ArteeCultura Il cavalier Francesco Maria Queirolo · non vengane data positiva incombenza per la...

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In quella città, moltitudini di turisti in visita alla Cappella San-severo si stupiscono di fronte al prodigioso talento che l’artistaseppe esprimere nella sua più celebre opera: Il Disinganno. Unafigura maschile - concepita per simboleggiare il riscatto dal vi-zio - si libera da un’avvolgente rete, così realistica da aver ali-mentato la leggenda dell’alchemica pietrificazione di un verotessuto. Lo stesso fiabesco procedimento avrebbe permessodi rendere con impalpabile leggerezza i veli sul corpo del Cri-sto morto e della Pudicizia togliendo agli autori Giuseppe San-martino e Antonio Corradini il merito della realizzazione di altridue insuperabili capolavori. Nondimeno affascinante è la spet-tacolare messinscena di tutte le altre effigi marmoree: una dis-posizione che trova il fulcro visivo nell’altorilievo della pala delpresbiterio ove ai piedi di Cristo deposto dalla croce, le roccedel monte Calvario travalicano il riquadro per scendere a for-mare in un sol blocco l’altar maggiore. Non si sa con certezzaa quale artista assegnare questa “capricciosa idea”, né si puòdimostrare - come si vorrebbe - una progettazione dello scul-tore genovese anche considerando che nel 1752, dopo lamor-te di Corradini, egli assunse il ruolo di architetto e di sovrinten-dente di tutto il palinsesto decorativo1. È altresì certificato cheFrancesco Queirolo fu l’artefice del maggior numero di statue,alcune incompiute a causa del contrasto che sorse con il com-mittente per compensi non retribuiti. Ne seguì una causa co-raggiosamente sostenuta dall’artista contro l’influentemembrodi un nobile casato e conclusa con il riconoscimento delle sueragioni da parte del tribunale, ma senza il recupero dei credi-ti. Tra questi, il ricorrente annoverò la spesa per il trasporto daGenova di una statua in marmo della Concezione su ordine diSansevero, “il quale dopo averla posseduta per anni sei, nonpiù la volle”. È lecito supporre che si trattasse della Madonna

Immacolata, della chiesa di Sant’Antonio da Padova a Kytlice,nella Repubblica Ceca2, scolpita a tutto tondo inRoma, nel 1752,e proposta l’anno seguente dall’autore all’Accademia di Pittu-ra e Scultura in Genova. La vendita in patria non ebbe alloraesito, come si vedrà in seguito.Ritornando alla vicenda giudiziaria, nell’elenco degli oggettiche i contendenti avrebbero dovuto vicendevolmente resti-tuirsi, è di qualche interesse la richiesta del principe per ri-avere un modellino in cera dell’altar maggiore, sebbene talenotizia non sia risolutiva per attribuire all’artista l’invenzionedell’opera nelle forme pervenute3.

UN AMMIRATORE LIGURENel 1762, Carlo Giuseppe Ratti riconobbe i meriti del maestroin una biografia dove considerò a tal punto le qualità dello scul-tore genovese da sostenere che né i “Fidia, i Prassitele, i Mi-chelangioli e i Bernini” giunsero a tale finezza nel lavorare il mar-mo e valutò più ammirevoli le sue delicatezze stilistiche di quel-le espresse nellaDafne di Palazzo Borghese. L’erudito savone-se scandì nel suo scritto i tempi dell’affermazione professiona-le dell’artista: dall’apprendistato a Genova presso il celebre Ber-nardo Schiaffino, all’attività in proprio, prima nella città natale,poi in Roma dove iniziò ad operare con Giuseppe Rusconi aSan Pietro, per proseguire con lavori a Santa Maria Maggiore,alla chiesa della Missione a Montecitorio, a Sant’Andrea delleFratte, alla fontana di Trevi. Si dà notizia, inoltre, di un Davideinviato a Napoli in dono al re, la cui spada “sì sottilmente lavo-rata era in tutti i suoi finimenti, che sembrava cosa impossibi-le a farsi”4 . Quanto riferito da Ratti trova riscontro nelle paroledi Raimondo di Sangro, Principe di San Severo, che assunseal suo servizio Queirolo: “…avendo inteso da molte persone ilgrido e la fama acquistatasi esso Signor Cavaliere Francesconella professione della scoltura inmarmi per le sue opere e sta-tue fatte ed esistenti nell’Alma Città di Roma e delle inviate al-

Il maestro genovese è sconosciuto a molti in terra d’origine,

mentre gode di universale fama a Napoli come uno dei più dotati

scultori del sec. XVIII.

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Il cavalier Francesco Maria Queiroloscultore e architetto (1704-1762)di Susanna Canepa

A fronteFrancesco Queirolo, Il Disinganno. Napoli,Museo della Cappella Sansevero.

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trove di tutta perfezione e bellezza e per avere specialmenteosservata la statua rappresentante unDavide, regalato anni ad-dietro a SuaMaestà Siciliana nostro Signore, la quale statua fuda tutti gl’intendenti grandemente applaudita…”5.

LA PROTEZIONE DI UN CARDINALE GENOVESEFu ancora Carlo GiuseppeRatti a riferire della protezione di Gio-vanni Battista Spinola, promotore di opere affidate a Queiroloin Roma e sostenitore del conferimento del cavalierato. Oggi,un ulteriore incarico trova conferma in un inedito documentorecentemente ritrovato: nel 1742 un carrettiere assoldato dal-l’artista si impegnò a trasportare più volte, da Roma, i “marmicomponenti un altare per la Chiesa Cathedrale di San Pietrodi Subiaco, che fa fare l’Em.mo Cardinal Spinola”6allora aba-te commendatario dei beni ecclesiastici di quel territorio.Il 2 luglio 1745, l’altar maggiore “di fini marmi e squisito la-voro” della collegiata fu consacrato dallo stesso prelato7 . Ri-cerche più approfondite potrebbero individuare se i citati mar-mi siano andati completamente distrutti durante i bombar-damenti dell’ultimo conflitto bellico o se dei frammenti sia-no stati recuperati.

UN GRANDE ESTIMATORE A GENOVA:GIUSEPPE MARIA DURAZZOUn rapporto di considerevole stima legò Giuseppe Maria Du-razzo, figlio di Marcello I dei marchesi di Gabiano, allo scul-tore. Gli esordi documentati del loro sodalizio partono dalladata del 10 settembre 1729, quando il giovane artista rice-vette 462 lire in pagamento del bassorilievo in marmo con laFuga in Egitto destinato alla nuova piccola chiesa edificata aSestri Levante presso Palazzo Durazzo8. Successivamente, lapartenza per Roma di Queirolo rimandò la realizzazione del-le quattro statue previste per le nicchie della cappella genti-

lizia. Nonostante la lontananza, la relazione non si interrup-pe, ma proseguì con uno scambio di lettere e con la com-missione, nel 1751, di un ovale raffigurante l’Immacolata Con-cezione. Resta la difficoltà di una piena comprensione dei ma-noscritti essendo pervenuti solo quelli in partenza da Geno-va trascritti nei volumi di copialettere dell’Archivio Durazzo.Ogni missiva richiederebbe, inoltre, un’indagine per ricono-scere quali opere furono solo proposte al maestro e quanteebbero compimento. I limitati spazi di questo saggio consen-tono solo le seguenti abbreviazioni:

ADGG (Archivio Durazzo, Giustiniani, Genova)Archivio Pallavicini. Carte Grimaldi DurazzoRegistro di Giuseppe Maria Durazzo n.131. Copialettere. Let-tera 853.Destinatario: Francesco Maria Queirolo, Roma.13 maggio 1739Giuseppe Maria Durazzo riferisce che i Protettori dell’Ospe-dale di Pammatone in Genova desiderano far scolpire degliovali in marmo da porre negli altari a lato di quello di Cate-rina Fieschi, nell’omonima chiesa. All’artista vengono invia-te le figure da rappresentare e le misure, si richiede, inoltre,il preventivo di spesa.“…Questi Ill.mi Signori dello Spedali Grande detto di Pamma-tone dopo aver nella loro chiesa aggrandito e sontuosamenteornato il Sacro Deposito della Nostra Santa Caterina, desidera-no ivi anche formare due altari laterali per comodo de’ nume-rosi celebranti che vi concorrono singolarmente nelle novene […]e parendo che la simmetria del luogo esigga che detti altari sia-no con ovati di marmo a basso rilievo, stavano progettandoneil concerto con tal’uno di questi scultori. Ciò pervenuto a mianotizia ho stimato possa a V. S. esser molto piacevole l’assontodi dette opere per motivo non meno di pietà, che per traman-

dare alla Patria un contrasegno del pro-prio valore che ne perpetui con applau-so lamemoria. VedràElla nell’acclusa car-ta in quali misure si desiderino e quali fi-gure si voglino rappresentare. Detti ova-ti, e da ciò potrà, quando le gradisca ap-plicare al lavoro, progettare quale sareb-be la spesa per ciascuno di detti ovati etin qual tempopotrebbedarne finiti, o unosolo, o tutte due, che circa l’imbarco eno-lo di costà a qui sarebbe poi a carico de-gli stessi Sig.ri Protettori il provedervi…”.Segue una richiesta di soprallugo allachiesa di San Nicola da Tolentino in Ro-ma dove, presso la cappella dei savone-si Gavotti, Queirolo avrebbe dovuto inter-venire con dei miglioramenti all’altorilie-vo sovrastante l’altare scolpito nel 1666daCosimoFancelli e alle decorazioni. Ciòfarebbe supporre che Giuseppe MariaDurazzo fosse subentrato ai Gavotti nel

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patronato del sacello e nell’amministrazione della cappellania.“… Intanto non stimo superfluo segnalare che nella chiesa de’-Nicoliti, passata piazza Barberini, evvi una cappella dei Sig.riGavotti dedicata a N.ra Sig.ra di Misericordia ivi effigiata in bas-so rilievo che pare assai ben fatta, e però credo giovevole ch’El-la la veda per secondarne o anche migliorarne a’ proporzio-ne l’atteggiamento e le decorazioni che l’accompagnano…”.Lo scrivente aveva ancora intenzione di affidargli la realizza-zione delle statue per la chiesa padronale in Sestri Levante.“…Circa le statue per li quattro nicchi nellamia Cappella di Se-stri non ho deposto il pensiere, benché non ne abbia fatto a V.S. altro motivo essendo la […] provenuta da straordinarie dis-trazioni cheme ne hanno stornato il comodo per applicarvi, maor’ che è ritornato costì il Padre Angelo Maria mio fratello, è fa-cile che per di lui mezzo io ne coltivi con V. S. il pensiere…”.ADGG, Archivio Pallavicini. Carte Grimaldi DurazzoRegistro di Giuseppe Maria Durazzo n.131. Copialettere. Let-tera 864.Destinatario: Francesco Maria Queirolo, Roma.8 agosto 1739I Protettori dell’Ospedale di Pammatone speravano in una piùcontenuta spesa per i bassorilievi da collocare nella chiesa diSanta Caterina di Portoria.

“… sento che detti Sig.ri Protettori abbiano molto bene gra-dito il di lei genio per decorare con sue opere questo san-tuario restringendo anche a soli scudi 300 di codesta mo-neta per ognuno de’ cointesi ovati. Se però devo con tuttaconfidenza […] si attendevano sentire alquanto minore la spe-sa […]. Padre Angelo mio fratello […] attualmente dimoranel Collegio Romano […] spero che frattanto lo avrà ella ri-veduto […]. Se in cosa veruna io qui vaglia a servir, non nelasci Ella in otioso desiderio”.ADGG, Archivio Pallavicini. Carte Grimaldi DurazzoRegistro di Giuseppe Maria Durazzo n. 104, c. 327. Libromastro.Un diretto incarico di Giuseppe Maria Durazzo a FrancescoQueirolo è quello di un ovale in marmo con l’effige dell’Imma-colata inizialmente collocato nel prospetto verso la piazza del-la Nunziata di Palazzo Durazzo in Genova. L’avvenuto paga-mento, registrato il 3 gennaio 1752, permette di datare l’ope-ra all’anno 1751.“1752 a’ 3 gennaio. Medaglione di marmo rappresentante laSS. Concezione apposto all’angolo del terrazzo verso la piaz-za del Vastato per valuta de scudi 265.65 moneta corrente fabuoni Sig. Giuseppe Maria mio in Roma al Reverendo Mat-teo Mariotti per pagati cioè scudi 260 allo scultore FrancescoQueiroli e scudi 5.65 spese di cassaforte tela et altro e qui per-venuto in novembre prossimo passato con la filuca del patronBaracchino in raggione a B 126 fuori banco uno per tutti perdetto mio in Roma 315 £1313.2”.ADGG, Archivio Pallavicini. Carte Grimaldi DurazzoRegistro di Giuseppe Maria Durazzo n.133. Copialettere. Let-tera 17.

Francesco Queirolo, Fuga in Egitto. Sestri Levante (Genova),Cappella del Palazzo Cattaneo Della Volta già Durazzo.

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Destinatario: Sig. Francesco Queiroli, Roma.26 agosto 1752All’artista è richiesto di occuparsi del conio, in Roma, della me-daglie destinate agli accademici genovesi più meritevoli.“… Sono a porgerle un incomodo per questa nostra Accade-mia di Pittura, Scultura […] della quale si vogliono distribuiresotto nome di premio alcune medaglie d’oro e d’argento, perquali ho considerato che saranno meglio fatti costì li connij chequi. Si desiderano per tanto le medaglie da battersi in oro del-l’impronto rappresentante la Divisa dell’Accademia come vie-ne espressa nell’accluso sigillo fatto con cera di Spagna com-preso il motto Et veteres revocavit artes 1751 e la grandezzasia uguale al detto sigillo, overo poco meno, giacché si vorreb-be che il peso delle dette medaglie d’oro fosse all’incirca delpeso di scudi nove d’oro di codesta zecca. Per lo rovescio ditali medaglie si vorrebbe rapresentata l’arma della nostra Re-pubblica sostenuta da griffi e colla Corona Reale che per mag-giore intelligenza dell’operario viene disegnata nell’annessa car-ta, si lascia però al buon gusto dello stesso formare la targa ele cartelle all’intorno di quella come meglio stimerà, avute in vi-sta le diverse maniere colle quali costì si improntano simili ar-me reali o Pontificie, e così sia in libertà d’opporvi o no li ramidi palme ed olivo. Le medaglie da battersi poi in argento si vor-rebbero di grandezza doppio del suddetto sigillo e coll’impron-ti simili alli suddetti due, ma dilatati a proporzione del maggiorcampo, mentre si calcola che queste medaglie d’argento piùgrandi verranno al peso di oncie quattro. Abbia dunque V. S.la mira di prevalersi d’alcuni Professori ben pratici di simili ope-re per far formare tali connij e studij insieme di regolare poi laspesa di essi con la possibile moderazione. A questo motivonon dico far capo dal sig. Amerani, quale dubbito ne vorreb-be fosse il doppio di quello, con che si contentarebbe un altrosufficiente operario. Intanto che l’artefice lavorerà alli due con-nij espressivi dell’impresa come in detto sigillo, vi è tempo diformare li disegni per l’arma della Repubblica e mandarmeliper accordare che siano a comun genio di questi Signori Ac-cademici. Quando poi saranno fatti li connij suddetti dinoteròa V. S. il numero delle medaglie che si vorranno sia d’oro ched’argento, e le dinoterò da chi potrà V. S. scuodere la partitabisognevole. Intanto la prego condonnare questo incomodo percui mi addrizzo a Lei più che ad altri perché so che avrà a ca-ro anche il decoroso progresso di questa Accademia…”.ADGG, Archivi Pallavicini. Carte Grimaldi Durazzo.Registro di GiuseppeMaria Durazzo, n. 133. Copialettere. Let-tera 173.Destinatario: Cav. Francesco Queiroli, Napoli.2 febbraio 1754L’aristocratico riferisce che il Direttivo dell’Accademia genove-se di Pittura e Scultura valuta 130-140 zecchini la statua in-viata da Queirolo. Per ottenere un maggior compenso occor-rerà rivolgersi altrove pur considerando che sarebbero più ap-prezzati, soprattutto dagli inglesi, una Venere o un Bacco.“…Mi pervenne in dicembre la graditissima di V. S. de’ 27 no-vembre scad. alla quale ho sospeso rispondere per scrivere al-

cuna cosa precisa circa la nota sua statua e finalmente nelladomenica passata in occasione che si adunarono questi Sig.riAccademici onorari, venni in cognizione che al Sig. Prin-cipe Doria era pervenuta commissione di pigliar cognizio-ne di essa statua e darne relazione secondo il giudizio chene avessero formato questi migliori professori di scultu-ra. Desiderava per tanto egli sapere quale prezzo sianepreteso. Adunasi perciò prontamente alcuni delli più in-telligenti, dissere parere loro che meriti zecchini cento-trenta in centoquaranta. Io però, conscio della di lei de-licatezza che si rapportava all’arbitrio senza volersi spie-gare della sua intenzione, lasciai che il Sig. Principe sud-detto formasse quel concetto che più gli piacesse, ma nonso poi congetturare qual effetto possa risultarne. Per al-tro dal molto tempo decorso, da che la statua sta in com-parsa e non si presenta fin’ ora chi vi applichi più giusta-mente, dubitasi se in avvenire sia per darsi più favorevo-le apertura. Per lo che se a questo detto Principe Dorianon vengane data positiva incombenza per la compra, lo-derei ch’ella studiasse trovarne altrove l’esito. Vedo chequesto clima è dalla natura facilitato con la varietà di mar-mi, tanto è meno curante di dilettarsi di simili opere. Sela figura fosse di una Venere o di un Bacco, forse li fore-stieri massimamente inglesi sarebbero portati ad invogliar-sene, come ella ben sa, seguiva in Roma. Attenderò qua-le risoluzione sia poi la sua per conformarmici …”.Quando GiuseppeMaria Durazzo deciderà di decorare la cap-pella del palazzo già abitato da Giovanni Battista Spinola, in-terpellerà il maestro.L’edificio, oggi in via Botteghe Oscure 32 in Roma, fu vendu-to nel 1753 al nobile genovese dagli eredi del cardinale Gio-vanni Francesco Negrone.“... Per non trascurare il cenno da V. S. datomi in anteceden-te sua de’ 9 giugno toccante la Cappella del Palazzo abitatogià dell’Eminentissimo Spinola, io non ho per anco veruna co-gnizione delle figure che si dicono esservi, ma facilmente de-posta fra cinque mesi la toga [senatoria], sarò in libertà di co-là passare ed allora occorrendomi di adornarla potrò per let-tera sentire il suo parere. Godo intanto ch’Ella non meno chetutta la sua famiglia godano perfetta salute e trovisi contentodel nuovo stato, nel quale augurandole prospera continuazio-ne, con tutto lo spirito mi confermo...”.ADGG, Archivi Pallavicini. Carte Grimaldi Durazzo.Registro di Giuseppe Maria Durazzo, n. 133. Copialettere.Lettera 182.Destinatario: Francesco Queirolo, Napoli.2 marzo 1754Giuseppe Maria Durazzo si incarica dell’invio della statua diQueirolo rimasta a Genova per più di un anno. Occorrerà unbastimento con bandiera non attaccabile dai barbareschi av-vistati nel canale di Piombino e presso le spiagge romane.L’aristocratico elenca i possibili motivi per cui il Direttivo del-l’Accademia genovese di Pittura e Scultura non abbia inte-so spendere la cifra richiesta.

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“… io poi non mi inoltro a sindicare questi Sig.ri Accademicisopra la stima che formarono per detta statua, forse conside-rarono la spesa del marmo che si ha qui da Carrara a maggiorvantaggio che in Roma, e forse si regolarono dal calcolo del tem-po che vogliasi per simile lavoro. Forse in Roma memori del-l’opere del Cavalier Bernini seguitano la stima delle opere mo-derne con proporzione a quella che facevasene in quei tempi,e forse anche la statua poco applaudita che vidi in una cap-pella laterale dell’Appolinare, sarà stata estimata quanto la ec-cellente che ivi sta di rimpetto. Comunque sia mi riserbo di no-tarle con altra l’imbarcazione e partenza sperando che a suotempo V. S. possa ragguagliarmene l’esito vantaggioso…”.ADGG, Archivi Pallavicini. Carte Grimaldi Durazzo.Registro di Giuseppe Maria Durazzo, n. 133. Copialettere.Lettera 184.Destinatario: Francesco Queiroli, Napoli.9 marzo 1754L’aristocratico genovese ha reperito un’imbarcazione con ban-diera francese per la spedizione della statua.“… Dalla inclusa poliza, vedrà Ella con piacere la pronta oc-casione rinvenutasi per farle tenere al più presto la consapu-ta sua statua con imbarcazione caota per la bandiera france-se, e che spera salpare da qui ne’ prossimi giorni dell’entran-te settimana essendosi concordato il nolo in g.i 2 oltre li 5[...]200cappa a rigguardo di suddetta bandiera. Ho avuto mira chela stessa resti diligentemente assicurata, e mediante la tela sti-vata dalla segatura da V. S. indicata, escluso ogni legno di ca-

stagno per lo riguardo saggiamente suggerito. Se li tempi con-tinuino favorevoli, spero che prima di questo foglio riceverà El-la l’altro mio avviso consegnato allo stesso Patron Brouquiere però non mi diffondo maggiormente riserbandomi d’inten-dere il salvo arrivo e che V. S. recuperata la statua trovi il tut-to in buono stato. Se da qui potessi inoltre adoperarmi in co-sa di suo gradimento spererei riuscirvi con quella felicità chenon è piaciuto al cielo concedermi in questa occasione…”.Secondo il parere di chi scrive, la statua citata in quest’ul-time lettere è la scultura a tutto tondo dell’Immacolata Con-cezione poi voluta e trattenuta per sei anni dal principe Rai-mondo di Sangro, come risulta dagli atti del processo in-tentato da Francesco Queirolo. Di certo si sa che nel 1787,l’opera fu inviata da Napoli a Kytlice dal vescovo AntonioBernardo Gürtler, originario di quella città. Sul basamentoè riportata la scritta: Eques Franciscus Queirolus ianuen-sis sculp[sit] Romae MDCCLII. Si tratta di una data crucia-le nella vicenda umana dello scultore, quando lascerà Ro-ma per Napoli. Non a caso è anche l’anno della morte diGiovanni Battista Spinola, il possibile committente dell’Im-macolata, rimasta poi a lungo senza acquirente.

Note

1 Si tramanda che tutto il programma iconografico scaturì dalla genialemente di Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, che volle la chie-sa-museo per onorare gli antenati e celebrare le virtù di cavalieri, dame,santi e cardinali. Ciò premesso, è impossibile discernere tutti gli interven-ti di Francesco Queirolo, ma di certo le competenze di scultore, architet-to e sovrintendente ai lavori nell’ambito ecclesiale sono più volte citatenella Conventio con il committente del 4 novembre 1752. Secondo il con-tratto, l’artista avebbe dovuto “compire Altari e Pilastri di detta Chiesa se-condo li modelli fatti e da farsi a tutto piacimento, genio e gusto di essoSignor Principe”. Cfr: C. Mottola, Presentazione dei documenti in Char-tulae desangriane. Il Principe committente, Catalogo della Mostra a cu-ra di Bruno Crimaldi, Napoli, 2006, pp. 71-75. Le indubbie opere inmar-mo realizzate dall’artista genovese sono, oltre al Disinganno: i medaglio-ni delle sei cappelle, il mausolei raffiguranti La Sincerità, L’Educazione,Santa Rosalia, Sant’Oderisio, La Liberalità. Cfr. E. Nappi, Dai numeri laverità. Nuovi documenti sulla famiglia, i palazzi e la Cappella dei Sanse-vero, Casoria, 2010, p.101.2 O. J. BlaÏíãek, Francesco Queirolo in Boemia, in “La Critica d’Arte”, n.XXXI, 1950, pp. 409-411, su segnalazione di Raffaella Fontanarossa, cheringrazio.3 C. Mottola, Positiones, in Chartulae…, op. cit. p. 814 M. Migliorini (a cura di), Carlo Giuseppe Ratti. Storia de’ Pittori, Sculto-ri, Architetti liguri e de’ forestieri che in Geova operarono, secondo il ma-noscritto del 1762, Genova, 1997, p.214.5 C. Mottola, Conventio in Chartulae…, op. cit. p. 71.6 ASR, Archivio di Stato di Roma, 30 Notai capitolini, Joseph Simonetti,Uf. 29, Vol. 374, anno 1742, 6 maggio.Giovanni Battista Spinola, Cardinale del titolo di San Cesareo, (1681-1752), era parente di due porporati la cui omonimia è fonte di nume-rosi equivoci: Giovanni Battista Spinola di Santa Cecilia (1615-1704) eGiovanni Battista Spinola di San Cesareo (1646-1719). Nipote del car-dinale Giovanni Francesco Negrone, fu sepolto presso la cappella diquest’ultimo, nel transetto destro della Chiesa del Gesù in Roma.7 G. Jannuccelli,Memorie di Subiaco e sua Badia raccolte dal CanonicoJannuccelli Cameriere d’Onore di Sua Santità. Custode della piana bi-blioteca sublacense, Genova, 1856, ove sono descritte altre opere di com-mittenza Spinola.8 Il documento che assegna a Queirolo la Fuga in Egitto è segnalato daS. Canepa, La committenza architettonica dei “Durazzo di Palazzo Rea-le” in Da Tintoretto a Rubens. Capolavori della Collezione Durazzo, Ca-talogo dellaMostra a cura di Luca Leoncini, Milano-Ginevra, 2004, p.107.

Ringraziamenti a: Marcello e Sandra Cattaneo Adorno, Guendalina Cat-taneo della Volta, Tiziana Checchi, Maddalena Giordano, Francesco Gros-so, Mauro Meacci, Dario Savino.

Francesco Queirolo, Immacolata Concezione. Genova,Palazzo Durazzo Pallavicini.