogni ripetizione.

Sollevando sentite come la pressione scende attraverso la colonna nel tratto lombare: cosa succede al bacino? Provate a premere delicatamente i piedi sul pavimento mentre sollevate la testa. Il bacino ruoterà un po' indietro avvicinando il tratto lombare a terra, favorendo così il sollevamento della parte alta del tronco e della testa.

Provate ora a sollevare la testa tenendo i gomiti ben aperti e lo sguardo rivolto al soffitto, sollevando il tratto lombare da terra. Notate come il gesto diventa rigido e faticoso per il collo e le spalle. Allungate le gambe e riposate.

Di nuovo con le gambe piegate, le mani alla nuca: sollevate la testa chiudendo i gomiti e avvicinando le ginocchia. Dove scende la

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pressione, cosa fa l'addome? Riposate .

Osservate ora come siete sdraiati e provate a sollevare la testa per guardare i piedi: com'è cambiato? Su che tratto della colonna vi appoggiate?

L'immagine del proprio corpo

Il nostro corpo esprime quello che viviamo, sentiamo, annusiamo: ogni emozione o pensiero sarebbe impossibile senza manifestazioni fisiche

L'immagine che l'uomo ha di se stesso è un concetto che risale al 1935, quando P. Shindler indicò l'idea mentale che si ha del proprio corpo. Una sorta di specchio interiore che, riflettendo emozioni, desideri, aspirazioni e rapporti con gli altri, rimanda l'idea che ognuno ha di se.

Questa immagine viene creata a partire dalla prima infanzia e ha origine da schemi che solo in parte sono innati.

Abbiamo espressioni motorie diverse a seconda dello stato d'animo.

Quando siamo felici sorridiamo facilmente e il nostro corpo esprime un'andatura eretta e il respiro è disteso. Diverso è quando siamo arrabiati: la mascella inferiore e i pugni si contraggono, la respirazione è accellerata, il collo è rigido. Siamo pronti a scattare, ma controlliamo le reazioni.

L'idea di se è un concetto presente in ogni esperienza, non si tratta di un oggetto immutabile.

Il dolore, la malattia, le insoddisfazioni affettive e sessuali possono modificarla o distruggerla, ma possiamo migliorarla in qualsiasi momento della nostra esistenza.

La connessione tra l'aspetto mentale e quello fisico è da secoli argomento di studio nelle diverse culture: espressioni quali mente sana in corpo sano, indicano l'unicità.

Molte sono le tecniche basate su questo concetto psico-corporeo. Si tratta di metodi sofisticati e di cura che lavorano sul sentire, anziché promettere muscoli scolpiti.

Ginnastiche per la mente, che migliorano il corpo attraverso l'osservazione e l'ascolto di se stessi. Insegnamenti per imparare ad usarsi meglio, non terapie: pertanto non esistono pazienti, ma allievi messi nella condizione di apprendere dal proprio corpo.

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A queste la ginnastica dolce fa riferimento per migliorare tale immagine, attraverso la presa di coscienza degli errori che alterano la percezione di noi stessi. Per citarne alcuni:

Metodo Feldenkrais Antiginnastica di Therese Bertherat

Tecnica Alexander

IL METODO FELDENKRAIS

Il Metodo Feldenkrais ® Due modalità di insegnamento integrate Il compito dell'insegnante Feldenkrais Benefici del Metodo A chi si rivolge il Metodo? Bibliografia Approfondimenti e letture

IL METODO FELDENKRAIS ®

Il Metodo Feldenkrais® è un Metodo per l'apprendimento e l'auto-educazione attraverso il movimento che si rivolge alla globalità dell'individuo. E' adatto e accessibile a tutte le persone, di qualsiasi età, preparazione e condizione fisica.

Non è una ginnastica, né una forma di terapia o di riabilitazione, e neppure un sistema psicologico o filosofico. E' un metodo innovativo di lavoro su di sé che utilizza il movimento, il tocco e la conoscenza degli schemi motori. Il suo scopo, quindi, è quello di fornire strumenti di automiglioramento, per aumentare la qualità della vita attraverso la consapevolezza e l'esplorazione delle proprie risorse.

Il Metodo Feldenkrais® mette in contatto le persone con le loro reali capacità e i loro obiettivi, attivando le potenzialità del sistema nervoso e dell'organismo, perciò può essere applicato in molti ambiti e contesti differenti.

Il Metodo prende nome dal suo ideatore Moshe Feldenkrais (1904-1984), russo-israeliano. Fisico, ingegnere, studioso del comportamento e del funzionamento dell'organismo umano. Egli scoprì che i nostri schemi di movimento possono essere modificati grazie alla stessa capacità, innata, che permette all'essere umano di imparare tutti i movimenti necessari alla vita.

Sviluppatosi intorno agli anni' 50, in Italia il Metodo comincia a diffondersi a partire dagli anni '80 ad opera di pochi insegnanti formatisi all'estero. Questi stessi insegnanti fondano nel 1987 l'AIIMF- Associazione Italiana Insegnanti Metodo Feldenkrais, un'organizzazione senza scopo di lucro. Nel 1988 vengono avviati, a Milano e a Roma, due corsi di formazione per insegnanti, conclusi nel 1992, che diplomano decine di insegnanti. A loro si deve un ulteriore impulso alla diffusione del Metodo in Italia e all'emergere dell'interesse del pubblico. Ai primi due corsi ne seguono altri: attualmente sono cinque le scuole di formazione quadriennale in Italia, con ordinamento didattico uniforme e accreditate dall' organismo internazionale di riferimento (European Training and Accreditation Board). Il metodo oggi è conosciuto e diffuso in Europa, Stati Uniti, Canada, Australia, Israele, Corea, Giappone e Sud America.

Il Metodo Feldenkrais ® può essere insegnato esclusivamente da insegnanti diplomati a seguito di una formazione quadriennale.

DUE MODALITA' DI INSEGNAMENTO INTEGRATE:

di gruppo e individuale

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LEZIONI DI GRUPPO: Conoscersi Attraverso il Movimento® o Consapevolezza Attraverso il Movimento® (CAM). Sono lezioni collettive in cui gli allievi, guidati dalla voce dell'operatore/insegnante, praticano sequenze di movimento molto specifiche riguardanti vari temi funzionali come: camminare, alzarsi, girarsi, chinarsi, estendersi, ecc. I movimenti proposti sono inusuali, piacevoli, mirati a favorire l'apprendimento attraverso l'esplorazione e la consapevolezza. Per partecipare alle lezioni è richiesto soltanto un abbigliamento comodo.

LEZIONI INDIVIDUALI: Integrazione Funzionale® (IF). Le sequenze di movimento vengono proposte con un approccio manuale non invasivo. L'operatore/insegnante utilizza tecniche specifiche per favorire la connessione tra le parti del corpo durante il movimento, stimolando il sistema nervoso a trovare una nuova organizzazione e una risposta all'ambiente più funzionale. Da un punto di vista soggettivo tutto ciò si traduce in un'intensa sensazione di benessere, fluidità di movimento e riduzione del dolore. Le lezioni si svolgono generalmente su un tavolo di lavoro basso. Dal momento che non è necessario svestirsi, è richiesto soltanto un abbigliamento comodo.

IL COMPITO DI UN INSEGNANTE

Il compito di un insegnante Feldenkrais è creare le condizioni favorevoli all'apprendimento e guidare le persone a scoprire:

come sviluppare fiducia nella propria innata capacità di imparare, diventando responsabili del proprio benessere

che è possibile gestire il dolore e le limitazioni funzionali attraverso la consapevolezza e l'esplorazione di movimenti diversi da quelli abituali

che il movimento può diventare più funzionale, leggero ed elegante nella vita quotidiana così come nel perfezionamento di una performance (artistica, sportiva, etc.)

BENEFICI DEL METODO

efficienza, benessere e vitalità (miglior adattamento all'ambiente)

maggiore libertà di movimento, ci si sente bene nel proprio corpo (la percezione di se stessi e del proprio schema corporeo si arricchisce)

respirazione più libera, più adattabile

Armonia della postura: il corpo si rapporta meglio alla forza di gravità

Flessibilità (mobilità fisica, mentale e psicologica)

Consapevolezza e capacità di riconoscere la propria organizzazione motoria ("se sai quello che fai, puoi fare ciò che vuoi", M. Feldenkrais)

I movimenti, una volta chiariti nella consapevolezza, diventano più "puliti", armonici, eleganti: piacevoli per chi li compie e belli per chi li vede.

maggiore fiducia in se stessi, (auto-accettazione), rispetto degli altri, autonomia (imparare ad aiutarsi da soli)

Migliore capacità di apprendimento in tutti i campi (imparare ad imparare)

Economia del movimento (connessione ottimale tra le parti del corpo, utilizzo di leve vantaggiose, coordinazione, impiego di forza proporzionale all'azione progettata, ecc.)

Prevenzione/Riduzione/graduale eliminazione di sforzo e tensione superflui, dolore, etc.

A CHI SI RIVOLGE IL METODO?

Il Metodo Feldenkrais si rivolge a tutti:

A persone di tutte le età e in qualsiasi condizione fisica: bambini, adulti, anziani e disabili che desiderano ampliare le loro risorse e migliorare il proprio modo di muoversi

A chi prova curiosità e interesse a conoscersi meglio, a lavorare su di sé

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A chi soffre di dolori o limitazioni nei movimenti

A coloro che per motivi professionali conducono un tipo di vita particolarmente stressante

A chi è costretto a lungo seduto, a chi usa un terminale, a chi fa lavori pesanti o particolarmente ripetitivi o in posizioni fisse e sbilanciate

A quanti lavorano in campo preventivo e terapeutico (medici, psicologi, riabilitatori)

A chi desidera migliorare l'armonia dei propri gesti: agli artisti, come attori, danzatori, musicisti e cantanti

A chi pratica uno sport a qualsiasi livello e vuole ottenere prestazioni più elevate, prevenendo eventuali disturbi articolari e muscolari legati alla pratica sportiva.

MENTE E CORPO

di Moshe FeidenkraisIl modo in cui la mente e il corpo sono collegati è, per gli esseri umani, oggetto d'indagine da parecchi secoli. "Una mente sana in un corpo sano" ed altre frasi del genere testimoniano la concezione di una certa forma di unità. Presso altre filosofie, la mente "sana" rende sano il corpo.Io credo che l'unità della mente e del corpo sia una realtà oggettiva. Non si tratta solo di parti in qualche modo collegate l'una all'altra, ma di un tutto inseparabile al momento del funzionamento. Un cervello senza corpo non può pensare; ridotto ai minimi termini, vi sono funzioni motorie che assicurano il manifestarsi delle funzioni mentali corrispondenti.Facciamo alcuni esempi per concretizzare questo punto:1 - Impieghiamo più tempo per pensare i numeri da 20 a 30 che da 1 a 10, sebbene gli intervalli numerici fra 1 e 10 siano gli stessi che intercorrono fra 20 e 30. La differenza è determinata dal fatto che il tempo necessario per pensare i numeri è proporzionale al tempo necessario per pronunciarli. Una delle astrazioni più "pure" - il contare - è quindi inestricabilmente connessa con l'attività muscolare attraverso la sua organizzazione nervosa.In generale, nel caso del contare oggetti, troviamo che gli elementi motori della vista e della parola riducono la velocità del pensiero al proprio livello d'attività. La maggior parte delle persone non può pensare con chiarezza senza attivare le funzioni motorie del cervello quanto basta ad acquisire consapevolezza degli schemi verbali che rappresentano il pensiero. E' certamente possibile, con un allenamento adeguato, inibire parzialmente l'aspetto motorio del pensiero ed aumentare di conseguenza la facilità del pensare stesso.2 - La visione maculare - quella che consente una visione chiara, distinta - è limitata ad una piccolissima superficie. La percezione chiara del contenuto di ciò che vediamo leggendo richiede il tempo necessario ai muscoli della vista per esplorare la superficie esaminata. Constatiamo ancora una volta l'unità funzionale della percezione e della funzione motoria.Questi esempi indicano come si possano ottenere un aumento della velocità e della chiarezza del pensiero con la riduzione dell'estensione dei movimenti corporei e con un maggiore affinamento delle capacità di controllo muscolare.Jacobson afferma che, durante il rilassamento muscolare profondo, è difficile, se non impossibile, pensare senza rilevare tensioni in qualche muscolo. Persino visualizzando un oggetto ad occhi chiusi, si può avvertire una tensione dei muscoli oculari.Osservate parimenti quanto noi conserviamo persistentemente, nel corso della nostra vita, gli stessi pensieri e gli stessi modi di agire; ad esempio, utilizziamo gli stessi schemi di organizzazione dell'apparato fonetico, riproducendo la stessa voce, tanto da poter essere identificati per decine di anni grazie ad essa. Ciò vale anche per la nostra scrittura, i nostri atteggiamenti corporei, ecc; fintanto che non si verificano cambiamenti evidenti in questi elementi, non ve ne sono nelle nostre chiacchiere, nei nostri comportamenti e nei nostri stati d'animo.Non abbiamo sensazione alcuna delle attività interne al sistema nervoso centrale. Possiamo percepirne le manifestazioni solo nella misura in cui l'occhio, l'apparato vocale, la mobilizzazione facciale e il resto del corpo provocano la nostra consapevolezza. E' questo lo stato di coscienza!E' quasi fuori dubbio per me che la funzione motoria, e forse i muscoli stessi, partecipino alle nostre funzioni superiori e ne siano parte stessa. Ciò è vero non solo per funzioni superiori come cantare, dipingere e amare, che sono impossibili senza attività muscolari, ma anche per pensare, ricordare e provare sentimenti.Consideriamo il sentimento in modo più dettagliato. Posso sentirmi felice, arrabbiato, spaventato, disgustato. Mi sento leggero, la mia respirazione è distesa, il mio viso è sul punto di sorridere - mi sento allegro. Il mio atteggiamento motorio è molto diverso quando mi sento disgustato - in quel momento il mio viso è quello di un uomo che ha appena vomitato o sta per farlo. Contraggo la mascella inferiore, i pugni, la mia respirazione è incompleta, dal ritmo accelerato, gli occhi e la testa si muovono a scatti, il collo si irrigidisce - sono in collera e pronto a picchiare, ma cerco di non lasciarmi trasportare. Se sono arrabbiato, gemo, cerco di andarmene oppure sono completamente rigido.Di solito vi è dunque uno schema motorio sufficientemente chiaro, anche per una valutazione oggettiva dell'intensità di ciò che avverto. Che cosa sopraggiunge per primo lo schema motorio o il sentimento? Questo problema ha dato luogo a numerose teorie celebri. Da parte mia, sostengo che essi costituiscono fondamentalmente un'unica funzione. Non possiamo diventare consapevoli di un sentimento prima che questo sia espresso da una mobilizzazione motoria, perciò, non c'è sentimento fino a che non c'è atteggiamento corporeo.RI-EDUCAZIONEIl comportamento di una persona può essere cambiato attraverso due direzioni principali - tramite la psiche o tramite il corpo. Tuttavia, un cambiamento reale deve verificarsi in modo tale da permettere al corpo e alla psiche di modificarsi simultaneamente. Se l'approccio non è globale ma separato, tramite la psiche o tramite il corpo, il cambiamento persisterà fintanto che la persona ne è consapevole e non ha ripreso i suoi schemi abituali e spontanei. E' tuttavia possibile, esplorando la propria immagine corporea, individuare il ritorno della funzione muscolare non voluta ma abituale, un po' prima che si verifichi; si può allora sia inibirla che facilitarla con un atto di volontà.Il vantaggio dì affrontare l'unità mente-corpo tramite il corpo consiste nel fatto che l'espressione muscolare è più semplice perché è concreta e più facile da localizzare. Inoltre, è incomparabilmente più facile rendere una persona cosciente di ciò che accade nel suo corpo, e quindi l'approccio corporeo dà risultati più rapidi e più diretti. Agendo sulle parti significative del corpo, come gli occhi, il collo, la respirazione o il bacino, è facile provocare immediatamente modificazioni d'umore sorprendenti. In tal senso ho ottenuto risultati chiari con una tecnica di gruppo che può essere affrontata anche in forma individuale.Alcuni esempi potranno essere utili.Il signor B. era in un'istituzione psichiatrica da 3 anni. Era stato sottoposto ad analisi e, successivamente, a trattamento con elettrochoc. Lasciò l'istituzione quando non vi fu più ragione di prevedere ulteriori miglioramenti. Quando fu rieducato con il nostro metodo, unicamente per fare qualche movimento respiratorio più o meno normale, sognò di trovarsi nel suo bagno, che i muri cadessero improvvisamente e di trovarsi esposto agli occhi di spettatori. Questo sogno si ripeté per dieci notti consecutive finché non si verificò un cambiamento completo nella respirazione. Il comportamento di questa persona subì allora un cambiamento notevole e benefico, precursore di altri miglioramenti.Il professor Z., che è stato uno dei primi psichiatri ad associarsi al mio metodo, ha pubblicato il caso straordinario d'un paziente di uno dei suoi reparti per il quale non si era riusciti a trovare alcun filo conduttore con un centinaio di sedute di psicoterapia. Dopo una riunione settimanale dell'équipe medica si e suggerito l'approccio somatico. La persona è stata collocata in posizione embrìonale e si è ottenuto un certo grado di rilassamento e di miglioramento della respirazione. Dopo quattro sedute si era ottenuto un numero sufficiente di informazioni significative, tali da consentire che il trattamento potesse svolgersi in modo ben definito. Questo esempio mostra come, allo scopo di fare una diagnosi, il considerare l'unità della mente e del corpo e il lavorare sul corpo forniscano una nuova prospettiva che rivela la presenza di rapporti tra fatti apparentemente senza alcun legame.La vecchiaia, ad esempio, comincia con la limitazione - che noi stessi ci imponiamo - di non formare più nuovi schemi di organizzazione corporea. Dapprima si selezionano atteggiamenti e posture corrispondenti a una certa dignità e quindi si respingono certe azioni, quali sedersi per terra o saltare, che ben presto diventano impossibili a farsi. Il riprendere e reintegrare anche azioni così semplici ha un effetto pronunciato di ringiovanimento non solo sull'aspetto meccanico del corpo, ma sulla personalità nel suo insieme.STANDARDS DI NORMALITA'Esaminando i corpi di parecchie migliaia di persone prima e durante la rieducazione, ho scoperto che vi sono alcune norme per la definizione di salute e di normalità. In particolare ho osservato la distribuzione del tono nei corpi di queste persone. Benché sia difficile esprimere completamente questi concetti di salute e di normalità in poche parole è comunque possibile indicarne i principi generali.Ad esempio, la testa non deve avere alcuna tendenza a muoversi in particolari direzioni. La testa "normale" dovrebbe avere un accesso agevole in tutte le direzioni dell'ambito anatomicamente possibile dei movimenti. Infatti, il fattore di limitazione dei movimenti del corpo dovrebbe generalmente essere la struttura scheletrica e non la tensione muscolare. In realtà, l'adulto non utilizza che una parte delle possibilità teoriche della struttura umana.In un contesto di "buona salute" i movimenti coordinati del corpo nel suo insieme obbediscono anche al principio meccanico di azione minima, il che significa che i muscoli sono destinati a lavorare in sincronismo e a realizzare i loro compiti con il minimo dispendio di energia metabolica. In vista di questi principi che guidano le operazioni della struttura umana nel suo insieme, si può decidere fra comportamento normale o anormale.Per permettere che queste regole di normalità siano universalmente applicate, dobbiamo considerare gli esseri umani nella loro globalità. Una persona e fatta di tre entità: il sistema nervoso, che è il nucleo; il corpo - scheletro, visceri e muscoli - che è il rivestimento del nucleo; e l'ambiente, che è lo spazio, la gravitazione e la società. Questi tre aspetti, ciascuno con il suo supporto materiale e la sua attività, danno insieme un'immagine attiva dell'essere umano.Fra il nucleo (il sistema nervoso) e il mondo fisico esterno, o anche l'ambiente sociale vi è una relazione funzionale. Tale relazione può anche essere più stretta e più vitale che non quella esistente fra alcune parti adiacenti del sistema nervoso stesso. Si pensi per esempio, a coloro che vanno deliberatamente alla morte allo scopo di difendere un ordine sociale stabilito. In questo caso i legami di un sistema nervoso a un ordine sociale possono essere più forti di quelli esistenti con il suo stesso corpo, tanto che certi individui sacrificano le prime due parti di se stessi al fine di preservare la terza. Voler portare un cambiamento nel comportamento di una persona e trascurare, anche per un momento, una delle sue tre componenti esistenziali sarebbe ignorare la realtà.Il sistema nervoso è in relazione con il corpo attraverso i nervi e la chimica ormonale e con il mondo esterno attraverso le terminazioni nervose e i sensi, che danno informazioni sulla posizione nello spazio, sul dolore, sul tatto e sulla. temperatura. Il sistema nervoso non ha percezioni dirette dell'ambiente esterno. Ciò significa che la distinzione fra sé e il mondo esterno è una funzione che deve essere sviluppata o appresa. Lentamente, gradualmente, il sistema distingue i segnali d'informazione provenienti dal corpo da quelli provenienti dall'esterno e riconosce la provenienza di ciascuno.Lo sviluppo di questo processo conduce a una distinzione sempre più chiara fra i segnali provenienti dal sé (il corpo) e quelli provenienti dal mondo esterno - i primi si riconosceranno come "io" e questi ultimi come "non-io": è l'inizio della coscienza. Imparando a riconoscere come è orientato il nostro corpo, impariamo a conoscere noi stessi. La realtà soggettiva e oggettiva sono dunque organicamente dipendenti dagli elementi motori (i nervi, i muscoli e lo scheletro), i quali sono orientati dal campo gravitazionale in rapporto al quale reagiscono.La gravità è un aspetto primario della realtà e gioca un ruolo importante nella costituzione della nostra normalità. Ma noi siamo cosi abituati al campo gravitazionale che dobbiamo impararne l'esistenza stessa. Ciò vale anche per la coscienza, che è continua fintanto che non vi è interruzione delle informazioni d'orientamento corporeo. Non ci si può rendere conto di quanto tale orientamento corporeo sia in relazione organica con la coscienza che nel momento in cui avvengono rotture nella connessione. Quando riprendiamo coscienza dopo uno svenimento o un'anestesia, il primo pensiero è "dove sono?". Quando avviene un'interruzione nella sequenza delle informazioni di orientamento, non troviamo la tappa seguente che ci si attende, c'è una momentanea lacuna di coscienza. La scossa è così violenta che per un istante perdiamo la capacità di orientarci.

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Il termine orientamento viene qui utilizzato nel senso più ampio, comprendente la distinzione fra "io" e "non-io" nell'ambito sociale, con tutte le sue ramificazioni. Gli atteggiamenti di sottomissione, di arroganza, d'importanza o di insignificanza si vedono più chiaramente nello scheletro che in qualsiasi altra parte. Si apre un campo d'indagine immenso una volta che i legami organici dell'orientamento sociale siano non solo di seguire lo sviluppo individuale o le anomalie attraverso il corpo ma anche attraverso gli atteggiamenti dettati da più ampie differenze culturali e razziali. Ne sono esempi l'introversione, il non attaccamento e l'indifferenza degli Indù, con la corrispondente scioltezza delle anche e l'atteggiamento estroverso, sempre sulla breccia, teso al successo, delle nazioni industriali, con la corrispondente incapacità a sedersi con le gambe incrociate. Certamente, per diventare agili e riportare le proprie anche alla norma bisogna dedicarvi tempo, osservarsi, abbandonare qualcosa, staccarsi da qualcosa.Nell'essere umano, un'azione "normale" può essere o incosciente e automatica o pienamente cosciente e riconosciuta come tale. Quasi tutta l'attività di origine filogenetica nella specie umana è comune a tutto il mondo animale. Questa attività diventa sempre più complessa o cosciente a livello dei rami superiori dell'albero dell'evoluzione. Tuttavia, l'attività acquisita filogeneticamente e sempre espressa in termini astratti e, da quel momento, non è più modificabile, non essendovi possibilità di incidere su un'astrazione. D'altro lato, l'azione acquisita individualmente (ontogenetica) rientra nell'ambito delle sensazioni. Una simile azione può essere modificata o appresa in quanto si può prendere coscienza di differenze reali, come l'importanza dello sforzo, la sua coordinazione nel tempo, la sensazione corporea, la configurazione dei segmenti del corpo nello spazio, l'atteggiamento in piedi, la respirazione, l'espressione verbale, ecc.Questo genere di apprendimento in piena coscienza è terminato quando il nuovo modo d'azione diventa automatico o persino incosciente, come lo diventano tutte le abitudini. Il vantaggio di un'abitudine acquisita con la presa di coscienza è che, se il confronto con la realtà si rivela inadeguato, si induce facilmente una nuova presa di coscienza in modo da compiere un nuovo cambiamento più efficiente.E' mia convinzione profonda che, proprio come l'anatomia ci ha aiutato ad acquisire una coscienza intima del funzionamento del corpo e la neuroanatomia una comprensione di talune attività della psiche, così la comprensione degli aspetti somatici della coscienza ci permetterà di conoscerci più intimamente. La tensione è autodistruttrice. In futuro, dovremmo essere capaci di dirigere le forze che provocano la tensione non solamente per rimuoverla ma allo scopo di migliorare il funzionamento umano.TECNICHE PER L'INSEGNAMENTO INDIVIDUALENell'insegnamento individuale uso le mani per ottenere l'allineamento desiderato dei diversi segmenti del corpo. E' difficile descriverne gli effetti, ma posso dame un'idea.Non tratto mai la parte o l'articolazione del corpo colpita prima di aver indotto un miglioramento nel rapporto testa-collo e nella respirazione. A sua volta, tale miglioramento non avviene se non si corregge la configurazione della colonna e del torace. Per far questo è di nuovo necessario correggere il bacino e l'addome. In pratica, il procedimento consiste dunque in una serie successiva di aggiustamenti, ciascuno dei quali consente un ulteriore miglioramento del segmento appena trattato.Prima di usare questa tecnica bisogna provarla su di sé per ottenere la delicatezza di tocco necessaria e la sensazione precisa di quale gruppo o segmento muscolare richieda attenzione per primo e quale non la richieda affatto.Migliorando il rapporto colonna-testa, di solito scompare o si riduce in buona parte anche il problema di natura periferica, tanto che con pochissimo lavoro in periferia si riesce a ricondurne il funzionamento al livello del resto del corpo.Insisto con 30-40 sedute, una al giorno, e procedo quindi con due o tre sedute alla settimana finché non scompare il disturbo più grave. Di solito, nel cinquanta per cento dei casi circa, i dolori e l'incapacità di usare una parte del corpo scompaiono prima che si concludano le sedute quotidiane.Inizio facendo sdraiare la persona sul dorso. Tale posizione ha lo scopo di ridurre in buona parte l'influenza della gravità sul corpo, in modo da liberare il sistema nervoso. La reazione del sistema nervoso alla forza di gravita è un'abitudine e in tali circostanze non è in alcun modo possibile portare i muscoli a rispondere diversamente allo stesso stimolo, che è il miglior mezzo per rieducare il corpo. Ovviamente, è difficile ottenere vere e proprie modifiche del sistema nervoso senza ridurre o eliminare l'effetto della gravità.A tempo debito raggiungo le persone mediante l'uso di trenta situazioni corporee diverse: l'andare verso la posizione seduta, lo stare in piedi, il cammino e l'equilibrio su due rulli di legno. Ulteriori dettagli sul lavoro individuale si chiariranno con la descrizione delle tecniche di gruppo.LE TECNICHE DI GRUPPOUn gruppo è formato da 30-40 persone, comprese fra i 15 e i 60 anni e anche oltre. Ad esempio, un certo gruppo a cui ho insegnato era costituito da uomini e donne che soffrivano di sciatica, di ernia del disco, blocco delle spalle e disturbi simili. La maggior parte dei componenti del gruppo aveva più di 35 anni e portava il busto ortopedico da molti anni. Altri gruppi possono essere formati da insegnanti, attori, cantanti, ballerini, ecc.Per prima cosa chiedo alle persone di sdraiarsi sul dorso (in base allo stesso principio di ridurre l'effetto della gravità) e di imparare ad ascoltarsi. Vale a dire che esse esaminano attentamente il contatto del proprio corpo con il pavimento e imparano gradualmente a individuare le differenze significative - i punti in cui il contatto è debole o inesistente e altri in cui è completo e distinto. Questo tipo di insegnamento sviluppa la consapevolezza della collocazione dei muscoli che hanno un contatto debole mantenendo costantemente una tensione eccessiva e quindi alcune parti del corpo staccate da terra. E' possibile ottenere una certa riduzione della tensione tramite la sola presa di coscienza muscolare, ma al di là di ciò non si può realizzare alcun miglioramento nella vita normale se non potenziando la propria consapevolezza dello scheletro e del suo orientamento. In questo caso le articolazioni più difficili sono quelle delle anche. Nelle culture occidentali la consapevolezza della collocazione e della funzione di tali articolazioni è inesistente rispetto a quanto si riscontra presso le popolazioni che siedono per terra invece che sulle sedie. Le persone che stanno su una sedia a rotelle sbagliano quasi sempre nel localizzare le articolazioni delle anche. Inoltre, esse fanno un uso scorretto delle gambe, come se fossero articolate in punti immaginari dell'immagine corporea e non dove lo sono realmente.Di solito chiarisco che l'elemento centrale del mio lavoro consiste nel portare alla consapevolezza nell'azione o alla capacità di prendere contatto con il proprio scheletro e muscoli e con l'ambiente, praticamente insieme. Non si tratta di "rilassamento", in quanto il rilassamento vero e proprio può essere mantenuto solo quando non si fa niente. Lo scopo non è il completo rilassamento, bensì un uso sano, possente, facile e piacevole. La riduzione della tensione è necessaria in quanto ogni movimento valido dovrebbe essere privo di sforzo. L'inefficienza è avvertita come sforzo e impedisce di fare di più e meglio.La riduzione graduale dello sforzo inutile è necessaria per aumentare la sensibilità cinestetica, senza la quale la persona non può autoregolarsi. La legge di Fechner-Weber lo dice chiaramente. Questa legge afferma che per un'ampia gamma di sensazioni ed attività dell'uomo la diversità di stimolo che produce la minima diversità di sensazioni percepibile ha sempre lo stesso rapporto proporzionale con l'intero stimolo. Ad esempio, se reggo un peso di 20 libbre non posso percepire una mosca che vi si poggi sopra, in quanto la diversità di stimolo minima percepibile è compresa fra 1/20 e 1/40 e, pertanto, per percepire la variazione, è necessario aggiungere o sottrarre dal peso almeno mezza libbra. Se tengo in mano una piuma, il peso di una mosca costituisce invece una grossa differenza. Appare dunque ovvio come per poter distinguere variazioni nell'uso è innanzi tutto necessario ridurre l'uso. Si possono ottenere risultati sempre più precisi solo se la sensibilità, vale a dire, la capacità di percepire la differenza, viene migliorata. Per questo motivo il lavoro di gruppo inizia con piccole scoperte nella consapevolezza muscolare.Altra importante caratteristica del lavoro di gruppo è la continua novità di situazioni mantenuta per tutta la durata del corso. Una volta svanita la novità, la consapevolezza si offusca e non avviene alcun apprendimento. Se una configurazione richiede di essere ripetuta, la ripropongo in decine, centinaia di varianti finché tutte sono note alla perfezione.Tutti gli esercizi sono organizzati in modo tale da indurre, alla fine della lezione, un cambiamento netto nella sensazione e, il più delle volte, un effetto più o meno durevole. Ciò consente agli allievi di scoprire i rapporti fra le diverse parti del corpo, ad esempio fra la scapola sinistra e l'articolazione dell'anca destra, oppure fra i muscoli degli occhi e la punta delle dita dei piedi.Per ottenere l'atteggiamento mentale necessario a ridurre gli sforzi inutili il gruppo viene ripetutamente incoraggiato a fare un po' meno bene del possibile, nel cercare di essere meno veloce, meno forte, meno aggraziato, ecc. Spesso si chiede alle persone di fare del proprio meglio e quindi, deliberatamente, di fare un po' meno. Ciò è più importante di quanto non sembri. Infatti, se viene messo in grado di percepire il progresso in uno stato di non tensione, l'allievo ha la sensazione di poter far meglio, il che induce ulteriore progresso. Con tale atteggiamento della mente e del corpo si possono ottenere in venti minuti risultati che richiederebbero altrimenti parecchie ore di lavoro.Un particolare rilievo meritano alcuni movimenti molto piccoli, appena percettibili, di cui faccio ampio uso. Essi riducono in modo straordinario la contrazione involontaria dei muscoli; ad esempio, in pochi minuti, lavorando su un braccio o su una gamba, si riesce a farlo percepire più lungo o più leggero dell'altro. Dopo la lezione gli allievi mantengono la percezione del nuovo modo di agire, e alla sensazione dell'arto più leggero e più lungo si contrappone in continuazione quella dell'altro che viene avvertito come goffo e impacciato al confronto.Molto spesso nel corso di una lezione si lavora su una sola metà del corpo, la destra o la sinistra, mentre l'altra viene lasciata tale e quale. Anche in questo caso gli allievi recano con sé due diversi standards del proprio corpo - quello abituale e quello migliore che viene loro proposto. Continuano ad avvertire la differenza finché il lato più goffo si distende. In tal modo essi imparano a lasciarsi andare, per così dire, dall'interno. Ciò favorisce il passaggio dell'apprendimento dall'azione su cui si è lavorato ad altre azioni, completamente diverse. Il trasferimento di apprendimento è sostanzialmente personale e differisce da un individuo all'altro. Qualcuno può avvertire il cambiamento nel parlare, altri nel modo di prestare attenzione o di osservare.Altro principio della tecnica di gruppo è l'analisi dell'immagine corporea, che viene compiuta in due modi paralleli. Il primo consiste nell'indurre una sensazione di lunghezza, ampiezza e leggerezza in un lato del corpo muovendolo realmente, come abbiamo appena spiegato. L'altra metà del corpo viene portata a percepire la stessa sensazione con la semplice analisi mentale. L'analisi mentale consiste nell'ascoltare e acquisire consapevolezza della diversità di sensazioni della memoria motoria dei muscoli nelle due metà del corpo e della sensazione di cambiamento dell'orientamento nello spazio.Un secondo modo consiste nell'analizzare il corpo da entrambi i lati sin dall'inizio, rivolgendo l'attenzione alla percezione delle distanze fra diverse parti del corpo da entrambi i lati, finché tali percezioni corrispondono alla differenza vera e propria.Un altro momento della lezione si concentra invece sul miglioramento dei movimenti volontari. In tutti gli atti volontari due fasi si susseguono così rapidamente che è difficile percepire il lasso di tempo che intercorre fra l'una e l'altra. La fase preparatoria è la mobilizzazione dell'atteggiamento corporeo necessaria per compiere l'azione. La seconda fase è il compimento dell'azione. Dal momento che vi è un intervallo di tempo minimo fra queste fasi è possibile imparare ad inibire o a potenziare per scelta la mobilizzazione preparatoria. Quando vi è scelta, possiamo o completare l'azione o impedirla e annullare così l'intero atteggiamento preparatorio. Nel gruppo, lavoriamo per chiarire il lasso di tempo fra l'atteggiamento preliminare all'azione e il suo compimento. Tale chiarificazione o consapevolezza migliora la scioltezza e il controllo volontario dei movimenti.Molti esercizi utilizzano l'induzione, sia positiva che negativa, cioè gli effetti che si verificano a seguito di sforzi sostenuti e prolungati. Ad esempio, mettetevi in piedi con il lato destro vicino alla parete e premete contro di essa con il dorso della mano come per spingerla lontano. Dopo aver mantenuto questa pressione per un minuto circa, fermatevi.Lasciate quindi il braccio destro libero di fare quel che vuole, si alzerà arrivando fino all'altezza della spalla con una leggerezza particolare, quasi galleggiasse. Se abbassate volontariamente il braccio e lo lasciate nuovamente libero, la stessa cosa si ripeterà parecchie volte, ma con intensità decrescente. Questo esercizio mostra come lo sforzo sostenuto possa indurre il movimento quando cessa lo sforzo.Qualunque sia l'esercizio o il principio utilizzato, la lezione viene organizzata in modo tale che senza concentrazione, senza cercare di percepire le differenze, senza una reale attenzione gli allievi non possono passare allo stadio successivo. La ripetizione, nel senso di ripetizione meccanica senza attenzione viene scoraggiata, resa impossibile di fatto. Molti esercizi consistono nel concentrarsi sui mezzi con cui raggiungere uno scopo piuttosto che sullo scopo in sé, che è un modo importante per ridurre la tensione. Tutti questi esercizi mirano a conseguire coordinamento mentale e fisico e in particolare una buona postura eretta e un corretto modo d'agire.POSTURA ERETTA E AZIONE CORRETTANon vi è niente di più semplice della postura eretta - postura eretta significa: allineamento verticale. Ma tutti i termini di questo genere, compreso "postura", implicano qualche cosa di rigido e di statico. E, effettivamente, è vero che poche persone fanno onore alla flessibilità del proprio corpo. Un esame attento mostra chiaramente che la postura eretta è in realtà dinamica, con un costante assestamento della struttura corporea piuttosto che staticamente fissa.Il vantaggio reale della postura eretta è la facilità di ruotare intorno alla verticale, cioè da destra a sinistra o in senso opposto. Questa rotazione allarga l'orizzonte umano ed è anche il movimento naturale più frequente della testa. Durante l'evoluzione della struttura umana, l'uso più sistematico della testa è stata la sua rotazione verso la fonte di uno stimolo esterno. I sensi localizzati a livello della testa sono tutti organi doppi la vista, l'udito, l'odorato. Infatti, per precisare la collocazione esatta dello stimolo, sono necessarie due fonti d'informazione. Così, ad esempio, la testa ruota verso una sorgente sonora in modo che le due orecchie siano parimenti stimolate. La testa ruota anche per trovarsi di fronte a uno stimolo visivo. Le retine sono collegate internamente in modo tale che quando guardiamo l'oggetto frontalmente sono stimolate allo stesso modo,

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mentre all'inizio della stimolazione una lo era più dell'altra. Lo stesso avviene per gli odori, anche se in tal caso le informazioni di distanza e direzione sono molto più grossolane.Si vede dunque come, al di là di quanto possa essere esplorato con il tatto, la relazione con qualsiasi cosa esterna è determinata dal movimento della testa. Ogni informazione proveniente dallo spazio intorno a noi passa attraverso la testa. E, più di ogni altra cosa, sono i nostri rapporti con il mondo che ci circonda a influenzare la qualità del movimento della testa.Numerosi meccanismi del sistema nervoso organizzano queste funzioni elementari di legame con l'ambiente; così che quando uno degli organi doppi è stimolato, la testa ruota finché ci troviamo di fronte alla sorgente della stimolazione. La testa è ruotata sulla colonna cervicale e la torsione allunga la pelle, i muscoli e i tendini del lato sinistro del collo quando giriamo verso destra e viceversa. L'allungamento o lo stiramento di una fibra comprime una fibra nervosa interna e tale stimolazione è alla base dell'organizzazione del corpo, che è allora pronto a seguire la testa ed a girarsi nella direzione del cambiamento avvenuto inizialmente nell'ambiente. Quando il corpo segue la testa, la torsione del collo si annulla, le fibre nervose intra-muscolari cervicali non sono più compresse e il corpo non ha quindi più bisogno di ruotare.Come la zona cervicale, o della nuca, la regione bassa della colonna vertebrale è in grado di ruotare attorno all'asse centrale. La rotazione del resto della colonna è, in confronto, più ridotta. Nelle due regioni superiore ed inferiore della colonna, alcune fibre nervose trasmettono la rotazione della testa ai centri superiori, che in tal modo constatano come il corpo sia organizzato per poter girare, diminuire la torsione e trovarsi in posizione frontale nella stessa direzione della testa.Nella maggior parte delle persone, la testa indica nettamente con quali zone dello spazio circostante esse hanno pochi contatti. E il portamento della testa è caratteristico del mantenimento complessivo e dei modi d'agire di ogni persona.Un altro aspetto della postura eretta è che essa è una proprietà biologica della struttura umana; non vi dovrebbe essere sensazione alcuna di azioni, contegno o sforzi di qualsiasi genere. Ad esempio, il peso della mascella inferiore con tutti i suoi denti è considerevole e, tuttavia, abbiamo qualche difficoltà nell'acquisire coscienza che facciamo qualcosa per mantenere alzata la mascella inferiore. Lo stato normale dei muscoli della mascella inferiore è una contrazione pari alla forza gravitazionale che agisce su di essa. I movimenti volontari sono ottenuti con una aggiunta o una deduzione a questa contrazione permanente. I muscoli della mascella inferiore, come la maggior parte dei muscoli dello scheletro, ricevono ordini sotto forma d'impulsi scaturiti da più di una fonte. Lo star su è assicurato nel sistema nervoso da meccanismi antigravitazionali e non vi è sensazione di azione, né di sforzo, fintanto che il messaggio ai muscoli proviene dai centri inferiori.Nei muscoli cervicali avviene la stessa cosa. Malgrado il peso della testa e il suo centro di gravitazione situato davanti alla colonna vertebrale, non c'è sensazione d'azione, né di sforzo nel mantenimento della testa. Ciò è dovuto alla contrazione considerevole di alcuni muscoli per mantenere la testa ritta. L'intero corpo è trattenuto nella caduta in avanti dai muscoli del polpaccio, ma noi non sentiamo alcuno sforzo. Ancora una volta queste interrelazioni provano che la postura eretta non è uno stato statico, ma un'attività dinamica.La postura reale è sempre il risultato di ciò che la struttura farebbe tramite i meccanismi specifici e di ciò che abbiamo appreso a fare adattandoci al nostro ambiente sociale e fisico. Il problema è che buona parte di ciò che abbiamo appreso è nocivo per il nostro sistema, in quanto è stato appreso nell'infanzia, in un momento in cui una dipendenza immediata dagli altri deformava i nostri bisogni reali. Un'azione abituale da molto tempo è avvertita come corretta, ma la nostra impressione è poco attendibile finché non abbiamo rieducato il nostro senso cinetico sulla base di norme corrispondenti a realtà verificate. Come si può realizzare questa rieducazione? Innanzi tutto dobbiamo percepire i benefici dei miglioramenti per decidere di dedicarle tutto il tempo necessario. Ma il beneficio non può essere immaginato fintanto che il miglioramento non e stato avvertito, cosicché all'inizio dobbiamo semplicemente provare per curiosità. Le persone la cui vitalità è a un livello molto basso non proveranno e neanche Dio potrà aiutarle.Il corpo dovrebbe essere organizzato in modo da poter cominciare qualsiasi movimento - in avanti, indietro, a destra, a sinistra, in su, in giù, o ruotare a destra o a sinistra - senza aggiustamento preliminare dei segmenti del corpo, senza una repentina modificazione del ritmo respiratorio, senza stringere la mascella inferiore né contrarre la lingua, senza alcuna tensione percettibile dei muscoli del collo e senza bloccare lo sguardo. Quando il corpo e organizzato in questo modo, la testa non viene tenuta fissa, è libera di muoversi facilmente in tutte le direzioni senza aggiustamenti preliminari. Se queste condizioni sono mantenute durante un'azione, persino il fatto di sollevare il corpo non è avvertito come sforzo. A riprova di ciò, piegate lentamente l'indice destro e avvertite la sensazione di facilità, di non sforzo. Piegate quindi lentamente il polso - lo sforzo è pari a quello di piegare il dito. Piegate ora il gomito oppure alzate lentamente il braccio o alzate o abbassate la testa o il tronco. In ciascuno di questi casi la sensazione di sforzo è pari a quella avvertita nel piegare l'indice, ma il lavoro effettuato per alzare il dito è circa 100 gr./cm., quello per il polso 1000 gr./cm., quello per il tronco 500.000 gr./cm. Effettuando i movimenti, la sensazione di sforzo non aumenta in proporzione al lavoro effettuato, ma indica il grado di organizzazione che produce lo sforzo. Questa organizzazione corrisponde alla struttura del corpo. La dimensione e la potenza dei muscoli aumenta dalla periferia, come nel caso delle dita, verso il centro del corpo. Da quel momento, il tasso di sforzo è uguale in tutte le parti al lavoro. Alzare o abbassare il tronco sollecita i muscoli del bacino (come i glutei e i muscoli delle cosce con le loro enormi sezioni) nella stessa proporzione in cui sono sollecitati i muscoli impiegati nei movimenti delle dita.In conclusione, la conoscenza di sé attraverso la presa di coscienza è l'obiettivo della rieducazione. Quando noi diventiamo coscienti di ciò che facciamo realmente, non di ciò che diciamo o crediamo di fare, si spalanca davanti a noi la via del miglioramento.Nell'ambito del tema corpo-mente, un vasto campo è stato lasciato inesplorato, ma è stato trovato un utile punto di partenza che fornisce i mezzi per ottenere notevoli cambiamenti nel comportamento. Non vi può essere alcun miglioramento senza cambiamento. Anche se si può sempre fornire aiuto nel momento in cui le cose vanno male, noi non possiamo, tuttavia, smettere i nostri sforzi fino a che, in tutto il mondo, gli insegnanti non impareranno come sviluppare nei loro allievi la consapevolezza dell'unità di corpo e mente, in modo che si possano raggiungere risultati più elevati che non la semplice correzione degli errori. Quando il corpo impara a perfezionare tutte le possibili forme e configurazioni delle sue parti non solo cambia la forza e la flessibilità dello scheletro e dei muscoli, ma si realizza un profondo e benefico mutamento nell'immagine del sé e nella qualità della direzione del sé.* BibliografiaCubley, S. "Feldenkrais and Yoga." Yoga Journal, October 1976.Feldenkrais, Moshe. "Adventure* in the Jungle of the Brain." The Case of Nora. New York: Harper & Row, 1977. -. Awareness through Movement: Health Exercises for Personal Growth. New York: Harper & Row, 1972.Basic Feidenkrais Manual. 1979.Body and Mature Behavior: A Study of Anxiety,Sex, Gravitation and Learning. New York: International Universities Press, 1970.Fifty Lessons by Feldenkrais. New York: Simon and Schuster. N.D."Mind and Body." Two lectures in Systematics: TheJournal of the Institute for the Comparative Study of History. Philosophy and the Sciences, 2, No. 1 (June 1964) pp. 47-61."On the Primary of Hearing." Somatics, I, No. 1 (1976).Twenty Five Lessons, Introduction. Israel: The Movement National Society, 1971.Fox, C. "The Feldenkrais Phenomenon." Quest, II, No. 7 (December 1978).Holmes. B. "Moshe's Healing Touch." Runner's World, August 1976.Yochanan, Rywerant. "lle Creative Process As Seen in Functional Integration.Somatics, I, No. 4 (Spring 1978).Tapes:Big Sur Recordings, 2015 Bridgeway, Sausalito, CA 94965 Feldenkrais, Esalen Workshop. 1972. Exploring Awareness Through Movement. 90 min.

L'ESPRESSIONE CORPOREA

Moshe FeldenkraisAspetti di una tecnica:

Primo congresso internazionale di psicodrammaPARIGI 1964

ASPETTI DI UNA TECNICA1) L'immagine di sé2) L'azione muscolare3) L'unità essenziale della mente e del corpo

 

INVECE DI UNA PREFAZIONE ...

Questo testo è stato composto in fretta, nello spazio di pochi giorni. Non trovo di meglio che farlo precedere dalle parole scelte da Paul Valéry per introdurre il suo dialogo su "L'idea fissa":

"Questo libro è figlio della fretta. Ve lo diamo per quello che è: un'opera di circostanza, del tutto improvvisata. Sebbene fosse destinata a un pubblico fra i più attenti - il corpo medico - si è dovuto fare presto, con tutti i rischi, le imprudenze e le impurità che implica la precipitazione nel lavoro. Quando la parola preme alla mente, tale vincolo esterno le impedisce di reggere i suoi stessi vincoli. Trascura dunque i bei modelli che si era formata; abbandona ogni rigore proprio; si alleggerisce nel modo più immediato, con la minima resistenza e risponde a se stessa secondo una propria casualità."

M. FELDENKRAIS

L'IMMAGINE DI SE'

Ognuno regola la propria condotta secondo l'immagine che si è fatta di sé. Se si desidera cambiare la propria condotta si dovrà dunque cambiare questa immagine.

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Che cosa è l'immagine di sé? Noi constatiamo un'immagine corporea: che è quella dei contorni, dei rapporti degli arti cioè dei rapporti spaziali, temporali, delle sensazioni cinestetiche. Vengono poi i sentimenti o emozioni e i pensieri. Tutto questo forma un insieme collegato.

Come si è formata l'immagine di sé? Ciascuno ha l'impressione che il suo modo di parlare, di camminare, di comportarsi sia l'unico possibile per lui, personale e immutabile: si identifica in esso e crede di essere nato così. Il suo giudizio dei rapporti spaziali, dei movimenti, il suo modo di tenere la testa, di guardare, ecc... gli sembrano innati, e crede sia possibile cambiarne solamente la velocità, l'intensità e l'estensione. Tuttavia, tutto ciò che è importante dal punto di vista dei rapporti sociali, cioè dei rapporti di un uomo con gli altri è acquisito attraverso un lungo apprendimento: si impara a camminare, a parlare, a vedere in un'immagine dipinta o fotografata la terza dimensione, ed è dalla casualità dei luoghi di nascita e dell'ambiente di una persona, che dipende quello che saranno i suoi movimenti, il suo atteggiamento, la lingua che parlerà, ecc...

Così quando impariamo un'altra lingua, rechiamo sempre traccia di un accento, il che significa che un'educazione acquisita in precedenza disturba l'acquisizione di una nuova. Provando a sedersi alla giapponese o all'indù, si incontra difficoltà a riorganizzare il proprio corpo in questa nuova configurazione, l'abitudine ne ostacola l'apprendimento. Dunque dal momento che la prima formazione è dovuta alla casualità della nascita, la difficoltà che si prova per cambiare un'abitudine, fisica o mentale, ha poco a che vedere con l'ereditarietà e l'individualità, ma è propria di qualsiasi cambiamento di abitudine già acquisita.

Vediamo così che la difficoltà non è legata alla sostanza dell'abitudine, ma al suo ordine temporale, cioè alla priorità di un'abitudine anche se acquisita per caso. Questo mette in evidenza che l'immagine di sé è, anch'essa, acquisita a caso nella vita. S'impone dunque questa domanda: è possibile apportare dei cambiamenti che permetterebbero di imparare nuovi modi di comportamento diversi per scelta e che siano tanto adatti alla persona quanto quelli che ha acquisito, senza rendersene conto nel corso della sua vita?

Bisogna comprendere che non miriamo semplicemente a sostituire un'azione con un'altra (quello che chiamiamo "statica" ma miriamo a cambiare il modo d'agire, cioè operiamo sulla "dinamica" e sul processo dell'attività in generale.

Prima di andare oltre, varrà forse la pena di fare una piccola esperienza che permetterà di sentire questa possibilità e non soltanto di comprenderla.

Stendetevi a pancia in giù e piegate il ginocchio in modo che il piede sia verso l'alto, vedrete allora che il rapporto tra il piede e la gamba è personale, cioè gli angoli nelle direzioni cardinali non saranno gli stessi per tutti. Se per chiarire meglio mettiamo, ad esempio, un libro sulla pianta del piede, il piano del libro non sarà parallelo al pavimento, ma avrà un'inclinazione particolare per ogni individuo, e i punti di contatto della pianta del piede con il libro avranno una distribuzione ugualmente individuale. Ci si accorgerà che i muscoli della gamba e del piede mantengono un rapporto di contrazione l'uno rispetto all'altro, e anche senza sostenere peso, la muscolatura non prende una configurazione neutra (come ci si potrebbe aspettare quando il piede è libero da ogni funzione nel campo di gravità tranne quella di portare il proprio peso). La persona agisce secondo l'immagine di sé, e questa configurazione tutta personale è oggettivamente avvertita come la più semplice e accompagnata dall'impressione di non fare nulla di particolare. Le configurazioni abituali sono dunque impresse nel sistema nervoso che reagirà all'eccitazione esterna attraverso questa configurazione abituale già pronta e non saprà formarne un'altra su richiesta della realtà esterna. Nel cambiamento dinamico che noi consideriamo, si tratta di liberare il sistema nervoso dalle sue configurazioni compulsive e di permettergli un modo d'azione o di reazione non dettato dalla sua abitudine, ma dalla situazione del momento.

Ritorniamo all'esercizio proposto. E’ sufficiente eseguire una ventina di movimenti al rallentatore per poter seguire mentalmente i percorsi del piede o di differenti parti del piede nello spazio; ad esempio: flettendo ed estendendo il piede, cercate di fissare l'attenzione sul movimento del tallone nello spazio, e di seguire questo movimento contemporaneamente a quello dell'alluce, del quinto dito, e delle altre dita una dopo l'altra; occorrerà fare attenzione alla riduzione di intensità del movimento per facilitare il cambiamento che si produrrà. Per ogni dito si proverà un grado di difficoltà del tutto personale. La difficoltà consiste nei diversi livelli di chiarezza e nella discontinuità che si verifica nel susseguirsi delle immagini di orientamento.

Se ora cercate di eseguire con la punta del piede un movimento circolare e di localizzare chiaramente nello spazio la posizione del tallone durante la rotazione in modo che, fermando il movimento di rotazione in un punto qualunque, voi possiate rendervi conto nettamente della posizione del tallone, scoprirete con sorpresa delle difficoltà straordinarie in certi punti e una estrema facilità in altri. Continuate il movimento al rallentatore, accentuandolo, facendo dei piccoli archi al posto delle rotazioni complete e ad ogni arresto provate a rendervi conto della posizione della punta del piede e dei tallone in rapporto alla gamba, poi tornate indietro percorrendo la stessa traiettoria tracciata dal tallone e dalla punta del piede, e ripetete questo movimento fino ad ottenerlo con una certa facilità. Provate quindi a ruotare la punta del piede da destra a sinistra seguendo il movimento del tallone nella direzione opposta.

Noterete facilmente che il tallone non disegna una linea orizzontale, ma si comporta in modo del tutto diverso, all'estremità destra e all'estremità sinistra del suo movimento. Per cambiare questo, mettete la punta del piede all'interno, cioè il tallone a destra, poi ruotate la punta del piede a sinistra e il tallone a destra per arrivare alla posizione diagonalmente simmetrica, ma passando alcune volte dall'arco inferiore del cerchio di rotazione, altre volte dall'arco superiore. Continuate molto lentamente fino a che potete ruotare il tallone e descrivere un cerchio seguendo mentalmente la posizione della punta del piede. E' necessario che per punta del piede si intenda di volta in volta ciascuna delle cinque dita del piede. Fate il contrario e ruotate la punta del piede seguendo mentalmente il tallone fino a che le configurazioni spaziali diventino sempre più chiare, semplici e facili come i movimenti personali che fanno parte dell'immagine di sé, perché essa sola sembri, da tutti i punti dello spazio fin dall'inizio, semplice, chiara e facile.

Continuando nell'esercizio, non bisogna fare sforzi di volontà, ne insistere sui punti difficili, ma quando si incontrano,, semplicemente ricominciare da zero. Noterete che in ogni punto dove proverete delle difficoltà a seguire il filo delle immagini di orientamento, si produrrà un cambiamento corrispondente nella respirazione. E' sufficiente, nel momento difficile, interrompere l'azione per constatare che la respirazione riprende il suo ritmo normale; dunque c'era un arresto della respirazione. Se fate attenzione alla continuità del ritmo respiratorio, troverete che la continuità delle immagini d'orientamento spaziale del tallone e della punta del piede diventano sempre più facili. Ci si stupirà di scoprire che il tempo trascorra e che una mezz'ora passi in pochi istanti.

Se ora voi allungate la gamba (destra), vi renderete conto che (la gamba destra) sembra più lunga. Proverete un cambiamento di sensazione cinestetica non soltanto nell'articolazione e nella muscolatura del piede (destro), ma anche di tutto il lato destro del corpo intero: l'occhio destro sembrerà più aperto e, in effetti, lo sarà; tutto il lato destro del viso sembrerà - e del resto lo sarà - più lungo, la sua muscolatura distesa, eccetera...

Mettendovi in piedi potrete percepire un cambiamento radicale nell'uso, nella cinestetica e nella sensazione del piede (destro) al contatto del suolo e molteplici cambiamenti personali di tutto il lato (destro). Così, la rotazione della testa sarà più estesa e più facile verso destra che verso sinistra. Alzando lentamente il braccio destro sopra la testa, poi, dopo averlo abbassato e facendo lo stesso, con il braccio sinistro, constaterete un aumento di leggerezza del movimento del braccio destro...

Se, invece che con il tallone, si eseguisse un esercizio, - simile nella tecnica e nei dettagli - con la testa, inclinandola e raddrizzandola con movimenti lenti e, così facendo, dirigendo l'attenzione sui dettagli di orientamento spaziale e sulle relazioni delle diverse parti del lato sinistro, cioè, della testa con la spalla, la clavicola, la colonna vertebrale, ecc... si scoprirebbe ugualmente un cambiamento del tono latente di tutto il lato sinistro fino alle dita del piede sinistro.

Si impone dunque una conclusione di capitale importanza:

1) Mentre i due lati partecipano ugualmente e simmetricamente nei movimenti di inclinazione e raddrizzamento della testa, il cambiamento tonico e la crescita della sensazione di benessere del lato sinistro e la facilità di controllo ottenuta sono solo del lato dove si sono resi coscienti i rapporti spaziali di orientamento. Praticamente i movimenti in sé, il controllo della muscolatura, il suo funzionamento, sono di un valore trascurabile al di fuori del miglioramento della circolazione e degli altri benefici del movimento in generale. Il cambiamento ottenuto attraverso un movimento simmetrico dei due lati risiede unicamente nel lato dove i rapporti spaziali d'orientamento sono divenuti più chiari e più coscienti. E' interessante notare che il cambiamento si produce in tutto il lato dell'arto sul quale si è lavorato e non nel lato opposto, cioè il cambiamento si è fatto attraverso una via extra-piramidale.

2) Un'altra constatazione è che il cambiamento si è prodotto in qualche parte del sistema nervoso centrale, visto che concerne tutto il lato, per intero, sul quale si è lavorato.

3) Il cambiamento non scompare istantaneamente, ma può durare parecchie ore o addirittura parecchi giorni, dipende dal tempo dedicato all'esercizio e soprattutto dalla chiarezza della visione dei rapporti spaziali, oltre che dalla ritenzione mnemonica della differenza tra i due lati.

L’importanza di ciò che accade nel sistema nervoso, attraverso questa tecnica, può essere accentuata maggiormente dal fatto che si può ottenere lo stesso effetto nel lato opposto a quello sul quale si è ottenuto il cambiamento in questione con un lavoro puramente mentale e questa volta, senza nessun movimento, ma semplicemente dirigendo metodicamente l'attenzione sulla sensazione cinestetica diversa e da un lato e dall'altro. Mentre il primo effetto è stato ottenuto in una mezz'ora o in un'ora, la direzione metodica, cioè punto per punto, dell'attenzione sulla differenza sentita nella muscolatura e nell'articolazione dei due lati, dalle dita fino alla sommità della testa, non durerà che due o tre minuti. Se si continua fino a equalizzare completamente la sensazione nei due lati, l'effetto ne risulterà aumentato perfino nel lato originale.

Forse la cosa più importante da mettere in evidenza è che l'uso abituale della testa oppure del piede sul quale si è appena lavorato, ha potuto dare alla persona una soddisfazione completa; ma il contrasto ottenuto deve fare apprezzare quanto l'uso che la persona ha di sé per abitudine sia lontano da ciò che potrebbe fare o anche era destinato a fare - questo è quanto crediamo di poter dimostrare in seguito.

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La teoria e la pratica dimostrano che, nell'immagine di sé, ci sono delle parti sulle quali il lavoro è più efficace; o piuttosto c'è un ordine di priorità che rende il lavoro più facile e metodico.

Una prima osservazione consiste in questo: il primo rapporto di un neonato con il mondo esterno avviene attraverso la bocca, tralasciando (per il momento) le sensazioni tattili della pelle. Già questi primi contatti attraverso la bocca richiedono l'orientamento della testa nello spazio in una maniera speciale. Poco a poco, l'uso di tutti i nostri sensi: l'udito, la vista, l'olfatto, la produzione di suoni, insomma, l'uso di tutti i telerecettori hanno bisogno del movimento della testa. Poiché gli organi doppi, distanti gli uni dagli altri, permettono l'orientamento della testa, la stima della distanza e della direzione, l'udito, la vista e l'olfatto hanno un'organizzazione molto complessa nel sistema nervoso, che richiede la rotazione della testa sino all'eccitazione uguale dei due organi che orientano la testa nella direzione di provenienza di questa eccitazione; di modo che la testa serve per così dire da periscopio al sistema nervoso per portarvi l'informazione attraverso i sensi.

In ultima analisi, la sola parte che ha un rapporto con il mondo esterno è il sistema nervoso, in quanto i sensi e il corpo gli servono solo come strumento di informazione e d'azione. E' evidente che il movimento della testa, che porta tutti i sensi telerecettori, parteciperà a tutti i movimenti che costituiscono i nostri rapporti con il mondo esterno. Il movimento della testa formerà dunque la parte essenziale dell'immagine di sé; e la colonna vertebrale, posta sul bacino e che permette l'orientamento della testa, e in particolare le parti della colonna che permettono il movimento di rotazione come le vertebre cervicali e lombari, formeranno egualmente una parte importante dell'immagine di sé.

Da questi cenni sommari, possiamo già vedere l'importanza dello scheletro nell'immagine di se stessi, poiché la testa, posta per mezzo della colonna sul bacino, parteciperà a tutte le azioni di orientamento e a tutte le azioni, passive o attive, avendo rapporti con il mondo esterno. La gabbia toracica, con il sistema respiratorio, sospeso su questa colonna, sarà coinvolta, e colorerà ogni movimento; da qui le prime indicazioni per la tenuta della gabbia toracica che deve non solo non disturbare il movimento di orientamento della testa, ma, al contrario, dovrà facilitarlo. Senza entrare in dettagli che esulerebbero dal quadro che ci siamo prefissati, ritorniamo ad alcuni aspetti educativi dell'immagine di sé.

Se ci si sdraia a terra, sul dorso, e si prova ad esplorare mentalmente e metodicamente il corpo intero, si scoprirà che certe parti sono più accessibili di altre all'attenzione e che, in generale, le parti meno accessibili non sono presenti alla coscienza durante l'azione. Si scoprirà inoltre che, in ogni azione, altre parti diventeranno inaccessibili alla coscienza e addirittura, che in alcune persone, certe parti non figurano quasi mai nell'immagine di sé durante l'azione.

Un'immagine di sé completa, che dia la stessa chiarezza e la stessa importanza a tutto il corpo, davanti, dietro e da tutti i lati, è un caso eccezionale e ideale. Chiunque può rendersi conto che l'uso che fa di sé corrisponde alla sua autoimmagine e che questa non è che una parte molto ristretta dell'immagine ideale; potrà anche rendersi conto che i rapporti dell'importanza relativa di un arto o di una parte dei corpo rispetto ad un'altra cambiano con la posizione e l'azione che si intraprende.

Per esempio, provate a chiudere gli occhi e con gli indici delle vostre mani, rappresentate davanti a voi la larghezza della vostra bocca; non è raro trovare degli scarti che vanno fino al 300% nel senso di esagerazione o di sottostima.

Provate ancora, sempre ad occhi chiusi, a rappresentare con le mani dall'avanti all'indietro lo spessore del vostro petto, e in seguito allargando le mani lateralmente, ed infine, verticalmente: sarete stupiti di vedere che il vostro giudizio cambia a seconda della posizione delle mani e che da queste tre prove otterrete tre risultati con scarti valutabili, in alcuni casi, in misura del 100%.

Un'ultima piccola esperienza: chiudete gli occhi, mettete davanti a voi le mani allungate, comodamente, e immaginate i raggi luminosi dell'indice sinistro che vanno all'occhio destro, e i raggi luminosi dell'indice destro che colpiscono l'occhio sinistro; immaginate questi raggi densi, materializzati: essi si incrociano dunque in un certo punto. Mantenete l'insieme delle vostre mani e della vostra testa in questa posizione, per così dire cristallizzata, e provate con l'indice e il pollice destro ad afferrare il punto di intersezione di questi raggi cristallizzati; aprite gli occhi e constatate l'errore commesso (se ce n'è). Ricominciate la stessa cosa, provate ad afferrare il punto di intersezione con la mano sinistra; aprite gli occhi e constatate che avete preso un altro punto. Questo modo di agire permette di distinguere tra gli errori oculari e gli errori manuali di origine cinestetica.

Se si esaminano in modo dettagliato un grande numero di persone, si scoprirà che, quando gli scarti tra i valori delle immagini di sé e i dati più obiettivi o reali sono dell'ordine del 100%, l'uso di questa parte del corpo è generalmente difettoso. Per esempio: le persone che, d'abitudine, mantengono il loro petto in stato di espirazione esagerata, scopriranno che nella loro immagine di sé, il petto è rappresentato due o tre volte più spesso di quanto non lo sia in realtà; e viceversa: le persone che abitualmente mantengono il loro petto in stato di inspirazione esagerata scopriranno che nella loro immagine di sé, lo spessore del petto è sottostimato. Un esame dettagliato di tutto il corpo e in particolare del bacino e della regione genitale e anale dà più di una sorpresa.

Se pensiamo che l'uso di sé non ha altro riferimento se non l'immagine di sé, possiamo ben capire le difficoltà che si incontrano per il perfezionamento di una qualsiasi azione. Si immagina che, avvicinando e migliorando l'immagine di sé fino ad una migliore approssimazione della realtà, si migliorerà il modo d'agire in generale e questo darà risultati molto più rapidi e su tutta l'estensione dell'attività, di quanti non se ne sarebbero ottenuti attraverso un esercizio concepito e applicato ad ogni singola azione.

L'AZIONE MUSCOLARE

Senza la muscolatura, liscia e striata, che traduce in termini per noi significativi, comprensibili, ciò che avviene nel sistema nervoso, tutto ciò che vi accade non sarebbe altro che una serie di reazioni chimiche lente, una sorta di attività di impulsi elettrici che non contengono in sé alcuna informazione significativa per l'uomo se non per quanto riguarda la chimica e l'elettricità. In base a tali reazioni e a tali impulsi non si potrebbe mai sapere, senza la trasduzione muscolare, se il sistema nervoso percepisce la bellezza, vede rosso o verde, bello o brutto, gradevole o sgradevole. E' la muscolatura liscia che traduce questi impulsi nella vita interiore di ciascuno di noi, ed è la muscolatura striata che collega il sistema nervoso con l'ambiente circostante.

Allo stato attuale della nostra conoscenza i muscoli sono il solo mezzo che ci consente di esprimere in termini umani l'insieme dell'attività chimica ed elettrica del sistema nervoso.

Lo studio approfondito dell'attività muscolare dal punto di vista del funzionamento del sistema nervoso è dunque d'importanza primordiale. Diciamo subito che qualsiasi evento si produca nel sistema nervoso non diventa cosciente e non e percepito da noi come sensazione o sentimento, come umore o azione se non al momento in cui arriva alla muscolatura periferica, intendendo per periferia anche i passaggi mucosi, dalla bocca all'ano. Fra questi dobbiamo anche includere la muscolatura dei capillari e di tutto il sistema sanguigno.

Il cervello stesso sembra essere insensibile alla maggior parte delle eccitazioni alle quali la periferia reagisce con violenza. Ci si rende conto di un'azione nociva sulla materia del cervello nella misura in cui essa produce un'azione alla periferia che diventa pertanto cosciente.

Con le onde corte o i raggi X si possono distruggere o bruciare ossa, tessuti interni senza che nulla venga percepito; se ne acquisisce coscienza solo quando è raggiunta la periferia. Non abbiamo la minima idea di quel che accade nel duodeno, nella vescica prima della distensione dei loro sfinteri; è quest'ultima, la distensione, che perviene alla nostra coscienza. La formazione dei calcoli renali o biliari passa inosservata fino al momento in cui essi dilatano lo sfintere corrispondente con il loro passaggio. La distruzione causata da una carie dentaria è percepita solo nel momento in cui induce una reazione nei capillari e nei tessuti esterni delle gengive.

Nel corso dell'evoluzione della vita sulla terra, il sistema nervoso e la muscolatura, dalla loro evoluzione primaria fino ai giorni nostri, hanno dovuto adattarsi al campo di gravitazione del globo terrestre. La maggior parte dell'attività del sistema nervoso e della muscolatura, oltre che a mantenere la temperatura e preservare l'ambiente chimico necessari alla sopravvivenza di questi due sistemi, è impegnata a garantire la sopravvivenza e lo spostamento del campo di gravitazione. La nostra stessa classificazione della vita animale in genere si basa sostanzialmente sul sistema di spostamento: distinguiamo il pesce che nuota nell'acqua, l'uccello che vola, gli animali che strisciano, scivolano o si arrampicano, quelli che camminano a quattro zampe, i bipedi ecc.

E' necessario tener ben presente una proprietà molto generale dell'azione muscolare: se proviamo a muovere leggermente l'indice, poi tutta la mano, poi l'avambraccio, infine tutto il braccio e cerchiamo di valutare lo sforzo insito in ciascuno di questi movimenti, potremo constatare che si compiono tutti con la stessa facilità. Ebbene, dal punto di vista lavoro in campo gravitazionale, i movimenti dell'indice richiedono un lavoro di qualche gm x cm, quelli della mano di qualche migliaio di gm x cm, quelli dell'avambraccio qualche decina di migliaia di gm x cm, quelli di tutto il braccio molto di più ancora. Si vede dunque che la sensazione muscolare dello sforzo non misura affatto il lavoro compiuto, ma qualcos'altro e, precisamente, la qualità dell'organizzazione del movimento.

La quantità di lavoro compiuta può variare da un gm x cm a un milione di gm x cm, pur rimanendo immutata la sensazione di sforzo. Solo quando si verifica ostacolo, impedimento e ci si mobilizza in modo inadeguato per superarlo si avvertirà una sensazione di maggiore sforzo; tale sensazione di incremento di sforzo non corrisponde necessariamente all'aver compiuto un lavoro maggiore. Possiamo dire, molto in generale, che le sensazioni e i sentimenti ci rendono conto dell'organizzazione interna, della mobilizzazione e non delle differenze che si possono misurare o verificare attraverso la realtà oggettiva.

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Dal momento che sentimenti e sensazioni non ci informano dell'atto realmente compiuto, siamo costretti a ricorrere al processo mentale, al giudizio, alla comprensione, al sapere per poter adattare i nostri sentimenti e le nostre sensazioni all'effetto auspicabile. Senza questi mezzi, gli errori commessi potrebbero, nella maggior parte dei casi, essere anche fatali.

Dal momento che agiamo in base all'immagine di sé formatasi in modo casuale e che tale immagine è sostanzialmente costituita da sentimenti e sensazioni, è facile provare come negli atti che implicano l'uso di sé nelle parti dell'immagine di sé che non sono chiare, vale a dire quelle che non sono parte integrale di questa immagine, si può arrivare a commettere errori che arrivano fino a sostituire quel che si crede di fare con l'atto contrario oppure compiere un atto che non ha alcun rapporto con quello che si ha intenzione di fare, senza accorgersene.

Nell'esercizio di rotazione del tallone e delle dita dei piedi, capiteranno probabilmente dei momenti in cui farete movimenti contrari a quelli che avevate la sensazione di fare: spesso ve ne accorgerete e tale percezione provocherà un'interruzione nel filo delle immagini di orientamento. Di norma è molto raro che ci accada di perdere il controllo del tallone o del piede al punto di non saperne la collocazione nello spazio o quel che ne stiamo facendo. Infatti, di solito non ricorriamo al processo mentale per verificare se c'è corrispondenza fra i nostri atti e l'effetto desiderato, poiché ci limitiamo ad agire secondo quella parte di immagine di sé formatasi nell'infanzia fino all'età di 14 anni circa e di cui siamo più o meno soddisfatti: ed è raro che ci azzardiamo a completare tale immagine.

Continuiamo così a servirci solo di ciò che si è formato nella giovinezza quando lo slancio vitale permetteva sforzi diventati difficili più tardi. D'altro canto, nella giovinezza il tempo che ci si può concedere per questo apprendimento è raramente razionato come avviene in età adulta. E' utile sottolineare che questo razionamento soggettivo che ciascuno compie del proprio tempo esaurisce tutte le nostre risorse creative.

Non mi è facile fornire l'esempio di un atto che sia al di fuori dell'immagine di sé per qualsiasi individuo, il che rende difficile convincere tutti con lo stesso esercizio del fatto che si compie spesso l'atto contrario o un atto completamente diverso da quello che si crede o che si ha l'intenzione di fare.

Proviamo comunque l'esercizio seguente che riesce abbastanza spesso. Mettete il palmo della mano destra sull'ombelico, con le dita verso la sinistra. Provate a portare il gomito destro davanti a voi, in modo da formare un angolo retto fra l'avambraccio e il dorso della mano. Se non ci riuscite, provate ad appoggiarvi al tavolo o a terra per rendervi conto che non vi è in sé alcuna difficoltà ad ottenere un angolo retto fra il dorso della mano e l'avambraccio. Provate ora nuovamente, in un altro modo: mantenete l'angolo retto fra il dorso della mano e l'avambraccio e cercate di mettere il palmo della mano, così organizzata, sull'ombelico, come all'inizio. Rendetevi conto se ci siete riusciti. In caso contrario, avete notato il momento in cui la mano ha abbandonato la configurazione precedentemente assunta e ha ceduto - facendo dunque esattamente il contrario di ciò che voi volete fare - per stabilire il contatto con l'ombelico? Come mai la mano, che è la parte più utilizzata e più abile dei nostro corpo per compiere movimenti volontari, non vi ubbidisce, a tal punto che i muscoli flessori agiscono da soli mentre voi volete mantenere una contrazione degli estensori?

Per imparare a fare questo movimento a proprio piacimento in modo corretto bastano solo pochi secondi ma, come, si è già detto, non si tratta di imparare un'azione o un'altra: quel che ci interessa è la dinamica dell'uso in sé in generale.

Tale preoccupazione nei confronti della costituzione e della chiarificazione dell'immagine di sé, indotta dall'aver rivolto la propria attenzione all'orientamento spaziale e temporale per ottenere una maggiore conoscenza di sé, non è nuova come si potrebbe credere. Gli artisti che creano: pittori, musicisti, poeti, uomini di scienza, filosofi, ecc. si applicano costantemente, senza pensarci espressamente nei termini in cui l'abbiamo fatto noi, all'ampliamento e alla chiarificazione dell'immagine di sé nell'ambito particolare cui si interessano.

Così, ad esempio, il pittore davanti alla sua tela, mentre prova a fare un ritratto, che si tratti o meno di pittura figurativa, cerca di rendersi conto dei sentimenti e delle sensazioni che egli prova davanti a ciò che vede, così come dello stato di mobilizzazione e del peso della sua mano che guida il pennello, cosicché questa si orienti con l'intensità che la sua sensazione giudica necessaria per tradurre con precisione ciò che sente. Spesso fisserà, sempre più da vicino, i contorni del tratto voluto fino ad esserne pienamente soddisfatto: e troveremo che numerosi pittori lasciano sulle proprie tele le tracce delle loro ricerche.

Il poeta soppesa le parole, la loro lunghezza, il loro suono, i rapporti che le legano l'una all'altra, e non solo il loro significato, fino al punto in cui l'insieme traduca il suo sentimento o il suo pensiero. Fa dunque con le parole ciò che noi facciamo con il tallone e anch'egli amplia, chiarifica e rende più precisa e più cosciente l'immagine di sé in questo ambito. In questi due esempi come nel movimento del piede, una ripetizione meccanica dell'azione non sarebbe altro che un lavoro muscolare e non uno sviluppo. Questo ci porta direttamente a definire con chiarezza le esigenze della qualità essenziale di un esercizio utile per ampliare e chiarificare l'immagine di sé: in un modo o nell'altro, deve far progredire l'orientamento cosciente onde consentire azioni nuove o migliori: proprio come l'esercizio del tallone porta a un uso migliore della gamba in generale.

La ripetizione meccanica senza applicare la propria attenzione a quel che accade e a quel che si sente nel corso dell'azione, senza porre tale attenzione sull'immagine nel suo insieme e sulle sue ripercussioni nell'entità non può essere considerata altro che un lavoro certamente utile, ma che non aggiunge nulla allo sviluppo. Così, il postino che cammina tutto il giorno non diventerà campione di marcia se non servendosi della sua attenzione per rendere coscienti le modalità della sua azione, cioè occupandosi dell'orientamento spaziale e temporale della propria immagine di sé. Quanto abbiamo detto vale anche per l'atleta, il quale, fidando unicamente nella ripetizione meccanica, resterà sempre allo stesso punto e farà solo progressi lenti e minimi.

Il tentativo di sviluppare l'immagine di sé deve essere preferibilmente compiuto in termini di generalità, completando l'immagine nelle sue grandi linee in tutte le direzioni e non solo negli ambiti in cui si ha un'esperienza più o meno estesa. Cosi, non sappiamo ancora preconizzare o concepire il miglioramento della respirazione attraverso una buona messa a punto della digestione, né la ripercussione di queste due funzioni sulla vista o sulla memoria. L'esperienza prova che il matematico non è un musicista come gli altri, che un poeta musicista non è un poeta come gli altri e un'immagine di sé più o meno completa darà personaggi quali Leonardo da Vinci o Shakespeare.

Per parlare infine dell'azione muscolare vera e propria, proviamo a tracciare alcune grandi linee direttrici. Uno stesso muscolo risponde a stimoli o impulsi di diversa provenienza, ad esempio il muscolo della palpebra può fare un movimento clonico in certi istanti di fatica o rispondere in modo riflesso al volo di un insetto verso l'occhio o rispondere alla volontà di chiudere o aprire l'occhio: la qualità della contrazione muscolare è molto diversa da un caso all'altro. I movimenti volontari hanno di particolare la caratteristica di essere reversibili, cioè che in ogni punto della traiettoria in cui si muove la parte del corpo in questione è possibile fermare il movimento, tornare indietro, riprendere la direzione iniziale o fare altro ancora. Nella parte dell'immagine di sé il cui apprendimento lascia a desiderare, la reversibilità è inesistente o lascia anch'essa a desiderare. Se, ad esempio, provate a ruotare la testa a destra e nello stesso tempo a ruotare gli occhi per guardare verso sinistra, verificate fin dai primi tentativi che cosa sia la non-reversibilità. Provate a fare i due movimenti una ventina di volte, badando a mantenere il ritmo continuo della respirazione durante l'esecuzione del movimento, fintanto che non riuscirete a compiere i due movimenti con la stessa semplicità con cui si guarda con gli occhi nella direzione della rotazione della testa; potrete constatare un cambiamento del tono della muscolatura della nuca dal lato della rotazione della testa come quando si prova a ruotare la testa a destra e a sinistra e troverete che il lato destro è favorito, in quanto l'angolo di rotazione sarà nettamente più ampio che non a sinistra e, inoltre, la rotazione a destra sarà più agevole e fluida. Ora vi è maggiore reversibilità dal lato destro e su più ampia angolatura.

Il vantaggio della nozione di reversibilità consiste nel fatto che applicandola ad un'azione qualsiasi, non soltanto questa si fa più fluida, ma l'ambito e l'estensione d'applicabilità dell'azione divengono più ampie. Nella maggior parte dei movimenti della vita, gli occhi e la testa ruotano dallo stesso lato e tale combinazione diventa abituale; più rara, invece, la combinazione inversa, tanto che, vedremo, molte persone non se ne sono mai servite.

Lo stesso accade per i movimenti del tronco e delle braccia che, nella vita di tutti i giorni, ruotano sempre nella stessa direzione degli occhi e della testa. Avremo dunque mancanza di reversibilità provando movimenti in cui le due braccia, o una delle due, devono muoversi in una direzione opposta a quella degli occhi e della testa. Ad esempio: se mettiamo il palmo della mano destra dietro alla testa e quello della mano sinistra sulla fronte e proviamo quindi a far ruotare la testa fra le mani da destra a sinistra, noteremo che un gran numero di persone sostituirà alla rotazione della testa fra le mani i movimenti abituali della propria immagine di sé, vale a dire la rotazione dell'intero tronco, compresi braccia e testa, a destra e a sinistra; gomiti, occhi e testa ruoteranno dunque in ogni momento nella direzione abituale senza che la persona se ne renda conto, anche se la sua attenzione è rivolta a tale movimento.

La combinazione dell'immagine di sé abituale è, in una certa misura, compulsiva, in quanto la persona non può scegliere di fare altrimenti: sostituisce all'azione proposta un'azione abituale senza minimamente dubitare che non sta facendo ciò che vuole.

Quando la mancanza di reversibilità è cosi pronunciata, è necessario ricorrere a dimostrazioni sottili per consentire nella persona la presa di coscienza della differenza tra ciò che fa realmente e ciò che si era proposta di fare. Applicando questa tecnica di reversibilità all'insieme costituito da occhi, testa e spalle, si proverà una sensazione simile a quella che si avverte nel trovare la soluzione a un indovinello o a un problema difficile. E' come se si fosse trovato un nuovo grado di libertà nell'uso di sé.

Le scuole esoteriche ricorrono ampiamente ad una tecnica che consiste in questo: gli adepti devono rimanere immobili in una posizione in cui possa sorprenderli il richiamo del maestro. Si mantiene questa posizione, per quanto faticosa e strana possa essere al momento del segnale. Mantenendola fino al segnale che permetterà di riprendere l'attività sospesa, si prende coscienza del l'orientamento relativo degli arti, degli sforzi inutili delle parti del corpo, di quelle ignorate o trascurate dell'immagine di sé che non partecipano al movimento: riprendendo l'attività, si possiede una maggiore reversibilità, poiché di fatto questa tecnica è analoga a quella di cui vi stiamo parlando. Gurdjieff la definiva "La tecnica dello stop" e ne faceva ampio uso.

Tramite una scelta attenta e appropriata di esercizi di questo genere si riesce ad abbattere il limite imposto da un arresto di sviluppo che circoscrive le configurazioni possibili, nell'attività, a quelle che l'abitudine ha reso familiari. Il miglioramento dell'immagine di sé ha dunque l'effetto di aumentare ed ampliare il numero e la varietà delle

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configurazioni e delle azioni accessibili all'uso; ed è così che un miglioramento della reversibilità va di pari passo con una ripresa dello sviluppo generale della coscienza nei suoi rapporti d'orientamento nel tempo e nello spazio.

L'orientamento è così strettamente legato alla coscienza che si tende ad attribuirgli le prerogative della coscienza in generale. Prima che la testa e gli occhi riprendano l'abituale contatto con lo spazio e si orientino nei rapporti consueti e familiari con la verticale nel campo gravitazionale, non si possiede il comando di sé.

Vi sarà capitato di svegliarvi in un letto non familiare, o anche nel vostro, e di trovarvi orientati in modo diverso da quando vi siete coricati; e se al momento del risveglio non ritrovate immediatamente il vostro orientamento familiare con lo spazio, avvertirete un'incapacità a riprendere il "comando di sé" fino al momento in cui prenderete coscienza di una carenza rispetto all'orientamento abituale o in cui ritroverete casualmente tale orientamento.

Anche in stato di veglia si può avvertire, una lacuna o un'interruzione della continuità cosciente quando vi è sorpresa o mancanza di continuità nell'orientamento. Ad esempio, nel salire le scale, se, per una qualsiasi ragione, ci si aspetta di trovare l'ultimo scalino e accade invece che il piede non lo trovi, si verifica non solo uno choc meccanico del corpo, ma anche una rottura netta nella continuità della coscienza. Parimenti, nello scendere, se si trova il pavimento laddove invece ci si aspettava ancora uno scalino, si verifica lo stesso choc e la stessa rottura di coscienza.

La ripresa di coscienza da parte di chi l'ha perduta si esprime con la domanda "Dove sono?". Sul piano soggettivo, una lacuna nel susseguirsi delle immagini di orientamento viene certamente avvertita come una lacuna cosciente.

Rimane da convincersi del fatto che il rapporto fra coscienza e orientamento ha un significato di valore più generale. L'applicazione metodica e oculata della nozione di reversibilità all'immagine di sé dà, nel tempo, i risultati seguenti:

1) rende coscienti le configurazioni e i rapporti dello scheletro;

2) riduce e porta allo stesso livello il tono latente di tutta la muscolatura;

3) riduce lo sforzo in tutti i campi dell'attività;

4) semplifica la mobilizzazione di sé e, pertanto, l'intraprendere qualsiasi azione;

5) aumenta la sensibilità, cioè permette di individuare anche le minime varia zioni dalla norma;

6) migliora la capacità d'orientamento;

7) aumenta la versatilità dell'intelligenza;

8) riduce la fatica aumentando dunque la capacità di lavoro e di perseveranza;

9) migliora l'atteggiamento, la respirazione e ringiovanisce dunque il corpo;

10) migliora la salute in generale e la capacità d'azione;

11) migliora il coordinamento in ogni tipo di attività;

12) facilita l'apprendimento in qualsiasi ambito, mentale o fisico;

13) permette una conoscenza di sé più approfondita.

La riduzione e l'equalizzazione del tono latente della muscolatura, insieme all'integrazione della coscienza dello scheletro, permette a quest'ultimo di svolgere la sua funzione strutturale nel campo di gravità, cioè di annullare la componente verticale di compressione prodotta dal peso del corpo o dei suoi elementi. La muscolatura viene dunque liberata dal carico del peso, il che consente di iniziare ogni atto con uno sforzo minimo che, nel caso ideale, sarà prossimo a zero.

Chiariamo meglio: stando in piedi, con le gambe troppo divaricate, il movimento da destra a sinistra richiede uno sforzo maggiore che non tenendo le gambe più ravvicinate. Il movimento in avanti e all'indietro è possibile solo facendo un movimento preliminare per indurre la componente verticale di compressione a passare longitudinalmente attraverso lo scheletro della gamba, che, con le sue forze elastiche, lo annullerà e permetterà lo spostamento in avanti o all'indietro con uno sforzo minimo. Nel caso ideale tale sforzo sarà pari a quello necessario per vincere la resistenza dell'aria e la resistenza dell'attrito nelle articolazioni.

Un uso migliore e generalizzato dello scheletro mette in gioco tutte le superfici articolari e intervertebrali fino al limite delle possibilità strutturali anatomiche di queste superfici. Il più delle volte, il limite che ci imponiamo in buona fede e che attribuiamo alla mancanza di agilità e flessibilità è dovuto alla contrazione e all'accorciamento dei muscoli che, per abitudine o mancanza di valutazione cosciente, conserviamo a nostra insaputa e che, una volta diventati abituali, si traducono in deformazioni e usure non uniformi delle superfici intervertebrali e interarticolari.

La degenerazione delle articolazioni dello scheletro richiede una nuova limitazione della muscolatura onde evitare dolori e difficoltà nel movimento: si forma così un circolo vizioso che porta alla deformazione dello scheletro, della colonna vertebrale, dei dischi intervetebrali e che rende senile il corpo e riduce l'estensione e la varietà dei movimenti molto prima che non lo giustifichi l'età. L'esperienza ci mostra come l'età non abbia che un'influenza minima su tali limiti e come sia possibile ripristinare la capacità del corpo di fare tutti i movimenti consentiti dalla struttura anatomica dello scheletro.

Fino ai sessant'anni, con persone più o meno sane, senza malattie serie, si può arrivare a questa condizione straordinaria con un'ora di lavoro per ogni anno di vita. In casi di intelligenza limitata è necessario aggiungere una mezz'ora circa per ogni anno di vita. Oltre i sessant'anni l'intelligenza e l'attaccamento alla vita determineranno il tempo necessario per giungere allo stesso risultato.

L'UNITA' ESSENZIALE DELLA MENTE E DEL CORPO

L'idea conduttrice cui si ispira questa tecnica è la seguente: per lo meno nel corso dell'azione, le manifestazioni mentali e fisiche sono due diversi aspetti di un unico funzionamento. Le manifestazioni fisiche e mentali non sono due serie di fenomeni collegate da una qualsiasi corrispondenza, bensì due facce di una stessa entità, come le due facce di una medaglia. E' probabile che sia proprio la formazione in serie del linguaggio nel tempo o la linearità che ha determinato la genesi in serie del nostro pensiero che rende impossibile l'espressione simultanea di due aspetti.

A meno che non si inventi un vocabolario speciale o una notazione, come avviene in matematica, siamo costretti ad attuare la separazione di questi due aspetti pur desiderando il contrario. Persino il concetto più astratto, quello di numero, ad esempio, non è indipendente dal supporto fisico del sistema. La velocità del pensiero è strettamente connessa alla velocità dei processi della corteccia motoria. Il tempo necessario per pensare e identificare l'uno dopo l'altro gli intervalli numerici compresi fra venti e trenta è più lungo di quello necessario per identificare gli stessi intervalli da uno a dieci, in quanto il pensiero è collegato anche sul piano non verbale, all'articolazione dei numerali, nel primo caso più lunghi che non nel secondo. Allo stesso modo, il pensare "a destra" o "a sinistra" si compie con la velocità dell'attivazione dei muscoli oculari.

Il sistema nervoso dell'uomo consente, grazie ad un apprendimento appropriato, di eliminare l'attivazione delle muscolature della laringe e dell'occhio e, pertanto, di accelerare in qualche misura il processo mentale. Esso rimarrà comunque sempre limitato alla velocità di ciò che accade nella corteccia motoria. La lettura di una pagina è legata alla velocità della percezione oculare: non possiamo dunque pensare il contenuto della pagina alla velocità voluta. In quest'ultimo caso e ancora possibile accelerare i processi mentali dissociandoli parzialmente dai processi muscolari associati.

Ciò che ci interessa è che il pensiero è un aspetto del funzionamento di un supporto fisico del processo mentale. Più esaminiamo da vicino, più è difficile trovare un atto mentale che si compia senza che lo si possa attribuire ad un funzionamento connesso al suo supporto fisico. Le moderne idee sulla struttura della materia porteranno forse a vedere in essa solo una manifestazione di energia, o qualche cosa di attenuato quale il pensiero stesso.

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La familiarità di alcuni fenomeni ce li rende oscuri, tanto che non riusciamo più a vederli con chiarezza. La velocità è per noi una cosa reale, tangibile, misurabile; eppure non è possibile toccare o misurare una velocità, poiché di fatto la velocità non è altro che un'astrazione. Per misurare la velocità, dobbiamo prendere nota dei cambiamenti di posizione di un supporto fisico. Possiamo anche andare oltre e misurare un'astrazione dell'idea di velocità, peraltro già astratta: possiamo infatti misurare l'accelerazione e la decelerazione, sempre a condizione di osservare il cambiamento del tipo di spostamento di un supporto fisico. Facciamo anche una terza astrazione tracciando la curva di variazione dell'accelerazione. Questa analogia è poi veramente tanto lontana da quanto accade in noi quando pensiamo?

Osservate almeno l'analogia, nell'ordine dell'astrazione, con un processo mentale: leggo una pagina meccanicamente; mi esamino: l'ho capita? Rileggo la pagina e questa volta mi osservo per rendermi conto se capisco. La rileggo una terza volta osservandomi: perché non ho capito niente alla prima lettura e come mai? Ben note sono anche altre astrazioni di ordine più elevato.

CONSAPEVOLEZZA ATTRAVERSO IL MOVIMENTO

di Moshe Feldenkrais

Il movimento è il segno più rappresentativo dell'attività del sistema nervoso.

I tremiti spasmodici, i differenti tipi di paralisi, l'atassia, la difficoltà di eloquio, la mancanza di controllo della massa muscolare in generale, sono altrettanti testimoni di una lesione o di una disfunzione del cervello o di altre parti del sistema nervoso.

E' inutile far fare a una persona un movimento qualunque, se non si cerca di incoraggiare il sistema nervoso a inviare gli stimoli necessari alla contrazione dei muscoli interessati per un movimento, o un insieme di movimenti, corretti, effettuati nella giusta sequenza temporale.

Il movimento, o al contrario l'assenza di movimento, sono testimoni dello stato del sistema nervoso, del suo aspetto ereditario e del suo grado di sviluppo.

Alla nascita, a parte piangere o contrarre tutti i muscoli flessori in uno sforzo globale non differenziato, noi possiamo effettuare solo un piccolissimo numero di movimenti volontari. Impariamo per esperienza a rotolare, strisciare, sederci, camminare, parlare, correre, saltare, dondolarci, girare, e a fare tutto ciò di cui siamo capaci una volta adulti.

La nostra coscienza si adatta gradualmente all'ambiente in tutta la sua varietà. I primi contatti con l'esterno avvengono attraverso la pelle e la bocca. Più tardi, apprendiamo a differenziare il movimento degli arti e ad adeguarli guardandoli. Il problema principale è la differenziazione dei movimenti. Così, l'anulare resterà maldestro a meno che non suoniamo uno strumento o non ci esercitiamo a farlo muovere volontariamente.

Noi tendiamo a modificare il "tutto o niente" di una contrazione muscolare primitiva, in un'attività volontaria più o meno ben differenziata.

A questo risultato giungiamo allo stesso modo in cui arriviamo a parlare spontaneamente, cioè senza avere consapevolezza del processo di sviluppo implicato, e senza essere consci del grado di perfezione raggiunto nel nostro apprendimento, poiché ciò è dovuto al fatto che non avvertiamo grosse lacune rispetto alle altre persone.

E' quando incontriamo grosse difficoltà che prendiamo coscienza che qualcosa non va. La maggior parte di noi si accontenta di un'allegra mediocrità, giusto sufficiente a fare di noi una persona fra tante altre.

Il mio Metodo, o tecnica, per ottenere uno sviluppo migliore del sistema nervoso, si basa sull'utilizzo delle relazioni reversibili dei nostri muscoli e del nostro sistema nervoso. Questi si sono sviluppati in funzione della gravità, che determina lo sviluppo e l'apprendimento di ogni individuo così come di tutte le specie del livello evolutivo.

Lo sviluppo straordinario dei lobi frontali (del sistema sopra-limbico in generale) nell'uomo, prova che il suo funzionamento costituisce un miglioramento evolutivo e favorisce la sopravvivenza dei meglio adattati. Questo sviluppo del cervello umano avviene durante la crescita a partire dalla nascita, in funzione dell'esperienza individuale. Ne deriva una straordinaria possibilità, che non esiste negli altri animali, di assimilare un gran numero di risposte apprese, ma che rende l'uomo per questo stesso fatto vulnerabile, poiché esistono pericoli legati a un cattivo apprendimento. Gli altri animali hanno delle risposte appropriate agli stimoli radicati nel loro sistema nervoso, sotto forma di reazioni istintive che si rivelano raramente cattive.

Noi abbiamo tendenza a sbagliarci più di altre creature e, ciò che è più grave, abbiamo poca probabilità di prendere coscienza di ciò che abbiamo commesso come errore, per il fatto che noi siamo al tempo stesso allievo e giudice; il nostro giudizio dipende da ciò che abbiamo imparato, e si limita alla nostra conoscenza.

La conclusione oggettiva della nostra analisi è che per progredire, dobbiamo migliorare il nostro giudizio. Ma questo ci riporta alla casella di partenza, poiché il giudizio è il risultato dell'apprendimento, che, quando siamo adulti, è già lontano dietro di noi.

Per rompere questo circolo vizioso, noi utilizziamo la qualità principale della parte sopra-limbica del nostro cervello, che è capace di sentire e di fare astrazione, se non addirittura anche di esprimere con parole, le azioni dei nostri corpi. Riducendo al massimo tutti gli stimoli, riduciamo praticamente al nulla qualunque possibilità di cambiamento del nostro sistema muscolare e dei nostri sensi (e mettiamo così in pratica la legge di Fechner-Weber). In compenso aumentiamo al massimo la nostra sensibilità e siamo così in grado di distinguere dettagli sottili che andrebbero oltre di noi o che sfuggirebbero alla nostra attenzione, anche quando tentassimo di captarli. E come se fossimo delle persone daltoniche, incapaci di distinguere il verde dal rosso, cui viene restituita la capacità di differenziare questi due colori.

Una volta che la capacità di differenziare migliora, diventa possibile percepire i dettagli che si riferiscono a se stessi o al proprio ambiente, e il seguito è solo questione di esperienza, di pratica, di tempo e di attenzione.

Quando diventiamo consapevoli di ciò che facciamo realmente, e non di ciò che diciamo o pensiamo, la via del miglioramento ci è ampiamente aperta. La rettifica delle modificazioni scoperte è un problema in sé. Ma la tendenza radicata in noi che ci spinge verso condizioni ottimali si occupa generalmente di risolverlo in una certa misura.

Lo svolgimento di una lezione

Per cominciare, le lezioni si fanno distesi al suolo, sulla pancia o sulla schiena, per facilitare l'annullamento degli schemi muscolari abituali.

Le pressioni abituali sulla pianta dei piedi e la configurazione delle articolazioni dello scheletro che ne consegue vengono eliminate, il sistema nervoso non riceve gli stimoli abituali, dovuti alla gravità, e gli impulsi non sono legati agli schemi di movimenti consueti. Si scopre con sorpresa che la persona risponde ad essi in maniera diversa.

Per favorire un tale risultato, le lezioni dovrebbero essere fatte il più lentamente possibile, nel modo più piacevole possibile, senza forzare e senza soffrire; l'obiettivo principale non è di esercitare ciò che si conosce già, ma di scoprire in sé reazioni sconosciute, che permettano di imparare ad agire in una maniera più appropriata.

La finezza dei movimenti dovrebbe essere tale che dopo averli ripetuti 15 o 20 volte, lo sforzo inizialmente necessario sia ridotto quasi unicamente al fatto di pensarci. E' ciò che consente alla persona di sviluppare al massimo la sua sensibilità, permettendole così di scoprire i cambiamenti che intervengono, sia al livello del tono, che al livello dell'allineamento delle differenti parti del proprio corpo.

Alla fine della lezione, si dovrebbe giungere alla sensazione di essere sospesi leggermente dalla testa, che i piedi non tocchino il suolo, e che il corpo scivoli quando si muove.

La testa, che contiene tutti i recettori, cioè gli occhi, le orecchie, le narici e la bocca, che gira a destra e a sinistra in quasi tutti i movimenti determinati dalle modificazioni che intervengono nello spazio che ci circonda, dovrebbe in fin dei conti girare con una delicatezza ineguagliata, anche dal meccanismo più perfezionato concepito dall'uomo. Di tutti i recettori, solo gli occhi possono anche muoversi in relazione con la testa, e il loro movimento, nella stessa direzione della rotazione della testa, o in un movimento opposto, dovrebbe essere scorrevole e facile, se la testa si muovesse come dovrebbe.

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Offrire al corpo la possibilità di perfezionare tutte le forme, tutte le configurazioni possibili delle sue membra, modifica non soltanto la lunghezza e la flessibilità dello scheletro e dei muscoli, ma provoca ugualmente un profondo cambiamento nell'immagine che la persona ha di sé e nella qualità di direzione che viene acquisita da essa stessa.

UNO SGUARDO SUL METODO FELDENKRAIS

di Ralph Strauch

Che cos'è il Metodo Feldenkrais ®?

Una breve storia del Metodo

Quando dovreste prendere in considerazione il Metodo Feldenkrais?

Controindicazioni, avvertimenti, precauzioni

Alcune conclusioni

Riferimenti

Note

Che cos'è il Metodo Feldenkrais?

Il Metodo Feldenkrais è un modo per apprendere; un apprendimento per muoversi più liberamente e più facilmente, per portarsi appresso meno stress nel corpo, per smettere di fare quelle cose che vi provocano dolore. Non si tratta di quel genere di apprendimento verbale o intellettuale a cui eravate abituati a scuola. È un genere di apprendimento attraverso e con il vostro corpo, apprendimento che conoscevate quando eravate bambini ma col quale avete perso il contatto diventando adulti. Per mezzo di movimenti gentili e un'attenzione guidata, esso accresce la vostra auto-consapevolezza per riportarvi in contatto con voi stessi, con un movimento fluido e facile che è un vostro diritto in quanto essere umano. Noi chiamiamo questo genere di apprendimento, apprendimento organico o educazione somatica.

Potreste chiedervi: Perché mai, nel caso stessi soffrendo di dolori alla schiena quale conseguenza di un colpo apoplettico o da ripetuti danni da stress, dovrei essere interessato all'apprendimento? Condizioni come questa sono solitamente pensate come condizioni fisiche, e richiedono trattamenti fisici. Ma questo modo di pensare è incompleto e poco efficace. E' incompleto perché non tiene conto del ruolo che giocano le risposte dell'inconscio rispetto al dolore e le limitazioni che esperite. Non ha efficacia perché non prende in considerazione la vostra possibilità di poter modificare queste risposte.

Dolore e limitazioni provengono da due diverse fonti: le condizioni fisiche di base e le scelte subconsce che fate nell'organizzazione del vostro corpo e dei movimenti. Una schiena rigida, per esempio, può risultare dalla combinazione di muscoli infiammati - che è una condizione fisica - e una tendenza subconscia a tenere la schiena tesa e resistente al movimento. Questa tensione può essere in parte una risposta a dei muscoli infiammati, e in parte un'abitudine che ci portiamo dietro da molto tempo (scelte inconsce). Essa impedisce alla vostra schiena di essere partecipe nei movimenti accentuando così gli stress che i

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vostri movimenti impongono alla schiena. I trattamenti medici affrontano le condizioni fisiche e trascurano le scelte inconsce, mentre il Metodo Feldenkrais vi aiuta a cambiare queste scelte.

Il Metodo viene insegnato in due modalità differenti: lezioni di gruppo o seminari di Consapevolezza Attraverso il Movimento, e lezioni individuali di Integrazione Funzionale. Nelle classi di Consapevolezza Attraverso il Movimento l'insegnante vi guida attraverso una sequenza di movimenti gentili e per nulla faticosi. Un'attenta ripetizione vi aiuta a scoprire come muovervi più efficacemente e più comodamente. Gli allievi spesso sperimentano miglioramenti immediati nella postura, nella leggerezza del movimento e nel liberarsi da disagi cronici.

Nelle lezioni di Integrazione Funzionale voi giacete vestiti comodamente solitamente su un largo tavolo basso e imbottito. L'insegnante utilizza un tocco gentile per esplorare i vostri schemi di organizzazione e di movimento abituali, per suggerirvi poi un modo di essere più funzionale. Ogni lezione è adattata ai vostri specifici bisogni; non c'è una sequenza (motoria) preordinata o un numero di lezioni preordinate.

Sebbene possano apparire assai differenti Consapevolezza attraverso il movimento e Integrazione funzionale sono delle varianti del medesimo processo di base. Rallentando la velocità dei movimenti e notando come il corpo funziona, ottenete dei segnali di ritorno sensoriali (feed-back) su cui il vostro sistema nervoso può costruire un'accresciuta auto-consapevolezza e una miglior funzionalità. In Consapevolezza attraverso il movimento vi prendete cura e imparate dal feedback fornito dai vostri movimenti, mentre nell'Integrazione Funzionale quel feedback viene accresciuto dall'addestrata consapevolezza dell'insegnante e dal suo abile tocco.

Una breve storia del Metodo

Il Metodo Feldenkrais fu sviluppato dal Dott. Moshe Feldenkrais, fisico e ingegnere israeliano, nonché valido atleta e maestro in arti marziali. Trovandosi disabile nel camminare a causa di un ginocchio infiammato, Feldenkrais non volle accettare la raccomandazione del suo medico per un'eventuale operazione chirurgica. La lesione - egli ragionava - non lo aveva azzoppato quando accadde, così, forse, la sua disabilità attuale non derivava dalla lesione stessa ma da qualcosa che lui stesso aveva fatto in risposta alla lesione. Forse aveva fatto degli aggiustamenti di qualche tipo per adattarsi alla nuova situazione che lo avevano fatto stare peggio. E se fosse stato per davvero così, forse avrebbe potuto imparare ad adattarsi in maniera diversa, riducendo così il dolore e le sue limitazioni.

Feldenkrais cominciò ad esplorare il modo in cui usava le sue ginocchia, inizialmente con movimenti minuscoli e gentili poiché bastava un niente a provocargli del dolore. Rivolse così la sua allenata mente analitica per rispondere alla domanda: "come funzioniamo noi esseri umani?", facendo da autodidatta studi di anatomia, neurologia, e di tutte quelle altre materie strettamente collegate, portando l'esperienza acquisita nella pratica dello Judo così come altre forme di movimento.

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Egli insegnò a se stesso come camminare nuovamente, senza dolore. Sviluppò anche una rivoluzionaria concezione di come gli esseri umani imparano e funzionano che divenne poi la base del Metodo Feldenkrais. Articolò questa conoscenza nel suo libro "Corpo e comportamento maturo", e, successivamente attraverso altri scritti e insegnamenti. Il libro successivo, "Conoscersi attraverso il movimento", fornisce una buona introduzione al suo pensiero.

Feldenkrais si dedicò all'insegnamento, via via intensificando il suo impegno nel suo lavoro sul movimento, tenendo dei corsi che, più tardi, sarebbero stati chiamati Consapevolezza attraverso il movimento; analogamente, lavorando a livello individuale con delle persone, sviluppò un genere di lezione manipolatoria che assumerà la denominazione di Integrazione Funzionale. Alla fine questo divenne il suo lavoro a tempo pieno. Nel 1969 cominciò a formare un piccolo gruppo di insegnanti a Tel Aviv. In seguito insegnò in due corsi di formazione professionale negli Stati Uniti: a S. Francisco (1975-1977), e ad Amherst, nel Massachusetts (1980-1983). Alla sua morte nel 1984 aveva formato approssimativamente 300 persone, la maggioranza delle quali proveniente dagli Stati Uniti.

La Feldenkrais Guild venne fondata nel 1977 per sostenere e rappresentare gli insegnanti che Feldenkrais aveva formato. Dopo la sua morte la Guild si assunse la responsabilità del Metodo per mezzo di iniziative come l'accreditamento di corsi di formazione professionale (training), la messa a punto di un codice etico e di modelli di pratica professionale per gli insegnanti. Poiché gli insegnanti venivano formati e altre organizzazioni di insegnanti si sono venute a formare in altri paesi, la Guild ha circoscritto le sue attività negli Stati Uniti e in Canada. L'IFF - International Feldenkrais Federation (Federazione Internazionale Feldenkrais) venne creata nel 1992 come federazione delle organizzazioni professionali di insegnanti che operano nelle diverse nazioni. Nell'anno 1996 vi erano quasi 3000 insegnanti Feldenkrais formati in più di 30 paesi nel mondo, (1000 negli Stati Uniti), e il numero sta crescendo rapidamente.

Quando bisogna prendere in considerazione il Metodo Feldenkrais?

Il Metodo Feldenkrais non si occupa delle condizioni delle persone da un punto di vista medico in sé e per sé. Invece vi aiuta ad imparare a diventare più auto-consapevoli e a muovervi più efficientemente, in un modo meno doloroso. Questo può aiutarvi a ridurre le limitazioni o il disagio provocato dal modo in cui organizzate i movimenti e dal vostro modo di essere nel mondo. Ciò include una vasta gamma di limitazioni, pertanto il Metodo ha una vastissima applicazione.

Un movimento mal organizzato gioca un ruolo significativo nella maggior parte dei disturbi muscolo-scheletrici. La scarsa organizzazione può precedere il disturbo - come quando delle tensioni croniche inconsce conducono a dei dolori di schiena o a ripetuti danni da stress - o può invece essere il risultato del disturbo stesso - come nel caso di un "irrigidimento" muscolare protettivo attorno alla spalla lesionata che non "ha mollato" dopo che la spalla è stata

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curata - o entrambe le cose. Il Metodo Feldenkrais può aiutarvi a ridurre la tensione eccessiva e a muovervi più facilmente e fluidamente.

Anche quando una condizione fisica chiaramente definita è presente, un movimento mal organizzato può essere la componente principale del dolore e delle limitazioni. Il mal di schiena può essere provocato da un un'ernia del disco che esercita della pressione su un nervo, per esempio, a causa delle eccessive forze di compressione che sono il risultato di muscoli cronicamente in tensione. Mentre il Metodo Feldenkrais non fa nulla per curare direttamente il disco affetto da ernia, esso può aiutarvi ad imparare a muovervi con meno tensione; riducendo così la forza compressiva e la risultante pressione sul nervo.

La tensione cronica e l'immobilità che essa produce gioca un solo significativo in alcuni dolori cronici; l'aver ridotto la tensione e accresciuta la mobilità può condurre alla riduzione di quel dolore. Il Metodo può anche far bene a persone affette da fibromialgia, e può essere usato per accrescere l'auto-consapevolezza e la mobilità di persone affette da limitazioni neurologiche come colpi apoplettici o paralisi cerebrale.

Gli stress emotivi vengono mantenuti nel corpo a mo' di schemi di tensione e mancanza di consapevolezza. Il Metodo Feldenkrais può fornire un modo gentile e sicuro per sbloccare questi stress e restituire l'auto-consapevolezza, sia che questi siano stress della vita quotidiana o il risultato di un trauma come un abuso sessuale o una "esperienza di combattimento".

I benefici non sono limitati a coloro che hanno subito lesioni o sono ammalati. La mancanza di consapevolezza impone limitazioni inconsce significative a tutti noi. Il Metodo Feldenkrais fornisce uno strumento per l'auto-esplorazione e l'auto-miglioramento che può giovare a chiunque, da colui che è stato seriamente danneggiato a colui che funziona normalmente, e anche ad alti livello di funzionamento per coloro che vogliono aumentare le loro prestazioni ad alto livello. Gli atleti a un livello mondiale hanno aumentato il livello delle loro performance utilizzando il Metodo.

Potete fare esperienza del Metodo Feldenkrais attraverso diversi percorsi: il lavoro individuale dell'Integrazione Funzionale, le lezioni di gruppo di Consapevolezza attraverso il movimento, seminari, oppure lavorando a casa con cassette contenenti lezioni di Consapevolezza attraverso il movimento, o diverse di queste combinazioni. Tutti questi percorsi sono esperienziali. Non potete ricavare dei benefici dal Metodo solo leggendo o pensando ad esso, dovete essere partecipi. I benefici provengono direttamente dal coinvolgimento esperienziale; il Metodo è semplicemente uno strumento per dare forma e dirigere quel coinvolgimento.

La particolare combinazione che funziona meglio per ognuno di voi dipenderà dalle circostanze individuali. Le lezioni devono adattarsi ai bisogni di un certo numero di persone simultaneamente mentre le sessioni individuali possono essere focalizzate più direttamente sui bisogni particolari. Le sessioni individuali vanno spesso meglio per coloro che hanno contratto danni significativi, o che vogliono esplorare un particolare problema in profondità. Le lezioni di gruppo sono meno costose delle lezioni individuali, e prevedono un diverso genere di coinvolgimento. Alcune persone cominciano con le lezioni

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individuali e poi passano alle lezioni di gruppo quando sentono che possono muoversi con maggior facilità. Altre persone cominciano con le lezioni di gruppo integrandole possibilmente con lezioni individuali quando incontrano un problema che sembra più opportuno debba essere affrontato in quel modo.

Le audiocassette con le lezioni di Consapevolezza attraverso il movimento sono economici e facili da usare. Potete ascoltarli quando vi pare e potete esplorare le stesse lezioni in modi diversi. Si può apprezzare meglio il valore dei nastri dopo che si sono compresi i significati del procedimento sotto la guida di un insegnante, tuttavia si possono utilizzare in proprio se non vi è la possibilità di lavorare con un insegnante.

Per quanto tempo una persona debba seguire il Metodo dipende da voi. Alcune persone vengono per un breve periodo di tempo per trattare un problema particolare e andarsene quando il problema è stato risolto. Altre persone scoprono livelli più profondi di sé da esplorare e praticano il Metodo per un periodo prolungato, oppure ci ritornano di tanto in tanto alla ricerca di nuove ispirazioni.

Il processo di crescita e di auto-esplorazione è un processo che dura una vita intera. Il Metodo Feldenkrais è uno strumento da usare in quel processo e persone differenti lo troveranno utile in modi differenti. Le decisioni in merito a come utilizzare al meglio quello strumento sono alla fine vostre, non sono delle decisioni che un insegnante può prendere al vostro posto.

Controindicazioni, avvertimenti, precauzioni

Il Metodo Feldenkrais è gentile e non è invasivo, e non ha controindicazioni nel senso medico del termine. Vi sono, nondimeno, alcune cautele e avvertimenti da osservare. Il Metodo Feldenkrais dovrebbe essere pensato come uno strumento che agisce a lungo termine e non come un trattamento in condizioni acute. Il lavoro diretto su aree infiammate dovrebbe essere in genere evitato, sia lavorando indirettamente attraverso altre aree del corpo, oppure aspettando che l'infiammazione si attenui.

Il dolore è un segnale che qualcosa non va; non dovrebbe essere ignorato. Gli insegnanti Feldenkrais non hanno fatto un addestramento di tipo medico e non hanno la qualifica per fare diagnosi o per fare trattamenti in senso medico. Se avete un dolore persistente o altri sintomi dovreste richiedere i consigli di un medico per stabilire se sono presenti alcune condizioni che richiedono un trattamento medico. Una volta compresa la situazione da un punto di vista medico, potete allora decidere come utilizzare intelligentemente il Metodo Feldenkrais, da solo o in combinazione con altre modalità.

"Niente dolore, nessun miglioramento" NON è un motto Feldenkrais (N.d.E. - in Ing.: no pain no gain, niente sforzi nessun risultato, se non si soffre non si guadagna il miglioramento in termini di salute). Se avvertite del disagio durante una sessione di Integrazione Funzionale dovreste farlo presente all'insegnante. Nelle lezioni di Consapevolezza attraverso il movimento dovreste muovervi all'insegna della gentilezza e della naturalezza con voi stessi. Se fate quest'esperienza invece all'insegna del disagio, dovreste fare

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meno, anche se ciò implica immaginare il movimento o fermarvi temporaneamente. Il processo riguarda l'apprendimento non l'esercizio, e non otterrete alcunché dallo sforzo o dalla tensione.

Queste cautele sono particolarmente importanti quando voi lavorate con le audiocassette in quanto siete da soli, senza alcuno che vi controlli. Le lezioni possono comportare molte ripetizioni dello stesso movimento. Fatte con gentilezza e consapevolezza, queste ripetizioni possono aiutarvi ad imparare a muovervi con più facilità. Eseguite invece alla buona e con sforzo le stesse ripetizioni possono provocarvi dei problemi.

Alcune considerazioni finali

Dopo la loro prima Integrazione Funzionale talvolta i clienti domandano: "In che modo una cosa così gentile e non invasiva può essere così potente?" La risposta è riposta nella natura dell'interazione tra cliente e insegnante.

Un cliente fa questa domanda, io credo, a causa di una precedente esperienza con certe modalità di lavoro dove lo scopo dell'insegnante era di produrre qualche cambiamento fisico, come riallineare la spina dorsale o, forse, riorganizzare il suo tessuto connettivo. Per farlo l'insegnante ha bisogno di esercitare una certa qual forza fisica per ottenere quel cambiamento, tanto che il cliente arriva a paragonare la forza con l'efficacia.

Nell'Integrazione Funzionale, non è previsto alcun cambiamento fisico, così non viene richiesto alcun uso della forza. La vostra interazione con l'insegnante è uno scambio di informazioni. L'insegnante esplora e controlla la vostra organizzazione e le vostre risposte al tocco e al movimento, dandovi poi un feedback sensoriale di rimando relativamente a quello che state facendo e alle possibili alternative. Questo scambio richiede poco sforzo, così che viene percepito come qualcosa di gentile e non invasivo.

Un'altra domanda che spesso viene fatta è questa: "Che cosa rende diverso il Metodo Feldenkrais da altre modalità?" Ho risposto almeno in parte a questa domanda, e cioè che il Metodo è un processo di apprendimento e non è una cura, e che ha delle modalità gentili e non invasive. Voglio illustrare ora una ulteriore differenza che, io credo, sta alla base del Metodo, e cioè la basilare fonte di conoscenza sul quale esso si basa.

Per la maggior parte dei diversi approcci di lavoro la risorsa di base proviene dall'esterno. In medicina, per esempio, essa risiede nel corpo della conoscenza medico-scientifica: per ciò che riguarda la patologia, gli effetti della cura, ecc. Si presume che il medico ne sappia di più riguardo a questo tipo di conoscenze rispetto a voi, e per questa ragione riveste il ruolo dell'autorità. Il suo ruolo è stabilire in che modo vi scostate dall'ideale fissato da quella conoscenza, e quindi riportarvi più in linea rispetto a quell'ideale.

La massima fonte di conoscenza alla quale il Metodo Feldenkrais fa riferimento è il vostro innato senso organico di ciò che è giusto e comodo. L'insegnante Feldenkrais non è un'autorità che vi insegnerà il "giusto" modo di muovervi, o a fare qualcos'altro. Invece, il suo lavoro consiste nell'aiutarvi a scoprire e

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rimuovere i blocchi inconsci che vi trattengono dall'accedere al vostro senso organico rispetto a ciò che è giusto e comodo, così che possiate sfruttarlo più liberamente ed efficacemente. Ciò vi permette di avvicinarvi alla persona che dovreste essere.

La cosa che, più di ogni altra, personalmente trovo attraente di questo Metodo è l'opportunità che esso ci offre di un maggior controllo sulle nostre vite. Questo non è un qualcosa che qualcun altro fa per voi; è un modo di entrare in contatto con la conoscenza e la capacità che voi non sapevate di possedere usandola poi per rendere la vostra vita migliore. Questo aspetto del mio lavoro è immensamente soddisfacente per me come insegnante. Non è solo il mio intervento che aiuta i miei clienti nel breve termine; ma li metto in grado e do loro quegli strumenti grazie ai quali essi possono trarre beneficio per il resto delle loro vite.

Trovo anche che le idee basilari a fondamento del Metodo soddisfino profondamente anche da un punto di vista intellettuale. Nella mia carriera iniziale di matematico, la mia ricerca era diretta all'uso dell'informazione per migliorare il processo decisionale. Questo è ciò di cui il Metodo Feldenkrais si occupa. Vi aiuta ad imparare a fare un uso migliore delle informazioni disponibili provenienti dal vostro corpo, per migliorare i movimenti e le interazioni col mondo circostante. Quando incontrai Moshe Feldenkrais, una parte di ciò che mi attraeva di lui, era il modo in cui nel suo lavoro venivano applicati principi e concetti in cui credevo, per migliorare il modo in cui noi, singoli esseri umani, funzioniamo.

Riferimenti bibliografici

Feldenkrais, Moshe. "Body and Mature Behavior, New York, 1979 (Trad. It.: Il corpo e il comportamento maturo - Astrolabio, Roma 1996)

Feldenkrais, Moshe. "Awareness Through Movement", New York, 1972. (Trad. It.: Conoscersi attraverso il movimento - Celuc libri Milano 1978)

Note

© Ralph Strauch, 1996. Questo articolo è tutelato dai diritti d'autore, tutti i diritti sono riservati.

E' possibile riprodurlo e distribuirlo liberamente a condizione che non sia venduto, che questo avviso e le informazioni per entrare in contatto siano accluse all'articolo. Per essere autorizzati a una distribuzione commerciale, contattate l'autore a [email protected].

Questo articolo è stato preparato per essere incluso in 'Choices in Health Care: A resource Guide to Contemporary Medicine and Therapy'., Adriana Elmes, Ed.

Ralph Strauch, Ph.D., lavora privatamente col Metodo Feldenkrais a Pacific Palisades California, un sobborgo di Los Angeles. Egli è stato formato dal Dott. Moshe Feldenkrais, ha una lunga esperienza e il suo lavoro abbraccia un vasto

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campo. Ha preso la libera docenza in Statistica presso l'Università di California ed è stato nel passato un Senior Mathematician con la Rand Corporation, dove la sua ricerca era focalizzata sui processi decisionali da un punto di vista umano e organizzativo. Ha iniziato ad esplorare la relazione tra il corpo e la mente attraverso il Tai Chi e attraverso altre discipline negli ultimi anni '60. Ralph è autore di "Reality Illusion: How you make the world you experience", e di numerosi articoli sul ruolo della consapevolezza nell'essere umano.

Traduzione di Andrea Vianello

Felden . COSA?

di Lawrence Wm. Goldfarb

E il momento stava per arrivare, quel temuto momento. Mi trovavo alla festa di compleanno del mio amico Marcello, mi stavo godendo la musica brasiliana quando uno degli altri ospiti mi coinvolse in una conversazione amichevole. Cominciammo a parlare delle solite cose, del tempo e di come avevamo conosciuto il padrone di casa. Peter aveva appena terminato di riferirmi della sua ricerca in ingegneria quando accadde.

 

"Che mestiere fai?"

"Sono un insegnante Feldenkrais."

 

"Felden-cosa?"

"Feldenkrais. E' un metodo di rieducazione del movimento, che prende il nome dalla persona che lo ha sviluppato: Moshe Feldenkrais."

 

"Felden-Christ?" (in inglese il suono di Christ - Cristo - è molto simile a quello di krais)

"Quasi, ma non proprio. Feldenkrais: F - E - L - D - E - N - K - R - A - I - S. Fa rima con rice" (rice-rais = riso)".

 

"Feldenkrais!"

"Esattamente. Il Feldenkrais è un modo di insegnare il movimento. Lavoro con persone che soffrono di limitazioni fisiche, come dolori cronici o problemi neurologici, o con persone che vogliono migliorare le loro prestazioni, come attori, musicisti o atleti. Insegno anche dei corsi all'università nei programmi di educazione fisica."

 

"Cosa insegni?"

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"Generalmente i miei allievi vengono da me perché sentono una qualche specie di limitazione, qualcosa che interferisce con la loro vita quotidiana o che ostacola il loro progresso o le loro prestazioni. Il mio lavoro consiste nel capire come loro si muovono e come questo è in relazione col problema che loro sentono di avere, e come possono imparare a muoversi diversamente cosicché quel problema cessi!"

 

"Sembra interessante. E una specie di esercizio? 0 mostri alla gente come correggere la loro postura?"

''Beh, non è facile rispondere, principalmente perché ciò che insegno e come lo insegno e abbastanza diverso dall'esercizio o dalla postura. Questi ultimi sono entrambi basati su presupposti simili: se sei debole, allora devi fare esercizio per rinforzare i tuoi muscoli. Se, d'altro canto, pensi che la causa del tuo problema sia la cattiva postura, allora devi correggerla per poter stare in piedi dritto. Entrambi partono dal presupposto che il corpo sia qualcosa che debba essere plasmato, rimodellato, messo al posto giusto. Nessuno di questi due, esercizio e postura, ci dà la possibilità di vedere che ciò che stiamo facendo potrebbe contribuire al problema che stiamo affrontando. Nessuno dei due approcci guarda al modo in cui ci muoviamo e come ciò possa essere in relazione col problema che sperimentiamo."

 

"Stai dicendo che non si dovrebbe fare esercizio?"

"No, non sto dicendo questo. Sto dicendo che il solo esercizio non è sufficiente. L'idea che sta dietro l'esercizio è che noi non siamo forti abbastanza, che i nostri muscoli devono essere in migliori condizioni. Perciò un programma di esercizi è designato per incrementare la capacità di lavoro dei muscoli. Io penso che questo sia spesso un punto di vista che dà luogo a fraintendimenti, poiché i problemi di cui io mi occupo, - dolori cronici, difficoltà neurologiche, impedimenti nelle prestazioni - non hanno nulla a che fare con la forza che possediamo, tutti quei problemi devono avere a che fare con il modo in cui ci muoviamo in generale. Ritengo che si possa dire: sono interessato a insegnare alla gente a muoversi più intelligentemente, e non con più forza!'

 

"Stai dicendo che il movimento può causare problemi?"

"Sì, proprio così. Il modo in cui ti muovi può causare problemi. E ciò che è più interessante è che possiamo essere del tutto inconsapevoli che il movimento è alla radice del problema."

 

"Cosa intendi per: essere inconsapevole che il movimento è la causa del problema?"

"La maggior parte di noi è inconsapevole del modo in cui si muove. Noi prestiamo attenzione a dove stiamo andando o a ciò che stiamo facendo, non a

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come ci muoviamo. Per esempio: pensa a come ti metti in piedi da seduto. Come lo fai? Cosa accade? Cosa si muove e quando?"

 

Peter si alza e si rimette a sedere alcune volte, e dice: "Capisco cosa vuoi dire. E' più complicato di quello che pensavo. Abitualmente penso di alzarmi e quindi, la cosa che so successivamente è che sono in piedi. Credo di non averci mai pensato molto prima."

"Questo è ciò che intendevo. La maggior parte di noi non pensa al proprio corpo fino a quando non sente dolore o qualche tipo di problema. Ma questo significa che probabilmente ci siamo mossi in un modo inefficiente o pericoloso per un lungo periodo di tempo sino al momento in cui notiamo che qualcosa va storto. Questo è un campo dove il detto 'se funziona non aggiustarlo' non si può applicare."

 

"Ma perché e così? Perché non lo notiamo?"

"Perché i nostri movimenti diventano abituali, automatici. Noi ripetiamo continuamente gli stessi movimenti senza pensarci o notarli. Quando qualcosa accade ripetutamente si distacca dalla nostra coscienza. Questo non è necessariamente un male, è parte del processo di apprendimento."

 

"Questo significa che noi impariamo a muoverci in modi inefficienti?"

"Si".

 

"Perché?"

"Beh, perché noi ci muoviamo bene proporzionalmente a quanto e come abbiamo imparato a muoverci, e l'apprendimento dei movimento è molto casuale. Ci sono molte cose che influenzano come ci muoviamo: lo sviluppo infantile, l'adattamento a lesioni subite, le richieste di attività specializzate in cui siamo impegnati (come sport, strumenti musicali o tipi di lavori che richiedono movimenti specifici). E infine, siccome noi non comprendiamo realmente come si muovono i nostri corpi, spesso ci muoviamo in modi che non si confanno al modo in cui siamo costruiti."

 

"Puoi farmi un esempio?"

"Certamente. Le persone pensano che il loro corpo faccia perno nella zona della vita e si muovono come se fosse così. Sfortunatamente la zona lombare non permette questo tipo di movimento; è la struttura dell'articolazione delle anche che permette al tronco di farlo. I muscoli della schiena non sono progettati per farlo."

 

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"Capisco. Muoversi come se la schiena potesse incernierarsi alla linea della vita può condurre a distorsioni e dolori di schiena."

"Proprio così, hai capito bene. Ma, comunque, questa discussione e già durata abbastanza a lungo e non voglio farti perdere altro tempo. Mi dispiace ma ho la tendenza a dilungarmi troppo quando parlo del mio lavoro."

 

"Niente affatto, tutto ciò è molto interessante. E' sicuramente meglio di tutte le chiacchiere che si fanno alle feste. Mia madre ha un dolore cronico alla schiena da anni, così sono curioso del tuo lavoro. Stavo per chiederti cosa potresti fare per lei."

"Non è facile da dire, perché dovrei vedere come lei si muove!"

 

"Puoi dirmi cosa fai generalmente quando inizi a lavorare con qualcuno?"

"Sì, posso descrivere cosa accadrebbe se lei venisse a trovarmi. Incomincerei guardando come si muove, chiedendole di girarsi a destra e sinistra, di piegarsi in avanti, indietro e di lato. La toccherei per sentire quali muscoli lavorano, quali non sono impegnati, e quelli che non lasciano la presa. Cercherei qualche specie di abitudine o schema che interferisce con altri movimenti."

 

"Qua mi perdo. Cosa intendi nel dire che 'uno schema che interferisce con altri movimenti'?"

"Ciò che voglio dire con questo è che spesso sembra come se le persone si siano bloccate nel fare un movimento, o nell'organizzare se stesse, inconsapevolmente, in un certo modo. Per esempio, se ti fai male ad una gamba cambi il tuo modo di camminare e incominci a zoppicare. Il zoppicare può essere appropriato immediatamente dopo la lesione, ma può durare molto più a lungo della lesione stessa. Spesso continua più di quanto è necessario, può condurre direttamente al dolore, rigidità e altri problemi.

Ma questo è solo un esempio, noi possiamo "zoppicare" con una spalla, col collo, o con la schiena. In realtà noi non abbiamo bisogno di farci male per sviluppare questa specie di movimento. Possiamo acquisire un'abitudine analoga suonando uno strumento musicale, ripetendo certi movimenti nel lavoro tutti i santi giorni, giocando certi tipi di sport, e così via. Il punto è che noi sviluppiamo uno schema motorio nel quale poi restiamo bloccati, un modello che sta alla radice di ogni nostro movimento, e che interferisce con tutte le attività che vanno in senso contrario!"

 

"Continua."

"Per esempio, recentemente stavo lavorando con un'autista di autobus che aveva un dolore di schiena ricorrente. Quando ho visto i suoi movimenti mi è parso chiaro che i muscoli della parte inferiore del tronco erano cronicamente contratti e la sua zona lombare era serrata rigidamente. Anche quando lei

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cercava di stirarsi non riusciva a lasciar andare la sua zona lombare. Era come se avesse perso il controllo di quei muscoli. Lei riteneva che la sua schiena dovesse stare dritta, così dopo i suoi primi sintomi di mal di schiena, molti anni prima, aveva imparato a mantenere la sua schiena piatta. Quando muoveva il tronco sovraffaticava i muscoli della parte superiore della schiena, cosicché questi avevano incominciato a dolere continuamente. Sebbene il medico non le trovasse nessun disturbo, l'autista pensava tuttavia che ci fosse qualcosa di sbagliato nella sua colonna vertebrale. Potei aiutarla facendole vedere che erano i suoi movimenti che causavano il problema."

 

"Una volta che lei si è resa conto di questo, ha potuto cambiare il suo modo di agire?"

"Non immediatamente. Vedi, nel corso degli anni lei aveva perso il contatto con ciò che quei muscoli stavano facendo. Era come se lei avesse messo il pilota automatico e avesse dimenticato come recuperare il controllo manuale."

 

"Allora, cosa faresti a questo proposito? Penso che debba essere incredibilmente frustrante comprendere la causa del problema e non essere in grado di farci nulla."

" Questo è il punto in cui entra in gioco il metodo. Ci sono due modi con i quali io lavoro con le persone: lezioni pratiche individuali e lezioni di gruppo. Entrambe le modalità di lavoro sono basate sull'idea di insegnare alle persone ad essere consapevoli del modo in cui si muovono, di come potrebbero muoversi, e incrementare la loro possibilità di scelta e comodità. Durante la lezione di gruppo, guido le persone con la voce ad eseguire una sequenza di movimenti dolci; durante la lezione individuale uso le mie mani per creare dei movimenti nello studente."

 

"Fa male?"

"Per niente. Il Feldenkrais è una pratica gentile. L'idea di base è che i cambiamenti saranno più facili se i nuovi movimenti insegnati sono più comodi di quelli vecchi. C'è un motto che mi piace ripetere: "nessun dolore, maggior guadagno". ("No pain, more gain". Il detto in inglese in realtà dice: "No pain, no gain", letteralmente: Niente sofferenza, niente guadagno! - N.d.C.)"

 

"E' qualcosa come i massaggi o la chiropratica?"

"Non esattamente. La cosa comune è che tocchiamo le persone, ma al di là di questo sono molto diversi. Nel massaggio, il praticante lavora direttamente con i muscoli, nella chiropratica con le ossa. Il Feldenkrais consiste nel lavorare con la nostra abilità di regolare e coordinare i movimenti, che significa che il Feldenkrais lavora con il sistema nervoso." 

"Cosa vuoi dire?"

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"Ricordi l'autista che ti ho citato prima? I suoi muscoli erano tesi perché il suo sistema nervoso stava dicendo loro di contrarsi. Essi non hanno deciso di contrarsi di propria iniziativa, i muscoli non hanno una volontà propria. Il cervello dice loro cosa fare. Così il mio lavoro è aiutare le persone a imparare a controllare nuovamente i loro muscoli. E lo faccio attraverso movimenti guidati molto dolci, restando sempre entro limiti d'ampiezza confortevoli."

 

"Fantastico. Pensi veramente che la gente possa cambiare senza avere dolore?"

"Assolutamente. Questa è una delle ragioni per cui amo il lavoro che faccio."

 

"Ma, aspetta, mia madre ha dei problemi nei dischi intervertebrali. Il Feldenkrais può curarla?" 

"Il Feldenkrais non si occupa di curare o aggiustare le persone. Non è un trattamento medico, è un approccio di tipo educativo. Consiste nell'aiutare le persone ad assumere di nuovo il controllo della loro vita comprendendo perché si sentono come si sentono, e imparando a muoversi diversamente in modo che non devono continuare a sentirsi in quel modo. Anche quando qualcuno ha un disturbo organico, sono in grado di aiutarlo.

Per esempio, quando lavoro con persone che hanno l'artrite, il mio lavoro non consiste nel liberarle dall'artrite ma nell'aiutarle a muoversi in modo che non carichino e sollecitino troppo le articolazioni colpite, e in maniera tale che esse possano trovare modi di fare ciò che vogliono fare più confortevolmente e con maggiore sicurezza. La stessa cosa si applica ai problemi dei dischi, anche quando c'è un problema strutturale, la questione è come può la persona muoversi meglio, in modo da aumentare il suo benessere e evitare problemi futuri."

"Oh, oh! Stanno accendendo le candeline. Ne riparliamo dopo i festeggiamenti ..."

© Lawrence Wm. Goldfarb, 1993

PER UNA PRESENTAZIONE DEL METODO FELDENKRAIS

di Paul Doron-Doroftei

Il Metodo Feldenkrais, sviluppato dallo scienziato israeliano e maestro di Judo Moshe Feldenkrais, ha per tema l'apprendimento e il movimento, visti sotto gli aspetti neurologico, fisiologico e comportamentale. Si occupa degli schemi posturali e dei movimenti che impariamo durante la vita, e che spesso si rivelano inefficienti (infatti molti soffrono di tensione muscolare, o di dolori, o di sintomi patologici), così come di complicati casi di invalidità, come paresi cerebrali, ipotonia, sclerosi multipla, e così via.

Il Metodo Feldenkrais si considera insegnamento, non trattamento terapeutico o manipolazione nella comune accezione del termine, perché invece di trattare

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organi danneggiati o schemi comportamentali difettosi, avvia un processo di apprendimento per conseguire un progressivo miglioramento.

Esso differisce in parecchi punti essenziali da altri metodi attualmente praticati.

Fondamentali, nel Metodo Feldenkrais, sono l'approccio funzionale all'uomo e al suo comportamento, e una prassi basata sulle leggi dello sviluppo umano durante la primissima infanzia e i primi anni di vita. In altre parole, esso vede l'organismo umano come un complesso di funzioni (e non di organi o riflessi) e come il prodotto di tali funzioni. Il Metodo attiva le facoltà di apprendimento che sono richieste e promosse dal processo di crescita e dallo sviluppo funzionale dei primi anni di vita, ma che vengono poi trascurate nella vita adulta, e usa queste facoltà per migliorare o rimediare disturbi motori di varia origine, sia psicosomatica, sia, in certi casi, psichica.

Un'ulteriore caratteristica del Metodo Feldenkrais è il suo atteggiamento (risultato della conoscenza e/o di intuizioni sulle leggi di sviluppo del sistema nervoso) rispetto al ruolo svolto dal soggetto nel proprio processo di guarigione. La maggior parte delle terapie cerca e tratta solamente gli schemi che il paziente non è in grado di eseguire, e ritiene proprio compito richiedere al paziente la prestazione auspicata - che spesso non è una vera competenza, cioè non è un arricchimento motorio spontaneamente utilizzabile, ma è "figlia dello sforzo" o, per così dire, "una confessione estorta sotto tortura".

Al contrario il Metodo Feldenkrais parte là dove la persona disabile è ancora in grado di compiere un movimento con facilità, fosse pure, questo movimento, solo quello di respirare. Il Metodo Feldenkrais considera e tratta il singolo individuo cercando di alleviare la sua sofferenza e di estendere e raffinare le sue abilità, dal suo punto di vista, cioè da come egli vede e sente i propri handicap o le limitazioni delle proprie abilità.

Il recupero e il miglioramento della funzione si può conseguire solo attraverso l'apprendimento e un trattamento sensibile (cioè attento al paziente e alla sua situazione, alla sua speciale unicità), e non orientato a ottenere la prestazione. Decisivo, per l'evoluzione della persona, è l'atteggiamento positivo di quest'ultima nel processo di apprendimento.

Il Metodo Feldenkrais si concentra primariamente su funzioni che per il paziente sono più facili e più gradevoli e agevoli. Ritiene infatti che qualsiasi intervento terapeutico che non espanda il respiro, che lo rallenti o ne distrugga la regolarità non può attivare e promuovere un processo di apprendimento organico.

Il Metodo Feldenkrais è basato sui concetti che seguono.

Il sistema nervoso, nel corso della lunga storia della sua evoluzione, è stato attrezzato di funzioni primarie, fondamentali, il cui compito era quello di assicurare la sopravvivenza e lo sviluppo dell'individuo (apprendimento ontogenetico) e della specie (apprendimento filogenetico).

Da queste funzioni originarie (come, ad es., la capacità di gestire la forza di gravità o di reagire agli stimoli), ulteriori funzioni si sono sviluppate e ancora si

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sviluppano, che vieppiù raffinano e perfezionano le nostre strategie di sopravvivenza e le nostre capacità di sviluppo.

Una funzione è l'abilità, sviluppata dal e nel sistema nervoso, di assicurare, attraverso specifici schemi comportamentali adatti alle richieste dell'ambiente, la sopravvivenza e lo sviluppo della specie e dell'individuo.

La capacità o incapacità di compiere un movimento o uno schema comportamentale è soprattutto condizionata dallo stadio di sviluppo a cui è arrivata la funzione che richiede l'uso di questo specifico schema di movimento o comportamento, e non (come in genere si crede) dalla condizione "buona" o "cattiva" in cui si trovano i muscoli o organi effettori. Al contrario, questa stessa condizione "buona" o "cattiva" può essere la conseguenza di un adattamento appropriato o inappropriato alle richieste imposte dall'ambiente.

I muscoli di una persona normalmente sviluppata che non sa nuotare si comporteranno in un modo più o meno controllato nel caso che la persona camminasse sulla terraferma, ma del tutto incontrollato nel caso che, al contrario, si trovasse improvvisamente in acque profonde. Se a terra compisse i movimenti che usa nell'acqua profonda, questa persona sarebbe considerata ammalata. Ciò che è cambiato, qui, è l'ambiente, che impone al sistema nervoso condizioni e richieste diverse da quelle dell'ambiente terragno. Dunque il sistema nervoso ha sviluppato le funzioni richieste dall'ambiente della terraferma, e può quindi eseguire i movimenti appropriati a tale ambiente, mentre gli schemi di movimento richiesti dall'ambiente acquatico, in questo sistema nervoso, semplicemente non sono disponibili. E' questa la causa dei movimenti incontrollati, scoordinati e apparentemente handicappati. Se la persona compie questi movimenti "malati" per un tempo sufficientemente lungo, i suoi muscoli lo sentiranno. Tornata a terra, avrà crampi, probabilmente dolorose fitte intercostali e addominali, conseguenza di muscoli addominali troppo tesi e di un sistema respiratorio che ha funzionato e funziona in modo inappropriato, e così via. Ebbene, tutto ciò è la conseguenza non di qualche malattia, ma di un tentativo di eseguire uno schema di movimento completamente sconosciuto o insufficientemente sviluppato.

Tra l'altro val la pena ricordare qui che tutto ciò che è inappropriato sembra davvero "ammalato", e come tale viene classificato. E' l'effetto della percezione, per lo più inconsapevole, del fatto che salute significa adattamento ai requisiti posti dall'ambiente, quello esterno come quello interno. La domanda circa la localizzazione del deficit e circa i mezzi per conseguire il richiesto adattamento trova risposta nel Metodo Feldenkrais, che agisce su una base funzionale, essenzialmente diversa dalla maggior parte dei metodi di terapia classica, in cui la persona avverte il miglioramento soprattutto localmente e passivamente, in questo modo rimanendo più suscettibile a ricadute.

Ogni nuova funzione si sviluppa sulla base di una corrispondente funzione antecedente e inferiore, più primaria. Per essere in grado di stare in piedi, occorre prima saper strisciare; per poter strisciare occorre prima padroneggiare funzioni antecedenti primarie, come girarsi dalla schiena alla pancia e viceversa (si pensi, ad esempio, al funambolo).

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Più la funzione è antica, e cioè più è basso il livello di evoluzione del sistema nervoso sulla base del quale la funzione si è sviluppata (livello filogenetico), più tale funzione è affidabile, rispetto a quelle ontogenetiche, che sono più recenti, più specializzate e complesse. Più una funzione è recente (caratteristica dell'individuo, o ontogenetica, e non della specie) più possibilità ha di essere disturbata, distorta o distrutta. Ecco perché il sistema nervoso, seguendo l'istinto di autopreservazione, in condizioni di pericolo come in situazioni nuove, sorprendenti o sconosciute, ricorre a funzioni più antiche, primarie, comuni a tutta la specie.

Il Metodo Feldenkrais è praticato secondo due modalità: come Integrazione Funzionale (IF in breve) e come Conoscersi Attraverso il Movimento (CAM in breve).

Orientata a rispondere a bisogni strettamente personali, l'Integrazione Funzionale è una sessione individuale. Crea le condizioni per un processo di apprendimento al livello cinestesico, e dà avvio al processo di apprendimento, nel corso del quale il sistema nervoso ripristina o raffina le funzioni secondo i personali bisogni dell'individuo. Il miglioramento conseguito nella seduta di IF influenzerà in maniera corrispondente la qualità di tutti gli altri schemi di movimento e comportamento usati quotidianamente, che in questo modo si integreranno nel repertorio cinestesico. E' questa integrazione, questa "infiltrazione" generale degli schemi di movimento, che rende resistente alle ricadute il miglioramento conseguito.

In una seduta di Integrazione Funzionale l'insegnante fa uso del tocco e del movimento che, essendo indotto dalla mano dell'insegnante, ma anche da semplici oggetti come una palla, un rullo, e così via, non hanno un compito manipolativo, ma lo scopo di rendere la persona consapevole dei suoi schemi posturali e motori incontrollati, facendoglieli sentire a un livello cinestesico (senso-motorio); nel contempo viene costantemente impegnato l'appropriato adattamento al campo gravitazionale. Usando stimoli funzionali che coinvolgono e attivano il livello delle funzioni filogenetiche (cioè delle funzioni comuni alla specie e non solo a un numero più o meno grande di individui), il lavoro Feldenkrais dà al sistema nervoso la possibilità di individuare schemi motori parassitari originatisi in uno sviluppo individuale errato (o non appropriato), che disturbano lo schema funzionale originale, e in questo modo lo mette in grado di eliminarli.

Conoscersi attraverso il Movimento, concepito come sessione di gruppo (Feldenkrais ha creato più di 2000 lezioni di CAM), ha lo scopo di estendere i risultati della seduta di IF a un numero anche grande di persone.

Consiste in una rete di varie sequenze di movimenti costruiti per arrivare a un risultato finale coerente; questi movimenti vengono introdotti/insegnati verbalmente al gruppo dall'insegnante. Dunque qui è il movimento eseguito attivamente dal soggetto, e specialmente il modo in cui viene eseguito, a mettere il sistema nervoso in grado di percepire, nella lezione di CAM, i molteplici aspetti degli schemi comportamentali e motori, e di eliminare gradualmente quelli disturbanti e parassitari. E' importante sottolineare che non è il movimento in sé lo strumento del miglioramento. Il movimento

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acquisisce significato solo in connessione con la consapevolezza di ciò che la persona avverte nel corpo (le sue sensazioni) mentre lo fa.

Quando applico il Metodo Feldenkrais, anzitutto cerco il livello funzionale al quale la persona si sente ancora a suo agio e comoda nel movimento, e solo a questo livello e a partire da questo livello (che è sempre molto individuale) cerco di ampliare il suo "repertorio" con schemi motori che abbiano la stessa facilità che la persona avvertiva al suo livello iniziale di sviluppo. In altre parole, non si va alla ricerca di ciò che la persona non è capace di fare (che di fatto vorrebbe dire molte, se non infinite, possibilità), ma di ciò che la persona può ancora compiere con facilità, fosse anche solo respirare con facilità in una data postura. Ciò non è sempre facile, anche con persone sane. Questo genere di approccio pedagogico-terapeutico è simile al sostenere da sotto le articolazioni che non riescono ad aprirsi, per permettere ai tendini tesi che le tengono chiuse di ridurre quell'attività futile. Aprire le articolazioni con la forza provocherebbe solamente ulteriore resistenza all'apertura.

L'EREDITÀ SILENZIOSA

di Thomas Hanna

Nell'agosto del 1977 Moshe Feldenkrais concludeva con successo il suo primo corso americano di formazione sulla tecnica dell'Integrazione Funzionale. La formazione era proseguita per tre estati consecutive presso il Lone Mountain College, un imponente edificio in stile gotico, avvolto nella nebbia, che dall'alto della collina domina la città di San Francisco.

Il gruppo era formato da sessantacinque persone, provenienti per lo più da Stati Uniti e Canada, a parte qualcuno da Israele. Era la prima formazione di Feldenkrais fuori dai confini israeliani: nel 1969 aveva tenuto un corso a Tel Aviv, al quale avevano partecipato quattordici suoi connazionali.

Era stata una formazione intensiva, che aveva suscitato l'entusiasmo degli studenti. Le sessioni, della durata di due mesi, si erano svolte d'estate. Alla fine di ciascuna sessione gli studenti si esercitavano sui rudimenti dell'Integrazione Funzionale appena appresi. Lavoravano con volontari, utilizzando le leggere manipolazioni insegnate dal maestro e sperando forse di riuscire a ripetere le stesse miracolose trasformazioni del corpo che avevano visto realizzare da Feldenkrais.

L'ultimo giorno della formazione venne posta una domanda estremamente sorprendente, e altrettanto sorprendente fu la risposta. Durante l'ultima ora di corso uno studente, preso il coraggio a due mani, chiese esitando: "Moshe, vorresti dirci in poche parole che cos'è l'Integrazione Funzionale?" Nonostante i tre anni di formazione e di discussioni, nessuno rise di quella domanda. Al contrario, calò un pesante silenzio, come a indicare che per quanto si fosse nella fase finale dell'apprendimento, quella stessa domanda, in un modo o nell'altro, era ancora nella testa di tutti.

Feldenkrais, un maestro dallo sguardo glaciale, fissò la persona che aveva posto la domanda e, dopo qualche istante, emise un grugnito di impazienza. Chiese a uno degli studenti, un tipo alto e sgraziato, di alzarsi e di avvicinarsi a lui. Il maestro, rimanendo in piedi, di una testa più basso dell'allievo, guardò verso l'alto, il petto, le spalle e la testa del giovane, poi alzò le mani e, proprio come uno scultore, prese a modellare quelle parti del corpo come fossero di mastice. Le sue mani si muovevano con destrezza verso l'alto e verso il basso, andando a toccare la parte posteriore del bacino, poi lo sterno, il bordo inferiore della gabbia toracica, la parte posteriore della testa, la parte alta della schiena, la parte superiore dell'addome. Con questi movimenti la postura dell'allievo cominciò a cambiare come per magia. A tutti sembrò sensibilmente più alto, più diritto, più umano. Dopo due minuti di questi movimenti dolci e abili delle mani, Feldenkrais fece un passo indietro per vedere come quel corpo si era trasformato: ora stava in piedi con una postura che si poteva definire addirittura eroica. Il giovane sembrava positivamente colpito.

Allora Feldenkrais si rivolse alla persona che aveva fatto la domanda e, quasi urlando, rispose: "E' questa l'Integrazione Funzionale!"

Se era straordinario che dopo tre anni di formazione si potesse ancora porre una domanda del genere, era ugualmente straordinario che Feldenkrais avesse risposto non "in poche parole" ma attraverso una dimostrazione silenziosa. Nella domanda e nella risposta si celava il mistero e l'evanescenza del sistema Feldenkrais, oltre che il punto nodale del suo genio: senza dire nulla, Feldenkrais aveva detto tutto sull'Integrazione Funzionale.

Che tipo di sistema è, allora, se non lo si può definire con le parole? Come fa a essere un sistema se non lo si può determinare verbalmente con precisione né definire con chiarezza? Un sistema è per definizione razionale e coerente, articolato in maniera precisa, altrimenti il suo impianto sistemico cadrebbe a pezzi. Per questo motivo si riesce a solidarizzare con lo studente che ha posto la domanda: se hai elaborato un sistema, perché non ci fornisci una definizione semplice della sua natura? Non era una domanda buttata lì. Anzi: era assolutamente intelligente e rifletteva lo sconcerto di uno stato d'animo che esige con passione dei chiarimenti.

Moshe Feldenkrais è morto il 2 luglio 1984. In eredità ha lasciato un enorme beneficio umano. Ma se si vuole comprendere la natura di questa sua eredità, è essenziale riconoscere che fornendo una dimostrazione del suo sistema, non una definizione verbale, Feldenkrais diede la sola risposta possibile alla domanda "Che cos'è l'Integrazione Funzionale?"

Una qualche risposta questa domanda la richiede, per il semplice fatto che il segreto della natura umana rivelato da Feldenkrais è un importante passo avanti nella nostra comprensione della salute e della possibilità di educare l'umanità. In maniera ormai pressoché automatica, Feldenkrais viaggiò per più di trent'anni da un capo all'altro del mondo, dimostrando che le trasformazioni "miracolose" sul corpo umano sono possibili. Ovunque andasse, gli zoppi cominciavano a camminare, i muti a parlare, i paralitici a muoversi, i sofferenti a perdere i loro malanni cronici e le persone goffe a diventare sciolte e coordinate.

Questi miracoli meccanici non erano una forma di "lavoro corporeo": Feldenkrais non lavorava sul corpo, si occupava abilmente del cervello dell'uomo e della consapevolezza umana. Queste trasformazioni non erano neppure una forma di progresso medico: Feldenkrais non manipolava i corpi, né chimicamente né chirurgicamente. Piuttosto, si occupava di una cosa che in medicina era inesistente: la coscienza umana. Queste trasformazioni non erano neppure una forma di educazione fisica: Feldenkrais non esercitava l'attitudine esteriore del corpo quanto piuttosto la sua sensibilità interiore e la sua consapevolezza del controllo.

In senso lato, l'eredità di Feldenkrais rientra nell'ambito dell'educazione umana. Più in specifico, e nella sua applicazione pratica, l'eredità di Feldenkrais rientra nell'ambito dell'educazione somatica, vale a dire della capacità umana di imparare e di trasformare tutti i processi di vita di un individuo: dal punto di vista fisiologico, psicologico, emozionale e della coscienza. E la genialità delle sue scoperte è direttamente legata alla natura assolutamente non verbale del sistema da lui scoperto. L'Integrazione Funzionale, alla fin fine, è riducibile a una spiegazione verbale non più di quanto lo siano la ‘Quinta Sinfonia' di Beethoven, ‘Guernica' di Picasso o l'"Après-Midi d'un Faune" di Nizinskij.

Per comprendere come mai le cose stiano in questi termini, basterebbe volgere brevemente lo sguardo all'itinerario percorso da Feldenkrais nel suo cammino verso queste scoperte somatiche. Nato in Russia in una famiglia colta di classe media, Feldenkrais cominciò a viaggiare molto presto e all'età di quindici anni prese la sorprendente

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decisione di lasciare i genitori per mettersi letteralmente in cammino verso la Palestina. Prima di partire, però, apprese qualcosa che avrebbe segnato tutte le sue esperienze successive. Mentre si trovava nel vicino villaggio russo da dove venivano i suoi nonni, scoprì che suo nonno era venerato come uno tsaddik, un santo per gli ebrei, e che nella locale sinagoga ardeva una fiamma perenne in memoria di tale santità.

Animato da un forte sentimento di identificazione con il nonno, che peraltro non aveva conosciuto, e da un sentimento di non-identificazione e di rivolta nei confronti del padre, che invece aveva conosciuto, Feldenkrais si mise in marcia verso la Terra Santa. Là cominciò a lavorare come semplice operaio, e più avanti come agrimensore, disciplina centrata sulla gravità, la verticale del filo a piombo e l'orizzontalità. Dopo cinque anni di questa attività decise di portare a termine gli studi e si iscrisse al liceo.

Oltre ad avere molti più anni dei suoi compagni di scuola, Feldenkrais era anche molto precoce quanto a interessi. A parte il coinvolgimento immediato nei programmi scolastici del ginnasio, aveva interessi in campo psicologico, educativo e nel più vigoroso jiu-jitsu. Quest'ultimo divenne una vera e propria passione per l'ex operaio di solida costituzione, al punto che presto cominciò a insegnarla all'Haganah (la lega per la difesa della Palestina) facendone oggetto del suo primo libro, ‘Jiu-jitsu e Autodifesa', pubblicato a Tel-Aviv nel 1929.

L'interesse per il jiu-jitsu (e più avanti, dopo aver incontrato Kano, per lo judo) lo assorbì intellettualmente per il resto della sua vita, e così fu anche per i suoi iniziali interessi in ambito psicologico, centrati sulla filosofia dell'auto-miglioramento di Emile Coué. Terminato il manoscritto sul jiu-jitsu, il giovane ambizioso autore cominciò un secondo volume: una traduzione commentata del celebre libro di Coué sull'autosuggestione, che avrebbe pubblicato in ebraico, come il primo, nel 1930.

Le frenetiche attività accademiche e di scrittore di quel periodo erano in parte finanziate dall'insegnamento delle tecniche di autodifesa e in parte dall'opera di precettore che svolgeva presso giovani recalcitranti di famiglie ricche. Feldenkrais andava fiero del successo ottenuto aiutando a interessarsi allo studio, senza però costringerli contro la loro volontà, ragazzi che avevano dei blocchi di apprendimento. Questa precoce attitudine pedagogica era impregnata della filosofia del jiu-jitsu: mai affrontare direttamente la resistenza del rivale ma utilizzare la forza stessa dell'avversario per controllarlo al massimo. Per quanto non ancora affinata, quest'idea era il germoglio di un tema che sarebbe divenuto poi centrale in tutto il pensiero di Feldenkrais sull'educazione somatica: non andare mai direttamente contro i meccanismi di resistenza di un altro essere umano, ma piuttosto lavorare positivamente con essa per aiutare la persona a migliorarsi.

Non è sorprendente che questa spettacolare carriera di liceale gli meritasse il sostegno di una borsa di studio per un lavoro universitario avanzato in Europa. Il richiamo della Francia era già forte, e Feldenkrais scelse studi di ingegneria elettrotecnica presso l'Università di Parigi. Nel 1933 ottenne, primo della sua classe, il diploma di Ingegnere Diplomato E.T.P., e nello stesso anno divenne ricercatore associato di Frédéric Joliot-Curie nel famoso Laboratorio del Radio dove Madame Curie aveva realizzato i propri lavori. In quel momento le ricerche del laboratorio erano centrate sulla fissione nucleare, e il ruolo iniziale di Feldenkrais era quello di costruire apparecchiature ad alta tensione, in particolare un generatore elettrostatico di Van-de-Graaff. Nel 1935 Frédéric e Irène Joliot-Curie ricevettero il premio Nobel per le loro scoperte sulla sintesi dei nuovi elementi radioattivi.

Era quindi prevedibile che Feldenkrais, mentre continuava la sua collaborazione di lunga data con il laboratorio di fisica delle Alte Energie, si sarebbe iscritto alla facoltà di Scienze della Sorbona per avviare un lavoro di dottorato. Non aveva dimenticato, però, l'altra sua passione: le arti marziali. A Parigi insegnava jiu-jitsu e continuava a scriverne. La sua prima pubblicazione in francese, La Défense du Faible Contre l'Agresseur [La difesa del debole contro l'aggressore] (1932), divenne un classico con oltre 70 ristampe.

Il fascino esercitato su Feldenkrais dalle arti marziali ebbe un ulteriore affinamento dopo l'incontro con il dottor Jigoro Kano, fondatore dello judo, riformulazione sofisticata della più vecchia e più combattiva disciplina del jiu-jitsu. Kano si era recato a Parigi per tenere una conferenza all'ambasciata giapponese. Tra il pubblico c'era anche Feldenkrais, che alla fine dell'incontro cominciò a porre qualche domanda pratica su questo nuovo sport.

Per fornire una risposta più completa, Kano, a quell'epoca già avanti negli anni, chiamò Feldenkrais di fronte alla platea per una dimostrazione. Date le sue prodezze in jiu-jitsu, Feldenkrais badò soprattutto a non ferire Kano, e accettò di buon grado di trovarsi bruscamente rovesciato sulla schiena. Ma tentativi successivi, nei quali Feldenkrais non badò più a non ferirlo, si conclusero con lo stesso esito.

Il fisico, vinto, accrebbe il suo rispetto per Kano e per lo judo, gli divenne amico e successivamente, nel 1936, fu proclamato primo judoka europeo cintura nera. Nel 1934 aveva già fondato il jiu-jitsu Club di Francia, una organizzazione che si diffuse rapidamente in tutto il paese.

E' necessario ricordare che il judo sviluppato da Kano è un'arte di autodifesa più che di aggressione, e che si basa sull'abilità e l'agilità. Non vi è alcun interesse ad accoppare l'avversario, ma piuttosto a immobilizzarlo sfruttandone i punti deboli e gli squilibri. L'obiettivo è quello di arrivarci con il minimo dispendio di energia e il massimo di efficacia. L'idea di ridurre l'entropia a un livello quanto più possibile basso non poteva che piacere a un giovane fisico che lavorava quotidianamente per ridurre al minimo gli effetti del secondo principio della termodinamica. Ma la sua invidiabile carriera di celebrità scientifico-atletica a Parigi si concluse brutalmente con l'invasione tedesca della Francia. Mentre i nazisti invadevano il paese a est e a nord, a 36 anni il nostro fisico era costretto alla fuga per trovare rifugio in Gran Bretagna, dove lavorò con la Marina Britannica in Inghilterra e Scozia. Si trattava di un lavoro legato alla guerra anti-sommergibile. Feldenkrais era coinvolto nell'invenzione dei primi apparecchi di rilevazione sonora.

Intanto continuava i suoi scritti sulle arti marziali, questa volta in inglese (in quel momento Feldenkrais parlava correntemente inglese, francese, ebraico e russo, e aveva una buona conoscenza del tedesco). Pubblicò tre volumi, uno dopo l'altro, sullo judo, alcuni dei quali erano ancora in circolazione quarant'anni dopo. Inoltre cominciò a insegnare nelle classi di formazione specificamente pensate per l'addestramento di allievi di judo. E proprio queste sue esperienze di applicazione delle idee dello judo all'apprendimento del movimento, unite all'approfondita conoscenza della meccanica, furono all'origine dei suoi celebri "Esercizi di Feldenkrais", che avrebbero poi preso il nome di "Conoscersi Attraverso il Movimento". Come insegnare efficacemente il movimento divenne un altro punto focale delle riflessioni di Feldenkrais.

Le incursioni nella psicologia, e in particolare nella psicanalisi nella fase in cui egli stesso si sottopose ad analisi, continuarono negli anni della guerra, affiancate però allo studio dell'anatomia e della neurofisiologia. Altre esperienze significative di questo periodo gli vennero dall'interesse per il lavoro di F. Mathias Alexander, inventore della Tecnica Alexander (senza alcun rapporto con la danese Gerda Alexander, fondatrice dell'Eutonia) e per la filosofia di Gurdjieff. Era stato Alexander il primo a dimostrare come la postura del corpo non sia fissa ma possa essere permanentemente modificata e migliorata attraverso un insieme di pratiche specifiche. Era stato Gurdjieff a dimostrare fra le altre cose come lo sviluppo personale sia un processo a vita di cambiamento continuo e di miglioramento della consapevolezza di sé tanto a livello del corpo che dello spirito.

Nel 1949 Feldenkrais diede alle stampe Body and Mature Behaviour [Trad. It. Il Corpo e il Comportamento Maturo], un libro ingombrante e particolarmente provocatorio. Il sottotitolo era una sintesi del composito insieme di interessi che l'avevano catturato fin da quando aveva vent'anni: "Sul sesso, l'ansia e la forza di gravità". Lì c'era tutto: psicoterapia, Freud, fisica e auto-educazione. I concetti esposti in ‘Il Corpo e il Comportamento Maturo', scientificamente avanzati ma non concretamente documentati in tutti i loro dettagli, fanno comunque dell'opera la fonte migliore per passare in rassegna l'insieme delle complesse preoccupazioni che attraversavano il pensiero di Feldenkrais. L'assenza di documentazione concreta non è tanto una debolezza dell'opera quanto piuttosto una dimostrazione che gli esempi concreti si adattano meglio a essere illustrati che definiti "in poche parole".

Il punto centrale del libro è che il fenomeno psicologico della paura e dell'ansia sia fondato sul riflesso incondizionato della paura di cadere, una reazione autonoma scatenata dall'eccitazione dell'apparato vestibolare, gestita dall'VIII nervo cranico che provoca una contrazione di tutti i muscoli flessori con simultanea inibizione di tutti i muscoli antigravitazionali.

Trattandosi di un riflesso incondizionato del neonato, Feldenkrais sfida l'intero campo della psicoterapia - e in particolare della psicanalisi - sostenendo che tutte le altre paure e i sentimenti di ansia emergono in risposte condizionate e acquisite implicanti la paura innata di cadere. Nella misura in cui Freud aveva sostenuto che l'ansia è il problema centrale della nevrosi, Feldenkrais sosteneva che ogni nevrosi è creata da una concatenazione di condizionamenti fondati sulla paura incondizionata di cadere. Pertanto, qualsiasi trattamento psicoterapeutico incapace di frenare queste reazioni acquisite dell'abitudine muscolare non riuscirà a eliminare la nevrosi.

L'approccio più vicino a questo punto di vista era quello di Wilhelm Reich il quale, fondamentalmente attraverso una somatizzazione della posizione di Freud, sosteneva che alla base dell'ansia ci sia l'impotenza orgasmica. Nel suo ‘Il Corpo e il Comportamento Maturo', Feldenkrais porta questo punto di vista ben al di là della posizione dottrinale di Reich, collocando l'origine dell'ansia in un meccanismo fisiologico della specie umana universalmente noto.

Detto in termini clinici, Reich sosteneva che il nevrotico sia affetto da una disfunzione sessuale. L'argomentazione di Feldenkrais era più generale: il nevrotico è ipso facto una persona dai muscoli flessori abitualmente contratti, che serrando i muscoli addominali imbavaglia le funzioni respiratorie e digestive provocando per estensione nausee, vertigini e senso di ansia. Respirazione superficiale e petto e stomaco serrati sono, secondo Feldenkrais, l'accompagnamento universale dello stato di ansia; in effetti, questa condizione è il fondamento fisiologico del contenuto sensoriale dell'altra condizione. L'impotenza orgasmica dovuta a rigidità del bacino non è che una delle tante disfunzioni fisiologiche che emergono da questo riflesso flessorio.

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L'obiettivo di Body and Mature Behaviour non era però di criticare la teoria e la pratica della psicanalisi: il pensiero di Freud serviva semplicemente da contenitore per un obiettivo più generale, quello di esporre un programma educativo volto a correggere la disfunzione umana. Questo programma era centrato sull'insegnamento e sull'apprendimento più che sulla malattia e la cura. La questione dell'ansia e della nevrosi fornisce un punto di partenza dal quale poter considerare questi eterni problemi umani in termini molto più generali che non unicamente psicologici: problemi generali derivati da un cattivo adattamento, di origine innegabilmente somatica. Alla base delle preoccupazioni psicoterapiche c'era un contesto più ampio e più profondo dell'apprendimento e dell'adattamento psicologico. Una volta che questo contesto più ampio diventasse esplorabile, diventerebbe evidente come la disfunzione nevrotica non possa essere efficacemente corretta limitandosi a rendere conscio l'inconscio, ma soltanto cambiando l'abituale schema fisiologico che forma la sottostruttura dell'inconscio profondo del comportamento umano. Quarant'anni prima che lo proclamassero neurofisiologi come il Premio Nobel Roger Sperry, l'ipotesi di Feldenkrais era che il prodotto principale della funzione del cervello è l'attività motoria: il sistema nervoso è agente dell'azione. E a parte le azioni interne di comando dell'equilibrio endocrinologico vero e proprio, le azioni del cervello nel mondo sono tutte muscolari. Osservando le personalità e gli schemi corporei dei suoi allievi e operando una sintesi della complessa informazione scientifica acquisita, Feldenkrais vide con lucidità nel proprio corpo che la motricità è al centro di qualsiasi attività umana e che abitudini acquisite dell'attività motoria sono alla radice e all'origine di instabilità emotiva e di disordine comportamentale.

Questo contesto più ampio è somatico. E suggerisce come la rieducazione delle abitudini muscolari e della postura sia l'unico modo rigoroso per migliorare l'intero organismo psicofisiologico. La sola "terapia" non basta: la psicanalisi sfiora soltanto superficialmente le profondità fisiologiche sottostanti al comportamento verbale. Il punto di partenza appropriato è la rieducazione muscolare; in effetti, una volta modificate le abitudini muscolari dello schema dell'ansia, la maggior parte delle persone non ha alcun bisogno di psicoterapia. Qualora però lo desiderassero ugualmente, la rieducazione muscolare le avrà preparate a trarne vantaggio in maniera ottimale. Tuttavia, una volta dissolti i "contorni dell'ansia" mediante il riassorbimento di tensioni muscolari incontrollabili, la maggior parte delle persone osservate da Feldenkrais è in grado di farsi carico dello sviluppo della propria vita in maniera abbastanza adeguata.

A questo proposito si può notare quanto, nella valutazione della posizione di Freud, Feldenkrais rimanga sulla linea di Coué, sua guida spirituale originaria. Riponendo grande fiducia nel potere della coscienza, Freud era convinto che i desideri inconsci possano essere elusi una volta riportati alla coscienza, mentre Coué sosteneva il contrario: la sfera dell'inconscio ha il potere di trasformare la sfera del comportamento cosciente, e così i suggerimenti rivolti all'inconscio modificherebbero le abitudini comportamentali manifeste dell'individuo. Ricerche recenti, descritte in L'apprentissage Crépusculaire [L'Apprendimento crepuscolare] da Thomas Budzynski e altri fra cui Lazanov, confermano la posizione di Coué.

Questo contrasto può essere letto anche in altro modo. L'innovazione di Wilhelm Reich fu di somatizzare Freud, che lo riportava ai genitali. L'innovazione di Moshe Feldenkrais fu di somatizzare Coué, che lo riportava interamente al cervello e al motorio e al sensorio. A livello umano, la differenza è fra parte e tutto, fra periferico e centrale.

In Body and Mature Behaviour veniva quindi formulata la teoria dell'educazione somatica e proposto, ma non formulato in concreti dettagli, un programma di esercizi pratici. Ciò che generalmente veniva proposto era che l'educazione somatica avvenisse all'interno di gruppi. Feldenkrais prese in considerazione la possibilità di lezioni all'interno delle quali un gran numero di persone avrebbe appreso di nuovo il controllo efficace ed equilibrato dei propri schemi di movimento, smussando così i confini delle proprie ansie e diventando più competenti come individui. Non si trattava, però, del suggerimento di un'ipotesi che si sarebbe potuta realizzare: era ciò che a quell'epoca lui già faceva a Londra.

Nelle sue lezioni di movimento, ispirate alla filosofia dello judo, Feldenkrais aveva scoperto le stesse trasformazioni psicologiche ed emozionali a proposito delle quali scriveva. Sapeva che erano cose possibili perché le faceva. E le faceva in due modi: conducendo gruppi di persone attraverso schemi di movimento per mezzo di istruzioni verbali o eventualmente fermandosi a mostrarli tenendo le loro braccia in determinate posizioni, aiutandole a scivolare con certi movimenti delle gambe, assistendole nella rotazione, facendo loro vedere come reagire, rispondere e prendere nuovi sviluppi al contatto con gli altri, con il suolo e con altri oggetti.

Ma i principianti, proprio perché principianti, sono rigidi, scoordinati, lenti a reagire. E Feldenkrais doveva insegnare loro come superare queste limitazioni di movimento. Uno dei modi più efficaci di insegnare veniva direttamente dall'affinamento della tradizione delle arti marziali da parte di Kano: quando nell'effettuare determinati movimenti un allievo era bloccato o resisteva inconsciamente, Feldenkrais non lo costringeva mai a superare consapevolmente la resistenza inconscia. Al contrario, accompagnava l'allievo secondo il suo schema persistente, muovendone il corpo secondo il medesimo schema di resistenza che l'allievo eseguiva abitualmente. Nel momento in cui Feldenkrais stesso guidava il movimento passivo dell'allievo fino al punto programmato di resistenza acquisita, questi scopriva che in un modo o nell'altro stava diventando volontariamente libero di controllare lo schema di contrazione muscolare un tempo programmata. Impiegando la propria forza muscolare per muovere il corpo rilassato dell'allievo secondo le espressioni estreme del suo schema di resistenza, Feldenkrais scopriva che il programma di resistenza muscolare era rilassato, lasciando i muscoli di nuovo liberi. L'allievo, che si era fatto mostrare lo schema abituale mentre era passivo, prendeva sensorialmente coscienza dello schema che normalmente eseguiva inconsciamente.

Feldenkrais sapeva molto bene che questo rilassamento muscolare non era un evento localizzato nelle fibre muscolari quanto piuttosto un evento localizzato a un livello superiore, nel sistema nervoso centrale. Il programma di resistenza muscolare non era "fissato" nel cervello: si trattava di una risposta acquisita che avrebbe potuto essere dimenticata rapidamente. Utilizzando il proprio sforzo muscolare anziché quello dell'allievo per eseguire il movimento, la corteccia dell'allievo si liberava diventando consapevole del movimento: questa tecnica consentiva all'allievo di diventare spettatore del proprio movimento più che esecutore. Questa è la tecnica che io chiamerei lo "specchiarsi in movimento", una tecnica distillata da una teoria orientale di non-violenza e applicata direttamente alla rieducazione neurologica.

Lo "specchiarsi in movimento", come modo di andare attivamente con uno schema di resistenza muscolare, è una tecnica di base del metodo Feldenkrais nell'Integrazione Funzionale, esattamente come lo è dello judo. La scoperta di Feldenkrais fu che un'antica concezione orientale, in precedenza dissimulata nel mistero, fosse un principio neurologico inespresso, in grado di risolvere alcuni dei problemi più difficilmente trattabili del comportamento umano.

Questa scoperta, però, veniva effettuata da un fisico, che aveva 1) consapevolezza della gravità, 2) consapevolezza delle leggi della termodinamica, 3) consapevolezza dei modi in cui funzionano i sistemi elettrici, 4) consapevolezza di come costruire apparecchiature elettriche più complesse e, soprattutto, 5) una profonda consapevolezza di se stesso grazie agli anni di formazione nel jiu-jitsu e nello judo. A questo punto non è affatto sorprendente che Feldenkrais abbia distillato le tecniche di educazione somatica dal suo insegnamento di gruppo (chiamate poi ‘Conoscersi attraverso il Movimento') in una modalità quasi magicamente trasformatrice di lavoro diretto con gli individui (che avrebbe poi preso il nome di ‘Integrazione Funzionale').

Di conseguenza, Feldenkrais (1) teneva l'allievo seduto o sdraiato in modo che le risposte muscolari acquisite dal cervello in relazione alla gravità venissero sospese riducendo così l'eccitazione neurologica globale nel cervello. Questa sospensione dei riflessi antigravitazionali e delle risposte acquisite lasciava il cervello più disponibile ad assolvere il proprio compito al fine dell'apprendimento.

Poi (2), mediante lo specchiarsi in movimento e altre tecniche propriocettive, guidava il sistema sensomotorio ad acquisire un tono più equilibrato e una minor resistenza al movimento, in modo da ridurre la frizione globale e la perdita di energia del sistema organico dell'allievo. Questo teneva direttamente conto della seconda legge della termodinamica, riducendo l'entropia del sistema corporeo dell'allievo e aumentando di conseguenza la capacità di conservare energia da parte del corpo durante il suo lavoro.

Mentre dava all'allievo questa lezione propriocettiva, Feldenkrais (3) serbava decisamente ben impresso nella mente tutto quanto aveva appreso sui sistemi elettrici e sui meccanismi retroattivi, sugli effetti dell'ammortizzamento e della risonanza oltre che tutto ciò che era implicato in operazioni sistemiche. Norbert Wiener aveva inventato il concetto di cibernetica proprio mentre Feldenkrais, a Londra, stava programmando dei sistemi nervosi umani ad autocorreggersi e autoguidarsi. Feldenkrais fu il primo cibernetico somatico.

E (4) il suo pensiero di cibernetico era completato dall'abilità manuale e dalla destrezza ingegneristica di un uomo che aveva dedicato anni alla costruzione di apparecchi elettrici ad alta tensione. Le mani dell'insegnante che istruivano l'allievo lungo i percorsi di un funzionamento più efficace erano le stesse che, tempo addietro, costruivano i circuiti del generatore Van de Graaff per la divisione degli atomi in particelle.

E (5) questo insegnante straordinario utilizzava il tocco e il movimento come mezzi per istruire l'allievo, guidato in ciò dalla propria consapevolezza del senso esatto del movimento che egli aveva insegnato al proprio sistema sensomotorio in anni di intenso allenamento nelle arti marziali.

Di tutti e cinque i livelli, ciò che Feldenkrais inserì nella propria eredità di Integrazione Funzionale e Conoscersi Attraverso il Movimento era una fusione di quell'evidenza oggettiva e soggettiva che a lui balzava agli occhi. Erano tante e tali le verità convergenti verso la medesima conferma integrale che, una volta che l'aveva colta, si stupiva che nessun altro ne vedesse l'evidenza.

La fusione di questi cinque livelli ha messo in luce tutto un insieme di aspetti fondamentali e di abilità dell'individuo che rendono l'Integrazione Funzionale una disciplina di straordinaria complessità. Non è di facile padronanza: per comprendere e praticare efficacemente un sistema del genere è richiesta una sofisticazione di conoscenze e di abilità che lo pongono quantomeno al livello della formazione medica tradizionale.

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E il grado di sofisticazione implicato nell'Integrazione Funzionale è suggerito da ciò che esige una sua pratica efficace: perfetta conoscenza dell'anatomia e della fisiologia; precisa comprensione tridimensionale della kinesiologia; comprensione di base del sistema nervoso centrale e chiara distinzione delle sue funzioni in rapporto agli eventi che appartengono al sistema nervoso periferico; nozioni di psicologia e di fisiologia dello sviluppo; conoscenza del sistema dell'equilibrio e delle funzioni del movimento della testa nonché delle funzioni visive; conoscenza della meccanica della postura su due piedi; conoscenza della teoria dell'apprendimento e delle tecniche di rinforzo; conoscenza della corrispondenza fra consapevolezza soggettiva e funzioni sensorial-motorie; distinzione, nella consapevolezza, fra parti prossimali e distali del corpo e struttura della resistenza; capacità personale di equilibrio e di coordinazione dei propri movimenti e percezioni fino al punto di essere in grado di riflettere delicatamente, come in uno specchio, i movimenti dell'allievo apprendista; il senso di come utilizzare il tocco e il movimento in maniera educativa più che correttiva; possedere una consapevolezza personale della kinesiologia al punto da poter arrivare a sentire e tracciare una direzione di movimento con esattezza (è un'abilità che appartiene all'emisfero destro); essere a conoscenza dell'arte di focalizzare l'attenzione dell'allievo sul processo propriocettivo più che su obiettivi esterni; e ben altro ancora.

In precedenza è stato detto che Feldenkrais aveva elaborato un sistema non-verbale, nella misura in cui sono non-verbali la musica e altre forme artistiche. Rivedendo i percorsi di Feldenkrais verso queste scoperte somatiche è evidente che le conoscenze e le abilità implicate in questo sistema sono sia quelle dell'emisfero destro del cervello che quelle del sinistro. La capacità di interpretare e di seguire forme, schemi e direzioni dell'input propriocettivo è un'abilità che appartiene all'emisfero destro, simile a quella sviluppata da musicisti e danzatori. Quest'ultima è, naturalmente, quasi disprezzata dall'educazione accademica e scientifica, benché sia essenziale se si vuole trarre vantaggio dalla plasticità del soma umano.

In campo medico, esistono vaste zone che presentano problemi non diagnosticabili e non curabili, e altre dove invece è possibile fare una diagnosi ma le cure prescritte sono di scarso aiuto e permettono soltanto il mantenimento in vita. L'educazione accademica e scientifica è deliberatamente emisferico-sinistra: è la sua fierezza e il suo vanto. Ma ciò che un medico con una formazione emisferico-sinistra vede come indiagnosticabile e incurabile diventa spesso palesemente diagnosticabile e curabile per un practitioner che ha sviluppato le capacità dell'emisfero destro.

Con questo non si vuole sostenere che l'Integrazione Funzionale sia una forma alternativa della medicina. Infatti non lo è. Si tratta piuttosto di una nuova forma di educazione, fondata sul riconoscimento lucido, emisferico-destro, della plasticità dell'organismo umano. Anziché fare concorrenza alla medicina, l'Integrazione Funzionale getta una luce su quella tradizione medica che mette in risalto le zone innegabilmente adatte al miglioramento dell'uomo e quelle che per inadeguatezza sono quasi "medioevali".

Un insegnante efficace è colui che illumina quelle zone d'ombra della medicina fisica e psichiatrica che abitualmente non lasciano spazio alla speranza o dove ci si accontenta anche solo di un miglioramento. L'effetto principale dell'Integrazione Funzionale è il miglioramento della funzione, e questo non si ottiene in forma di "terapia" ma in forma di educazione.

La qualità emisferico-destra di questo sistema di miglioramento educativo veniva costantemente sottolineata da Feldenkrais nella sua analogia fra l'Integrazione Funzionale e l'insegnamento della danza: si tenta garbatamente di mostrare all'allievo come muoversi, non forzandolo ma suggerendo, fluttuando con lui finché comincia finalmente ad averne il "feeling", e rapidamente sia il movimento che la sua coordinazione scorrono e l'allievo dice: "Sì, ho afferrato! Posso farlo!"

In quel momento l'insegnante è in risonanza con l'informazione propriocettiva che viene elaborata attraverso l'emisfero destro. Ha l'immagine di una possibilità di movimento che sta cercando di insinuare nel sistema motorio dell'allievo. L'insegnante di danza, così come il musicista, ha la sua consapevolezza in risonanza con il carattere fluido e con la ritmicità del movimento. E la sua attitudine a rilevare all'istante i cambiamenti nel movimento, le prime avvisaglie di tensione, le sollecitudini o gli "addensamenti" d'armonia, è precisa, esatta e istantanea. In termini di precisione, accuratezza e istantaneità, le funzioni dell'emisfero destro sono le stesse dell'emisfero sinistro. E il "sistema" razionale, coerente e precisamente articolato su cui poggia l'Integrazione Funzionale è la struttura del sistema nervoso centrale, con le sue funzioni sensorial-motorie, letta nei minimi dettagli dall'emisfero destro.

Come il danzatore o il musicista che improvvisa, l'insegnante di Integrazione Funzionale si accorda al ritmo e alla chiave armonica del sistema sensomotorio dell'allievo, integrandosi, riflettendosi in lui come in uno specchio, guidandolo dolcemente verso variazioni, differenziazioni, e nuove armonie e ritmi che sono, di fatto, l'insegnamento di nuovi schemi neuronali del movimento.

Nel 1949 Feldenkrais lasciò l'Inghilterra per tornare in Israele, dove assunse l'incarico di Direttore del Dipartimento di Elettronica presso il Ministero della Difesa. Nel frattempo, mentre continuava a sviluppare e a praticare l'Integrazione Funzionale, cominciò a tenere a Tel Aviv regolari corsi di Conoscersi attraverso il Movimento. La sua fama si diffuse rapidamente in Israele, legata soprattutto al fatto che era in grado di risolvere enigmi patologici che sfidavano la saggezza convenzionale e le capacità diagnostiche. Questo successo destò l'interesse di Mia Segal, una ragazza adorabile e di grande talento, che insegnava la tecnica Alexander e allo stesso tempo era cintura nera di judo. Mia Segal cominciò a studiare informalmente il sistema Feldenkrais, e fu la prima persona ammessa ad assistere al suo lavoro. Un giorno, un piccolo gruppo dei suoi più ardenti ammiratori convinse Feldenkrais a insegnar loro le sue abilità, cosa che egli fece come una formazione sia emisferico-destra che sinistra.

Nel 1972 venne pubblicato un altro libro, Awareness Through Movement [Trad. It. Conoscersi attraverso il movimento], diffuso e tradotto in molte lingue. Quello stesso anno Feldenkrais tenne il suo primo seminario negli Stati Uniti: un mese di esercizi presso l'Esalen Institute, in California. Il seminario venne ripetuto, sempre a Esalen, nel giugno del 1973, e fu lì che io stesso incontrai Feldenkrais per la prima volta. Trovatomi a essere testimone del suo lavoro individuale con alcune persone gravemente handicappate, rimasi colpito dall'originalità di un uomo in possesso di capacità rivoluzionarie e relativamente sconosciuto, nonostante avesse già 69 anni.

Fino a quel momento Feldenkrais non aveva dato un nome al suo sistema di esercizi di gruppo né al suo lavoro individuale. Siccome avevo deciso di scrivere un articolo sul suo lavoro destinato al pubblico americano, gli chiesi come riferirmi al suo sistema di lavoro individuale. Dopo una notte di riflessione, e con un orecchio rivolto nella direzione dell'Integrazione Strutturale di Ida Rolf - che proprio allora stava diventando famosa negli Stati Uniti - il giorno successivo Feldenkrais mi informò che l'avrebbe chiamato Integrazione Funzionale.

Avevo avuto la fortuna di diventare direttore del Humanistic Psychology Institute di San Francisco, una scuola fondata da Eleanor Criswell. Considerato che malgrado l'età, quest'uomo, autore di scoperte straordinarie, non aveva ancora insegnato le sue abilità al di fuori di Israele, gli offrii un incarico di Visiting Professor all'istituto, e nel 1975 cominciò la sua formazione di tre anni al Lone Mountain College. Più o meno in quel periodo Feldenkrais decise di chiamare il suo sistema di esercizi "Conoscersi Attraverso il Movimento", dandogli cioè lo stesso titolo del suo libro dov'erano descritti dieci esercizi.

Nei tre anni di insegnamento a San Francisco il nome di Feldenkrais si impose a livello nazionale e qualche anno più tardi poté cominciare una seconda formazione che ebbe luogo a Amherst, in Massachusetts, nel 1980 e 1981.

Fu proprio al termine del secondo anno di questa formazione che, all'inizio dell'autunno del 1981, a Zurigo, in Svizzera, gli venne scoperta un'emorragia cerebrale a cui si poté porre rimedio con un intervento chirurgico immediato. Durante la convalescenza Feldenkrais tornò in Israele e riprese il lavoro nei suoi uffici di Nachmani Street. Ma non si ristabilì mai completamente dagli effetti dell'emorragia. La sua grande energia fu enormemente compromessa da una serie di attacchi che nei primi mesi del 1984 finirono per inchiodarlo al letto. Fu costantemente curato dal meraviglioso e fedele fratello Baruch, editore a Tel Aviv.

Feldenkrais morì nel mese di luglio nel suo appartamento di via Frug, dopo settimane e settimane di tenda a ossigeno, tenuto in vita mediante alimentazione endovenosa.

L'eredità di Feldenkrais è enorme. La sua complessità è tale che occorrerà del tempo prima che venga assorbita dalle nostre tradizioni educative e terapeutiche. Ma il suo valore è tale che certamente l'assorbimento si realizzerà: è inevitabile. Occorrerà del tempo prima che venga utilizzata in quanto insieme di concetti e di procedure che non sono una semplice aggiunta a quanto già noto - un nuovo virgulto nel movimento olistico. Come metodi di trasformazione del funzionamento fisiologico in un contesto individuale e di gruppo, Integrazione Funzionale e Conoscersi attraverso il Movimento sono sistemi rivoluzionari rispetto a qualsiasi altra componente da noi oggi associata all'olismo, termine di per sé poco appropriato nella misura in cui nessuno all'interno del movimento di salute olistica ha una teoria che definisca il tutto.

Bernard Lake è un medico, cardiologo e scrittore australiano che ha condotto uno studio approfondito su Feldenkrais. Come egli ha osservato:

[..] siamo sedotti dalle glorie apparenti del cervello e siamo arrivati a considerare il corpo un'appendice fastidiosa del nostro passato evolutivo. Ma l'idea emergente è che l'asse cervello-corpo è un'unità dalle uguali potenzialità per mutua interazione. Il sistema messo a punto da Moshe Feldenkrais, che ha chiamato in modo pertinente e rivelatore Integrazione Funzionale, ha lo stesso potenziale per la comprensione della relazione cervello-corpo di quanto la teoria della relatività di Einstein ne aveva per la fisica [...] (Somatics, IV, 2, P.13).

Occorre del tempo perché un potenziale di questo genere trovi una realizzazione concreta. Possiamo quindi capire lo sguardo glaciale e l'infastidita impazienza di Feldenkrais alla richiesta di descrivere l'Integrazione Funzionale in poche, semplici parole. L'assimilazione di un nuovo paradigma non è semplice. A mano a mano che compaiono validi insegnanti di Integrazione Funzionale, a mano a mano che un sempre maggior numero di persone migliora attraverso la pratica, e a mano a mano che un sempre maggior numero di persone comincia a essere testimone di queste straordinarie trasformazioni somatiche, un nuovo livello di comprensione prenderà corpo.

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Il pensiero e la pratica di Moshe Feldenkrais erano molto in anticipo sul suo tempo. Una comprensione più ampia e più profonda di questo pensiero e di questa pratica emergerà a poco a poco, rendendone il contenuto evidente tanto quanto lo era per Feldenkrais. Le vere rivoluzioni sono tutte di lenta realizzazione. Feldenkrais sarà nella tomba già da molto tempo prima che la sua impazienza si sia esaurita.

 

Da Somatics, autunno/inverno 1984-85

UN CORPO PER LA MENTE

Una presentazione del pensiero di Moshe Feldenkrais e della filosofia e teoria sottostanti la pratica del Metodo di Franz Wurm

di Franz Wurm

NOTA DELL'AUTORENell'introduzione alla sua "Lezione sull'etica", Ludwig Wittgestein scrive: "Per spiegarvi una materia scientifica sarebbero necessarie moltissime lezioni, e non un semplice articolo. Un'altra possibilità sarebbe stata impartirvi quella che è comunemente definita una lezione scientifica popolare, in altre parole intesa a farvi credere di comprendere qualcosa che in realtà non avete assolutamente capito. Similmente, potrei cercare d'essere comprensibile nell'ambito di quest'articolo. Non posso essere "comprensivo". Mi allevierete la coscienza da un grosso fardello, se terrete a mente quest'osservazione.

L'uomo cammina sulle sue gambe. Nulla di nuovo in questo, e anche noi tendiamo a darlo per scontato. Ma dare le cose per scontato può essere un modo fuorviante per osservarle. Supponete dovessimo porre delle domande su determinate cose, specialmente su fatti che sono stati di fronte ai nostri occhi per tutta la vita; per non parlare di secoli e millenni durante i quali sono stati dati per scontati dalle generazioni precedenti, così come era accettata la credenza che l'universo ruotasse attorno alla terra. Non abbiamo alcun motivo per dare per scontato il nostro modo di procedere eretti: alla nascita non sappiamo camminare, dobbiamo imparare a farlo. Osservate le persone per strada. Vedrete che nessuna di loro cammina allo stesso modo. Può essere che i loro corpi siano così differenti? Possono aver imparato a camminare in modo così diverso? Durante il corso della loro vita ognuna di loro ha sviluppato il proprio modo di muoversi? E qual è lo scopo del camminare? Perché non avanzare a quattro zampe? E' più stabile, non è così? Per dirla in un altro modo: fino a che punto veniamo influenzati dall'ereditarietà? Fino a che punto siamo plasmati dall'influenza di circostanze e modelli di comportamento che c'imponiamo da soli?

Ma innanzi tutto, proviamo a porre un altro interrogativo: quale vantaggio può comportare il trasportare le cose in posizione eretta? Si è desunto che l'uomo, non avendo più necessità delle mani per muoversi, fu in grado di impiegarle per qualche altro fine. Ma allora, anche le scimmie, gli scoiattoli, i canguri, gli orsi, ed altri animali a volte camminano eretti, e utilizzano le loro zampe anteriori per qualcos'altro. Per il momento, tutto quello che possiamo dire è che l'uomo utilizza le sue mani in una maniera che è del tutto umana: possiamo descrivere come utilizza le sue mani, ma non perché lo faccia. Per il momento non possiamo aggiungere altro (ritorneremo sull'argomento in seguito).

Ora ritorniamo alla postura eretta. Supponete di avvitare un bullone ad occhio in fondo ad un bastone, di legare una corda, di attorcigliarvela. Il bastone inizierebbe a girare quasi immediatamente. Poi di spostare il bullone e di avvitarlo nel mezzo del bastone, di legare la corda e di arrotolarcela, come prima. Il bastone, ora in posizione orizzontale, inizierebbe a ruotare molto più lentamente – ma solo dopo avere arrotolato più volte la corda.

Se vogliamo che ruoti alla stessa velocità angolare, è necessaria una maggiore energia per far sì che si metta a ruotare nella nuova posizione, anche se la sua massa (o peso) è la stessa di prima. E' ovvio che nel movimento rotatorio non è la massa che ricopre un ruolo fondamentale, ma un qualcosa che caratterizza la massa e la posizione allo stesso tempo. E' l'intervallo d'inerzia, e gioca nel movimento di rotazione lo stesso ruolo che la massa ha nel movimento lineare. Tanto inferiore sarà l'intervallo d'inerzia, tanto minore sarà l'energia necessaria per spingere il corpo a muoversi; e l'intervallo d'inerzia cresce rapidamente assieme alla distanza dall'asse di rotazione.Confrontando il corpo umano a quello d'altri animali, scopriremo che l'intervallo d'inerzia attorno all'asse verticale (che attraversa il centro di gravità) é molto ridotto. Ne consegue che il corpo umano è quanto di più simile esista ad una struttura ideale progettata per il movimento, e quanto di meno adatto esista per restare immobile.

Il breve intervallo d'inerzia è il risultato della disposizione di bacino, tronco, e testa – disposti in modo verticale, l'uno al di sopra dell'altro – che, allo stesso tempo, porta il centro di gravità al massimo livello di compatibilità con la struttura corporea; e quindi permette di ottenere un equilibrio instabile. E' quest'equilibrio precario ed instabile (e le deviazioni da esso) che governa la totalità del comportamento umano. Un movimento orizzontale in una qualsiasi direzione a partire da questa posizione d'equilibrio comporta un piccolo consumo d'energia o di lavoro. Per ripristinare l'equilibrio, quando esso sia stato disturbato, è richiesto il medesimo consumo d'energia e lavoro. In questo equilibrio precario, essendo il centro di gravità il più alto possibile, l'energia potenziale è massima. Non è necessario alcun apporto d'energia da parte di un'altra fonte per modificare la posizione. Il corpo in posizione eretta è perciò sempre pronto a mettersi in movimento al minimo preavviso, senza spendere energia. Sotto questo punto di vista, è più mobile del corpo di qualsiasi altro animale: un animale si potrà muovere velocemente in una particolare direzione, ma non possiede la libertà che l'uomo ha di potersi muovere in qualsiasi direzione. Ovviamente, notevoli deviazioni dalla posizione d'equilibrio precario pregiudicheranno la mobilità. Aggiungerò qualcosa in più al riguardo successivamente.

La postura eretta è un dono biologico della struttura umana. Ragione per cui essa non deve comportare alcuna sensazione di fatica o di sforzo in alcun modo. La nostra postura è il risultato di meccanismi inerenti alla struttura, e di quanto abbiamo appreso adattando noi stessi all'ambiente, sia fisico sia sociale. Tuttavia, gran parte di quello che abbiamo appreso è a danno del sistema, perché è stato appreso dietro l'obbligo della necessità o lo stress della difficoltà, in un periodo in cui la nostra immediata dipendenza dagli altri distorceva i bisogni reali. L'azione abituale di stare in piedi per un lungo periodo ci fa sentire bene; quindi la sensazione che proviamo al riguardo non è affidabile, a meno che non badiamo a rieducare il nostro senso cinestetico basandoci su norme testate nella realtà.

Avrete notato che ho considerato il corpo umano in rapporto alla forza di gravità. Appare strano che nessuna scienza che riguardi l'uomo non abbia finora reputato degno di nota evidenziare come noi (e qualsiasi altra cosa in questo mondo) viviamo all'interno di un campo di gravità e siamo ad esso soggetti. E' abituale iniziare gli studi di meccanica con la statica, considerata più semplice o elementare rispetto alla dinamica. In modo piuttosto singolare, l'uomo approda ad una situazione di movimento in modo più agevole e rapido rispetto ad una situazione d'immobilità. Un bambino inizia a gattonare in avanti molto prima di quanto non riesca a stare in piedi immobile senza sostegni, e ciò si può verificare anni prima che sia in grado di stare in piedi su di una sola gamba. Molti adulti non raggiungono mai quella perfezione statica richiesta per essere in grado di stare in equilibrio su di una sola gamba per un certo tempo, specialmente se mantengono gli occhi chiusi, anche se sono in grado di eseguire ogni sorta di movimento. Notate che camminiamo, ci sediamo o ci sdraiamo quando vogliamo riflettere: poche persone pensano che stare fermi in piedi possa essere produttivo per pensare. Ci sdraiamo anche quando siamo ammalati, o stanchi, o siamo dal dottore. Circa il 90% del nostro sistema nervoso è occupato a regolare il nostro comportamento in relazione alla gravità: perciò, è rilassato maggiormente quando è libero dal faticoso compito di doverci mantenere in piedi contro, o nonostante, la spinta della forza di gravità – in altre parole, quando siamo sdraiati.

Facciamo un breve riassunto: il corpo umano – che considereremo come una delle manifestazioni dell'uomo – è costruito in modo tale da resistere alla gravità senza alcuno sforzo e da muoversi all'interno del campo della gravità senza quasi consumare energia. Sono stati elaborati e stabiliti gli standard della postura e del movimento corretti, tenendo ovviamente conto delle differenze individuali. A causa di tali differenze, qualsiasi deviazione dal comportamento funzionalmente corretto non deve essere interpretata come una malattia, e nemmeno sono le sue cause rilevanti. Può essere notata e corretta. La correzione, o per meglio dire, il miglioramento, è un processo d'apprendimento – vale a dire, di formazione di nuove risposte che siano più appropriate da un punto di vista funzionale. E' questione d'abilità, se preferite. Ma per comprendere quello che sapete, dovete anche "sentirlo" – e non si tratta qui solo di una osservazione grammaticale riguardo al termine "comprensione".

Negli anni Quaranta, Moshe Feldenkrais aveva osservato che il trattamento psichiatrico raggiungeva un effetto permanente solo se il progresso era accompagnato da un qualche cambiamento a livello corporeo. La ricerca ha mostrato che tali cambiamenti sono in sintonia con il principio che ho tentato di esporre precedentemente; vale a dire, tali progressi tendevano tutti quanti a ridurre lo sforzo non necessario nel comportamento in relazione alla gravità.

Feldenkrais, del quale cercherò, in quest'occasione, di presentare pensiero ed opera in modo sintetico, collegando queste osservazioni al principio di "minima azione" di Maupertuis ed al principio di correlazione di Cuvier, scoprì che i disturbi emotivi e mentali, così come la cattiva condotta del corpo dal punto di vista funzionale, erano dovuti ad un funzionamento disturbato del nostro sistema nervoso. Quindi, così come un trattamento mentale poteva comportare dei cambiamenti all'interno dell'organismo, un miglioramento del comportamento corporeo avrebbe, per inverso, apportato corrispondenti modifiche a livello mentale.Si può rilevare ancora qualcosa. Freud sostenne - anche se poi non ne fece uso - che l'inconscio si basasse sulla chimica dei processi fisiologici. I neurofisiologi e neuropsicologi trovano ancora difficile al giorno d'oggi individuare la connessione tra la struttura e la funzione di alcuni dei centri superiori del cervello ed il resto del corpo. L'osservazione di Freud e l'opera di Feldenkrais sembrano indicare una traccia. Considerate il seguente quesito: perché nella psicoanalisi un cambiamento del comportamento corporeo - cioè della funzionalità fisica in generale - è poi sottolineato attraverso le parole?

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Per il momento potremmo concludere che quasi tutte le situazioni da noi definite come "malattia" dovrebbero rispondere in modo eguale al trattamento, sia che avvenga attraverso la psiche, sia attraverso il corpo. Se si dimostrasse la verità di tale affermazione, il metodo Feldenkrais non risulterebbe semplicemente un rimedio.

Ulteriori ricerche ed esperimenti lo pongono in evidenza. Pochi anni dopo (1943), in una serie di lezioni presso l'Associazione degli Operatori scientifici inglesi, Feldenkrais illustrò le fondamenta della sua opera e le implicazioni pratiche derivanti. Le cosiddette "malattie nervose" o, come le definiremmo al giorno d'oggi "disturbi psicosomatici" – essendo gli appellativi sintomatici del nostro livello di conoscenza - rispondevano al suo metodo di trattamento, non meno di quanto facessero le artrosi, i problemi alla colonna vertebrale, le lombaggini, lo spasticismo, la paralisi cerebrale, alcuni casi di paralisi corporea, e, spesso, anche la comune infreddatura, per citare solamente alcuni esempi. Tutto considerato, si può affermare che i problemi, le malattie e le deficienze croniche non infettive – a patto che non siano né ereditarie, né dovute ad un danno organico irreparabile e né l'abbiano tantomeno già causato – possano essere trattate attraverso questo metodo. Se avete perso un arto, non si può di certo farlo ricrescere; ma vi si può insegnare come usare il vostro corpo e l'arto che vi resta in modo più efficace di quanto voi prima non utilizzaste entrambi gli arti. Il confine oltre il quale il danno diventa irreparabile dipende dalla persona coinvolta, così come dall'abilità e dalla saggezza dell'insegnante.

Il comportamento in rapporto alla gravità comporta il vantaggio di poter essere osservato e misurato. Tutti quanti possiamo esserne resi consapevoli ed imparare a migliorarlo. Dalla struttura del corpo dell'individuo e dalla sua meccanica può essere desunto uno standard ideale, che può essere impiegato come un'ipotesi di lavoro; ma le deviazioni da questo standard non devono essere considerate a priori come sintomi di malattia. Parlando da un punto di vista storico, la medicina è una scienza dei rimedi: ci rechiamo dal medico quando ci sentiamo meno bene del solito, e da lui ci aspettiamo che ci faccia sentire di nuovo bene. Tuttavia sembriamo incapaci di accorgerci dei disturbi che ormai sono divenuti abituali: sono diventati parte e componente del modo in cui ci sentiamo "solitamente". La postura eretta, ad esempio, potrebbe esserne un riflesso, non richiedendo alcun'azione da parte dei muscoli volontari; nella postura ottimale, la reazione elastica dello scheletro porta la compressione a zero. Ma una volta abituati ad un qualsiasi difetto nella postura, non percepiamo più lo sforzo superfluo che viene richiesto da questo stesso difetto; e, inconsciamente, tendiamo addirittura ad identificarci con esso.

Quella che noi comunemente chiamiamo malattia è di solito preceduta ed accompagnata, a volte addirittura seguita, da qualche difetto o deviazione. Ma prima di interpretare una deviazione come malattia, dovremmo innanzi tutto sapere cosa s'intende per "malattia". E non mi risulta che la medicina abbia ancora trovato un criterio adeguatamente preciso per definire "malattia" e "stato di benessere", il che è uno dei motivi per cui è preferibile impiegare il termine "deviazione". Ancor più preferibile è la possibilità d'individuare e descrivere da che cosa esse siano deviazioni.

Le deviazioni sono segni di quello che potremmo definire una cattiva condotta funzionale. Possono divenire abituali e anche condurre a malattie, o piuttosto ad una propensione a contrarle. Di solito si parla di malattia quando le deviazioni sono di grado elevato e di numero limitato; ma possono anche essere numerose e di grado inferiore. Da esse si possono predire con anni d'anticipo gli acciacchi che affliggeranno la nostra vecchiaia, e la quasi totalità di questi problemi potrebbe essere prevenuta o curata imparando a correggere le deviazioni. La vecchiaia, ad esempio, ha inizio con la limitazione che noi stessi ci imponiamo nella formazione di nuovi schemi corporei: in altre parole, quando smettiamo di imparare, nel senso appropriato del termine. Anzitutto, una persona sceglie attitudini e posture che si confanno alla dignità della sua posizione, rifiutando in questo modo altre azioni, che ben presto risulteranno impossibili da compiere. E' sufficiente osservare qualcuno che è seduto sul pavimento o che sta saltando, per comprendere come questo rifiuto diventi un fattore importante quando una persona invecchia. Il recupero e la reintegrazione di tali schemi nella vita di tutti i giorni ha un effetto spiccatamente ringiovanente, non semplicemente sulla meccanica del corpo, ma anche sulla personalità. A parte tare ereditarie e danni a cui non si può rimediare, potremmo affermare che ognuno di noi è potenzialmente in uno stato di perfetta salute, ma che non sa come raggiungerlo. Collegandolo al modo in cui impieghiamo le nostre facoltà latenti, ad esempio il nostro cervello, si può dedurre che potenzialmente ciascuno è un genio! Tenuto conto di tutte queste premesse, il metodo sviluppato da Feldenkrais, che conduce essenzialmente ad un recupero del nostro naturale processo d'apprendimento, si è mostrato in grado di essere d'aiuto.Non abbiamo modo di seguire direttamente i processi del nostro sistema nervoso centrale. Possiamo divenire consapevoli di tali processi solo quando i nostri sensi, incluso quello cinestetico e muscolare, ce li fanno notare. Questo è quello che intendiamo con "consapevolezza"! Lo stesso accade non solo per tutta la percezione sensoriale, ma anche per le nostre sensazioni e i nostri pensieri. Fintanto che non si fanno sentire attraverso la mobilitazione delle nostre regioni del movimento, noi non ne siamo coscienti; e, qualsiasi sia l'intento o lo scopo, essi per noi non esistono.

Possiamo essere coscienti di un cambiamento nel nostro stato di benessere, oppure di sentirci ammalati, senza essere consapevoli del cambiamento fisiologico che sottostà alla situazione; vale ad affermare che spesso percepiamo le sensazioni, ma non quello che le determina. Riassumendo, non ci può essere percezione sensoriale, emozione, pensiero, o movimento senza che ve ne siano manifestazioni evidenti nel comportamento del nostro corpo. Non possiamo divenire consapevoli di una sensazione o di un pensiero prima che sia espresso da una mobilitazione motoria. Quindi, non c'è pensiero o sensazione finché non si verifica un determinato comportamento a livello corporeo; allo stesso modo, dei cambiamenti a livello d'attitudine corporea alterano le sensazioni ed i pensieri.

Un bambino appena nato è praticamente insensibile agli stimoli esterni. Alla nascita, reagisce a malapena agli effetti della luce, del rumore, degli odori, o anche di piccoli tocchi. Reagisce violentemente se è immerso in acqua molto fredda o calda. Inoltre se il neonato viene improvvisamente abbassato o se gli è sottratto bruscamente il sostegno, si può osservare una violenta contrazione di flessori con trattenimento del respiro, seguita dal pianto, da pulsazioni accelerate e da diffusi disturbi vasomotori, con inibizione degli estensori. Tutto ciò viene spiegato come reazione istintiva alla caduta. Negli adulti, questa reazione è percepita come paura; anche all'interno della lista più ampia dei nostri istinti, l'unica che viene riconosciuta in grado di bloccare il movimento è la paura. Ora, la questione di "riuscire" o "non riuscire" a fare qualcosa è fondamentalmente una questione di "fare" (cioè di inibire la nostra attività muscolare). Anche il non fare nulla comporta un'attività muscolare di grande complessità. Potremmo quindi sperare di gettare luce sui fenomeni accompagnati da tensione muscolare cronica.

Fino a poco tempo fa, si riteneva che l'unica risposta primaria che si potesse ottenere da un neonato (a parte il succhiare) fosse la risposta a rumori particolarmente forti. E' risaputo che stimoli più forti di quelli abituali si diffondono e si irradiano a causa dell'incompleta mielinizzazione (un tipo d'isolamento dei percorsi nervosi); nel bambino appena nato, perciò, la diffusione di uno stato d'eccitazione è più rapida che negli adulti. Per citare Feldenkrais: Rumori molto alti stimolano il ramo cocleare dell'ottavo nervo cranico o auditivo in modo sufficiente da diffondersi ed eccitare il ramo vestibolare dello stesso nervo. Questa irradiazione non avviene a livello nervoso, ma a livello dei primi collegamenti, e forse nei centri superiori, anche negli adulti.L'ottavo nervo cranico si divide, nella zona periferica, in due rami – quello della coclea, che riguardo l'udito, e quello del vestibolo, che riguarda l'equilibrio…questi due rami sono strettamente interconnessi…Più in alto, delle forti sollecitazioni, prodotte da rumori molto alti, si diffonderanno e stimoleranno il decimo nervo cranico, che farà trattenere il respiro.Forti impulsi provenienti dal ramo vestibolare si diffonderanno allo stesso modo, provocando l'arresto della respirazione. L'arresto respiratorio è un disturbo improvviso a livello della zona cardiaca. E' questo disturbo nelle regioni del diaframma e del cuore che viene percepito come ansia…

Il ramo vestibolare dell'ottavo nervo cranico innerva i canali semicircolari e l'apparato otolitico. E' il primo che percepisce ogni modifica nell'accelerazione, mentre l'apparato otolitico percepisce i lenti movimenti del capo relativi all'orientamento verticale.Quindi, la reazione che gli adulti interpretano come paura di cadere è ereditaria, innata, e non necessita d'alcuna esperienza personale perché sia operativa. E, se noi chiniamo repentinamente e bruscamente un neonato verso il basso, si scatenerà la serie completa di riflessi che costituisce la reazione del corpo alla caduta. La prima esperienza di uno stato d'ansia è quindi collegata alla stimolazione del ramo vestibolare dell'ottavo nervo cranico.

Durante i primi quindici giorni di vita, il bambino è quasi insensibile al rumore. Poco dopo, risponderà ai rumori molto alti, che saranno gli unici che lo condizioneranno. Lo stimolo sarà dunque molto forte, e si diffonderà lungo il percorso vestibolare…Il bambino sarà sorpreso, il che aggiungerà la stimolazione diretta dei canali semicircolari, dovuta allo scatto del capo. (p. 85)

Il corpo in caduta tende a contrarre i flessori per far sì che la testa non colpisca il suolo e per rafforzare la colonna vertebrale, formando con essa un arco. Nell'adulto, lo stesso tipo di risposta fa chinare il capo, spinge a rannicchiarsi, a flettere le ginocchia e ad arrestare il respiro… Questo comportamento assicura la migliore protezione possibile, e conferisce un senso di sicurezza.

Questo schema di contrazione dei flessori viene abilitato ogni volta che l'individuo tende a proteggere in modo passivo la sua persona, quando gli mancano i mezzi per opporre una resistenza attiva, o quando dubita delle sue forze… la testa e le anche vengono… attirate l'una vicino alle altre. La "salvezza" attraverso la torsione del corpo viene raggiunta per mezzo di una deviazione o contorsione… …ogni schema d'impulsi che raggiunge il sistema nervoso centrale dall'interno del nostro corpo e dai muscoli è associato ad uno stato emotivo. Essendo la contrazione muscolare volontariamente controllabile, conferisce una sensazione di potere e di controllo sulle sensazioni e sulle emozioni… ad ogni stato emotivo corrisponde uno schema di contrazione muscolare condizionato da noi stessi, senza il quale l'emozione non esiste. (p. 92)

Ho citato ampiamente Feldenkrais a proposito delle reazioni alla caduta perché egli fornisce un esempio fondamentale dell'interdipendenza tra comportamento del corpo (o movimento) e fenomeni mentali (come la paura e l'ansia). Tra parentesi, l'uso di droghe che agiscono sulla psiche, o dell'elettroshock nei casi di disturbi mentali, è un passo nella medesima direzione; implica che i disturbi mentali o emotivi dipendano dalla struttura e dall'attività del sistema nervoso e possano essere influenzati attraverso espedienti chimici o fisici.

Abbiamo solamente un sistema muscolare. E' solo attraverso questo sistema che può essere espresso il comportamento mentale e fisico. I muscoli vengono attivati da impulsi del sistema nervoso.

Non può dunque avvenire alcun cambiamento fisico o mentale senza un corrispondente cambiamento nel sistema nervoso; in altre parole, qualsiasi cambiamento nel comportamento mentale o fisico di un uomo equivale ad un cambiamento nel sistema nervoso, e si esprime o si mostra nell'attività dei nostri muscoli

Per ritornare al nostro esempio: se il cadere sollecita una risposta alla caduta e l'ansia è un sinonimo di questa reazione, il rapporto tra il cervello ed i muscoli è inscindibile; poiché un muscolo, per contrarsi o rilassarsi, deve ricevere gli appropriati impulsi dal sistema nervoso. Se si indurrà un cambiamento di tono all'interno di un muscolo o di un complesso di muscoli, avverrà un corrispondente cambiamento in quella parte del sistema nervoso - o cervello - che determina il tono del muscolo o dei muscoli coinvolti.

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Dato che abbiamo solamente un sistema di muscoli, solo un corpo, e che questo è anche lo strumento della nostra espressione mentale, i cambiamenti operati nel corpo si verificheranno solo quando saranno avvenute corrispondenti modifiche anche a livello mentale.Dipende dal nostro punto di vista il considerare un penny come tale - vale a dire come una moneta - oppure come un pezzo rotondo di metallo; secondo il nostro punto di vista, le proprietà e le funzioni che gli attribuiremo saranno differenti. La medesima cosa avviene per il corpo e per la mente: sono due aspetti di un unico – e dello stesso – sistema. Se poteste osservarmi mentre parlo, notereste il movimento delle mie labbra, delle mascelle, degli occhi, e forse delle mani; e sapreste, in base alla vostra esperienza, quali altri organi starei attivando al fine di produrre i suoni. Mentre mi ascoltate, considerereste il significato delle mie parole. Ragione per la quale dipende dal punto di vista dell'osservatore/ascoltatore l'interpretazione della mia attività come fisica piuttosto che mentale. Per esprimermi in modo più essenziale: un cervello non può pensare senza le funzioni del movimento; la continuità delle funzioni mentali è assicurata da corrispondenti funzioni motorie. Un esempio semplice: ci è necessario più tempo per contare da venti a trenta di quanto non ne serva per contare da uno a dieci, eppure gli intervalli numerici dei due gruppi sono identici. La differenza è dovuta agli intervalli, che sono proporzionali al tempo necessario a pronunciare le sillabe corrispondenti.

Questo suggerisce che noi attiviamo i meccanismi cerebrali che regolano la parola ancora mentre stiamo pensando. Ed ancora: di solito, quando contiamo degli oggetti, normalmente ci accorgiamo che il legame tra le componenti attive dello sguardo e la verbalizzazione mantiene la velocità del pensiero a livello degli elementi concernenti il movimento. La maggior parte delle persone non è in grado di pensare chiaramente senza attivare le funzioni motorie del cervello in modo sufficiente da rendersi conto degli schemi verbali che rappresentano il pensiero…che, a loro volta, tendono a limitare il pensiero all'utilizzo tradizionale ed abituale delle parole.Con un discreto allenamento, naturalmente, è possibile inibire parzialmente l'aspetto motorio del pensiero, accrescendone in questo modo la velocità. E' stato mostrato come, una volta raggiunto uno stato di rilassamento, risulti difficoltoso, o addirittura impos-sibile, pensare senza mostrare almeno un accenno di tensione a livello muscolare. Anche quando ci si raffigura un oggetto ad occhi chiusi, si percepisce tensione dei muscoli dell'occhio.Vi prego anche di notare come tendiamo a conservare gli stessi pensieri o modi d'agire, gli stessi schemi di reazione emotiva, e come tendiamo a ricorrere agli stessi modelli dell'apparato verbale, producendo lo stesso tipo di voce, in modo tale da essere identificati attraverso essa. Lo stesso discorso vale anche per il nostro modo di scrivere, il nostro modo di camminare, le nostre frasi ricorrenti, ecc.… Fintanto che non avverranno sostanziali cambiamenti, non saranno riscontrabili modifiche anche nel nostro modo di comportarci, e nei nostri atteggiamenti.Tutti i movimenti, qualsiasi sia il loro scopo, come chiudere gli occhi quando stiamo ricordando o pensando, sono, in ultima analisi, un'attività nel campo della gravità.Non solo il bulbo oculare si muove come massa all'interno del campo, ma anche il resto del corpo si colloca in un determinato modo e si oppone alla tendenza della gravità ad attrarlo verso il suolo. Siamo scarsamente consapevoli di questo costante adeguamento a richieste così pressanti, ma il sistema nervoso è costantemente e continuamente reattivo nei riguardi della gravità, fintanto che in esso ci sarà vita. Per questo motivo, quando parliamo di funzione anti–gravità, ci riferiamo, più in generale, alla motilità.

Di regola, ci interessiamo a "cosa" una persona fa, o è riuscita a fare, piuttosto che a "come" lo ha fatto. Spostando la nostra attenzione verso l'analisi della qualità dell'azione, la facilità con la quale è eseguita, il tempo necessario ad intraprenderla, e il numero d'interferenze che una persona riesce ad affrontare prima che l'azione sia portata a termine – in breve, se esaminiamo il percorso anziché il risultato – gli adattamenti non adeguati emergeranno più prontamente. Esistono dunque due modi per modificare il comportamento di una persona: attraverso la psiche o il corpo. Come abbiamo osservato, questa distinzione, o alternativa, è puramente verbale; perché il cambiamento sia reale, deve essere effettuato in modo tale da consentire a corpo e psiche di modificarsi contemporaneamente. Se il cambiamento non sarà integrale – sul piano mentale, potrebbe corrispondere al conoscere qualcosa senza comprenderla – resisterà solo finché il soggetto non ne perderà la consapevolezza; vale a dire, soltanto finché non ricomincerà ad agire o reagire in modo abituale. E' semplicemente sufficiente che egli si ritrovi di nuovo coinvolto nei suoi problemi di routine, e non sarà più in grado di riprendere senza un'ulteriore aiuto. Esaminando la propria immagine corporea, si potrà individuare la ricomparsa dei soliti schemi muscolari indesiderati prima ancora che siano evidenti, e li si potranno addirittura inibire od agevolare attraverso un atto volontario.La capacità umana di creare schemi nervosi e muscolari personali è associata al fatto che le innervazioni che riguardano il movimento volontario crescono mentre si apprende a controllare l'azione. Tutte le nuove risposte apprese vengono integrate in un ampio panorama d'attività vegetative e di riflesso. Il soggetto impara a parlare, a camminare, a adattarsi ai genitori ed agli altri membri della società, tutto accade contemporaneamente. Tutti questi schemi di sviluppo diversi e simultanei sono intrecciati sul piano mentale e corporeo. Ad ogni comportamento non solo corrisponde uno stato emotivo, ma anche uno schema muscolare.

Ogni funzione, nel suo sviluppo, presenta dei punti vulnerabili, nei quali e più probabile si verifichino difetti. Ad esempio, nella psicoanalisi esistono diversi complessi (d'Edipo, di castrazione…), che si collocano in periodi cruciali dello sviluppo della libido; e se il processo d'apprendimento si è arrestato a questo punto, ci troviamo di fronte ad un caso chiaro.L'adattamento alla gravità ha una sua storia. Durante la prima infanzia, la colona vertebrale è praticamente diritta, e la curva cervicale inizia a formarsi prima di quella lombare. Questa è la ragione per cui le spalle, il collo e le regioni sacro-lombari sono quelle nelle quali un apprendimento incompleto od erroneo troverà una barriera. Dal punto di vista meccanico queste sono le zone in cui è richiesto un adattamento maggiore a causa delle pesanti masse che devono essere allineate con grande precisione. Inoltre, molti dei muscoli di queste regioni agiscono su più di una giuntura, ed il loro controllo risulta più delicato. Ancora, la rotazione o la torsione del corpo lungo l'asse verticale, attraverso il centro di gravità, sul quale è plasmata la figura umana, avviene principalmente in queste due regioni.In una persona che costantemente conservi una postura diversa da quella per la quale siano idonei i meccanismi di riflesso, il controllo cosciente – i cui elementi vengono acquisiti attraverso l'esperienza personale – è responsabile del cattivo funzionamento. Nella maggior parte dei casi, è esclusa una lesione anatomica, e si conclude che il controllo primario impartisce ordini che contraddicono gli impulsi dei riflessi provenienti da tutti i centri che si occupano della gravità. Se è questo il caso, deve esserci una contrazione muscolare non indispensabile per mantenere l'appropriata postura eretta. Studi ravvicinati mostrano che ci troviamo di fronte ad un'erronea ripartizione dell'attività, vale a dire che alcuni gruppi di muscoli svolgono un'attività non necessaria, mentre altri sono non operativi e senza tono. In breve, uno sviluppo disturbato o interrotto lascia il segno su tutte le funzioni, senza eccezione: digestione, respirazione, controllo muscolare, attività sessuale…, tutte vengono interessate simultaneamente. Solo dei seri disturbi emotivi possono affiggere il controllo cosciente in modo simile, al punto da distorcere la valutazione dell'ambiente e lasciare il soggetto in una situazione d'ignoranza, così che egli continui a vivere in un suo mondo immaginario.

Il vantaggio del raggiungimento di unità mentale e muscolare attraverso il corpo è che l'espressione muscolare diventa più concreta, facile da localizzare, e non richiede interpretazione (come ad esempio di simboli verbali) o domande su quali ne siano le cause. E' dunque facile rendere una persona consapevole di quanto stia accadendo, e, dunque, ottenere risultati più rapidi e diretti. Inoltre, il soggetto stesso potrà verificare tali risultati in qualsiasi momento. Agendo sulle parti più significative del corpo – occhi, collo, bacino, respirazione e relativo apparato – è semplice effettuare cambiamenti istantanei sull'immagine corporea.

Anche Feldenkrais ha raggiunto tali risultati con una tecnica di gruppo da lui denominata "Consapevolezza Attraverso il Movimento " e che può essere auto-appresa.Prima di procedere ulteriormente, mettiamo in chiaro alcuni dei termini che forse sono stati impiegati un po' troppo liberamente. Un'azione può essere di riflesso, inconscia, automatica, consapevole o consapevole. I riflessi incondizionati sono innati e caratterizzano tutte le specie animali; sono trasmessi ereditariamente e sono indipendenti dall'esperienza dell'individuo.

I riflessi condizionati non sono ereditari, e dipendono dalle condizioni in cui si viene a trovare ogni individuo. Sono essenzialmente temporanei. Ai bambini, tramite il contatto personale con gli adulti (ed in generale con la società), sono gradualmente insegnate serie di risposte che col tempo diverranno più o meno automatiche. La differenza tra le abitudini ed un comportamento di riflesso consiste nel fatto che le abitudini tendono soltanto a ripetersi, mentre i riflessi sono tali per definizione.Le azioni ontogenetiche (vale a dire acquisite individualmente) appartengono all'ambito dei sensi. Possono essere modificate, perché si può divenire consapevoli di qualificazioni che appartengono all'ambito della realtà, come, ad esempio, portata dello sforzo, coordinazione nel tempo, sensazioni corporee, configurazioni spaziali di segmenti corporei, stare in piedi, respirare, parlare…

Quando consideriamo gli esseri viventi, di solito distinguiamo due stati: quello di veglia e quello di sonno. Quando un animale è sveglio, si muoverà in questa o quella direzione, ed altrettanto facciamo noi. E, come un animale, possiamo avanzare in questa direzione o in quell'altra senza necessariamente realizzare che lo stiamo facendo – che stiamo girando verso destra o verso sinistra, oppure come ci stiamo muovendo, e via dicendo. Possiamo star pensando a qualcosa di totalmente differente, a qualcosa che abbiamo visto, oppure a quello che faremo la sera. Siamo in uno stato di veglia, siamo coscienti; ci fermeremo di fronte ad un semaforo rosso, riconosceremo un amico che incontriamo per caso. In altre parole, la "consapevolezza" significa spesso, più semplicemente, l'essere svegli; siamo consapevoli e coscienti quando non stiamo dormendo, né siamo morti, quando non siamo svenuti, e quando non stiamo sognando. Ma possiamo voltare verso destra o sinistra, andare avanti o indietro, e sapere che lo stiamo facendo. Possiamo ricordarci, nel nostro stato di veglia, di quello che abbiamo sognato durante il sonno, e saper che lo abbiamo sognato. A volte i bambini non riescono ad operare tale distinzione, vale a dire che non hanno del tutto imparato a distinguere tra i segnali che provengono dal loro corpo e quelli che provengono invece dall'esterno: tra "Io" e "non – Io". Tale distinzione segna l'inizio della consapevolezza. Il primo barlume è il riconoscimento che l'"Io", il corpo, è orientato verso il "non – Io", l'esterno, nel senso più ampio del termine, inclusi, ad esempio, il campo sociale e tutte le sue ramificazioni.

Per dare un altro esempio: spesso salgo le scale di casa con il mio cane. Credo che il cane non sappia quanti gradini abbia la scala, e nemmeno io. Ma salendo o scendendo, posso contare i gradini con movimenti dei miei occhi, posso ripetere questi movimenti a memoria, attraverso la mia immaginazione, e contarli in questo modo. In ognuno di questi casi, focalizzo la mia attenzione sia sulle mie sensazioni (l'interno), che su quanto mi circonda (l'esterno) – o, nell'ultimo caso, sull'astrazione di quest'ultimo – finché non diventa congruente. Questo è quello che sperimento come consapevolezza.L'azione diviene abituale attraverso una ripetizione a cui si è acconsentito. Il modo abituale di agire appare giusto a causa della ripetuta approvazione. Allo stesso modo, naturalmente, un apprendimento consapevole è completo quando il nuovo schema d'azione diventa automatico, come avviene per tutte le nostre azioni abituali. La differenza tra un'abitudine consolidata ed una acquisita attraverso la consapevolezza è che quando l'ultima si dimostra inadatta o non appropriata rispetto alla realtà, facilmente risveglia la consapevolezza, e quindi consente di effettuare un ulteriore e più efficace cambiamento. Se volete sperimentarlo direttamente, cercate, dal momento in cui vi sveglierete il prossimo sabato o la prossima domenica, di eseguire ogni azione, fin nel più piccolo dettaglio, in modo lievemente diverso (ad esempio, anche in diverso ordine di tempo), e vedete per quanto tempo riuscite a continuare.

Diamo ora un breve sguardo al nostro sistema nervoso centrale. In base al nostro comportamento, possiamo considerare il cervello come diviso in tre parti: il sistema rinico, quello limbico, e super–limbico.Il sistema rinico matura nell'embrione dopo poche settimane. Regola e controlla le funzioni degli organi interni e della maggior parte dei muscoli piatti, come l'iride e lo sfintere. Regola anche i processi chimici e la temperatura del corpo – e, quindi, le condizioni di vita dell'intero sistema nervoso. Le sue strutture sono simmetriche, e la loro configurazione ed i loro modi di funzionamento sono del tutto ereditari.

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Il secondo gruppo di strutture, il sistema limbico, si occupa di comunicare al mondo esterno tutte le esigenze vitali interne - fame, sete, eliminazione delle scorie– esprimendo quei bisogni interni che vanno crescendo finché non vengono soddisfatti, con il loro soddisfacimento si placano, e in seguito, col passare del tempo, crescono di nuovo ed il ciclo periodico inizia da capo. Il sistema limbico esprime dunque i bisogni di quello rinico. Si occupa anche di qualsiasi cosa riguardante il movimento all'interno del campo della gravità. Controlla gli organi simmetrici, le membra, ed i muscoli striati. Gran parte di quanto è normalmente definito (o considerato) istinto, trae origine da questo sistema. La maggior parte della sua struttura, organizzazione, ed attività, è ereditaria, ma solo la parte principale: si tende a considerare che gli istinti siano fissati in modo più definitivo – e che siano più numerosi – rispetto al caso. Si tratta di differenze individuali, o variazioni di grado, ed esiste una certa adattabilità. Ad esempio, i volatili sono di solito alla ricerca di determinati materiali con cui fabbricare il nido. Se costretti a scegliere altri materiali, alcuni di essi riescono a adattarsi con minore o maggiore difficoltà; altri possono invece non riuscirci. Gli istinti appaiono flessibili o adattabili in una direzione della comprensione o dell'apprendimento.

Il terzo gruppo di strutture nel cervello si occupa di attività specificamente umane. Questa parte, il sistema super–limbico, si è maggiormente evoluta nell'uomo che negli altri esseri viventi. Si sviluppa basandosi sugli altri due sistemi ed è strettamente connessa ad essi. Le sue strutture e i suoi tessuti sono ereditari, ma il loro funzionamento dipende largamente dall'esperienza individuale. E' questo il sistema che si occupa della manipolazione, dell'orientamento, del discorso e, in particolare dell'apprendimento consapevole. Grazie al sistema super-limbico, noi non solo parliamo ed agiamo in un determinato modo, ma ne siamo anche consapevoli. Questa terza parte del cervello vanta alcune caratteristiche peculiari: per dirne una, non è mai del tutto ricoperta da una determinata sostanza isolante nota come mielina. Significa che non è mai del tutto fissa, ma che può svilupparsi in ogni momento: in qualsiasi attimo, o a qualsiasi età, le sue attività possono modificarsi, ampliarsi, aumentare di numero, o migliorare. In quanto opposta a quella degli altri due sistemi, la sua attività è asimmetrica, e tale asimmetria è alla base della nostra capacità di distinguere tra destra e sinistra. Questa polarizzazione è accresciuta dall'opposizione del pollice con le altre dita, e dall'incongruenza fra le nostre due mani. Il pensiero primitivo era incline a considerare coppie di termini opposti – a pensare in termini di dicotomie (come buono e cattivo, bene e male, giusto e sbagliato, alto e basso, ricco e povero, bianco e nero, paradiso ed inferno, grande e piccolo, giorno e notte, caldo e freddo, e così via) – anche se il pensiero di tipo semantico avrebbe potuto riconoscerli non come opposti, ma come coppie arbitrariamente (o, dal nostro punto di vista, anatomicamente) determinate, che non corrispondono alla realtà: il buio non è l'opposto della luce, ma l'assenza della luce; e la relazione tra il caldo ed il freddo è ancora più complessa. Chiunque ricorra a queste dicotomie non si appella alla nostra ragione, ma cerca di far emergere gli atavismi latenti nei nostri pensieri. Il nostro pensiero è spesso distorto, e molte delle nostre azioni sono falsificate dal nostro pensiero e dalle nostre sensazioni in termini di opposizioni invece che di differenze di grado.

Per i nostri obiettivi, le caratteristiche principali del sistema super–limbico sono:

1. Le sue connessioni con il talamo sono più libere rispetto a quelle degli altri due sistemi, così che è strutturalmente protetto dall'interferenza delle emozioni forti che pregiudicano la chiarezza del pensiero. Ma un pensiero totalmente slegato dalle sensazioni potrebbe anche essere visto come distaccato dalla realtà. Dobbiamo, almeno, aver la sensazione che sia "corretto", vale a dire rapportato con la nostra realtà soggettiva.

2. I percorsi nervosi di tale sistema sono più lunghi rispetto a quelli degli altri due. Anche se esistono percorsi che da esso conducono direttamente ai sistemi esecutivi, la gran parte delle azioni che genera vengono poi eseguite dagli altri sistemi. Questo determina un ritardo nell'esecuzione di un'azione. "Innanzi tutto rifletti" non è solo una frase fatta. L'intervallo esistente tra la costituzione dello schema di un'azione nel cervello e la realizzazione attraverso i muscoli degli impulsi che da esso derivano è abbastanza lungo da rendere possibile l'inibizione totale dell'azione. Significa che noi possiamo avvertire l'impulso di sorridere, e che poi possiamo farlo, oppure rimandarlo, oppure rifiutarci. Allo stesso modo, quando pensiamo a qualcosa che potremmo dire, possiamo prenderla in considerazione, e poi dirla, o cambiarla, o trattenerci dal dirla. Il ritardo ci concede tempo, e questo costituisce le basi per la nostra immaginazione ed il nostro giudizio. Queste sono le basi fisiche di quella che definiamo consapevolezza. Ci consente di osservare cosa succede al nostro interno quando sorge in noi l'intenzione di compiere una determinata azione: controllare non solo cosa stiamo facendo, ma anche come – è questo il modo in cui utilizziamo noi stessi.

3. La funzione del sistema super–limbico è ampiamente modellata sull'esperienza individuale. Grazie a ciò, ognuno apprende la lingua del paese in cui è nato, sia o meno la stessa lingua dei suoi antenati: si potrebbe imparare qualsiasi altra lingua in questo modo. A sua volta, questo determinerà lo sviluppo dei muscoli di lingua, bocca, palato – dell'intero apparato della parola – in un modo tale che risulterà più o meno marcato nelle lingue che verranno apprese successivamente. Inoltre, la struttura della lingua influenzerà la struttura del pensiero, delle sensazioni, e quindi la totalità del comportamento. Alcune delle nostre convinzioni più salde, indipendentemente dal fatto che siano vere o false, ci sono state inculcate attraverso strutture della nostra lingua che avevano avuto origine quando queste credenze si erano sviluppate, anni ed anni fa; ed è quasi impossibile rendersi conto di questo circolo vizioso fintanto che pensiamo attraverso le parole.

Ricapitolando, ribadirei che il sistema super–limbico si occupa dei modi specificamente umani di manipolare, orientarsi ed apprendere, del discorso, e di ogni altra cosa che da essi derivi. Questo fa dell'apprendimento (la costituzione di nuove risposte a degli stimoli forniti) un'attività normale ed appropriata. E' come se questo sistema fosse in grado di operare con qualsiasi combinazione possibile di inter-connessioni nervose, finché l'esperienza personale non andrà a costituire la combinazione che sarà poi preferita ed operante. Lo schema d'azione che ci caratterizza è dunque essenzialmente personale e fortuito, ed è diverso dai modelli genetici e dalle combinazioni limitate che si danno negli altri animali.Questa capacità di creare percorsi nervosi individuali e schemi muscolari può fare però in modo che vengano appresi modi di funzionamento erronei. Tanto prima si verificherà l'errore, tanto più apparirà, e sarà, radicato. Il comportamento erroneo si mostrerà a livello dei meccanismi d'esecuzione dei movimenti. Persisterà a meno che i percorsi nervosi che hanno prodotto lo schema non vengano sciolti e rielaborati in una configurazione migliore. E proprio questo è l'obiettivo della fisiologia applicata di comportamento e del metodo d'insegnamento di Feldenkrais. Il modo in cui concepiamo noi stessi è il frutto della sensazione riguardo l'orientamento del nostro corpo nello spazio. L'immagine di noi stessi è quella dei contorni del nostro corpo (della relazione spaziale tra le sue membra) – in altre parole, della relazione spazio/ temporale e delle nostre sensazioni cinetiche. Ognuno di noi agisce in base a questa immagine. Mangia, cammina, siede, parla, pensa, ama, e via dicendo, in un proprio modo particolare, ed identifica se stesso con la sua immagine: da qui la difficoltà nel modificare un'azione, e anche nel migliorarla. La difficoltà nel modificare un'abitudine, fisica o mentale, è in gran parte dovuta alla necessità di variare un'abitudine già acquisita, e solo in parte ereditariamente.

Per darvi una vaga idea delle lacune esistenti nell'immagine che ognuno ha di se stesso, provate ad eseguire il seguente esercizio: sdraiatevi supini e chiudete gli occhi. Ripercorrete metodicamente e mentalmente il vostro corpo, dai talloni in su. A mano a mano che indirizzerete la vostra attenzione sulle diverse parti del vostro corpo, scoprirete di potervi accostare ad alcune di esse con maggior facilità, e che di solito non siete consapevoli di queste parti mentre state compiendo un'azione. Infatti, alcune parti del vostro corpo non figurano nell'immagine di voi stessi mentre agite. Oppure, provate a chiudere gli occhi e ad allungare le braccia in fronte a voi stessi, senza che le mani si tocchino, e cercate di indicare quale sia l'ampiezza della vostra bocca con gli indici. Non è insolito scoprire un errore per eccesso o per difetto che arrivi fino al 300%.

Chiudete di nuovo gli occhi e cercate di indicare con le mani l'ampiezza del vostro torace, prima cercando di mostrare la differenza lateralmente, da sinistra a destra; poi dal dietro al davanti, infine, verticalmente. Sarete sorpresi di scoprire che il vostro giudizio cambia in base alla posizione delle mani, e che il risultato cambierà ad ogni tentativo. Nel momento in cui la concezione della propria immagine differirà dalla realtà di una percentuale vicina al 100%, il comportamento di quella parte del corpo risulterà, normalmente, difettoso. Siamo convinti di agire correttamente, ma non lo sappiamo. E ci sembra preferibile credere di saperlo.All'inizio ho affermato che gli standard d'azione o di comportamento corretto possono derivare dal modo in cui siamo costruiti. Le lezioni ideate da Feldenkrais non solo ci rendono consapevoli del senso, latente in noi, di questi standard, ma ci insegnano anche come impiegarli. Sotto questo punto di vista, il metodo è essenzialmente educativo. La sua validità come prevenzione e come rimedio è solo "effetto laterale". Non opera imitando esempi presi a modello, ma attraverso l'esperienza individuale. L'intera procedura è di rieducazione, non di trattamento. E' una questione di apprendimento, non di malattia e di cura; ciò è dimostrato anche nelle numerose lezioni che Feldenkrais ha elaborato: non sono specifiche, anche se il loro effetto sull'individuo è specifico.

Un migliorato comportamento generalizzato emerge da una completa esplorazione delle nostre possibilità. Spesso, limitazioni imputate ad una mancanza di flessibilità sono invece dovute alla contrattura dei muscoli ed alla mancanza di una valutazione cosciente. Queste abitudini producono deformazioni ed un movimento non equilibrato. La degenerazione dell'articolazione scheletrica automaticamente rinforza una nuova limitazione dei muscoli, che cercano di evitare movimenti difficoltosi o dolorosi. In questo modo ha inizio il circolo vizioso che porta ad una deformazione dell'apparato scheletrico, della colonna vertebrale, delle vertebre… Il corpo invecchia prematuramente, e la gamma e la varietà del suo movimento risultano ridotte – e con esse qualsiasi altra cosa le riguardi.L'esperienza mostra che l'età reale ha solo una minima influenza su tali limitazioni, e che la capacità d'eseguire tutti i movimenti consentiti dalla struttura anatomica e scheletrica può essere ripristinata.La nostra mancanza di consapevolezza è così grande che a volte agiamo in modo opposto alle nostre reali intenzioni. Il seguente esempio si può riferire alla maggior parte delle persone. La mano è uno strumento davvero versatile: lo si può impiegare in una varietà di situazioni. Ponete il palmo della vostra mano sulla pancia, nella zona dell'ombelico, in modo tale che, se utilizzate la destra, le dita siano rivolte verso sinistra. Cercate di muovere il braccio destro in avanti, in modo tale da formare un angolo retto tra avambraccio e palmo della mano, che rimarrà poggiato sul ventre.

Se non vi riuscite, poggiate il palmo sulla coscia (o sul pavimento, o sul tavolo, o qualsiasi altro posto adatto) e cercate di convincervi che è possibile formare un angolo retto tra il dorso della mano e l'avambraccio. Ottenuto l'angolo retto, cercate di poggiare di nuovo il palmo sull'ombelico. Osservate se riuscirete ad eseguire l'esercizio. Se non vi siete riusciti, avete notato il momento preciso in cui la mano ha abbandonato la posizione esatta che volevate conservasse e si è spostata nella direzione opposta, per andare a poggiarsi sull'ombelico? In che momento ha fatto esattamente l'opposto di quello che voi intendevate? E perché la vostra mano, che è la parte del corpo che utilizzate di più per eseguire movimenti intenzionali e che richiedono molta abilità, ha agito in modo indipendente dalla vostra volontà, contraendo i flessori, mentre voi cercavate di contrarre gli estensori? Siete certi che le altre parti del vostro corpo - impiegate con minor frequenza, o meno deliberatamente, e che non sono al centro della vostra attenzione - vi obbediscano maggiormente nel portare a compimento le vostre intenzioni?

Il Metodo Feldenkrais

Le due tecniche impiegate da Feldenkrais sono:

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1. L'insegnamento individuale, chiamato Integrazione Funzionale;

2. L'insegnamento a gruppi, chiamato Consapevolezza Attraverso il Movimento.

Il metodo non può essere definito specifico nel senso letterale del termine: un soggetto non viene "trattato" per le sue deviazioni individuali o per i suoi problemi, ma nell'interezza della sua persona. Impara ad organizzarsi correttamente. Imparando a sopprimere i comportamenti errati (o, come io li ho definiti, cattive condotte funzionali), l'allievo si accorgerà che presto i suoi problemi svaniranno da soli. Poiché ognuno è "disorganizzato" in modo diverso, si può affermare che il metodo è specifico negli effetti che mostra sul singolo soggetto – e, grazie a questo, può essere impiegato per gruppi di persone.Una lezione CAM si apre con le persone sdraiate supine. E' una posizione che non solo limita l'influenza della forza di gravità sul corpo, ma alleggerisce anche il peso a livello di sistema nervoso. La reazione del sistema nervoso all'attrazione della gravità è oramai diventata di routine; fintanto che rimarrà tale, non ci sarà modo di portare i muscoli a reagire in modo differente ai diversi stimoli. E' ovvio allora che sarà difficoltoso apportare un qualunque cambiamento al sistema nervoso senza ridurre l'effetto della gravità. Nel loro corso, le lezioni si focalizzeranno su diverse situazioni, tra cui lo stare seduti, in piedi, camminare, bilanciarsi, e via dicendo.

La lezione inizia con un esame del corpo: ognuno esamina il contatto del proprio corpo col pavimento, e gradualmente impara a discernere differenze notevoli – punti nei quali il contatto è minimo o inesistente, altri dove è forte e distinto, asimmetrie di contatto in zone simmetriche. Si sviluppa la consapevolezza della locazione di quei muscoli che producono un contatto debole, di una tensione eccessiva nel trattenere parti del corpo dal contatto col pavimento. Si potrà migliorare solo attraverso una consapevolezza muscolare, ma a parte questo, non si potrà approdare ad alcun miglioramento nella vita di tutti i giorni, a meno che non si ottenga una maggior consapevolezza del nostro scheletro e del suo orientamento. Le giunture che creano maggiori problemi sono quelle delle anche: la nostra consapevolezza della loro locazione e della loro funzione è praticamente inesistente, in confronto a quella di persone che abitualmente siedono sul pavimento invece che su una sedia. Le persone che siedono su sedie sbagliano, quasi senza eccezione, quando si chiede loro di localizzare le giunture delle proprie anche. Inoltre utilizzano le gambe come se fossero articolate in quei punti dove credono si trovino le giunture nell'immagine mentale che si sono creati proprio corpo – e non dove invece sono davvero localizzate.

Si dichiara subito allo studente, o al gruppo, che lo scopo del lavoro è raggiungere la consapevolezza nelle proprie azioni -–la capacità di stabilire contemporaneamente un contatto col proprio scheletro e coi muscoli, così come con l'ambiente circostante – e non si tratta di rilassarsi, perché la situazione di rilassamento si raggiunge solo quando si è in assoluto riposo. E' necessario che venga ridotta la tensione perché un movimento efficiente non comporti sforzo. L'inefficienza è percepita come sforzo ed impedisce al soggetto di agire maggiormente, ed in modo migliore.E' necessaria la riduzione graduale dello sforzo inutile per accrescere la sensibilità cinestetica, senza la quale una persona non si può auto–regolare. La legge di Weber (Weber – Fechner) mostra che è effettivamente così. Sostiene che, per un'ampia gamma di sensazioni ed attività, la differenza nello stimolo, che produce la minima differenza a livello di sensazione, presenta sempre la stessa proporzione rispetto all'intero stimolo. Se state sostenendo un peso di venticinque libbre, non vi accorgerete di una mosca che si posa al di sopra di esso perché, per il peso, la differenza più difficilmente rilevabile nello stimolo è compresa tra un ventesimo ed un quarantesimo del peso; quindi deve essere aggiunta o tolta almeno mezza libbra dal peso sostenuto perché ve ne rendiate conto. Tuttavia, se state portando una piuma, il peso di una mosca farà grande differenza; questo è il motivo per cui l'ultimo filo di paglia spezza la schiena del cammello. L'indice per il peso è dunque di circa uno a quaranta, per la luce, di uno a centottanta, per il suono, di uno a duecento.

Per individuare le differenze nello sforzo, è innanzi tutto necessario limitarlo. Una prestazione migliore è possibile solo qualora venga migliorata la sensibilità cinestetica (la capacità di percepire la differenza). Il senso cinestetico è quello attraverso il quale vengono percepiti l'attività muscolare, il peso, la posizione nello spazio… Senza di esso – senza il movimento – la nostra percezione sarebbe bidimensionale. Gli organi che sono interessati da questo senso sono sparsi per tutto il corpo. Finché il labirinto coordina l'accelerazione, può essere considerato come il centro del senso cinestetico.Quello che percepiamo come sforzo è una sollecitazione eccessiva derivante da un'azione non appropriata. In casi estremi, equivale a viaggiare su di una strada a tutto gas, con una marcia bassa ed il freno tirato – il risultato è un danno a tutte le parti coinvolte. L'effetto di tale sforzo è simile all'inciampare mentre stiamo cercando di correre.

Un'importante caratteristica delle lezioni è la continua novità delle situazioni. Una volta esaurita la novità, è probabile che la consapevolezza venga a meno, e che non si verifichi alcun apprendimento. Per evitare una ripetizione di tipo meccanico, ogni configurazione potrà essere insegnata con innumerevoli variazioni. Ogni lezione è predisposta in modo da provocare, a livello di sensazione, un cambiamento evidente, effetto che perdurerà di solito per qualche tempo. Questo permette allo studente di individuare connessioni tra le differenti parti del proprio corpo (ad esempio, tra la spalla sinistra e la giuntura dell'anca destra, o tra i muscoli dell'occhio e le punte dei piedi), e di rendersi conto dell'influenza delle circostanze sul suo comportamento. Prima o poi inizierà a trasferire quanto appreso dall'azione su cui ha lavorato ad altre azioni del tutto differenti. Il trasferimento dell'apprendimento è essenzialmente individuale e variabile da persona a persona. Qualcuno potrà avvertire un cambiamento nel suo modo di parlare, qualcun altro nel suo modo di seguire ed osservare, un altro ancora nel modo in cui opera la memoria, e via dicendo. Tutte le lezioni Feldenkrais aspirano a migliorare la coordinazione mentale e fisica, la postura eretta e il modo corretto d'agire. Procedono insegnando allo studente il modo in cui agire ed apprendere – non come eseguire una determinata azione o raggiungere un preciso scopo.In questo modo, l'allievo impara a valutare ed a differenziare dal punto di vista cinestesico la qualità della prestazione come criterio, piuttosto che come qualità meccanica dello sforzo. La sua immagine di se stesso, incluso il suo comportamento, diventerà maggiormente distinta e precisa, così come il senso dello spazio che lo circonda ed il suo orientamento all'interno di esso. Osservando il portamento della testa di numerose persone si può notare con chiarezza con quale parte dello spazio che le circonda siano meno in contatto: la posizione del capo è tipica della postura generale di ogni soggetto e del suo modo d'agire.Il corpo può, anzi dovrebbe, essere organizzato in modo tale da poter iniziare qualsiasi movimento: in avanti, all'indietro, a destra, a sinistra, in basso, in alto, e di rotazione in qualsiasi direzione, senza prima dover riassestare le parti del corpo, senza modificare improvvisamente la respirazione, senza tensione a livello di mascella o dei muscoli del collo, o senza sguardo fisso. In queste condizioni, la testa non è bloccata, ma libera di muoversi in tutte le direzioni, senza alcun preavviso. Se si mantengono tali condizioni durante l'azione, allora anche il sollevamento del corpo di un'altra persona non viene percepito come sforzo. Flettete gentilmente l'indice destro ed osservate la condizione d'assenza di qualsiasi sforzo. Chinate il torace in avanti: lo sforzo è il medesimo di quando avete piegato il dito. Flettete il gomito, o sollevate dolcemente il braccio, oppure abbassate e sollevate la testa, o il tronco: la sensazione di sforzo è la stessa di quando sollevate l'indice. Ma il lavoro sostenuto per sollevare l'indice è di circa 100gr/cm, quello del torace, di 1.000gr/cm, quello del tronco di 500.000gr/cm. La sensazione di movimenti eseguiti correttamente non aumenta proporzionalmente al lavoro eseguito entro limiti così ampi come quelli di uno a cinquemila, o anche di uno ad un milione, dato che la sensazione di sforzo non misura il lavoro eseguito; è un indicatore del grado e della qualità dell'organizzazione che produce lo sforzo. Questo è in relazione al tipo di struttura corporea. La misura e la forza dei muscoli – numero delle loro fibre, dimensione della loro sezioni trasversali – aumentano in proporzione a mano a mano che si passa dalla periferia (nell'esempio sopracitato, l'indice) al centro del nostro corpo. La percentuale di sforzo è, dunque, identica in tutti i momenti del lavoro. Per sollevare o abbassare il tronco, entrano in gioco i muscoli del bacino, come le natiche (i muscoli del gluteo) e i muscoli della coscia, con la loro enorme sezione trasversale (se paragonati ai muscoli che muovono l'indice). Avvertiamo la sensazione di assenza di sforzo nell'azione – non in assenza di lavoro, ma in presenza di un lavoro correttamente coordinato.

Si può definire meglio un'azione corretta, nel modo seguente:

1. La traiettoria di ogni osso dello scheletro quando quest'ultimo si sposta da una posizione ad un'altra – come se da sdraiati si passa a sedere, o da seduti in piedi – è la stessa che seguirebbe se fosse sollevato da una mano o da un braccio teso per assumere una delle posizioni citate, seguendo dunque la traiettoria più breve.

2. I muscoli agiscono in modo tale da raggiungere la posizione finale dettata dalle traiettorie (come spiegato in precedenza).

3. Nell'azione ideale, l'intensità della mobilitazione è identica in tutti i muscoli, e lo sforzo in ogni muscolo è proporzionale alla sua sezione trasversale.

4. Le tre condizioni insieme soddisfano il principio di Maupertuis nell'ambito della meccanica teoretica, vale a dire il principio di minima azione.

5. Il consumo totale di lavoro è minimo.

6. In ogni istante e posizione intermedia la percentuale d'aumento dell'entropia è al livello minimo.

Queste condizioni sono sufficienti per trascrivere le equazioni differenziali per ogni osso o muscolo; la loro integrazione per tutto il corpo fornirà tutte le informazioni necessarie ad ogni articolazione perché essa produca il movimento corretto. Feldenkrais e Katzir scrissero tutte le equazioni in un periodo in cui non esistevano i computer per elaborarle.Un movimento che soddisfi le condizioni sopraelencate soddisfa anche il principio della reversibilità, vale ad affermare che, lungo tutta la traiettoria, in ogni punto, il centro di gravità del corpo e quello di ogni osso particolare è in grado, in ogni momento, di proseguire il movimento, di cambiarne la direzione, o d'iniziare un nuovo movimento senza consumo d'energia.E' un modo più concreto per affermare che il corpo umano è costruito così da resistere alla gravità senza sforzo, e da muoversi all'interno del campo della gravità quasi senza spendere energie. Considerando questo come "azione corretta", allora tutte queste ultime saranno reversibili fintanto che anche la più piccola parte del corpo rimanga in contatto col suolo.

Poiché il linguaggio è seriale, dobbiamo descrivere quello che avviene simultaneamente quando agiamo come avviene durante una sequenza. L'azione è integrale, ma è essenzialmente composta da quattro elementi: movimento, percezione, sensazione, e pensiero – anche se quantità e qualità del loro coinvolgimento in un'azione particolare varia da un individuo all'altro.

• Il movimento include tutti i cambiamenti, nello spazio e nel tempo, del corpo come totalità o nelle sue parti: nel suo stato così come nella configurazione delle sue parti, come respirazione, nutrimento, parola, circolazione, digestione, visione…

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• La percezione include i cinque sensi ed il senso cinestesico, e vi appartengono: dolore, orientamento nello spazio, senso del tempo, ritmo...

• La sensazione include gioia, rabbia, pena, noia, ansia, ma anche sensazioni meno familiari come inferiorità, ambizione, depressione, indifferenza, impazienza, fatica, passioni…• Il pensiero include tutte le funzioni intellettive: opposizione di destra e sinistra, giusto e sbagliato…; comprensione, consapevolezza della comprensione, riconoscimento di regole e leggi, classificazione, consapevolezza di percepire e sentire, ricordo di ognuna di queste sensazioni, e così via.

Per poterci muovere, necessiteremo di almeno uno di questi sensi; per poterlo impiegare, dovremo necessariamente anche sentire e pensare.

Per percepire, la percezione dovrà rispondere ad uno stimolo. Coinvolge dunque l'orientamento. Il percepire includerà quindi il movimento, la sensazione ed il pensiero.

Per sentire, dovremo trovarci in una determinata posizione ed in un certo rapporto con una persona o un oggetto. La sensazione dunque, include il movimento, la percezione, ed il pensiero.

Teoreticamente, ognuno di questi elementi o parti potrebbe servire come punto di partenza per l'apprendimento (educazione, rieducazione, trattamento). Ma tra le quattro, il ruolo della muscolatura è talmente preponderante che se una persona dovesse cancellare i propri schemi e le proprie configurazioni dalla parte della corteccia che riguarda il movimento, le altre parti delle configurazioni interessate svanirebbero. Questa parte della corteccia si trova vicino alle zone del cervello nelle quali avvengono i processi associativi (in alcune zone, i percorsi e le fibre associative sono localizzati a meno di 50/100 cellule al di sotto di quest'area della corteccia). Poiché gli impulsi e gli eccitamenti del cervello hanno una tendenza ad espandersi ed irradiarsi ai tessuti confinanti, modifiche in quest'area della corteccia opereranno cambiamenti corrispondenti a livelli di pensiero e sensazioni.In un qualsiasi momento preciso, tutte le parti (inclusi processi chimici ed ormonali) costituiranno una totalità integrale, che il corpo esprimerà in quel determinato momento. Abbiamo visto come ci rendiamo conto di tale integrazione fintanto che i muscoli abbiano un ruolo al suo interno, e come un cambiamento a livello muscolare opererebbe corrispondenti modifiche nella parte di corteccia deputata al movimento, e da qui si irradierebbe: così come la paura di cadere produrrà lo schema corporeo (e, naturalmente, la sensazione) dell'ansia, l'ansia a sua volta produrrà lo schema corporeo della paura di cadere. Da quanto detto, è forse possibile realizzare l'ampia portata delle idee di Feldenkrais, e le conseguenze della scoperta che, cronologicamente, la risposta umana primaria è la paura di cadere, e che essa è una risposta alla gravità.

L'intensità della mobilitazione nell'azione ideale è costante in tutta la muscolatura

Comprendiamo un discorso interpretandone i segni. Il comportamento in relazione alla gravità, ed i suoi schemi muscolari, si possono sottoporre a verifica senza interpretazione.Modificando un tale schema, le configurazioni che nella corteccia ad esso corrispondono vengono automaticamente interessate; si dissolvono o si modificano, e così avverrà per le sensazioni ed i pensieri ad essa collegati. In questo modo gli schemi perderanno le fondamenta su cui poggiavano, ed avendo perso il suo supporto più forte, l'abitudine potrà essere deliberatamente modificata.Attraverso entrambe le tecniche del metodo Feldenkrais (di gruppo o individuale), il soggetto viene reso consapevole degli schemi d'azione difettosi (deviazioni dal modo corretto o ottimale dal punto di vista funzionale), e ciò equivale a metterli a sua deliberata disposizione ed a fornirgli i mezzi per modificarli, correggerli, e migliorarli a suo modo, se desidera farlo.

Non gli viene dunque "insegnato qualcosa", ma gli si insegna "come" imparare. In quest'ambito si può considerare accidentale il fatto che i motivi sottostanti l'azione difettosa possano emergere con il difetto. Tuttavia, poiché l'azione difettosa spesso deforma il proprio scopo e può condurre ad un danno organico, come ad una tendenza alla malattia, l'insegnamento attraverso il metodo Feldenkrais deve essere considerato non solo come rimedio e prevenzione, ma anche come "educativo" nel senso più ampio del termine.