Articoli Last - Corriere Della Sera - Da Guantanamo Il Manuale Segreto Delle Torture

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Corriere della Sera - Da Guantanamo il manuale segreto http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2004/05_Maggio/10/manuale.... 1 di 2 01/08/2007 0.55 Login Registrati Home / Esteri Cerca n m l k j i nel sito n m l k j nel web con TrovoLavoro TrovoAuto TrovoCasa TrovoViaggi Annunci NEWS Cronache Politica Esteri Economia e finanza Spettacoli e cultura Cinema Sport Scienze e tecnologie ViviMilano Italian Life OPINIONI Editoriali e commenti Forum / Italians Mediablog Lettere al Corriere MULTIMEDIA Video / Foto Online TG Video Meteo SPECIALI Formula 1 Motomondiale Calendari 2007 Università: i test Tutti gli speciali SALUTE Corriere Salute Sportello Cancro OK CANALI Casa Donna e Mamma Viaggi New DIZIONARI Italiano Inglese Tedesco Francese Tutti RUBRICHE Animali Agenda 7 giorni ESTERI «Volevamo un po' più di libertà di quella che c'è in un carcere Usa» Da Guantanamo il manuale segreto Nel 2003 esportate in Iraq le 20 regole per gli interrogatori: «Privazione del sonno e bombardamento sonoro» La Cia voleva sapere di più e il Pentagono ha fatto in modo di soddisfare la richiesta. Esportando ad Abu Ghraib le tecniche usate a Guantanamo. Un sistema sicuro. Provato su molti dei 600 detenuti sospettati di appartenere ad Al Qaeda e spediti nella base caraibica. Una procedura composta da una ventina di «metodi» che avrebbero sciolto la lingua alle vittime del trattamento. Una missione affidata ad uno specialista: il generale Geoffrey Miller, comandante nel 2003 di Guantanamo. Inviato in Iraq, l’alto ufficiale ispeziona la prigione di Abu Ghraib suggerendo cosa fare per «estrarre» dai prigionieri le informazioni necessarie. Miller, come racconta il «New Yorker», sottolinea come la detenzione debba essere «mirata, soprattutto, agli interrogatori e alla raccolta di informazioni necessarie per la guerra». Prima del conflitto, invece, l’obiettivo era raccogliere dati su Al Qaeda e dunque le stesse tecniche erano state applicate sui personaggi di spicco della rete terroristica caduti in mano americana. Una mano pesante che doveva, da un lato, smantellare la struttura guidata da Osama Bin Laden e, dall’altra, sventare possibili nuovi attacchi. In nome dell’emergenza e dell’urgenza i generali, imitati dai loro sottoposti, non hanno più badato ai controlli. Così, tanto in Afghanistan che in Iraq, i soldati che dovevano interrogare i prigionieri si sentivano liberi di fare quello che volevano. Se si aggiunge poi l’impiego di personale non particolarmente addestrato e di guardie fornite da società private si possono comprendere gli esiti terrificanti. Il quotidiano «Washington Post» individua nell’aprile 2003 il momento chiave. Il Pentagono redige l’elenco delle tecniche e le fornisce ai secondini di Abu Ghraib. I soldati sono autorizzati ad esercitare pressioni psicologiche pesanti ma si sottolinea che per i metodi più duri è necessaria la luce verde del segretario alla Difesa Donald Rumsfeld. Nella lista passata ai secondini si precisa ciò che è autorizzato: 1) Privazione del sonno. 2) Esposizione del detenuto a sbalzi di temperatura estremi. 3) Bombardamento «sonoro» all’interno della cella. 4) Luci accese notte e giorno nella cella. 5) Cappuccio in testa al prigioniero. 6) Tenere il detenuto nudo, magari in presenza di donne-soldato. 7) Costringerlo a subire perquisizioni e controlli da parte delle donne-soldato. 8) Spezzare il suo equilibrio biologico, facendogli perdere il senso del tempo. 9) Tenerlo in posizione di stress per fiaccare la sua resistenza. «Volevamo trovare un mezzo legale per incrementare la pressione - ha raccontato uno dei legali che collaborarono con il Pentagono - e volevamo un po’ più di libertà di manovra di quella che c’è in una prigione negli Stati Uniti, ma non la tortura». Ad uno degli esperti venne in mente la scena del film «Gli intoccabili» nella quale un poliziotto - interpretato da Sean Connery - durante l’interrogatorio del cassiere di Al Capone scarica il suo revolver sul corpo di un mafioso già morto. Ma il detenuto non lo sa e, spaventato, collabora. Dopo un consulto, gli specialisti decidono però di accantonare questo trucco. DA CORRIERE.IT <<<Tutte le notizie sull'Iraq

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«Volevamo un po' più di libertà di quella che c'è in un carcere Usa»

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Nel 2003 esportate in Iraq le 20 regole per gli interrogatori:

«Privazione del sonno e bombardamento sonoro»

La Cia voleva sapere di più e il Pentagono ha fatto in modo disoddisfare la richiesta. Esportando ad Abu Ghraib le tecniche usate a Guantanamo. Un sistema sicuro. Provato su molti dei 600 detenuti sospettati di appartenere ad Al Qaeda e spediti nella base caraibica. Una procedura composta da una ventina di «metodi» che avrebberosciolto la lingua alle vittime del trattamento. Una missione affidata ad uno specialista: il generale Geoffrey Miller, comandante nel 2003 diGuantanamo. Inviato in Iraq, l’alto ufficiale ispeziona la prigione di AbuGhraib suggerendo cosa fare per «estrarre» dai prigionieri leinformazioni necessarie. Miller, come racconta il «New Yorker»,sottolinea come la detenzione debba essere «mirata, soprattutto, agliinterrogatori e alla raccolta di informazioni necessarie per la guerra». Prima del conflitto, invece, l’obiettivo era raccogliere dati su AlQaeda e dunque le stesse tecniche erano state applicate suipersonaggi di spicco della rete terroristica caduti in mano americana.Una mano pesante che doveva, da un lato, smantellare la strutturaguidata da Osama Bin Laden e, dall’altra, sventare possibili nuoviattacchi. In nome dell’emergenza e dell’urgenza i generali, imitati dailoro sottoposti, non hanno più badato ai controlli. Così, tanto inAfghanistan che in Iraq, i soldati che dovevano interrogare i prigionierisi sentivano liberi di fare quello che volevano. Se si aggiunge poil’impiego di personale non particolarmente addestrato e di guardiefornite da società private si possono comprendere gli esiti terrificanti. Il quotidiano «Washington Post» individua nell’aprile 2003 ilmomento chiave. Il Pentagono redige l’elenco delle tecniche e lefornisce ai secondini di Abu Ghraib. I soldati sono autorizzati adesercitare pressioni psicologiche pesanti ma si sottolinea che per imetodi più duri è necessaria la luce verde del segretario alla DifesaDonald Rumsfeld. Nella lista passata ai secondini si precisa ciò che è autorizzato: 1) Privazione del sonno. 2) Esposizione del detenuto a sbalzi ditemperatura estremi. 3) Bombardamento «sonoro» all’interno dellacella. 4) Luci accese notte e giorno nella cella. 5) Cappuccio in testa alprigioniero. 6) Tenere il detenuto nudo, magari in presenza didonne-soldato. 7) Costringerlo a subire perquisizioni e controlli daparte delle donne-soldato. 8) Spezzare il suo equilibrio biologico,facendogli perdere il senso del tempo. 9) Tenerlo in posizione di stressper fiaccare la sua resistenza. «Volevamo trovare un mezzo legale per incrementare la pressione - haraccontato uno dei legali che collaborarono con il Pentagono - evolevamo un po’ più di libertà di manovra di quella che c’è in unaprigione negli Stati Uniti, ma non la tortura». Ad uno degli esperti venne in mente la scena del film «Gliintoccabili» nella quale un poliziotto - interpretato da Sean Connery -durante l’interrogatorio del cassiere di Al Capone scarica il suo revolversul corpo di un mafioso già morto. Ma il detenuto non lo sa e,spaventato, collabora. Dopo un consulto, gli specialisti decidono peròdi accantonare questo trucco.

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Il portavoce del Dipartimento della Difesa, Bryan Whitman, ha cercato di circoscrivere il ricorso alle pressioni estreme. Si è trattato diprocedure «controllate in modo stretto, limitate nella durata e negliobiettivi, usate raramente e approvate su base individuale». Per ilfunzionario sarebbero state applicate nei confronti di «combattentiillegali» che potevano fornire informazioni utili «sugli attentati chehanno causato la morte di tremila persone». Con il passare del tempo, ammettono al Pentagono, le tecniche indicate dalla lista sono state usate in Iraq su «prigionieriimportanti», ossia elementi che appartenevano alla guerriglia o agruppi terroristici. Ma anche in questo caso il problema è legato allacatena di comando. Se esiste e si è imposta delle regole ha lapossibilità di impedire gli abusi. In caso contrario - ed è quello che èavvenuto a Bagdad - l’iniziativa viene lasciata agli uomini sul campo,che non si preoccupano troppo delle regole. Sopra tutto la ricerca spasmodica di informazioni ritenute indispensabili dagli apparati di sicurezza americani. Notizie da ottenere a qualsiasi costo. Dove si potevano comprare sono state acquistate, dove non si poteva sono state estorte con la forza. A Guantanamo lo hanno fatto in nome della lotta al terrore. Ad Abu Ghraib non avevano neppure quella.

Guido Olimpio

10 maggio 2004

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