Arti e architettura: De Stijl 1917-1931

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Lo stile Arti e architettura: De Stijl 1917-1931 Il movimento olandese De Stijl centrò la propria attività attorno le figure di tre persone: i pittori Piet Mondrian e Theo Van Doesburg, il progettista architetto Gerrit Rietveld. Costituirono la formazione originaria nel 1917 sotto la direzione di Van Doesburg e nel 1918 fu firmato un documento pubblicato sulla rivista “ De Stijl ”. Il manifesto proclamava un nuovo equilibrio tra individuale e universale, liberando l’arte dai vincoli imposti dalla tradizione e dal culto della personalità. Ciò, grazie all’influsso del pensiero filosofico di Spinoza e al contesto olandese calvinista da cui tutti i componenti provenivano. De Stijl, ricercava una cultura che trascendesse la tragedia dell’individuo attraverso leggi immutabili: aspirazione universale e utopistica che veniva a sintetizzarsi nell’aforisma: ” L’obiettivo della natura è l’uomo, l’obiettivo dell’uomo è lo stile” (1) . Nel 1918 il movimento viene influenzato dal Neoplatonismo di Schoenmaekers, le cui opere principali La nuova immagine del mondo, ed i Principi della

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Il movimento olandese De Stijl centrò la propria attività attorno le figure di tre persone: i pittori Piet Mondrian e Theo Van Doesburg, il progettista architetto Gerrit Rietveld. Costituirono la formazione originaria nel 1917 sotto la direzione di Van Doesburg e nel 1918 fu firmato un documento pubblicato sulla rivista “ De Stijl ”.

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Lo stile

Arti e architettura: De Stijl 1917-1931

Il movimento olandese De Stijl centrò la propria attività attorno le figure

di tre persone: i pittori Piet Mondrian e Theo Van Doesburg, il progettista

architetto Gerrit Rietveld. Costituirono la formazione originaria nel 1917

sotto la direzione di Van Doesburg e nel 1918 fu firmato un documento

pubblicato sulla rivista “ De Stijl ”. Il manifesto proclamava un nuovo

equilibrio tra individuale e universale, liberando l’arte dai vincoli imposti

dalla tradizione e dal culto della personalità. Ciò, grazie all’influsso del

pensiero filosofico di Spinoza e al contesto olandese calvinista da cui tutti i

componenti provenivano. De Stijl, ricercava una cultura che trascendesse la

tragedia dell’individuo attraverso leggi immutabili: aspirazione universale e

utopistica che veniva a sintetizzarsi nell’aforisma: ” L’obiettivo della natura è

l’uomo, l’obiettivo dell’uomo è lo stile” (1). Nel 1918 il movimento viene

influenzato dal Neoplatonismo di Schoenmaekers, le cui opere principali La

nuova immagine del mondo, ed i Principi della matematica

plastica, hanno una visione metafisica del mondo, che va ad accomunarsi

ai principi concreti di architetti come Berlage e Wright. D’altro canto

Berlage, nel ruolo di critico socio culturale, usò per primo il termine De Stijl

che venne poi ripreso dagli artisti. Tuttavia, sembrerebbe che Gottfried

Semper con Lo stile nelle arti tecniche e tettoniche o l’estetica pratica del

1860, influenzò originariamente Berlage.

Nel 1914 compare nel panorama europeo la figura di Mondrian le cui

composizioni post cubiste consistevano in linee spezzate orizzontali e

verticali. Il termine Neoplasticismo fu coniato dallo stretto rapporto artistico

parigino che ebbe con Schoemaekers, e sempre da ciò derivò la restrizione

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della gamma cromatica ai soli colori primari: ”i tre colori principali sono in

sostanza il giallo, il blu, il rosso. Essi sono i soli colori esistenti […] giallo è il

movimento del raggio (la verticale)[…] blu è il colore che contrasta con il

giallo (il firmamento orizzontale)[…] rosso è l’unione di giallo e blu” (2).

Nello stesso testo Mondrian fornisce analoga giustificazione del limitare il

linguaggio neoplasticista ad elementi ortogonali, come gli opposti di

fondamento che formano tutto il nostro mondo e ciò di sua appartenenza:

la linea orizzontale, come percorso della terra attorno al sole; quella

verticale, ovvero il movimento spaziale in profondità dei raggi originari al

centro del sole.

Nel 1917, sul primo numero della rivista De Stijl appare il testo

Neoplasticismo in pittura, e l’opera di Mondrian si estrinseca in una serie

di composizioni e superfici piane e fluttuanti, colorate, di forma

rettangolare. Dunque, sembrerebbe raggiungere quel che De Stijl

considerava un ordine nuovo, puramente plastico. Sempre nel 1917

propone una serie di composizioni bidimensionali, come la composizione di

piani colorati su sfondo bianco.

Differentemente, Van Doesburg, perveniva ad una struttura lineare della

superficie stessa, attraverso l’utilizzo di sottili strisce di colore incise in un

campo bianco.

Tuttavia, prima del 1920 non esisteva gran che di architettura

neoplasticista, se non con la comparsa dell’opera di Rietveld; benché il 1917

vede la creazione della famosa sedia rosso-blu, semplice pezzo di

arredamento, basata sulla tradizionale sedia inclinabile, che costituì

l’occasione prima per una proiezione estetica del Neoplasticismo nel

tridimensionale.

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Ora, si era innanzi ad elementi articolati e flessibili nello spazio, ma ben

oltre i dati articolati, altra caratteristica era costituita dall’uso esclusivo dei

colori primari congiunti ad una struttura con l’aggiunta del grigio e del

bianco; divenendo così, lo schema cromatico usuale del movimento De Stijl.

Dunque, Rietveld dimostra una possibilità artistica-architettonica, svincolata

dalle tendenze del XIX secolo e dall’Art Nouveau.

Tra gli appartenenti a De Stijl, nessuno seppe cogliere in anticipo il

potenziale espressivo della modestia di alcuni pezzi di arredo come la sedia,

la credenza, la carrozzella per bambini e la carriola che, come diretta

discendente della sedia rosso-blu, erano costituite dall’assemblaggio di assi

rettilinei e superfici di legno incastrate a perno tra loro. Tuttavia, nessuno di

questi pezzi fu d’anticipo circa l’ambiente architettonico sperimentato da

Rietveld nel progetto di uno studio realizzato a Maarsen nel 1920: ogni

elemento di arredo, come le lampade sospese, sembrava essere condotto ai

suoi elementi costitutivi. Dunque, l’effetto prodotto era quello di alludere,

come farà poi Mondrian nei suoi dipinti, ad una serie di reticolati con

coordinate nello spazio infinito.

La fase di De Stijl che durò fino al 1925 viene ad essere caratterizzata

dall’incontro di Van Doesburg con Lissitzky, il quale aveva sviluppato la sua

forma personale di espressione elementarista. Sebbene l’elementarismo

russo di Lissitzky fosse di carattere suprematista, e quello olandese

neoplasticista, l’opera di Van Doesburg acquista forza radicale. I progetti

successivi andarono verso rappresentazioni assonometriche: costruzioni

architettoniche ipotetiche, che comprendevano un gruppo asimmetrico di

elementi articolati bidimensionalmente, sospesi nello spazio attorno ad un

centro espresso con volumetria. “La storia dei due quadrati” compare, così,

nelle pagine della rivista.

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Nel 1923 Van Doesburg fissò lo stile architettonico del Neoplasticismo a

Parigi. Contemporaneamente inizia a lavorare al progetto della casa

Schröder-Schräder, dove sotto molti aspetti si realizzavano i sedici punti di

un’architettura plastica di Van Doesburg che si riassumevano: elementare,

economica funzionale, non monumentale e dinamica, anticubica,

antidecorativa.

La terza fase di De Stijl che durò dal 1925 al 1931, vede la frattura tra Van

Doesburg e Mondrian, poiché il primo, introducendo una diagonale nei suoi

quadri, determina una inversione di intenti rispetto alla regolistica iniziale.

Sicché, arbitrariamente, introduce una modificazione all’assiomistica

neoplasticista. Van Doesburg attraverso la sua associazione con Lissitzky,

considera ora, la tecnologia e la struttura sociale le principali componenti

della forma, e non più si avverte l’interesse verso l’ideale di armonia

universale, propria degli esordi di De Stijl. Tuttavia, se la ricerca di

universalità e armonia poteva produrre soltanto un’arte artificiosa e

circoscritta che, contro l’uso degli oggetti quotidiani, finiva fatalmente per

contrastare l’iniziale interesse di De Stijl, compromettendo l’unità ideale tra

arte e vita fattiva. Ora, Van Doesburg sembra voler connettere il ruolo

ambientale con il ruolo dell’oggetto, verso un livello tale, che esso poteva

essere considerato con coerenza, in direzione di una concezione astratta.

Dunque, l’arredo e i prodotti della società di massa, dovevano essere

accettati come oggetti di cultura già confezionati, e l’ambiente puramente

costruito doveva essere considerato ad un ordine superiore, questo in Vers

une construction collective del 1924: “Dobbiamo capire che arte e vita non

sono campi separati l’uno dall’altro. Deve quindi sparire il concetto di arte

come illusione che non ha niente a che vedere con la vita reale. La parola

arte non ci dice più nulla. Noi esigiamo invece che il nostro mondo sia

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costruito in base a leggi che derivino da un principio immutabile. Queste

leggi, che includono anche quelle dell’economia, della matematica, della

tecnica, dell’igiene, ecc., conducono ad una nuova unità plastica”(3).

La grande opera di Van Doesburg fu il Café L’Aubette del 1928, dove

dona al colore il giusto posto che gli spetta nell’architettura, ma al contempo

asserisce che “ la pittura separata dalla costruzione architettonica (ovvero il

quadro), non ha senso di esistere”(4). Dunque, il Café L’Aubette determina il

distacco di Van Doesburg da De Stijl, ma il suo interesse verso un’arte

universale resta ancor vivo nel “Manifest sur l’art concret” del 1930, infatti

scriverà: “Se gli strumenti di espressione si liberano da ogni forma di

particolarità, essi sono in armonia con il fine ultimo dell’arte, che è quello di

creare un linguaggio universale”(5). Ben sappiamo che il particolarismo dei

mezzi di formazione artistica, ben difficilmente saranno accantonati. Nel

1931 all’età di quarantotto anni Van Doesburg moriva in un sanatorio a

Davos in Svizzera, con lui svanisce la forza propulsiva del Neoplasticismo.

Soltanto Mondrian degli artisti che formarono originariamente il

movimento, restò in modo rigoroso legato ai dettami di De Stijl, alla linea

ortogonale, ai colori primari, elementi costitutivi dell’opera matura.

Continuò così a rappresentare la perfetta armonia di una irrealizzabile

utopia. Scrisse in Arte plastica e pura arte plastica : “L’arte è solo un

sostituto, finchè la bellezza della vita resta carente. L’arte scomparirà dalla

vita nella misura in cui la vita guadagnerà in armonia ed equilibrio”(6).

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1- De Stijl tratto da Storia dell’architettura moderna, K. Frampton, Zanichelli Bologna quarta ed. 2008, p. 160.2- Ivi, p. 161.3- Ivi, p. 166.4- Ivi, p. 167.5- Ivi, p. 168.6- Ivi, p. 168.