Art App n. 2

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arte | cultura | nuovi appetiti numero 2 | 2009 il paesaggio le architetture tropicali di milton braga i paesaggi onirici di andrea mastrovito gli equilibri cromatici di paolo ghilardi l’occhio sul mondo di tre fotografi italiani i paesaggi della memoria e quelli dell’abbandono Edizioni Archos srl | Anno 1 | Numero 2 | 2009 | Quadrimestrale - € 15,00

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Parole e immagini per trattare in modo complementare i differenti temi culturali che direttamente e/o indirettamente contaminano e ibridano tutte le arti.

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arte | cultura | nuovi appetiti numero 2 | 2009

il paesaggiole architetture tropicali di milton braga

i paesaggi onirici di andrea mastrovito

gli equilibri cromatici di paolo ghilardi

l’occhio sul mondo di tre fotografi italiani

i paesaggi della memoria e quelli dell’abbandono

Edizioni Archos srl | Anno 1 | Numero 2 | 2009 | Quadrimestrale - € 15,00

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Ognuno di noi porta in se la conoscenza ancestrale delleproprietà con cui i materiali naturali sollecitano i nostrisensi. Cocobeat® ne è l’esempio attraverso il tatto perpercepirne le forme irregolari e naturali, l’udito per ilsuono evocale che porta con se questo legno, l’olfattoper la leggera essenza del siero di cocco, ma soprattuttola vista per le diverse texture con colorazioni cromaticheuniche, difficilmente riscontrabili in un legno ricavato dalguscio essiccato di un frutto. Ma pochi ancora fra noisono coscienti delle capacità organolettiche dei materialia fibra naturale, di quelle proprietà che sono percepitedai nostri sensi e che ci fanno attribuire un certocarattere a elementi e oggetti realizzati con questimateriali.Cocobeat® è tutto questo e molto di più…

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arte

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architettura

sommario

cinema

botanicastoria

musica

cron

ach

e

2 Editoriale | IL paesaggio non è mai immobiledi Edoardo Milesi

4 Il paesaggio perturbatodi Saverio Luzzi

10 Nuovi paesaggi tropicalidi Carlo Pozzi

14 Lino Mannocci | cartolina da Viareggioa cura di Elena Rossi

20 Resistenza verdedi Ilaria Rossi Doria

25 Il venditore di paesaggidi Salvatore Ligios

30 Andrea Mastrovito Quando l’arte gioca con la natura

di Michele Robecchi

37 La città nel cinemadi Michele Milesi

40 Paolo Ghilardi – Il colore esce dalla teladi Carlo Curto

45 Oltre il giardinodi Schubert Benno

46 Paesaggi residuali e di confinedi Massimo Agus

48 Elogio della diversitàdi Isabella Dalla Ragione

53 Firenze, l’odore del passatodi Sandra Fontana Semerano

58 Piano e forteConversazione con il Maestro Paolo Testa

di Elena Rossi

61 Libri

62 Arte - Architettura e Design - Fotografia

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Èinteressante leggere quello che dice WalterBenjamin sul nostro modo di percepire gli oggetti che ci circondano. Benjamin definisce

col termine “inconsapevolezza ottica” il nostro modoapparentemente distratto di percepire la qualità di ciòche abbiamo davanti agli occhi. Tutto cambia quandol’atteggiamento diventa contemplativo, quando cioèl’oggetto raffigurato assorbe il nostro interesse al puntodi estraniarci dal mondo che ci circonda.L’arte ha questo potere, il paesaggio in natura e nell’arte ha questo potere.Ma il paesaggio in natura muta, si trasformacontinuamente.La luce e l’ombra non sono mai ferme (diceva Corot) e anche dal medesimo punto di vista il paesaggio non è mai immobile. Il paesaggio ritratto dalla fotografia non garantiscel’obiettività assoluta neppure mediante innumerevoli scattiuno dopo l’altro; tutt’al più si riduce a una serie di traccestampate, niente a che vedere col mondo realemultidimensionale e in perenne movimento.Sarà per questo che i dipinti en plein air hanno un dinamismo diverso da quelli presi dalla memoriafotografica. Per questa ragione impressionisti emacchiaioli, consapevoli dell’inafferrabilità del vero,rappresentano il paesaggio come modo di vedere.È il cinema, che in sé riassume la narrazione visiva e quella letteraria, a dare maggiore movimento al paesaggio che tuttavia, così manipolato dall’uomo,appartiene sempre di più alla cultura e sempre menoalla natura. E poi la natura che passa dalla cinepresa è una natura diversa da quella che s’impone all’olfatto,al tatto, al gusto e a tutto uno spazio elaboratoinconsciamente, fatto di proiezioni di immaginiinteriori, di visioni inespresse, di sensazioni profonde.Del resto nell’arte la rappresentazione del paesaggiosubisce i condizionamenti della storia, degli eventiculturali, ideologici, delle guerre, delle scopertescientifiche e geografiche, delle epidemie.Il paesaggio è ubbidiente anche a motivi di interesse e viene modificato dai riflessi della nostra personalesensibilità per l’arte, l’estetica, l’ecologia, la scienza.Questa presenza costante sul nostro orizzontequotidiano è importante proprio perché in perennemodifica in quanto viva e vissuta. E proprio la certezzadella sua non immobilità è garanzia della nostrasopravvivenza. Non a caso la punizione peggiore che

Il paesaggio non è mai immobile

di Edoardo Milesi

Art|AppNumero due - Anno IRegistrazione al Tribunale di Bergamo del 29/01/2009 n. 3/2009

Direzione, Redazione, AmministrazioneVia Valle del Muto 2524021 Albino (Bg)

Tel +39 035 772499Fax +39 035 772429

[email protected]

DIREZIONEDirettore editorialeEdoardo Milesi

Art Director e direttore responsabileAurelio Candido

Coordinamento redazionaleElena Rossi

Segreteria di redazioneElena Cattaneo

REDAZIONEComitato scientificoFranca Bertagnolli, Sonia Borsato, Barbara Catalani, Arialdo Ceribelli, Giuseppe Chigiotti, Giovanni Cutolo, Marco Del Francia, Donato Di Bello, Salvatore Ligios, Alfredo Padovano, Gianriccardo Piccoli, Carlo Pozzi, Dino Satriano, Silvana Scaldaferri, Angelo Signorelli, Livio Testa

Hanno collaborato a questo numeroMassimo Agus, Carlo Curto, Isabella Dalla Ragione, Sandra Fontana Semerano, Mary Grassenis, Salvatore Ligios, Saverio Luzzi, Michele Milesi, Carlo Pozzi, Michele Robecchi, Ilaria Rossi Doria, Michele Tavola, Martina Valenti

Si ringraziano per le immaginiAurelio Candido, Carlo Curto, Nelly Dietzel, Laura Fantacuzzi, Nelson Kon, Luke Jerram,Michele Milesi, Davide Pagliarini, Thomas Reinhardt, Ilaria Rossi Doria, Gianfranco Rota, Valeria Scrilatti, Paolo Vandrasch, Massimo Minini,Galleria Ceribelli – Bergamo, Galleria Colombo – Milano, Galleria 1000eventi – Milano, Studio MMTT, Montasio Arte

StampaCTS GraficaVia Vito Vincenti, 23 Città di Castello - Perugiae-mail: [email protected]

©copyright 2009Edizioni Archos

È vietata la riproduzione totale o parziale del contenuto della rivista senza l’autorizzazione dell’Editore

editoriale

In copertina: Giovanni ChiaramonteCase sul mare. Trapani 1999 (dal volume Dolce è la luce, 2003)

Dolce è la luce. È una raccolta di immagini scattate da GiovanniChiaramonte nell’arco di diversianni e riuniti in un progettoambizioso che ha visto la luce nel 2003. La luce, appunto, comeguida per l’uomo contemporaneo,stretto tra l’ansia di liberarsi dalla responsabilità di appartenereal mondo e il desiderio di partecipare da protagonista al destino dell’umanità. Il paesaggio diventa il luogo dovequesto conflitto si alimenta e si rappresenta, con tutta la forzae l’ambiguità del drammadell’esistenza. Nella segretaconsapevolezza che il cuore e la luce sono le guide che segnanoil cammino spirituale e fisico.

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l’uomo può fare a un altro uomo è privarlo della libertàe della vista del paesaggio.È il paesaggio il tema portante di questo numero di Art App.Paesaggio inteso non solo come panorama - pan “tutto”,horama “vista” – ma come mondo inevitabilmenteinteriore, sempre d’invenzione perché mediato dalla cultura dell’osservatore o da chi lo riproduce, mai oggettivamente naturale. Ancora una volta forse,come ritengono molti antropologi, conseguenzadell’innato desiderio dell’uomo di esercitare azioni di possesso sulle cose e sullo spazio.Il paesaggio rappresentato nella pittura, nella letteratura,nel cinema, subisce nella storia dell’uomo variazioni che l’uomo stesso gli attribuisce nelle differenticircostanze e nei differenti luoghi attraverso esperienzesensoriali dipendenti da una storia individuale e collettiva.L’architettura è nata per abitare la natura, così il paesaggio per l’uomo è sempre frutto di un lavoroprogettuale nella natura con la natura, anche se il termine più usato è quello di “invenzione”.Questo molto tempo prima della presenza (nel paesaggio rappresentato) dell’uomo, della suaagricoltura e dei suoi edifici. ●aa

chi è | Gianfranco Ferroni

Per Gianfranco Ferroni l’arte è semprestata una scelta sofferta, un percorsointeriore portato avanti contro idesideri della famiglia d’origine evissuto in solitudine negli ultimi anni aBergamo, dove morì nel 2001. Nato aLivorno nel 1927, dopo un’infanziatrascorsa nelle Marche, arrivò a Milanonei primi anni del dopoguerra, doveincontrò il gruppo di pittori - Ceretti,Romagnoni, Guerreschi, Vaglieri - che siraccoglieva nei locali di Brera e chefurono suoi compagni nella nascita delmovimento del “realismo esistenziale”.Le prime mostre risalgono alla metàdegli anni ’50 e gli procurarono unimportante riconoscimento allaBiennale di Venezia del 1968. Dopo unprimo periodo colorato di una venapolitico-sociale, i suoi dipinti riflettonouno spazio più interiore, spesso quellodel suo studio, popolato di oggetti,della presenza/assenza dello stessoartista e soprattutto della luce cheesalta i particolari più insignificanti.

Oggi la figura di Ferroni uomo e artistaci viene restituita dal libro La lucedell’ateo, uscito nel 2009 per i tascabiliBompiani con prefazione e cura diAntonio Gnoli, giornalista diRepubblica. In meno di 200 pagine sonoraccolti i suoi scritti, per lo piùgiovanili, che comprendono riflessionifilosofiche, brevi squarci di vita, ritratti,lettere e poesie, oltre a una selezione diimmagini che vanno dai primi quadri aolio degli anni ’50-’60 a una serie difotografie degli anni ’80-’90.

AutoreGianfrancoFerroniTitolo “Studio”1970 circaTecnica olio su telaMisure cm82x97

AutoreGianfranco

FerroniTitolo " Lagod'Orta" 1984

Tecnica pastellisu cartoncino

Misurecm25,5x23,5

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Il paesaggio perturbato

di Saverio Luzzi

fotografie di Davide Pagliarini

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L’uomo modifica il paesaggio a seconda delle sue esigenze,

ma a sua volta il paesaggiocondiziona il modo di abitare e di relazionarsi con gli altri

e con il territorio.

La crescente antropizzazione del paesaggio avvenuta nel XXsecolo ha cambiato il profilo

del nostro paese, spesso senzariguardo ai valori dell’ambiente

e della convivenza sociale

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“La cosa più abbondante sulla Terra è il paesaggio. Anche se tuttoil resto manca, di paesaggio ce n’è sempre stato d’avanzo”.

Così José Saramago inizia il suo romanzo Una terrachiamata Alentejo (1980), vera e propria saga dei vintiambientata nel Portogallo latifondista dall’inizio del XX

secolo alla Rivoluzione del Garofani. L’affermazione delloscrittore lusitano è giusta: enorme, sconfinato, frastagliato,racchiuso, il paesaggio si presenta all’occhio dell’osservatore indecine e decine di modi, ognuno dei quali colpisce per unmotivo diverso. Tuttavia, vi è una costante che unisce gli scorcipaesaggistici di una nazione come l’Italia: in un paese come ilnostro, infatti, in sostanza non esistono paesaggi che nonsiano marcatamente antropizzati e il processo dimodellamento ambientale posto in essere dall’uomo affonda lesue origini in epoche remote. Nel suo Storia della natura d’Italia(Editori Riuniti, 2001), Fulco Pratesi ricorda che sette oottomila anni fa la penisola italiana era un’unica e fittissimaboscaglia dalla quale emergevano solo le falesie rocciose e levette al di sopra dei duemila metri di altitudine. Solo l’avventodi civiltà via via più avanzate provocò l’inizio dei disboscamenti,i quali raggiunsero il loro apice in epoca romana.

Ma l’antropizzazione del paesaggio (e, più in generale, lasottomissione dell’ambiente all’uomo) ha raggiunto ritmi emodalità vertiginose nel XX secolo, come evidenzia JohnMcNeill nel suo Qualcosa di nuovo sotto il sole (Einaudi, 2006),in conseguenza della grande accelerazione capitalistico-industriale. Quest’ultima ha comportato la realizzazione difabbriche e capannoni, abitazioni, strade e opere varie diinfrastrutturazione, dando il via a una trasformazione radicaledegli scenari naturali terrestri. In ogni caso, mai il paesaggio èstato un elemento solo e semplicemente naturale: al contrario,esso ha sempre rappresentato e rappresenta la risultante

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Contrada Alcerito(Vittoria), 2006

Rimesse agricole e ricoveri

per gli attrezzi,riadattati

ad abitazionitemporanee

per bracciantiimmigrati

chi è | Saverio LuzziNato a Terni, ha conseguito la laureain Lettere e il Dottorato di Ricerca inStoria Moderna e Contemporaneapresso l’Università La Sapienza diRoma. Dopo il saggio Salute e sanitànell’Italia repubblicana (Donzelli,2004), ha pubblicato Il virus delBenessere (Laterza, 2009), in cuiallarga l’indagine al rapporto conl’ambiente e a quello tra sviluppo einquinamento, ripercorrendo gliultimi cinquant’anni di storia italianae di politiche ambientali conricchezza di dati, spunti di riflessionee citazioni di opere sia saggisticheche letterarie.

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dell’interazione tra la natura stessa e la storia, tra gli elementioriginari e il modo di rapportarsi ad essi da parte dell’uomo alfine di soddisfare le sue necessità primarie: produrre cibo,abitare, difendersi.

In Una terra chiamata Alentejo, Saramago afferma un’altraverità: “si sa che i paesaggi muoiono perché li ammazzano, nonperché si suicidano”. In Italia non sempre la qualitàdell’antropizzazione ha salvaguardato la bellezza delpaesaggio: su la Repubblica del 13 agosto 2009, Paolo Rumizdescrive la febbre edilizia che da anni investe la Calabria e cheha dato luogo allo sdoppiamento dei vecchi centri collinari, iquali hanno visto sorgere i loro alter ego sulle coste ionica etirrenica, in un trionfo di speculazione edilizia, abusivismo einvestimenti di denaro da parte delle ‘ndrine locali (si trattadegli stessi paesaggi mostrati da Gianni Amelio nel film Il ladrodi bambini). Quella di Rumiz è solo l’ultima testimonianza inmerito alle devastazioni edilizie in Italia. Il primo librodenuncia sotto questo profilo è stato I vandali in casa diAntonio Cederna, pubblicato nel 1956 da Laterza, e dopo diesso si sono susseguiti lavori volti a mettere in risalto lacrescita sregolata del patrimonio abitativo italiano, tra i quali èdoveroso ricordare quelli di Italo Insolera e di AlbertoCaracciolo. D’altronde, lo sviluppo economico italiano deldopoguerra si è basato su pochi cardini: produzioni a bassovalore aggiunto, salari contenuti e un’attività edilizia sfrenata epriva di un’adeguata regolamentazione normativa (bastipensare all’affossamento del progetto di riforma urbanisticapresentato da Fiorentino Sullo alla fine della III Legislatura).

Nel suo L’Italia maltrattata (Laterza, 2003), Francesco Erbani hasostenuto che i nove decimi degli immobili presenti nel nostropaese sono stati edificati nell’ultimo mezzo secolo, a fronte diun incremento di popolazione che, tra il 1951 ed il 2001, non

“si sa che i paesaggi muoiono perch�

li ammazzano,non perch�

si suicidano” José Saramago

Marina di Acate(Acate), 2006

L'area costieraospita alcuniinsediamenti

informali,costituiti

da seconde e terze case,

abitate in prevalenza

in estate

Marina di Acate(Acate), 2006Ai margini degliinsediamentil’incompiutezzadei manufattidiviene piùmarcata, confronti posterioriessenziali edisadorni

ContradaAlcerito(Vittoria), 2006Dei 28.000pozzi di prelievoidrico, circa3.000 sonoabusivi,costruiti vicinoal mare e al difuori delle areeirrigueconsortili

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ha superato il 20%. Non a caso, i dati sul consumo di suolosono allarmanti: secondo Legambiente, in Lombardia ognigiorno vengono cementificati o asfaltati circa 103.000 m2 diterreno, che diventano circa 200.000 se si prende inconsiderazione l’intera pianura Padana. Dal canto suo, MariaCristina Treu, vice presidentessa della Fondazione delPolitecnico di Milano, afferma che negli ultimi anni in tuttaItalia le costruzioni avrebbero sottratto 2.800.000 ettari diterreno alle attività agricole.

Tutto questo risulta un elemento di perturbazione delpaesaggio. Fermo restando che non tutto ciò che è statoedificato è inutile o di pessima qualità (al contrario, piani diedilizia popolare come fu l’Ina-casa voluta da Amintore Fanfanirappresentano pagine meritorie della storia del nostro paese),va riconosciuto come una parte significativa del patrimonioimmobiliare realizzato nel dopoguerra si integri poco e malecon la natura, sia perché realizzato in economia e con criterispeculativi (si pensi a molti dei quartieri periferici delle nostrecittà più grandi), sia perché in Italia l’abusivismo ediliziorappresenta un fenomeno di proporzioni colossali, favorito dalricorso alla politica dei condoni edilizi (secondo dati fornitidall’Agenzia del Territorio e riferiti da Il Sole 24 Ore nel gennaio2009, un milione e mezzo di particelle catastali italianecontengono fabbricati non denunciati, e il dato è incompletopoiché la mappatura riguarda solo il 75% del territorionazionale). Negli ultimi anni, poi, il paesaggio italiano staconoscendo una nuova forma di alterazione, quella derivantedallo sprawl (o città diffusa), vale a dire lo sviluppo orizzontaledelle aree metropolitane, anche di dimensioni nonparticolarmente rilevanti. Lo sprawl, di cui la diffusione dellecosiddette villettopoli è forse il massimo emblema, implica unelevato consumo di aree verdi e, visto che le abitazioni sorgonosempre più lontane dai luoghi di lavoro, anche un incremento

del traffico automobilistico. Non solo: esso comporta lacreazione di case del tutto isolate tra loro, prive di centriaggregativi (siano essi le piazze, le chiese, i circoli, i negozi) equindi castranti sotto il profilo della relazionalità. Lo sprawl èal contempo causa ed effetto di quell’alienazione socialeperseguita attraverso il sezionamento delle attività umane e lazonizzazione delle città di cui Edoardo Milesi ha parlato nel suoeditoriale Public art pubblicato nel n°1 di questa rivista.

L’uomo chiuso ed estrapolato dal contesto sociale: questa è latendenza che pare delinearsi osservando le più recentimodificazioni del paesaggio italiano. Per averne una confermabasta percorrere il tratto emiliano-lombardo dell’A1: chi sidirige verso nord, troverà il lato destro completamente chiusodalla ferrovia, recentemente adeguata alle esigenze dellacosiddetta Alta velocità e trasformatasi in una barrieraartificiale in cemento armato che impedisce la visuale delpaesaggio agricolo della pianura Padana: i suoi cascinali, le suecoltivazioni, e quindi la sua storia, il suo tessuto economicosono preclusi alla visuale dell’automobilista, il quale perchilometri e chilometri si ritrova estraniato e collocato in unennesimo non-luogo (uno dei tanti della nostra vita)monodimensionale in cui conta solo l’aspetto produttivo-monetario (recarsi il prima possibile al luogo di lavoro) e in cuiogni prospettiva di riflessione mediante l’osservazione èritenuta non solo inutile, ma dannosa in quanto anti-economica perdita di tempo. Alcune dinamiche fondanti dellasocietà contemporanea come lo schiacciamento dell’esistenzaumana sulla dimensione puramente economica, la cosiddettafast life e la compartimentazione del nostro quotidiano siriflettono anche sul rapporto tra uomo e paesaggio. Forse, proprio un’analisi attenta di quest’ultimo potrebbefarci comprendere le distorsioni del nostro modello sociale eaiutarci a correggerle. ●aa

Punta Braccetto(Ragusa), 2008

Gli insediamentiappaiono fin dal

principioestranei e

indifferenti araggiungereun'identità

urbanacompiuta

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chi è | Davide PagliariniNato nel 1976, si è laureato in Architettura alPolitecnico di Milano, dove è docente acontratto di Progettazione Architettonica. Dal1994 utilizza il mezzo fotografico perdocumentare le sue indagini sull’ambiente chenel 2002 l’hanno portato a fondare illaboratorio new landscapes con sede a Seriate(Bg). Al centro del progetto una mappaturadel territorio costiero tra Gela e Ragusa, che siconcentra sul rapporto tra uomo e ambiente esulle trasformazioni in atto, con un lavoro sulcampo che ha prodotto ricerche fotografiche eprogetti di architettura. È autore del libro Ilpaesaggio invisibile - Dispositivi minimi dineo-colonizzazione, Librìa, 2008, ordinabilepresso il sito di new landscapes, che raccogliei risultati di una ricerca sull’abusivismoedilizio nella fascia costiera della Sicilia sud-orientale, finalizzata al recupero di unpatrimonio abbandonato nella prospettiva dinuove economie sostenibili.http://www.ilpaesaggioinvisibile.org/

Marina di Acate(Acate), 2008Si assiste tuttaviaa un cicloperenne che vederiattivarsiall'inizio di ognistagione erbepioniere e arbusti

Costa Fenicia(Vittoria), 2006Più che a una città si è di fronte a un allineamento di case, disposteperpendicolarmentealla costa secondouno schema ripetitivo

la cosiddetta fast life e la compartimentazione

del nostro quotidiano si riflettono anche

sul rapporto tra uomo e paesaggio

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Nuovi paesaggi tropicali

architettura

L’architettura contemporanea ha ricevuto i suoi piùimportanti stimoli a modificarsi, a lasciare unastraniante internazionalità modernista, buona per

tutti i climi e tutte le latitudini, a partire da un diversorapporto con il paesaggio, come indicato dall’insegnamentodegli artisti che si sono sporcati le mani con la terra,personaggi come Christo o Robert Smithson, protagonistidella cosiddetta land-art.Già Le Corbusier, a contatto con il Punjab, mette a reagire lesue architetture plasmate nel cemento armato con un clima,delle abitudini, delle fedi totalmente altre rispetto allapretesa centralità europea: il progetto per Chandigarh sicostruirà a partire dalla redazione di una grille climatique chedeterminerà la giacitura degli edifici, la decisiva presenza egli orientamenti dei brise-soleil, molteplici sistemi diareazione naturale.Bio-architettura ante-litteram o semplicemente architettura,come già negli insegnamenti di Vitruvio o di Leon BattistaAlberti.Qualcosa del genere sarebbe accaduto dall’altro lato delmondo in America Latina, in quel Brasile che dopo la visita di

Corbu vede nascere un’architettura indubbiamente modernama profondamente radicata in un contesto paesaggisticotropicale.Invece di una presentazione “storica” del lavoro dei maestrifondatori dell’architettura brasiliana (ma si parla di storierecenti e talvolta contemporanee grazie alla longevità diOscar Niemeyer e al prestigio rivestito dal premio Pritzker – ilcosiddetto Nobel dell’Architettura – conferito a PauloMendez da Rocha qualche anno fa), si vuole presentare illavoro di giovani progettisti attualmente operanti,riconoscendone le appartenenze culturali.

Per un’intera giovane generazione, studiare nella facoltàpaulista progettata da Villanova Artigas significa “sentire”questa presenza forte; la sua architettura e il rapporto diquesta con la politica propongono una decisa linea diricerca, riassumibile in uno slogan: “È necessario fare cantareil punto di appoggio” (Auguste Perret).Questo imperativo è rintracciabile tra i temi fondativi dellearchitetture di Milton Braga (studio MMBB), soprattutto nellecase unifamiliari: la questione strutturale è interpretata

I progetti brasiliani .dello studio MMBB .ridisegnano .il rapporto tra città .e paesaggio legando la lezione .del razionalismo .europeo .a una sensibilità .per i luoghi .

“è necessario fare cantare il punto di appoggio”

Auguste Perret

di Carlo Pozzi

fotografie di Nelson Kon

ResidenzaMariante,

veduta notturna

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come una risposta miesiana per non contaminare il rapportotra paesaggio e architettura, lasciandoli dialogare in modoautonomo con delicati contatti.Lavorare all’inizio della professione di architetto con PauloMendez da Rocha significa ricevere lezioni sul campo digeometria asciutta e di cemento armato a vista da uncontinuatore del moderno in chiave tropicale, rigoroso elontano dai virtuosismi scultorei e sensuali di Niemeyer,architetto anti-star per antonomasia, che ho visto svolgerecon totale semplicità il ruolo di tutor (a settant’anni!) nelseminario di Montevideo di dieci anni fa in cui proponeva unnuovo rapporto della città con il paesaggio attraverso ilridisegno della baia portuale con chiari e precisi segni digeometrie elementari.Come Mendez, Milton prosegue la grande lezione delRazionalismo attingendo senza mitizzazioni sia da LeCorbusier (il béton brût de La Tourette) che da Mies van derRohe (la fluidità dello spazio interno e lo sguardo pienoverso la vallata dello Spielberg di casa Tugendhat).La ricerca sul campo dello studio MMBB si applica al rapportodeterminante tra architettura e paesaggio, tramite un uso

mirato della struttura dell’edificio che utilizza effetti disospensione di prismi residenziali nel paesaggio e per ilpaesaggio per far “cantare il punto di appoggio”: una ricercaperseguita da altri giovani latino americani, come Klotz eAravena.Sono semplici case unifamiliari in cui Braga sperimentasoluzioni strutturali per far librare l’edificio sul terreno, conun giusto contrappunto di sottili serramenti e grandi

Per un’intera generazione, studiare nella facoltà paolista progettata da Villanova Artigas

significa “sentire” questa presenza forte

ResidenzaMariante,interno delliving room

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Foto di Nelson Kon

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direzione di un ridisegno paesaggistico alla scalametropolitana; poi ancora progetti con Mendez per alcuniterminal autobus e dei soli MMBB per il Garage Trianon.Le analisi messe in campo muovono da L’Architettura della Cittàdi Aldo Rossi attraversando tutto il percorso che porta da LeCorbusier a Rem Koolhaas, via Virilio (mappa TGV dell’Europadeformata) e Augé: sono accompagnate da fotografie criticheda viaggiatore alla Chatwin e non da turista distratto emodaiolo. Il paesaggio diventa così grande protagonista di un progettodi architettura che non concede grandi rinunce, ma lofronteggia senza invasioni, con disciplina e artisticità.

Piuttosto che cedere alle lusinghe delle sirene dalle formesensuali delle architetture di Niemeyer, l’architettura latino-americana più recente incrocia l’eredità del razionalismoeuropeo, delle architetture che hanno costruito nel ‘900 ilcentro di città come San Paolo e Montevideo, con suggestionidovute a una nuova cultura dei luoghi, a un’interpretazione delpaesaggio, al giustapporsi dei materiali, all’uso di tecnichecontemporanee.

Il risultato non è un altro sradicato “International Style” o perconverso un Regionalismo critico (Frampton), ma una nuovamodernità attenta ai siti che finalmente ha messo radici in unaterra fertile e giovane e che si appresta a dare ancor di più buonifrutti, dall’identità connotata da molteplici culture popolari incerca di riscatto, a malapena sintetizzabili nella PedagogiaPopolare di Paulo Freire nella Teologia della Liberazione di DomHelder Camara e Leonardo Boff, nel Tropicalismo musicale diCaetano Veloso e Gilberto Gil. ●aa

superfici vetrate, con l’accostamento accurato di elementiminori e di materiali diversi (Souto de Moura nelle case diAlcanena e di Bom-Jesus).Nella residenza della fazenda S. Rita l’architettura è esplorataattraverso due muri di pietra e una piattaforma, lavorando sutipologie molto allungate (che ricordano di nuovo Souto maanche il primo Libera); la residenza Mariante ad Aldeia nellaSerra è riducibile a due solai cassettonati e quattro pilastri(Mendez, Lina Bo Bardi del Masp); villa Romana a Ribeirão Pretoè una scatola sospesa fatta da pareti di cemento o di vetro.

La ricerca prosegue nella scuola con una tesi di dottorato sulruolo delle infrastrutture nelle trasformazioni urbane: tema cheimmediatamente riporta alla memoria gli interessanti esiti dellaricerca INFRA sul rapporto tra architettura, paesaggio einsediamenti, svolta pochi anni fa con il coordinamento di diecifacoltà di architettura italiane.

Milton utilizza nella stesura della tesi una forma di “trattatismo”che fa pensare ai Quattro Libri del Palladio ma anche a Vers unearchitecture di Le Corbusier: contamina e intreccia - in Brasiletutto è mixturado (mescolato) - la ricerca applicata alle areemetropolitane di San Paolo, Parigi, Chicago, Bogotà (metròTransMilenio) con suoi progetti che vanno dalla passerellacoperta del progetto per Coimbra alla grande scala urbana dellanuova sistemazione del Barrio Nuovo in Agua Branca presso ilrio Tiête a San Paolo (una sorta di Città Proibita perimetrata daun grande bacino d’acqua che è un quadrato perfetto).

Ancora la secca geometria ordinatrice “alla Mendez” che tagliail nodo gordiano di ingarbugliamenti infrastrutturali, in

architettura

Sopra e foto grande a destra: Barrio Nuovo, i volumi residenziali

in rapporto con i bacini d’acqua

ResidenzaMariante,veduta esterna

la ricerca sul campodello studio MMBB

si applica al rapportodeterminante tra architettura

e paesaggio, tramiteun uso mirato della struttura dell’edificio

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chi è | Carlo PozziCarlo Pozzi, architetto, insegna Progettazione Architettonicapresso la facoltà di Architettura di Pescara, Università diChieti. È autore di diversi libri, tra cui Paride Pozzi architetto.La coerenza del mestiere (1921-1970), Dedalo 1985; Caromanuale. Pedagogie dell’architettura, Sala 1999; IbridazioniArchitettura/Natura, Meltemi 2003.

Villa Romana

Villa Romana,sezione

numero 2 Art|App 13

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numero 2 Art|App 15

In molte delle sue opere sono presenti dei

paesaggi; ma come fa a dipingere un paesaggio

un artista che lavora prevalentemente in

studio, lontano dal suo soggetto?

Con trepido distacco...? Non saprei, diciamo che i mieipaesaggi sono strettamente legati ai miei ricordi e allemie “preoccupazioni” più che ai canoni della bella“veduta”. Per molti anni ho dipinto solo interni; sono uscito“all’aperto”, per così dire, quando ho cominciato alavorare al tema dell’ Annunciazione, che per altro ètradizionalmente rappresentato al chiuso. Ma ciò che ame interessava restituire di questo importantissimotema della tradizione pittorica occidentale necessitavadi due sorgenti di luce che illuminassero un grandespazio. Da questa esigenza nacquero i miei orizzonticurvi alle cui estremità apparivano una luce fredda euna più calda. Quando poi, ormai uscito dagli interni,iniziai a dipingere paesaggi della memoria, paesaggiche per certi versi uno potrebbe definire simbolici, gliorizzonti curvi e lontani erano diventati una soluzioneformale adatta alle mie nuove esigenze.

Dice di non interessarsi alla bella veduta, ma i suoi

paesaggi sono molto lirici, quasi romantici.

Vero, forse questo dipende dal fatto che essendocresciuto a Viareggio, vicino al mare, nelle pinete chedelimitano la città, a due passi dal lago diMassaciuccoli e con le alpi Apuane sullo sfondo, ilpaesaggio lirico faceva comunque parte della miamemoria. Adesso poi vivo da oltre trent’anni in cima aun colle, Montigiano, che sovrasta questa meravigliosanatura, e quindi per tre mesi all’anno il mio sguardo siposa in continuazione sul bello. Senza parlare dellamia sovraespozione ai paesaggi di Claude Lorrain.

Malgrado questo per i suoi paesaggi si ispira spesso

alle cartoline.

Sì, è vero, lavoro da e su cartoline. Riconosco laperversione, purtroppo il confronto diretto colpaesaggio mi blocca. Preferisco la contemplazionediciamo passiva per poi lavorare tramite il ricordo o lasemplificazione che in qualche modo la cartolina,accuratamente selezionata, mi offre. C’è poi il miolavoro sulle cartoline che ha tutt’altre finalità ma siriallaccia felicemente ai miei sforzi quando affrontouna tela bianca con l’idea di dipingere un paesaggio.

Luke Elwes, in un recente catalogo sui suoi

paesaggi ha scritto “...la visione dall’alto favorisce

artelino mannocci

Un incontro con un.pittore..che, pur vivendo.a Londra..da oltre trent’anni,.. rivive con le suggestioni.. della memoria il legame.. con la sua terra.d’origine,..la provincia.di Lucca..

a cura di Elena Rossi

Cartolina da Viareggio

Viareggio, 2008-09Olio su tela (80x100 cm)

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un avvicinamento del passato al presente; i dipinti, che

agiscono attraverso il filtro della memoria, sono uno

strumento per collocare se stesso oltre una certa distesa di

tempo e di spazio. Questi dipinti hanno in sé un’evidente

quiete e vastità, in cui il recupero selettivo dei dettagli

della scena – la linea diagonale del canale, la barca a vela,

la statua – è lievemente disturbato da ciò che è transitorio

e da una fisicità elementare, le colonne di fumo, la terra

asciutta e il vapore acqueo”.

Che cosa ne pensa di questa lettura?

Trovo sempre consolatorie le letture altrui, anche quandodivergono dalle mie intenzioni iniziali, dato che in qualchemodo ti offrono l’illusione di aver comunque raggiunto unqualche risultato. Diciamo che mi riconosco nel fatto che imiei paesaggi guardano al vero per rappresentare altro, unostato d’animo o un’idea.

Molti dei suoi dipinti hanno titoli semplici: Annuncio, Mare-muro, Viareggio… ma mi ha colpito che alcuni hanno invece

dei titoli che sembrano un intero romanzo. Mi può dire come

nascono opere come Il corpo celeste di cui qui si discorre è diesistenza improbabile o quanto meno ipotetica? o “La nuvolaè qui”, disse accendendo un fiammifero, “Qui ed ora” ribadìquando il fiammifero si spense?Il titolo arriva alla fine, a quadro ultimato, anzi per essereprecisi, solo quando il quadro sta per uscire dallo studio peraffrontare il mondo. A quel punto gli dò un nome, è vero, avolte piuttosto lungo. Da alcuni anni trascrivo su di un piccoloquaderno alcuni incipit dei libri che leggo o frasi di saggi epoesie che hanno su di me un impatto emotivo. Prima di una

Mi riconosco nel fatto che i miei paesaggiguardano al vero per rappresentare altro, unostato d’animo o un’idea

Mare-Muro con figura(Sea-Wall with Figure), 2000Olio su tela (30x 40 cm)

Mare-Muro con nuvola(Sea-Wall with Cloud), 2007

Olio su tela, (50 x 50 cm)

Mare-Muro(Sea-Wall9, 1998-99

Olio su tela (100 x 100 cm)

intervistelino mannocci

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Considero il titoloun percorso paralleloche però in qualchemaniera, quando funziona, si sposa perfettamente,con il quadro in questione

Smoke (con nuvole ecavaliere)(Smoke [with Cloud andKnight], 2000-3Olio su tela (50 x 60 cm)

Cavaliere Rosso(Red knight), 2000Olio su tela (40 x 40 cm)

chi è | Lino MannocciNato a Viareggio (Lu) nel 1945, vive elavora tra Londra e Montigiano (Lu).Alla fine degli anni ’70 risalgono iprimi lavori su vecchie cartolinepostali, che ricopre parzialmente dicolori a olio mettendo in evidenzaalcuni particolari. Dagli anni ’80 a oggi le sue opere sonostate esposte in numerose gallerie inItalia e all’estero e fanno parte dellecollezioni di prestigiosi musei come ilBritish Museum di Londra e l’AltonaerMuseum di Amburgo. La mostra Lino Mannocci: Sea, Sky,Smoke presso il Mead Art Museum di Amherst (Massachusetts) sarà aperta al pubblico fino al 3 gennaio 2010.

“La nuvola è qui, oggi,tra cielo e mare, domani,i colori delle Apuane”.

Il sole slpendeva non avendo altra alternativa, sul niente di nuovo. (The sun shone not having another alternative, on nothing to report, 2004. Olio su tela (40 x 30 cm)

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Let there besmoke, 2001

Olio su tela (80x 80 cm)

mostra mi circondo dei quadri da titolare, tiro fuori il quadernoe inizio a mettere insieme parole e immagini. Non seguo uncriterio fisso, anzi proprio non c’è criterio. Considero il titoloun percorso parallelo che però in qualche maniera, quandofunziona, si sposa perfettamente con il quadro in questione.Spesso è un mistero perché funzioni, come del resto lo sonotante coppie felici legate da un matrimonio in cui sono piùapparenti le contraddizioni che non le somiglianze. Diciamo cheormai per me è diventato un gioco serioso e misterioso.

In una recente intervista per il Mead Art Museum, dove

espone un gruppo di suoi lavori, Elisabeth Barker le ha

chiesto se è vero che i suoi paesaggi della memoria fanno

parte di un processo di rivisitazione e riavvicinamento

all’Italia e in particolare alle sue radici. Conferma questo

desiderio?

È un luogo comune che col passare degli anni si fa più forte ilrichiamo delle proprie radici e sicuramente anch’io sonocondizionato da questa pulsione, ma non si tratta di nostalgia.È un desiderio di riappropriarmi in maniera più profonda diqualcosa che era ed è inesorabilmente mio, come lo sono igenitori, i compagni d’infanzia e così via.

Nella stessa intervista afferma anche che non le piace usare

il verde; continuerà comunque a dipingere paesaggi?

Penso proprio di sì, per certi versi ho appena cominciato. Devoancora dipingere Montigiano e il paesaggio che da lì guardaverso il monte. Con un minimo di accorgimenti dovrei riuscire astare lontano dal verde; le Alpi Apuane offrono una splendidagamma di blu e di grigi. ●aa

Piccola Conturbatio(Little “Contributatio”,or Disquiet), 2000Olio su tela (40 x 40cm)

Ganimede, 2003Olio su tela (100 x 100cm)

intervistelino mannocci

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Smoke, clouds andfigure, 2009Olio su tela (60 x 80cm)

Boschetto (Grove), 2007Olio su tela (40 x 40 cm)

Tutte le opere riprodottein questo serviziofanno parte dell’esposizionepresso il Mead Art Museum di Amherst, Massachusetts.È la prima volta che il lavorodi Mannocci viene presentatonegli Stati Uniti

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“ Esistono giardini, grandi come interi isolati o piccoli comeun’aiuola, che nascono grazie all’iniziativa di gruppi e disingoli cittadini, spinti dal desiderio e dal bisogno di ridarevita a zone degradate della metropoli, trascurate dal corsodegli interessi del momento e lasciate in stato di abbandono.”

M ichela Pasquali, nel suo libro sui Giardini diManhattan (2008) li descrive come un “Esempiostraordinario di verde urbano nascosto e inedito, li si

potrebbe definire (…) soprattutto precari, marginali, anonimi,vernacolari. Precari perché instabili e di incerta durata,mutano e si evolvono nel corso del tempo, prodotto di bricoleurche agiscono, naturalmente, all’insegna dell’improvvisazione,senza i mezzi e le conoscenze adeguate”. Questi giardinicaratterizzati dalla spontaneità sono luoghi fruttuosi diincontro e di scambio dove non si compra e non si consuma

Resistenzaverde

ambiente

paes

aggi

met

ropo

litan

i

La passione per il “Giardinaggio d’assaltoo selvaggio” in Italia cresce per operadi gruppi Guerrilla Gardening e da tre anni a questa parte si è organizzato in una retedal nome significativo di Critical Garden

di Ilaria Rossi Doriacon la consulenza di Michela Pasquali e Nora Bortolotti

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Ilaria Rossi Doriaarchitetto e paesaggista,vive e lavora a Roma

vacant lots in giardini e orti puliti e sicuri. Alla base di questimovimenti collettivi c’è inizialmente la carica ambientalistae politica del tempo che ha già insiti risvolti visionari in cuiarte, ecologia e cultura giocano ruoli primari. Oggi, insiemealle altre componenti, vengono riconosciuti anche valori ditipo paesaggistico e ambientale.

La passione per il “giardinaggio d’assalto” o “selvaggio” inItalia cresce per opera di gruppi guerrilla gardening e da treanni a questa parte si è organizzata in una rete dal nomesignificativo di Critical Garden. Critical Garden condivide unapproccio alla città come esigenza collettiva di restituire allospazio pubblico la sua funzione naturale di centro diaggregazione, di luogo catalizzatore di attività di grupposull’esempio di Critical Mass, movimento sociale noto epartecipato in tutto il mondo che ha come protagonisti

Guerrilla Gardening è un movimento.democratico che si oppone attivamente.al degrado urbano, intervenendo.con attacchi a sorpresa sugli spazi.vuoti trascurati e incolti.

ma si “coltiva”, dove coltura e cultura ritrovano la lororadice comune con processi creativi estremamente liberi,spesso ricchi di un forte potenziale artistico. Ma sonoanche luoghi da osservare, semplicemente lasciatiall’opera delle erbe spontanee.Questo fenomeno è il risultato della reazione alle grandicittà come luoghi “del consumo globale, (… ) vetrine di unbenessere sempre più normativizzato” (F. la Cecla, 2008),alla ricerca di spazi vuoti, marginali, aree dimenticate,vere e proprie “crepe” nel tessuto costruito, per stabiliredelle forme di “resistenza urbana”. L’uso del verde e delle attività di giardinaggio come“resistenza urbana” nasce negli anni ‘70 negli Stati Uniticome evoluzione di molteplici movimenti, a partire daiCommunity Gardens ottocenteschi, con l’obiettivo direndere più vivibile la città attraverso la conversione di

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Sintesi del manuale abusivo (tratto da Critical Garden)1. Individuate un terreno abbandonato nella vostra zona.Sceglietene uno vicino a casa e adottatelo; sarà molto piùfacile prendersene cura.

2. Pianificate la vostra missione. Scegliete un giorno,invitate amici o degli sconosciuti che condividono le vostreidee annunciando l’attacco sul sito www.criticalgarden.com

3. Trovate un fornitore locale di piante a buon mercato ochiedetele gratis a un vivaio o a un amico con un giardino.Pensate a questi luoghi come a dei campi di addestramentoper la grande avventura del crescere nel selvaggio suolopubblico. Se vi avanza del materiale rendetelo disponibilead altri mettendo un avviso nella pagina web.

4. Scegliete le piante per la battaglia in prima linea.Pensate a piante robuste – in grado di resistere allamancanza di acqua e al freddo e di essere calpestate daipassanti! Per buona parte del tempo queste piante devonosaper badare a se stesse. Pensate a un impatto visivo inmodo che le piante creino un’area verde per buona partedell’anno.

5. Procuratevi dei sacchi di plastica: vi aiutano a nonsporcare le scarpe e sono essenziali per eliminare i detriti.

6. Innaffiate regolarmente. Il Critical Gardener di solito siporta dietro l’acqua per innaffiare.

7. Bombe di semi. Per le aree ad accesso difficile o dove non èpossibile scavare, utilizzate una “bomba di semi”. Le istruzionisono state scritte nel 1973 dal New York’s Green Guerrillas.

8. Passate parola. Fate sapere cosa avete fatto. Cercate diparlarne con i passanti. Accogliete con favore stampa emedia locali.

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“ricchi” degli ambienti cheseparano.La vegetazione urbana èquindi in quest’otticaoggetto di studi, vieneosservata, salvaguardata eimitata, con la volontà disuperare il concettodominante di un verdeurbano standardizzato, diabbellimento o arredo,recintato e ad altamanutenzione, che sicontrappone al verdespontaneo considerato“erbaccia”, “infestante”,“parassita”.Oltre a suggerire una “nuovaestetica” del verde,l’obiettivo dei “guerriglieriverdi” e di tutti coloro che sioccupano di verde nellecittà, è quello di stimolareun dibattito su questioniurbane urgenti e vere eproprie strategie d’uso dellospazio pubblico, tra cui perprima la valorizzazione e lamoltiplicazione degli spazicollettivi e delle occasioni dipartecipazione. Non trascurabili sono inoltrei risvolti che deriverebbero da questo approccio sullariduzione dei problemi di sicurezza, con la moltiplicazione dispazi per la socialità e modalità di autogestione, e dei costidi gestione del verde pubblico grazie alla scelta di piante,fiori e arbusti compatibili con le difficili condizioni urbane emeno bisognosi di manutenzione.

Ultima delle iniziative nella direzione di stimolare visioni eprospettive nuove nei confronti dello spazio pubblico in cittàè Giardiningiro (http://www.giardiningiro.it), lamanifestazione che si terrà tra il 9 e l’11 ottobre a Torino acui è collegato un concorso internazionale per la costruzionedi 20 giardini temporanei. ●aa

ciclisti e biciclette alla riconquista dello spazio urbano. Tra iprincipali movimenti si citano il pioniere Landgrab di Milanoe i 4Cantoni di Roma, mentre gruppi più ampi sono BadiliBadola di Torino e provincia e il collettivo Crepe Urbane diBologna, che è anche una rivista indipendente.La loro forza si fonda sulle possibilità offerte da internet conla diffusione di numerosi blog e siti collegati tra loro, dinotizie e informazioni live sulle azioni degli attivisti al fine distimolare la partecipazione e confrontarsi.

Si tratta dunque di un movimento molto sfaccettato,caratterizzato dalla spontaneità e dallo scambio, unfenomeno i cui risultati sono spesso “giardini senzagiardinieri” ma il cui valore è indiscutibile come occasioneper riflettere su una nuova e diversa concezione della naturae del verde urbano in un momento storico in cui, fa notareMichela Pasquali, si è verificato un letterale ribaltamentodelle condizioni del rapporto tra giardino e natura, dove oggiè la natura che dev’essere protetta e salvaguardata dalleattività umane urbane piuttosto che il contrario comeavveniva storicamente. Nuove tendenze progettuali, nell’ambito delle iniziativevolte al recupero dello spazio urbano collettivo,ripropongono l’approccio interdisciplinare dei Criticalgardens alla città e vedono il paesaggismo strettamentelegato all’urbanistica e all’architettura, ma anche all’arte eall’orticoltura, spazio “fertile” per una graduale presa dicoscienza ed elaborazione di criteri alternativinell’affrontare il tema degli spazi liberi, dei giardini e deipaesaggi urbani. Gli Atelier Le Balto, paesaggisti francesiche lavorano a Berlino propongono per esempio di“osservare la città con occhiali nuovi” e di trasformare ilconcetto storico di giardino, da giardino come meta agiardino come itinerario, percorso, processo, esperienza. Espressioni di questa ricerca sono progetti realmente “sitespecific”, spesso temporanei, flessibili e dimostrativi, di forteintensità espressiva, basati su materiali di recupero einterventi a basso costo. Protagonista di questi giardinicontemporanei è un nuovo concetto di verde fondato sullepiante spontanee, nate e cresciute autonomamente negliinterstizi del costruito, negli angoli dei marciapiedi, sulciglio delle strade, nelle aree abbandonate, nelle crepeurbane, che riacquistano dignità con il riconoscimento deiloro molteplici valori ecologici ed estetici oltre che sociali.

La metafora della “crepa” e della “crepa fertile” in ambitourbano è particolarmente calzante perché oltre a suggerirequelle aperte da forme di vita vegetali marginali e nonriconosciute, parla di quelle umane e sociali, che generanostorie di amicizia tra piante e persone e tra persone epersone. I margini vengono riconosciuti come spazi dove siincontrano e si mescolano le diversità, come luoghi più

Bibliografia

Atelier Le Balto, ARCHIPEL, L’arte di fare giardini,2008

Careri F., Walkscapes, Camminare come pratica estetica, 2006

De Giorgi N., Il giardino metropolitano. Analisi semiotica del movimento CriticalGarden. Tesi di laurea, Rel. Prof. M.P. Pozzato,Corso di laurea in Discipline semiotiche,Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, A.a. 2006/2007

De Giorgi N., 6 giugno 2009Secondo incontro nazionale di Critical Garden. Articolo, 2009, La Cecla F., in Pasquali M., cit.

Pasquali M., I giardini di Manhattan,Storie di Guerrilla Gardens, 2008

Trasi M., Zabiello A., Guerrilla Gardening, Manuale digiardinaggio e resistenza controil degrado urbano, 2009

Approfondimenti in rete:http://criticalgarden.netsons.org/wp/http://crepeurbane.noblogs.org/http://landgrab.noblogs.org/http://4cantoni.blogspot.com/http://badinibadola.ing.com/http://ww.greenguerillas.org/

La metafora della “crepa” in ambitourbano è particolarmente calzante perché,oltre a suggerire quelle aperte da forme di vita vegetali marginali e non riconosciute,parla di quelle umane e sociali

"Dove non sono firmate odell’autrice del testo, le foto sonotratte dai siti citati

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Il venditore di paesaggidi Salvatore Ligios

fotografia

Nel diario di Andrea Nunes Il venditore di paesaggi ilprotagonista ricorda alcuni episodi della suaadolescenza quando seguiva il padre, mercante di

carte, mappe e itinerari esotici, in giro per il mondo. Loincuriosivano le contrattazioni. Un rito sempre uguale e semprediverso. Prima venivano mostrate le carte incise da abiliartigiani del bulino, dove si vedevano animali fantastici maiconosciuti in quelle terre: rinoceronti coperti da bizzarrecorazze borchiate, uccelli gobbuti con code variopinte, piccoliunicorni alati. Poi si passava alle mappe geografiche:diafanorami di siti archeologici con curiose tracce di antichitàlontane. Infine venivano srotolate le vedute riprese dal palloneaerostatico: paesaggi inediti e affascinanti, città vere mai visteprima da quella prospettiva, estese vallate riprodotte inminiatura così ricche di dettagli da sembrare finte,inquadrature dinamiche che sfidavano la legge della

prospettiva, la natura immensa trasformata in spaziobidimensionale. Il fascino della nuova visione finiva per avere ilsopravvento e la vendita andava sempre a buon fine.Il racconto del mondo intorno a noi accompagna il camminodell’uomo e l’esercizio della sua rappresentazione testimoniala varietà di questo processo di conoscenza. L’idea dipaesaggio concentra su di sé molti di questi interrogativi. Lafotografia, arrivata dopo la letteratura e la pittura, entranell’agone e partecipa con passione al dibattito. La produzionecontemporanea è così estesa da rendere ardua qualsiasiclassificazione e l’orientamento scelto risulta semprearbitrario e viziato di incompletezza. In questa consapevolezzadel limite resta valida la pratica dell’esercizio dello sguardoper alimentare la sete di conoscenza. Nella presente occasionesi segnalano tre esempi, differenti tra loro per approcciodisciplinare, tecnica e cultura di riferimento.

Un fotografo attento alla naturae all’interazione con l’uomo racconta gli scatti di tre fotografiche guardano al paesaggio con sguardi diversi per sensibilità, cultura e generazione

di Salvatore Ligios

Nascosto: dal volume Nascosto in prospettiva (2007)© Giovanni Chiaramonte

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Giovanni Chiaramonte (1948), milanese diSicilia, formazione scolastica filosofica,imposta la rappresentazione del paesaggiolungo una riflessione che parte dagli anni ’60,avendo per compagni reali e ideali Paul Strand,Luigi Ghirri, Minor White, Paolo Monti, AndrejTarkovskij, Joel Meyerowitz, Wim Wenders. Ilsuo sguardo cerca di raccontare l’avventuradell’uomo e spesso scritti e riflessioni teorichesi accompagnano alle campagne fotografiche.“Nella mia esperienza – dice – l’immagine èpropriamente la coscienza che l’uomo ha dinon poter coincidere con la realtà della naturadata neppure con quella realtà che lui stessoè, nella consapevolezza della propria vita

come di una dimensione irriducibile allamorte.” Qui si segnalano alcuni scatti tratti dailibri fotografici Come un enigma_Venezia(2006) e Nascosto in prospettiva (2007).

Andrea Botto (1973), fotografo ligure, mettein campo una strategia all’apparenza semplicema in realtà particolarmente raffinata. Ilpaesaggio è rappresentato proprio facendoleva sulla dichiarata scientificità del mezzo cheproduce, come ama ripetere l’autore, unosguardo imperfetto. Realizza una serie difotografie dove la narrazione visiva sembracompiuta ma, a ben guardare, trasmette segnie codici che rimandano ad altro. La precisione

di un luogo, l’esaltazione di un dettaglio, dasoli non bastano a spiegare la visione. Losguardo dello spettatore diventafondamentale per svelare l’arcano, il saperedi chi legge la fotografia è condizioneindispensabile per poter entrare in relazionecon essa. Il fotografo non è interessato avendere verità preconfezionate ma sollecitauno sguardo di relazione, obbligatorio perentrare in dialogo con il paesaggiocontemporaneo che ci sta davanti. Leimmagini sono tratte da progetti apparsinegli ultimi anni: Paesaggi Instabili (2004),Goodbye, Alps! (2006), La stanza dellamemoria (2007).

Per Massimo Mastrorillo (1961), romanopiemontese, lo sguardo all’apparenzadistratto nasconde una rigida costruzionesintattica declinata su elementi formali esimbolici. La visione si alterna tra i campilunghi delle panoramiche esasperate e idettagli minimalisti in formato quadrato inun ritmo che ricorda, quasi sfidandolo, ilcodice binario che oggi si è impossessatodell’uomo contemporaneo. In questaarchitettura di relazione lo scatto singolo,perno centrale ed essenza della fotografia,prende forza proprio dall’apparentedebolezza di essere parte di una catena. Nelgioco della costruzione del racconto lavisione d’insieme manifesta la sua forzanarrativa e lo sguardo che si ferma su unsingolo fotogramma ritrova tutto il fascinodei segni trascritti sulla carta argentata. Leimmagini di Mastrorillo – qui si segnalanoquelle di The Lives of the Cities (2008) –manifestano l’essenza dello sguardo e dellacultura del suo tempo. La città-metropoli èlo scenario privilegiato per capire l’uomo,per riflettere sui grandi interrogativi dellavita, su quale futuro ci aspetta. Utilizzando,per questo viaggio, una semplice tramacomposta da due elementi all’apparenza inantitesi: la città e il paesaggio.

Aria Acqua.Palermo 2002,dal volumeDolce è la luce,2003© GiovanniChiaramonte

Venezia: dal volumeCome unenigmaVenezia, 2006© GiovanniChiaramonte

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Il racconto del mondo intorno a noiaccompagna il cammino dell’uomo e l’eserciziodella sua rappresentazione testimonia la varietà di questo processo di conoscenza

Rio Piscinas,Arbus (CA),

2007da "Atlante

Italiano 007-rischio

paesaggio"© andrea

botto

Diga artificiale del Lago Giovaretto, Alta Val Martello (Bz), 2006da “Goodye, Alps!” © andrea botto

Piani di Praglia, Genova, 2006 - da

“La stanza della memoria”© andrea botto

Monte Giogo, Comano (MS), 2007da “Atlante Italiano 007

rischio paesaggio” © andrea botto

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28 Art|App numero 2

chi èSalvatore Ligios

Nato nel 1949 a VillanovaMonteleone (SS), dovedirige lo spazio culturale perla fotografia Su Palatu, ècuratore della mostraannuale Menotrentuno,dedicata ai giovani fotografi.Fotografo egli stesso, hapubblicato diversi libri legatiall’identità della sua terra ealle sue tradizioni, tra cuialcuni volumi realizzatiinsieme a poeti sardi.

Su Palatu, Villanova Monteleone (SS),tel. 079 961005www.supalatu.itMenotrentuno

www.menotrentuno.it

Shangai © Massimo Mastrorillo/Grazia Neri

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numero 2 Art|App 29

Città-metropoli è lo scenario privilegiatoper capire l’uomo, per riflettere sui grandi interrogativi della vita, su quale futuroci aspetta

chi sono

Andrea BottoNato nel 1973 a Rapallo, vive e lavora nella cittànatale dopo aver studiato fotografia pressol’Istituto Europeo di Design di Torino. Attivo nelcampo della fotografia di architettura edocumentazione del territorio, collabora con entipubblici e agenzie pubblicitarie del centro-nordItalia. Nel 2002 ha partecipato al festivalinternazionale di fotografia Photo España, nellasezione Descubrimientos. Fa parte dell’ArchivioGiovani Autori della Fondazione Italiana per laFotografia di Torino. Ha esposto in mostrepersonali e collettive e alcune sue opere sonoconservate presso la Galleria Civica di Modena e laBibliothèque Nationale de France di Parigi.

Giovanni ChiaramonteNato a Varese nel 1948 da genitori di Gela, sitrasferisce successivamente a Milano, dove risiedeattualmente e insegna Drammaturgiadell’immagine allo IULM e a FORMA. Il suointeresse per il cinema e la fotografia nascedurante gli studi di filosofia alla fine degli anni ’60ed è segnato nel 1973 dall’incontro con LuigiGhirri e Carlo Quintavalle. Del 1974 è la primamostra personale, cui seguono numerose personalie collettive in Italia e all’estero. Insieme a LuigiGhirri è fondatore della casa editrice Punto eVirgola, poi assorbita da Jaka Book; oltre a questa,ha diretto diverse collane di fotografia perFederico Motta, S.E.I. e Meridiana. La suacollaborazione con riviste e istituzioniinternazionali sui temi del paesaggio e dell’abitaregli valgono nel 2005 la Laurea Honoris Causa inArchitettura conferita dall’Università di Palermo.

Massimo MastrorilloNato a Torino nel 1961, vive e lavora a Roma dopoessersi diplomato in fotografia presso l’IstitutoEuropeo di Design. Si occupa prevalentemente direportage geografico e sociale, lavorando aprogetti a lungo termine e collaborando connumerose testate italiane e straniere. I suoireportage gli hanno procurato diversiriconoscimenti internazionali, come il World PressPhoto e il Pictures of the Year International,entrambi del 2006. Dai lavori sulla diaspora kurdae sulla povertà in Mozambico sono usciti due libri(Kurdi, un popolo in esilio, Mazzotta 1999;Mozambico. Il futuro è possibile, LeonardoInternational 2003). È rappresentato dall’AgenziaGrazia Neri.

Las Vegas, laCittà Sottile. Avolte si hal'impressioneche il confinetra vero efalso siaincredibilmente sottile© MassimoMastrorillo/Grazia Neri

Dubai: unacittà diconfine tradue deserti,quello disabbia e ilmare del GolfoArabico© MassimoMastrorillo/Grazia Neri

Berlino:AlexanderPlatz© MassimoMastrorillo/Grazia Neri

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numero 2 Art|App 31

Andrea Mastrovito,quando l’arte

gioca con la naturadi Michele Robecchi

Che siano foreste misteriose che fanno da sfondo .a avventure oniriche, voli di farfalle di carta .

o fiori da giardino che escono dalle illustrazioni .di un’enciclopedia, la natura è una presenza costante .

nell’opera dell’artista bergamasco .

Assab One, Milano, Enciclopedia dei fiori da Giardino, 2009

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se talvolta misteriosa. Nei collage realizzatitra il 2002 e il 2006 è riproposta sottoformadi foresta ed è il teatro in cui l’artistaincontra personaggi come tigri, guerrieri,filosofi e soprattutto se stesso. La naturaselvaggia e labirintica in cui si avventural’alter-ego di Mastrovito diventa unametafora per le difficoltà e le tortuosità chesegnano il cammino esistenziale di unapersona, una specie di eden immaginificoche funziona come dimensione parallela incui confrontarsi con le proprie fantasie e leproprie ossessioni.In & Out of Life, la mostra presentata nelle

gallerie 1000eventi e Antonio Colombo nel2006, faceva un passo avanti, trasportando il

tutto su un piano tridimensionale. Neglispazi di Colombo, i già citati collage eranointegrati da una serie di piante sagomate checontribuivano a ricrearne parzialmentel’atmosfera variopinta e intricata, mentre inquelli di 1000eventi si vedevano 500 farfalledi carta appese alle pareti mentre laproiezione di un cacciatore animato cercavadi catturarle nell’oscurità.

Questa seconda parte, oltre a segnalarel’effettiva incomunicabilità tra immagine eoggetto, introduceva anche un altroelemento caratteristico del lavorodell’artista e cioè la ripetizione seriale mamanuale di un determinato motivo. Le 500

La natura ha sempre intrattenuto conl’arte un rapporto intenso e variabilenel corso dei secoli: musa ispiratrice e

osservatorio della realtà in nature morte epaesaggi, valore da riscoprire nell’epoca delfallimento della macchina tra le due guerre,fino a diventare oggetto delle più diverseinterpretazioni in epoca contemporanea. Daluogo di viaggi introspettivi per HamishFulton a tela macroscopica per Richard Long;da piattaforma di grandi interventi scultoreiper Robert Smithson a manifesto socio-politico per Joseph Beuys.

Per Andrea Mastrovito la natura è unconcetto presente in maniera costante anche

Questo è meglio, lamina d’oro ecollage, carta su tela e muro, 2006

La scuola di Atena (Dialogo sullaContingenza)collage su tela e muro, 2006

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In alto: Scorcio mostra In & Out Of Life, 2006

In & Out Of Lifeopera che ha dato il titoloall’intera mostra 2006

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numero 2 Art|App 33

Michele Robecchivive a Londra dove lavora come critico ecuratore. Ha diretto la rivista Contemporary(2005-07) e attualmente segue lepubblicazioni d’arte contemporanea perPhaidon Press. È autore di una monografia suSarah Lucas (Electa, 2007) e collabora condiverse riviste specializzate.

farfalle cartacee, così come le 3307fotocopie che hanno ricostruito gli spazidella galleria Analix Forever a Ginevra nel2007 o le 9317 che hanno ricreatofotogramma per fotogramma ilcortometraggio Frankenweenie (1984) di TimBurton (Nickelodeon, 2008), sono il risultatodi un grande sforzo produttivoimpressionante ma mai autocompiacente. Lamanualità è una presenza portante madiscreta; non mira a strappare boati distupore come certa pittura iperrealista, né arintanarsi nell’artigianalità tipica dellascultura più conservatrice. È invece unaforza trainante e integrante al discorsogenerale, oltre che un ingrediente

indispensabile per tenere vivo l’interessedell’artista in fase di realizzazione.

Il clima d’emergenza ambientale degli ultimianni sembra invece aver dato a Mastrovitol’opportunità di instaurare una relazione piùfrontale con la natura, come testimonia lasplendida mostra Enciclopedia dei fiori daGiardino presentata ad Assab (Milano,2008). Gli spazi in questione, che una voltaospitavano le macchine tipografiche dellaGEA (Grafiche Editoriali Ambrosiane),rappresentano una sfida per ogni artistasoprattutto per via dell’architettura che haconservato intatti i sapori post-industrialiche l’hanno generata. Si tratta forse della

La natura selvaggia e labirinticain cui si avventura l’alter-ego di Mastrovitodiventa una metafora per le difficoltà e le tortuosità che segnano il camminoesistenziale di una persona

fedato il titolo

stra 2006

Scenografie di alberi in In & Out Of Life, sullo sfondo si intravede Sempre stato sui coglioni, a me, superman,collage e acrilici, carta su tela, 2006

In alto: Scenografie di alberi in In & Out Of Life,

Dall’alto in basso:GuernicaInstallazione di carta,luce e ombra, 2006;

Le ragazze serie non ci sono piùcollage e aniline,carta su tela, 2006;

Per fare un albero ci vuole un fiorecollage e acrilici, carta su tela, 2006

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I fiori stampati sulle pagine illustrate dei libri hanno per una volta la possibilità di“scappare” dalla gabbia di cartacui appartengono e recuperarela loro funzione originale

località meno idonea per discutere di naturama Mastrovito ci è riuscito partendo propriodall’attività che per anni ha animatol’edificio. Entrato in possesso dei 500 volumiche costituiscono l’Enciclopedia dei Fiori daGiardino edita da Mondadori nel 2008,l’artista ha minuziosamente ritagliato epiegato ogni pagina in forma floreale per poiappoggiarla sul pavimento cementato dellatipografia. I fiori stampati sulle pagineillustrate dei libri hanno quindi per unavolta la possibilità di “scappare” dallagabbia di carta a cui appartengono erecuperare la loro funzione originale. Occorre qui aprire una breve parentesi e fareriferimento a una scultura di un altro artistaitaliano, Marco Papa, che nel 1999 in

occasione di una collettiva di opere su cartaaveva presentato dei cataloghi dellaBiennale di Venezia sotto forma di tronchid’albero. Anche in questo caso si assiste a untriplo passaggio pianta-carta-pianta, ma ladifferenza fondamentale è che mentre nelcaso di Papa l’operazione consisteva in unacritica del sistema arte e dello sprecoproduttivo ed ecologico del catalogo d’arte,la scultura di Mastrovito offre delleriflessioni più generali e si conclude con unsottile ottimismo. Il giardino botanicoartificiale proposto ad Assab non si limita ainstillare una polemica. Si chiude con unamorale tanto romantica quanto utopistica,restituendo alle piante floreali una posizionecentrale e attaccando lo spazio ospitante

Alcuni dettagli dell’installazioneEnciclopedia dei fiori da giardino

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chi è | Andrea Mastrovito

Nato a Bergamo nel 1978, vive e lavora traSeriate (Bg) e New York e ha al suo attivodiverse mostre in Italia, Francia, Svizzera eStati Uniti. Nelle sue opere utilizza diversetecniche, dal disegno al puzzle, dalla pitturaal collage, fino ad arrivare alle installazionicartacee e alle videoproiezioni. Nel 2009 harealizzato un’animazione per il film Tuttacolpa di Giuda del regista Davide Ferrario e aottobre parteciperà all’installazionecollettiva per il soffitto del Museum of Artand Design di New York dal titolo Slash/Paperunder the Knife. www.andreamastrovito.com

rispettandone al tempo stesso lecaratteristiche. Come In & Out of Life, anche Enciclopedia deiFiori da Giardino si basa sulla percezionedegli oggetti e la loro immagine, unariflessione che il grande pittore surrealistaRené Magritte aveva portato avanti consuccesso in tutto il suo percorso e che intempi più recenti aveva trovato ulteriorelinfa anche se in maniera completamentediversa nel lavoro dell’artista concettualeJoseph Kosuth. Queste ultimeconsiderazioni, pur svolgendo un compitoimportante, non intaccano la leggibilità ol’accessibilità dell’opera. Il lavoro diMastrovito funziona su diversi livelli, eanche quando affronta tematiche

La mostra è stata presentata nel 2009 nello spazio di Assab One, ex GEA - Grafiche Editoriali Ambrosiane

Migliaia di piante rifioriscono da 500 volumi da dizionario Mondadori(2008), disposti al suolo

particolarmente complesse o intrinseche almondo dell’arte, lo fa con un certo aplomb.Sentimenti come nostalgia, fatica, gioia,sofferenza e giocosità sono immediatamentepercettibili. Non transitano in manieraenfatizzata od occulta e stendono un ponteche permette un dialogo tra le manidell’artista e l’occhio dello spettatore. Inuna delle sue affermazioni più discusse,Joseph Beuys disse fumosamente che siamotutti artisti.

Mastrovito ci ricorda invece che siamo tuttiesseri umani e che l’arte è un mezzo peresplorare un patrimonio comune in cuifautore e ricevente giocano entrambi unruolo importante. ●aa

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Il vedere è una facoltà legata allasopravvivenza, al guardare occorreessere educati. Con le ombre cinesi, le

lanterne magiche, i tableaux vivants, l’uomoimpara a “guardare”, il che significa legare leemozioni al principio di “vedere”.Alla fine dell’ ‘800, i fratelli Lumièreinventano la “macchina meravigliosa” eimpressionano sulla pellicola, per pochisecondi, l’uscita di alcuni operai da unafabbrica e l’arrivo del treno alla stazionedella Ciotat: furono i primi a portare losguardo della gente a riflettere su unaquotidianità alla quale non si prestasufficiente attenzione. Da quando è nato, il cinema insinua losguardo della macchina da presa nelpaesaggio, instaurando con esso un rapportoviscerale e obbligato. Nei suoicentocinquanta anni di vita, l’immaginefilmica ha subito molte modifiche, sia dal

punto di vista tecnico che linguistico; il“soggetto” che l’ha sempre accompagnatamodificandosi con essa è il paesaggio.Il cinema partecipa contemporaneamentealla sfera del reale e a quelladell’immaginario, attestandosi come uninteressante campo di lettura per entrambigli ordinamenti. Da una parte si faricettacolo, serbatoio della memoriacollettiva, rende possibile laconcretizzazione delle strutture fantasticheche ogni epoca sviluppa, si fa testimonedella storia, documento della spazio-temporalità della sua epoca. Spazio e temposi modificano, suggerendo la possibilità diuno sguardo diverso sulle cose, rendendoreale il sogno, vivo ciò che è inanimato,familiare un viaggio fra oggetti del mondoche ancora non conosciamo o non potremmomai conoscere.Come sostiene il critico Edoardo Bruno,

La città nel cinema

Presenza onnipresente, .la città è veicolo di emozioni, .

personaggio che respira, .che si muove, che si trasforma, .

che parla con i suoi rumori .e influenza i personaggi .

che la attraversano .

Sopra, alcentro, KingKong (1933) diM.C. Cooper e E.Schoedsack.

Sotto in piccoloI 400 colpi,(1959) di F.Truffaut e BladeRunner (1982)di R. Scott

di Michele Milesi

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“l’immagine filmica dispone dell’attitudinead affondare lo sguardo in superfici nonviste, sotterranee, nascoste”. Questoscoprire, questo svelare il lato non vistosignifica per il cinema rivelare anche il latosegreto ed emozionale della realtà. In questo vasto mondo dell’immagine inmovimento c’è sempre un paesaggio che fada sfondo alla narrazione, che sia fantasticao neorealista, fantascientifica od’ambientazione. Dai Lumière ai fratelliCoen, tutti hanno bisogno di un paesaggioper narrare la loro storia.

A proposito della città nel cinema, diceWalter Benjamin: “Le nostre bettole e le viedelle nostre metropoli, i nostri uffici e lenostre camere ammobiliate, le nostrestazioni e le nostre fabbriche sembravanochiuderci irrimediabilmente. Poi è venuto il cinema e con la dinamite deidecimi di secondo ha fatto saltare questomondo simile a un carcere; così noi siamoormai in grado di intraprenderetranquillamente avventurosi viaggi in mezzoalle sue sparse rovine”.

L’immagine-movimento di un film, compostae ricomposta secondo una grammatica deltempo e dello spazio che si colloca al di fuoridelle potenzialità del nostro sguardo, puòrisultare un mezzo efficace per larappresentazione di quegli aspetti dellanatura urbana che sfuggono alla razionalitàdelle forme classiche e tradizionali dellarappresentazione.L’esperienza della visione filmica permetteall’occhio umano di diventare più mobile, piùsensibile alle mille articolazioni che la città eil suo spazio ci offrono. Alla dimensionefisica della città si sovrappongono leespressioni culturali, sociali, economiche,simboliche dei suoi abitanti. Una delleimmagini simbolo di questo concetto è ilparticolare dell’occhio del replicante inBlade Runner di Ridley Scott (1982) nel qualesi riflette la luce pulviscolare della città,quasi una nebulosa di messaggi, codici,impulsi che si incrociano e si sovrappongono. Come afferma Gianni Canova, “la città nelcinema contemporaneo non la si osserva piùnel suo insieme, la si penetra, la si conosceconsumandola, standovi dentro, agendo nelsuo tempo e nei suoi ritmi”. Potremmoaggiungere facendosi “consumare” da essa,instaurando un rapporto di dare/avere chedeve trovare un equilibrio, spesso moltofragile. La città è l’insieme delle persone che civivono, dei loro stili, del modo in cui i gruppientrano in rapporto fra loro; luogo di paura edesiderio, di sogno e realtà, luogo di centri eperiferie, di silenzio e caos, di certezze eansie, di energia e apatia.Il linguaggio cinematografico, dalneorealismo in poi, fa di tutti questi aspettiil suo modus operandi: da Rossellini,passando per la Nouvelle Vague al NuovoCinema italiano di Pasolini e Bertolucci, finoa Ridley Scott. Come lui molti registi deglianni ‘80 e di oggi vedono nella città ilsoggetto principale dove articolare la lorostoria.Con Roberto Rossellini la macchina da presaesce dai teatri di posa, inizia a “girare” per lacittà con movimenti meno fluidi, ma realisticie sintomatici di una società che stacambiando, coglie la città vera. In Paisà,girato durante lo sbarco degli alleati alla finedella seconda Guerra Mondiale, c’è un paesedistrutto dal conflitto; come in uno specchio,nelle facciate semidistrutte e crivellate dicolpi degli edifici, si legge la devastazionenell’anima di un popolo.

Alla fine degli anni ’50, entro il gestorosselliniano, si colloca la Nouvelle Vague,che mette in scena la sua “fiction” all’interno

di luoghi reali. Sono i luoghi della giovinezzadegli autori; il nuovo approccio è la lorovisione soggettiva e autobiografica dellacittà. Una città che non ha più una valenzacorale, ma che si concentra su unpersonaggio, trasmettendogli e specchiandoemozioni, stati d’animo, paure, angosce eturbamenti esistenziali.Chabrol, il regista e critico dei “Cahiers duCinema”, per girare Le Beau Serge ritorna nelsuo villaggio d’infanzia e dice: “La topografiadel villaggio era determinante. Volevo chegli spettatori seguissero gli attori nel loroandare e venire, che si riconoscessero neiluoghi, nei sentieri, nelle case. Per questo hoimpressionato chilometri di pellicola” .L’intera azione di I Quattrocento Colpi diFrançois Truffaut si colloca nel quartiered’infanzia del regista parigino ed è propriola città di Parigi, con la sua frenesia e le suemille sfaccettature urbane, a essereespressione e veicolo dei sentimenticontrastati che abitano l’animo del giovaneprotagonista Antoine, fino alla scena finaleche lo vede correre verso il mare aperto,metafora di un futuro incerto.Questo carattere autobiografico influenzaanche gli autori del Nuovo Cinema italianodegli anni ‘60, che hanno in Pasolini eBertolucci i principali precursori.Sfondo e personaggio delle “storie” delneorealismo rivisitato di Pasolini è Roma;con i suoi lunghi piani-sequenza il regista faparlare la città attraverso i gesti, gliatteggiamenti e le vicende di chi le vive.Anche per Bertolucci lo spazio architettonicodella mise en scene è fondamentale, sia

“La città nel cinema contemporaneonon la si osserva più nel suo insieme, la si penetra, la si conosce consumandola, standovi dentro, agendo nel suo tempo e nei suoi ritmi”

Gianni Canova

in Metropolis(1927)di F. Langla città è laprotagonistamostruosa chegiunge alcollasso

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esterno che interno, ma il regista ferrareseva oltre, scoprendo un nuovo linguaggio chediventerà la sua firma e che sta alla base ditutto il cinema contemporaneo d’autore.All’interno dello spazio la macchina da presadiventa protagonista, si inventa una suaarchitettura, “disegna” con metodi elinguaggi sempre più attenti all’animoumano per provocare emozioni sempre piùintime. In un’intervista il regista dichiarache la sua macchina da presa non sta maiferma, si muove molto nel tentativo diridisegnare un’altra architettura in cui leinquadrature si compongono quasiautonomamente.La città del cinema, dunque, è un aggregatodi frammenti e come dice ancora GianniCanova, “più che un corpo organico è unenorme set urbano” con i suoi flussi, le suecorrenti e i suoi movimenti che la macchinada presa, guidata dall’autore-antropologo,segue e sfrutta generando e presentandoemozionanti “giochi” di vita. ●aa

Michele Milesi(1983) risiede in provincia diArezzo, compie studi dipsicologia, musica e spettacolo.Si sta laureando in storia ecritica del cinema con una tesisul paesaggio urbano nel“Nuovo Cinema” italiano deglianni ‘60 presso l’Università diLettere e Filosofia di Siena.Presidente della giuria giovanial F.E.D.I.C. Valdarno FilmFestival 2009.

la Romamondana diFellini nel filmLa Dolce Vita(1960)

altre scene diBlade Runner

MarcelloMastroianni eAnita Ekberg,protagonisti diLa dolce vita

Sotto, la LosAngelesdisperata diBlade Runner

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S i potrebbe avanzare un paragone fral’evoluzione del linguaggioarchitettonico, oggi approdato a forme

di minimalismo funzionalista con qualchelicenza a morfologie organiche, con la ricercadi un artista come Paolo Ghilardi che, dopo unpercorso giovanile dedicato alle nature mortee agli interni, alle figure nel paesaggio e airitmi musicali dello spazio, ha abbandonato iltradizionale campo della tela per spostarsi alleintere pareti, fino alla complessità degliambienti architettonici, indirizzandosi suglistudi per linee spezzate e sui colori evocatividell’universo, inquadrati secondo precisilinguaggi geometrici.Così svincolato dal rapporto naturalistico conl’immagine, l’originario ambiente delpaesaggio viene trasformato dall’interventoartistico in un sistema di elementi puri,sviluppati e aggregati liberamente per

Paolo GhilardiIl colore esce dalla tela

arte

articolarsi secondo diversi equilibri percettivi.Le idee si strutturano su variazioni di formesospese, su quadrati che oscillano nel vuoto ediagonali che si protendono oltre la superficie,con colori potenti che danno forzaall’immagine e fanno da contrappeso, oppureda perno, rispetto alle altre forze cromatiche egeometriche dell’opera.L’evoluzione più radicale dell’uso del colore haspinto la ricerca di Ghilardi oltre il quadro,attraverso infinite relazioni con lo spazioambientale, da quello ristretto della galleria aquello esteso della città.Il passaggio dalla tela all’ambito architettonicosi è posto come fondamento per proiettare illinguaggio pittorico verso una sperimentazionedel colore a grande scala, come già intuìMondrian coniugando pittura e architettura inun’unica entità estetica, lontana da vuotiesercizi di stile.

Oltre sessant’anni .di sperimentazione .artistica hanno portato .l’artista bergamasco .a ridisegnare gli spazi .cittadini con le .suggestioni delle sue .geometrie colorate .

di Carlo Curto

le variazioni di forme nello spazio concepite da Ghilardi sono lontane da virtuosismi linguistici, ma espressione dei ritmi lineari e delle modulazioni cromatiche

Omaggio a G. (1967)olio su tavola

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numero 2 Art|App 41

Chi è | Carlo Curto

Nato a Bergamo nel 1957, si è laureato in Architetturaal Politecnico di Milano,dove ha svolto attivitàdidattica e di ricerca pressola Cattedra di Allestimento e Museografia fino alla metàdegli anni ’90. Ha poiavviato una propria attivitàprofessionale mirata allatutela e al recupero delpatrimonio architettonico e paesaggistico. Alla progettazione edìle e agli interventi diingegneria naturalistica ha affiancato una crescenteattività legata ai “piani del colore” commissionatada amministrazionicomunali, studi di progettazione e committenti privati, che sempre più prestanoattenzione alle questionicromatiche.

il passaggio dalla tela all’ambito architettonico si è postocome fondamento per proiettare il linguaggio pittoricoverso una sperimentazione del colore a grande scala

Pianoforte rosso (1954)olio sumasonite

Acrilici su tela(dal 1971 al 1991)

Forme nello spazio (1964)

composizionespaziale (1970)

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l’originario ambiente del paesaggio viene trasformatodall’intervento artistico in un sistema di elementi puri,sviluppati e aggregati liberamente

In alto:Installazionealla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea(GAMeC) di Bergamo

Composizionespaziale (1970)

Ambiente (2007)

modello inscala:

pavimentazione e pareti per

ambientazionealla GAMeC di Bergamo

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chi è | Paolo GhilardiNato a Bagnatica (BG) nel 1930, Ghilardi frequental’Istituto Tecnico Industriale e trova impiego comedisegnatore meccanico all’Innocenti e poi alla Dalmine.

Contemporaneamentecoltiva la passione per learti seguendo la scuolaserale di Achille Funi, alloradirettore dell’AccademiaCarrara. Il suo linguaggioinizialmente figurativo siindirizza presto su concettigeometrici, sulla strutturadelle forme del paesaggiopiù che sugli elementi che locompongono, giungendo aun astrattismo sempre più

coerente nella sua espressione. Nel ‘68 inizial’insegnamento di Discipline pittoriche al Liceo ArtisticoStatale di Bergamo. Questo momento coincide conl’avvio di una continua e significativa attività espositiva,che si concretizza con le prime mostre personali, ma èl’incontro con Maria Cernuschi Ghiringhelli, conduttricedella galleria milanese Il Milione, a segnare una svoltaper gli incontri e le durature amicizie con importantiartisti come Jean Leppien, Folon, Emilio Scanavino,Nangeroni, Mauro Reggiani. Dagli anni ‘60 fino ai giorninostri è un susseguirsi di mostre e riconoscimenti alivello nazionale e internazionale. L’attività di Ghilardi siesprime anche con grandi opere, in spazi interni edesterni sia privati che pubblici, contraddistintedall’impiego innovativo di metalli e vetri colorati. Nel ‘77 inizia l’insegnamento di Teoria del colore epittura all’Accademia Carrara di Bergamo e dal 1982svolge l’incarico di consulente responsabile per il coloredel centro storico per l’Amministrazione comunale diBergamo.

le idee si strutturano su variazioni di forme sospese, su quadrati che oscillano nel vuoto e diagonali che protendono oltre la superficie

Le variazioni di forme nello spazio concepiteda Ghilardi sono lontane da virtuosismilinguistici, ma espressione dei ritmi lineari e delle modulazioni cromatiche checircondano l’uomo.Infatti se da un lato sperimentacombinazioni basate sul ritmo delladiagonale, dall’altro lavora su percezionidate dall’ortogonalità, pur lavorando anchesu quadrati con porzioni interne scomposte e ricomposte o approfondendo altrecombinazioni e rotazioni geometriche, sia pur minime.Queste ultime servono all’autore perevidenziare l’energia che scaturisce anchedal linguaggio geometrico: minimispostamenti possono creare sconvolgimentidi assetto allo stesso modo con cui brevimovimenti possono riportare all’ordineprestabilito, pur lasciando apertoall’osservatore il senso dell’immagine. L’opera infatti sollecita una lettura attiva,invitando a vedere ciò che apparentementemanca e l’immagine stessa ha la capacità dievocarne altre, smontando e rimontandosecondo diversi ordini altri percorsi dellabirinto spaziale. ●aa

Scultura in ferroe plexiglas(1993)

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numero 2 Art|App 45

EntroFioriture enfatiche mi accolgonoOra, nel colmo dell’estate, il giardino tropicale

si mostra nella sua orchestrazione festosa e colorataIn pieno campo, racchiuso tra alte canne,

invisibile dall’esterno, fiorisce intensamente, solo per sé

Alzo il capoTra arbusti al di sopra di cespugli intravvedo il mondo esternoLà, nella luce vespertina, un capanno simile a un palazzoLa torre dei piccioni di una villa e il paesaggio in scorci ampi o breviIn fondo, già scuri, i monti toscanipiù oltre, vicine, le onde statuarie delle boscose colline umbrepiù in là, si scorge una fila di piniEcco, immersa nell’ambiente in toni smorzati, la costruzione in pietrae, se volgo la testa, una sottile striscia di terra bruciata dal soleVeli d’acqua su un olivetoTeatro fiorito, il giardino gioca il suo ruolo di contrasto,

che estrania il paesaggio e lo fa leggere Ecco Sepoltaglia sopra Ossaia, racchiude il suo passato

oltre, più distante, Cortona sul declivioIl cerchio si chiude, ma segmentato e smembratostatue distinte di un paesaggio, giacenti nella quieteframmenti staccati Einer rätselhaften Präsenz des Seidenden, di una enigmatica

presenza dell’Esserefugace anch’esso, lo so

Io barcollo fuori dal labirinto fiorito nel paesaggioe verso il buffetArte, consapevolezza e appetito

Chi sonoSchubert Benno ha 79 anni, nasce a Gleiwitz in Slesia, vive tra Francoforte e Cortona. Ha insegnato Storia e Storia dell’Arte a Berlino e a Francoforte. Scrive per rivisted’arte e per sé racconti e poesie.

Thomas e Martina Reinhardt Nato a Santa Monica, in California, dopo una lunga esperienza in Germania, Israele e Stati Uniti, Thomas Reinhardt incontra la futura moglie Martina Kofoth nel 1982,come lui paesaggista ed esperta botanica.Titolari dell’impresa “Creative LandscapingInc.” di “The Hamptons” (Stati Uniti), insieme progettano giardini di ampiedimensioni per ville private e nel 1999 si trasfericono in Italia. Nasce allora ilprogetto del Giardino e Parco Reinhardt in località Piazzano, a Tuoro sul Trasimeno, un lavoro di ricerca e sperimentazione in continua evoluzione che integra in un’unica armonia i boschi e i campicircostanti.

www.giardinoreinhardt.com

Oltre il giardinodi Schubert Benno

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Il concetto di confine è cruciale per la comprensione dellanostra contemporaneità. Ci sono confini politici egeografici sui quali si consumano guerre, esodi,

migrazioni, che dividono o avvicinano terre e popoli in unmondo in rapido mutamento. Ma ci sono confini ancheall’interno del nostro mondo, che definiscono i termini diidentità e di appartenenza, che dividono la sfera naturale daquella artificiale. E ci sono anche dei confini fisici, chedelimitano gli spazi del paesaggio. Oggi questi confini tendonosempre più ad assottigliarsi, a diventare permeabili etrasparenti, e proprio per questo diventa sempre più urgenteraccontarli e investigarli, per capirli nel loro continuo mutare,che li rende inafferrabili ed effimeri.Nel paesaggio contemporaneo, questi spazi possono esseredefiniti residuali e di confine. Si tratta di luoghi che non sonototalmente urbanizzati e nemmeno costituiti da elementinaturali, sono i limiti che separano le città dalle periferie o dallecampagne, sono paesaggi ibridi, senza una chiara identità e unaprecisa funzione. Per lo più abbandonati, si trovano ai margini,come qualcosa non più utile, consumato e accantonato al difuori dell’uso quotidiano. Sono gli scarti che il mondo urbanoproduce e si lascia alle spalle, che non scompaiono ma restanocome presenze silenziose, come luoghi che si riproducono inconseguenza dell’attività umana e dei suoi percorsi di sviluppo,da cui emergono come avanzi, come aree dismesse, sfruttate peril tempo che serve e poi abbandonate a loro stesse. Raccontare questi spazi residuali che circondano gli agglomeratiurbani può dare la possibilità di portare alla luce il senso

profondo della nostra società, la sua inquietudine, il suosmarrimento. Indagando questi territori ibridi, incerti eambigui, ci si accorge di quanto la loro vuota assenza sia inrealtà segnata dalla presenza viva e costante nella nostra vitaquotidiana, di come essi rappresentino l’emblema stesso delpaesaggio contemporaneo, il luogo su cui focalizzarel’attenzione per capire il resto dello spazio circostante.Conoscere il territorio significa infatti anche guardare quello chepuò essere considerato scarto, la parte peggiore. Questi luoghidi transizione dove apparentemente nulla accade e sul quale siposa il silenzio di una condizione esistenziale di inutilità, sitrasformano allora nel racconto dell’assenza, dalla quale farnascere storie e riflessioni, intrecci di elementi abbandonati, didettagli, di rifiuti, di piccole tracce di artificio che rimandanoinevitabilmente al nostro presente o al nostro passato.Per questo motivo questi paesaggi di confine sono divenutiterreno fertile per l’immaginazione e la fotografia e le altre artili hanno raccontati con sguardi sempre più consapevolimettendoli in relazione con la complessità del rapporto trauomo e ambiente. Il margine, il residuo, il confine, proprio perla loro natura ambigua e per la loro indeterminatezza, si fannometafora dei nostri tempi. Il fotografo che si propone di investigare questi spazi riesce adarci non solo l’immagine dei territori ma anche il senso e ilmodo nel quale l’occhio che ha scelto di rappresentarli lipercepisce e li vive, interrogando se stesso e il proprio operare,cercando di definire un’identità per sé e per i suoi soggetti.Fotografare gli spazi residui presuppone infatti di registrare

Paesaggi residuali e di confinedi Massimo Agus

fotografia

Luoghi abbandonati, marginali, svuotati della loro .identità, impongono la loro presenza all’occhio .dell’artista, testimoni silenziosi del segno dei tempi .e del rapporto dell’uomo con il territorio .

Chi è | Massimo AgusNato a Cagliari (1948),Massimo Agus èarchitetto e fotografospecializzato in foto discena e di spettacolo.Dopo un periodo dilavoro a New York, dal1987 vive a Firenze;all’attività professionalee artistica affianca quelladidattica. Insegna Storiae Tecnica della Fotografiaall’Università di Siena etiene numerosi corsi eworkshop in Italia eall’estero.

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Chi è | Valeria ScrilattiNata a Pesaro nel 1985consegue nel 2008 ildiploma di laurea triennalein Fotografia presso la LiberaAccademia di Belle Arti diFirenze, dove è attulamenteimpegnata nella tesi dilaurea specialistica sul temadei Paesaggi di confine. Lasua ricerca fotografica siconcentra soprattutto sulpaesaggio; ogni progetto èorientato a stabilire unrapporto tra la dimensionenaturale e la dimensioneumana. Nelle sue immagini,esposte in diverse mostre, laforma e lo spazio esterno siibridano con gli spazidell’inconscio.

Residui affettivi

Èun progetto sui paesaggi di confine che ruotano intornoalla città di Pesaro, luoghi che sono nati, si sonotrasformati, sono stati lasciati. Molti sono effimeri,

nascono e poi scompaiono in poco tempo, ma tutti in qualchemodo segnano uno spazio silenzioso di abbandono. Il lavoronon è stata portato avanti scegliendo a priori il luogo dafotografare ma iniziando ogni giorno un percorso senza metasulle strade confinanti la città. Andando in giro senza un puntod’arrivo, il modo di osservare il paesaggio muta radicalmente. Ilfuoco dell’attenzione si sposta dall’orizzonte della strada versoil vuoto laterale del paesaggio che la costeggia. Vagare senzauno scopo avvicina il pensiero a quella condizione di inutilitàche i paesaggi di confine possiedono. L’approccio dell’autore silegge nella scelta di essenzialità narrativa, nella descrizione diquesti paesaggi come il risultato di un incontro tra il viaggiatoree lo spazio, nella ricerca di un linguaggio che possa raccontarelo stupore di una scoperta. Lo scatto è il termine del percorso edell’appropriazione di un particolare territorio. Il legame che si crea nell’incontro con questo paesaggio nascedunque da un’affinità, resa possibile dal silenzio che vige inquesto spazio come una sorta di sospensione: sospensione delpensiero, del giudizio, della progettazione, in favore di unalibera associazione di idee e di sensazioni che nasce dal vuoto eporta alla contemplazione della sua condizione di paesaggioinutile, nel quale il silenzio diventa momento di stasi econtemporaneamente di incontro.

e

nell’immagine il legame che si crea tra lo sguardo e quellospazio fatto di silenzio e solitudine. E anche attraverso uno stileapparentemente impersonale e rigoroso è possibile leggere ladisposizione del fotografo verso il soggetto, che inevitabilmentelo attraversa e lo conquista interiormente.

Nelle immagini di questi spazi si concretizza la tensione che siviene a creare tra queste due dimensioni nel momento del loroincontro. I margini, i confini diventano il luogo in cui simaterializza la questione dell’identità contemporanea, lospazio nel quale la tensione dello sguardo trova un suoprecario equilibrio. Si tratta di confini concreti, che riguardanolo spazio fisico ma che diventano confini simbolici, capaci diraccontare uno spazio interiore. A sua volta lo sguardodell’osservatore è chiamato a compiere di fronte a questeimmagini un processo di riappropriazione, senza proiettarviideali estetizzanti o sentimentali o ideologici. Il paesaggio diconfine può essere visto dalla nostra percezione comequalcosa che sta lontano e sospeso, ma che si manifestaall’immaginazione come un deposito dell’inconscio, che puòraccogliere segni e tracce prodotte dalla società e assumereforme sfuggenti, ibride e ambigue. Il viaggio in questi territoridiventa allora un viaggio metaforico dentro gli spazi incertidell’esistenza, un viaggio che è coinvolgimento fisico,personale e mentale, che nel rappresentare e raccontarequesto paesaggio contemporaneo ne riconosce e ne certifical’esistenza, accettandone la condizione di instabilità e dispaesamento di cui esso è portatore.●aa

“In arte niente è banale, e una verafotografia di paesaggio è una metafora”

Robert Adams

Residui affettivi, Pesaro 2009di Valeria Scrilatti

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botanica

Fino a pochi decenni fa, salendo su un’alturaqualunque, lo sguardo poteva spaziare sulla campagnacoltivata e ci si poteva ogni tanto appoggiare, come un

uccello stanco, sui grandi alberi da frutto, da legno e daombra, sulle siepi che delimitavano i campi, sui brevi filari dipioppi cipressini, sugli aceri campestri che come maritisorreggevano le loro viti-mogli, sui gelsi rigogliosi chedavano il cibo per i bachi da seta, tra i salici dai lunghi ramicolorati che servivano a legare le viti o a fare tutti icontenitori per le necessità familiari. Una trama fitta comeun ricamo, frutto della capacità di ascoltare il mondonaturale, risultato di un sapiente e durissimo lavorodell’uomo e dei suoi animali, di una conoscenza profonda,raffinata e quasi filosofica delle stagioni, della terra e dellepiante. Come diceva il grande studioso Camporesi: “sottilifascinazioni euclidee, quali, diversamente dal caos silvestre,dal tumulto disordinato della boscaglia, emananodall’impianto arboreo, razionale come la mappa di una cittàideale, come una geometrica scacchiera, come un matematicolabirinto dal ‘mirabile ordine’ delle colture predispostedall’intelligenza che le combina e le intreccia seguendoantichi saperi ortensi.” Il paesaggio rurale era dunque mirabilmente ordinato mastraordinariamente complesso e vario, perché la complessitàera assolutamente necessaria alla sopravvivenza dellepopolazioni contadine ed era garanzia di futuro.

Nulla era lasciato al caso; come la ricamatrice che intrecciasenza sbagliare i suoi minuscoli fili, così gli agricoltorilavoravano i terreni disponendo ogni singola zolla nel giustoverso, disegnando un paesaggio meraviglioso, anche se questoera frutto di tanta fatica e tanta sofferenza, perché dallasapienza e dall’esperienza dipendeva la vita di intere comunità. La complessità di tutti i paesaggi rurali, nelle diversepedologie e molteplici tradizioni e saperi dell’Italia intera, sibasava sulla coltivazione di tante specie e varietà diverse siaarboree che erbacee, per poter garantire ogni annoproduzione e sopravvivenza; con tanta diversità laproduttività poteva non essere elevata ma c’era unamaggiore stabilità produttiva media data proprio dallacoesistenza di tante piante differenti resistenti alle diversemalattie o in grado di sopportare le une il caldo le altre ilfreddo, le une l’umidità le altre la siccità.Un immenso tesoro sviluppato dalle comunità locali inmillenni di coesistenza tra l’uomo e le piante, che è in granparte scomparso in pochi decenni sotto i colpidell’industrializzazione, dell’intensificazionedell’agricoltura, dei cambiamenti socio economici.Molte erano ad esempio le specie arboree, ormai quasidimenticate, che trovavano spazio nei terreni coltivati: igenerosi fichi che ombreggiavano le concimaie e che, oltre aisoavi frutti che maturavano due o anche tre volte l’anno,davano legno per gli zoccoli dei bambini; i pioppi cipressini, i

di Isabella Dalla Ragione

.In natura la varietà delle specie vegetali .è una ricchezza per la sopravvivenza .dell’uomo ma ha contribuito anche a costruire .la sua storia, la sua sensibilità e la sua cultura .

Volpine o giovanazze,bianche d’estate o tonded’inverno, c’è una peraper ogni stagione

Elogio della diversità

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chi èIsabella Dalla Ragione

Agronoma e consulenteper regioni e Università,Isabella Dalla Ragioneprosegue il lavoro diricerca e manutenzionedel frutteto avviato conil padre Livio. Insieme idue hanno scritto il libroArcheologia arborea –Diario di due cercatori dipiante (ali&no editrice),uscito nel 1997 eristampato per la terzavolta nel 2006.

La spettacolare fioritura degli alberi da frutto:sopra, un melo;sotto, due testimoni muti e un pero di Montenero

A fianco, boccioli di pero volpino,una varietà rustica, soprattutto da cottura e conserve

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cui lunghi tronchi erano adatti allafabbricazione di travi, tanto che eranochiamati gli Alberi, per eccellenza; il generosomandorlo che con le sue radici profondepoteva stare in terreni anche difficili, che nullachiedeva all’agricoltore e in cambio dava fruttie legna per l’inverno; il modesto nespolo checon i suoi frutti segnava la fine della bellastagione o il maestoso sorbo, dal legnodurissimo e dai piccoli frutti, preziosi per gliuomini e gli animali.E poi naturalmente tutti gli altri alberifruttiferi importanti e ben conosciuti, comemeli, peri, ciliegi dolci e ciliegi acidi,albicocchi e susini, coltivati sempre perfunzioni molteplici; non solo produzione difrutta ma anche legno per i mobili ecostruzioni, ombra per chi lavorava i campiin estate, segnali di confine, foraggio per ilbestiame; presenze forti nel paesaggio, nellasimbologia e nella tradizione. Per secoli siera diffusa la policoltura cosiddettaverticale, che associava colture erbacee aquelle arboree, con l’olivo e la vite maritataa olmi, aceri campestri e piante da frutto. Icontadini coltivavano “sotto e sopra”(Desplanques H., Campagnes ombriennes,Colin 1969) e questo è stato per lungo tempol’unico mezzo per intensificare la produzione

e diversificarla per avere maggiore varietà diprodotti.Inoltre tutte le specie erano caratterizzate dauna grande ricchezza genetica, un enormemosaico di varietà ed ecotipi locali, numerosiquanto i fazzoletti di terra coltivati. Ogni zonaaveva le proprie piante, adattate alle diversesituazione pedoclimatiche, ogni stagione lapropria frutta. In situazioni spesso difficili venivano allevatele piante da frutto in varietà meno esigenti,più rustiche, che producevano il più a lungopossibile nel corso dell’anno, dando fruttiche si potevano conservare facilmente perl’inverno. Migliaia di varietà strettamenteconnesse all’economia del podere ma ancheal paesaggio, all’alimentazione umana eanimale, alla vita quotidiana, sociale ereligiosa. I grandi cambiamenti nel tessutoeconomico-sociale e in agricoltura, avvenuticon un ritmo incessante e frenetico negliultimi decenni, hanno portato alla generalescomparsa di gran parte delle vecchievarietà locali. L’esodo dalle campagne, l’intensificazionecolturale, la crescente distanza città-campagna, la concentrazione e lastandardizzazione del mercato, icambiamenti dei costumi alimentari, tutto

Una vite maritata a un acero e un pero dai frutti“brutti e buoni”

Pero del curatodal frutto grandee allungato

.Per molto tempo le piante da frutto hanno .disegnato il paesaggio agrario con funzioni precise, .lungo i campi o accanto alle case: segni senza .i quali non riconosceremmo la nostra campagna .

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Archeologia Arborea Non per nostalgia né per un vago romanticismoma per salvare le nostre radici e la nostramemoria, oltre che per mantenere una risorsastrategica per la sicurezza alimentare futura, inquesti decenni abbiamo svolto un lungo epaziente lavoro di ricerca e di studio sullepiante coltivate ma anche sugli aspetti sociali eculturali, sugli utilizzi e tradizioni. Tuttoquesto ha portato al frutteto attuale, chiamatoproprio Archeologia Arborea da Livio DallaRagione che ha cominciato questostraordinario lavoro. A San Lorenzo di Lerchi, vicino a Città diCastello (Pg), sono state messe a dimora 400piante da frutto di diverse specie e varietàlocali. Il frutteto di Archeologia Arborea è inquesto panorama uno scrigno prezioso, atestimoniare un enorme patrimonio ormai ingran parte perduto e vuole invitare arecuperare queste varietà per la coltivazione eil loro utilizzo. Così facendo pensiamo diconsolidare le nostre radici colturali e culturalie che questo sia di grande importanza per ilnostro futuro. Per sostenere l’attività di ricercae conservazione della collezione e perdiffondere e proteggere le vecchie varietàfruttifere, è stata fondata l’AssociazioneArcheologia Arborea i cui soci adottano, anche“a distanza”, una delle piante in collezione,potendo così consumarne i frutti tranne tre chevengono lasciati: uno per il sole, uno per laterra e uno per la pianta, secondo un’anticatradizione locale.www.archeologiaarborea.org

I.R.D.

Sopra, unvecchiomandorlo.Sotto, un melopanaia e unpero spinacarichi di frutti

“Considerando io, che tra le cosenell’Agricoltura dilettano all’huomo,una delle maggiori che vi sia, sonogli arbori fruttiferi; percioché non solamente le frondi rendonodalle amene ombre soave freschezze, i fiori diversi molta allegria, e i fruttimirabili non poca delicatezza; maetiandio quelli sono i propri alberghid’infiniti uccelletti, i quali col lorodolcissimo gorgheggiare, ci fannotante meravigliose musiche, che piùnon si può desiderare.”

Agostino Gallo, 1569

questo ha provocato una disastrosa erosionegenetica nell’ambito di tutte le speciecoltivate. Molte varietà locali hanno dovutosoccombere e lasciare il posto a quellepoche la cui produzione poteva essere resaomogenea, concentrata e programmata.Questa perdita è stata tanto grave quanto definitiva; il cambiamento hatoccato tutti i livelli della nostra vita el’allontanamento dalla conoscenza dellanatura e dei suoi ritmi ha colpito il nostrosentire più profondo. ●aa

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Canti di PietraNella suggestiva cornice del Monastero benedettinodi Siloe, su un’altura che domina la valledell’Ombrone, si è svolto negli ultimi giorni di agosto il convegno sull’architettura monastica del Novecento e oltre, all’interno della Settimanadella Custodia del Creato. Il monastero stesso è un esempio di architettura moderna che si ispiraall’antica tradizione cistercense, suscitandoemozioni profonde con le sue linee pulite e le geometrie semplici che si inseriscono con armonia nell’ambiente circostante. Il dibattito ha visto tra i relatori Enzo Bianchi,Mario Botta, Maria Antonietta Crippa, EdoardoMilesi, Giuseppe Russo, con la moderazione di Giovanni Gazzaneo e una significativapartecipazione del pubblico presente. Dopo una cena nella tradizione della comunitàmonastica, la serata è stata conclusa dalle magichearmonie che Pinuccio Sciola sa trarre dalle sue sculture di pietra, un altro canto mistico e insieme profondamente terreno.

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Oggi Firenze è come un sogno infranto.La capitale del Rinascimento hainiziato da tempo una nuova vita più

dimessa, la stessa che conducono Roma eAtene ai nostri giorni. Percorsa da carovane dipellegrini di ogni paese, guide turistiche,insegnanti e scolari annoiati, come tutte lecittà d’arte a forte vocazione turistica halentamente ma inesorabilmente perduto lasua identità. Aggirandosi per le strade delcentro, ormai disertate dai residenti, gli odorie i sapori sono quelli delle pizzerie, deiristoranti per carovane di bocca buona e dellepaninoteche che hanno preso il posto dicinema, teatri e locali tipici. Sopravvive eprospera qualche banchino dei trippai, con lesucculente rosette dall’aroma evocativo, mala trippa e il lampredotto, la variante tipica diFirenze, sono per stomaci robusti e nonpiacciono a tutti. Anche i luoghi d’incontrosono cambiati: se prima si prendeval’aperitivo da Giacosa e i panini tartufati daProcacci in Via Tornabuoni o un bicchiere divino con qualche assaggino dai “vinaini” neidintorni di Via della Vigna e di Via Calzaioli,adesso si privilegia l’Oltrarno e la zonalimitrofa ai viali: Sant’Ambrogio e dintorni.Proprio qui troviamo un esempio di creatività,fantasia e ricerca: il Circo-lo Teatro del Sale,nato dall’incontro tra il patròn del Cibrèo,Fabio Picchi, e l’attrice Maria Cassi, dove ilcibo ridiventa emozione e riscopre i profumidella tradizione. Tuttavia, se pur con ledovute eccezioni deprechiamo laglobalizzazione di cibo rimpiangendo unamitica età dell’oro, sarebbe opportunoguardare al passato con occhi disincantati.

Torniamo alla Toscana del ‘700 sfogliando lecarte di un personaggio complesso, uomo discienza e attento osservatore dei problemi delsuo tempo, Giovanni Targioni Tozzetti. Semolti conoscono il suo lavoro di naturalista,medico, storico della cultura, raccoglitore diuna messe di osservazioni occasionali,infaticabile e dotto bibliotecario, pochi forsesono a conoscenza di un suo ruolo piùdimesso ma fondamentale nell’ambito delleriforme lorenesi in qualità di medico fiscale econsulente scientifico. Le sue Relazioni forensi, raccolte in diversecartelle, riguardano: “Alimenti viziati enocivi”; “Sepolture, Camposanti etumulazione di cadaveri”; “Esalazioni animalie vegetali nocive”; “Fogne, pozzi, maceri diguado, olii e vernici”. Un’ indagine a tuttocampo volta “a proteggere gli uomini e glianimali che loro sono di aiuto dalle nociveconseguenze di una numerosa coabitazioneed a promuovere il loro benessere corporale”,con le parole di J.P. Frank, che nel 1779promuoveva la stessa visione della medicinasociale nella Lombardia austriaca. Basta soffermarsi sugli “alimenti viziati enocivi” per constatare che più che da odori esapori, la città era invasa da pestiferi miasmi.Il Targioni, con la stessa passione con cuipasseggiava raccogliendo piante per i suoipreziosi erbari, ormai quasi settantenne siaggirava per la città con animo quieto ecurioso, a volte divertito, senza timore diimbrattarsi gli abiti o di sporcarsi le mani.Così come non ebbe timore di assaggiare unimprobabile “pane da cani”, dopo averlomasticato e lasciato in acqua per 24 ore per

Firenze, l’odore del passato

La città cambianoma la nostalgia per gli odori

e i sapori della tradizionenon ci inganni

sul profumo del passato.

di Sandra Fontana Semerano

Giuseppe GherardiVeduta da ponte Vecchio

Firenze, 1825

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meglio poterlo osservare. Il risultatopossiamo facilmente immaginarlo: alimentonocivo e assolutamente improponibile. Dipanificazione del resto si era già occupato nel1767 nell’opera Alimurgia o sia modo direndere meno gravi le carestie per sollievo dèpoveri, dove suggeriva tra l’altro di mescolarealle farine già definite di qualità sospettaghiande macinate e mezzo uovo per“carezzare lo stomaco”.La carne era l’alimento che dava maggioriproblemi di conservazione ma anche la suaorigine era spesso dubbia quando arrivavasulla tavola dei poveri. È del 1778 unarelazione sopra la qualità di un bove che “purnon avendovi trovato vizzi” raccomandava“nella corrente costituzione sciroccale” dismerciare prontamente perché le carni “non siputrefacciano”. Nello stesso anno esaminòdue vacche morte “avventrinate” presso ilCanto alle Macine. Il giudizio in questo casofu che le medesime avevano mangiato tropposenza poter evacuare (il che chiamasi“ventrina”). La carne poteva dunque esseresmerciata senza pregiudizio a chi “l’usi percibo”. Nel caso invece di alcuni piccioni “mortirepentinamente”, stabilì che quasisicuramente erano avvelenati e suggeriva perprudenza di non mangiarne, pur“considerando che ad eccezione del collo,tutto il rimanente è stato trovato sano”.Un’altra curiosa relazione riguarda lasalubrità dei pesci dell’Arno: tinche, lucci,barbi e anguille. Pare che “i pesciuoli d’Arnopasturandosi d’immondizia e di cadaveri di

Chi è | SandraFontana Sermeraro

Sandra Fontana Semerano hacollaborato al Repertorio sulleprime edizioni francesi per ilGabinetto Letterario G.P.Viesseux di Firenze. Ha lavoratoalla Biblioteca NazionaleCentrale di Firenze, dal 1970 allasezione manoscritti e rari. Tra lesue pubblicazioni figurano ilcarteggio di Emilia Peruzzi per laRassegna Storica Toscana, lecarte di Giovanni TargioniTozzetti per “Inventari ecataloghi toscani” e alcuneschede storico-critiche per laserie “Le grandi biblioteched’Italia - Biblioteca Nazionale diFirenze”. Ha curato altresì lapubblicazione dell’inventariodelle carte Gentile Farinola per il“Bollettino della Societàgeografica Italiana”.

Particolare di San Pietro che risanalo storpio e resuscitaTabita (1425)Masolino daPanicale e Masaccio

Nel retrobottega del Teatro del Sale dopo la cena gli spettacoli e le performances

cani o di altri animali putrefatti debbanoessere alimento poco gustoso ed anche inqualche maniera insalubre all’uomo”. Tuttaviapur ritenendo tale cibo “un poco schifo”,purché se ne faccia un uso “parco e raro comeper necessità bisogna fare nel nostro paese”,il loro consumo non dovrebbe essere troppodannoso.Nel 1766 esaminò certi “sermoni di cattivaqualità”. Oltre a valutare il colore sbiadito e lapoca resistenza al taglio – “si spappola in unaspecie di poltiglia” – non esitò a farlo “bollirenel pentolo”; come si poteva immaginare“mandò fuori un puzzo grandissimo difradicio, che per lungo tempo restò sparzonella mia cucina: e il sermone cotto e conditocon olio e con molto più aceto di quel checomunemente soglia praticarsi non diminuì ilsuo fetore troppo disgustante onde non mivolli azzardare ad assaggiarlo”. Possiamo benimmaginare lo stato d’animo della moglie, lasignora Brigida (appartenente alla famigliadel pittore Vincenzo Dandini, scolaro di PietroDa Cortona), che d’estate, nella sua casa diVia Ghibellina, era costretta a tenere lefinestre ben serrate per evitare i miasmiprovenienti dalle sepolture di S.Maria Nuova.Naturalmente il vino non poteva sfuggireall’attenta analisi del Targioni. Nel 1781,due anni prima della morte, esaminò duediverse qualità di vino rosso. Uno dei fiaschisigillati conteneva “vino rosso di piano cioèassai dilavato”. In assenza totale di odore“rilevo il sapore assai spiacevole e misto diuna specie di fradicio, come si suol dire, e diun acuto salso, che irrita il palato e le faucie vi lascia per qualche tempo unasenzazione molesta”.Certamente ad altre mense erano riservaticibi più raffinati e gustosi ma il popolo dovevain qualche modo arrangiarsi per sopravviverea epidemie e terribili carestie. Proprio nellasua ricerca tesa ad alleviare le condizioni deipoveri Giovanni Targioni Tozzetti è stato unprecursore, lasciando un contributo che nonebbe riscontro in altre città. ●aa

Scuola fiorentinadella prima metàdel XVII secoloLa piazza delMercato Vecchiopost 1617

Sotto:Villa Mediceadell’Olmo aCastello, 1599-1602 ca.di Giusto Utens

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Fabio Picchi distribuisce i suoi piatti di cucina toscana

Alberto Severi recitaRaccolta Differenziata al Teatro del Sale

Fabio Picchi mi aspetta un’ora primadella cena nel suo “circo-lo creativo”nel quartiere di S.Ambrogio a Firenze.

Il Teatro del Sale apre ai soci il 1 luglio del2003, oggi ne conta più di 92000. Ungrande retrobottega (come lo chiamaPicchi) dove intrattenersi dopo cena conspettacoli teatrali, eventi musicali,convegni, letture.Per arrivarci passo davanti al mercatocoperto e poi al rinomato e costoso (noncaro, costoso: è diverso, mi dice) ristoranteCibreo, il Cibreino – l’osteria – e il Caffè delCibreo, il bistrò. Appena lo vedo, affondatoin una delle vecchie poltrone in cuoio delcircolo, barba e capelli bianchi, vestitobianco da cuoco, mi viene spontaneochiedergli perché ha scelto di farsiconcorrenza da solo. “Meglio da sé che daglialtri” mi risponde. La voce e l’entusiasmotradiscono l’aspetto da grande vecchio. Èradioso. È appena rientrato da Parigi dovela moglie Maria Cassi, attrice di teatro edirettore artistico del Teatro del Sale,debutta al Thèatre du Rond-Point conCrepapelle- ou comment mourir de rire. Fiorentino, rivendica sangue livornese,garantendo che i fiorentini frenano lalingua solo davanti ai livornesi: taglienti esconci anche nell’alta borghesia. Ascolto,mi dice, è la parola chiave del circolocreativo. Ascolto della musica, del guardare,del vedere, dello stare assieme, l’ascoltoche fa crescere. Mentre parliamo arriva laprima recensione della pièce di Maria sulgiornale Metro, distribuito gratuitamentesul metro di Parigi. Maria Cassi èparagonata a Jaques Tati, Charlie Chaplin eRoberto Benigni: un miscuglio dei trecomici più amati dai francesi. Picchi èvisibilmente emozionato, non sembra lostesso istrione che la volta scorsa, dallafinestra della sua fucina di sapori, tra gliannunci in strofa delle sue pietanze ricchedi cultura popolare, ho sentito maledirepubblicamente un malcapitato turistatroppo disinvolto col suo flash digitale.

E.M.

Chi è | Alberto SeveriAlberto Severi nasce a Firenzenel 1960, giornalistaprofessionista, lavora dal 1991per il Tg Rai della Toscana,collaborando anche alle testatenazionali. Tra i registi e gli attoriche hanno messo in scena i suoitesti teatrali: Ugo Chiti, SergioStaino, Andrea Mancini, FlavioBucci, Paola Gassman, AndreaBuscemi, Ennio Coltorti,Francesca Gamba, Silvia Guidi,Roberta Geri, Alessio Sardelli,Amerigo Fantoni…Ha pubblicato tra gli altri ilvolume di racconti e aforismi Latelevisione fa male (1997),IlMorbo di Pardini (2003), Il Poetae il Macellaio (2004)

Il Teatro del Sale

Via dei Macci 111 Firenzewww.teatrodelsale.com www.ambasciatateatrale.com

Teatro, pane e coperto

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via S. Tomaso 86 - 24121 Bergamo tel. 035 231332 - fax 035 4137007Orario 10-12.30 - 16-19.30 chiuso domenica e lunedì

www.galleriaceribelli.com - [email protected]

M A R I L Ù E U S T A C H I Opresenze, assenzeDIPINTI - DISEGNI

25 SETTEMBRE - 7 NOVEMBRE 2009

GALLERIA CERIBELLI

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numero 2 Art|App 57

Festa in campagna per lapresentazione del n. 1 della nostrarivista ART APP nuovi appetiticulturali. Domenica 7 giugno allaTenuta Pianelli, tra Cortona e illago Trasimeno, il regista FabioSonzogni accompagnato dalmaestro Paolo Testaha dato lettura al primo editorialedella rivista festeggiata da più diduecento amici pervenuti da tutta

Italia e qualcuno da fuori. Unacornice bucolica, un menù regionale,prosciutto di cinta senese stagionato36 mesi, una targa di Vestricioccolataio in Arezzo, vini diToscana e Franciacorta, moltistranieri che si sono portati larivista in patria. Uno scrosciod'acqua ha costretto un tempo dellafesta in una delle stalle allestite perl'occasione avvolgendo di intimità ecomplicità i primi vagiti di ART APP.

Art App, la festa è qui

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58 Art|App numero 2

l’archetto al posto della chiave inglese. Ilcommittente chiede musica dedicata allameditazione; io gli ho suggerito di non cercarelo spazio di una chiesa perché c’è già tutto quelche serve dove trascorre le giornate, nel suo“tempio”. Penso sia uno stereotipo “specializzare”,separare i luoghi e i tempi, mentre per l’artequesto non esiste. La musica sgorga daqualsiasi situazione e nello stesso modo puòessere goduta: in un vigneto, come in unmagazzino o in una chiesa. Mi piacerebbesuonare ovunque perché il paesaggio ètotipotente: unico limite il buon gusto,l’equilibrio.

Com’è nata l’idea del pianoforte in plexiglas

che hai disegnato e realizzato per usarlo nei

tuoi concerti?

Sentivo l’esigenza di suonare sempre con lostesso strumento, come accade per gli altrimusicisti che si portano il loro violino.Oltretutto con un pianoforte a noleggio spessonon c’è empatia, lo strumento ti respinge. Hoscelto il plexiglas perché volevo un materialetrasparente, che rendesse “visibile” la tecnicadi produzione del suono facendola diventareun elemento del concerto. Ho quindi ideato il“PlexiPiano”, realizzandolo grazie allacompetenza della ditta “Trend” di Albano S.

immagino di abitare, profumi, giornate dipioggia o una bella automobile... dipende. Conle note disegno delle sensazioni sulpentagramma, reinterpreto delle emozioni e cideve essere più di un collegamento tra quel chevedo in giro e la mia scrittura. È come se finissetutto quanto in un frullatore; alla fine nondistinguo più i singoli elementi ma rimane uncolore dominante, un sapore forte legato aqualcosa che ho vissuto. Per questo non potreiscrivere musica senza avere a disposizione gliingredienti più disparati, se non vivessi realtàcontrapposte e non avessi impressioni forti,avulse dal contesto propriamente musicale.

Molti dei tuoi concerti si svolgono nella

cornice di un luogo sacro come una chiesa o

un monastero, ma passi altrettanto

facilmente a situazioni più ‘profane’. Che

rapporto hai con il luogo e dove ti piacerebbe

suonare?

Credo che occorra rivisitare i luoghi, gli spazi.Spesso sono destinati a un’unica funzione masono carichi di risorse insospettabili:l’abitudine li svilisce, la fantasia li interpreta.Prossimamente terremo un concerto inun’officina di carrozzeria, con un’acusticafavolosa e un arredo sorprendente. Voglio peròche nulla venga spostato, “sistemato”. Dovràessere un concerto proprio “dentro”, conco

nve

rsa

zione

con

pao

lo t

esta

di Elena Rossi

Musicista eclettico che passa

dalla musica sacra alle composizioni

per il teatro, inventore di un

pianoforte in plexiglas che si avvale di una

tecnica sofisticata; come riesci a conciliare

i tuoi impegni artistici con la vita lavorativa?

Per necessità mi dedico anche a lavori pratici,socialmente riconosciuti. Non mi “consuma”molto tempo ma è fondamentale affinché tuttofunzioni. Osservo la realtà con una lentedeformata e fantastica riscattando il lavoro,luogo dove nascono conflitti e alleanze, dovel’umanità pulsa. Nel contempo carico la testadi personaggi e situazioni che popoleranno poii miei spartiti. Il continuo passaggio e cambiodi atmosfere da un ambito a un altro genera“tensione creativa”.

Le tue composizioni non hanno testi, ma i

titoli dei brani sono suggestivi, con molti

riferimenti alle forze naturali e a sensazioni

come i profumi. Da dove nasce la tua

ispirazione?

La mia musica è descrittiva, è “paesaggistica”ma di quel che vedo mi rimane un’ideafantasiosa e sproporzionata più chedettagliata. Possono essere colori, le forme dicerte persone o di alcuni oggetti, edifici che

Piano & Forte

In occasione della festa di Art App..abbiamo rivolto qualche domanda..al maestro Paolo Testa,..inventore del PlexiPiano con cui..ha intrattenuto gli invitati..

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numero 2 Art|App 59

Alessandro. Il privilegio di vivere nel duemilava sfruttato, così questo piano si avvale di unsoftware sofisticato, risultato di anni di ricercapresso i laboratori dell’Istituto Nazionale diScienze Applicate di Tolosa. Il grande pregioconsiste nella versatilità della manipolazionedel suono, che adatto all’acusticadell’ambiente. Ho a disposizione una tavolozzaricchissima di colori e sfumature, di effetti, cosìriesco sempre a costruire lo strumento giustoper quel concerto. È come se avessi ogni volta un pianofortediverso, ma con la comodità di suonare semprelo stesso strumento.

Parlaci del “Quintetto italiano” che hai

fondato nel 2008.

È stata una felice combinazione, non potevolasciarmi sfuggire l’occasione di lavorarestabilmente con ciascuno di questi musicisti. Il nostro scopo è trasformare i pallini neri delpentagramma nelle vibrazioni e sensazioni dicui sono carichi. Tirarli fuori dalla carta,tradurli in suono, liberare l’energia!Praticamente si tratta del processo inversorispetto alla composizione. Le mie note servono a fissare sulla carta delleemozioni, lo spartito le custodisce, ma almomento opportuno noi le rimettiamo “inlibertà”, spargendole nell’aria . ●aa

chi è |Quintetto italianoIl Quintetto italiano: Paolo Testa,Sonia Rovaris al primo violino,Germana Porcu al secondo violino,Claudio Ceriotti alla viola e AurelioPizzuto al violoncello

Paolo TestaDiplomato in organo e composizioneal Conservatorio Statale “GiuseppeVerdi” di Milano sotto la guida di LuigiBenedetti, Paolo Testa esegue la suamusica da solista e in formazione, siaal pianoforte che all’organo.

musi

ca

Ci sono idee che si propagano per passa parola e, oggi anche grazie aInternet, raggiungono in un batter d’occhio migliaia di persone. Di solitosono idee semplici e quando vengono realizzate tutti si chiedono ‘come

mai nessuno ci ha pensato prima?’ Questa è forse la natura del genio, odell’arte, quella di raccogliere un’esigenza collettiva che appena trova modo diesprimersi suscita interesse e consensi.La domanda che si è posto Luke Jerram, artista, inventore e scienziato dilettante,è molto semplice: “Perché quando vado alla lavanderia pubblica vedo la stessagente tutte le settimane eppure nessuno scambia una parola? Perché non conosconessuno dei vicini che abitano di fronte a casa mia?” La risposta l’ha trovata con lamusica: un certo numero di pianoforti usati sparsi in diverse zone di una città, dai

parchi pubblici alle scuole, dalle biblioteche aiquartieri più degradati, dove chiunque puòesibirsi in pubblico. Play me, I’m Yours sconvolgela percezione della gente degli spazi cittadini, lastimola a intrecciare relazioni e a riappropriarsidel paesaggio urbano. Il primo esperimento, promosso da My FierceFestival, è stato fatto nel marzo 2008 aBirmingham, una città con un tasso didisoccupazione che è il doppio della medianazionale, dove non sono molti quelli chepossono permettersi di avere uno strumento incasa. Visto il successo della manifestazione, cheha coinvolto persone di tutte le età tra cui anchepianisti di valore, l’esperimento è statoriproposto nel corso dello stesso anno a SaoPaolo, in Brasile, nel gennaio 2009 a Sidney e aParamatta, in Australia, e a maggio nellacittadina inglese di Bury St.Edmunds.Nonostante le difficoltà burocratiche, quest’annoJerram è riuscito a convincere il comune diLondra a collocare in diversi spazi cittadini trentapianoforti che, dopo essere rimasti a disposizionedella popolazione per tre settimane tra giugno eluglio, sono stati donati alle scuole. A settembreè stata la volta di Bristol, ma a giudicare dallelettere inviate al sito. www.streetpianos.com, giàaltri si stanno attivando per riproporre l’idea indiversi paesi del mondo. Per fortuna anche leidee brillanti sono contagiose. M.V. ●aa

Paesaggi urbaniPlay me, I’m Yours

Chi è | Luke Jerram

Giovane artista eclettico conbase a Bristol, ha iniziato lacarriera nel 1997, spaziandodalla scultura agli oggettiregalo e alle installazionimultimediali. Oltre all’attivitàartistica, collabora aprogrammi televisivi, progettieducativi, studi di design efiere scientifiche. Il suointeresse per i meccanismidella percezione, dato inparte dal fatto che èdaltonico, lo ha portato acondurre esperimenti incollaborazione con prestigiosiistituti di ricerca comel’Engineering and PhysicalSciences Research Council el’Institute of Sound andVibration Researchdell’Università diSouthampton. Una delle sueinstallazioni più recenti,itinerante in tutto il mondo, èDream Director - Ilmodificatore di sogni, unesperimento che mira a curarei disturbi del sonno tramitestimoli sonori.

Sao Paulo2008, foto

di LukeJerram

Foto diGianfrancoRota

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60 Art|App numero 2

di Michele Tavola

P aesaggi interiori, istantanee senza tempo o, se sipreferisce, fotografie dell’anima. Si potrebberodefinire così le opere di Patrizia Novello, giovane

artista milanese, classe 1978, che ha lo studio nel cuoredella Bovisa, quartiere postindustriale ai bordi della città,ma che sa far viaggiare lo sguardo e le emozioni ben oltre igrigi scenari di periferia che la circondano.I suoi paesaggi, intimi e personalissimi, sono formati daframmenti di cartoncino di dieci centimetri per otto, con ilbordo bianco e l’immagine quadrata al centro. A guardarlibene sembrano proprio delle polaroid ed è esattamente cosìche Patrizia li chiama. Ma rispetto alle famose istantanee,che restituiscono il positivo alcuni secondi dopo lo scatto, isuoi lavori non hanno assolutamente nulla di immediato:nascono solamente dopo una gestazione lenta, complessa emeticolosa, e soprattutto, a differenza delle fotografie, nonriproducono fedelmente la realtà ma presentano indecifrabilimacchie di colore.E dunque, ci si potrebbe chiedere, che paesaggi sono maiquesti? Il punto di partenza, per l’artista, è sempre fisico econcreto. L’ispirazione può venire dagli squarci di mondovisti durante un viaggio speciale, dagli sfondi paesistici chefanno da cornice a famosi quadri del passato (come in In themanner of old masters) o dai ricordi di un lungo soggiorno aNew York (come in Lanscape from her). In un secondo tempol’immagine iniziale viene elaborata e rimane solo l’emozioneche essa produce: quello che resta è la sintesi di un vissutopersonale; è - potremmo dire - il suo precipitato poetico. Il modo in cui la Novello crea i suoi lavori potrebbe essereritenuto già di per sé un’opera d’arte. Compone e smembra,fa e disfa, dando vita a una specie di performance che ungiorno qualcuno dovrebbe prendersi la briga di filmare:prima dipinge splendidi cieli azzurri o dolci colline verdi suun grande cartone vegetale, ma, appena il dipinto èterminato, lo ritaglia per formare le piccole polaroid chevengono disposte secondo forme geometriche rigorose e maicasuali.Un’occasione per scoprire le opere di Patrizia Novello èofferta dall’esposizione allestita tra il 24 ottobre e il primonovembre negli spazi della settecentesca Villa Sirtori diOlginate (Lc), lungo le sponde dell’Adda, nell’ambito dellamanifestazione “Prospettive – Nuove Proposte Artistiche”.Oltre ai lavori qui descritti, in mostra si può vedere ogniaspetto della sua ricerca, che indaga anche il linguaggio etalvolta sconfina nella poesia visiva.●aa

Michele Tavola(Lecco, 1973) è critico d’arte, collaboratore del quotidiano La Repubblicae curatore della rassegna “Prospettive”.

Patrizia NovelloLuoghi abbandonati, marginali, .svuotati della loro identità, .impongono la loro presenza all’occhio .dell’artista, testimoni silenziosi .del segno dei tempi e del rapporto .dell’uomo con il territorio .

arte

Le opere riprodotte fanno partedell’installazione Landscape from her(2008)Courtesy Montasio Arte

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numero 2 Art|App 61

libri

Due case molto speciali

D ue storie diverse che hanno al centro lavisione personale di due grandiarchitetti e come cornice una tragedia

personale e una collettiva. Protagonista di Mioamato Frank di Nancy Horan (Einaudi 2007) èMamah Borthwick Cheney, una donna sposatache sfidò la società benpensante di Chicagoper vivere la sua storia d’amore con FrankLloyd Wright, anch’egli sposato. Se ben pocodi questa figura compare nelle biografiedell’architetto, nonostante l’influenza cheebbe sulla sua ispirazione, l’autrice delromanzo le ridà vita attraverso i frammenti dicronaca e una decina di lettere scritte allafemminista svedese Ellen Key, di cui Mamah fula portavoce in America, e traccia il ritratto diuna donna divisa tra il dovere di madre el’istinto che la spinge a scegliere la libertà el’autodeterminazione. Taliesin, la casa piena diluce progettata per lei da Frank, che dall’altodi una collina domina la campagna delWisconsin, appare come la promessa di unavita felice, di un’armonia con l’ambiente e lepersone che la circondano, ma nello stessotempo si rivela troppo fragile e avveniristica difronte a un mondo che si affaccia ai primidecenni del XX secolo con i pregiudizi diun’altra epoca, alla malignità e alla follia.

Altrettanto impotente a difendere i suoiabitanti dagli orrori della seconda guerramondiale è la casa di vetro di Mésto, inCecoslovacchia, costruita per la giovanecoppia di sposi Viktor e Liesel Landauer. Dietroi nomi di finzione usati da Simon Mawer nelsuo romanzo La casa di vetro (Neri Pozza2009), si nasconde la famosa casa in vetro eacciaio costruita nel 1930 da Mies van derRohe a Brno per i Tugendhat, facoltosiimprenditori ebrei che dovettero lasciarla nel1938, poco prima dell’invasione nazista dellaCecoslovacchia. La casa di Viktor e Liesel,nelle sue linee essenziali e nella perfezionedelle forme, è uno spazio fatto di luce e giochidi trasparenza che rappresenta il luminosofuturo di una borghesia ricca e illuminata,aperta alle sfide della modernità. Ma leinquietudini personali della giovane coppia edel loro giro di amici, insieme alle notiziesempre più allarmanti che penetrano dalmondo esterno, preludono al temporale che siaddensa sull’Europa. La casa di vetro verràoccupata da altri abitanti; trasformata inlaboratorio dai nazisti, resisterà aibombardamenti, diventerà accampamento deirussi e scuola di danza, “luogo di equilibrio eragione” come un ideale al di fuori del tempo.

La figura di Frank Lloyd Wright, una dellepersonalità più complesse e discusse del‘900, ispirò anche un grande successo deglianni ’40, il romanzo di Ayn Rand La fontemeravigliosa, da cui venne tratto un filmcon Gary Cooper (1949) e che in anni recentiè stato ripubblicato in Italia da Corbaccio(2004). Se la scrittrice russo-americana

mette in luce il lato migliore delprotagonista, facendone un genio e un eroedel progresso, un ritratto più ricco dichiaroscuri è quello che emerge da un altroromanzo ispirato a Wright e uscito nelcinquantenario dell’inaugurazione del suocapolavoro, il Guggenheim Museum (ottobre1959): Thomas Coraghessan Boyle, Ledonne, Feltrinelli 2009. Ritroviamo quiMamah, insieme alla ballerina serbaOgilvanna e alla morfinomane Miriam,raccontate da un ipotetico apprendistagiapponese che non è tenero nel descrivereegoismo, meschinità e tradimenti del genioda cui si sente schiavizzato.

E.R.

Piccole, poetiche felicità

Un ragazzino senza nome che segue ilsuo percorso d’iniziazione perdiventare uomo; una Napoli immersa

nel mito, poetica e violenta, che trova il suoriscatto nella ribellione popolare control’occupazione tedesca; un umile saggio che‘riceve’ i pensieri delle persone e tante altrefigure inquadrate dalla portineria di unpalazzo napoletano. Con questi elementi ErriDe Luca, nel suo ultimo romanzo Il giornoprima della felicità (Feltrinelli 2009)imbastisce una storia corale, alternando iricordi della guerra di Don Gaetano con leesperienze del giovane protagonista, in unaprosa musicale fatta di immagini e di dialoghiche suggeriscono più delle parole. Quasiseguendo un destino già tracciato, il giovaneorfano percorre tutti i passi della maturazione:il primo gol parato, la prima uscita a pesca, laprima salita al vulcano, l’incontro con il sessoe quello con l’amore. Un amore sbagliato chelo porterà, attraverso la sfida e il distacco, aripercorrere il viaggio del suo maestro e asuperare, insieme all’equatore, l’ultimo limitedell’infanzia.

L’uomo che piantava gli alberi, di JeanGiono (Salani 1996) è un raccontoavvincente di poco più di 30 pagine, trattodalla reale esperienza di un soldato difanteria della prima guerra modiale, che trale colline desolate della Provenza incontral’uomo che gli cambierà la visione della vita.È Elzeard Bouffier, anziano e solitariocontadino che, dopo la perdita prematuradella sua famiglia, decide di dedicare la vita a una lenta e incredibile opera: ognigiorno semina sistematicamente un centinaiodi ghiande, selezionate con cura maniacale,non curandosi dei risultati o del terreno in cuiopera. La natura risponde in modosorprendente a questo lento ma fruttuosolavoro e lo stesso Giono, tornando sul luogo aintervalli regolari, ne rimarrà colpito al puntoda farsene silenzioso custode. Una storia checolpisce il lettore per la sua incredibileinnocenza, per l’impegno di un uomo chetermina il suo cammino sereno, con laconsapevolezza di aver ridato vita e gioia. G.M.

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cronache

arteMILANO E ROMA

Hopper a Milano e Roma

L a grande mostra antologica che aprirà il 15ottobre a Milano e toccherà Roma prima di

proseguire per Losanna è un’occasione da nonperdere per conoscere Edward Hopper (1882-1967),pittore emblematico del realismo americano.L’esposizione, senza precedenti in Italia, conta oltre160 opere ed è curata da Carter Foster, conservatoredel Whitney Museum di New York al quale la storia diHopper è indissolubilmente legata. Il pubblico potràammirare olii, acquerelli, disegni e stampe perricostruire la carriera di uno tra i più grandi artististatunitensi del XX secolo secondo un percorsotematico e cronologico che va dal soggiornoparigino fino alle scene dell’american life. Il tuttoall’insegna di un realismo iper-reale, tra paesaggi diprovincia, praterie di frontiera fino agli antricittadini, tutti carichi di una forte tensionepsicologica.

PALAZZO REALE, Piazza Duomo 12, Milano15 ottobre 2009 | 24 gennaio 2010

FONDAZIONE ROMA MUSEOvia del Corso 320, Roma16 febbraio 2010 | 13 giugno 2010

ROMA

L’universo mobile di Calder

A pproda a Roma il celebre artista americanoAlexander Calder (Lawnton, Pennsylvania, 1898

– New York, 1976), noto per aver inventato i Mobile,nome dato da Marcel Duchamp alle sculture aeree trale più celebri della modernità. A Calder sarà dedicatauna retrospettiva monumentale che va dagli oligiovanili e dalle prima wire sculptures, costruite con ilfil di ferro, ai bronzi degli anni ‘30, fino alla scopertadell’arte astratta e all’invenzione degli stessi mobilee degli stabile. Saranno visibili oltre cento opereprovenienti da importanti collezioni pubbliche eprivate e dalla Fondazione Calder, organizzatesecondo un criterio cronologico mirato a indagarel’intero percorso creativo dell’artista a partire daglianni ‘20.

PALAZZO DELLE ESPOSIZIONIvia Nazionale 194, Roma 23 ottobre 2009 | 14 febbraio 2010

PAVIA

L’aurea pittura spagnola

S arà la bella cornice del Castello Visconteo diPavia a ospitare Da Velázquez a Murillo, il

secolo d'oro della pittura spagnolo nellecollezioni dell'Ermitage. Sono 50 le opere inmostra che fanno parte dell’importantissimacollezione del museo russo, storicamente ilprimo tra i grandi musei d’Europa ad aprire unagalleria dedicata alla pittura spagnola. Si trattadella prima esposizione allestita all’estero,natadalla collaborazione scientifica e dal protocollointernazionale siglato tra il Comune Pavia, con isuoi Musei Civici, il Museo Statale Ermitage e laFondazione Ermitage Italia, e dal legame storicoe culturale tra Lombardia e Spagna. Un’occasioneunica per ammirare le tele di alcuni dei grandiprotagonisti della scena artistica internazionaledel XVI e XVII secolo, come Velazquez, Murillo, deRibera, de Zurbaran e Pereda.

CASTELLO VISCONTEO, Pavia 10 ottobre 2009 | 17 gennaio 2010

GENOVA

Otto Hofmann

L a mostra Otto Hofmann. La poetica delBauhaus vuole essere un diretto

riconoscimento alla memoria di Hofmann (1907-1996), oltre a un’occasione per approfondireaspetti poetici dell’arte astratta nel XX secolotramite l’opera di un artista che ben rappresentale caratteristiche di interdisciplinarietà chehanno segnato le avanguardie europee del secoloscorso. L’esposizione prevede una letturacompleta dell’opera di Hofmann e del suopercorso storico e creativo dagli anni ‘20 aglianni ’90; organizzata in quattro sezioni, ècomposta da circa duecento opere tra dipinti,disegni, fotografie e ceramiche, provenienti dadiversi musei europei, collezioni pubbliche eprivate e dallo studio dell’artista stesso. M.V.

PALAZZO DUCALEGenova 16 ottobre 2009 | 14 gennaio 2010

A Galleria Borghese, Roma, doppia ricorrenza perCaravaggio e il pittore inglese Francis Bacon, due artistiaccomunati da una visione rivoluzionaria per il loro secolo1 ottobre 2009 - 24 gennaio 2010

Francisco de ZubaranSan Fernando,

1630–1634Castello Visconteo

Pavia

Morning SunEdward Hopper, 1952Palazzo Reale MilanoFondazione Roma Museo

Pere Borrelldel Caso

PALAZZO STROZZI

Firenze inganna ad arte

I nganni ad arte. Meraviglie del trompe-l’oeildall’antichità al contemporaneo è la prima

mostra che abbraccia l’intero periodo di vita deltrompe-l’œil, riunendo un’antologia di esempiche rappresentano i suoi diversi aspetti. Pitture su parete d’epoca romana illustrano imotivi dell’antichità classica che per prima haspinto la verosimiglianza fino all’illusionismo. Si tocca poi l’antichità greca e si procedepassando per i capolavori dell’arte modernaeuropea (con uno spazio dedicato per la primavolta in Italia ai pittori realisti dell’‘800statunitense) fino ai giorni nostri: tra pittura,scultura e arti applicate sono 120 le opere inesposizione, provenienti da collezioni private emusei, sia italiani che esteri. Tra i maestri diquesta tecnica si potranno osservare Tiziano eVeronese, Velázquez e Mantegna, Tiepolo eTintoretto, Turrell e Pistoletto.

PALAZZO STROZZI, Firenze16 ottobre 2009 | 24 gennaio 2010

Firenze inganna ad arte

Otto HofmannPalazzo Ducale Genova

62 Art|App numero 2

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MILANO

Frank O. Gehry

L a Triennale di Milano, nell’ambito diTriennale Architettura, presenta Frank O.

Gehry dal 1997, a cura di Germano Celant. Si tratta della prima esposizione dedicataall’architetto canadese che riunisce la selezionedei progetti realizzati a partire dal 1997, datadell’importante svolta stilistica costituita dalGuggenheim Museum di Bilbao, fino a oggi. Le architetture in mostra, che costituiscono ilculmine dell’opera di Gehry, saranno analizzateanche nel loro rapporto con il territorioattraverso filmati, fotografie, disegni, modellirelativi alle varie fasi di elaborazione delprogetto e parole dell’architetto.

TRIENNALE DI MILANO27 settembre 2009 | 10 gennaio 2010

PADOVA

Zaha Hadid

L a quarta edizione della BiennaleInternazionale di Architettura “Barbara

Cappochin” ha premiato quest’anno l’architettoGiapponese Hikohito Konishi .Ospite d’onore sarà l’architetta anglo-irachenaZaha Hadid, prima donna a vincere il PremioPritzker nel 2004, considerata uno tra i piùimportanti interpreti mondiali deldecostruttivismo architettonico. La mostra presenterà i numerosi progettirealizzati in tutto il mondo – si ricorda quello peril Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, aRoma, che sarà ultimato alla fine del 2009. I 2500 mq del Salone del palazzo padovano, chevanta il tetto più largo d’Europa senza ilsupporto di un colonnato e un prezioso ciclo diaffreschi, verranno trasformati da Hadid in unagrande installazione dal forte impatto in cuicoinvolgere gli spettatori.

PALAZZO DELLA RAGIONEPadova26 ottobre 2009 | 1° marzo 2010

L’universo immobile del mobile100 Chairs in 100 DaysMartino Gamber

Giuseppe Piermarini. Dal 27 settembre al 10 gennaio la città di Milano ricorda l’architetto della Scala a 200 anni dalla scomparsa con una grande mostra a Palazzo Reale.

Render allestimento Zaha HadidPremio Cappocchin 2009Palazzo della Ragione, Padova

Frank O. Gehry dal 1997, Walt Disney Concert Hall, Los AngelesTriennale di Milano

Claudio Abate, Jannis Kounellis, ritratto,

1989, fotografia ai salid'argento, ©Claudio Abate,

courtesy Massimo Minini

MILANO

Giovani designer in Triennale

I l Triennale Design Museum di Milano presentauno dei designer più originali del panorama

internazionale, che nelle sue realizzazioniconiuga scultura, design, artigianato eperformances culinarie.Originario di Merano, Martino Gamperpresenterà dal 6 ottobre all’8 novembre iprogetti 100 Chairs in 100 Days, un “collage” dipezzi storici rimontati in nuove forme, TotalTrattoria, che propone un nuovo spazioconviviale, e un inedito realizzatoappositamente per Triennale Design Museum.

N egli spazi di MINI & Triennale Creative Setproseguono intanto gli incontri con il design

italiano contemporaneo: dopo Ma dove sono finitigli inventori? di Lorenzo Damiani (fino al 25ottobre), dal 4 novembre all’8 dicembre sarà lavolta delle realizzazioni del monzeseMassimiliano Adami, che ha già esposto a Milanoe a New York..

MILANO

Tre appuntamenti milanesi

A d aprire un ciclo dedicato alla fotografiacontemporanea dalla Triennale di Milano è

una retrospettiva di Roger Ballen (New York,1950), fotografo statunitense che da anni lavorain Sudafrica. Un’ampia selezione di immagini inbianco e nero che vanno dal 1982 al 2008ripercorre le tappe di questo fotografo. Le sueopere sono esposte nei grandi musei di Londra,Parigi e New York.

ROGER BALLEN, 1982-20087 ottobre -15 novembre | Triennale di Milano

U na singolare galleria di ritratti con 200immagini scattate da ventidue fotografi, tra i

maggiori protagonisti della fotografia italiana apartire dagli anni ’60. I soggetti delle foto sonoartisti italiani e internazionali che hanno avuto unparticolare legame con l’Italia. Tra gli autori degli scatti, Gabriele Basilico, GianniBerengo Gardin, Ferdinando Scianna, Ugo Mulas,Mario Giacomelli, Uliano Lucas. La mostra, ideatada Massimo Minini, approda a Milano dopo ilMusée d’Art Moderne di Saint-Etienne Metropole eil Palais des Beaux Arts di Bruxelles, arricchita dauna sezione con ritratti di artisti contemporaneidella giovane fotografa siciliana Michela Forte.

UNITED ARTISTS OF ITALY 24 settembre 2009 | 31 gennaio 2010 Palazzo delle Stelline, C.so Magenta 61, Milano

U n percorso surreale sulle tracce del coniglio diAlice è quello che propone il fotografo scozzese

Albert Watson negli spazi di Forma. Sia che ritragga i grandi personaggi dellospettacolo, da Mick Jagger a B.B.King, che si dedichialla fotografia di moda, al paesaggio o a oggetti diuso comune, i soggetti sembrano appartenere a unadimensione ‘altra’, trasformati dalla luce, dallabrillantezza dei colori e dalla composizione.

IL CONIGLIO BIANCO: Albert Watson a Milano18 settembre 2009 | 22 novembre 2010 Forma, P.za Tito Lucrezio Caro 1, Milano

M.V.

architettura design fotografia

Callie il Coniglio, Sherman, Conn., 2008

©Albert Watson

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Page 66: Art App n. 2

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